Dalle origini a metà del XVII secolo



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Transcript:

Dalle origini a metà del XVII secolo

INDICE INDICE...2 INTRODUZIONE...4 CAP. 1 - LA MISURAZIONE DEL TEMPO PRIMA DELL'OROLOGIO...7 1.1 LA RIPARTIZIONE DEL TEMPO PRIMA DELL AVVENTO DELL OROLOGIO...9 CAP. 2 - L'OROLOGIO MECCANICO E LE SUE ORIGINI...12 2.1 L'OROLOGIO MECCANICO E LA SUA INVENZIONE...14 2.2 LE TESTIMONIANZE PIÙ ANTICHE...17 2.2.1 Le testimonianze letterarie...19 2.3 TIPI DI OROLOGIO...20 2.4 ALTRE NOTIZIE SUGLI OROLOGI E LE SUCCESSIVE EVOLUZIONI...24 CAP. 3 - IL FUNZIONAMENTO DELL'OROLOGIO...28 3.1 IL CONOIDE...31 3.2 LA SUONERIA...34 3.3 IL QUADRANTE...36 CAP. 4 - ECONOMIA E SOCIETÀ...37 4.1 I FATTORI CHE HANNO FACILITATO LO SVILUPPO...39 4.2 LE CORPORAZIONI...40 4.2.1 La formazione e la divisione del lavoro...41 4.2.2 Una bottega di orologiai nel XV secolo...43 4.3 GLI EFFETTI ECONOMICI E SOCIALI...45 CAP. 5 - GLI OROLOGI A MILANO...48 5.1 LA CHIESA DI SANT'EUSTORGIO...49 5.2 LA CHIESA DI SAN GOTTARDO...52 5.3 LA TORRE DEI GIURECONSULTI...54 5.4 L'OSPEDALE MAGGIORE...63 5.5 LA TORRE DEL FILARETE...65 5.6 LEONARDO DA VINCI...68 5.7 ALTRI OROLOGI...69 5.7.1 Il Duomo di Milano...70 5.7.2 Chiesa di San Lorenzo a Genova...70 5.7.3 Altre brevi notizie...70 APPENDICE 1...83 GLI OROLOGIAI DI MILANO TRA IL 300 E IL 700...83 APPENDICE 2...88 GLOSSARIO DEI TERMINI TECNICI...88 APPENDICE 3...93 GLI STRUMENTI DI LAVORO DELL'ORO NELL'ENCYCLOPEDIE DI DIDEROT E D'ALEMBERT...93 2

BIBLIOGRAFIA...94 3

INTRODUZIONE La presente ricerca, oltre ad introdurre la storia dell orologio meccanico e a studiarne il funzionamento - analizzando le cause che hanno influito sulla sua invenzione e sul suo sviluppo - intende investigare i misuratori del tempo di Milano in epoca medioevale e nella prima età moderna ricostruendone la storia e quella dei loro costruttori. Altro elemento da rilevare è che gli orologiai non avevano la consuetudine di firmare le loro creazione o di indicare la data di creazione, infatti il più antico orologio che è giunto fino a noi con l'indicazione dell'anno di costruzione risale al 1530 ed è stato costruito in Germania del sud. I limiti incontrati riguardano principalmente la scarsa bibliografia relativa al caso specifico di Milano, accentuati dalla mancanza di esemplari originali e dalla scarsità di fonti iconografiche oltre che tecniche. Mancanze a cui si è cercato in parte di ovviare con le informazioni disponibili per l'orologeria straniera e ritrovando tracce dell avvento di questa grande invenzione anche nella letteratura e in diversi passi poetici. Proprio da questa fonte è possibile anche avere alcune informazione supplementari relative, per esempio, all'orologio milanese della chiesa di San Gottardo1. Il poeta Francesco Petrarca (1304-1374), in una lettera scritta a Milano, dove visse fino al 1361, ad un suo amico, fa un cenno agli orologi della città affermando, con un certo umorismo, che sono talvolta provvidenziali perché, segnalando ad ospiti indesiderati o noiosi il trascorrere del tempo, pongono termine alla loro sgradevole visita. Ciò si riferisce ad un aneddoto della sua vita, quando si era stabilito presso S. Ambrogio, ed un frate, da lui chiamato Bonalus, gli portò da Firenze una lettera di un suo amico Nelli: questo soggetto si fermò ad intrattenere il letterato, che ne fu infastidito e ne venne salvato dal suono delle campane di San Gottardo2. Ma tralasciando l'aneddoto, in cui comunque si fa riferimento all'orologio e al trascorrere del tempo, il fatto di maggior interessante di tale racconto è la nozione che la segnalazione oraria fosse udibile anche ad una notevole distanza. Procedendo lungo quest analisi non si può in ogni caso prescindere dal fenomeno culturale tempo ed dal modo in cui fu in grado di influenzare la vita umana, le variazione che la nascita e lo sviluppo di una nuova tecnologia hanno indotto e, sicuramente non ultimi, gli aspetti più tecnologici di questi meccanismi. Il periodo scelto per compiere quest analisi spazia principalmente dal 1306, data della messa in opera dell'orologio della chiesa di S. Eustorgio, il primo di cui si abbia notizia, e il 1656, anno in cui venne inventato da C. Huyghens (1629-1695) l'orologio a pendolo, almeno secondo i più recenti studi del settore3. Dall analisi bibliografica e da una purtroppo scarso materiale conservato presso l Archivio di Stato d Milano si è potuto con sicurezza desumere quanto fosse considerevole lo sviluppo dell orologeria nella città di Milano, ma limitatamente al periodo tardo medioevale, cioè agli albori dell'orologeria. 1 Relativamente ad un approfondimento sull'orologio della chiesa di San Gottardo Cfr. Cap. 5, di questa stessa tesi. 2 A. Foresti, Aneddoti della vita di Petrarca, Brescia, 1928, pp. 279-285. 3 G. Brusa, L'arte dell'orologeria in Europa Sette secoli di orologi meccanici, Busto Arsizio, 1978. 4

È indubbio infatti che il settore venne gravemente danneggiato sia dalla situazione politica che da quella economica, entrambe causa della perdita dei principali committenti: i signori della città. Erano infatti in questo periodo le famiglie Visconti prima e degli Sforza poi a sostenere il settore dell'orologeria, mantenendo un orologiaio di corte e finanziando la realizzazione di gran parte dei meccanismi a noi conosciuti. A tale riguardo sembra quindi di fondamentale importanza rilevare che sia stato proprio il periodo tra il 1300 e il 1500, cioè quello legato al dominio cittadino delle signorie, quello in cui furono messi in opera il maggior numero di nuovi orologi, mentre nei secoli successivi le notizie riportate si riferiscono, almeno fino alla metà del XVI secolo, quasi esclusivamente a riparazioni o rifacimenti di apparecchi già esistenti. Lo sviluppo tecnologico degli orologi, decisamente importante, fu inoltre probabilmente influenzato anche da questioni relative ai rapporti con il resto dell'europa. L'iniziale massiccia presenza di tecnici tedeschi in città, tra i più esperti, aveva sicuramente favorito il settore orologiaio milanese, influenzandolo anche da un punto di vista tecnico, che sarà quindi danneggiato dalla riforma luterana e dalla conseguente difficoltà di rapporti, anche tecnici, con gli stati tedeschi. Non si può inoltre trascurare l'internazionalizzazione del settore, che porta anche gli orologiai milanesi a viaggiare e a scegliere luoghi dove i committenti siano più benevoli: si ha notizia di tecnici lombardi, per fare alcuni esempi, a Genova, Roma e Windsor. È infatti interessante osservare come nel periodo trattato si passi da una fase gloriosa per la scuola italiana di orologeria, dal 300 al 500 circa, al suo decadimento e all'avvento di una netta supremazia tedesca nel settore, inizialmente almeno da un punto di vista quantitativo, nel XVI secolo. A riprova di ciò si può addurre che i più importanti centri di produzione orologiaia del Cinque e Seicento fossero stranieri: Norimberga, Augusta, Parigi e Ginevra. Nel corso del XVII secolo, non si può infatti fare a meno di constatare che l'italia uscì via via dal novero dei grandi paesi produttori di orologi, come dimostra il fatto che tra gli apparecchi giunti fino ai nostri giorni si ha una sovrabbondanza di orologi tedeschi e una quasi totale mancanza di quelli italiani. Ad ulteriore spiegazione della scarsezza di esemplari vanno però indicate anche la constatazione che gli orologi italiani vennero distrutti a causa della povertà della Penisola, così da recuperarne il metallo utilizzato per costruirli, ed inoltre la questione del logoramento derivante dall'uso. Altra caratteristica peculiare del periodo è che i progressi che vi si possono rintracciare, derivano solamente dalla capacità pratica, dall'esperienza acquisita sul campo dagli artigiani e non prodotta da ricerche scientifiche di matematici od altri studiosi, come viceversa avverrà nel periodo successivo. Si iniziò infatti a dar peso alla ricerca scientifica solo nei secoli successivi, quando cominciarono ad essere introdotti anche macchinari nuovi, più complessi per la produzione dei meccanismi. A partire dalla seconda metà del XVII secolo anche i matematici inizieranno a interessarsi al settore e a fornire soluzioni a problemi come la forma dei denti delle ruote, che non sarebbero mai state raggiunte dalla semplice pratica del mestiere, ma fu solo a partire dal secolo successivo che elementi come: l'attrito degli ingranaggi, l'influenza della temperatura sugli stessi e il loro corretto funzionamento iniziarono ad 5

essere presi in considerazione come rilevanti per il corretto funzionamento degli orologi, arrivando quindi anche all utilizzo dei lubrificanti. 6

CAP. 1 - LA MISURAZIONE DEL TEMPO PRIMA DELL'OROLOGIO Fin dall'antichità l'uomo provò il bisogno di trovare un mezzo, un metodo per poter calcolare il trascorrere del tempo. Per dare una risposta a questa sua necessità inventò vari strumenti di cui qui si tratterà brevemente. In quei tempi, e cioè almeno a partire dal VI secolo a.c., i greci iniziarono ad utilizzare i primi ed ancora abbastanza rudimentali strumenti, le meridiane, forse originariamente un'invenzione del filosofo Anassimandro (610 ca-546 a.c.). Oltre ai tipi ancora adesso esistenti, cioè da muro, ne furono prodotti anche esemplari portatili, interessante prova del fatto che l'uomo desiderò sempre poter calcolare il tempo, anche in viaggio. Questo tipo di contatempo venne molto usato e sviluppato nelle città ove successivamente si diffuse l'arte dell'orologeria, appunto per regolare questi apparecchi e controllarne il funzionamento. Al riguardo vi è da osservare che, nel 1614, venne pubblicata a Milano l'opera De gli Horologi solari nelle superficie piane, di Muzio Oddi (1569-1659). Vennero anche impiegati altri strumenti, più evoluti, le clessidre, un tempo note come orologio a sabbia, che evitavano l'inconveniente di non poter essere usate di notte, viceversa esistente per la meridiana. Le clessidre potevano basare il loro funzionamento sia sullo scorrere dell'acqua che su quello della sabbia, anche se erano preferibili le seconde, perché meno fragili e più durature. Ne esisteva anche un genere particolare, noto come le "ore", generalmente usate nelle chiese, nel quale erano presenti quattro ampolle, ognuna della durata di un quarto d'ora. In una fase successiva, e cioè a partire da circa il II secolo a.c., vengono creati dall'alessandrino Ctesibio i primi orologi ad acqua, ispirati per quanto riguarda il loro funzionamento, alle clessidre a sabbia, gli stessi che poi, nei secoli medievali, saranno ampiamente sviluppati dai popoli arabi. Quest'arte, nonostante le sue origini, non era sconosciuta all'occidente, ove ad esempio, nel primo medioevo, Pacifico arcidiacono di Verona (IX secolo), che secondo la sua lapide costruì un orologio visibile anche durante la notte, e Gerberto (939-1003, papa Silvestro II), costruirono degli orologi quasi sicuramente azionati dall'acqua, anche se, essendo indicati appunto con questo termine, una volta si supponeva che fossero dei "prototipi" dei successivi orologi meccanici, cosa che ormai si è generalmente propensi a negare. Anche nell'impero d'oriente si sviluppò il settore dell'orologeria ad acqua, Costantino VII Porfirogenito (905-959) possedeva un piccolo orologio d argento per la notte ed un altro di bronzo 4. Sia l'imperatore che i viaggiatori fecero poi più volte cenno all'orologio di Santa Sofia, che misurava il giorno in 24 ore di seguito, indicate tramite l'uso di automi, ognuno dei quali si mostrava ad un ora diversa. Tutti elementi che ugualmente si ritroveranno nel nostro paese vari secoli dopo. Un altro esempio interessante è costituito dal regalo che nel secolo VIII Aronne (Arun al-raschild, il re di Persia) inviò all'imperatore Carlo Magno, un orologio ad acqua. 4 P. Pazzi (a cura di), Dizionario Avreo Orefici, Argentieri, gioiellieri, diamantai, pietrai, orologiai, tornitori d avorio nei territori della repubblica veneta, Treviso, 1998, pag. 778. 7

Anche un altro imperatore occidentale ben più recente, Federico II, ricevette nel 1232 dal sultano di Damasco un orologio astronomico. Non risulta che neppure questo fosse un orologio meccanico, quindi si può legittimamente supporre che fosse ancora azionato ad acqua. Nel complesso quindi, prima dell'invenzione dell'orologio meccanico, erano già in uso contatempo di varia natura, alcuni dei quali sono talvolta ancora in uso ai giorni nostri e che continueranno ad essere impiegati a lungo assieme ai nuovi apparecchi, spesso assieme a loro, in funzione di regolatori. Per quanto riguarda quest'ultimo tipo di orologi si deve osservare, che esisteva un orologio cinese costruito nel 1088 e che già utilizzava un meccanismo abbastanza simile alla verga, che si azionava sfruttando il peso dell'acqua raccolta in appositi recipienti di cui era dotato. Quasi sicuramente però, l'ignoto inventore della verga non ebbe modo di conoscere il meccanismo precedentemente citato. Nel 1270 nei Libres del saber de astronomia, di Alfonso X il Saggio re di Castiglia (1221-1284), viene descritto un orologio azionato dal mercurio in sostituzione dell'acqua: non vi si fa però ancora alcun cenno all'orologio meccanico. Nel complesso i contatempo che vennero sviluppati, costituirono semplicemente uno svago delle classi elevate o di studiosi che si interessavano di astronomia, scienza per la quale erano particolarmente utili, ma non indussero grandi cambiamenti economici o sociali, od alla nascita di specifiche professioni, come avvenne dal XIV-XV secolo con l'orologio meccanico. 8

1.1 La ripartizione del tempo prima dell avvento dell orologio Un primo modo di ripartire il giorno era quello in uso già al tempo dei greci e dei romani che consisteva nel dividere la giornata in due parti, di lunghezza variabile in base alla stagione, quella del giorno e quella della notte, pratica che si mantenne sotto altre forme anche in epoche successive. Nell'era cristiana poi, le varie fasi fondamentali della giornata erano indicate dalle preghiere quotidiane. Queste costituirono a lungo uno dei punti di riferimento per l'intera società, quindi compresi i laici, per calcolare il passare del tempo e le varie fasi del giorno, ancorché in modo abbastanza approssimativo dipendendo ovviamente dalle stagioni oltre che dall'osservazione del moto del sole. Lo scorrere del tempo era segnalato dal suono delle campane degli istituti religiosi: questo fece nascere quello che viene chiamato "tempo sonoro" da J. Le Goff5. Tutto ciò è indicativo della supremazia del potere religioso nell'organizzazione sociale e della loro funzione religiosa. Il punto di partenza per il calcolo della giornata era il tramonto, quindi gli svegliarini, gli "antenati" dell'orologio meccanico utilizzati dai frati per sapere il momento in cui segnalare l'avvento dell'ora della preghiera, andavano periodicamente regolati in base al periodo dell anno in cui si era (circa ogni 15 giorni si doveva spostare la lancetta per calcolare le ore del giorno a partire dal tramonto). Questo creava degli ulteriori problemi perché l occaso del sole, il momento in cui parte l orologio italiano (la fine del crepuscolo civile), non è facilmente calcolabile. Per quanto riguarda le città, poi, la difficoltà aumentava ulteriormente: era necessario salire su di una torre, appunto per poter avere maggiore visibilità. Il tipo di calcolo impiegato portò quindi all'adozione delle ore temporali o diseguali, segno di un'epoca in cui non si provava uno spiccato bisogno di precisione, necessità maggiormente sentita nelle società economicamente più sviluppate. Con l orologio meccanico, viceversa, si affermarono progressivamente le ore medie, già in precedenza impiegate dagli astronomi, anche se si deve segnalare che le prime continuarono ad essere impiegate fino all'inizio del XIX secolo. Queste ore medie erano in uso già in precedenza, almeno tra gli astronomi, e venivano calcolate tramite altri contatempo come le clessidre o delle apposite candele. Per tutto questo periodo, come ancora adesso si fa, le ore canoniche vennero annunciate al momento del loro scadere (Hora compiuta), viceversa per le frazioni si utilizzava il metodo della Hora incipita, che prevedeva l'attribuzione della parte di ora trascorsa sempre a quella in corso, e non alla successiva come ormai si usa fare. Proprio le citate ore canoniche, generalmente costituite da quelle prevista dalla regola di San Benedetto (regola monastica che ebbe larghissima diffusione in tutto l'occidente, anche tramite i monasteri cistercensi), scandirono la vita dell'europa per svariati secoli, indicando i momenti fondamentali del giorno. Oltre a scandire le ore dei religiosi regolavano infatti (Tabella sottostante) anche l attività e la vita dei laici. 5 J. Le Goff, I riti, il tempo, il riso, Roma-Bari, 2003, pag. 125. 9

NovembreFebbraio OttobreMarzo SettembreAprile agostomaggio LuglioGiugno DicembreGennaio Laudi o lodi: al primo albore 6,15 5,30 5 4,45 4,15 3,45 Ora prima: dal sorgere del sole (il momento in cui i laici si destavano), segnalata con 3 colpi di campana * (circa le ore 6:00) Ora terza: da metà del mattino, segnalata con 2 colpi di campana * (circa le ore 9:00) Ora sesta: a partire dal mezzogiorno, segnalata con 1 colpo di campana, detto "il tocco" * (circa le ore 12:00) Ora nona (Bassa Ora): da metà pomeriggio fino al tramonto, segnalata con 2 colpi di campana * (circa le ore 15:00) Vespri (Dodicesima ora o Lucernare): dal tramonto del sole (il momento in cui terminava la giornata lavorativa dei laici), segnalata con 3 colpi di campana * (circa le ore 18:00) Compieta (Completorium) quando diventa buio, circa un ora dopo il tramonto, segnalata con 4 colpi di campana * (circa le ore 19:00) Mattutino o notturno (Ottava ora): trascorsi gli otto dodicesimi della 7,45 7 6 5,30 5 4,30 10 9,30 9 9,45 8,30 8,15 12 12 12 12 12 12 14 14,30 15 15,15 15,30 15,45 16,15 17 18 18,30 19 19,30 17,15 18 19 19,30 20 20,30 2,15 2,45 4 3,30 2,30 1 Mesi Ore canoniche 10

notte (circa le ore 5:00) Fonte: rielaborazione da A. Simoni, Orologi italiani dal cinquecento all'ottocento, Milano, 1965. 11

CAP. 2 - L'OROLOGIO MECCANICO E LE SUE ORIGINI Tra la fine del 1200 e l inizio del 300 venne scoperto il dispositivo che rese possibile la creazione dell orologio meccanico, un meccanismo di tale importanza che veniva ancora utilizzato nell orologeria del XIX secolo. Il suo creatore, come quello dei primi orologi, è purtroppo a noi ancora ignoto. Si ha però un disegno di un primitivo scappamento nel taccuino di appunti di Villard de Honnecourt (1215-1250 circa). Lo scappamento è sostanzialmente l'applicazione invertita del principio usato per sollevare i secchi d'acqua nel pozzo. In Italia il termine horologium od horilogium nei testi in latino, che significa "che conta le ore", veniva generalmente impiegato per indicare qualsiasi strumento del genere: questo fatto portò varie volte a dei fraintendimenti sul senso da attribuire alle notizie riportate, facendo ipotizzare che questo meccanismo fosse di conseguenza anche conosciuto in precedenza. Alcuni studiosi hanno, ad esempio, erroneamente supposto che lo scappamento fosse un'invenzione degli arabi, forse risalente addirittura al secolo VIII, poi importata in Europa durante l'epoca delle crociate: al riguardo vi è da osservare il fatto che già nel X secolo nel mondo islamico venivano usati i pesi per azionare i calendari automatici, gli stessi che costituiscono la forza motrice dell'orologio meccanico ai suoi albori. Altri studiosi viceversa hanno affermato che fosse un'invenzione dell'arcidiacono italiano Pacifico, vissuto nel IX secolo. Tutte queste tesi sono comunque ormai generalmente respinte dagli studiosi. Gli originari orologi meccanici, ai loro albori, erano fatti senza molta perizia ed è anche questo uno dei motivi per cui non ne sono giunto quasi nessuno fino ai giorni nostri. Un altro motivo della scarsezza di esemplari è il fatto che erano costruiti utilizzando metalli ritenuti all'epoca abbastanza preziosi, come ferro e bronzo, il che ha indotto i loro successivi proprietari a riciclarne in altro modo i materiali nei periodi di crisi, anche perché, in caso ad esempio di morte del custode, l'orologio diveniva inutilizzabile, abbisognando di perenni controlli e revisioni. Questo era il motivo per cui si doveva assumere un custode che se ne occupasse a tempo pieno, spesso costituito dal suo stesso costruttore, ed anche in questo caso la loro vita non era poi molto lunga. Ad esempio è stato considerato quasi eccezionale il funzionamento per un periodo di 23 anni di seguito di un orologio pubblico meccanico di Barcellona nel XIV secolo. Un altro esempio, anche se più particolare, è quello dell'astrario del Dondi, appartenente alla grande famiglia di orologiai italiani, che fu portato guasto all'imperatore Carlo V nel 1529 e nessuno fu in grado di ripararlo: dopo questa notizia se ne perdono le tracce dal che si può dedurre che venne smantellato. Gli orologi del XIV secolo tendenzialmente erano a maglio e dotati di una campana, la quale veniva appunto colpita dal primo un numero di volte pari all'ora, e non erano ancora dotati di quadrante e lancette. Prima di procedere oltre nell'analisi della sua storia, ne forniamo una definizione: è una macchina destinata a misurare il trascorre del tempo. Questo apparecchio viene azionato da un peso o da una molla (organo motore) che muove una successione di ruote dentate (treno) che agisce su un congegno di distribuzione (scappamento) governato da un regolatore (bilanciere o 12

pendolo). Il motore uniforme di tale macchina è sincronizzato al tempo medio e un quadrante o una suoneria (od entrambi) ne indicano il progresso. La parola orologio è formata dalle parole greche: hora (ora) e legein (dire). 13

2.1 L'orologio meccanico e la sua invenzione È interessante osservare che il peso motore, gli ingranaggi, lo scappamento il quadrante e le ruote dentate, alcune delle principali componenti dell orologio meccanico, furono inventati prima della sua comparsa, alcuni, come per esempio le ruote dentate, fin dai tempi di Erone (I sec. a.c.). Un orologio meccanico è una macchina in cui: 1 un peso o una molla (organo motore) muove 2 una successione di ruote dentate (treno) che agiscono su 3 un congegno di distribuzione (scappamento) governato da 4 un regolatore (bilanciere o pendolo) 5 un quadrante o una suoneria che ne indicano il progresso. L'orologio meccanico, ai suoi primordi, era più importante per le sue potenzialità di sviluppo che come mezzo per calcolare effettivamente il trascorrere del tempo a causa della sua forte imprecisione. Gli studiosi generalmente concordano nel ritenere che la nascita dell'orologio meccanico non sia anteriore al 1200, anzi, probabilmente risale alla seconda metà di questo secolo. Le testimonianze pervenuteci dei primi anni di quel secolo parlano già dell'esistenza di orologi funzionanti con l'utilizzo di acqua e pesi (orologi idraulici) piuttosto complessi, ma non chiariscono se esistevano già orologi funzionanti esclusivamente a pesi, cioè quelli che vengono definiti meccanici. I primi avevano delle dimensioni ragguardevoli, tendenzialmente comprese tra i 60 centimetri circa ed i 2 metri e mezzo di larghezza e venivano sorretti da intelaiature che erano generalmente fatte in legno od in ferro battuto. La loro origine la si può rintracciare, come precedentemente accennato, negli horologia nocturna o svegliarini, specie di orologi utilizzati dai monaci durante la notte per calcolare il trascorrere del tempo, che indicavano suonando una piccola campana e, in quelli più evoluti, impiegando un quadrante. 14

Foto 1 - Un esemplare di svegliarino Fonte: B. Hutchinson, Orologi Antichi, Milano, 1982, pag. 80. Questi apparecchi, ancora abbastanza primitivi, avevano un problema: funzionavano solo per spazi limitati di tempo, non per il ciclo completo delle 24 ore del giorno, e quindi andavano periodicamente ricaricati. Sul quadrante, quando ne erano dotati, potevano esservi dei fori, ove porre dei piuoli, in corrispondenza dei momenti in cui recitare la messa. A favore della tesi che costituissero i predecessori dell'orologio da torre, vi è da prendere in considerazione il fatto che era ben più facile e meno costoso sperimentare i nuovi meccanismi su apparecchi di piccole dimensioni come questi. L'invenzione degli orologi la si deve attribuire probabilmente ai fabbri, spesso fabbricanti di serrature, quindi già dotati di competenze sulla realizzazione di ingranaggi e sulla miniaturizzazione, dotati di una spiccata abilità, che divennero poi i primi orologiai. Si può osservare il fatto che in Francia i fabbricanti di serrature erano anche fabbricanti di orologi, almeno fino al 1629, quando perdono tale privilegio. L'orologio meccanico era abbastanza indipendente, per quanto riguarda il suo funzionamento, dalla temperatura ambientale, il che costituiva un grosso vantaggio rispetto a quello ad acqua, ove il liquido, almeno nei climi più freddi, rischiava di ghiacciare, impedendone così il regolare funzionamento ed anche dal sole, da cui dipendeva la possibilità d'impiego della meridiana. Tutti questi fattori costituiscono le ragioni che consentirono una sua diffusione abbastanza rapida in tutta l'europa. Gli orologi medievali erano un lusso, erano rari e costosi, difatti le testimonianze pervenuteci riguardano solo grandi signori, istituti religiosi e corporazioni particolarmente fiorenti, di cui se ne ornano le sedi, divengono quasi simboli del potere di chi li detiene. Nella prima fase del loro sviluppo, non costituivano ancora degli strumenti indispensabili alla vita umana, difatti nelle campagne, a differenza delle città, ci si mosse 15

ancora per lungo tempo in base al tempo sacro. Questo stato di cose perdurò anche nel XVI e nel XVII secolo, quando gli orologi continuarono ad essere degli oggetti preziosi, prodotti da artigiani altamente specializzati. Gli orologi a scappamento non erano lubrificati, questo è un uso che venne introdotto solo nel XVII secolo, dopo l'introduzione del pendolo, quando l'attrito che si produceva tra i vari organi meccanici, inizia a costituire un problema, limitandone la possibilità di precisione, che col passare del tempo aumenta. L'abilità di un maestro orologiaio si misurava in base al numero di funzioni che era capace di inserire negli orologi da lui prodotti, anche per questo i Dondi sono entrati nella storia del settore, vista la molteplicità delle funzioni svolte dai loro astrari. L'orologeria si sviluppò inizialmente presso i maggiori centri siderurgici europei, poiché presupponeva la presenza di capacità nel settore metallurgico tra i lavoratori della zona e forniva la materia prima. Queste due situazioni rivestono un particolare interesse per il caso in analisi, perché nella città qui trattata, Milano, entrambe queste precondizioni, erano soddisfatte. Sulle origini di questo meccanismo, D.J. de Sella sostiene addirittura la teoria che gli orologi fossero impiegati per osservare il moto degli astri, sostenendo così che i primi veri orologiai fossero i Dondi e l'abate benedettino Richard of Wallingford (1291/21336), autore dell'astrario Albion. A sostegno di questa tesi vi è da osservare che l'orologio di Giovanni Dondi non suonava le ore. Questa teoria è respinta e contrastata da D.S. Landes, il quale sostiene la derivazione dell'orologio astronomico dal comune orologio meccanico e non viceversa. A sostegno di Landes si può addurre che Giovanni Dondi dell Orologio6 (1318-89), nel descrivere nel suo manoscritto del 1364, il Tractatus astrarii o L Astrario, la tecnica di costruzione adoperata per il suo orologio astronomico di Padova, costituito da più di 200 pezzi, parte dal presupposto che siano già noti gli orologi comuni, che cioè svolgevano la sola funzione di segnare lo scorrere del tempo, tanto da affermare: "Se il lettore di questo manoscritto non riesce a portare a termine da solo la costruzione di questo orologio, smetta pure la lettura". G. Dondi iniziò a costruirlo nel 1338 e lo portò a termine solo nel 1344, quindi in una fase in cui l'orologio comune si era già affermato. Secondo l'amati questo orologio venne in realtà costruito in base ai progetti del Dondi da Antonio da Padova. Sempre secondo il Landes, le necessità della religione cattolica, il bisogno di sapere con una certa precisione il momento della giornata in cui si è, per assolvere ai doveri della preghiera, che erano collocate in periodi definiti della giornata, a differenza delle altre grandi religioni del periodo (ebraismo e islam), costituì uno sprone fondamentale per la creazione di questo apparecchio. Nei monasteri sono infatti introdotti i primi tipi di apparecchi per il calcolo meccanico del tempo, le svegliarine, orologi molto semplici, dotati di una piccola campana, per segnalare il momento in cui si dovevano svolgere le funzioni religiose. Questi apparecchi si diffusero molto in seguito alla larga adozione della regola Benedettina. Questo innovativo meccanismo, aveva tendenzialmente un'altezza compresa tra i 25 ed i 30 cm, talvolta fatti quasi interamente di ottone compresi gli ingranaggi, è costituita 6 Questo personaggio, fu anche medico personale di Carlo IV di Boemia (1316-1378), esempio di multidisciplinarietà. 16

da un peso7 in caduta verticale, originariamente fatto in pietra e poi di ghisa, che costituisce il motore del meccanismo. Questa innovazione fu probabilmente adottata a causa della più facile lavorazione di questa lega rispetto al ferro. Questi, prima di essere meccanici, erano idraulici e, oltre alla campana spesso erano dotati di un quadrante. La sua invenzione fu facilitata dal fatto che la sua tecnica di costruzione è la stessa di quella impiegata per gli astrolabi. Originariamente, per la sua ricarica, che doveva avvenire manualmente per ben due volte al giorno, si usavano le ruote di carica, costituite da un cricchetto sul bariletto, intorno al quale veniva avvolta la fune. Vennero, in una fase successiva, rimpiazzate da un più pratico ingranaggio a manovella. 2.2 Le testimonianze più antiche Tutti gli apparecchi fin qui analizzati comparvero più o meno contemporaneamente in vari luoghi del continente europeo, Italia, Francia, Germania ed Inghilterra, anche se in realtà le notizie relative alla loro costruzione furono spesso successive. Le prime testimonianze certe sull'esistenza dell'orologio meccanico, sono comunque costituite spesso da cronache religiose inglesi, tanto che, alcuni studiosi, hanno avanzato l'ipotesi che l orologio meccanico fosse stato inventato proprio in quel paese. Se ne ritrovano le prime notizie: negli annali dei priorati di Dunstable (1283) negli annali della cattedrale di Exeter (1284) negli annali della cattedrale di San Paolo a Londra (1288) negli annali del priorato della cattedrale di Norwich (1290) negli annali dell abbazia di Ely (1291) negli annali della cattedrale di Canterbury (1292) negli annali della cattedrale di Salisbury (1306)8 negli annali della cattedrale di Cambray, in Francia, del 1318 o forse 1308. Tra il 1322 e il 1325 si hanno testimonianze della costruzione ed installazione di un orologio astronomico con automi nella cattedrale di Norwich, in Inghilterra. Questa è la più antica testimonianza esplicita di un orologio meccanico dotato di un quadrante. L esemplare più antico giunto fino a noi è invece molto probabilmente quello di Salisbury, risalente al 1386 (anche se nel corso dei secoli ha subito innumerevoli modifiche). Ovviamente anche la Penisola italiana vanta diverse testimonianze relative alla presenza di orologi, le più antiche sono: ad Orvieto nel 1307-1308: ci sono pervenuti degli scritti che attestano come in questi anni fosse stata istituita una tassa per riparare un orologio da campanile e per assumere un addetto che si occupasse di mantenerlo in funzione. a Milano nel 1309 la prima testimonianza pervenutaci di un orologio sicuramente meccanico è del cronista domenicano Galvano Fiamma o della Fiamma (1283-1344 c.a.), che nella sua Cronica ordinis praedicatorum, del 1306, tratta della chiesa di 7 Questo poté anche raggiungere una massa tale da mettere in crisi la torre campanaria, come accadde a Venezia nel 1393. 8 Probabilmente è il primo orologio dotato di un'indicazione acustica delle ore in 2 x 12. 17

Sant'Eustorgio ove in quell anno fu collocato un orologio pubblico; sembra però che già a quel tempo tali orologi fossero alquanto diffusi. nel 1335 si ha un altra testimonianza, sempre del Fiamma, su di un orologio posto sul campanile della chiesa di San Gottardo a Palazzo a Milano nel 1343 viene installato un orologio nel Duomo di Modena. nel 1344 a Padova venne installato l'orologio progettato da Jacopo Dondi (12981359)9; il suo capolavoro andò distrutto nel 1390 e venne ricostruito dal 1423 al 1434 dal suo discendente Novello Dondi10. nel 1347 viene posto un orologio nel Duomo di Monza nel 1351 è segnalato nel Duomo di Orvieto un automa detto Maurizio, il primo di cui si abbia notizia, che, con una mazza, batte le ore su una grande campana. Si presume che sia l'automa più antico esistito in Italia. Questi meccanismi nella penisola erano talvolta chiamati anche Mori Da questa data in poi le testimonianze sulla costruzione di orologi meccanici da torre divengono sempre più numerose e frequenti, dimostrazione della loro crescente diffusione, il che implica con il passare del tempo, anche la diffusione di una base di conoscenze meccaniche necessarie alla loro realizzazione e mantenimento e di conseguenza all'incremento del numero di persone che lavoravano nel settore. Da questa analisi sommaria si può quindi dedurre che i grandi orologi meccanici da edificio anteriori al 1400 di cui si hanno notizie fossero almeno un centinaio ed è molto probabile che ve ne fossero altri di cui si sono, per varie ragioni, perse le tracce. Di notevole interesse è inoltre l osservazione che, per quanto riguarda la Penisola, l'orologeria ebbe uno sviluppo sempre più incentrato su usi civili più che religiosi. 9 In seguito a quest opera la famiglia ha avuto il diritto, nel 1354, di aggiungere al loro cognome l'appellativo onorifico dell Orologio. 10 Nella stessa famiglia, vi è da segnalare anche Giovanni de Dondi, figlio di Jacopo, che oltre ad essere un importante medico, realizzò nel 1364 l'astrarium (o Planetario), alto 85 cm, poi acquistato nel 1381 da Gian Galeazzo Visconti (1351-1402) per la sua biblioteca di Pavia. Un solo peso aziona l'orologio e tutti i suoi meccanismi che mostrano i moti e le posizioni del sole, delle costellazione e dei pianeti, in base alla concezione dell'epoca sull'universo. 18

2.2.1 Le testimonianze letterarie Anche nel campo letterario si ritrovano tracce dell avvento di questa grande invenzione, o del suo effetto sul rapporto tra l uomo ed il tempo, a riprova della loro importanza, come si può evincere dalle citazioni sotto riportate. Il meccanismo dell'orologio ispirò alcuni passi di componimenti di poeti. Nei seguenti passi, tratti dalla Divina Commedia, Dante (1265-1321) s'ispirò o trattò del calcolo del tempo o dell'orologio: Ier, più oltre cinqu ore che quest otta, mille dugento con sessantasei anni compié che qui la via fu rotta. Inferno, Canto XXI, versi 112-114 Da lato m'era solo il mio conforto, e l sole er alto già più che due ore, e l viso m era a la marina torro Purgatorio, Canto IX, versi 43-45 E già le quattro ancelle eran del giorno Rimase a dietro, e la quinta era al temo, drizzando pur in su l ardente corno Purgatorio, Canto XXII, versi 118-120 Nei testi sopra citati si ritrova un cenno di un nuovo modo di ripartire il tempo, che non è più quello delle ore canoniche, ma quello derivato dall introduzione dell ora media, legata alla nascita dell orologio. Lo ministro maggior de la natura, che del valor del ciel lo mundo impresa e col suo lume il tempo ne misura Paradiso, Canto X, versi 28-30 Nel passo riportato si trova una indicazione sul modo classico, precedentemente utilizzato, di ripartire il tempo, cioè in base al moto del sole. Indi, come orologio che ne chiami ne l'ora che la sposa di Dio surge a mattinar lo sposo perché l'ami, che l'una parte l'altra tira e urge, tin tin sonando con si dolce nota, che 'l ben disposto spirto d'amor turge; così vid io la gloriosa ruota muoversi e rendere voce a voce in tempra Paradiso, Canto X, versi 139-146 Nelle due terzine citate, prima si trova un riferimento al diffuso uso, precedentemente indicato, dell'orologio per indicare le ore dei riti religiosi, la sposa di Dio, la chiesa, sorge per cantare le laudi del mattutino, poi, i suoi vari meccanismi vengono impiegati per fare delle metafore sull'amore. 19

Cristoforo Landino (1424-1498) afferma, a commento del passo citato: Hanno e religiosi horiuoli et destatoi che chiamono la chiesa, cioè epsi sacerdoti, la qual è sposa di Dio ne l'hora che essa surge, idest si leva, a mattutinare, idest a cantare mattutino, et cantando lodare lo sposo, che è epso Idio, accioché ami questa sua sposa.11 E come cerchi in tempra d oriuoli si giran sì che il primo, a chi pon mente, quieto pare, e l ultimo che voli Paradiso, Canto XXIV, versi 13-15 In quest ultimo passo Dante fornisce la prima descrizione nota del moto di un ruotismo, di un treno di un orologio meccanico. C. Landino afferma come commento: Chome in uno horiuolo sono molte ruote che una gira velocemente, l'altra meno et l'altra meno, et chosì digradano in forma che l'ultima appena si muove.12 Tutti i passi sopra riportati rivestono un particolare interesse per il presente scritto perché il poeta poté vedere nel 1311, quando venne a Milano per l'incoronazione dell'imperatore Arrigo VII (1275 ca-1313), l'orologio di S. Eustorgio, a cui poi si ispirò. Ciò è dimostrato dal fatto che era l'unico orologio pubblico esistente nella penisola ed è comprovato dall'opera di Luigi Fassò, Vita di Dante, nella quale si afferma: Meglio che ad Asti il colloquio con Arrigo VII di Lussemburgo, di cui Dante ci ha ricordato in un'epistola diretta all'imperatore, avvenne a Milano, dove Arrigo fu coronato re d'italia l'epifania del 1311. Un altro elemento a favore di questa tesi è il fatto che la stesura del Paradiso risale circa all'anno 1320, quindi ad un periodo successivo alla visita ed alla collocazione dell'orologio. Non è viceversa dato sapere ove poté vedere lo svegliarino a cui si ispirò, probabilmente in un qualche convento ove sostò nel suo peregrinare. 2.3 Tipi di orologio Esistono principalmente tre categorie di orologio, di differenti dimensioni, creati tra il XIV ed il XVI secolo, con il progredire della tecnica del settore: orologi da torre orologi da interno orologi da persona I primi veri orologi meccanici furono orologi pubblici da torre, costruiti con uno sviluppo verticale. Furono sostanzialmente soltanto delle torri campanarie automatizzate, dalle quali si ottenevano, al momento desiderato, i rintocchi che segnalavano l ora. Vennero scelte le torri per collocarvi i primi esemplari, perché queste fornivano la possibilità di migliorare il risultato acustico ottenuto ed anche per avere un maggiore spazio di caduta per il peso motore, aumentando di conseguenza il tempo di durata della carica giornaliera. Questi stessi orologi furono successivamente dotati di quadranti dipinti sul muro esterno, poi sormontati, almeno secondo quanto viene sostenuto da Viollet-le-Duc, da protezione da tettoie fatte sia in legno che in piombo, e poi spesso dipinte. Di questo tipo 11 12 C. Landino, Comento a al Comedia, pag. 1723. C. Landino, op. cit., pag. 1896. 20

di parti architettoniche non se ne ritrovano molte tracce nell iconografia milanese, il che fa supporre che probabilmente questo fosse un usò più diffuso nell area francese. Le tettoie erano utili anche per proteggere, almeno in parte, la lancetta metallica dalle intemperie, che l'avrebbero rapidamente deteriorata. Un altro genere di orologi sempre di dimensioni considerevoli, che venne prodotto fin dalle origini erano gli astrari. Erano un tipo di orologi già conosciuti al tempo dei greci e che ebbe una certa diffusione durante l'età medievale, caratterizzato da una maggiore complessità sia per la realizzazione che per il mantenimento in funzione. Sono anche un segnale dell'interconnessione esistente tra questa arte meccanica e quella scienza. Era dotato di indicazioni del moto degli astri e della terra. I primissimi e più primitivi esemplari, erano già in uso al tempo dei greci. Uno dei più noti è l'orologio di Giovanni Dondi a Padova, il quale è dotato di 8 quadranti, uno per le ore ed uno per ognuno dei sette pianeti all'ora conosciuti, oltre il sole e la luna, dei quali indicava la posizione. Il quadrante delle ore era diviso in 24 e girava in senso antiorario. Un fatto particolarmente interessante è che iniziava a calcolare il giorno da mezzogiorno, a causa della considerevole difficoltà che si incontrava ad identificare l'occaso, il momento generalmente adottato. Il suo produttore, oltre ad essere un orologiaio, fu anche un medico rinomato e dotato di conoscenze astronomiche, un genere di competenze diffuso tra i tecnici del settore. Poi, con il passare del tempo, evolvendosi le capacità tecnologiche e le competenze degli orologiai, le dimensioni dei meccanismi vennero ridotte, pur lasciando invariato il meccanismo, il che ha consentito la produzione anche di orologi da interno. Il più vecchio esemplare di questo genere che si è conservato fino ai giorni nostri, risale al 1430 ed è un orologio da camera a molla, che apparteneva a Filippo III il Buono (1396-1467), duca di Borgogna. Durante il XIV secolo furono ovviamente costruiti anche orologi da interno, dei quali però non si ha alcuna testimonianza, probabilmente perché avevano fatto meno scalpore, avevano probabilmente colpito meno i contemporanei, che quindi non li hanno ritenuti degni di particolare attenzione. Un esemplare speciale di orologio da interno, è quello realizzato da Pierre Pipelard per il re Filippo IV il Bello (1268-l314), fatto interamente in argento. In questo genere di apparecchi lo scappamento a verga e foliot poteva essere utilizzato assieme alla molla motrice, combinando così due diverse tecnologie, consentendo così il loro impiego sia quando erano appesi ad un muro, e quindi azionati dal peso motore, sia su una superficie orizzontale come un tavolo, azionato dalla molla. È inoltre indicativa dell evoluzione degli orologi da tavolo rinascimentale a molla la loro relativamente piccola dimensione, avevano infatti un diametro di circa 10 cm, ed un'altezza di circa 6 cm. L'orologio con il tempo assunse anche svariate forme, tra cui quella di breviario e di ostensorio. Nello specifico quello da tavola assunse forme molto diverse tra loro, come: di edicola, a cilindro, a globo, a calvario (raffigurante Cristo in croce). L'orologio a lanterna, un altro tipo di orologio di piccole dimensioni, era azionato da pesi, e aveva generalmente una cassa fatta di ottone, ed era, come la gran parte degli orologi del tempo, dotato di suoneria. Era inoltre dotato di un grande quadrante ed un unica lancetta, che serviva ad indicare le ore. Di solito aveva uno stile abbastanza sobrio. Gli orologi da tavolo erano quindi in definitiva apparecchi di dimensioni ridotte, anche se non facilmente trasportabili, generalmente a sviluppo orizzontale. Spesso 21

avevano la forma di un parallelepipedo, ed erano sovrastati da una cupola, che fungeva da campana sopra la quale potevano talvolta esservi delle piccole statue ornamentali, erano inoltre dotati di una cassa in bronzo dorato. Per quanto riguarda l Italia fu soprattutto a partire dal XVI secolo che iniziò a diffondersi l'uso degli orologi da tavolo, che avranno però una maggiore diffusione soltanto nel secolo successivo. L'orologio da tavolo si diffuse quindi tra il XVI ed il XVII secolo. La forma tipica: platina superiore e una inferiore, dei pilastri tenevano insieme le platine, ed erano spesso ornati. Il quadrante era disposto sopra la platina superiore, erano azionati a molla. Le prime pendole, un tipo di orologi da casa, erano invece dotate di una gabbia in ferro, poggiante su tre o quattro piedi e solitamente munite di una suoneria. Con il passare del tempo vennero dotate di quadranti supplementari, oltre a quello delle ore, e di automi (almeno nel XVII e XVIII secolo). Dal XVI secolo anche le pendole vennero ornate e maggiormente curate nel loro aspetto esteriore. Dal 1630, circa iniziò a diffondersi l'orologio da carrozza, di forma tondeggiante, di dimensioni comprese tra gli 8 ed i 16 cm, costruito, come dice il nome, per essere facilmente trasportato durante i viaggi. Questo tipo di apparecchio, si diffuse in special modo in Francia mentre ben scarsi furono gli esemplari presenti in Italia. Sempre nel XVII secolo, si sviluppò un nuovo tipo di orologio, quello notturno, illuminato dall interno, fatto appositamente per andare incontro alla necessità di conoscere sempre l'ora, senza per questo dover essere disturbati dalla suoneria od utilizzare i mezzi di illuminazione accessori. Questo apparecchio era in tutto simile ai comuni orologi da tavolo, tranne per il fatto che il quadrante era posto al suo interno e non era completamente visibile, così che era possibile vederne solo la parte superiore, ove era indicata l'ora. In questi tipi di orologi era sempre la mostra a girare, e spesso non era neanche dotato di lancette. Il bisogno che questi apparecchi soddisfavano era già sentito in precedenza, e per ovviarvi vennero introdotte delle innovazioni: dei rilievi in corrispondenza dei numeri, in modo che si potesse sapere l'ora anche di notte, tastando il quadrante; o al loro interno poteva essere inserita una fonte di luce, per illuminarne il quadrante. Verso il XVII secolo, anche negli orologi da interno, venne introdotta la segnalazione oraria in sei, con il relativo quadrante. Sempre tra gli orologi costruiti per i privati, vanno infine annoverati gli orologi da persona, che logicamente erano prodotti per essere trasportati con facilità. La loro realizzazione richiese però, oltre ad un'ulteriore riduzione delle dimensioni rispetto agli organi meccanici, la creazione di un nuovo strumento, il conoide. 22

Foto 2 - Un esemplare di tamburina. Fonte: B. Hutchinson, Orologi antichi, Milano, 1982, pag. 19. Le caratteristiche che un orologio doveva soddisfare per poter rientrare in questa categoria, sono le seguenti: avere una fonte di energia interna funzionare in qualunque posizione in cui sia collocato essere protetto dalla polvere ed abbastanza immune ad eventuali urti essere di dimensioni e di peso abbastanza contenuti, quindi entro poco più di un etto e non superiore ai 7 cm di diametro Per le dimensioni erano inizialmente portati in una borsa apposita, poi, secondo varie evoluzioni, al collo ed infine in tasca. La definizione spesso adottata per definirli, "orologi da portare addosso", venne coniata nel 1612 da Guido Panciroli per la sua opera Raccolta breve delle cose che ebbero gli antichi. L invenzione dell orologio meccanico portatile però risale alla seconda metà del XV secolo, e secondo lo studioso E. Morpurgo i primi furono prodotti da Pietro Guido di Mantova verso il 1480, anche se già prima si cercò di ridurne le dimensioni per renderli più idonei al trasporto. La dimostrazione sta nel fatto che il re di Francia, Carlo V (1338-1380), possedeva, già nel 1377, un orologio di piccole dimensioni di produzione tedesca, realizzato da Enrico de Wich, ma che non rientrava ancora nella categoria dei portatili. La sua nascita fu resa possibile solo con l applicazione della molla a spirale come meccanismo motore per i congegni dell orologio, in sostituzione del peso motore. Gli orologi da petto, la forma più comune per quelli portatili, nel periodo che va dal 1540 al 1590, erano spesso a tamburo, uso frequente anche in Italia. Originariamente avevano una cassa semplice, con coperchio traforato senza cerniera, solo in seguito i coperchi furono dotati di cerniera, ed infine vennero cesellati sia il coperchio che la cassa. A riprova dell'evolversi delle capacità siderurgiche degli orologiai13. 13 Un esemplare di questo tipo di orologi è raffigurato nella foto ad inizio paragrafo. 23

Taluni esemplari svolgevano anche la singolare funzione di porta profumi. Questo tipo di orologi erano molto più delicato di quelli a peso. Inoltre almeno fin dalla metà XVII secolo, gli orologi cominciarono ad essere in argento, sia la cassa che il quadrante, anzi quest'ultimo già nella prima metà del secolo. Questo tipo di orologio, fu sicuramente inventato per usi prettamente domestici, a differenza dei primi esemplari di quelli da torre. Al 1620 invece risalgono alcuni esemplari di orologi portatili dotati di cassa di cristallo di rocca. Gli orologi "portativi", come venivano chiamati a quel tempo, erano spesso dotati di un anello, per essere facilmente appesi al collo, il modo più diffuso di trasportarli, assieme a quello di metterli in una custodia attaccata alla cintura, e dotati di suoneria, per indicare il trascorrere delle ore. Altre volte venivano semplicemente portati in un sacchetto di cuoio appeso al collo. Questo tipo di orologi aveva una cassa tendenzialmente tonda, fatta di ottone, e dorata nei pezzi più preziosi. In questi esemplari, almeno dalla prima metà XVII secolo, si trova traccia della firma dell autore. La cassa degli orologi portatili poteva però assumere anche svariate altre forme: a tamburo, sferica, ovale (queste sono generalmente note anche come uova di Norimberga ). Poteva inoltre capitare, almeno a partire dal XVI-XVII secolo, che anche gli ingranaggi venissero indorati, in special modo negli esemplari in cui erano visibili. Il progressivo sviluppo della miniaturizzazione dei componenti, consentì la realizzazione di alcuni interessanti esempi di orologio, come quello posto in un anello, proprietà dell'imperatore Carlo V, che suonava ed indicava le ore; l esemplare, sempre messo in un anello e realizzato dal veneziano Zuan Zorzi (Giovanni Giorgio) Capobianco nel 1537 per il sultano Solimano I (1494-1566), che batteva le ore ed indicava i segni zodiacali; od infine gli orologi incastonati nei manici dei pugnali, realizzati nel 1518 a Blois da Julien Couldray, per il re di Francia Francesco I. Spesso sul quadrante di questi modelli veniva raffigurato, come ornamento, il sole. 2.4 Altre notizie sugli orologi e le successive evoluzioni Gli orologi, come segnalato, fornivano anche altre indicazioni oltre a quella dell'ora, come, per esempio, quella della data. L'esemplare più vecchio conosciuto con questa funzione risale a ben il 1548, costruito a Norimberga e firmato C. W. Sigla che è stata attribuita dagli studiosi all'orologiaio tedesco Caspar Werne. A partire dal XVI secolo furono invece dotati di indicazioni sui segni zodiacali, in funzione delle allora diffuse credenze astrologiche. Anche per quanto riguarda i meccanismi, vi sono da segnalare varie innovazioni, soprattutto a partire dal 1615 vennero introdotte la vite in metallo senza fine o tangenziale, questa, negli orologi da persona si affiancava a quella a rocchetto e cricchetto, e serviva a regolare la molla di carica. Progressivamente invece calò l uso dello stackfreed, anche a causa della sua maggiore complessità e si diffuse l'uso di una meccanica più semplice ed essenziale. Decade l'uso di introdurre le segnalazioni astronomiche e, in special modo dal 1600 circa, la parte meccanica iniziò a semplificarsi. Al posto dei segni astronomici si cominciò a miniaturizzare i congegni ed a ornarli. Spesso venivano ornati, almeno dal XVI secolo, da simboli mitologici, come Cronos e Mercurio, o religiosi, come angeli, o in forma di piccole statue o dipinti. Per realizzare 24