Tavola Rotonda. Milano, 2 febbraio 2009. Sintesi della discussione a cura di Prof. Giulio Napolitano



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Tavola Rotonda Verso un nuovo capitalismo di mercato? Milano, 2 febbraio 2009 Sintesi della discussione a cura di Prof. Giulio Napolitano Dal «supercapitalismo» al capitalismo regolato La crisi economica ha messo fuori gioco il cosiddetto capitalismo di libero mercato, fallito per la totale opacità del settore finanziario, soprattutto in quello dei derivati. Il problema nasce dal fatto che la globalizzazione ha ridotto lo Stato e i legislatori all impotenza. Fra norme imperative e libertà contrattuale ha vinto la seconda, perché è riuscita a sottrarsi a qualsiasi regola e ad ogni tipo di controllo. Nell era della globalizzazione si è così affermata una nuova lex mercatoria, che ha sconvolto sia la struttura dell istituto fondamentale del capitalismo cioè, la società per azioni sia i mercati finanziari. La società per azioni, in particolare, non è più - come eravamo abituati a considerarla - una persona giuridica, ma è diventato un nexus of contracts, un fascio di contratti. Nel mercato finanziario globale, a sua volta, mancava qualsiasi cornice regolatoria, che assicurasse trasparenza e informazione. A ciò suppliva l azione di soggetti in palese conflitto d interesse. L economia reale ha poi fatto la sua parte. Dall inizio degli anni 80 si è affermato un modello di «supercapitalismo», in cui una concorrenza senza frontiere ha sconvolto i mercati, sancendo il primato del cittadino sul consumatore e dell economia sulla democrazia. Dalla cosiddetta rule of law, perno dello Stato di diritto, si è passati ad una sorta di rule of economics. La crisi impone allora di ripensare sia i modelli economici, sia le funzioni degli Stati e dei pubblici poteri, per evitare che prevalgano reazioni difensive e distorsive. Si pensi al rischio di un nuovo protezionismo; o all espansione dell intervento degli Stati sui mercati finanziari, a incominciare dai cosiddetti fondi sovrani. Il punto è che il necessario ruolo dello Stato non può essere tale da espropriare completamente il mercato. Gli interventi di salvataggio e di aiuto, se davvero necessari, devono comunque essere mirati. Inoltre, se non si vuole mettere a repentaglio il funzionamento delle democrazie occidentali, come avvenuto negli anni Trenta dopo la grande crisi, è importante che non si facciano pagare ai cittadini e ai contribuenti gli errori compiuti da manager e amministratori. La mano dello Stato, dunque, deve essere leggera, se si vuole evitare di ripetere gli errori del passato. Si pensi alla crisi inglese e olandese del XVIII secolo. L Inghilterra - per vincere la crisi riscrisse nel 1720 le regole del sistema societario e dei mercati finanziari. Ma la legge dovette essere revocata, perché era talmente rigorosa che aveva portato alla scomparsa delle società per azioni. Per arginare la crisi e impedire il suo riprodursi serve poi un nuovo ordine internazionale. Da questo punto di vista l Europa può dare un contributo importante, ad esempio istituendo un agenzia indipendente di vigilanza sui mercati finanziari. Se, quando fu stipulato il trattato di Roma, furono scritti gli articoli 85 e 86, perché il problema vero allora era l antitrust, oggi, la grande questione è quella della crisi finanziaria, e questa non può essere gestita dai singoli Governi. Va poi cercato un ordine internazionale più ampio, anche nel quadro delle Nazioni Unite. La Corte Internazionale di Giustizia, ad esempio, potrebbe dotarsi di una camera separata per il contenzioso economico e la sanzione nei Questo documento è stato realizzato in esclusiva per Aspen Institute Italia 1

confronti di frodi e manipolazioni del mercato. A tal fine può risultare utile anche la redazione di legal standard internazionali cui devono essere assoggettate tutte le attività economiche. Le regole sono essenziali per ripartire con la fiducia. E legal standard internazionali servono anche a evitare arbitraggi tra sistemi di regole diverse, che sarebbero altrettanto devastanti e, se possibile, a impedire il trasferimento in zone offshore di gran parte delle attività finanziarie. La questione fondamentale, naturalmente, è stabilire quali regole fondamentali sono necessarie. La più importante, ma colpevolmente dimenticata, è quella della trasparenza. Non a caso il problema dei derivati, delle cartolarizzazioni e dei nuovi strumenti finanziari è riconducibile a un difetto di trasparenza. Soltanto attraverso la trasparenza è possibile assicurare il controllo dei rischi. Bisogna poi porre limiti alla finanziarizzazione, alla trasformazione degli immobili in mobili, alla societarizzazione. Basti pensare che i vari fondi che operano sui mercati finanziari non hanno certo regole precise di struttura e che la loro corporate governance è estremamente vaga. Infine, c è il problema dell enforcement. Non basta, cioè, fissare delle regole; bisogna poi garantire che queste regole siano applicate, anche grazie a sistemi giurisdizionali ben funzionanti. Da ciò dipende anche la possibilità di far valere la responsabilità per la criminalità economica, dato che la sanzione della vergogna, evidentemente, è sparita dai mercati finanziari. Eppure si dice che, in fondo, i mercati finanziari si basano sulla fiducia: ebbene, dal punto di vista del controllo sociale, queste forme di sanzione reputazionale sono completamente scomparse. Il modello europeo e le sue sfide La caduta dell illusione che i settori economici si possano autoregolare impone che le regole e i controlli li facciano i pubblici poteri. Da questo punto di vista bisogna considerare che tre regole fondamentali vigenti nell Europa continentale e in Italia, se osservate negli Stati Uniti, avrebbero impedito l insorgere della crisi. Sono, infatti, l assenza di limiti all indebitamento, il riconoscimento di libertà eccessive in termini di asset availability management e la licenza di passività fuori bilancio ad aver determinato il crollo del sistema finanziario americano. Causa ed effetto della crisi nelle varie parti del mondo, dunque, non sono ovunque uguali. Ciò non significa che in Europa continentale e in Italia le cose siano migliori. Il modelle delle banche che venivano definite paleolitiche, perché parlavano di rapporto di lungo termine, di fiducia intergenerazionale, di conoscenza diretta dei propri clienti si è preso una bella rivincita sulla finanza innovativa negli ultimi anni tanto esaltata. Bisogna quindi evitare di mettere un ulteriore strato di regolazioni sulla parte già regolata del settore. Si tratta invece di fare ordine nel grande mondo delle aziende finanziarie non regolate: gli hedge funds, i paradisi legali, le investment banks. Alle regole in materia di controllo finanziario e a carattere etico vanno poi aggiunte quelle in materia di cartelli, di sussidi e di aiuti. Per gestire le regole necessarie al corretto funzionamento dei mercati, sono indispensabili tre istanze: una prima, per adottare e aggiornare le regole; una seconda, per vigilare; una terza, per decidere in caso di controversia. Questo è il modello europeo applicato con successo per alcuni decenni in Europa. Il modello europeo ha dato le sue buone prove e nel suo assetto è, senza dubbio, efficace. Il problema è che l Europa ha perso molto slancio negli ultimi anni. Dopo Jaques Delors, l Europa non ha più saputo lanciare quelle grandi sfide che l hanno caratterizzato, dal mercato interno alla moneta unica. Per questa ragione bisogna credere nei progetti più importanti, come l emissione di titoli di debito pubblico comunitario e gli interventi di grande dimensione sulle infrastrutture e sull industria europea. Questo documento è stato realizzato in esclusiva per Aspen Institute Italia 2

Oggi, purtroppo, alla crisi di aggiornamento istituzionale, legata alla persistente difficoltà di adottare trattati di vera riforma, si aggiunge il pericolo di mettere a repentaglio i fondamenti stessi del mercato unico e, quindi, dell Europa stessa. Bisogna, allora, essere particolarmente attenti a non indebolire ulteriormente il modello europeo, proprio in un momento in cui potrebbe, invece, diventare il punto di riferimento a livello internazionale. In questa prospettiva, anzi, l Italia dovrebbe farsi parte diligente nella difesa dell equilibrio europeo; essa farebbe così, ancora una volta un grande servizio alla storia continentale. Rafforzata nelle sue basi fondamentali, l Europa potrebbe poi dare un esempio fondamentale se in campo finanziario e bancario fosse finalmente capace di darsi un unico libro delle regole, in luogo dei 27 attualmente esistenti, anche se parzialmente armonizzati. Questa sarebbe davvero una mossa importante nella direzione giusta della scrittura di regole a livello globale. Oltre alle regole, poi, servono i controlli. Un istanza europea di vigilanza sarebbe davvero fondamentale, ma per funzionare bene dovrebbe progressivamente assorbire le autorità nazionali, altrimenti differenziazioni, lacune e difetti di coordinamento continueranno a far esplodere le crisi. Le prospettive dell intervento pubblico Diversi tipi di intervento pubblico sono necessari per uscire dalla crisi e per evitare che altre crisi del genere si ripetano in futuro. Da un lato, gli interventi diretti dello Stato, attraverso ausili finanziari, nazionalizzazioni e fondi sovrani servono per superare l attuale depressione; dall altro, gli interventi indiretti dello Stato, tramite regole e controlli più severi servono a impedire di ricadere negli errori commessi fino ad oggi. Sul primo versante, la questione fondamentale è capire come utilizzare al meglio le risorse pubbliche. Da questo punto di vista si comprende perché le leggi si preoccupino di garantire che anche gli interventi a favore delle banche avvengano a condizioni di mercato. Si tratta, peraltro, di un parametro al momento alquanto incerto, perché il vero tema è che oggi non esiste un mercato dei capitali. Quindi, di fatto, i governi stanno intervenendo al posto di mercati di capitale assenti, ma con prezzi che dovrebbero essere di mercato. Bisogna poi ragionare su come sostenere con adeguate garanzie settori industriali, in cui oggi c è un rischio di impresa estremamente elevato. Nasce di qui un possibile conflitto per gli operatori creditizi che possono entrare in sofferenza per aver finanziato quei settori industriali a condizioni non di mercato e rispondere di ciò, anche giuridicamente, ai loro azionisti. Al fine di massimizzare la disponibilità di risorse per determinati settori industriali, la soluzione migliore potrebbe essere quella di dare alcune garanzie ai prestiti forniti da terzi. Altra questione decisiva è quella della prospettiva temporale dell intervento pubblico. Se, infatti, l intervento dello Stato è strutturale, il rischio di distorsioni diventa molto forte. In tal caso, un fondo comune di investimento, ad esempio, preferirà comprare un titolo di una banca tedesca, garantita dal Governo tedesco, piuttosto che comprare titoli del Governo tedesco stesso, perché il rischio è esattamente lo stesso mentre i margini sono più elevati. Si tratta di un fenomeno che sta portando distorsioni molto forti nel mercato dei titoli pubblici generando un rischio piuttosto elevato per i debiti pubblici. Per questa ragione, gestire correttamente l intervento pubblico e i suoi tempi è estremamente importante per evitare che anche gli Stati vadano in default. Anche i fondi sovrani devono operare nella medesima logica. Si tenga presente che molti di questi ragionano in un ottica totalmente privatistica nel contesto di un ampia riallocazione della ricchezza su scala mondiale. Bisogna allora evitare, da una parte, che ci Questo documento è stato realizzato in esclusiva per Aspen Institute Italia 3

siano trasferimenti di proprietà di interi settori e attività economiche; dall altro, di generare squilibri profondi, quando i fondi sovrani avendo conseguito capital gain grazie agli acquisti a basso costo durante la crisi rimettono sul mercato i loro titoli. Bisogna dunque evitare di regalare asset strategici e di destabilizzare i mercati nel futuro. Il secondo versante del problema è quello della riduzione dei rischi di nuove crisi in futuro. Il problema non è soltanto del settore finanziario privato. In tutto il mondo, infatti, vi sono enormi squilibri finanziari a livelli macroeconomico. Quando, in alcuni Paesi, le famiglie hanno un indebitamento sul reddito disponibile al 170-180% è ovvio che c è un problema politico. Quando, all opposto, in altri Paesi, questo debito è eccessivamente basso c è un grave difetto di domanda. Bisogna allora chiarire se il credito al consumo va incentivato o invece ridotto. I pubblici poteri, poi, devono assicurare più regole e controlli. Si è già evidenziata l importanza di rendere più omogenea e integrata la vigilanza finanziaria in Europa e a livello globale. Altrettanto importante, però, è intervenire sui nuovi modelli di corporate social responsability, sulla governance delle imprese e sulla compliance. Tutti questi strumenti sono fondamentali per far sì che le decisioni anche sbagliate siano corrette in tempo e in caso contrario sanzionate. Ad esempio, quando si decide un sistema di remunerazione del management, è necessario che siano chiari i criteri, i parametri e i controlli, in base ai quali tale sistema opera. Verso un nuovo rapporto pubblico-privato Parte importante della crisi è stato il corto circuito tra pubblico e privato, nel senso che ciò che doveva fare il privato l ha fatto il pubblico e ciò che ha fatto il pubblico doveva farlo il privato. Il problema nasce dal fatto che il rapporto tra Stato e mercato è stato vissuto in maniera conflittuale, invece che in modo sinergico, perché non può esistere un mercato contro lo Stato o viceversa. Si prendano alcuni esempi: storicamente negli anni 90 si è verificato un significativo passo indietro del pubblico. Si è riconosciuto che il pubblico stava facendo cose che poteva fare benissimo il mercato e si è così avviata la grande stagione globale delle privatizzazioni. Però, si è andati troppo avanti, in alcuni casi attribuendo ai privati compiti che dovevano restare in mano pubblica. Il pericolo è che adesso si commetta l errore opposto, vedendo nel pubblico il salvatore persino rispetto ad attività logicamente ed economicamente proprie dei privati. Vi sono alcuni esempi piuttosto evidenti in cui il privato è entrato in una sfera pubblica creando diversi problemi. Il primo è quello della regolazione, dove si è introdotto il mito della self- regulation. In certi casi, forse, poteva anche essere un idea giusta, ma la sua generalizzazione è stata davvero pericolosa e ha generato molti danni. Un secondo esempio è quello dell antitrust, che, in nome della retorica dell aggregazione industriale e delle dimensioni delle imprese, ha consentito paradossalmente l affermarsi del paradigma del too big to fail. Se invece si crede davvero che il mercato deve funzionare bene ci sono delle regole che non si possono dimenticare. Un mercato competitivo può esistere soltanto se vi sono partecipanti sufficientemente numerosi e piccoli per non potere interferire sui meccanismi di price-making. È esattamente quanto successo in alcuni mercati, che non sono soltanto le istituzioni bancarie, ma anche i fondi d investimento. In entrambe le parti del mercato si sono create delle istituzioni così grandi, da essere troppo grandi per il mercato in cui funzionavano e da sfuggire a qualsiasi controllo a livello globale. Il terzo caso di conflitto tra pubblico e privato e di impropria confusione dei ruoli è quello delle agenzie di rating. Qui c è stato proprio un caso di delega di potere pubblico a soggetti privati il cui ruolo è stato addirittura istituzionalizzato all interno di Basilea 2. In questo Questo documento è stato realizzato in esclusiva per Aspen Institute Italia 4

modo, una tipica funzione regolatoria e di sorveglianza è stata attribuita a società operanti per scopo di lucro e in evidente conflitto d interesse. Ora, questi sono tre aspetti di un pubblico che ha perso - quasi volontariamente - un potere pubblicistico-regolatorio. Ora il pericolo è che ci sia un ondata di ritorno, in cui il pubblico, oltre a riprendersi ciò che è giusto, si spinga al di là, occupando spazi propri dell iniziativa privata, tornando così allo Stato-azionista invece che allo Stato regolatore. Bisogna, invece, ridefinire bene quali sono i confini tra ciò che deve fare il pubblico per aiutare il mercato e viceversa. Anche perché esiste un tertium genus, costituito dai soggetti del privato sociale o del pubblico libero, tra cui ci sono le fondazioni. Non a caso, una delle ragioni per cui il sistema bancario italiano ha avuto, nella crisi, maggiore stabilità di altri è anche quella che nel suo azionariato ci sono anche soggetti, come le fondazioni, che non sono dominati da una prospettiva di breve termine, ma hanno un orizzonte temporale più ampio di medio e lungo termine. Né va trascurato il fatto che i soggetti sociali che hanno finalità di interesse generale, ma operano con criteri di efficienza che non sono quelli tipici della produzione pubblica di beni e servizi. Il problema dell enforcement e il rischio della cattura Nel disegnare nuove regole e più equilibrati rapporti tra pubblico e privato, la questione dell enforcement è decisiva e postula la capacità e la volontà dei poteri pubblici di resistere alle pressioni del potere economico e finanziario. Negli ultimi anni, invece, sono emerse varie linee di cedimento. La prima, culturalmente molto di moda, è stata quella di affidarsi in modo eccessivo alla self-regulation. La seconda è stata quella della delega istituzionalizzata a soggetti privati, come hanno fatto i supervisori nei confronti delle agenzie di rating. La terza, molto capillare, è quella nota come la cattura del regolatore. Molte cause della crisi, soprattutto negli Stati Uniti, risiedono proprio in ciò. La Securities and Exchange Commission è stata largamente catturata da Wall Street. Un gioco di potere ha così impedito di applicare almeno le regole che c erano. Il Congresso, a sua volta, è stato catturato dalle lobby che hanno impedito di imporre alle agenzie governative comportamenti virtuosi invece di una condotta finanziaria irresponsabile. La stessa politica monetaria e dei tassi, probabilmente, è stata distorta, condizionata dalle pressioni della politica e dei gruppi di interesse privati. Il sistema statunitense, senza dubbio, è quello più esposto al fallimento dell enforcement e al rischio della cattura del regolatore. Anche nei paesi europei, tuttavia, non mancano i problemi. In Italia, ad esempio, vi è, innanzi tutto, un problema di inadeguatezza del sistema repressivo. Per i reati di appropriazione indebita e di truffa non si può disporre all arresto e, in molti casi, si può procedere soltanto dietro querela di parte. Né si fanno più processi per falso in bilancio, come se tutte le società italiane, comprese le banche, avessero bilanci perfettamente in ordine. A ciò si aggiunge la crisi della giustizia civile e penale, dalla quale si può uscire soltanto con l istituzione di tribunali specializzati, che, ad esempio, siano in grado di comprendere operazioni complesse di finanza strutturata e i relativi problemi. Infine, vi è la questione delle autorità di vigilanza. Esse sono davvero dei guardiani del mercato; oppure finiscono per avere un atteggiamento compiacente nei confronti dei grandi gruppi? Si tratta di una questione di cultura istituzionale e di strategia regolatoria, più interventista o, invece, più negoziale e concertativa. Questo documento è stato realizzato in esclusiva per Aspen Institute Italia 5