Gli argomenti. Gestione finanziaria e capacità di investimento nelle PMI: dalle criticità alle prospettive di ripresa. di Francesco Estrafallaces

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Gli argomenti Gestione finanziaria e capacità di investimento nelle PMI: dalle criticità alle prospettive di ripresa 1 1 di Francesco Estrafallaces La recente fase di recessione economica e la blanda ripresa in atto hanno inevitabilmente reso più complessi i meccanismi di formazione di liquidità e di reperimento di fonti finanziarie, soprattutto da parte delle strutture produttive di piccole e medie dimensioni, ovvero di vasta parte del tessuto d impresa. La contrazione dell offerta di credito bancario ha acuito ulteriormente la situazione, generando, come è noto, una caduta libera degli investimenti e rendendo assai più complicata la gestione corrente a causa di una netta riduzione dei flussi di cassa. Il merito, se così si può dire, della crisi è, tuttavia, di avere definitivamente chiarito alcune debolezze implicite nell impresa minore, sul fronte della gestione finanziaria, ma anche di aver messo in evidenza una capacità reattiva e di adattamento a difficoltà contingenti. Si rimette, così, in discussione l idea - piuttosto consolidata in letteratura, - per cui le performance migliori sono attribuibili alle poche imprese di maggiori dimensioni, mentre le PMI risentono in modo permanente, delle debolezze che si acuiscono nelle fasi più critiche, di cambiamento dei mercati. I dati più recenti a disposizione, mettono in evidenza, ad esempio, come l indice di rischio di insolvenza (Z-score) calcolato dalla Centrale dei bilanci, sia cresciuto maggiormente tra le imprese più grandi, nel 2008, già alle prime avvisaglie della Lo scenario attuale

crisi, mentre le strutture di minori dimensioni sembrano avere manifestato, pur in una situazione di difficoltà generalizzata, casi relativamente più contenuti di default nei confronti del sistema bancario. Ciò significa, in sostanza, che le analisi relative alla gestione finanziaria, ai rapporti con il sistema del credito ed alla capacità di investimento dovrebbero tenere conto di fenomeni complessi, non facilmente visibili e che non sempre evidenziano il preteso dualismo netto tra grande impresa efficiente e piccola impresa debole. Vale la pena di chiarire, in via preliminare, quale sia il quadro attuale riguardante la distribuzione dei mezzi liquidi, la capacità di risparmio, il fabbisogno finanziario e la capacità di investimento delle imprese, quattro variabili strettamente connesse. Il quadro congiunturale si presenta piuttosto critico, già dalla fine del 2008, con un lieve miglioramento solo a partire dal 2010. La disponibilità di mezzi liquidi generati dall attività caratteristica resta, soprattutto per le strutture di piccole dimensioni, piuttosto contenuta a causa, come si vedrà più avanti, del prolungato ridimensionamento del fatturato e di un forte sfasamento temporale tra entrate correnti e uscite, sfasamento generato da ritardi nel recupero dei crediti commerciali. Parallelamente, la fase recessiva dell ultimo anno e mezzo si è sostanziata, come è noto, in una contrazione estremamente accentuata delle spese per investimenti. Nel 2009, tali spese, in termini reali, hanno subito una flessione del 12,1%, con una variazione del -16,6% per i soli macchinari e attrezzature. Si tratta di indicatori sufficienti per capire la complessità del momento e l effetto circolare vizioso che si è innescato. Il clima di sfiducia ha spinto, inizialmente, gran parte delle imprese a contenere o a sospendere le spese per investimenti. La contrazione della concessione del credito e del fatturato ha poi ridimensionato, di fatto, la capacità di formazione di liquidità per spese finalizzate all acquisto di capitale tecnico, 2 2

generando una miscela malsana, che ha contribuito a inasprire la situazione recessiva che ha caratterizzato il Paese, in modo evidente, almeno fino al primo trimestre del 2010 e che solo di recente sembra attenuarsi. Vale la pena chiedersi, dunque, quale sia la situazione finanziaria delle imprese, ovvero quale sia sostanzialmente la disponibilità di risorse più o meno liquide su cui il sistema produttivo può contare. Se l ammontare di risorse altamente liquide (moneta, depositi e titoli facilmente smobilizzabili) ha incrementato la propria incidenza sul totale delle attività finanziarie tra il 2005 ed il 2009 (fig. 1), ciò non significa che le imprese dispongano realmente di risorse finanziarie maggiori, rispetto al passato, per affrontare nuovi investimenti e per fronteggiare le difficoltà che la crisi ha portato con sé. 3 3 Fonte: elaborazione su dati Banca d Italia In effetti, ciò che colpisce non è tanto il dato sopra richiamato, quanto la crescita accentuata dell incidenza dei crediti

commerciali sul totale delle attività finanziarie, passati dal 26,1% del 2005 a quasi il 35% nel 2009 e che rappresentano un immobilizzazione sostanziale di mezzi liquidi. Il quadro si completa se si tiene conto del fabbisogno finanziario delle imprese, cresciuto consistentemente nel periodo compreso tra il 2006 ed il 2008, ma poi in netta contrazione nel 2009; il che rivela una situazione di disagio e di difficoltà generalizzata (fig. 2). 4 4 Fonte: elaborazione su dati Banca d Italia Scendendo più nel dettaglio, emergono tre fenomeni interessanti che possono probabilmente aiutare a comprendere quale capacità di formazione di mezzi liquidi e quale capacità di investimento e di sviluppo esprimano attualmente le piccole e medie imprese italiane. In particolare: a) la crisi da riduzione della domanda di beni e servizi, con effetti immediati di contrazione del fatturato, si è progressivamente trasformata, già nei primi mesi del 2009, in una crisi di liquidità, determinata dal restringimento dei flussi di cassa; Gestione finanziaria e capacità di investimento ai tempi della crisi Lo scenario attuale

b) la capacità di accumulazione di capitale si è ridotta tra il 2008 ed il 2009, determinando a sua volta una caduta libera della spesa per investimenti; c) la capacità di indebitamento delle imprese si è visibilmente ridotta, anche a seguito della contrazione dell offerta di credito soprattutto da parte dei principali gruppi bancari nazionali; ciò è stato evidente sin dalla fine del 2008. Per ciò che concerne il primo aspetto, è bene sottolineare che gli effetti della recessione sulla formazione di liquidità corrente sono stati immediati e chiaramente visibili nelle strutture di minori dimensioni più che in quelle medie e grandi; più nelle reti di subfornitura, ad esempio, che nelle strutture con accesso ed un contatto diretto con i mercati finali. Per le strutture di minori dimensioni, la formazione e gestione del capitale circolante netto, già difficoltosa in condizioni normali, ha risentito del doppio effetto dei ritardi dei pagamenti, della difficoltà di recupero dei crediti commerciali e del contenimento del credito concesso dalle banche. La dilatazione progressiva dei tempi di pagamento dei clienti, dovuta ad una situazione di disorientamento generalizzato e di timore di rimanere a corto di risorse finanziarie prontamente disponibili si è rivelato, dunque, uno degli aspetti più critici per tutti i settori produttivi. La crescita più sostenuta della durata media per il pagamento dei crediti commerciali si è registrata tra le aziende industriali con un numero di addetti compreso tra 50 e 199. Le analisi di Banca d Italia, infatti, mettono in evidenza come, dai 99 giorni mediamente necessari per riscuotere il credito commerciale, registrati nel 2008, si sia passati l anno successivo a 104 giorni. Ma anche nelle altre classi dimensionali la dilatazione dei tempi è stata egualmente evidente (fig. 3). Solo, paradossalmente, nelle strutture piccolissime l aggravamento delle condizioni di riscossione appare meno 5 5

accentuato, ma bisogna ricordare che proprio queste imprese sono quelle che registrano, in assoluto, tra i tempi più lunghi sia nelle fasi espansive del ciclo economico che in quelle recessive. 6 6 Fonte: elaborazione su dati Banca d Italia Indagine Invind Tra le imprese con un numero di addetti compreso, ad esempio, tra 20 e 49 unità, il tempo medio di riscossione di un credito commerciale si avvicina ai 100 giorni e supera tale livello se si tratta ovviamente di un credito con una Pubblica Amministrazione (i giorni sono, infatti, mediamente 106). La crisi ha ovviamente accentuato i casi di insolvenza o di incaglio: se nel 2008 la quota di credito riscossa in ritardo era pari, tra le imprese industriali, al 24,5%, nel 2009 essa ha raggiunto il 26,3%. Nei servizi, la quota riscossa in ritardo è passata dal 25,4% al 28,5%. Anche in questo caso, le imprese di minori dimensioni sembrano aver dimostrato un ridotto potere contrattuale, in termini di capacità di riscossione: sia le aziende fino a 50 addetti che quelle fino a 200 registrano attualmente le percentuali più elevate di crediti riscossi in ritardo; nel primo caso poco più di un

quarto dei crediti sottostà a questa criticità e nel secondo caso si arriva addirittura al 30,3% (fig. 4). 7 7 Fonte: elaborazione su dati Banca d Italia Indagine Invind Dall altro lato, i dati della Centrale dei rischi mettono in evidenza come nel 2009 e presumibilmente anche nel 2010 le imprese che hanno ritardato maggiormente i pagamenti sono quelle industriali, di piccole dimensioni e localizzate nel Mezzogiorno. L effetto più evidente è consistito nella contrazione dei flussi finanziari in entrata (e per molti versi in uscita) delle imprese, dovuti alle dilatazioni dei tempi di pagamento nell intero sistema produttivo, con difficoltà di formazione di flussi di cassa sufficienti a far fronte alla quotidianità e con scompensi finanziari notevoli. Nonostante il forte calo degli investimenti negli ultimi tre anni, la capacità delle imprese di sostenere la spesa utilizzando risorse proprie è rimasta molto contenuta ed è stato anche più contenuta nel 2009, rispetto agli anni precedenti, non solo la capacità di accrescere il valore delle attività finanziarie (liquidità disponibile,

valore di titoli azionali e di titoli e medio e lungo termine), ma anche di accrescere il valore delle passività (debiti finanziari e commerciali, emissione di titoli di debito), il cui flusso è passato infatti dagli oltre 100 miliardi nel 2008 a 15,5 miliardi nel 2009, ad indicare come l intera gestione della liquidità si sia notevolmente ridimensionata, rispecchiando la turbolenza del mercato ed il disorientamento di vasta parte delle imprese. Il disavanzo finanziario delle imprese (dato dalla differenza tra attività e passività finanziarie) è passato, dunque, da -79 miliardi di euro nel 2008 e -36,4 miliardi nel 2009 ad indicare l improvviso prosciugamento delle risorse liquide disponibili. L autofinanziamento resta, ovviamente la fonte primaria per far fronte alle spese legate all accumulazione di capitale tecnico e quindi per garantire possibilità di crescita. Tuttavia, da almeno quattro anni si assiste ad una progressiva e ormai preoccupante flessione dell incidenza dello stesso sul valore degli investimenti. Da un incidenza del 63% delle risorse proprie sugli investimenti registrati nel 2000, si è passati al 39% nel 2009 (fig. 5). E se già appare di per sé preoccupante il fatto che lo strumento finanziario preponderante per le imprese italiane sia da sempre l autofinanziamento, risulta particolarmente grave il ridimensionamento dello stesso negli ultimi anni di crisi. Vi è, dunque, un intrinseca debolezza del sistema produttivo nazionale che tenta di fare fronte alle sfide della crescita con limitati mezzi liquidi, derivanti per lo più da risorse proprie, a volte improvvisate, e con pochi strumenti di finanza più strutturata. Ciò sembra porre una seria ipoteca sul futuro, anche alla luce del preoccupante prosciugamento di liquidità registrato a partire dalla fase di crisi e che ancora oggi non accenna ad invertire la tendenza. Con pochi mezzi liquidi, in sostanza, l impresa realizza piani di investimento e programmi di espansione assai limitati ed è questa la china discendente che vasta parte delle aziende, specie di piccole dimensioni, sembrano avere imboccato. 8 8

9 9 Fonte: elaborazione su dati Banca d Italia e Istat Disallineamenti sempre più accentuati tra incassi e uscite, ritardi nella riscossione dei crediti, flussi di cassa sempre più esigui non consentono, soprattutto alle strutture di minori dimensioni, la formazione di massa liquida sufficiente a fronteggiare nuovi investimenti e non permettono di disporre neanche di garanzie sufficienti per accedere al credito bancario. Le imprese di minori dimensioni appaiono, peraltro, più deboli rispetto alle medio-grandi in termini di capacità di formazione di risorse liquide finalizzabili ad autofinanziamento (fig. 6): - se nel 2006 il 31,4% delle imprese industriali con un numero di addetti tra 50 e 199 dichiarava di aver ridotto la propria capacità di autofinanziamento rispetto all anno precedente, nel 2009 è stato ben il 64,3% ad avere dichiarato tale tendenza (l incremento delle piccole imprese con capacità di autofinanziamento in riduzione appare, dunque, molto elevato);

- nel 2006 il 43,1% delle imprese industriali con 500 addetti e oltre indicava di avere ridotto la propria capacità di autofinanziamento, mentre nel 2009 tale percentuale si attesta al 58,8%, compensata peraltro da una crescita del ricorso a capitale proprio e dell indebitamento bancario. 10 10 Fonte: elaborazione su dati Banca d Italia Emerge, dunque, con relativa evidenza, il terzo aspetto sopra richiamato, ovvero, la capacità della piccola impresa di accedere al sistema bancario per continuare a disporre di un flusso sufficiente di mezzi liquidi. Le più recenti indagini disponibili a livello europeo mettono in evidenza (se mai ve ne fosse stato bisogno), ancora una volta, come le aziende di piccole dimensioni italiane siano quelle che più intensamente utilizzano risorse proprie per finanziare l attività d impresa e che meno intensamente ricorrono a prestiti bancari e scoperti di conto, se messe a confronto con la media dell Unione Europea. La rilevazione della Banca Centrale Europea sull accesso

agli strumenti finanziari delle PMI rivela come a metà del 2010, il 51,4% delle imprese italiane analizzate abbia dichiarato di avere fatto ricorso negli ultimi sei mesi a risorse proprie, a fronte di una media europea del 40,5% (più di 10 punti percentuali in meno) e che parallelamente solo il 28,9% delle imprese italiane abbia fatto ricorso allo scoperto di conto a fronte di una media europea di quasi il 40%. Egualmente il 33,9% delle imprese italiane ha fatto ricorso a prestiti bancari contro una media europea del 37%. Se da un lato ha agito il ridimensionamento spontaneo del fabbisogno finanziario, dovuto alla presenza di mercati turbolenti e che hanno spinto molte imprese ad un atteggiamento di attendismo e quindi di sospensione delle spese per investimenti, dall altro lato, tuttavia, ha operato un vero e proprio fenomeno di credit crunch. E sufficiente rilevare che nel 2009 i prestiti bancari si sono ridotti del 3% su base annua, con una riduzione di 28 miliardi di euro. Il trend discendente è proseguito anche nei primi mesi del 2010; a marzo la flessione dei prestiti è stata del 2,9% e solo a partire da agosto si è registrato un incremento dell 1,8%. Ciò che è importante sottolineare è che ultimamente la riduzione più forte riguarda le imprese medio-grandi, mentre per le piccole il trend pur rimando negativo è meno marcato. Ad esempio, alla fine del 2009 la flessione dei prestiti bancari alle grandi imprese è stato di circa il 3%, mentre per le piccole si è mantenuto intorno allo 0%; egualmente, nei primi mesi del 2010, la flessione presso le grandi e medie imprese è stata di circa il 4%, mentre nelle piccole si è mantenuta ancora intorno allo 0% (fig. 7). Ad un fabbisogno piuttosto consistente di mezzi liquidi e che appare determinante per tornare a crescere, sembra dunque che il sistema bancario riesca a rispondere solo in parte, con un atteggiamento improntato alla prudenza e senza slanci, né nei confronti delle imprese di maggiori dimensioni, da sempre 111

ritenute privilegiate nei rapporti con le banche, ma neanche con le strutture più piccole, per le quali il livello di concessione dei prestiti è rimasto sostanzialmente immobile negli ultimi 12 mesi. 12 12 Fonte: elaborazione su dati Banca d Italia Servizio di vigilanza Le analisi condotte a livello europeo sulle PMI ribadiscono come i principali ostacoli per l accesso al credito delle strutture più piccole siano legate alle limitate garanzie patrimoniali disponibili e a costi bancari eccessivi. Si ribadiscono, dunque, criticità note, che tuttavia, nella fase di crisi si sono aggiunte alla diffusa contrazione del fatturato e che hanno pertanto generato una mancanza di liquidità assai pericolosa. E interessante rilevare come per il 37% del campione di piccole imprese italiane analizzate dalla BCE a fine 2009 il principale ostacolo per l accesso al credito bancario risulta essere la mancanza di adeguate garanzie e per 36,9% è il costo o i tassi eccessivi praticati sulle operazioni, a fronte di una media europea (di piccole imprese) pari rispettivamente al 26,1% ed al 20% (fig. 8), con un divario molto consistente.

13 13 Fonte: elaborazione su dati Bce Come da tempo viene sottolineato dalle analisi sul sistema bancario, sulla contrazione dei prestiti stanno influendo le politiche restrittive adottate soprattutto dai gruppi bancari di maggiori dimensioni. Per fare un esempio, ad agosto 2010 (rispetto allo stesso mese del 2009) il credito erogato dai primi cinque gruppi bancari si è ridotto dell 1,1% (e a marzo si era ridotto del 5%), mentre quello delle altre banche è cresciuto del 3,3%. Si tratta di una variabile di non poco conto, che può servire ad immaginare le prospettive di breve periodo del rapporto tra banca ed impresa. Non appare azzardato affermare, infatti, che le banche di minori dimensioni, più radicate nel territorio, possano essere buoni partner per i localismi d impresa, ovvero per le strutture di minori dimensioni. In sostanza, la soluzione ai molti problemi di liquidità e di fonti di finanziamento dell impresa minore sembrano risiedere più nelle piccole banche che nelle grandi strutture. Da tutti i sondaggi finora effettuati, in effetti, emerge come le strutture bancarie più piccole siano più propense Reti e territorio per ricostituire la capacità finanziaria delle PMI

ad ascoltare i problemi e le esigenze delle imprese e ad adottare, come mostrato dai dati ufficiali sui flussi di credito, politiche più espansive. Ritorna per molti versi l idea che la soluzione, o una delle soluzioni, ai più recenti problemi legati alla carenza di liquidità e di risorse finanziarie per gli investimenti possa risiedere nel concetto di rete collaborativa; tale risulta essere il sistema delle banche di minori dimensioni, distribuite in forma di reticolo leggero sul territorio (si pensi alle banche popolari e di credito cooperativo), per le quali il legame con le imprese locali è spesso molto accentuato. Ma in un ottica di rete opera anche il sistema dei Confidi, rivelatosi importante nella recente fase di crisi finanziaria che il sistema produttivo nazionale ha registrato. Confidi opera attualmente con una rete di oltre 500 strutture operanti nel territorio nazionale, con una capacità di penetrazione, in termini di imprese sul totale del tessuto produttivo, di oltre il 23%. Vale la pena chiedersi quali prospettive caratterizzino il sistema delle piccole e medie imprese in termini di fabbisogno finanziario, disponibilità di mezzi liquidi e di capacità di investimento. Sebbene il quadro congiunturale resti complesso, tale da non lasciare intravedere possibilità di crescita sostenuta nell immediato, occorre mettere in evidenza che già a metà del 2010 alcuni indicatori rivelano un leggero miglioramento, o quanto meno per le imprese di minori dimensioni l accesso al credito non è peggiorato ed il livello degli investimenti ha ripreso a crescere, così come si aggiunge al quadro generale la ripresa consistente della capacità di esportazione del paese. Negli ultimi mesi, la sottoscrizione di piani di ristrutturazione del debito bancario e l adesione ai piani di moratoria dei debiti è stato più diffuso tra le aziende di piccole e medie dimensioni rispetto a quelle più grandi. Ciò può essere visto anche come un impegno 14 14

forte della piccola impresa ad affrontare il problema dell indebitamento con più impegno e capacità di visione rispetto al passato e potrebbe essere il primo passo verso una ristrutturazione dei comportamenti di gestione finanziaria tali da contribuire ad una ripresa che si auspica non lontana. 15 15 L autore Francesco Estrafallaces, nato a Lecce nel 1966 è responsabile del Settore per l'analisi economica del Censis. Si occupa prevalentemente di analisi sui sistemi d'impresa, sui distretti produttivi, sui comportamenti di spesa e di consumo. Fa parte del comitato scientifico dell'osservatorio nazionale dei Distretti produttivi italiani. R.ETE. Imprese Italia R.ETE. Imprese Italia è l Associazione che nasce nel maggio del 2010 come evoluzione del Patto del Capranica, stretto tra Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti. R.ETE. Imprese Italia ha quali obiettivi la promozione e il consolidamento delle imprese come componenti fondamentali del sistema economico e della società civile, e il riconoscimento del loro ruolo a tutti i livelli di interlocuzione istituzionale e privata. La Fondazione R.ETE. Imprese Italia intende promuovere i valori dell impresa, del lavoro e dell etica imprenditoriale nella società civile, per favorire una nuova e più forte integrazione sociale, culturale e politica degli imprenditori nel Paese e nei loro territori di riferimento. Contatti Fondazione R.ETE. Imprese Italia Presidente Giuseppe De Rita Corso Vittorio Emanuele II 282-284 00186 Roma Telefono:06-98378014Fax: 06-68806761 E-mail: fondazione@reteimpreseitalia.it