PANNELLI - VERSIONE DEFINITIVA
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- Elvira Magnani
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1 Pannelli per la mostra Carrozze Regali Cortei di gala di Papi, Principi e Re La mostra La mostra racconta la storia delle carrozze di gala delle corti italiane; dei papi, dei re, delle regine e dei principi che le usarono; degli architetti che le disegnarono; degli artigiani che le costruirono; degli artisti che le abbellirono. Carrozze di gala, non di viaggio: destinate, quindi, a grandi cerimonie di corte in cui i sovrani si mostravano ai loro sudditi. In antico regime la corte era riservata alle poche centinaia di persone (nobili e borghesi) che vi lavoravano. In assenza dei moderni mezzi di comunicazione, per la maggior parte delle persone vedere i propri sovrani era un evento raro. Ciò si verificava in poche occasioni: a teatro, quando il re e la sua famiglia assistevano alla rappresentazione di un opera o d una festa; nelle grandi cerimonie pubbliche, come quelle cui prendevano parte le carrozze che qui si espongono; in chiesa, durante particolari funzioni. Vi erano poi i momenti in cui i sovrani si spostavano da una residenza all altra o compivano un viaggio. Essendo le berline di gala un momento in cui il re si esponeva, è chiaro che esse dovevano essere quanto più splendide possibile. Non stupisce, quindi, che per la loro realizzazione ci si servisse degli stessi artisti e maestranze attive a teatro e a corte. Da Juvarra a Pregliasco molti progettisti di carrozze furono, infatti, anche scenografi teatrali. Ma l atto di mostrarsi comportava i suoi rischi: da Enrico IV, nel 1610, ad Umberto I, nel 1900, furono diversi i sovrani assassinati mentre erano in carrozza. Se le moderne automobili, almeno nella struttura esterna, sono dirette discendenti delle carrozze, si può dire che ne abbiano raccolto l eredità anche in questo ruolo d ostensione del potere, con i rischi che si sono detti (basti pensare all assassinio di Kennedy mentre nella macchina presidenziale scorreva fra ali di folla). Le carrozze di gala erano quindi una sorta di teatro in movimento, dove si rappresentava lo spettacolo della sovranità, con le sue glorie e i suoi pericoli. Le carrozze Mentre i carri accompagnano la storia dell uomo sin dall antichità, le carrozze sono state inventate nel XV secolo in Ungheria, nella città di Kocs, da cui il nome di Cocchio. Rispetto al carro classico, la principale differenza è che la gabbia non posa direttamente sugli assi delle ruote, ma è retta da un sistema di molle, cinghie e sospensioni. Sino a metà Seicento le carrozze furono usate soprattutto da sovrane e prelati. Re e principi, almeno nelle manifestazioni ufficiali, continuarono ad usare il cavallo, classico attributo della regalità. Ciò spiega perché mentre esistono ritratti equestri di ogni sovrano, siano rarissimi i dipinti che raffigurano sovrani in carrozza. A fine Seicento l architetto Philippe de Chiéze inventò per il Margravio di Brandeburgo un nuovo tipo di vettura: la berlina (dal nome della capitale del sovrano). La sua eleganza e funzionalità la imposero nelle corti di tutta Europa. Quasi tutte le carrozze esposte in mostra sono berline, un espressione poi passata ad indicare le automobili più grandi ed eleganti. La costruzione delle carrozze era un lavoro collettivo, opera di veri e propri team, composti da figure professionali che andavano dal progettista, che la disegnava (per quelle più sfarzose era spesso un architetto o uno scenografo), al carrozziere che la realizzava, dal tappezziere che si occupava di foderarne interni e sedili, sino agli intagliatori e pittori che ne approntavano gli arredi preziosi. A questo proposito, non è privo di importanza che Marx nel Capitale usasse proprio le manifatture di carrozze per descrivere la nascita del moderno sistema-fabbrica: «una carrozza era il prodotto complessivo dei lavori di un gran numero di artigiani indipendenti, come carradore, sellaio, sarto, magnano, cinghiaio, tornitore, lavorante di passamaneria, vetraio, pittore, verniciatore, doratore, ecc. La manifattura delle carrozze [li] riuniva in un edificio da lavoro, dove tutti lavoravano l uno per l altro contemporaneamente».
2 Sezione 1 Carrozze e portantine di principi Nel XVIII secolo le carrozze erano divenute una delle componenti centrali della rappresentazione del potere aristocratico. Le grandi famiglie nobili rivaleggiavano coi sovrani nell uso di carrozze sempre più affascinanti e bizzarre. Nelle capitali, il corso delle carrozze era il momento in cui cortigiani ed aristocratici facevano a gara per mostrare le più sontuose ed alla moda. A Roma esso si svolgeva lungo l antica Via Lata, che assunse poi il nome di Via del Corso. A Torino erano i viali fra la Cittadella ed il Castello del Valentino ad ospitare la sfilata di carrozze. Ma il corso più sfarzoso della capitale sabauda era quello che si svolgeva lungo via Po negli ultimi tre giorni di Carnevale. Allora il treno della regina sfilava in gran gala, accompagnato dal berlingotto del re dalle carrozze della nobiltà di corte. Manifestazioni simili si svolgevano in tutte le capitali e le grandi famiglie facevano a gara per comparirvi con le vetture più moderne e lussuose. Anche se le carrozze dei sovrani italiani di tale epoca sono quasi tutte scomparse, le carrozze e le portantine di principi qui esposte, restituiscono bene lo sfarzo e magnificenza di questo tempo ormai perduto. Manifattura francese Berlina di gala del principe Sigismondo Chigi, Roma, Museo di Roma La berlina di gala qui esposta appartenne al principe Sigismondo Chigi ( ), Maresciallo di Santa Romana Chiesa e Custode del Conclave, poi esule per le sue idee giudicate troppo inclini agli ideali illuministi. Essa fu commissionata per le sue seconde nozze con Giovanna Medici d Ottajano, celebrate a Napoli il 10 novembre Negli Avvisi della cancelleria ducale di Modena il rientro solenne degli sposi a Roma, il 22 novembre, è descritto facendo riferimento ai festeggiamenti in cui «furono spiegate ricche livree e poste in giro grandiose carrozze fra le quali due considerevoli, fatte venire da Parigi». Testimonianza del successo delle berline francesi presso l alta aristocrazia italiana, giunte a Roma, esse furono comunque sottoposte ad un ampio lavoro di risistemazione ad opera di artigiani locali. Manifattura dell Italia meridionale Berlina di gala dei principi Asmundo di Gisira, seconda metà del XVIII sec. Firenze, Palazzo Pitti, Museo delle carrozze La carrozza appartenne alla famiglia catanese degli Asmundo di Gisira, principi dal 1763, il cui stemma è presente sul suo lato posteriore. Essa presenta un cocchio a valva di conchiglia rosso e oro. Scene arcadiche decorano le specchiature della vettura: al centro di ciascun lato si trova una scena in cui figure pastorali si situano entro paesaggi con rovine architettoniche, contornata da allegorie delle quattro stagioni (due per ciascun lato del carro) raffiguranti ognuna un putto in volo recante rispettivamente un braciere (inverno), un fascio di grano (estate) e, sulla parte opposta della cassa, un vassoio di fiori (primavera) e una cornucopia di uva (autunno). Altre due scene, sempre con architetture dorate e uccelli in volo, si situano sulla parte anteriore e sul retro.
3 Manifattura napoletana Portantina del duca di Maddaloni, ca. Torino, Palazzo Madama - Museo Civico d Arte Antica La portantina appartenne a Lelio Carafa duca di Maddaloni (1761), dal 1738 Gran protonotario del Regno di Napoli e dal 1759 consigliere di stato. I suoi discendenti la vendettero nel 1881 al marchese Emanuele d Azeglio, allora direttore del Museo Civico di Torino. I duchi di Maddaloni erano una delle famiglie più importanti del Regno di Napoli, e a metà Settecento disponevano d un carrozziere di fiducia: Francesco Bojano, che nel 1738 aveva realizzato la regia nave «San Filippo Reale». La portantina costituisce dunque un eccezionale testimonianza del gusto raffinato della corte di Carlo III di Borbone. I dipinti che ne ornano i pannelli laterali e il soffitto raffigurano fontane fantastiche, contornate da volute vegetali e fiori con inserti di conchiglie e rami di corallo. Manifattura napoletana Portantina d una principessa Ruffo, seconda metà del XVIII sec. Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia Giunta a Palazzo Venezia nel 1919, per lascito del principe Fabrizio Ruffo di Motta Bagnara, la portantina appartenne probabilmente ad una principessa, come sembra emergere da un analisi della decorazione. Sul pannello frontale sono rappresentati Venere e Adone nel momento in cui il giovane sta per allontanarsi dalla sua amata per andare a caccia. Il riquadro di sinistra mostra una donna con la pelle di leopardo che arresta con un gesto del braccio un satiro che sta fermando un ariete, allegoria dell amore ferino. Il dipinto di destra, invece, vede protagonisti una serie di putti che giocano spingendosi su un altalena, osservati da due giovani fanciulle seminude, forse ninfe al seguito di una dea. Nei due riquadri sul retro della portantina sono un allegoria dell Amor sacro, e di Bacco e Arianna. Manifattura anonima Portantina del marchese Spinola, terzo quarto del XVIII sec. Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola Donata alla Galleria Spinola nel 1958, fu probabilmente commissionata dal marchese Paolo Francesco Spinola ( ), raffinato intellettuale ed esperto d arte. Il raffinato intaglio ligneo dorato e applicato, di ottima esecuzione, abbandona le linee flessuose rilevabili nelle portantine di metà Settecento per creare rigorosi intrecci tra elementi vegetali e lineari greche rivelando una precoce adesione al nuovo linguaggio neoclassico. Il decoro della portantina appare, quindi, prontamente aggiornato ai primi sentori di neoclassicismo, suggerendo così una datazione nel Settecento inoltrato. Tipicamente genovese è la sobrietà del nero del cuoio, quasi sempre usato per rivestire l ossatura in legno grezzo, la cui linea ripete con minime varianti quella del parallelepipedo con solo la facciata posteriore inclinata superiormente e arcuata in basso.
4 Manifattura piemontese Carrozzino da giardino per bambini, terzo quarto del XVIII sec. Torino, Palazzo Madama - Museo Civico d Arte Antica Vetture di questo tipo in genere erano tirate da pony, pecore o capre, cani e servivano a insegnare ai giovani principi l arte di guidare le carrozze. Il carrozzino riprende la forma della vettura da giardino a quattro posti illustrata nel trattato sulla costruzione delle carrozze di André-Jacob Roubo del Il seggiolino posteriore del carrozzino è leggermente rialzato rispetto a quello anteriore, così da non impedire la vista a chi vi era seduto. Sul sedile anteriore sono raffigurati Giove con l aquila e Danae, su quello posteriore Giunone con il pavone; sui fianchi putti in volo; sul davanti paesaggi boschivi. Spesso accadeva che le parti decorative delle carrozze si rovinassero e venissero ripinte: questo spiegherebbe un possibile scarto temporale tra gli intagli e i pannelli dipinti, di tardo Settecento.
5 Sezione 2 Il Berlingotto di Vittorio Emanuele I e le carrozze dei Savoia tra Sette e Ottocento Il secolo d oro delle carrozze fu il Settecento. Allora nelle corti si svolgevano grandi cerimonie di gala, in cui re e regine, principi e principesse si mostravano nelle loro berline a folle di sudditi, assiepati lungo le strade. Se ancora a metà Settecento le carrozze più rinomate erano quelle francesi, da allora s imposero anche quelle italiane, in particolare quelle della scuola piemontese, che ebbe in Giacomo Pregliasco il suo maggiore esponente. È quindi di grande importanza che sia sabauda l unica carrozza regale del Settecento italiano giunta sino a noi. Si tratta del Berlingotto del duca d Aosta Vittorio Emanuele di Savoia ( ), poi re come Vittorio Emanuele I ( ). Esso fu realizzato per le nozze del duca con Maria Teresa Asburgo-Este, nell aprile del Su progetto del Pautasso, la realizzazione fu affidata ad Amedeo Demonte, regio «fabbricatore di carrozze». A dipingerla fu Vittorio Amedeo Rapous ( ), mentre la decorazione lignea fu probabilmente opera di Giuseppe Maria Bonzanigo ( ) che negli stessi anni allestiva gli appartamenti dei duchi d Aosta a Palazzo Reale. Sopravvissuto miracolosamente alle distruzioni francesi, fu portato a Firenze nel 1868 e poi a Roma nel Pautasso, progettista; A. Demonte, carrozziere; V.A. Rapous, pittore; G.M. Bonzanigo, intagliatore (Torino) Berlingotto di gran gala del duca d Aosta Vittorio Emanuele di Savoia, poi re Vittorio Emanuele I, 1789 Roma, Palazzo del Quirinale, Museo delle Carrozze Il berlingotto è un coupé a due posti e a sei luci con palco per cocchiere e pedana posteriore per staffieri; presenta molle a C, assali in ferro e pignoni in bronzo dorato decorati con motivi vegetali. La cassa è dipinta, su fondo giallo oro, con figure allegoriche e putti che sorreggono medaglioni col monogramma VE coronato; sugli spigoli sono trofei a tutto tondo: quelli superiori presentano gli stemmi del Regno di Sardegna. Le allegorie dipinte da Rapous sul fianco destro raffigurano le virtù maschili della Giustizia e del Dominio di sé, mentre quelle sul lato sinistro quelle femminili della Purezza che si fonda sulla Fedeltà. La Pace presenta una fisionomia molto precisa, tanto da far supporre che si tratti d un ritratto dell arciduchessa all età di sedici anni. Sulla pedana del cocchiere è Giove, che guiderà la coppia nel viaggio della vita. Rigolino, sellaio (Torino) Pariglia di finimenti per il Berlingotto del duca d Aosta Vittorio Emanuele di Savoia, 1789 Roma, Palazzo del Quirinale, Galleria dei Finimenti Nulla si sa del sellaio torinese Rigolino. autore della splendida pariglia di finimenti del Berlingotto del duca Vittorio Emanuele. Si tratta di un elegante e raffinata pariglia in marocchino rosso e cuoio naturale impunturata di giallo, con mascheroni in bronzo dorato e medaglioni ovali con cornici inscritte in una corona d ulivo e al centro le cifre V E intrecciate sotto corona reale. Il sellaio fu sicuramente l artista più rinomato della Torino sabauda per la realizzazione di finimenti di carrozze di gran gala; a lui si devono infatti anche le straordinarie mute a otto per Il Telemaco e la berlina Degli sposi, realizzate per le nozze di Carlo Alberto e Maria Teresa d Asburgo-Lorena, nel 1817, e la muta a otto realizzata per nel 1819 per l Egiziana, regalata da Carlo Felice a sua moglie Maria Cristina di Borbone.
6 VETRINA 1 Anonimo (F. Juvarra?) Carrozza di gala (carrozza di rispetto della regina di Sardegna), primo quarto del XVIII sec. Collezione privata Il disegno, già appartenuto alla collezione del pittore Ernesto Bertea ( ) e ritrovato durante i lavori preparatori della mostra, costituisce una preziosissima testimonianza delle grandi berline di gala dei monarchi del Settecento. Alla corte sabauda la realizzazione di queste fu affidata ad architetti del calibro di Juvarra e Alfieri. La distruzione di tali carrozze, durante l occupazione francese, aveva sinora impedito di coglierne a pieno la grandiosità. La scoperta di questo disegno permette, quindi, di rimediare in parte a tale lacuna. Il disegno rappresenta, infatti, la carrozza di rispetto che una lunga tradizione vuole realizzata da Juvarra per la regina Anna d Orléans, moglie di Vittorio Amedeo II, e restata in uso sino a fine Settecento. Nel cerimoniale sabaudo la carrozza «di rispetto» seguiva, vuota, la carrozza della regina, pronta ad accoglierla in caso di bisogno. Le figure sul tetto rappresentano gli strumenti del potere sovrano, mentre le figure femminili che lo sostengono sono Giustizia, Clemenza, Gloria e Prudenza; le figure sul davanti alludono ai possedimenti sabaudi; mentre il gruppo scultoreo sul retro raffigura la Magnificenza regia, nell atto di favorire le Arti. VETRINA 2 Pautasso (Torino) Progetto per il Berlingotto di gran gala del Duca d Aosta Vittorio Emanuele, 1789 Torino, Palazzo Madama - Museo Civico d Arte Antica Il disegno fa parte d una serie di quattro, firmata «par Pautasso a Turin», tre dei quali raffigurano il Berlingotto di Vittorio Emanuele. Le misure espresse in piedi liprandi (antica unità di misura in uso in Piemonte) corrispondono esattamente a quelli del berlingotto, tanto da far supporre che essi siano quelli preparatori alla realizzazione della carrozza. Fra i disegni e la carrozza sono comunque ben visibili importanti differenze, così da poterli considerare quali prime raffinate bozze ideative, che delineano il profilo generale della carrozza. Ciò pone il problema del ruolo del pressoché ignoto Pautasso rispetto ad Amedeo Demonte, carrozziere del re, esecutore materiale del coupé. G. Pregliasco (Torino) Vittorio Amedeo III di Savoia assiso in quadriga trionfale, 1786 Torino, Palazzo Madama - Museo Civico d Arte Antica Carlo Emanuele (IV) di Savoia e Clotilde di Francia nel Carro dell Aurora, 1786 Torino, Biblioteca Reale Nel 1785 Pregliasco ottenne da Vittorio Amedeo III il titolo di «Regio disegnatore di carrozze e vetture». Le due opere esposte furono realizzate in segno di riconoscenza. La Quadriga di Vittorio Amedeo III rimandava al «Tempo presente [e] passato», mentre il Carro dell aurora di Carlo Emanuele IV prospettava quello «futuro». Nel primo l autore declina il tema del carro trionfale su quello della Pace (la «Vittoria» recante un ramo d ulivo) che garantisce lo sviluppo di Commercio (il caduceo), Sapienza (la civetta sacra a Minerva), Scienze (la sfera armillare) ed Arti (compasso, tavolozza e busto per l Architettura, Pittura e Scultura). L aquila sabauda ha nel becco un cartiglio, simbolo dell antichità dinastica; essa è poggiata sullo scudo di Osiride, segno di rinascita, circondato dal serpente che si morde la coda, simbolo d eternità. Nel Carro dell aurora centro
7 dell allegoria è la Luce, simbolo del felice futuro che, nelle speranze dell autore, avrebbe dovuto arridere alla coppia e, insieme, allo Stato. G. Pregliasco (Torino) Carrozza di gala nello stile egiziaco della duchessa Maria Cristina del Genevese, poi regina di Sardegna, 1820 Torino, Palazzo Madama - Museo Civico d Arte Antica Nel carnevale del 1819 il pubblico torinese fu entusiasta di vedere la nuova carrozza di gala realizzata per la regina. Pregliasco - noto allora in tutt Europa dopo gli anni trascorsi quale scenografo alla Scala di Milano ed al San Carlo di Napoli - pubblicò questo lavoro, quindi, per presentare meglio al grande pubblico il suo capolavoro. Lo stile egiziano allora molto in voga nelle logge massoniche, fu scelto in omaggio ad un particolare gusto del sovrano. Nel 1849 la carrozza, in origine a fondo bianco, fu ridipinta a fondo nero per essere usata come carro funebre prima dei re di Sardegna e poi dei re d Italia.
8 Sezione 3 Le carrozze della Restaurazione per i sovrani italiani: papi, re e granduchi Alla Restaurazione, i sovrani italiani dovettero ricostruire le proprie scuderie, distrutte durante i drammatici eventi che si susseguirono fra la Rivoluzione francese (1789) e la caduta dell Impero Napoleonico ( ). Furono realizzate, allora, nuove carrozze, che potessero celebrare degnamente il ritorno al trono dei vari monarchi, tenendo insieme il confronto con quelle sfarzose e raffinate del secolo precedente. Nell arco di un decennio le capitali della Penisola assistettero alla comparsa di nuove berline di gala, destinate ad essere in uso sino alla fine delle rispettive monarchie. Si tratta di veri e propri capolavori; di opere d arte (purtroppo non sempre riconosciute come tali), molte delle quali, fortunatamente, sono giunte sino a noi. Esse ben illustrano sia il lusso e l eleganza della vita di corte sia la raffinata abilità degli artisti e delle botteghe che le realizzarono. Gli stessi artigiani, va detto, che nella prima metà dell Ottocento aprirono nelle principali capitali italiane grandi manifatture di carrozze (come quelle di Luigi Rossi a Torino, dei fratelli Casalini a Roma e di Busi e Dani a Firenze). Ditta Fratelli Casalini (Roma) Berlina pontificia di gala con trono dei papi Leone XII, Pio IX e Pio X, 1825 ca. Roma, Musei Vaticani La carrozza fu realizzata per papa Leone XII (Annibale Sermattei della Genga, rimasto sul Soglio di Pietro dal 1823 al 1829), dai fratelli Casalini, celebri fabbricanti e negozianti di carrozze, i cui laboratori si trovavano in via Margutta, nei pressi di Piazza di Spagna. Sulle portiere sono, però, gli stemmi di Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, papa dal 1846 al 1878) e Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto, papa dal 1903 al 1914), che la usarono successivamente. Caratteristica più evidente della berlina è quella di esser una sorta di sala del trono. All interno, infatti, tappezzato in damasco di seta cremisi, è posizionato un trono sovrastato da un cielo, finemente ricamato a rilievo in filo d argento, con la rappresentazione della colomba dello Spirito Santo, al centro d una raggiera d oro. Manifattura napoletana Berlina di gala di Ferdinando II di Borbone ( ), re delle Due Sicilie, 1838 Firenze, Palazzo Pitti, Museo delle Carrozze La Berlina ha la cassa esteriore ricoperta di rame dorato; sui lati, in argento sbalzato, le allegorie di Napoli e Palermo. Al centro era in origine l arme dei Borbone-Napoli. Sopra la berlina una figura di Fama alata in ottone dorato sorregge la corona reale, adorna di finte pietre colorate. Ferdinando II se ne serviva per la visita che compiva ogni 8 settembre al Santuario di Piedigrotta. La usò, inoltre, nel 1848 per recarsi alla basilica di San Francesco di Paola per giurare fedeltà alla Costituzione, che poi abrogò. Servì poi nel 1859 per l incoronazione di Francesco II. Passata a Vittorio Emanuele II nel 1860, questi fece sostituire lo stemma dei Borbone con quello dei Savoia. Nel 1865 fu usata da Maria Pia di Savoia, regina di Portogallo, per il suo ingresso a Firenze, allora capitale. Ditta F. Busi e A. Dani (Firenze) Berlina di gala del granduca di Toscana Ferdinando III d Asburgo Lorena ( ), 1818 Firenze, Palazzo Pitti, Museo delle Carrozze Costata 7500 zecchini, la berlina fu consegnata a Ferdinando III) nel giugno Essa presenta una cassa di legno dorato, dipinta dal pittore pratese Antonio Marini sui quattro lati con raffigurazione dedicate ai principali esponenti delle dinastie dei Medici e dei Lorena, che regnarono in Toscana. Quello sul lato posteriore rappresenta Lorenzo il Magnifico ( ) con Poliziano ( ); sui lati sono raffigurati i granduchi Cosimo I ( ) con Giorgio Vasari ( ) e
9 Cosimo II ( ) con Galileo Galilei ( ). In quello anteriore è, invece, Leopoldo I ( ), coi simboli del commercio e della prosperità. Gli intagli sono di Paolo Sani, autore di alcuni dei più raffinati arredi di Palazzo Pitti. La carrozza servì ai granduchi per le loro principali cerimonie e fu usata anche da papa Pio IX nel 1854 per un suo solenne ingresso a Firenze. VETRINA 3 Ditta F. Busi e A. Dani (Firenze) Berlina di gala di Ferdinando III di Lorena e per i suoi finimenti, 1817 Firenze, Archivio di stato, Imperiale e Real corte, mz. 2886, f. 80. I disegni esposti accompagnano il contratto redatto dall amministrazione granducale per l esecuzione della berlina di gran gala di Ferdinando III. Al suo rientro a Firenze, nel 1815, il granduca rinnovò i mezzi di trasporto in dotazione alla corte. L opera più importante fu la berlina di gran gala, qui esposta in mostra. Con essa furono costruite altre quattro berline per i cortigiani più importanti. Il treno di carrozze fu realizzato fra 1818 e Una sesta fu costruita intorno al Tre berline della serie sono oggi al Quirinale, perché dal 1926 furono usate dalla Camera dei Deputati per le cerimonie istituzionali. Ditta F. Busi e A. Dani (Firenze) Carrozza Landau a quattro posti, 1816 Firenze, Archivio di stato, Imperiale e Real corte, mz. 2885, f. 3. ins. 49. Nell aprile 1816 i carrozzieri Busi e Dani presentarono al granduca l innovativo progetto d un «Landau a quattro posti d'ultima moda». Il Landau (dal nome della città tedesca dove fu inventato alla fine del Settecento) presenta i tradizionali elementi tipologici della berlina, ma ha in più la caratteristica d esser decappottabile, limitando le finestre («luci») e la decorazione della parte superiore della cassa, compresa dalla capotte di cuoio. Nell Ottocento il Landau sarebbe divenuto una delle carrozze più usate, ma nel 1816 tale strada era all inizio e il granduca rifiutò il progetto. Manifattura fiorentina Carrozzino a due posti «di moda presente», 1815 Firenze, Archivio di stato, Imperiale e Real corte, 2884, f. 2, n. 36. Sorte diversa dal precedente ebbe, invece, il carrozzino a due posti «per le cariche di corte», di cui si espone il progetto, e che risulta, infatti, esser stato approvato e realizzato. Il modello è accluso alla dettagliata perizia di spesa presentata dagli artigiani addetti alla costruzione (carrozziere, valigiaio, cassaio, magnano, spinettaio, bronzista, verniciaio, intagliatore e lanternaio) per la somma di L e raffigura un elegante e raffinato Coupè a quattro molle a C, con flèche a collo di cigno, l alta serpa del cocchiere, la pedana per gli staffieri e i fanali posti nei lati superiori della cassa.
10 Sezione 4 Carrozze ed automobili dei Savoia re d Italia Quando nel 1861 Vittorio Emanuele II divenne re d Italia, iniziò ad adattare la propria corte al nuovo più grande Stato su cui era stato chiamato a regnare. Egli affidò, allora, al conte Federico Frichignono di Castellengo ( ), suo Grande scudiere, il compito di provvedere un nuovo treno di carrozze per sé e per la Real Casa. Castellengo si rivolse, quindi, a Cesare Sala, i cui stabilimenti di Milano e Torino erano sin da metà Ottocento fra i più avanzati d Europa, perché realizzasse carrozze in grado sia di raccogliere la grande tradizione sabauda sia di rivaleggiare con quelle in uso nelle corti delle monarchie europee. Le prime berline dorate furono pronte nel 1868 e vennero usate già negli anni di Firenze capitale ( ), le ultime nel 1890, con la consegna della berlina dorata di gran gala. La corte del Regno d Italia si servì di carrozze per le proprie cerimonie più importanti (fra cui spicca quella dell apertura del Parlamento, di cui sono rimaste anche testimonianze filmiche) sino agli Trenta del Novecento, affiancandole progressivamente con macchine che cercavano di riprenderne, oltre nomi ed aspetti tecnici, anche fascino ed eleganza. Ditta C. Sala (Milano) Berlina dorata di gala di Vittorio Emanuele II, poi di Umberto I, 1877 Roma, Museo della Motorizzazione Militare Carrozza di gala di Vittorio Emanuele II e di Umberto I dal 1877 al 1890, la sua grande importanza simbolica è attestata anche sul piano venale: in un inventario del 1882, infatti, è indicata col n.1 e un valore di lire, contro le di quelle del 1868 e le di quelle del Si tratta d una carrozza a quattro posti e otto molle, intagliata, dorata e profilata in blu, con cassa in blu (colore della Dinastia), delimitata da cornici dorate. Sette luci con cristalli molati mobili e corone reali ornano gli angoli dell imperiale. Sulle portiere è la Grand arma di Savoia. La presenza di bastoni coronati indica che essa poteva ospitare il Ministro della Casa Reale e il Prefetto di Palazzo. La serpa è in panno bianco con stemmi sabaudi in bronzo. Gli interni sono in raso bianco con appoggi e cielo a trapunta. Ditta Talamucci e Del Nobolo (Firenze) Mute di finimenti per il tiro a sei, 1878 Roma, Palazzo del Quirinale, Galleria dei Finimenti Quando nel 1868 furono consegnate le berline dorate di gala si utilizzarono come finimenti quelli realizzati nel 1818 dalla bottega fiorentina Busi e Dani per la berlina di gala del granduca di Toscana. Nel 1878, la ditta fiorentina Talamucci e Del Nobolo realizzò una nuova muta di finimenti per la berlina dorata di gala, consegnata da Sala l anno prima, il cui costo fu di poco meno di lire. Il tiro a sei era diviso, ovviamente, in tre pariglie: «timonieri» erano i due cavalli posti ai due lati del timone, vicino al cocchiere; «prima» e «seconda volata» erano le due pariglie poste nelle posizioni anteriori. Col termine «Postiglione» s indicava il primo cavallo a sinistra della «prima volata», cavalcato dal postiglione di servizio, che conduceva i cavalli insieme al cocchiere. Ditta C. Sala (Milano) Berlina argentata di gala, 1879 Roma, Tenuta presidenziale di Castelporziano La carrozza era parte del treno di sei berline argentate di gala e di gran gala ordinate a Cesare Sala e realizzate nel come treno di Margherita, prima regina d Italia. La carrozza è a quattro posti e otto molle, intagliata e verniciata in rosso con profili neri. La cassa, a tre luci con cristalli molati, è in nero nella parte superiore e in blu Savoia in quella inferiore, con la Grand arma sabauda sulle portiere. Stemmi reali a scudo, di cui uno mancante, ornano la parte superiore della cassa e quattro
11 coroncine decorano gli angoli del cielo. Internamente è rivestita in stoffa di seta blu a fiorami. Oltre che a servire la regina, sino al 1940 la carrozza fu usata per la presentazione al re delle credenziali dei nuovi ambasciatori: la carrozza si recava alla residenza del diplomatico per accompagnarlo al Quirinale e poi riportarlo alla sua abitazione. Ditta C. Sala (Torino) Carrozzella a tre ruote per Vittorio Emanuele, principe di Napoli, 1878 Roma, Palazzo del Quirinale, Museo della Carrozze La Carrozzella fu realizzata da Sala nel 1878 per il futuro Vittorio Emanuele III, allora undicenne. Si tratta d un triciclo a forma di conchiglia intagliata e dorata con fondo blu e con le cifre V.E. sormontate dalla corona entro un medaglione poste sul retro e sul davanti. Il mantice a soffietto è in satin blu con frangia e passamaneria di identico colore mentre la tappezzeria interna è in seta blu trapuntata. La Carrozzella, da condursi a mano, ha un manubrio di bronzo profilato in blu, dorato e cesellato. Essa fu realizzata nella manifattura torinese del Sala, aperta sin almeno dal Fra 1860 e 1871 nelle scuderie sabaude erano nove carri che recavano il marchio dell impianto torinese del Sala. La Carrozzella è l unico ancora presente nella collezione del Quirinale. Sartoria Bertelli (Torino) - Sartoria Robinson (Firenze) Livree di gran gala per staffiere, 1868 Roma, Palazzo del Quirinale Fra marzo e aprile 1868, Castellengo commissionò alle sartorie Bertelli di Torino e Robinson di Firenze 66 livree per staffiere, battistrada e cocchiere delle Reali Scuderie, così che potessero essere svolti i servizi delle nuove berline dorate. La marsina con taglio a frac, chiusa da due ganci, in tessuto di lana scarlatto è decorata lungo il bordo con un doppio giro di gallone dorato e argentato con stemma sabaudo coronato e monogramma «V E», che va a disporsi in tre ordini su ciascuna falda, sottolineata da bottoni «alla grande arma», con stemma sabaudo sorretto da leoni, racchiuso dentro il collare dell Annunziata e sormontato dalla corona reale. Il sottomarsina in velluto di cotone blu presenta lo stesso motivo decorativo, mentre i calzoni corti a piccola patta sono decorati sulle giarrettiere con gallone dorato e piccole nappe. Sartoria F. Mattina (Roma) Livree di gala per cocchiere, 1886 Roma, Palazzo del Quirinale Il modello di livrea esposta fu in uso sino al La marsina con taglio a frac è decorata con gallone argentato «alla piccola arma», con stemma sabaudo coronato, circondato dal collare dell Annunziata, che si dispone a formare sei alamari «alla grande arma» con stemma sabaudo sorretto da leoni e anch esso circondato dal collare cavalleresco. Il gallone sottolinea le maniche, le finte tasche e lo spacco posteriore con un motivo a tre punte. Ghiglie con puntali in argento sagomato e spalline ricamate in oro, argento e pailletes arricchiscono la marsina. La sottomarsina è caratterizzata dallo stesso motivo decorativo mentre i calzoni sono in velluto di seta blu e il cappello a due punte in feltro nero è decorato sul bordo con gallone argentato e sulla parte frontale con una coccarda blu fermata con un laccio di gallone e con un bottone con «grande arma». Ditta ITALA - carrozzeria C. Sala (Torino-Milano) mod. 35/45 HP, «Palombella» della Regina Margherita, 1909 Torino, Museo Nazionale dell Automobile Avv. Giovanni Agnelli L automobile costruita nel 1909 per la regina Margherita su progetto di Cesare Sala. Forte della sua esperienza di carrozziere, era stato fra i primi ad interessarsi alle automobili e nel 1905 aveva aperto in Corso Sempione a Milano uno stabilimento dedicato alla loro produzione. La Palombella è una delle sue creazioni più celebri. Essa era adibita all'uso personale della Regina, che aveva grande passione per le auto ed era solita, come in questo caso, dare un nome proprio ai mezzi posseduti.
12 Alla morte della sovrana, la Palombella passò a vari proprietari finché, nel 1933, giunse al conte Carlo Biscaretti di Ruffia. Si notino le maniglie d argento a forma di aquila, simbolo di Casa Savoia. Con i suoi autori e la sua foggia la Palombella chiarisce bene la derivazione di forme e stili delle prime automobili dalle carrozze. Ditta I. Brejtigam (San Pietroburgo) Lineika detta «Troika» di Vittorio Emanuele III, ) Roma, Tenuta presidenziale di Castelporziano Questa rara e preziosa carrozza russa fu donata a Vittorio Emanuele III ( ) dallo zar Nicola II ( ), in occasione della sua visita al Castello di Racconigi nell ottobre del Nota comunemente come troika, si tratta in realtà d una lineika, un tipo di carrozza attestato almeno dalla fine del Settecento ed usato dalle dame di corte per compiere passeggiate nei parchi e nei boschi o per accompagnare i signori quando andavano a caccia. La carrozza fu utilizzata da principi e principesse di Casa Savoia per passeggiate fra i boschi di Castelporziano, come attesta anche una foto dei primi anni Quaranta, in cui la troika appare guidata nei viali della tenuta dalla principessa Maria Pia di Savoia (1934) con accanto il piccolo fratello Vittorio Emanuele (1937), principe di Napoli.
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