FACOLTA DI FARMACIA E MEDICINA CORSO DI LAUREA C TESI DI LAUREA

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1 FACOLTA DI FARMACIA E MEDICINA CORSO DI LAUREA C Tecniche della Prevenzione nell Ambiente e nei Luoghi di Lavoro (Presidente: Prof. Simone De Sio) TESI DI LAUREA Caso di studio: valutazione dei rischi per la presenza di atmosfere esplosive nell industria chimico-farmaceutica Relatore: Prof. Carlo Baldesi Correlatore/i: Dott. Maurizio Sordilli Tesista: Nicholas Giralico Ing. Fabrizio Cameracanna Anno Accademico 2016/2017

2 INDICE 1.0 Premessa Le atmosfere esplosive Le direttive ATEX Applicazione del D.Lgs. 81/ Applicazione del DPR 126/ Valutazione di conformità dell apparecchio Dichiarazione CE e marcatura La classificazione delle zone con pericolo di esplosione La classificazione delle zone ATEX per gas, vapori e nebbie La ventilazione dell ambiente Sostanze infiammabili e sorgenti di emissione Tipi di zone pericolose presenti nell ambiente Estensione e forma delle zone pericolose Zone pericolose generate dalle aperture La classificazione delle ATEX per polveri Caratteristiche delle polveri combustibili Sorgenti di emissione e gradi Individuazione della quota a ed estensione delle aree La valutazione dei rischi per la presenza di ATEX La valutazione dei rischi per la presenza di ATEX (le schede dati di sicurezza) I regolamenti REACH e CLP Entità degli effetti prevedibili di un esplosione e fonti d accensione Misure tecniche di prevenzione contro le esplosioni Misure tecniche di protezione contro le esplosioni Documento sulla protezione contro le esplosioni Il caso di studio in un azienda chimico-farmaceutica... 40

3 10.1 Materiali e metodi per la classificazione Materiali e metodi utilizzati per la VDR Stima della frequenza d accadimento Probabilità che sia presente un atmosfera esplosiva (Pae) Probabilità che siano presenti sorgenti di innesco attive (Pia) Probabilità che le sorgenti di innesco siano efficaci (Pie) Matrici di stima del livello del rischio esplosione (MATRICE 1 e MATRICE 2) Stima della MAGNITUDO del danno Calcolo dell algoritmo finale del livello di rischio di esplosione Programmazione nel tempo degli interventi Risultati della VDR Misure di prevenzione e protezione adottate Discussione e Conclusioni Indice tabelle Indice figure Bibliografia e sitografia Siti Internet... 98

4 1.0 Premessa Negli ultimi anni la creazione di condizioni di lavoro sicure ed il continuo miglioramento di tali condizioni sono diventate prerogative essenziali in tutte le attività umane di qualunque Paese ad elevato sviluppo economico e tecnologico. La sicurezza sul posto di lavoro è inoltre una delle più importanti conquiste dei lavoratori del dopoguerra, tema che vede molteplici chiavi di lettura. Se da una parte è chiaramente un diritto del lavoratore, non va dimenticata anche la visione di un interesse per l'impresa, che in questo modo garantisce un ambiente sempre più confortevole e di conseguenza più produttivo, infine quella per la società nel suo insieme, che così sopporta meno costi sociali per infortuni e malattie professionali. Deriva proprio da questa riflessione l obiettivo della seguente tesi, ovvero la volontà di evidenziare, prendendo in esame l esempio concreto dello studio di un rischio importante quale la possibilità di creazione di atmosfere esplosive (ATEX) calato nella realtà di un industria chimico-farmaceutica, l importanza in termini economico-sociali di una strategia coerente con l idea di prevenzione delle esplosioni, di misure organizzative, di un esauriente e puntuale valutazione del rischio ed infine idonee misure tecniche di prevenzione e, se non sufficienti, di protezione contro tale sorgente di rischio. 1.1 Le atmosfere esplosive Per Atmosfera Esplosiva (acronimo ATEX) in un dato luogo di lavoro s intende un area in cui è possibile che si crei una miscela con l aria, a condizioni atmosferiche (pressione ordinaria compresa tra 0.8 bar e 1.1 bar e temperatura ordinaria compresa tra -20 C e +60 C), di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in cui, dopo l accensione, la combustione si propaga insieme alla miscela incombusta. In altre parole, si tratta della rapida combustione di una sostanza combustibile, che si trova in proporzioni ideali con il comburente (ossigeno dell aria), sicché la velocità della combustione è elevata ed il fenomeno assume carattere esplosivo, ovvero crea una violenta ossidazione, accompagnata da un repentino aumento di temperatura, di pressione o di entrambe le grandezze simultaneamente con conseguente rilascio irreversibile di energia sotto forma di onde di pressione che si propagano nello spazio circostante. Termodinamicamente si ha un esplosione quando un sistema con elevata energia potenziale, opportunamente innescato, decresce rapidamente ed in maniera pressoché irreversibile verso un livello di energia 1

5 potenziale più basso. Per innescare un esplosione è perciò indispensabile che combustibile e comburente si trovino in proporzioni opportune, cioè entro i cosiddetti limiti di esplodibilità. Se, infatti, il combustibile è troppo povero o troppo eccessivo l esplosione non avviene. La percentuale di combustione minima e massima che, in determinate condizioni di prova, permette l innesco dell esplosione prende il nome rispettivamente di limite inferiore di esplodibilità (LEL: Lower Explosive Limit) e limite superiore di esplodibilità (UEL Upper Explosive Limit). Figura 1.0- Range di esplosione di una sostanza Per le sostanze allo stato liquido, dalle cui superfici possono liberarsi vapori, è importante considerare la temperatura d infiammabilità o flash point: essa indica la temperatura più bassa alla quale, in condizioni specifiche di test, il liquido libera in aria una quantità di vapori in grado di formare una miscela infiammabile. Il combustibile può trovarsi in molteplici stati d aggregazione della materia, può essere costituito da gas, vapori, nebbie infiammabili o polveri combustibili. Infine è importante ricordare, per inquadrare completamente il fenomeno, che l esplosione ha caratteri fisicochimici analoghi alla propagazione di un incendio (triangolo della combustione), con l unica netta differenza che si evidenzia nella velocità e distanza di propagazione dell energia, che nel primo caso viene liberata in tempi e spazi molto limitati. Figura 1.1- Triangolo della combustione 2

6 La presenza di Atmosfere Esplosive in un luogo di lavoro decresce con il verificarsi di alcuni fattori quali: -assenza sul luogo di lavoro di sostanze infiammabili e/o polveri combustibili (con riferimento alla norma CEI 31-52) -concentrazioni in aria delle sostanze che non rientrano nei limiti di esplodibilità -polveri infiammabili presenti ma in quantità e/o granulometria non sufficiente da formare un atmosfera esplosiva -sostanze pericolose che sono confinate in un sistema di contenimento e non possono fuoriuscire, se non a seguito di un evento catastrofico. In Italia esistono dei dati sulle cause d incendio ed esplosione disponibili sul sito del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (Direzione Centrale per la prevenzione e sicurezza tecnica). Statisticamente il 16% del totale dei morti o infortunati negli ultimi anni è riconducibile a fenomeni esplosivi mentre il restante 84% ad incendi. Del 16% citato una buona parte degli incidenti avviene nelle abitazioni così come in attività commerciali, industrie, depositi, sanità e vari. abitazioni 62% attività commerciali 15% industrie 21% depositi 1% sanità 1% vari 1% Figura 1.2- Ripartizione annuale delle cause d incendio 1.2 Le direttive ATEX La sicurezza nei luoghi con pericolo di esplosione è attualmente regolata da due direttive europee, la direttiva 99/92/CE relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive; e la direttiva 94/9/CE contenente disposizioni in materia di apparecchi e sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva. La prima direttiva è stata recepita nel sistema giuridico italiano con l entrata in vigore del Decreto Legislativo 81/08, la seconda con il DPR 126/98. 3

7 Direttive Europee ATEX DIRETTIVA 99/92/CE DIRETTIVA 94/9/CE Decreto di recepimento DLgs 81/08 Titolo XI Decreto di recepimento DPR 126/98 Data di entrata in vigore 15/05/08 Data di entrata in vigore 01/07/03 Contenuti Obblighi dei datori di lavoro in materia di protezione dei lavoratori dalle esplosioni. Contenuti Requisiti dei prodotti destinati ad essere utilizzati in atmosfera esplosiva. Destinatari principali della direttiva Datori di Lavoro Destinatari principali della direttiva Costruttori e venditori di prodotti Ex Altri soggetti coinvolti nell applicazione della direttiva RSPP, consulenti, progettisti, installatori, verificatori, ecc. Altri soggetti coinvolti nell applicazione della direttiva Datori di lavoro, RSPP, consulenti, progettisti, installatori, verificatori, ecc. Figura 2.0- Basi normativa ATEX 2.0 Applicazione del D.lgs. 81/08 Il D.lgs. 81/08 nel titolo XI, che comprende gli articoli da 287 a 296, e gli allegati L e XLIX prescrive le misure per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive e si apre con l art. 287, ovvero il campo d applicazione. Il titolo si applica a tutti i luoghi di lavoro ove possono essere presenti atmosfere esplosive dovute a gas/vapori/nebbie e/o polveri, anche nei lavori in sotterraneo, ove è presente un'area con atmosfere esplosive, oppure è prevedibile, sulla base d indagini geologiche, che tale area si possa formare nell'ambiente. Mentre non si applica: a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei pazienti, nel corso di esse; 4

8 b) all'uso di apparecchi a gas di cui al D. P. R. 15 novembre 1996, n. 661; c) alla produzione, alla manipolazione, all'uso, allo stoccaggio ed al trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili; d) alle industrie estrattive cui si applica il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624; e) all'impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale e aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni di accordi internazionali tra i quali il Regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), l'accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN), l'organizzazione per l'aviazione civile internazionale (ICAO), l'organizzazione marittima internazionale (IMO), nonché la normativa comunitaria che incorpora i predetti accordi. Il titolo si applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva. Con tale presupposto si chiude l art 287 ed apre l art 288, contenente le importanti e già citate definizioni di: Atmosfera esplosiva e di condizioni atmosferiche (art. 288/ 1- bis). L art. 289 apre invece in capo II del Titolo, inerente gli obblighi del Datore Di Lavoro, nello specifico la prevenzione e la protezione contro le esplosioni: Ai fini della prevenzione e della protezione contro le esplosioni, sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di tutela di cui all'articolo 15, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura dell'attività; in particolare il datore di lavoro previene la formazione di atmosfere esplosive (co.1). Se la natura dell'attività non consente di prevenire la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve: a) evitare l'accensione di atmosfere esplosive; b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un'esplosione in modo da garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori. (co.2) Se necessario, le misure di cui ai co. 1 e 2 sono combinate e integrate con altre contro la propagazione delle esplosioni e sono riesaminate periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si verifichino cambiamenti rilevanti. L Art. 290 tratta la Valutazione dei rischi di esplosione. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'art. 17, co. 1 (valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e per la sicurezza presenti sul luogo di lavoro), il datore di lavoro 5

9 valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi: a) probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive; b) probabilità che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci; c) caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e loro possibili interazioni; d) entità degli effetti prevedibili. I rischi di esplosione vanno inoltre valutati complessivamente e nella valutazione vanno presi in considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento, tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere esplosive. Gli ulteriori obblighi a carico del Datore di Lavoro sono trattati nell art. 291 dove, al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori, e secondo i principi fondamentali della valutazione dei rischi e quelli di cui all'art. 289, il datore di lavoro prende i provvedimenti necessari affinché: a) dove possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantità tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di altri, gli ambienti di lavoro siano strutturati in modo da permettere di svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza; b) negli ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantità tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori, sia garantito un adeguato controllo durante la presenza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio, mediante l'utilizzo di mezzi tecnici adeguati. Nell art. 292 il tema trattato diviene il coordinamento, di fatti nel comma 1 si riporta al titolo IV per i cantieri temporanei e mobili, ricordando che qualora nello stesso luogo di lavoro operino lavoratori di più imprese, ciascun datore di lavoro è responsabile per le questioni soggette al suo controllo. L art. si conclude sottolineando che la responsabilità è individuale di ciascun datore di lavoro perché previsto dall'art. 26, ma che lo stesso, essendo responsabile del luogo di lavoro, coordina l'attuazione di tutte le misure riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori e specifica nel documento sulla protezione contro le esplosioni, di cui all'art. 294, l'obiettivo, le misure e le modalità di attuazione di detto coordinamento. A ciò segue l art.293, molto importante in quanto tratta il tema delle aree in cui possono formarsi le atmosfere esplosive, di fatti il Datore di Lavoro ripartisce in zone, a norma dell ALLEGATO XLIX, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, assicura che 6

10 in tali aree siano applicate le prescrizioni minime di cui all ALLEGATO L e, se necessario, segnala nei punti di accesso a norma dell ALLEGATO LI le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in quantità tali da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori. L art. 294 è inerente il Documento sulla protezione contro le esplosioni. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'art. 290 il datore di lavoro provvede a elaborare e a tenere aggiornato un documento, denominato: «documento sulla protezione contro le esplosioni» in cui deve precisare: a) che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati; b) che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli obiettivi del presente titolo; c) quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di cui all ALLEGATO XLIX; d) quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui all' ALLEGATO L. e) che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel debito conto la sicurezza; f) che, ai sensi del titolo III, sono stati adottati gli accorgimenti per l'impiego sicuro di attrezzature di lavoro; Il documento deve essere compilato prima dell'inizio del lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro, le attrezzature o l'organizzazione del lavoro abbiano subito modifiche, ampliamenti o trasformazioni rilevanti ed è parte integrante del documento di valutazione dei rischi di cui all'art. 17, co.1. Segue l art. 295, i Termini per l'adeguamento. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, già utilizzate o a disposizione dell'impresa o dello stabilimento devono soddisfare i requisiti minimi riportati nell all' ALLEGATO L, parte A, fatte salve le altre disposizioni che le disciplinano. Inoltre Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, che sono a disposizione dell'impresa o dello stabilimento devono soddisfare anche i requisiti minimi riportati nell ALLEGATO L, parti A e B, non dimenticando che i luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive devono soddisfare le prescrizioni minime stabilite dal presente titolo. Il titolo si conclude ricordando la pericolosità d innesco di atmosfera esplosiva contenuta intrinsecamente in ogni apparecchiatura di natura elettrica, ciò viene riportato nell art.296 (intitolato verifiche ) che cita: 7

11 Il datore di lavoro provvede affinché le installazioni elettriche nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi dell'allegato XLIX siano sottoposte alle verifiche di cui ai capi III e IV del D.P.R. 22 ottobre 2001, n VERIFICHE PERIODICHE ATTREZZATURE INTERVENTO SOGGETTO PERSONALE PERIODICITA OBBLIGATORIO INCARICATO Impianto di messa a 5 anni per tutte le Istallatore I.S.P.E.S.L terra attività Datore di Lavoro ARPA 2 anni cantieri edili e Entro 30 gg Organismi locali medici abilitati Impianto di protezione 5 anni per tutte le Istallatore I.S.P.E.S.L dalle scariche attività Datore di Lavoro ARPA atmosferiche 2 anni cantieri edili e Entro 30 gg Organismi locali medici abilitati Impianto elettrico a 2 anni per tutte le Istallatore I.S.P.E.S.L maggior rischio di attività Datore di Lavoro ARPA incendio ed esplosioni Entro 30 gg Organismi abilitati Impianto elettrico Si fa riferimento alla Istallatore Ditta abilitata con norma CEI per ogni Datore di Lavoro requisiti tecnicoprofessionali tipologia di impianto ed edificio Comuni Com-Prov VV-F I.S.P.E.S.L Tabella 1.0- Verifiche periodiche di istallazioni elettriche FONTE NORMATI VA DPR 462, art. 2-4 DPR 462, art. 2-4 DPR 462, art. 2-4 D.M. 37/08 CEI 64-8 CEI CEI 81-1 CEI 11-1 Si evidenzia chiaramente come parte integrante riguardante il rischio di creazione di atmosfere esplosive a livello normativo sia l ALLEGATO XLIX del D. Lsg.81/08, che prende in esame le aree esposte a rischio esplosione, definendole come zone in cui possono formarsi atmosfere esplosive in quantità tali da richiedere particolari provvedimenti di protezione per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori. Il comma 2 ripartisce le aree a rischio di esplosione in zone, in base alla frequenza e alla durata della presenza di atmosfere esplosive. Il livello dei provvedimenti da adottare in conformità dell ALLEGATO L, parte A, è determinato da tale classificazione: 8

12 Zona 0 - Area in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un'atmosfera esplosiva consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia. Zona 1 - Area in cui la formazione di un'atmosfera esplosiva, consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapori o nebbia, è probabile che avvenga occasionalmente durante le normali attività. Zona 2 - Area in cui durante le normali attività non è probabile la formazione di un'atmosfera esplosiva consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia o, qualora si verifichi, sia unicamente di breve durata. Zona 20 - Area in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un'atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile nell'aria. Zona 21 - Area in cui la formazione di un'atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile nell'aria, è probabile che avvenga occasionalmente durante le normali attività. Zona 22 - Area in cui durante le normali attività non è probabile la formazione di un'atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile o, qualora si verifichi, sia unicamente di breve durata. Ultimo allegato che chiude la base normativa proposta dal Testo unico in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro è l ALLEGATO L, costituito da due parti ben distinte, denominate A e B. Nella prima il tema trattato è quello delle prescrizioni minime per il miglioramento della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive. Vengono poi proposte misure tecnico-organizzative per il raggiungimento del suddetto obiettivo quali: formazione professionale dei lavoratori, istruzioni scritte ed autorizzazioni al lavoro rilasciate prima dell inizio dell attività lavorativa da persona abilitata. 9

13 3.0 Applicazione del DPR 126/1998 Il quadro normativo si completa con il DPR n. 126 del 1998, che recepisce la direttiva 94/9/CE e che si applica ai seguenti prodotti messi in commercio; - apparecchi destinati ad essere utilizzati in zone con pericolo di esplosione; - sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in zone con pericolo di esplosione; - dispositivi di sicurezza, di controllo e di regolazione, destinati ad essere utilizzati fuori delle zone con pericolo di esplosione; - componenti degli apparecchi e dei sistemi di protezione; - veicoli destinati ad essere utilizzati in luoghi con presenza di atmosfere potenzialmente esplosive; Il DPR 126/98, come il titolo XI del D.Lgs.81/08, non si applica quando la miscela pericolosa non è con aria e/o a condizioni atmosferiche. Termine ricorrente nella normativa è quello di apparecchio, ovvero qualsiasi macchina, materiale, dispositivo fisso o mobile, organo di comando, strumentazione o sistema di rilevazione e di prevenzione che, da solo, o combinato, è destinato alla produzione, al trasporto, al deposito, alla misurazione, alla regolazione e alla conversione di energia ed alla trasformazione di materiale e che, per via delle potenziali sorgenti d innesco intrinseche allo stesso, rischiano di provocare un esplosione (DPR 126/98, art.1, comma 5). In sintesi il DPR si applica a tutti gli apparecchi (elettrici e non) che nel funzionamento ordinario o anomalo potrebbero produrre sorgenti di accensione (potenziali o efficaci) quali scintille, superfici calde, archi, fiamme, gas caldi. Per individuare e decidere se su quel prodotto si applica o meno la direttiva il fabbricante deve condurre un idonea ed attenta valutazione dei rischi. Non esiste perciò una lista di tutti gli apparecchi soggetti al DPR perché nella filosofia delle direttive CE, individuarne il campo d applicazione è responsabilità del fabbricante. 3.1 Valutazione di conformità dell apparecchio Per valutare la conformità di un apparecchio alla direttiva 94/9/CE il fabbricante deve seguire una procedura tanto più severa quanto più è pericolosa la zona in cui l apparecchio è destinato ad essere utilizzato, cioè in base alla categoria dell apparecchio. Esistono 3 differenti categorie cosi elencate: 10

14 Categoria 1 zona di destinazione: rispettivamente zona 0 per gas e zona 20 per polveri. Gli apparecchi in categoria 1 sono adatti anche per le zone 1, 2 (gas) e 21, 22 (polveri); livello di protezione: molto elevato; mezzi di protezione: assicurano il livello di protezione richiesto in caso di guasto raro; se si guasta un mezzo di protezione ne esiste un altro indipendente che assicura il livello di sicurezza richiesto, oppure, se si verificano due guasti indipendenti resta garantito il livello di sicurezza richiesto. L apparecchio deve essere sottoposto alla certificazione di un prototipo da parte di un organismo notificato. Categoria 2 zona di destinazione: rispettivamente zona 1 per gas e zona 21 per polveri. Gli apparecchi in categoria 1 sono adatti anche per le zone 2 (gas) e 22 (polveri); livello di protezione: elevato; mezzi di protezione: assicurano il livello di protezione richiesto anche in presenza di anomalie ricorrenti o difetti di funzionamento degli apparecchi di cui occorre abitualmente tener conto, gli apparecchi elettrici necessitano della certificazione di un prototipo da parte di un organismo notificato, quelli non elettrici non necessitano di tale certificazione ma è sufficiente che il fabbricante predisponga la documentazione tecnica comprovante la conformità dell apparecchio ai requisiti essenziali di sicurezza. Categoria 3 zona di destinazione: rispettivamente zona 2 per gas e 22 per polveri; livello di protezione: normale; mezzi di protezione: assicurano il livello di protezione richiesto nel funzionamento normale, anche in questo caso è sufficiente che il fabbricante predisponga la documentazione tecnica comprovante la conformità dell apparecchio ai requisiti essenziali di sicurezza. 3.2 Dichiarazione CE e marcatura 11

15 Il costruttore, prima di marcare CE il prodotto, deve compilare e firmare una dichiarazione CE di conformità, contenente i seguenti elementi (DPR 126/98, ALLEGATO X, punto B): -nome, marchio d identificazione ed indirizzo del fabbricante; -descrizione dell apparecchio; -norme tecniche utilizzate; - nome, numero d identificazione ed indirizzo dell eventuale organismo notificato; Fatto ciò si può procedere con la marcatura CE, secondo il detto DPR, l apparecchio deve portare in targa il simbolo CE seguito dal numero d identificazione dell organismo notificato intervenuto nella fase di controllo della produzione (art.5) e le seguenti informazioni: - Nome e indirizzo del fabbricante; - Designazione della serie e del tipo; - Numero di serie (se presente); - Anno di costruzione; - Marcatura specifica di protezione dalle esplosioni (simbolo EX); - Gruppo d appartenenza; - Lettera G per i gas e D per le polveri; - Tutte le indicazioni indispensabili all impiego in condizioni di sicurezza; Figura 3.0- Etichettatura ATEX 4.0 La classificazione delle zone con pericolo di esplosione Secondo l ALLEGATO L la classificazione delle zone con pericolo di esplosione può essere effettuata sulla base delle seguenti norme: -EN (CEI 31-30) per atmosfere dovute a gas/vapori/nebbie 12

16 -EN (CEI 31-66) per atmosfere esplosive dovute a polveri combustibili È importante sottolineare che tali norme costituiscono uno dei possibili modi per classificare le zone pericolose, verosimilmente il più utilizzato, ma non l unico. In altre parole, il Titolo XI propone uno schema da seguire ma non impone assolutamente la classificazione delle zone pericolose in base a tali norme. L ALLEGATO distingue sei tipi di zone pericolose in base a due importanti parametri: lo stato fisico della sostanza che dà origine ad atmosfera esplosiva (gas/vapori/nebbie oppure polveri) e frequenza e durata della presenza dell atmosfera esplosiva. Si può perciò parlare di atmosfera esplosiva consistente in una miscela di aria e sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapori o nebbie e di atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polveri combustibili nell aria. Nel caso di gas, vapori o nebbie la classificazione prevede tre differenti zone definite come 0, 1, 2. il gas, il vapore o la nebbia è presente di continuo, per lunghi periodi o frequentemente; il gas, il vapore o la nebbia è probabile che si formi occasionalmente durante le normali attività; il gas, il vapore o la nebbia non è probabile che si formi durante la normale attività o, qualora si verifichi, sia di breve durata; Tale classificazione corrisponde a quella prevista dalla vecchia norma CEI 64-2 e dalla nuova norma EN (CEI 31-30), di fatti le zone 0, 1, 2 sostituiscono rispettivamente le vecchie aree C1Z0, C1Z1, C1Z2. Stesso discorso va fatto per la presenza di polveri combustibili, dove le aree prendono il nome di zona 20, 21, 22: nube di polvere combustibile; una nube di polvere combustibile; in cui non è probabile che si formi durante la normale attività una nube di polvere combustibile o, qualora si verifichi, sia di breve durata; Questa classificazione, come già detto, è prevista dalla norma EN (CEI 31-66) e nella precedente norma EN (CEI 31-52), mentre non era considerata nella vecchia norma CEI 64-2, la quale distingueva solo le zone pericolose da quelle non pericolose. 13

17 Figura 4.0- Classificazione delle aree con pericolo esplosione 5.0 La classificazione delle zone ATEX per gas, vapori e nebbie In base al titolo XI del D.Lgs.81/08 tutti i luoghi (in cui vi sia pericolo di esplosione), nuovi o esistenti, devono essere dotati della classificazione delle zone con pericolo di esplosione. La normativa vigente, per il caso specifico della classificazione delle zone con presenza di gas/vapori/nebbie, è costituita dalla norma EN (CEI 31-30) e dalla relativa guida CEI Per i nuovi impianti la messa in atto di tale norma è relativamente semplice, mentre, per quanto riguarda gli impianti esistenti, già classificati in base alla vecchia norma CEI 64-2, la situazione è più complessa. Il titolo XI sostiene che non occorre riclassificare il luogo, dal momento che le definizioni delle zone 0, 1, 2 del nuovo decreto sono analoghe a quelle della norma CEI 64-2, rispettivamente C1Z0, C1Z1, C1Z2. Vanno però tenuti in considerazione alcuni fattori quali: -il cambiamento nel tempo delle sorgenti di emissione e delle condizioni ambientali; -il cambiamento delle sostanze utilizzate durante il processo lavorativo; -l estensione delle zone pericolose che secondo la norma CEI sono spesso meno estese della precedente norma CEI 64-2; -l assenza delle cosiddette zone di rispetto presenti nella norma CEI 64-2 e che devono essere commutate in zona 2 ogni qual volta vi siano modifiche, trasformazioni o ampliamenti degli impianti (elettrici e non); 14

18 Questa premessa per evidenziare il fatto che sia, tutto sommato, opportuno e conveniente riclassificare il luogo in base alla più recente norma CEI anche per una maggiore cautela sul piano giuridico. Si può quindi affermare che ogni luogo con pericolo di esplosione mai classificato va classificato secondo la norma CEI 31-30, mentre per quelli già classificati è consigliabile la riclassificazione con tale norma per confermare, aggiornare o completare la precedente classificazione secondo la norma CEI Per la classificazione occorre: 1. Valutare le condizioni di ventilazione dell ambiente; 2. Individuare le sostanze infiammabili e le sorgenti di emissione presenti; 3. Definire per ogni zona pericolosa presente il tipo, l estensione e la forma; 4. Valutare l eventuale estensione delle zone pericolose oltre le aperture; 5.1 La ventilazione dell ambiente Per l individuazione del tipo di zone pericolose presenti e la loro estensione è fondamentale conoscere le caratteristiche di ventilazione dell area esaminata. Tali caratteristiche che descrivono la ventilazione dell ambiente sono: -portata d aria; -fattore di efficacia; -disponibilità di ventilazione; La portata d aria della ventilazione (Qa) è un parametro da calcolare ed è differente per ambienti aperti e chiusi. Nel primo caso è dovuto all effetto della spinta del vento (Qaw) e dipende dalla velocità dell aria che, per convenzione, ha un valore di 0,5 m/s (CEI 31-35). Per gli ambienti chiusi invece la ventilazione può essere naturale o artificiale e pertanto la portata d aria è un valore noto come dato di progetto. Se la ventilazione è di tipo naturale la relativa portata d aria è dovuta all effetto della spinta del vento (Qaw) o, se presente, all effetto camino (Qat), ovvero dal rapporto tra dimensione e posizione dell apertura e dalla differenza tra temperatura interna ed esterna. Quando sono presenti entrambi i parametri va preso il valore più alto. 15

19 Secondo la norma CEI 31-35, in questo caso, la velocità dell aria non è più standard ma dipende dalle dimensioni e dalla posizione delle aperture di ventilazione. Il fattore di efficacia della ventilazione è il parametro che definisce l efficacia della ventilazione nel diluire le sostanze pericolose. Assume un valore compreso tra 1 e 5: tanto più alto quanto maggiori sono gli impedimenti alla libera circolazione dell aria presenti nell ambiente. Se pertanto la circolazione dell aria è efficace, il fattore di efficacia della ventilazione assume un valore basso, in caso contrario elevato. La disponibilità di ventilazione è un ulteriore parametro che definisce la ventilazione dell ambiente e analizza qualitativamente l affidabilità con cui la ventilazione è presente nell area oggetto di studio. La disponibilità può essere di due tipi: -buona: quando la ventilazione è presente con continuità; -adeguata: quando la ventilazione è presente durante il normale funzionamento dell attività lavorativa; 5.2 Sostanze infiammabili e sorgenti di emissione Altro parametro importante per la classificazione delle zone pericolose con presenza di gas/vapori/nebbie sono le caratteristiche delle sostanze infiammabili, ovvero: Limite inferiore di esplodibilità (LEL): concentrazione in aria o in gas, o vapore, infiammabile al di sotto della quale l atmosfera non è esplosiva; Densità relativa: densità di un gas o vapore relativa a quella dell aria alla stessa pressione ed alla stessa temperatura; Temperatura di infiammabilità: la più bassa temperatura del liquido alla quale esso emette vapori in quantità sufficiente da formare con l aria una miscela infiammabile; Va anche studiata, inoltre, la natura della sorgente di emissione(se), definibile come un punto o una parte di un impianto, un contenitore, un apparecchiatura, una macchina, una tubazione ecc. da cui può essere emesso nell atmosfera un gas, o vapore, o nebbia, o un liquido infiammabile con modalità tali da generare un atmosfera esplosiva. 16

20 5.3 Tipi di zone pericolose presenti nell ambiente Come noto, il titolo XI del D.Lgs.81/08 individua tre tipi di zone pericolose (0, 1, 2) in base a specifiche caratteristiche che, oltre al già citato parametro ambientale della disponibilità della ventilazione, si completa con l identificazione delle sorgenti di emissione con specifico riferimento al grado di emissione ed a quello di ventilazione. Il grado di emissione può essere di tre tipologie differenti: Continuo: emissione continua e per lunghi periodi; Primo: emissione periodica o occasionale; Secondo: emissione non prevista durante la normale attività lavorativa; Figura 5.0- Gradi di emissione delle sorgenti Il grado di ventilazione è definito dalla norma CEI come la quantità d aria che investe la sorgente di emissione in rapporto alla quantità di sostanze infiammabili emesse nell ambiente e può essere alto, medio o basso in base ad ambiente aperto o ambiente chiuso. Nel primo caso il grado di ventilazione va preso come alto quando il volume ipotetico di atmosfera esplosiva Vz è trascurabile, ovvero quando è molto contenuto e convenzionalmente con valore pari a 0,1 m³ (100 dm³). 17

21 Mentre va inteso come medio quando Vz non è trascurabile. Per quanto riguarda gli ambienti chiusi il grado di ventilazione va considerato alto quando il volume Vz è trascurabile e la concentrazione media di sostanze infiammabili Xm% rispetta la seguente condizione: Xm% k LELvmix fa Dove: -Xm%: concentrazione media delle sostanze infiammabili nell ambiente; -k: fattore di sicurezza con valore di 0,25 per emissione di grado continuo e primo, 0,5 per emissioni di grado secondo; - LELvmix: limite inferiore di esplodibilità (in volume) della miscela di gas o vapori presenti contemporaneamente nell ambiente; -fa: fattore di efficacia della ventilazione dell ambiente; Va considerato basso quando Xm% non rispetta la precedente condizione e medio in ogni altro caso. Figura 5.1- Gradi di efficacia della ventilazione Grazie dunque a grado di emissione, grado e disponibilità della ventilazione è possibile individuare i diversi tipi di zone pericolose. 5.4 Estensione e forma delle zone pericolose 18

22 Una volta caratterizzata l area ATEX è fondamentale delineare l estensione e la forma dell area con pericolo di creazione di atmosfere esplosive. Per individuare l estensione è necessario calcolare la portata d emissione Qg e la distanza pericolosa Dz, ovvero la distanza dalla sorgente d emissione a partire dalla quale la concentrazione dei gas o vapori nell aria è inferiore al LEL e, pertanto, non è pericolosa. L estensione della zona sarà poi data dalla quota a, ottenuta moltiplicando la distanza pericolosa Dz per un coefficiente di sicurezza. La valutazione della quota a spetta al tecnico incaricato della classificazione delle aree ed in assenza di informazioni precise assume un margine di sicurezza del 20%, ovvero un valore del coefficiente di sicurezza di 1,2. Il tecnico deve inoltre valutare la possibilità di adottare provvedimenti finalizzati ad eliminare o limitare l estensione delle zone riducendo la distanza pericolosa Dz, il volume ipotetico di atmosfera esplosiva Vz e, negli ambienti chiusi, la concentrazione media di sostanze infiammabili Xm%. Per migliorare tale situazione si può implementare il sistema di ventilazione ampliando, ad esempio, le aperture o istallando un sistema di ventilazione artificiale. Oppure introducendo una semplice sorveglianza del luogo a carico di personale idoneo. Un elemento di ulteriore importanza al fine dell estensione delle zone pericolose è la forma che esse hanno, che non viene indicata nella guida CEI e che perciò è totalmente a carico del tecnico. Ragionevolmente, in caso di emissione di gas/vapore, se la direzione di emissione non è nota, è consono ipotizzare una forma dell area di una sfera o un cilindro. In caso di direzione nota e velocità di emissione 10 m/s è invece più indicata l ipotesi di una forma a cono o a cilindro. 5.5 Zone pericolose generate dalle aperture Nella classificazione delle zone con pericolo di esplosione è, infine, importante tenere in considerazione l eventuale presenza di aperture che possano consentire la propagazione dell atmosfera da un ambiente ad un altro. Secondo la norma EN si distinguono 4 tipi differenti di aperture: A, B, C, D. 19

23 Figura 5.2- Tipologie di aperture Per stabilire tali tipi di aperture si utilizza la regola del filo teso, ovvero si fa ruotare un filo teso con lunghezza pari alla quota a con centro nella sorgente di emissione a monte. L area sarà definita dallo spazio che il filo teso occupa oscillando. Tale metodologia non è però sempre applicabile, nei casi in cui l ambiente a valle sia chiuso si fa riferimento alla norma CEI La classificazione delle ATEX per polveri La classificazione delle zone ATEX per presenza di polveri vede una distinzione in base a luoghi nuovi o preesistenti, con riferimento normativo alla norma EN (CEI 31-66). I luoghi esistenti mai classificati vanno classificati come se fossero nuovi, mentre i luoghi esistenti già classificati secondo la vecchia norma CEI 64-2 vanno nuovamente riclassificati dal momento che il Titolo XI del D.lgs. 81/08 richiede la suddivisione in zone 20, 21, 22, mentre la vecchia norma distingueva soltanto le zone pericolose da quelle non pericolose. Premesso ciò è importante sapere che il pericolo di esplosione per presenza di polveri è presente solo in determinate condizioni: Se si impiegano o si possono sviluppare polveri combustibili; 20

24 Se le polveri combustibili possono essere emesse in aria tramite sorgenti di emissione (SE) con modalità tali da determinare un volume non trascurabile di atmosfera esplosiva, cioè un volume minore di 1dm³ in zona 20, di 10 dm³ in zona 21 e 100 dm³ in zona 22; Figura 6.0- Classificazione delle zone con polveri La Procedura per individuare la zona pericolosa prevede l analisi dei seguenti punti: Caratteristiche sulle polveri combustibili; Sorgenti di emissioni; Grado dell emissione; Individuazione della quota a ; Tipi di estensioni delle zone pericolose; 6.1 Caratteristiche delle polveri combustibili Esistono alcune caratteristiche chimico-fisiche delle polveri combustibili che influenzano notevolmente la classificazione del luogo. Tali caratteristiche sono le seguenti: I. LEL; 21

25 II. Grandezza media delle particelle (pericolo maggiore se 500 µm); III. Densità assoluta dei corpi (massa dell unità di volume occupato dalle sole particelle); IV. Contenuto di umidità della polvere (% di acqua contenuta nella polvere, essa diviene inerte se compresa nel range 30-50%); V. Temperatura di accensione dello strato 5mm (temperatura minima di una superficie calda alla quale si verifica l innesco di uno strato di polvere di spessore 5 mm); VI. Temperatura di accensione della nube (temperatura minima della parete interna calda di un forno in cui si verifica l innesco della nube di polvere presente nell aria in esso contenuta); 6.2 Sorgenti di emissione e gradi Nel caso delle polveri combustibili una sorgente di emissione può essere un punto o una parte di un sistema di contenimento da cui può essere emessa nell aria tale polvere. Essa però può anche essere sollevata in aria e formare uno strato di polvere, da considerarsi a sua volta come ulteriore sorgente di emissione. Secondo la norma EN e la norma CEI esistono tre tipi differenti di emissioni: continua, di primo grado e di secondo. Ad emissione continua corrisponde una zona 20, a primo grado una zona 21 ed a secondo grado una zona 22. Discorso differente va invece fatto per gli strati di polvere, il cui livello dipende ovviamente dal tipo di pulizia svolto nell ambiente. La norma CEI individua tre livelli: -buono: quando gli strati di polvere sono mantenuti a spessori trascurabili oppure sono assenti; -adeguato: quando gli strati di polvere non sono trascurabili ma permangono per breve tempo, meno di un turno lavorativo; -scarso: quando gli strati di polvere non sono trascurabili e permangono per oltre un turno di lavoro; Lo strato costituisce una sorgente di emissione se il livello di pulizia è adeguato o scarso. 6.3 Individuazione della quota a ed estensione delle aree 22

26 Cosi come per le atmosfere esplosive generate da gas, vapori o nebbie anche per quelle derivanti da polveri combustibili è importante valutare la quota a, ovvero la distanza dalla sorgente d emissione fino alla quale si assume che la concentrazione di polvere in aria superi il LEL. Tale parametro, assieme alla forma, è perciò essenziale per individuare l estensione delle zone pericolose. Per le zone di tipo 20 o 21 in cui non è prevista l emissione di una notevole quantità di polvere la quota a assume convenzionalmente valore di 1 m per le zone 21 e tra 0,1 m e 1 m per le 20. In tutte le zone 22 e nelle 20 e 21 in cui è prevista l emissione di una notevole quantità di polvere la quota va calcolata individuando distanza pericolosa e moltiplicandola per un fattore di sicurezza fornito dalla norma CEI La distanza pericolosa si calcola con la seguente formula: Figura 6.1- Formula per individuare la quota a Secondo la norma di riferimento la zona pericolosa si estende in tutte le direzioni per una distanza pari alla quota a dalla sorgente di emissione e prosegue verso il basso, in verticale, fino alla superficie di deposizione della polvere. Per lo strato invece l estensione cambia, si estende per un altezza ed una distanza pari alla quota a. 7.0 La valutazione dei rischi per la presenza di ATEX Come stabilito nell art. 290 del D.lgs. 81/08 la valutazione dei rischi per la presenza di atmosfere esplosive sul luogo di lavoro è uno degli obblighi fondamentali del Datore di Lavoro. 23

27 Tale valutazione, così come per tutti i rischi di natura fisica e/o chimica, si compone di due fasi fondamentali, una valutazione preliminare ed una approfondita. La prima fase consta nel reperimento di informazioni quali: liste sostanze e preparati utilizzati, quantità e modalità d uso, descrizione processi lavorativi e loro possibili interazioni, layout del luogo di lavoro, infiammabilità delle sostanze utilizzate, presenza di gas/vapori/nebbie/polveri combustibili e quindi di fonti di accensione, probabilità che le fonti di accensione divengano attive ed efficaci, caratteristiche dell'impianto, misure di protezione adottate, LEL, UEL. Tali informazioni portano ad una stima del rischio residuo, ovvero di quell elemento probabilistico sempre presente su un dato luogo di lavoro che può essere definibile come accettabile o meno. Nel primo caso la valutazione si dice giustificata e non necessita di alcun approfondimento, in caso contrario si possono utilizzare algoritmi specifici. Un algoritmo è una procedura matematica che assegna un valore ad una serie di fattori o parametri, uno dei più utilizzati è l algoritmo RAMSES (Risk Assesment Methodology for workers Safety against ExplosionS), mentre il metodo applicato nell industria chimicofarmaceutica è derivante dalla linea guida INAIL dal titolo Il rischio di esplosione, misure di protezione ed implementazione delle Direttive ATEX 94/9/CE e 99/92/CE pubblicato nel Basandosi sulla canonica definizione di rischio come risultante del prodotto tra probabilità d accadimento (P) e danno atteso (D): Figura 7.0- Definizione di rischio L algoritmo esprime un livello di rischio come prodotto tra due grandezze, frequenza attesa (F) e magnitudo (M): Figura 7.1- Algoritmo rischio esplosione Il livello di rischio sarà un valore numerico che se 2 vedrà una situazione sotto controllo, di valore 4 una situazione da rivalutare caso per caso e se 8 (multipli di 8) un necessario intervento di miglioramento da attuare. 24

28 Il livello di rischio assume un valore compreso tra 1 e 64 con gravità differente secondo il seguente schema: Figura 7.2- Valori di rischio esplosione Basandosi sul livello del rischio si programmano poi le misure di prevenzione e se non sufficienti di protezione da attuare: Figura 7.3- Misure di prevenzione e protezione attuabili 8.0 La valutazione dei rischi per la presenza di ATEX (le schede dati di sicurezza) Gran parte della valutazione preliminare dei rischi per la presenza di atmosfere esplosive è composta da tutte le informazioni reperibili dalle schede dati di sicurezza (SDS) di sostanze e composti chimici. Per consentire agli operatori che utilizzano sostanze, prodotti chimici o preparati di varia natura, di ricevere una preventiva informazione sugli eventuali rischi ad essi associati, 25

29 viene fatto obbligo al responsabile dell immissione sul mercato di fornire una serie di informazioni sia sull etichetta delle confezioni (simbolo e indicazione di pericolo) sia su una più esaustiva scheda informativa in materia di sicurezza. La scheda di sicurezza deve soddisfare requisiti formali (stesura in 16 punti codificati e in lingua italiana) e sostanziali (contenuti minimi di ciascuno dei 16 punti) previsti dal Regolamento Reach e CLP. Il responsabile dell immissione sul mercato di una sostanza o di una miscela pericolosa, sia esso il fabbricante, l importatore o il distributore, deve fornire gratuitamente all utilizzatore professionale, su supporto cartaceo o magnetico, in occasione o anteriormente alla prima fornitura, una scheda informativa in materia di sicurezza. La scheda, conforme all allegato del D.M., deve essere fornita, su richiesta dell utilizzatore professionale, anche per miscele non pericolose ma che contengano almeno una sostanza pericolosa per la salute e l ambiente per la quale: la concentrazione individuale è almeno dell 1% in peso per i preparati non gassosi; la concentrazione individuale è almeno dello 0,2% in volume per i preparati gassosi; comunque esistano limiti di esposizione professionale comunitari; La scheda: o deve essere aggiornata (e trasmessa all utilizzatore) ogni qualvolta il fabbricante, l importatore o il distributore venga a conoscenza di nuove e rilevanti informazioni sulla sicurezza e la tutela della salute e dell ambiente; o deve essere redatta in italiano e riportare la data di compilazione e dell eventuale aggiornamento; o deve essere preparata da un tecnico competente, con formazione adeguata e aggiornata, che deve tener conto delle esigenze specifiche degli utilizzatori, nella misura in cui sono conosciute; La SDS non è la scheda tecnica del prodotto; quest ultima contiene le caratteristiche prestazionali di una materia prima ai fini del suo corretto ed ottimale utilizzo, ma non le informazioni utili o per un utilizzo sicuro del prodotto. 26

30 Figura 8.0- Composizione SDS La SDS è lo strumento più completo per ricavare e trasferire le informazioni di pericolosità di sostanze e di miscele ed è, come già detto, disciplinata da due importanti regolamenti, il REACH ed il CLP. 8.1 I regolamenti REACH e CLP Il regolamento REACH (REGISTRATION, EVALUATION AND AUTHORIZATION OF CHEMICALS) rende obbligatoria la redazione di una SDS di una sostanza chimica. Esso si fonda su 4 principi cardini: Dovere di diligenza: obbligo di produrre, importare, utilizzare le sostanze in modo che non si arrechi danno alla salute umana o all ambiente; Principio di precauzione: assicurare una tutela ed una valutazione scientifica prima della messa in commercio della sostanza ; No data no market: divieto di immettere in commercio una sostanza che non possiede dati sulla propria pericolosità; Condivisione dei dati e Registrazione congiunta: possibilità di non far gravare ad ogni azienda l onere della prova grazie a banche dati ECHA condivise online; Inoltre il sistema prevede la possibilità di registrare, valutare, autorizzare e restringere gli usi che si possono fare della sostanza presa in esame. 27

31 A completare il quadro legislativo su cui si basa l obbligo di redazione delle schede dati di sicurezza c è un altro importante regolamento, definito CLP, relativo la classificazione, l etichettatura e l imballaggio delle sostanze chimiche. Tale regolamento è entrato in vigore il 20 gennaio 2009 e propone indicazioni molto importanti quali: pittogrammi, frasi H di pericolo, consigli P di prudenza, nome e riferimenti del responsabile dell immissione in commercio, numero di emergenza. Rispetto alle precedenti norme il regolamento introduce 9 nuovi pittogrammi a forma di losanga con fondo bianco e bordo rosso. Figura 8.1- Pittogrammi di pericolo 8.2 Entità degli effetti prevedibili di un esplosione e fonti d accensione Ogni qual volta vi sia un fenomeno di esplosione i lavoratori sono messi in pericolo da: fiamme; radiazioni termiche; onde di pressione; proiezioni di frammenti; formazione di prodotti nocivi di combustione; formazione di atmosfere con scarsità di ossigeno ed altri fattori. E perciò fondamentale, in ottica prevenzionistica, avere una percezione reale dell entità degli effetti prevedibili dall esplosione. 28

32 Per far ciò è indispensabile avere qualche dato statistico inerente le attività professionali più a rischio ATEX (aziende agricole, industrie alimentari e dei mangimi, industrie per la produzione della carta, industrie chimiche, industrie farmaceutiche, industrie del legno, industrie per la lavorazione dei metalli, industrie in cui avvengono processi di verniciatura, discariche, fornitura di gas, produzione di energia, depurazione delle acque, raffinerie, riciclaggio di rifiuti) e conoscere tutte le potenziali fonti/sorgenti d accensione. Quest ultime devono essere valutate durante il processo di redazione del documento specifico e, per costituire un rischio, devono esse attive ed efficaci. La norma UNI EN elenca le seguenti sorgenti di accensione: Superfici calde: una superficie che può entrare in contatto con l atmosfera esplosiva e presenta una temperatura uguale o superiore a quella di accensione dell atmosfera esplosiva stessa. Alcune superfici sono calde per motivi funzionali, ad esempio lo sono permanentemente i radiatori o temporaneamente i freni nell atto di trasformare energia meccanica in calore per attrito. Figura 9.0- Superfici calde come fonte d innesco Fiamme e gas caldi: prodotti della combustione che raggiungono temperature intorno ai 1000 C. Vanno ricercate le eventuali cause, interne all apparecchio, che possono accendere sostanze combustibili nel funzionamento ordinario, o anomalo, dell apparecchio stesso. Scintille di origine meccanica: possono essere prodotte per attrito, urto o abrasione nel funzionamento normale, oppure in caso di anomalia. Se gli urti coinvolgono materiali contenenti alluminio e magnesio possono produrre una reazione alluminotermica che può 29

33 innescare l atmosfera esplosiva. A velocità inferiori di 1 m/s le scintille non riescono ad innescare nubi di polveri. Materiale elettrico: può presentare sorgenti di accensione nel funzionamento normale, ad esempio apertura di un interruttore, o in caso di anomalie, ad esempio un morsetto allentato, un guasto di isolamento, ecc. Tutti i materiali elettrici sono da considerarsi come una sorgente di accensione potenziale. Figura 9.1- Materiale elettrico come fonte d innesco Correnti vaganti e di protezione catodica: con tale termine si intende una corrente che fluisce lungo un percorso non previsto. In genere, si tratta di ritorni di corrente attraverso i circuiti di terra. La corrente vagante può essere quella del funzionamento ordinario, ad esempio correnti di dispersione, correnti di squilibrio nel neutro del sistema trifase (TN-C, TN-S), oppure correnti di saldatura o di trazione elettrica. Elettricità statica: il meccanismo più comune di formazione di cariche elettrostatiche è lo sfregamento. Figura 9.2- Elettricità statica come fonte d innesco 30

34 Nel contatto tra due corpi di natura diversa le cariche elettriche passano in genere da un corpo all altro. Nel distacco, se almeno uno dei due corpi è isolante, le cariche non hanno il tempo di rifluire al loro posto e i due corpi rimangono entrambi carichi di elettricità. La ripetizione dello sfregamento aumenta la carica elettrica accumulata che crea un rispettivo campo elettrico. Quando tale campo supera la rigidità dielettrica dell aria si ha una scarica che può innescare l atmosfera esplosiva. Si deve quindi accertare che non ci sia presenza di cariche elettrostatiche ogni qual volta due corpi si separano. Figura 9.3- Cariche elettrostatiche come fonti d innesco Fulmine: la corrente elettrica trasmessa dal fulmine ha ovviamente energia sufficiente per l innesco di una atmosfera esplosiva. La probabilità che si sviluppi un fulmine è bassa, così come quella della creazione dell atmosfera esplosiva. Dunque, la probabilità che questi due eventi tra loro indipendenti si verifichino contemporaneamente è ancor più remota. Tale discorso non può però essere fatto in zone 0 o 20, nelle quali l atmosfera esplosiva è quasi sempre presente. E bene però anche ricordare che tali zone sono per lo più limitate, in genere interne a contenitori metallici. Caso differente è invece quando il fulmine colpisce direttamente un serbatoio metallico, utilizzandolo come captatore naturale (gabbia di Faraday). Nel punto di impatto sul tetto, o parete, del serbatoio, il fulmine provoca un punto caldo che può innescare l eventuale miscela esplosiva interna oppure perforare il serbatoio e causare la fuoriuscita di qualche sostanza infiammabile, incendiandola. In questi casi è fondamentale la presenza di un captatore al di sopra del serbatoio metallico. Campi elettromagnetici: il campo elettromagnetico per definizione è una grandezza fisica che trasmette energia in un mezzo. 31

35 Qualsiasi corpo metallico, di dimensioni paragonabili alla lunghezza d onda può trasformarsi in un antenna e ricevere energia elettrica sufficiente ad innescare l atmosfera esplosiva. Ultrasuoni: gli ultrasuoni hanno la capacità di trasmettere energia che può provocare il riscaldamento di un corpo e la conseguente accensione dell atmosfera esplosiva. Compressione adiabatica di gas: la compressione adiabatica di un gas vi è quando c è uno scambio di calore tra corpo ed ambiente circostante trascurabile. In questi casi la compressione aumenta la temperatura del gas e può così determinare l innesco dell atmosfera esplosiva. Ad esempio, le nebbie di olio lubrificante possono essere innescate per compressione da un onda d urto proveniente da una conduttura o da un recipiente in pressione. Reazioni esotermiche: le reazioni chimiche che sviluppano calore in quantità superiore a quella che riescono a smaltire nell ambiente circostante vengono dette esotermiche. Tali reazioni creano un aumento di temperatura ambientale e, pertanto, una potenziale sorgente d innesco. Un classico esempio è dato dalle reazioni di sostanze piroforiche in aria o di metalli alcalini con l acqua. 9.0 Misure tecniche di prevenzione contro le esplosioni Una volta concluso il processo di valutazione dei rischi si possono attuare varie misure tecniche di prevenzione contro le esplosioni per far rientrare tale rischio nei limiti dell accettabilità, secondo la norma. La sicurezza contro un esplosione può essere definibile in maniera semplicistica come la probabilità che l esplosione non avvenga. Tale probabilità non è mai pari a 0 in quanto, se presenti sostanze infiammabili e/o polveri combustibili, si può sempre verificare un atmosfera esplosiva e si può sempre avere una sorgente d innesco. 32

36 Date queste premesse è chiaramente capibile come un luogo sicuro nei confronti delle esplosioni è quando la probabilità che avvenga un esplosione in quel dato luogo può essere ritenuta trascurabile. Tale probabilità è il prodotto di altri due fattori probabilistici: -probabilità che si stabilisca un atmosfera esplosiva; -probabilità che si verifichi un innesco; I due eventi sono, in genere, tra loro indipendenti, nel senso che non vi sono cause che possano dare origine contemporaneamente ai due eventi, pertanto la probabilità che si verifichino nello stesso momento è data dal prodotto delle due probabilità. Prevenire le esplosioni vuol dire prendere misure per ridurre ciascuna delle due probabilità. Alcune misure possono essere applicate sia a sostanze infiammabili che a polveri combustibili, altre solo ad una delle due situazioni. La misura più ovvia utilizzabile in entrambe le situazioni e rispecchiante a pieno le misure generali di tutela (art.15 del D.Lgs81/08) consiste nell eliminazione della sorgente di emissione o nella sostituzione delle sostanze infiammabili o polveri combustibili. Nel primo caso si deve cercare di eliminare, per quanto possibile, ogni sorgente di emissione di sostanze infiammabili, facendo particolare attenzione a punti critici quali: guarnizioni delle giunzioni, raccordi smontabili, tubi flessibili, sistemi di scarico, sfiatatoi dei serbatoi, portelle e boccaporti per operazioni di carico o scarico, valvole di sicurezza. Solo se ciò non è tecnicamente possibile si deve cercare di sostituire le sostanze infiammabili con altre che posseggono caratteristiche fisico-chimiche analoghe ma sono meno pericolose in termini di innesco di atmosfera esplosiva. Dopo queste due misure tecniche, gerarchicamente parlando, si possono attuare ulteriori misure quali l inertizzazione e, se non sufficiente, l impianto di ventilazione. L inertizzazione consiste nel limitare la quantità di ossigeno, presente nell aria, al di sotto della concentrazione necessaria per produrre un atmosfera esplosiva. Come sostanze gassose inerti si utilizzano normalmente azoto, biossido di carbonio e vapore acqueo. Sostanze inerti in polvere sono invece il solfato di calcio, di ammonio, il bicarbonato di sodio e le polveri di roccia. Se tutte queste misure utilizzabili sia per sostanze infiammabili che polveri combustibili risultano essere poco efficaci si può implementare o migliorare l impianto di ventilazione, il quale è più efficace se localizzato in prossimità della sorgente di emissione. 33

37 Oltre a queste misure di prevenzione ne esistono altre applicabili esclusivamente alle sostanze infiammabili in quanto operano sulle specifiche caratteristiche di gas, vapori e nebbie. Queste vedono il portare la concentrazione della sostanza al di fuori dei limiti di esplodibilità, ovvero il mantenere, con idonea ventilazione, la sostanza al di sotto del LEL oppure al di sopra dell UEL all interno di serbatoi ed apparecchi. Ulteriore misura tecnica prevede il mantenimento della temperatura della sostanza al di sotto della temperatura di infiammabilità e l istallazione di sistemi di controllo dell esplodibilità. Quest ultima misura prevede il posizionamento di rilevatori di gas a due soglie d intervento, una prima soglia di allarme ed una seconda più elevata, che determina automaticamente la disattivazione della sorgente di emissione, tale soglia di allarme per i rilevatori varia dal 15% al 30% del LEL. Infine vi sono altre misure di prevenzione utilizzabili solo per polveri combustibili, come: rimozione delle polveri (regolari piani di pulizia e manutenzione vincolati per frequenza e responsabilità), incremento della granulometria delle polveri (l aumento delle dimensioni dei granelli delle polveri ne riduce la concentrazione nell aria), riduzione delle nubi di polveri (inumidire le polveri o utilizzare prodotti pastosi). Figura Misure di prevenzione contro le esplosioni 34

38 9.1 Misure tecniche di protezione contro le esplosioni Se le misure di prevenzione già citate non permettono di circoscrivere il rischio di atmosfera esplosiva in un campo definibile dell accettabilità si deve operare con misure tecniche di differente natura, definite di protezione. Se, pertanto, tutti i mezzi adottati per prevenire sia la formazione dell atmosfera esplosiva sia il suo innesco risultano inefficaci o a volte tecnicamente impossibili, non rimane altro che cercare di limitare l esplosione e/o i danni ad essa connessi. I sistemi di protezione si applicano in genere agli apparecchi che contengono atmosfere esplosive e si basano essenzialmente su uno, o una combinazione, dei seguenti mezzi: -soppressione dell esplosione; -scarico dell esplosione; -contenitori resistenti all esplosione; -prevenzione della propagazione dell esplosione; I sistemi di protezione sono soggetti al DPR 126/98, tra i loro dati di targa non compare la categoria (1,2,3) perché questa è legata alla probabilità con cui la sorgente di accensione non diventi efficace, non inneschi cioè l esplosione, mentre il sistema di protezione interviene, per definizione, quando l esplosione è già iniziata. Soppressione dell esplosione: un sistema di soppressione è costituito da 4 elementi fondamentali: un sensore, un dispositivo di controllo e comando, una sostanza inibitrice, un iniettore. Il sensore rivela l inizio dell esplosione ed invia il segnale al dispositivo di controllo e comando; questo analizza il segnale ed attiva l iniettore, il quale rilascia la sostanza inibitrice che impedisce al fronte di fiamma di innescare la miscela incombusta e soffoca sul nascere l esplosione. Il sensore può essere sensibile a diverse variabili quali: pressione, luce, ultravioletti, infrarossi e spesso si avvale di uno o altri sensori aggiuntivi in relazione della forma e della dimensione del volume da proteggere. Il dispositivo di controllo riceve il segnale dal sensore, lo elabora per evidenziare falsi allarmi e trasmette l ordine di intervenire all iniettore. Quest ultimo è composto da un contenitore che contiene una sostanza inibitrice, in genere polveri come il bicarbonato di sodio, sostanze chimiche, acqua, ed un agente che proietta l inibitore nel volume da proteggere. 35

39 Figura Soppressione dell esplosione Scarico dell esplosione: è una misura di protezione che si applica al contenitore e consiste nel prevedere un punto debole nella parete del contenitore, che cede sotto la pressione dell esplosione. L apertura lascia fluire all esterno i prodotti della combustione e riduce così la sovrappressione interna. Questo sistema di protezione è in genere applicato a silos contenenti polveri ed ogni punto debole deve essere dotato di idonea valvola. Le fiamme ed i prodotti dell esplosione potrebbero però innescare un incendio o provocare un danno alle persone essendo espulsi all esterno e per evitare questo inconveniente si consiglia un collegamento della valvola ad un condotto che trasporti i prodotti dell esplosione in una zona dove non arrecano danno. Figura Scarico dell esplosione 36

40 Contenitori resistenti alle esplosioni: questa misura prevede la progettazione di contenitori resistenti alle sovrappressioni interne e che, pertanto, portano ad un danno trascurabile (UNI EN ). Questi contenitori sono spesso utilizzati in combinazione con lo scarico dell esplosione e/o con la soppressione dell esplosione. Prevenzione della propagazione dell esplosione: si può evitare che l esplosione si propaghi lungo un condotto o una tubazione, mediante dispositivi che arrestino il fronte di fiamma, come ad esempio barriere tagliafiamma costituite da nastri metallici zigrinati, oppure mediante valvole di sfogo ad alta velocità. Un alternativa alle barriere tagliafiamma è inoltre la barriera autoestinguente, una specie di estintore pressurizzato che si basa sullo stesso principio di funzionamento della soppressione dell esplosione e che viene largamente utilizzato per le polveri. 9.2 Documento sulla protezione contro le esplosioni Nell assolvere gli obblighi connessi con la valutazione del rischio esplosione previsti dall art. 290 il datore di lavoro provvede ad elaborare ed a mantenere aggiornato un documento, denominato Documento sulla protezione contro le esplosioni. Tale documento completa l intero processo di valutazione ed attuazione di misure preventive e protettive contro le esplosioni essendo parte integrante del documento di valutazione dei rischi di cui all art. 17, co. 1. Il documento deve precisare: -che i rischi di esplosioni sono stati individuati e valutati; -che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli obiettivi proposti dal titolo; -quali sono i luoghi classificati nelle zone di cui all ALLEGATO XLIX; -quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui all ALLEGATO L; -che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel debito conto la sicurezza; -che, ai sensi del titolo III, sono stati adottati gli accorgimenti per l impiego sicuro di attrezzature di lavoro; Inoltre il documento deve contenere almeno le seguenti informazioni: Dati dell azienda e del datore di lavoro; 37

41 Figura Organigramma aziendale Descrizione delle sostanze impiegate e caratteristiche chimico/fisiche; Figura Descrizione del luogo di lavoro Descrizione delle fasi del processo e/o dell attività; Elaborazione dei risultati dell analisi del rischio; Descrizione delle misure di prevenzione e protezione adottate; Coordinamento tra più imprese esterne (ove previsto); Programma di miglioramento dei livelli di sicurezza nel tempo; Planimetrie con la descrizione di aree, zone ed impianti a rischio; Figura Planimetria del luogo di lavoro 38

42 Figura Descrizione di aree, zone ed impianti Dichiarazione CE di conformità delle apparecchiature; Figura Dichiarazione di conformità delle apparecchiature 39

43 10.0 Il caso di studio in un azienda chimico-farmaceutica L azienda studiata produce principi attivi destinati all industria farmaceutica, molte lavorazioni richiedono l utilizzo presidiato e controllato di sostanze e preparati pericolosi. Lo stabilimento è ubicato nel comune di Patrica, in provincia di Frosinone. Figura Planimetria azienda chimico-farmaceutica Lo stabilimento si estende su una superficie di m 2, l area coperta da edifici è di circa m 2 mentre la restante porzione è costituita da aree di stoccaggio e produzione scoperte, strade e piazzali. L insediamento produttivo è costituito da un insieme di fabbricati e di aree destinate a diverse attività. Il lay-out del sito è realizzato in modo da semplificare il flusso del personale e dei materiali in entrata ed in uscita. I magazzini delle materie prime sono fisicamente separate dai reparti di produzione e dal magazzino prodotti finiti. I serbatoi di stoccaggio materie prime liquide sono collegati ai reparti di produzione tramite tubazioni, attraverso le quali sotto spinta di pompe dedicate i liquidi vengono traferiti alle lavorazioni. 40

44 Vi sono servizi controllo di Qualità, Quality Assurance e funzione R&D che operano in un edificio separato dagli altri. I reparti di produzione sono separati fra e loro e distanti in modo da minimizzare eventuali effetti domino in caso di eventi accidentali gravi. La produzione discontinua, a batch e con ciclo di lavoro 5 giorni su 7, su tre turni (per particolari esigenze di mercato, in alcuni periodi dell anno alcune linee produttive lavorano 7 giorni su 7 sempre con turni avvicendati), viene effettuata in reattori di varia capacità, nei quali vengono condotte reazioni chimiche in fase liquida e/o eterofase e operazioni fisiche quali la distillazione, l estrazione, la purificazione o la cristallizzazione. REPARTI PRESENTI NELLO STABILIMENTO: -Reparti produzione (distinti in RS1, RS2, RS3); -Reparto essiccamento e finitura; -Magazzino materie prime; -Magazzino prodotti finiti; -Servizi tecnici ausiliari; -Reparto ecologia; -Laboratori ; -Officina meccanica ed elettrica; -Uffici amministrativi; Ciclo lavorativo: La produzione di principi attivi utilizza principalmente reattori, che possono essere smaltati o in acciaio inox. Le sintesi e le operazioni unitarie effettuate richiedono differenti livelli termici ottenuti con diversi fluidi di servizio. Nei reparti sintesi gli operatori non sono normalmente adibiti ad una postazione, per la tipologia stessa del lavoro si muovono nei vari piani soffermandosi a controllare il normale funzionamento degli impianti (reattori, filtri, centrifughe ecc.) ed i parametri di processo (temperatura, pressione, ph, stato delle inertizzazioni, ecc.). Reparto RS1: In questo reparto sono presenti diverse linee di produzione con sequenze di operazioni che portano a prodotti normalmente in forma solida, umidi di acqua e solventi. 41

45 I prodotti solidi vengono poi inviati all essiccamento e finitura, mentre i prodotti liquidi vengono infustati in uscita dai reattori. Il reparto è suddiviso su 3 piani: piano terra dove sono istallate delle centrifughe, primo e secondo piano dove sono istallati 40 reattori di diverse capacità. I reattori e le apparecchiature ausiliarie, che operano in genere a pressione atmosferica o sotto vuoto, ed in varie condizioni di temperatura, sono tutti apparecchi a pressione e quindi protetti da dispositivi di sicurezza, dischi di rottura o valvole di sicurezza, tutti convogliati a blow down e soggetti a verifica periodica da parte degli Enti preposti. Reparto RS2: E un complesso di due edifici costruiti in momenti diversi ma che hanno operativamente un corpo unico e che si sviluppano su tre piani. In questo reparto esistono tre linee di produzione dedicate ad altrettanti API ed ai loro intermedi ed altre produzioni gestite invece a campagna Come in RS1, i rettori sono installati nei due piani superiori, mentre centrifughe e colonne di scambio ionico sono installate a piano terra. I reattori e le apparecchiature ausiliarie, che operano in genere a pressione atmosferica o sotto vuoto, ed in varie condizioni di temperatura, sono tutti apparecchi a pressione e quindi protetti da dispositivi di sicurezza, dischi di rottura o valvole di sicurezza, tutti convogliati a blow down e soggetti a verifica periodica da parte degli Enti preposti. All esterno del reparto sono installate due autoclavi (carbossilatori) per reazioni ad alta pressione (fino a 50 bar) e alta temperatura (fino a 300 C). Reparto RS3: Si tratta di un unico edificio diviso in tre parti fisicamente separate fra di loro per ragioni legate a precisi requirements regolatori. La prima parte, destinata alla sintesi convenzionale ed alla riduzione catalitica, si sviluppa su due piani. In questa sezione esistono 5 stalli di cemento armato, non in comunicazione fra loro e con il resto del reparto, per l installazione dei reattori di idrogenazione. Due stalli sono occupati dagli idrogenatori: un reattore smaltato ed un reattore inox, della capacità di 4,5 m 3, collaudati alla pressione di 30 bar. La linea è completata da due reattori smaltati e due reattori inox di varie capacità e da due batterie di filtrazione per la rimozione del catalizzatore dalle soluzioni idrogenata. 42

46 Nella seconda sezione è stato realizzato ed è in funzione un impianto per la produzione di principi attivi iniettabili. Il grado di finitura e la qualità del trattamento dell aria consentono di condurre le operazioni di produzione in ambiente farmaceutico. L impianto è dotato di quattro reattori, una centrifuga, un essiccatore, un liofilizzatore e di tutte le apparecchiature ausiliarie che lo rendono totalmente autonomo dal resto del reparto. La terza sezione, completata nel 2012, è dedicata esclusivamente alla produzione e purificazione di una classe di prodotti chiamati peptidi; si sviluppa su tre piani ed oltre a reattori, dissolutori, serbatoi e altre apparecchiature ausiliarie ed annovera al suo interno anche una colonna di purificazione HPLC ed un liofilizzatore. Tutti i reattori e tutte le apparecchiature ausiliarie, che operano in genere a pressione atmosferica o sotto vuoto, ed in varie condizioni di temperatura, sono tutti apparecchi a pressione e quindi protetti da dispositivi di sicurezza, dischi di rottura o valvole di sicurezza, tutti convogliati a blow down e soggetti a verifica periodica da parte degli Enti preposti. Reparto essiccamento e finitura prodotti: II reparto di Essiccamento e Finitura è un unico edificio dedicato esclusivamente alle operazioni finali della produzione degli API. Il suo interno è suddiviso in 30 stanze, tutte separate fra di loro con da un corridoio centrale. Un sistema di condizionamento, filtrazione di grado assoluto e di pressurizzazione del corridoio rispetto ad ogni stanza garantisce l assenza di fenomeni di cross contamination fra i vari prodotti. Le principali apparecchiature installate sono: Essiccatori sotto vuoto, rotanti o dotati di agitatore; Essiccatori statici sotto vuoto; Mulini, granulatori, micronizzatori, compattatori; Gli apparecchi sono in genere dedicati, a seconda delle caratteristiche chimico-fisiche delle sostanze. Tutto l impianto è collegato ad un sistema di contenimento polveri. Magazzino Materie Prime Il fabbricato si sviluppa su un unico piano alto 5,3 m, realizzato in cemento armato, tamponato con blocchetti e finestrature, coperto con travi in CA prefabbricato e lamiera grecata isolante. In questo magazzino sono conservate tutte quelle materie prime impiegate in produzione, solide o liquide, confezionate in fusti o sacchi. 43

47 Le materie prime sono conservate su pallets posizionati su scaffali metallici a quattro livelli. Oltre alle zone di stoccaggio sono individuate le seguenti aree dedicate a particolari operazioni: Locale di ricezione e campionamento; Stanza calda per MP sensibili al freddo; Stanza fredda per MP sensibili al caldo; Locale materie prime ed intermedi respinte; Locali dispensing e pesatura; Area di stazionamento MMP per produzione; I locali elencati sono realizzati mediante interposizione di muri costituiti da blocchetti in cemento prefabbricati e risultano essere intercomunicanti; le porte di comunicazione presenti tra i singoli magazzini sono resistenti al fuoco REI-120. Magazzino (tettoia) infiammabili e reagenti Questo deposito è ubicato nel settore sud-ovest del sedime impiantistico. La struttura, realizzata in C.A., è mancante della tamponatura laterale al fine di garantire un adeguata ventilazione naturale. Il deposito è suddiviso in due settori di cui una destinata allo stoccaggio delle MP e dei reagenti liquidi, pericolosi e corrosivi ma non infiammabili ed una per le materie prime liquide infiammabili alogenate e non alogenate. La separazione è ottenuta mediante muro tagliafuoco in cemento armato avente una resistenza al fuoco pari almeno a REI 120. AI fine di limitare l'irraggiamento solare, il fabbricato ha un cornicione sporgente per circa due metri lungo tutto il perimetro. Appositi pozzetti raccolgono eventuali acque di lavaggio o provenienti da spandimenti accidentali convogliandoli a due separati pozzetti dai quali il liquido può essere raccolto ed inviato al trattamento acque o allo smaltimento. Magazzino Prodotti Finiti Questo edificio, si sviluppa su un unico vano di altezza pari a 6 m, realizzato in cemento armato. In questo magazzino vengono conservati, opportunamente sistemati su apposite scaffalature, tutti i Prodotti Finiti in quarantena, approvati e respinti. Lo stoccaggio è dotato di una area refrigerata a 5 C per lo stoccaggio di quei prodotti finiti che necessitano di tali condizioni. Da questo magazzino vengono approntate ed effettuate le spedizioni. 44

48 Deposito bombole E ubicato in un piccolo fabbricato edificio posto nei pressi del confine est. II fabbricato si sviluppa in un unico piano di altezza pari a 3,2 m. La struttura in elevazione è realizzata con blocchetti prefabbricati, mentre la copertura è realizzata con travetti prefabbricati in CA e tavelloni tipo leggero antiscoppio. Magazzino stoccaggio ed erogazione idrogeno Questo deposito, è costruito in C.A. ed è dedicato allo stoccaggio delle bombole di idrogeno necessarie alle reazioni di idrogenazione. Il box è stato progettato e costruito anche per l erogazione del gas durante la produzione. Box bombole ammoniaca II box adibito allo stoccaggio dell ammoniaca può contenere non più di 2 bombole da 400 kg ciascuna. Il sistema di erogazione è collegato con il solo reattore CR-4bis, del reparto RS-1, dedicato alle sintesi che utilizzano tale sostanza. Il deposito è realizzato in cemento armato, tamponato a blocchetti su tre lati e il quarto lato è realizzato con un muro di contenimento in cemento armato alto circa 1m e 2 sportelli di accesso, normalmente chiusi, che consentono l accesso delle bombole all'interno del locale. La copertura è realizzata a pannelli. All'interno del box è stato installato un sensore di rilevamento del gas, sensibile a valori di concentrazione 100 ppm, che qualora attivato per presenza di ammoniaca, segnala la presenza del gas con un allarme sonoro ed attiva il sistema di lavaggio a sprinklers a diluvio. Tale sistema è installato all'interno del box di stoccaggio del gas. All'esterno del box è installata una colonna di abbattimento gas ad acqua, che entra in funzione automaticamente, in seguito alla segnalazione di allarme da sensore o quando gli sportelli del box vengono aperti. Deposito bromo Il bromo, contenuto in speciali recipienti cilindrici di metallo, viene conservato nel magazzino delle materie prime. Per ragioni di sicurezza in stabilimento possono essere stoccate al massimo 21 bombole di bromo da 330 kg ciascuna per totali 7000 kg. 45

49 Magazzini per Liquidi Le materie prime liquide (solventi o reagenti) vengono immagazzinate in fusti da 200 lt o in cisternette mobili da 1000 lt o più frequentemente, in serbatoi di opportuni materiali e dimensioni. Non esistono né serbatoi né tubazioni interrate destinati allo stoccaggio ed al trasferimento di sostanze chimiche. Serbatoi di stoccaggio per solventi infiammabili e non infiammabili, vergini e distillati, e serbatoi di stoccaggio per reagenti o Serbatoi tumulati: Il parco di serbatoi tumulati è costituito da 16 serbatoi cilindrici orizzontali, capacità 40 mc ciascuno, realizzati in acciaio al carbonio, e destinati a contenere esclusivamente sostanze infiammabili (acetone, butanolo, etanolo, isopropanolo, metanolo, toluene, etc. ). Ogni serbatoio è equipaggiato con un indicatore di livello a stadi, un termometro, un manometro ed una valvola di respiro a doppio effetto. Tutti i serbatoi sono polmonati con azoto e sono tumulati nel bacino di cemento armato, fuori terra e ricoperti di sabbia. Il bacino ha lo scarico di fondo valvolato e collegato alla rete di raccolta acque chimiche. Per lo scarico delle autobotti contenenti liquidi infiammabili sono stati predisposti appositi dispositivi di sicurezza che consentono la marcia della pompa di travaso solo quando l autobotte è stata collegata alla terra dell impianto in modo da garantirne l equipotenzialità elettrica. Inoltre, lo scarico delle autobotti avviene a circuito chiuso, ovvero attraverso un sistema di compensazione dei vapori chiuso fra cisterna ed autobotte. II sistema di valvole a tenuta dei serbatoi è tale che in fase di prelievo venga richiamato azoto, mantenendo le condizioni di inertizzazione e di pressurizzazione. La movimentazione dei liquidi avviene tramite pompe centrifughe e tubazioni fisse di collegamento. L intero deposito è dotato di sistema a sprinklers a "testa chiusa standard", che intervengono a temperatura superiore a 60 C; la medesima protezione è presente nell'area adibita allo scarico delle autobotti. o Serbatoi fuori terra: sono di tipo cilindrico orizzontale, di capacità di 30 m 3 e realizzati in acciaio inox 304, smalto o vetroresina e sono destinati allo stoccaggio dei seguenti prodotti: Soda al 30% (serbatoio in acciaio al carbonio); Acido solforico (serbatoio in acciaio inox); Cloruro di metilene, distillato e commerciale (serbatoi in acciaio inox); Acido formico (serbatoio in acciaio inox con interno ebanitato); Soluzione acquosa di acido cloridrico (serbatoi smaltati o in vetroresina); 46

50 Ogni serbatoio è dotato di misuratore di livello a contatto magnetico, con allarme di alto e di altissimo livello che ferma la pompa di carico del serbatoio quando questo è destinato allo stoccaggio di reagenti o solventi vergini. Tutti i serbatoi sono installati dentro un bacino di contenimento di apposte dimensioni e dedicato. Le emissioni di tutti i serbatoi sono collegate al sistema trattamento delle emissioni gassose. La movimentazione avviene tramite pompe centrifughe e tubazioni fisse di collegamento. Lo scarico da autobotte, tramite pompa centrifuga, avviene in circuito chiuso, tranne che per la soda. Tutti i serbatoi fuori terra contenenti liquidi infiammabili sono dotati di anello di raffreddamento, avente portata pari o superiore a 2 I/min per m 2 di superficie laterale esposta. Il serbatoi dell'acido formico è inertizzato con azoto. Serbatoi di appoggio ai reparti di produzione: Questi serbatoi, detti anche di transito, sono di dimensioni relativamente modeste (circa 5000 l/ciascuno) e sono in appoggio ai reparti di produzione. Sono posizionati in bacini di contenimento dedicati e sono costruiti in acciaio inox o smalto, in funzione del loro impiego. Parco serbatoi distilleria: I serbatoi a servizio della colonna di Rettifica Solventi sono dislocati in bacini diversi. I serbatoi sono dotati di indicatore di livello a by-pass, con allarme di bassissimo e altissimo livello e rispettivo blocco pompa durante lo scarico e chiusura valvola di carico. Sono tutti inertizzati con azoto e dotati di anello di raffreddamento con portata pari a 2 I/min per m 2 di superficie laterale esposta. Le vasche di contenimento sono dotate di erogatori di schiuma ad alta espansione ad attivazione manuale. Reparto pilota: Il reparto occupa l angolo Nord-Est dello stabilimento ed è completamente separato dallo stesso. Il reparto è dotato di 2 reattori smaltati, 2 reattori inox, distillatore in vetro e 2 centrifughe. Il pilota viene usato per lo sviluppo delle sintesi dal laboratorio a scala industriale. Reparto ecologia Il reparto è costituito da: - impianto di trattamento biologico e chimico-fisico; - impianto di ESSICAMENTO FANGHI BIOLOGICI UMIDI; - piattaforma residui pericolosi, adibita al transito di reflui solidi o liquidi, stoccati in fusti o container, prima di essere ritirati e quindi smaltiti da Ditte specializzate; 47

51 - stoccaggio residui pericolosi liquidi, in due serbatoi rispettivamente clorurati e non clorurati; Officine di Manutenzione Sono distinte in elettrica e meccanica ed ubicate in due diversi fabbricati. Laboratori: Ubicati tutti all interno dello stesso fabbricato sono dedicati alle attività di Ricerca e Sviluppo di nuovi prodotti, ottimizzazione dei processi industriali e controllo qualità sia delle materie prime, della rispondenza a precisi requisiti dei vari intermedi di produzione, che dei prodotti finiti. Reparto oggetto di studio Il reparto oggetto di studio è definito Reparto di Sintesi 1 (RS-1) e si compone, oltre al reparto stesso, dai serbatoi di transito del reparto, dal parco serbatoi di stoccaggio dei chemicals, dal serbatoio di blow-down e dal locale impianto GPC (GliceroPhosfatidilColina). Il Reparto RS-1 è un edificio a tre piani in cemento armato, provvisto di copertura a tegole in c.a.p. e sandwich di alluminio e guaina bituminosa e solai a soletta piena. L edificio è dotato di due scale di accesso/esodo situate rispettivamente all estremità est ed ovest alle quali si accede attraverso porte tagliafuoco REI 120 situate ad ogni piano. Sul lato est è poi presente una terza scala di emergenza esterna al fabbricato. Nel reparto, si seguono produzioni a batch (produzione volumetrica finita nel tempo), con campagne più o meno prolungate nel tempo, di intermedi o principi attivi per l industria farmaceutica. Le apparecchiature di produzione, salvo casi particolari, non sono dedicate ma vengono impiegate per produzioni diverse a seconda delle esigenze aziendali. Normalmente la produzione si sviluppa in senso verticale partendo dai reattori per un totale di 40, posti tra il secondo piano ed il primo piano del fabbricato dove avvengono le operazioni di sintesi, purificazione, separazione e filtrazione, per poi essere trasferite al piano terra dove i solidi ottenuti vengono separati dai liquidi con l uso di idroestrattori centrifughi. Nel reparto (primo e secondo piano) sono presenti reattori in acciaio inox e reattori smaltati, con apparecchiature di corredo in materiale ad alta resistenza alla corrosione. 48

52 Tutti i reattori sono predisposti per essere inertizzati con azoto. I reattori operano in genere a pressione atmosferica ed in varie condizioni di temperatura. I reattori inox e smaltati posseggono, istallati sulle relative colonne di sviluppo, uno specifico disco di rottura, pertanto gli eventuali scarichi che si possono generare a seguito di fenomeni accidentali che portano all apertura del disco di rottura sono convogliati al blow-down di reparto. Le operazioni di sintesi che avvengono nei reattori necessitano di vari livelli di temperatura e pertanto vengono utilizzati diversi fluidi termovettori che permettono di togliere o aggiungere, a seconda della necessità, energia al sistema. Nel primo caso si può utilizzare acqua di pozzo (temperatura ambiente), acqua refrigerata (5-10 C ) oppure brain (acqua e glicole etilico che può giungere fino alla temperatura di -10 C ), nel secondo caso viene utilizzato vapore oppure olio diatermico. Molto spesso la regolazione della temperatura è manuale; in alcuni casi invece esiste un controllo automatico su un loop di ricircolazione di acqua/vapore. Al piano terra sono poste 7 centrifughe di tipo tradizionale con carico e scarico manuale e 5 centrifughe con carico e scarico automatico, ubicate in box separati. Le centrifughe sono tutte inertizzabili. Il piano terra si compone anche da altre apparecchiature quali: un pressofiltro, operante alla pressione di 1,5 bar di azoto, dei filtri a campana e filtropressa. Al reparto sono collegati, tramite tubazioni fisse di opportuno materiale, gli stoccaggi dei liquidi (solventi, reagenti e acque madri) contenuti in serbatoi esterni e di ammoniaca (unico gas tossico utilizzato nello stabilimento). Ogni serbatoio può essere pressurizzato con azoto ed è equipaggiato con: -dispositivo di arresto pompa di trasferimento per basso livello; -allarme di alto livello; -chiusura valvola automatica di carico per altissimo livello; -valvola di respirazione e disco di rottura; -anello di raffreddamento per incendio; -coibentazione per evitare l eventuale irraggiamento esterno; Tutti i serbatoi sono istallati in bacini di contenimento. Nel Reparto è inoltre garantita una buona ventilazione grazie alla presenza di 35 estrattori con motori ATEX aventi una portata media pari a 5600 Nm³/h ciascuno, che sono 49

53 normalmente in funzione al 50% e al 100% in caso di necessità a seconda delle zone, del tipo di lavorazione e delle esigenze di ricambio aria. I solventi utilizzati nelle sintesi del reparto possono essere recuperati negli impianti di rettifica presenti nel Reparto RS-2 o inviati nei serbatoi di accumulo presso il reparto ecologia da dove si possono inviare allo smaltimento o all impianto di termovalorizzazione interno. Nel Reparto RS-1 sono presenti, oltre a reattori e centrifughe, pompe, valvole e connessioni flangiate che in condizioni anormali di funzionamento possono dar luogo a perdite di fluido. Tali componenti vanno considerate sorgenti di emissione di grado secondo. Nell eventualità di fuoriuscita, il prodotto si deposita a forma di pozza nel pavimento ed i vapori prodotti si disperdono nell ambiente e possono formare con l aria una miscela esplosiva. L area esterna a tale perimetro è stata classificata ZONA 2 con estensione, anche in questo caso in via conservativa, pari all intero volume dei locali in esame. Tale ZONA 2 in particolare interessa le scale e i montacarichi presenti ad ogni piano del reparto. Infine, per tenere conto della presenza di alcune aperture verso l esterno dei locali in esame, la ZONA 2 che interessa gli stessi è stata considerata con la possibilità che la stessa si propaghi all esterno, a partire da tali aperture e con un estensione pari a 1,5m. Nell area limitrofa i serbatoi di transito, il parco serbatoi ed il serbatoio di blow-down sono presenti pompe, valvole e connessioni flangiate che in condizioni anormali di funzionamento possono dar luogo a perdite di fluido. Tali componenti sono considerate sorgenti di emissione di grado secondo. Il prodotto fuoriuscito si deposita a forma di pozza nel pavimento ed i vapori prodotti si disperdono nell ambiente e possono formare con l aria una miscela esplosiva. Le aree interne ai rispettivi bacini di contenimento sono state classificate ZONA 2. Il locale che ospita l impianto GPC(GliceroPhosfatidilColina) è un locale chiuso compartimentato REI, non dotato di aperture di ventilazione per l areazione naturale ma di un sistema di ventilazione forzata attraverso un ventilatore che garantisce una portata di ricambio di 1000 mc/h. 50

54 Il locale dispone di impianto di rilevazione gas, fumi e calore e di punti di raccolta collegati all impianto di depurazione. Si potrebbe avere l emissione di vapori infiammabili da una pozza di solvente generata dal cedimento del sistema di contenimento; le apparecchiature dalle quali si potrebbe avere la fuoriuscita del prodotto infiammabile sono le flange e le valvole presenti in corrispondenza delle apparecchiature di processo e lungo le tubazioni di trasferimento Materiali e metodi per la classificazione Per la classificazione delle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive per la presenza di gas/vapori infiammabili e polveri combustibili si è partiti dall analisi del documento redatto dall Azienda ed aggiornato al Da tale studio ne deriva la seguente classificazione: Reparto Sintesi RS-1 Pompe/Flange e valvole= Gruppo=IIA ZONA 1 Classe di temperatura=t3 Centrifughe= ZONA 2 Serbatoi di Transito RS-1 ZONA 2 IIA, T3 Parco serbatoi RS-1 ZONA 2 IIA, T3 Serbatoio di Blow-Down ZONA 2 IIA, T3 Locale Impianto GPC Intero Locale=ZONA 1 IIA, T3 Area Esterna= ZONA 2 Tabella 2.0- Classificazione ZONE Nel Reparto di Sintesi RS-1, oggetto di studio della presente tesi, come sostanze chimiche di interesse nella valutazione del rischio ATEX, si impiegano i seguenti solventi:: Acetone, Metanolo, Isopropanolo, N-Butanolo, Sec-Butanolo, Toluolo, Eptano, Etanolo, Etile Acetato, Acido Acetico, Acido Formico, Terbutilammina, Potassio Metilato. Ognuna di queste sostanze è opportunamente affiancata dalla specifica scheda dati di sicurezza fornita dal produttore della sostanza stessa Materiali e metodi utilizzati per la VDR L approccio seguito per la realizzazione del metodo di analisi del rischio di esplosione risulta essere in linea con l impostazione metodologica della sicurezza introdotta con il 51

55 Decreto Legislativo 81/08, dove l individuazione del rischio costituisce l elemento di partenza per l introduzione di misure tecniche e gestionali idonee a garantire livelli di sicurezza accettabili. In reparto sono presenti le seguenti misure di sicurezza preventive: sistemi di prevenzione contro scariche elettrostatiche, impianto di protezione contro scariche atmosferiche, conformità degli impianti elettrici alle normative tecniche vigenti, corretta manutenzione di apparecchiature elettriche e meccaniche, divieto di fumo, divieto di utilizzare fiamme libere, adeguata pulizia dei locali, cartellonistica di sicurezza, istruzioni scritte ed autorizzazioni al lavoro, formazione ed informazione del personale. Sono anche presenti misure protettive quali: vie di esodo, porte di emergenza, aerazione degli ambienti, facilità di intervento per le squadre di pronto intervento, vigili del fuoco ecc, locali sempre presidiati, piano di evacuazione, estintori, pulsante allarme antincendio di emergenza, rivelatori incendi. La valutazione si basa su uno studio dettagliato riguardante, oltre l adeguatezza delle misure di prevenzione e protezione adottate, dei seguenti punti: -Classificazione delle zone a rischio esplosione; -Tipo di attività svolta nello stabilimento; -Materiali immagazzinati e manipolati; -Attrezzature presenti sul luogo di lavoro; -Caratteristiche topologiche e geografiche del luogo di lavoro; -Dimensioni del luogo di lavoro; La valutazione si articola, inoltre, nelle seguenti fasi: Figura 13.1-Processo di valutazione 52

56 La valutazione del rischio viene calcolata mediante la nota formula: R = M x f dove M sta per MAGNITUDO, ovvero dimensione del danno ed f per frequenza, cioè probabilità di accadimento dell evento Stima della frequenza d accadimento La stima della frequenza di accadimento (variabile f dell algoritmo valutativo) si basa sulla valutazione della probabilità che si verifichi un esplosione e che coinvolga l operatore attraverso la stima di: -Probabilità che sia presente un atmosfera esplosiva (Pae); -Probabilità che siano presenti sorgenti di innesco attive (Pia); -Probabilità che le sorgenti di innesco siano efficaci (Pie); La stima del livello del rischio è il risultato di tali probabilità attraverso un sistema di matrici Probabilità che sia presente un atmosfera esplosiva (Pae) Per la stima della Pae si fa riferimento alla classificazione delle aree a rischio esplosione effettuata ai sensi del TITOLO XI del D.Lgs.81/08, in quanto tale classificazione si basa proprio sulla frequenza e sulla durata della presenza di atmosfere esplosive. Si attribuiscono perciò alle aree individuate valori come segue: Figura Stima e valore PAE 53

57 Probabilità che siano presenti sorgenti di innesco attive (Pia) La stima della probabilità che siano presenti sorgenti di innesco attive passa attraverso il censimento delle sorgenti stesse, la stima della loro presenza in termini temporali e l elenco delle misure collettive applicate dall azienda. Quindi per ciascuna potenziale sorgente di innesco individuata viene indicata la presenza in termini temporali (inferiore a 100 ore/anno, tra 100 e 1000, 1000 ore/anno) e se l azienda ha attuato delle misure di mitigazione. Le potenziali sorgenti di innesco nono quelle riportate nella norma CEI e sono: -Superfici calde; -Fiamme e gas liberi; -Scintille di origine meccanica; -Impianti elettrici; -Correnti elettriche vaganti; -Elettricità statica; -Fulmini; -Campi elettromagnetici; -Radiazioni ionizzanti; -Ultrasuoni ; -Compressioni adiabatiche; -Onde d urto; -Reazioni chimiche; Ad ogni fonte viene assegnato un indice più o meno alto ponderato su della letteratura scientifica. Sono inoltre previste una o più compensazioni derivanti da misure attuate dall azienda più o meno efficaci. 54

58 Figura Indici di rischio Le compensazioni possono variare valore in base al limite temporale in cui sono applicate secondo i seguenti criteri: Figura Presenza lavoratori (ore/anno) Vi è inoltre la possibilità di utilizzare una seconda compensazione derivante dalla presenza di rivelatori di atmosfere esplosive nella zona in esame. In sintesi, il valore totale Pia è dato dal prodotto degli indici finali delle singole fonti di innesco moltiplicato per il fattore di compensazione derivante dalla presenza di rivelatori di atmosfere esplosive. L indice Pia può quindi assumere uno dei 5 seguenti livelli: Figura Indice PIA 55

59 Probabilità che le sorgenti di innesco siano efficaci (Pie) La valutazione della probabilità che le sorgenti di innesco siano efficaci avviene attraverso l utilizzo della seguente matrice che combina l energia d innesco e la temperatura di autoaccensione delle sostanze coinvolte nella generazione dell atmosfera esplosiva. Figura Temperature di autoaccensione I valori A,B,C fanno riferimento alle energie minime d innesco delle sostanze coinvolte nella generazione dell atmosfera esplosiva. Le energie minime d innesco differiscono per i diversi gas. Pertanto si attribuisce al Pie un valore come segue: Figura Indice PIE Matrici di stima del livello del rischio esplosione (MATRICE 1 e MATRICE 2) Una volta stimate per ciascuna zona esplosiva le probabilità Pae, Pia, Pie si procede alla stima del livello di rischio esplosione per ciascun lavoratore, combinando le due seguenti matrici: MATRICE 1 Consente di stimare la probabilità che nella zona esplosiva siano presenti contemporaneamente l atmosfera esplosiva (Pae) e fonti di innesco attive (Pia). Figura Stima matrice 1 56

60 Da tale stima ne deriva il valore dell indice I che verrà successivamente utilizzato nella MATRICE 2. I può avere uno tra i seguenti valori: Figura Valore di I MATRICE 2 Permette di stimare f, cioè la probabilità che nella zona esplosiva si verifichi un esplosione, partendo dall indice I ed intersecandolo al Pie nel seguente modo: Figura Stima matrice 2 Da ciò deriveranno i seguenti valori associati alla frequenza d accadimento dell evento: Figura Frequenza d accadimento Stima della MAGNITUDO del danno Al fine di completare l algoritmo di valutazione, dopo aver individuato il valore di f, si ricerca il livello di magnitudo (M). Tale livello va ricercato su di una scala a 4 fasce, ad ognuna delle quali è associato un numero crescente con la gravità delle conseguenze. 57

61 Figura Stima della magnitudo del danno Locale Presenza Danno Estensione Zona rischio MAGNITUDO personale economico esplosione ATEX Reparto sintesi RS- 1 continua elevato Area molto grande Interna allo stabile, possibile reazione a catena Serb. di transito sporadica non trascurabile limitata Limitrofa altre zone Parco serb. sporadica non trascurabile limitata Limitrofa altre zone Serb.Blow- Down sporadica non trascurabile limitata Limitrofa altre zone Locale GPC Non rilevante limitata Limitrofa altre continuativa zone Figura Prospetto Reparto di Sintesi-1 gravissima grave grave grave grave Calcolo dell algoritmo finale del livello di rischio di esplosione Con i valori di M ed f trovati si entra nella matrice seguente e si ricava una stima finale del 58

62 rischio d esplosione: Figura Algoritmo finale Sulla base della valutazione del rischio effettuata si procede infine alla programmazione delle misure da attuare per la riduzione o il mantenimento a livello del rischio calcolato Programmazione nel tempo degli interventi Il livello di rischio tratto dalla matrice specifica può variare da un minimo di 1 ad un massimo di 64. I tempi di intervento connessi a tali valori seguono lo schema seguente: 59

63 Figura Programmazione degli interventi 10.3 Risultati della VDR Applicando l algoritmo di valutazione studiato ad ogni zona costituente il reparto di sintesi RS-1 si ottengono i seguenti risultati per ogni zona: A) Reparto Sintesi RS-1 L edificio in cui è situato il reparto è un luogo all interno del quale sono presenti reattori, centrifughe ed altre apparecchiature necessarie al processo di produzione. All interno dei macchinari e nell ambiente esterno possono essere presenti sostanze pericolose. Il reparto è un luogo chiuso in corrispondenza del quale è presente un sistema di ventilazione artificiale costituiti da ventilatori assiali posizionati sulle pareti. È presente anche un sistema di inertizzazione del volume interno delle centrifughe, operazione che viene effettuata mediante l immissione di azoto controllata da un sistema di misura istantaneo della concentrazione di ossigeno. Il volume interno dei reattori non è inertizzato ma viene lavato con azoto prima del riempimento. È possibile quantificare il rischio presente suddividendo il reparto in zona con pompe e flange e centrifughe ed altre aree come segue: 60

64 A.1) Pompe e Flange Figura RS-1 (Pompe e Flange) Probabilità che si verifichi una atmosfera esplosiva (PAE) Figura Valore PAE per Pompe e Flange 61

65 Probabilità che siano presenti sorgenti di innesco attive (PIA) Figura Valore PIA per Pompe e Flange 62

66 Probabilità che le sorgenti di innesco siano efficaci (PIE) Gruppo: IIA Classe di Temperatura: T3 Figura Valore PIE per Pompe e Flange Matrice 1: Stima Indice I Figura Stima Matrice 1 per Pompe e Flange Matrice 2 : Stima della frequenza di accadimento f Figura17.5- Stima Matrice 2 per pompe e Flange 63

67 Stima della magnitudo del danno Figura Stima Magnitudo per Pompe e Flange Algoritmo Finale Figura Algoritmo finale per Pompe e Flange 64

68 A.2) Centrifughe ed altre aree Figura 18.0-RS-1 (Centrifughe ed altre aree) Probabilità che si verifichi una atmosfera esplosiva (PAE) Figura 18.1-Valore PAE per Centrifughe ed altre aree 65

69 Probabilità che siano presenti sorgenti di innesco attive (PIA) Figura 18.2-Valore PIA per Centrifughe ed altre aree 66

70 Probabilità che le sorgenti di innesco siano efficaci (PIE) Gruppo: IIA Classe di Temperatura: T3 Figura 18.3-Valore PIE per Centrifughe ed altre aree Matrice 1: Stima Indice I Figura Stima Matrice 1 per Centrifughe ed altre aree Matrice 2: Stima della frequenza di accadimento f Figura 18.5-Stima Matrice 2 per Centrifughe ed altre aree 67

71 Stima della magnitudo del danno Figura 18.6-Stima Magnitudo per Centrifughe ed altre aree Algoritmo Finale Figura 18.7-Algoritmo finale per Centrifughe ed altre aree 68

72 B) Serbatoi di Transito Figura 19.0-Serbatoi di transito RS-1 Il luogo in cui sono situati i serbatoi di transito è un area esterna delimitata nella parte bassa da un bacino di raccolta in cemento. Il parco serbatoi è situato in un luogo aperto, in corrispondenza del quale è presente un sistema di ventilazione naturale. È possibile quantificare il rischio presente come segue: Probabilità che si verifichi una atmosfera esplosiva (PAE) Figura 19.1-Stima PAE per Serbatoi di transito 69

73 Probabilità che siano presenti sorgenti di innesco attive (PIA) Figura 19.2-Valore PIA per Serbatoi di transito 70

74 Probabilità che le sorgenti di innesco siano efficaci (PIE) Gruppo: IIA Classe di Temperatura: T3 Figura 19.3-Valore PIE per serbatoi di transito Matrice 1: Stima Indice I Figura 19.4-Stima Matrice 1 per Serbatoi di transito Matrice 2 : Stima della frequenza di accadimento f Figura 19.5-Stima Matrice 2 per Serbatoi di transito 71

75 Stima della magnitudo del danno Figura 19.6-Stima Magnitudo per Serbatoi di transito Algoritmo Finale Figura 19.7-Algoritmo finale per Serbatoi di transito 72

76 C) Parco serbatoi Figura 20.0-Parco serbatoi Il luogo in cui sono situati i serbatoi è un area esterna costituita da 13 serbatoi ciascuno dei quali dotato di un proprio bacino di raccolta in cemento. Il parco serbatoi essendo situato all aperto è implicitamente caratterizzato da un sistema di ventilazione naturale. È possibile quantificare il rischio presente come segue: Probabilità che si verifichi una atmosfera esplosiva (PAE) Figura 20.1-Stima PAE per Parco serbatoi 73

77 Probabilità che siano presenti sorgenti di innesco attive (PIA) Figura 20.2-Valore PIA per Parco serbatoi 74

78 Probabilità che le sorgenti di innesco siano efficaci (PIE) Gruppo: IIA Classe di Temperatura: T3 Figura 20.3-Valore PIE per Parco serbatoi Matrice 1: Stima Indice I Figura 20.4-Stima Matrice 1 per Parco serbatoi Matrice 2 : Stima della frequenza di accadimento f Figura 20.5-Stima Matrice 2 per Parco serbatoi 75

79 Stima della magnitudo del danno Figura 20.6-Stima Magnitudo per parco serbatoi Algoritmo Finale Figura 20.7-Algoritmo finale per Parco serbatoi 76

80 D) Serbatoio di Blow-Down Il serbatoio di blow-down, normalmente vuoto, è il punto finale di convogliamento del contenuto di un generico reattore di produzione qualora, per una qualsiasi anomalia di processo, la reazione chimica che si sta realizzando va fuori controllo, ossia inizia a sviluppare in maniera incontrollata temperature e gas che creano un aumento di pressione all interno del reattore. La rottura di un apposito disco tarato permette di far defluire la sovrappressione e il relativo flusso di materia che con essa viene trasportato all interno del serbatoio stesso. Figura 21.0-Serbatoi di Blow-Down È possibile quantificare il rischio presente come segue: Probabilità che si verifichi una atmosfera esplosiva (PAE) Figura 21.1-Stima PAE Serbatoio di Blow-Down 77

81 Probabilità che siano presenti sorgenti di innesco attive (PIA) Figura 21.2-Valore PIA Serbatoio di Blow-Down 78

82 Probabilità che le sorgenti di innesco siano efficaci (PIE) Gruppo: IIA Classe di Temperatura: T3 Figura 21.3-Valore PIE Serbatoio di Blow-Down Matrice 1: Stima Indice I Figura 21.4-Stima Matrice 1 per Serbatoio di Blow-Down Matrice 2 : Stima della frequenza di accadimento f Figura 21.5-Stima Matrice 2 per Serbatoio di Blow-down 79

83 Stima della magnitudo del danno Figura 21.6-Stima Magnitudo per Serbatoio di Blow-Down Algoritmo Finale Figura 21.7-Algoritmo finale per Serbatoio di Blow-down 80

84 E.1) Locale Impianto GPC (GliceroPhosfatidilColina) Il locale che ospita l impianto GPC è un locale chiuso compartimentato REI, non dotato di aperture per l aerazione naturale ma di un sistema di ventilazione forzata attraverso un ventilatore che garantisce una portata di ricambio di 1000 mc/h. Sono presenti porte, anch esse REI, che normalmente sono chiuse. Il locale dispone di impianto di rilevazione gas, fumi e calore e di punti di raccolta collegati all impianto di depurazione. Figura 22.0-Locale impianto GPC Al fine di quantificare il rischio presente come segue si divide il locale in due aree di studio, intero locale e area esterna. Probabilità che si verifichi una atmosfera esplosiva (PAE)-Intero locale Figura 22.1-Stima PAE intero locale impianto GPC 81

85 Probabilità che siano presenti sorgenti di innesco attive (PIA)-Intero locale Figura 22.2-Valore PIA intero locale impianto GPC 82

86 Probabilità che le sorgenti di innesco siano efficaci (PIE)-Intero locale Gruppo: IIA Classe di Temperatura: T3 Figura 22.3-Valore PIE intero locale impianto GPC Matrice 1: Stima Indice I-Intero locale Figura 22.4-Stima Matrice 1 per intero locale impianto GPC Matrice 2 : Stima della frequenza di accadimento f-intero locale Figura 22.5-Stima Matrice 2 per intero locale impianto GPC 83

87 Stima della magnitudo del danno-intero locale Figura 22.6-Stima Magnitudo per intero locale impianto GPC Algoritmo Finale-Intero locale Figura 22.7-Algoritmo finale per intero locale impianto GPC 84

88 E.2) Area esterna Locale GPC Figura 23.0-Area esterna locale GPC Probabilità che si verifichi una atmosfera esplosiva (PAE) Figura 23.1-Stima PAE Area esterna locale GPC 85

89 Probabilità che siano presenti sorgenti di innesco attive (PIA) Figura 23.2-Valore PIA Area esterna locale GPC 86

90 Probabilità che le sorgenti di innesco siano efficaci (PIE) Gruppo: IIA Classe di Temperatura: T3 Figura 23.3-Valore PIE Area esterna locale GPC Matrice 1: Stima Indice I Figura 23.4-Stima Matrice 1 Area esterna locale GPC Matrice 2 : Stima della frequenza di accadimento f Figura 23.5-stima Matrice 2 Area esterna locale GPC 87

91 Stima della magnitudo del danno Figura 23.6-Stima Magnitudo Area esterna locale GPC Algoritmo Finale Figura 23.7-Algoritmo finale Area esterna locale GPC 88

92 10.4 Misure di prevenzione e protezione adottate Applicate tutte le idonee misure tecniche di prevenzione (sostituzione di sostanze infiammabili con altre meno pericolose ma con equivalenti proprietà fisico- chimiche, inertizzazione, impianto di ventilazione, eliminazione delle sorgenti di emissione, concentrazione della sostanza al di fuori dei limiti di esplodibilità, temperatura delle sostanze al di sotto delle specifiche temperature di infiammabilità, idonea pulizia delle apparecchiature) e di protezione (contenitori delle sostanze resistenti all esplosione, DPI e scarico dell esplosione stessa tramite disco di rottura) si può ancora operare sul cosiddetto fattore umano, introducendo diverse misure di carattere organizzativo quali: informazione, formazione, addestramento dei lavoratori, segnaletica di sicurezza, istruzioni e procedure da rispettare. Per quanto concerne la segnaletica di sicurezza è importante che in prossimità di ogni zona pericolosa, sia affissa e sia composta da pittogrammi ed istruzioni in testo scritto, che avvertano l operatore sui comportamenti da tenere in prossimità delle zone pericolose. Oltre ai segnali il perimetro delle zone pericolose deve essere delimitato da una riga di colore giallo. In corrispondenza delle zone con pericolo di esplosione deve inoltre essere esposto un cartello che ne segnali la presenza. Il cartello segnalatore deve rispondere alla specifica dettagliata nella direttiva 99/92/CE - D.lgs. 81/01 (scritta nera su sfondo giallo). Figura 24.0-Cartello segnalatore ATEX L informazione e la formazione del personale è garantita su come: Eseguire le varie fasi di lavorazione secondo quanto specificato nelle relative procedure; 89

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