Sentenza (Cassazione Penale), sez. IV, , ( ), n Pres. ROMIS. Vincenzo- Est. CIAMPI Francesco M.

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1 Sentenza (Cassazione Penale), sez. IV, , ( ), n Pres. ROMIS Vincenzo- Est. CIAMPI Francesco M. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 2 maggio 2012 la Corte d'appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Latina in data 26 febbraio 2008, appellata da A1. Questi era stato tratto a giudizio e condannato alla pena di giustizia per rispondere del reato di cui all'art. 81 c.p., comma 1, art. 590 c.p., commi 1, n. 1 e 2, n. 1 perchè per colpa consistita in imperizia, negligenza ed imprudenza, quale medico specialista in ostetricia e ginecologia, effettuando ecografia morfologica a C1 in stato di gravidanza alla ventiduesima settimana, a seguito della quale stilava referto di "morfologia fetale regolare", dando atto di aver proceduto, tra l'altro, all'analisi dei segmenti degli arti superiori ed inferiori (attestando in tal modo di aver visualizzato gli arti superiori e di averne riconosciuto i vari segmenti, vale a dire radio ed ulna, con ciò errando nel l'interpreta re le immagini ecografiche che attestavano l'assenza del segmento distale di entrambi gli arti superiori ed omettendo quindi di diagnosticare una grave malformazione del feto (agenesia del radio e dell'ulna di entrambe le braccia), cagionava lesioni gravissime (di seguito specificate) a C1e al marito C2 che apprendevano della grave malattia del figlio solo quindici giorni prima del parto e che, proprio a causa della ritardata diagnosi, non essendo stati messi nella condizione di poter decidere un'eventuale interruzione volontaria della gravidanza o comunque di elaborare nel tempo necessario il trauma connesso alla notizia della malformazione, subivano una grave condizione di stress da cui derivava a C1 una malattia nella mente (flessione in senso depressivo del tono dell'umore tendente a cronicizzazione), di durata superiore a quaranta giorni e probabilmente insanabile e a C2 una malattia nella mente e nel corpo (grave - 1 -

2 condizione depressiva, mascherata da maniacalità ed associata a frequenti emicranie), di durata superiore a quaranta giorni e probabilmente insanabile. 2. Avverso tale decisione ricorre a mezzo dei propri difensori lo A1 lamentando la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in riferimento agli artt. 40 e 41 c.p.; la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione quanto al ritenuto nesso causale. CONSIDERATO IN DIRITTO 3. Preliminarmente - avuto riguardo al tempus commissi delicti (6 giugno 2005), al titolo del reato (lesioni colpose) ed alla pena edittale per lo stesso prevista, va rilevato come, alla data della odierna udienza, sia interamente decorso il termine massimo di prescrizione. Infatti ai sensi del novellato art. 157 c.p., ordinariamente "la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto...", cui è da aggiungersi 1/4 per gli anni interruttivi e così, nella specie, per un totale di sette anni e mezzo. Va dunque rilevata e dichiarata l'intervenuta prescrizione alla data del 6 dicembre 2012, posto che non emergono periodi di sospensione desumibili dagli atti. Ed invero, avuto riguardo ai motivi dedotti dal ricorrente in relazione alle argomentazioni svolte dalla Corte d'appello di Roma nell'impugnata sentenza, il ricorso non presenta profili di inammissibilità per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perchè basato su censure non deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare l'intervenuta prescrizione, nè sussistono i presupposti per l'applicazione dell'art. 129 c.p.p., comma 2 per addivenire ad una pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule prescritte: la conclusione, infatti, può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell'insussistenza del fatto, o dell'estraneità ad esso dell'imputato, risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle - 2 -

3 medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove indagini ed ulteriori accertamenti. Va pertanto pronunciata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. 4. La declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione comporta comunque la necessità di esaminare le doglianze del ricorrente ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili (art. 578 c.p.p.). A riguardo le doglianze, dedotte dallo A1 appaiono fondate. Va innanzitutto osservato che entrambe le conformi sentenze di merito hanno sottolineato l'irrilevanza ai fini della decisione della questione, pure desumibile dal capo di imputazione, della praticabilità dell'aborto nel caso di specie, esclusa peraltro dalla disposta perizia in relazione al dettato della L. n. 194 del 1978, artt. 6 e 7. Come pure, alla luce dei motivi di ricorso che non attengono a tale tematica, resta estranea al thema decidendum ogni ulteriore valutazione in ordine al comportamento assolutamente negligente dello A1 e al gravissimo e inescusabile errore diagnostico allo stesso imputabile. La peculiarità della fattispecie in esame risiede nella circostanza che l'addebito mosso al professionista non ha riferimento immediato all'evento, ma solo indiretto (le conseguenze derivanti dall'errata diagnosi non in capo al soggetto nei cui confronti la stessa è stata formulata, ma nei confronti dei genitori del medesimo). E' quanto mai pregnante e decisivo nel caso di specie, pertanto, l'esame del rapporto di causalità. 5. Come noto, la Sezioni Unite di questa Suprema Corte (Cass. Sez. Un., n , dell' , Franzese, Rv ) hanno fugato le incertezze in ordine alla utilizzabilità di generalizzazioni probabilistiche nell'ambito del ragionamento causale. Nella verifica dell'imputazione causale dell'evento occorre dare corso ad un giudizio predittivo, sia pure riferito al passato: il giudice si interroga su ciò che sarebbe accaduto se l'agente avesse posto in essere la condotta che gli veniva richiesta. Detta valutazione - 3 -

4 risulta di maggiore complessità in riferimento alle fattispecie omissive ovvero ogni qual volta la condotta, anche se attiva, risulti qualificata dalla rilevanza causale di condizioni negative dell'evento, in rapporto al contenuto omissivo della colpa. In tali fattispecie, qualificate dalla presenza di condizioni negative dell'evento, si rende indispensabile la costruzione di decorsi causali ipotetici: il giudice, procedendo alla ricostruzione controfattuale del nesso causale, deve interrogarsi in ordine all'evitabilità dell'evento, per effetto delle condotte doverose mancate che, naturalisticamente, costituiscono un "nulla". La giurisprudenza di legittimità ha anche enunciato il carattere condizionalistico della causalità omissiva, indicando il seguente itinerario probatorio: il giudizio di certezza sul ruolo salvifico della condotta omessa presenta i connotati del paradigma indiziario e si fonda anche sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico, da effettuarsi ex post sulla base di tutte le emergenze disponibili; e culmina nel giudizio di elevata "probabilità logica". Con specifico riferimento all'accertamento del nesso di derivazione causale, la Suprema Corte ha evidenziato che "le incertezze alimentate dalle generalizzazioni probabilistiche possono essere in qualche caso superate nel crogiuolo del giudizio focalizzato sulle particolarità del caso concreto quando l'apprezzamento conclusivo può essere espresso in termini di elevata probabilità logica" (Cass. Sez. 4, n del , Rv ). Ai fini dell'imputazione causale dell'evento, pertanto, il giudice di merito deve sviluppare un ragionamento esplicativo che si confronti adeguatamente con le particolarità della fattispecie concreta, chiarendo che cosa sarebbe accaduto se fosse stato posto in essere il comportamento richiesto dall'ordinamento. Sempre le SS.UU. si sono espresse nel senso che "poichè il giudice non può conoscere tutte le fonti intermedie attraverso le quali la causa produce il suo effetto, nè procedere ad una spiegazione fondata su una serie continua di eventi, l'ipotesi ricostruttiva formulata in partenza sul - 4 -

5 nesso di condizionamento tra condotta umana e singolo evento potrà essere riconosciuta fondata soltanto con una quantità di precisazioni e purchè sia ragionevolmente da escludere l'intervento di un diverso ed alternativo decorso causale. Nel caso di specie, il ragionamento probatorio sviluppato dalla Corte territoriale non risulta aderente alle evidenziate coordinate interpretative. Essa assume, infatti, a fronte di uno specifico motivo di gravame sul punto dello A1, il solo dato emergente dalla disposta perizia collegiale, affermando che la tardiva conoscenza delle malformazioni, determinando la impossibilità di avere tempo per "abituarsi alla idea", aveva "impedito l'attivazione di meccanismi di difesa che invece in caso di corretto esame ecografico da parte dell'imputato avrebbe consentito... di metabolizzare le anomalie" Così senza in alcun modo aver preso in considerazione la certamente concreta e non astratta possibilità che le patologie riscontrate in capo ai coniugi C. siano invece da porsi in correlazione con la particolare situazione del figlio e con le conseguenti incombenze e preoccupazioni. Del resto, come evidenziato dal ricorrente elementi a sostegno di tale possibilità emergono dalle stesse dichiarazioni lese dai genitori del piccolo in sede di esame psichiatrico e riportate nella perizia (cfr. pagg. 2 e 3 del ricorso) che ricollegano la loro situazione psicologica al momento della nascita e non quindi a quello precedente della errata diagnosi. 6. Conclusivamente: l'impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio nei confronti dello A1 agli effetti penali, per essere il reato ascrittogli estinto per prescrizione; la sentenza stessa deve essere altresì annullata, agli effetti civili, nei confronti dello stesso A1 con riferimento alla questione concernente il nesso di causalità con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello che provvedere al regolamento delle spese tra le parti anche per il presente giudizio. P.Q.M

6 Annulla la sentenza impugnata agli effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione. Annulla altresì la sentenza stessa agli effetti civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello cui rimette la regolamentazione delle spese fra le parti anche per questo giudizio

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