Università di Pisa Facoltà di Lettere e Filosofia Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici

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1 Università di Pisa Facoltà di Lettere e Filosofia Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici Studio dei resti cremati umani provenienti dalla necropoli villanoviana di via Marche a Pisa Direttore della Scuola di Specializzazione Prof. Giampaolo Graziadio Relatore Prof. Renata Grifoni Cremonesi Candidato Dott.ssa Jasmine Bagnoli Anno Accademico

2 Sommario Introduzione... 4 Capitolo La necropoli villanoviana di via Marche Pisa... 6 Capitolo Metodi di studio L applicazione della TC al microscavo dei cinerari Microscavo e preparazione al restauro Lo studio dei resti ossei cremati Capitolo Materiali Dati antropologici: esame dei resti scheletrici combusti Capitolo Risultati Profilo demografico Analisi quantitativa Temperatura di combustione e grado di frammentazione Alterazioni scheletriche di tipo funzionale e patologico Confronti con altre necropoli a cremazione Capitolo Inquadramento Storico La cultura villanoviana Capitolo Pisa nella prima età del Ferro

3 Conclusioni Appendice Necropoli villanoviane nell Etruria costiera e interna Scheda 1. Livorno-Stagno: la necropoli di Parrana San Martino Scheda 2. Livorno: l ipotetico sepolcreto di Quercianella Scheda.3 Livorno: la necropoli di Villa Barone (PB) Scheda 4. Volterra: il sepolcreto delle Ripaie Scheda.5. Populonia: la necropoli di Podere Casone e Podere S.Cerbone Scheda 6. Populonia: la necropoli di Piano delle Granate e Poggio Granate Scheda 7. Vetulonia: le necropoli di Il Poggio alla Guardia Poggio Belvedere, Poggio alle Birbe Scheda 8. Sticciano Scalo Scheda 9. Crostoletto di Lamone e Pian Sultano due siti a confronto Scheda 10. Sesto Fiorentino: le necropoli di Val di Rose e di Madonna del Piano Scheda 11. Firenze: le tombe del Gambrinus Scheda 12. Chiusi: i sepolcreti di Poggio Renzo, Fornace Marcianella Scheda 13. Vulci: le necropoli di Ponterotto, Cavalupo e Poggio Mengarelli Scheda 14. Sasso di Furbara (Cerveteri) Riferimenti Bibliografici

4 Introduzione Tra il 2005 e il 2006 fu indagata da parte della Soprintendenza dei beni Archeologici della Toscana l area estesa tra via Marche, via Abba e via Bianchi; dove furono individuate due sepolcreti: il primo, più recente, ascrivibile all età tardo antica (III-VI secolo d.c.) ed il secondo, più antico, afferente ai primi dell età del Ferro (IX-VIII secolo a.c.). Quest ultimo ha restituito 37 cinerari, i quali, dopo la rimozione, sono stati analizzati in laboratorio. In questa sede inizialmente si riporteranno i dati di scavo del complesso sepolcrale di via Marche; descrivendo preliminarmente i materiali recuperati. Nei capitoli che seguono saranno presentati dettagliatamente tutti i metodi impiegati per lo studio delle urne funerarie come l utilizzo di strumentazioni proprie della diagnosi medica, in particolare, l applicazione della TC (Tomografia Computerizzata), che si è rilevata estremamente utile in questo campo. Verranno sviluppate inoltre tutte le operazioni effettuate per preparare i cinerari al restauro, nonché i metodi antropologici utilizzati sui resti combusti per determinare il sesso, l età di morte, rilevazioni di eventuali alterazioni patologiche, temperatura di combustione e infine per ricavare informazioni ascrivibile al rituale funerario. Successivamente saranno illustrati e discussi i risultati antropologici finali (completi) ricavati dallo studio svolto in laboratorio. Verrà affrontato anche un inquadramento storico della cultura Villanoviana nell Etruria propria (la nascita e lo sviluppo di questa realtà culturale, le caratteristiche della tessitura insediativa e degli aspetti funerari). Saranno presi in esame diversi centri riferibili a questo orizzonte cronologico, distribuiti nell Etruria settentrionale e meridionale, che hanno restituito dati esaustivi concernenti l ambito funerario. Le varie aree cimiteriali sono state distribuite seguendo un ordine preciso, da quelle più vicine alla necropoli di via marche a Pisa (area di Livorno/Firenze) a quelle più lontane, ubicate a nord del Lazio (Tarquinia, Veio). il fine di questo confronto è quello di individuare le analogie e le differenze tra i vari nuclei funerari (in particolare con il sepolcreto di Pisa) nonché, il circuito dei contatti/influenze tra le varie realtà culturali; per ricostruire un quadro delle pratiche culturali e delle trasformazioni sociali del territorio etrusco. 4

5 Infine, sarà discusso l origine di Pisa, evidenziando gli indicatori emersi nelle varie indagini archeologiche che confermano la genuinità della sua etruscità, nonché del ruolo assunto e dei contatti maturati in età Protostorica. E stato inoltre aggiunto un appendice con alcuni siti di confronto. 5

6 Capitolo 1 La necropoli villanoviana di via Marche Pisa Tra il 2005 e il 2006 in occasione della costruzione di edifici residenziali eseguiti nella zona ubicata tra le vie Marche, Abba e Bianchi, localizzata a settentrione delle mura medievali di Pisa, subito fuori Porta a Lucca, furono individuate importanti tracce di frequentazione che vanno dall epoca villanoviana ai giorni nostri (Paribeni, 2008). L area cimiteriale afferente all età villanoviana ed orientalizzante (in parte coperta dal sepolcreto di età romana) era ubicata nell angolo nord-ovest del settore e si estendeva su un area di circa 100mq (fig.1.1); furono portate in luce 37 sepolture ad incinerazione, in pozzetti semplici con fodera di elementi litici. Il sepolcreto era probabilmente collocato su di un altura, sulla base dell andamento del profilo altimetrico dello strato nell unica parte dove è stato possibile individuare il suo limite originario. A causa di un intaccamento di questa superficie da parte di alcune strutture di età contemporanea, che ne hanno interrotto la continuità fisica, danneggiando inoltre molti cinerari, non è possibile rilevare l estensione originaria. Tuttavia è molto probabile che il nucleo sepolcrale si estendesse oltre l area indagata (verso nord e verso est). I complessi funerari erano connotati da 15 dolii (fig. 1.2), 21 ossuari-biconici (fig. 1.3) e 1 pithos ingobbiato. Quest ultimo fu portato in luce soltanto nel quarto superiore: era caratterizzato da un orlo ingrossato e da quattro anse a nastro insellate impostate sulla spalla. Interessante notare che I dolii (tb. 98, 177, 178, 185, 187, 188, 189, 194, 195, 196, 197, 198, 199, 200, 202, 209) erano concentrati lungo il perimetro esterno del distretto indagato; sono tutti d impasto rossastro, eccetto uno in impasto scuro (tb.200), la maggior parte di essi era caratterizzata da una decorazione con cordonatura semplice o digitata. Secondo i dati di scavo alcuni doli inoltre contenevano un ossuario biconico e oggetti del corredo (Rizzitelli, 2005). I vasi biconici erano d impasto nero o bruno, lucidati a stecca e decorati con motivi peculiari del repertorio villanoviano (meandri, motivi a falsa cordicella, stampiglie a cerchi concentrici, motivi ad N, fasci di linee). Tutti presentavano una ciotola di copertura, con un ansa a pseudo tortiglione o a bastoncello, a volte con apofisi 6

7 laterali; in un caso fu rilevata un ansa bifora (tb.237). Alcune di esse erano caratterizzate da una decorazione tipica di questa produzione (motivi ad N, denti di lupo a falsa cordicella, motivi a zig-zag, motivo metopale con croce gammata). Una sola urna era chiusa da un coperchio simbolico (tb.239), costituito da un elmo crestato fittile, decorato da quattro coppie di apofisi ricurve ( denti di cinghiale ) disposte sulla calotta in corrispondenza del punto di innesto della cresta (Rizzitelli, 2005). La necropoli villanoviana di via Marche conferma la destinazione ad uso sepolcrale della fascia di territorio posta a settentrione di Pisa già da quest epoca. Evidentemente la necropoli villanoviana (come già accennato sopra) si impianta su una porzione di terreno leggermente più rilevata rispetto alle aree circostanti, interessate da continui fenomeni di erosione e allagamento (Paribeni, 2008). Il settore che si estende tra di via Marche via Abba e via Bianchi fu soggetto nelle varie epoche di molti sconvolgimenti sia naturali che antropici. Al VI-V secolo a.c. è da riferire la presenza di accumuli di pietre, laterizi, concotti e ceramiche (bucchero, impasto a scisti microclastici, attica e a figure rosse), interpretati come crolli di strutture demolite da violente esondazioni dell Arno e dell Auser. Dal punto di vista idrografico, ricordiamo che già in epoca preistorica a nord di Pisa scorreva un fiume, detto Aesar, poi Auser, che si gettava nell'arno all'altezza di Vicopisano e Calcinaia, scendendo agevolmente nella depressione di Bientina, compresa tra il Monte Pisano e l'altopiano delle Cerbaie. In una seconda fase non esattamente individuabile (ma quasi certamente in epoca pre-romana), il percorso dell'auser si spostò verso ovest, per poi gettarsi nell Arno a valle di Pisa. Successivamente un braccio dell'auser si era reso autonomo per volgersi decisamente verso nordovest: passando per Avane, raggiungeva il Tirreno in prossimità della stessa foce dell'auser, questo ramo fu dunque detto Serchio (da Auserculus, 'piccolo Auser'). Verso il III secolo a.c. nell area denominata B viene costruito un muro in blocchi di calcarenite con orientamento W/E, documentato per circa 20 m di lunghezza, che prosegue nella fascia di terreno non scavata tra le due aree e che lì pare interrompersi. Forse la funzionalità di questo muro era quello di difesa 7

8 dalle esondazioni fluviali; il tipo di tecnica con cui è stato realizzato sembra ricondurlo all età ellenistica (Costantini, ). Successivamente, tra il II secolo a.c. e il II secolo d.c., entrambe le aree sono interessate da fenomeni alluvionali, i quali causano l obliterazione della struttura muraria e la deposizione di notevoli quantità di sedimenti sul terreno. In questa fase è completamente assente qualsiasi traccia di frequentazione antropica. I periodici allagamenti a cui l area era sottoposta in età antica e l abbondante presenza di acqua che caratterizzava il passaggio del suburbio settentrionale di Pisa probabilmente sono la causa delle enormi risalite dell acqua di falda, che hanno provocato varie complicazioni nelle operazioni di scavo in numerosi settori dell area. In età tardo antica, sull intera superficie indagata si sviluppa una necropoli con sepolture ad inumazione. Particolarmente effimere appaiono le tracce relative alla frequentazione di quest area in età medievale, cui appartiene solo un piccolo ambiente quadrangolare, forse una discarica domestica (Costantini, ). In seguito, nel XVII-XVIII secolo, furono costruiti due pozzi circolari, uno nell area A e uno nell area B, e una cisterna di grandi dimensioni ancora nell area A, realizzata in laterizi legati con malta e rivestita con intonaco idraulico particolarmente tenace. Infine, in età contemporanea questa cisterna viene rifunzionalizzata con l aggiunta di due serbatoi metallici per carburante. Inoltre in questo periodo si verifica la costruzione di due grandi vasche quadrangolari e di una abitazione privata; tali costruzioni hanno intaccato il deposito archeologico impedendo di cogliere la continuità del sepolcreto tardo antico nel settore centrale dell area A. Fino alle recenti demolizioni per la costruzione del complesso residenziale, la superficie è stata occupata dall edificio della GEA ( Ente pubblico per i servizi dell Ambiente) e da alcuni vivai (Costantini, ). 8

9 Figura 1.1, Area generale di scavo (edificio A e B). Figura 1.2. Tomba 188 pozzetto con dolio 9

10 Figura 1.3. Tomba 184 pozzetto con ossuaro-biconico 10

11 Capitolo 2 Metodi di studio Per questa ricerca è stato necessario avvalersi delle tecniche di indagine proprie di diverse discipline, che spaziano dalla medicina all archeologia all antropologia, seguendo un approccio multidisciplinare. In particolare, la ricerca ha compreso l uso della Tomografia Computerizzata (TC), lo studio archeologico sulle caratteristiche morfologiche e decorative dei cinerari, nonché degli oggetti ornamentali e personali (in bronzo e fittile) legati al corredo funerario. I vari cinerari sono stati preparati alla fase del restauro attraverso l uso di varie tecniche: pulitura del vaso, mappatura, velatura, microscavo del contenuto (scavo stratigrafico), consolidamento degli oggetti in metallo. Il materiale osseo, una volta rimosso dal suo contenitore, è stato sottoposto all esame antropologico, con l obiettivo di rilevare informazioni sul sesso, età di morte, eventuali patologie, temperatura di combustione e dati sul rituale. 2.1 L applicazione della TC al microscavo dei cinerari L uso della TC si è rivelato di grande efficacia per indagare virtualmente il contenuto dei cinerari prima di affrontare il microscavo. La TC nella ricerca archeologica rappresenta un innovazione di grande rilievo, poiché ci permette di ottenere, con l acquisizione di centinaia di sezioni radiologiche, la mappatura completa dei cinerari, del loro contenuto e la successiva ricostruzione virtuale tridimensionale. Inoltre ci segnala la presenza, le distanze e le dimensioni approssimative di eventuali oggetti di metallo appartenenti al corredo, guidando così l azione dello scavo. In alcuni casi la TC rimane l unica documentazione della presenza nel corredo di oggetti in bronzo completamente mineralizzati che, all atto del recupero, si rivelano totalmente privi di consistenza o addirittura indistinguibili. L apparecchio utilizzato per il primo gruppo di urne funerarie (T.191, T.192, T.78, T.205, T.181, T.182, T.98) è una TC spirale mono detettore (ad una corona Det). I principali parametri che sono stati impiegati per ottenere la serie 11

12 di immagini del contenuto sono i seguenti: il S33.4 è il livello di scansione, ossia la posizione del tavolo lungo l'asse Z. Il az.90 rappresenta l'angolo di incidenza del fascio che colpisce a 90 gradi. Il KV 100 è la tensione del tubo radiogeno e il Ma 40 la corrente. Questi ultimi tre valori indicano la qualità del fascio RX usato in questa acquisizione. Il DFOV è di circa 19,2cm, (DFOV o display FOV di 19,2cm significa che la matrice fissa dell apparecchio TC (512X512) viene distribuita su una ideale superfice circolare di diametro 19,2cm e le strutture prese in esame devono essere comprese in questo spazio; in questo modo la dimensione dei pixels viene ottimizzata con un guadagno in risoluzione rispetto allo SFOV di 48.0 cm (SFOV o ScanFOV) che è semplicemente il campo di vista impostato in acquisizione, cioè su quale ideale area di circonferenza viene distribuita la matrice (512X512) in cui i pixels, per motivi geometrici avranno sicuramente una dimensione maggiore. Un altro criterio degno di nota è la dimensione delle varie sezioni il cui spessore è di 5.0 mm, prodotte ogni 0.3 mm (Screyer, Walfield, 2002). Per tutti cinerari del gruppo successivo fu utilizzato un apparecchio più avanzato, la TC spirale multi detettore (a 16 corone Det). Quest ultimo, attraverso l impiego di raggi proiettati ad una velocità più elevata, su una superficie di detezione più ampia rispetto alla macchina precedente, ci offre la possibilità di ottenere immagini più numerose, più precise, più dettagliate, e quindi una gamma d informazioni e di dati più completi (fig. 2.1). Infatti i parametri applicati ai vari vasi funerari sono più elevati e più precisi rispetto ai precedenti, la maggiore quantità di dati ci consente ricostruzioni migliori. La tensione del tubo radiogeno è di 120 (KV 120), la corrente è di 180 (Ma 180), ciò comporta una penetrazione maggiore di vari raggi all interno dell oggetto interessato. Il DFOV è di circa 35.0 cm, quindi la matrice è stata distribuita su una superficie circolare più ampia, il SFOV è di 60cm, perciò il campo di vista è più elevato. L aumento del DSFOV e del SFOV permette una visione più chiara di tutto il contenuto da varie angolazioni. Anche lo spessore delle acquisizioni è minore, lo spessore delle fette è di 1.2 mm ogni 0.6 mm, nel senso che vengono effettuate molte più sezioni, più sottili, rispetto a quelle precedenti. Inoltre anche la qualità del fascio Rx è migliore. Con la TC spirale multi detettore è quindi possibile avere sezioni radiologiche multiplanari (fig. 2.2) più dettagliate che consentono di visualizzare in modo più preciso oggetti 12

13 di vario materiale (metallico, ceramico, litico, e oggetti in avorio, ambra) e di varie dimensioni, nonché la loro precisa forma, dimensione e posizione all interno o all esterno del cinerario. Interessante sottolineare che tutte le urne villanoviane al momento dell applicazione della TC erano completamente avvolte in un robusto imballaggio, che rendeva impossibile l osservazione delle varie caratteristiche morfologiche di ciascun contenitore ceramico. Tuttavia la TC ci ha offerto anche l opportunità di una ricostruzione virtuale in 3D esterna dell oggetto archeologico, ottenendo così importanti informazioni sul suo stato di conservazione, prima dell apertura dall imballaggio. Concludendo, dopo Anderson e Roberston è la prima volta che viene applicata la TC su un campione così cospicuo di urne funerarie (37 urne). Figura 2.1. Il cinerario (T.184) viene sottoposto a TC, attraverso la quale è possibile ottenere per mezzo di tutta una serie di sezioni virtuali informazioni sul contenuto del vaso ( come ad esempio la presenza di oggetti metallici appartenenti al corredo). 13

14 Figura 2.2. La TC permette di acquisire centinaia di sezioni radiologiche trasversali e longitudinali che, forniscono una documentazione completa dei cinerari, del loro contenuto. 14

15 2.2 Microscavo e preparazione al restauro Una volta sottoposti a TC, 37 cinerari sono stati portati in laboratorio, con l obiettivo di effettuare lo scavo archeologico, e di prepararli quindi al restauro. Inizialmente, eliminato l imballaggio di protezione, l urna è stata sottoposta alla fase della pulizia, volta ad eliminare qualsiasi porzione di terra, o comunque qualsiasi traccia di elementi estranei, depositati nel tempo sul vaso funerario. Per ottenere una pulizia completa senza danneggiare la superficie ceramica viene utilizzato il Preventol, una soluzione chimica a base di composti del sale quaternario d ammonio, che ha un ottimo potere contro i batteri e ogni tipo di muffa, la quale viene diluita con acqua (3%). Si procede imbevendo un batuffolo di cotone idrofilo in questa sostanza chimica, e lo si applica su tutta la superficie esterna del cinerario. Terminata questa prima operazione, si completa la pulizia utilizzando batuffoli di cotone idrofilo imbevuti di acqua, per sciacquare ed eliminare la soluzione chimica applicata precedentemente dalla superficie ceramica (fig.2.1). Figura 2.2. Fase della pulizia esterna del vaso. 15

16 Successivamente, si prosegue con la fase della cosiddetta mappatura della ciotola-coperchio e del biconico stesso. La mappatura consiste nello stendere sui vari frammenti ceramici un foglio di plastica trasparente particolarmente sottile, e nel ricalcare con un pennarello indelebile il contorno di tutti i frammenti, seguendo e rispettando la loro posizione. Ogni frammento ceramico sarà poi numerato progressivamente e registrato sulla mappatura stessa. L obiettivo di questa operazione è quello di facilitare la ricostruzione del contenitore e della sua ciotola-coperchio nel momento del restauro, soprattutto nei casi in cui i cinerari sono completi ma particolarmente frammentati (fig.2.3). Figura 2.3. Fase della mappatura della ciotola coperchio. I frammenti ceramici che compongono la ciotola vengono quindi completamente asportati uno per uno per permettere il microscavo stratigrafico all interno del cinerario. Ciò comporta la scomposizione totale della ciotola che 16

17 perde così la sua forma originaria; la mappatura in questo caso interviene per agevolare la sua ricomposizione, poiché registra graficamente ogni frammento nella sua posizione originaria. Dopo la fase della mappatura, prima di poter asportare i frammenti, è spesso necessario procedere con il consolidamento velatura della ciotola-coperchio e in alcuni casi, anche del biconico. Gli strumenti che vengono impiegati in questa operazione sono semplice garza medica, pennelli sottili da pittore e archeoconsolidante ad acqua, una soluzione chimica a base di polimeri organici, diluita in acqua. Una volta preparato l archeoconsolidante si procede tagliando porzioni di garza medica su misura dei vari frammenti ceramici da consolidare. Ogni frammento viene rivestito da questa garza, possibilmente a doppio strato, sulla quale viene spalmato in modo omogeneo, attraverso l uso di un pennello di piccole dimensioni, l archeoconsolidante (fig.2.4). Terminata l operazione, il tutto viene lasciato riposare per circa 24 ore, con lo scopo di far asciugare il consolidante. L obiettivo di questa fase è protettivo, per evitare una ulteriore frammentazione della ceramica durante la rimozione. Figura 2.4. Fase consolidamento. 17

18 Figura 2.5. Rimozione dei frammenti consolidati. Dopo che la velatura si è asciugata e solidificata, si procede all asportazione dei vari frammenti ceramici della ciotola-coperchio (fig.2.5), per mezzo dell utilizzo di specilli odontoiatrici e bisturi chirurgico. I frammenti vengono così inseriti singolarmente in sacchetti di plastica, sui quali è stato riportato il numero progressivo segnato precedentemente sulla mappatura. Completata la rimozione della ciotola-coperchio (fig.2.6) può finalmente iniziare lo scavo del contenuto del cinerario, che viene effettuato seguendo una stratigrafia. Le quote vengono registrate attraverso l uso di una livella laser e di un metro a stecca posto in posizione verticale sul punto che vogliamo quotare. Il microscavo che verrà eseguito all interno del cinerario è di tipo stratigrafico, perciò il contenuto viene diviso in vari strati, e ogni strato sarà così misurato sia al suo inizio che alla sua fine. Per questo motivo la prima quota (fig.2.7), nominata quota zero è il punto di partenza da cui vengono segnate via via che si prosegue nella rimozione del contenuto, tutte le successive quote dei vari strati, nonché la posizione dei vari oggetti in bronzo appartenenti al corredo funerario. 18

19 Figura 2.6. Completata la fase della rimozione del coperchio. Presa la prima quota, si procede con il microscavo vero e proprio, attraverso l uso di specilli odontoiatrici, palettine sia di legno che in metallo, cucchiaini da caffè, con i quali si asportano piccole porzioni di terra, pennelli di varie dimensioni o piccola pompettina d aria per soffiare polvere e terra, evidenziando eventuali frammenti in bronzo. Inoltre, pinze mediche in metallo per prelevare elementi vegetali (radici o semi di piante), carboni, frammenti ceramici caduti all interno del cinerario appartenenti alla ciotola o al biconico stesso, e infine i vari frammenti ossei (fig.2.8). Nella maggior parte dei casi il primo strato è caratterizzato esclusivamente da terra sterile, che si è depositata nel cinerario per cause naturali, la quale può comunque contenere tracce di carbone e di elementi vegetali. Sia la terra che ogni elemento organico vengono campionati, mentre tutta la terra viene divisa a seconda dello strato di appartenenza e inserita in appositi sacchetti di plastica, mentre i vari elementi vegetali vengono raccolti in apposite provette, per una miglior protezione dall aria esterna. 19

20 Figura 2.7. Attraverso l'uso di un metro a stecca e di una livella laser viene presa la quota "0", sul punto più alto dell'orlo del vaso. Il prelievo di questi campioni viene effettuato al fine di ottenere, attraverso analisi paleobotaniche, sedimentologiche e chimiche, informazioni sul tipo di vegetazione presente in quell epoca, sul tipo di legname usato per il rogo funebre, nonché sul tipo di terreno di sepoltura. La porzione di terra contenente i frammenti ossei viene suddivisa almeno in due strati, a volte anche in tre, se la quantità è cospicua. Lo scopo di questa suddivisione è legato alla ricostruzione del rituale funerario, al fine di verificare se sono stati seguiti dei criteri nella deposizione dei frammenti ossei nell urna funeraria oppure se questi vi sono stati inseriti casualmente. Inoltre, nel caso fosse presente più di un individuo, è possibile comprendere se i resti dei defunti sono stati introdotti contemporaneamente o in momenti successivi. Successivamente, rispettando la divisione degli strati, i frammenti vengono asportati e inseriti in apposite vaschette in attesa di essere lavati, per poi essere studiati. Gli oggetti in bronzo che appartengono al corredo funerario, una volta individuati e portati alla luce, vengono consolidati per mezzo di un contagocce in vetro o una siringa medica senza ago, con l Incralac, una soluzione chimica a base di Paraloid e benzotriazolo diluito in acetone (fig.2.9). 20

21 Figura 2.8. Inizio del microscavo. Dopo che la soluzione chimica si è asciugata e solidificata, si esegue l asportazione dell oggetto in metallo e la sua deposizione in una vaschetta di plastica o di cartone ammortizzata da un letto di cotone idrofilo e garza medica, per proteggere il reperto metallico. Un altra strategia utilizzata, per certi casi a scopo protettivo e in altri per ricalcare e decifrare una forma anomala di non facile interpretazione, è rappresentata dall uso del gesso. Due esempi di particolare rilevanza sono la T.182 e la T.189: per la prima è stato applicato il gesso nella parte inferiore del biconico, a scopo protettivo. Questa operazione è stata eseguita attraverso l applicazione di una pellicola di plastica trasparente intorno al vaso, sulla quale è stato poi steso con una spatola il gesso impastato in acqua. Nel secondo caso, all interno del dolio era presente un foro a sezione quadrangolare, che iniziava all altezza dell orlo per finire sul fondo del contenitore, per un altezza di circa 30 cm (fig.2.10). Del foro è stato così eseguito un calco in gesso, con l obiettivo di definire il suo andamento ed evitare di perderlo durante il microscavo. Durante lo svolgimento di ogni operazione, dall apertura del cinerario alla fine del suo microscavo, è stata effettuata una completa documentazione fotografica con macchina digitale e con l aiuto di un faretto, per far risaltare le forme e i vari motivi decorativi presenti sul cinerario. Di grande importanza è la compilazione di un diario di 21

22 scavo, in cui sono stati registrati giorno per giorno i vari interventi conservativi e le sostanze chimiche utilizzate e inoltre, tutte le operazioni effettuate prima e durante il microscavo, le note riguardanti il corredo funerario, lo stato di conservazione del cinerario, le sue caratteristiche morfologiche e decorative. Insomma ogni caratteristica, ogni piccolo dettaglio sia del contenitore che del suo contenuto sono stati annotati giornalmente. Figura 2.9. Consolidamento di un oggetto in bronzo. Infine, tutta la documentazione, costituita da schede archeologiche e antropologiche realizzate durante il microscavo. Le schede sono state inserite in un database realizzato su Microsoft Access che permette non solo di archiviare tutti i numerosi dati raccolti, ma anche di favorire la ricerca e l elaborazione dei risultati Sulla scheda archeologica di ciascuna urna vengono riportati i dati relativi al tipo di tomba (a pozzetto o dolio), al tipo di cinerario (biconico o dolio con biconico), al suo stato di conservazione (frammentario ma completo, integra ecc), alle caratteristiche degli oggetti metallici, ceramici o fittili che appartengono al corredo e la descrizione dei vari strati. Sulle schede antropologiche vengono invece annotati tutti i dati antropologici, ricavati dallo studio delle ossa, come il sesso, l età di morte, eventuali patologie, il cromatismo delle ossa, che permette di determinare la temperatura di 22

23 combustione, il grado di frammentazione delle ossa combuste, e il peso dei vari distretti ossei suddivisi in strati, per individuare l ordine di deposizione delle ossa nel contenitore funerario. Concludendo, l ultima fase effettuata prima del restauro, è rappresentata dall imballaggio dei vasi con le relative ciotole (asportate in frammenti), gli oggetti del corredo sia interno che esterno, e ogni tipo di documentazione (mappatura, scheda di scavo e scheda archeologica) in scatoloni muniti di porzioni di tessuto non tessuto a scopo protettivo. Figura Calco in gesso del foro presente nel cinerario (T.189). 23

24 2.3 Lo studio dei resti ossei cremati Dopo l asportazione delle varie porzioni di ossa combuste dai propri contenitori funerari, è stato necessario procedere al lavaggio dei resti per poterli separare dalla matrice terrosa che li inglobava. Il lavaggio è avvenuto mediante spruzzatura di acqua su setacci a maglie fini, fino a rimuovere completamente la terra. Dopo l asciugatura, avvenuta all aria aperta, il materiale osseo è stato sottoposto all esame antropologico, con l obiettivo di rilevare il numero di individui all interno del cinerario, il sesso, l età di morte, eventuali patologie, la temperatura di combustione, il grado cromatico di frammentazione dei resti e informazioni relative al rituale funerario. La prima fase del lavoro, effettuata per strati separati, è consistita nel riconoscimento di ciascun frammento osseo e nella suddivisione in distretti anatomici: cranio, denti, tronco, arti superiori, arti inferiori, mani e piedi e frammenti che la per loro piccolissima dimensione non sono determinabili. Ciascun distretto scheletrico è stato inoltre pesato, al fine di calcolare la rappresentatività di ciascuna categoria rispetto al peso totale, consentendo così di evidenziare un eventuale raccolta selettiva dei resti e di valutare in quale proporzione il materiale è andato disperso. Inoltre, il peso delle ossa non identificabili ci ha permesso di quantificare il livello di frammentazione dei resti (fig.2.11). Il numero minimo di individui è stato valutato in base all eventuale presenza di elementi scheletrici soprannumerari o discordanti per dimensioni ed età. La diagnosi del sesso nei resti incinerati è fortemente limitata dalla frammentarietà dei materiali e dalla distorsione e contrazione dell osso dovute alla combustione, perciò non in tutti i casi è stato possibile determinarlo. Comunque, aldilà di queste difficoltà, il sesso è stato valutato in base alle principali caratteristiche morfologiche discriminanti utilizzate anche per gli inumati (Ferembach et al ) ed in diversi casi è stato possibile osservare alcuni di questi caratteri, come la protuberanza del piano occipitale, le dimensioni del condilo mandibolare e del processo mastoideo, lo sviluppo della linea aspra del femore, le dimensioni della tuberosità ischiatica, nonché la posizione dell inizio del processo zigomatico sul meato acustico; sono state inoltre valutate le dimensioni dei frammenti ossei, in particolare lo spessore della corticale del cranio e delle diafisi degli arti. La stima dell età di morte per gli adulti è stata basata principalmente sull osservazione del grado di sinostosi 24

25 delle suture craniche e sull eventuale presenza di alterazioni degenerative del tessuto osseo legate all età, come artrosi e rarefazioni del tessuto spugnoso (Meindl, Lovejoy 1985; Canci, Minozzi 2005), nonché sulla morfologia dell estremità sternale delle coste e sulle variazioni della sinfisi pubica (Burns, 1999). L età dei subadulti è stata valutata sul riconoscimento di denti decidui, sulle dimensioni delle diafisi e sullo stadio di saldatura tra epifisi e diafisi (Canci., Minozzi., 2005). E stata inoltre osservata l eventuale presenza di alcune caratteristiche alterazioni del tessuto osseo, come osteofitosi ed enteropatie. Sono state rilevate, in modo sistematico (rilevando sia la presenza che l assenza), l iperostosi porotica sulla teca cranica (cribra cranii) in base a gravità e diffusione (Hengen, 1971) e lo sviluppo delle inserzioni muscolari in tre gradi di espressione (deboli, medie e forti). Inoltre, è stato possibile osservare eventuali tracce di alterazioni patologiche delle ossa e dei denti, come la periostite, l artrosi, gli esiti di eventi traumatici, ed alcune patologie dentoalveolari. La temperatura di combustione è stata stimata in base alla valutazione del cromatismo dei frammenti ossei, utilizzando diverse scale cromatiche (Shipman et al. 1984; Mays 1998, Schmidt et al 2008) e in base alle alterazioni della struttura ossea e dentale causate dalla combustione (Holck 1986). Tali metodi sono basati sull osservazione dei cambiamenti di colore delle ossa, generalmente secondo un gradiente che varia dal giallo chiaro al nero (intorno ai 350 C), al blu, al grigio, con varie sfumature, fino al raggiungimento di un colore bianco e di un aspetto calcinato, dopo i 600 C. La combinazione dei colori e del grado di contrazione e di deformazione subiti dai reperti indica generalmente la temperatura, il tempo di esposizione ed il contatto diretto o indiretto con la fonte di calore (fig. 2.12). Il grado di frammentazione del materiale scheletrico è stato valutato secondo tre criteri: elevato, quando più del 50% del materiale ha dimensioni inferiori a 2x2 cm; medio, quando più del 50% del materiale ha dimensioni superiori a 2x2 cm; basso, quando più del 50% del materiale ha dimensioni superiori a 5x2 cm. 25

26 Figura Suddivisione del materiale combusto nei vari distretti anatomici. Figura Osservazione comparata delle diverse tonalità di colore. 26

27 Capitolo 3 Materiali 3.1 Dati antropologici: esame dei resti scheletrici combusti In questa sezione saranno descritti, per ciascun cinerario, i risultati dell esame antropologico e paleopatologico eseguito sui resti ossei combusti. Per motivi tecnici e logistici non dipendenti dalla volontà di chi scrive non è stato possibile eseguire lo studio antropologico sui reperti di 4 cinerari. Tomba 78 Il defunto deposto in questo cinerario è un neonato di circa 2-5 mesi, di sesso non determinabile. E stato possibile ottenere questa informazione attraverso le piccole dimensioni del dente dell epistrofeo, della seconda vertebra cervicale (da 2 mesi a 1 anno), e dalla presenza di alcune gemme di canini e molari decidui (da 2 a 5 mesi), nonché dallo spessore particolarmente sottile del cranio. Dal tipo di cromatismo della superficie ossea, che va da un grigio scuro-nero a un marroncino chiaro quasi bianco, si deduce una temperatura di combustione intorno ai C. Riassumendo, si tratta di un soggetto di circa 2.5 mesi, la cui età è testimoniata da alcune gemme dentarie. Tomba 98 La presenza di una marcata tuberosità ischiatica del bacino, la linea nucale (occipitale) particolarmente evidente, le inserzioni muscolari mediamente marcate, la corticale diafisiaria spessa, nonché il notevole spessore del cranio, permettono di attribuire questo individuo al sesso maschile. Le suture craniali aperte (le suture craniali cominciano a saldarsi vero i 20 anni e continuano, in modo discontinuo, fino alla completa obliterazione in età molto avanzata), le epifisi saldate degli arti superiori e inferiori, nonché le affezioni dento-alveolari 27

28 e l estremità sternale di una costa, caratterizzata da una superficie particolarmente rugosa, hanno suggerito un età di morte tra i 30 e i 40 anni. Il soggetto presentava delle inserzioni muscolari mediamente marcate. Da un punto di vista patologico è stata rilevata una lieve artrosi sul dente dell epistrofeo e un lieve lipping (rialzamento del bordo del disco epifisario dovuto a manifestazioni artrosiche) sul corpo di una vertebra toracica. La presenza dell artrosi sul dente dell epistrofeo, alterazione degenerativa delle cartilagini e delle altre strutture articolari che si manifesta oltre i 30 anni di età, è sicuramente un dato importante che ci aiuta a rilevare l età di morte. Di un certo rilievo la perdita di un dente avvenuta in vita, come si evince dalla chiusura dell alveolo mandibolare. Le superfici ossee presentano un grado cromatico che va da un prevalente grigio chiaro, ad un nero scuro con zone bianche, con un grado medio di frammentazione. Secondo la scala di Holck questa colorazione si produce intorno ai C, mentre secondo la scala cromatica di Mays la temperatura di combustione si aggira intorno ai C. L analisi del materiale osseo suddiviso in 3 strati ha evidenziato che ritualmente la deposizione delle ossa all interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, ma bensì casuale. Riassumendo, si tratta di un soggetto di sesso maschile, non particolarmente robusto, tra i 30 e i 40 di età, con lieve artrosi. Tomba 177 Dalle piccole dimensioni dei frammenti ossei, dalle inserzioni muscolari deboli, dal sottile spessore craniale, nonché dalla linea aspra non molto pronunciata si evince che l individuo deposto è di sesso femminile. Le epifisi saldate, le suture in parziale chiusura e la presenza di artrosi su alcune vertebre cervicali suggeriscono un età di morte tra i 35 e i 45 anni. Oltre alle tracce di artrosi sono state rilevate lievi cribra cranii e lieve periostite localizzata sulle diafisi tibiali e femorali. Di grande interesse il recupero di numerosi linfonodi calcificati di piccole dimensioni, che suggeriscono che il soggetto è stato affetto di tubercolosi. Per ciò che concerne la temperatura di combustione, 28

29 attraverso un cromatismo bianco calcinato con macchie grigio scure possiamo arguire un grado di combustione tra i 600 e i 700 C. Ricapitolando, si tratta di un individuo femminile, tra i 35 e i 45 anni, affetto da artrosi e probabilmente da tubercolosi. Tomba 178 A causa del parziale stato di conservazione del materiale combusto è stato difficile ottenere dati su eventuali alterazioni patologiche e precise informazioni sull età di morte e sul sesso dell individuo. Tuttavia, alcuni elementi, quali una forte protuberanza occipitale e un corpo spugnoso ben compatto, assenza di artrosi e presenza dei denti definitivi, hanno suggerito un individuo di sesso forse maschile di età di morte tra i 20 e i 29 anni. Il materiale combusto è caratterizzato da una colorazione variabile che va dal grigio-nero al bianco calcinato, che associato ad un elevata frammentazione indica una temperatura di combustione tra i 600 e i 700 C. Tomba 179 Le piccole dimensioni delle varie ossa e del condilo mandibolare, lo spessore particolarmente sottile del cranio, lo spessore corticale medio delle diafisi e le inserzioni muscolari poco marcate, ci hanno suggerito che potrebbe trattarsi di un individuo di sesso femminile. Le epifisi saldate degli arti superiori e inferiori, le suture craniali aperte e la presenza dei denti definitivi indicano che l età di morte si aggira intorno ai anni. Il soggetto presentava delle inserzioni muscolari mediamente marcate. Da un punto di vista patologico i cribra cranii sono presenti su pochi frammenti cranici (la presenza di cribra cranii, una porosità localizzata sulla volta cranica, in particolar modo sui parietali, espressione della cosiddetta iperostosi porotica, condizione imputabile a quadri anemici). E emersa inoltre una traccia di osteofitosi su una patella destra, che però sembrerebbe non pertinente all individuo, viste le sue grandi dimensioni rispetto al resto dei frammenti ossei. L osteofitosi rientra 29

30 nelle malattie articolari, trattandosi di una degenerazione delle membrane sinoviali e della cartilagine articolare, la quale progredisce a tal punto da determinare un contatto tra le superfici ossee dell articolazione che produce l eburneazione. Le superfici ossee sono caratterizzate da un cromatismo che va da un prevalente grigio chiaro e scuro, a zone bianche; questa colorazione e l elevata frammentazione indicano una temperatura di combustione intorno ai C. L analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 2 strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, ma bensì casuale. Riassumendo, si tratta di un individuo di sesso femminile, di medie dimensioni, tra i 30 e i 40 di età. La presenza di una rotula non pertinente e l epifisi prossimale dell ulna sinistra di grosse dimensioni suggeriscono forse la presenza occasionale di un secondo individuo. Gli altri resti ossei sono compatibili con un unico soggetto di dimensioni molto piccole. Tomba 180 Nella tomba 180 è stata rilevata la presenza di due individui, un adulto e un subadulto. Dalla presenza di un processo zigomatico di piccole dimensioni, da una corticale diafisiaria e da uno spessore craniale particolarmente sottili, è stato possibile attribuire il primo individuo (A) al sesso femminile. Del secondo individuo (B) non è stato possibile determinare il sesso, a causa della scarsa quantità di materiale osseo. Nell individuo A la presenza di suture craniali aperte, di un capitello radiale saldato e di anelli apifisari vertebrali saldati, ha permesso di stabilire che si tratta sicuramente di un adulto, ma per l assenza di frammenti significativi non è stato possibile risalire alla precisa età di morte. Per quanto riguarda il subadulto, attraverso l esistenza di alcune radici appartenenti a denti decidui e in base alle dimensioni delle varie ossa, si è rilevata un età di morte compresa tra gli 8 e i 10 anni. Per quanto riguarda le presenza di patologie, all individuo A appartengono frammenti cranici caratterizzati da tracce di cribra cranii (grado 2), nonché frammenti relativi agli arti inferiori con evidenze di lieve periostite. La periostite è un tipo di 30

31 alterazione patologica che rientra nel gruppo delle infezioni aspecifiche. Il periostio è una membrana aderente alla superficie dell osso e che, a causa di un infiammazione, può ossificarsi assumendo un aspetto porotico e spugnoso. Le superfici ossee dell adulto sono caratterizzate da un cromatismo che va da un bianco-grigiastro a un grigio più scuro; questa colorazione, associata alla media frammentazione, ha suggerito una temperatura di combustione di C. A causa della scarsa conservazione dei resti scheletrici non è possibile ottenere dei dati sul rituale funerario, ossia sulla distribuzione del materiale osseo all interno dell urna. Comunque, aldilà della parzialità dei resti scheletrici è stato osservato che i due soggetti sono stati deposti insieme, senza un ordine prestabilito. Riassumendo, la presenza di un bambino è testimoniata dalla radice di un molare deciduo e da diafisi di piccole dimensioni, in particolare le diafisi dei due radii che per dimensioni non possono collegarsi al capitello di un radio di dimensioni maggiori. Alcuni frammenti di diafisi erano caratterizzati da un tessuto spugnoso a trabecole fitte, tipico dei bambini (alcuni frammenti sembrano appartenere a rotule e ad ossa lunghe). Infine, vari frammenti di diafisi con tracce di cartilagini di accrescimento, il processo zigomatico molto piccolo e la presenza di 2 frammenti di rocca petrosa dello stesso lato, ma di dimensioni diverse, confermano questa ipotesi. Tomba 181 La presenza di un arcata sopraorbitaria leggermente marcata, le dimensioni medio grandi delle varie ossa, una linea aspra femorale particolarmente robusta, nonché una corticale spessa e uno spessore craniale medio, hanno permesso di attribuire l individuo al sesso maschile. Inoltre, l apertura delle suture craniali, le epifisi saldate delle falangi, l assenza di artrosi e la presenza di una spugnosa ben compatta, hanno suggerito un età di morte tra i 25 e 35 anni. Il soggetto inoltre presentava delle inserzioni muscolari mediamente marcate. E stata rilevata la presenza su pochi frammenti cranici di lieve cribra cranii, nonché una lieve periostite sulle diafisi tibiali e femorali. Le superfici ossee presentano un cromatismo che va da un grigio ad un marrone chiaro con 31

32 zone bianche; la combinazione di questi colori insieme ad una media frammentazione indicano che la temperatura di combustione si aggirava intorno ai C. L analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 2 strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, ma bensì casuale. Riassumendo, si tratta di un individuo maschile, tra i 25 e i 35 anni di età, di medie dimensioni, affetto da cribra cranii e lieve periostite. Tomba 182 Attraverso il notevole spessore della diafisi femorale (caratteristica prettamente maschile), le dimensioni medie del pilastro, lo spessore medio del cranio e le inserzioni muscolari mediamente marcate (tutti caratteri che possono essere sia maschili che femminili), è stato supposto che l individuo potrebbe essere di sesso maschile. Le suture craniche ancora aperte, le epifisi saldate sia delle mani che dei piedi, la presenza dei denti definitivi, una spugnosa particolarmente compatta (che ci indica un età non tanto avanzata, al di sotto dei 40 anni) e la presenza di una lieve artrosi, suggeriscono che l età di morte di questo individuo era compresa tra i 30 e i 40 anni. Il soggetto presentava delle inserzioni muscolari mediamente marcate. Oltre alla presenza di artrosi (lieve lipping artrosico su condilo del femore), sono stati rilevati su alcuni frammenti cranici lievi cribra cranii (grado 1). Le superfici ossee sono caratterizzate da un cromatismo che varia dal bianco al grigio scuro; di particolare interesse la colorazione più scura degli arti inferiori rispetto a quelli superiori, che lascia supporre che il fuoco al di sotto del cadavere fosse localizzato verso la parte superiore. Da questi elementi è stato possibile dedurre che la temperatura di combustione si aggirava intorno ai C. Dalla parzialità del materiale osseo non è possibile rilevare alcuna informazione sulla deposizione delle ossa nell urna da un punto di vista rituale. Riassumendo, si tratta di un uomo tra i 30 e i 40 anni, non particolarmente robusto, affetto da cribra cranii e artrosi. 32

33 Tomba 183 La presenza di caratteri prettamente maschili, come un arcata sopraciliare ben pronunciata, radici dei denti particolarmente lunghe, una forte protuberanza occipitale e una marcata inserzione muscolare del calcagno, detta anche tendine di Achille, hanno testimoniato che si tratta sicuramente di un individuo di sesso maschile, seppure di medie dimensioni. Inoltre, le epifisi completamente saldate degli arti superiori e inferiori e alcune tracce di artrosi sulle articolazioni delle mani e dei piedi, hanno suggerito un età di morte tra i 30 e i 40 anni. Oltre alla presenza di artrosi sulle falangi delle mani e dei piedi, nonché sul dente dell epistrofeo, sul margine del corpo di una vertebra toracica e su una patella, sono state rilevate tracce di periostite sulle diafisi tibiali e femorali. Oltre a ciò, è stato osservato un microtrauma sulla prima falange del piede, forse provocato da una caduta o per motivi legati all attività lavorativa. Le superfici ossee sono caratterizzate da un cromatismo che va dal bianco ad un marrone chiaro, con macchie di colore grigio chiaro e scuro; questa colorazione, associata ad una media frammentazione, indica una temperatura di combustione tra i 600 e i 900 C. L analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 2 strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale. Riassumendo, si tratta di un uomo tra i 30 e i 40 anni di età, mediamente robusto, caratterizzato da un microtrauma sull alluce del piede (intram vitam,) e affetto da periostite e artrosi. Tomba 184 Sono presenti caratteri misti, appartenenti sia ad un individuo di sesso maschile che femminile, quali linea aspra accentuata ma piccola, processo mastoideo di medie dimensioni, arco zigomatico tagliente (femminile), condilo mandibolare spesso (maschile) e rotula di grosse dimensioni (maschile). Dalla presenza di alcune suture craniche in chiusura possiamo arguire che l età di morte 33

34 dell individuo (o degli individui) oscilla tra i 30 e i 39 anni. Per ciò che concerne l attestazione di eventuali patologie, è stata rilevata solo una lieve presenza di cribra cranii. La superficie ossea è caratterizzata da un cromatismo che va dal grigio marroncino a tracce di bianco; da questa colorazione unita al grado di frammentazione anatomica si evince una temperatura di combustione tra i 600 e i 700 C. Riassumendo, la maggior parte dei frammenti ossei sembrano appartenere ad un soggetto di piccole dimensioni e con caratteristiche femminili, mentre diversi frammenti sono di grandi dimensioni con caratteri maschili. La presenza due individui non è però confermata dalla presenza di elementi ripetuti, benché sia probabile e suggerito anche dal peso complessivo dei frammenti di 1919g. Tomba 185 Dalle dimensioni mediamente robuste delle varie ossa (carattere sia femminile che maschile), dalla presenza di radici dentarie particolarmente lunghe (carattere maschile) e da una testa femorale di 39mm (carattere intermedio), è stato supposto che si tratti di un individuo di sesso maschile. L età di morte è stata rilevata dall osservazione di alcuni frammenti dell estremità sternale delle coste, caratterizzate da una superficie con margini poco regolari e rialzati rispetto al centro, che indicano un età tra i 24 e i 30 anni. La presenza di alcune vertebre toraciche con l anello epifisiario completamente fuso e privo di tracce artrosiche, dell estremità sternale della clavicola che appare non fusa (la clavicola rispetto alle altre ossa si salda tra i 20 e i 28 anni) e di 2 terzi molari suggerisce un età di morte tra i 24 e i 30 anni. Inoltre, il soggetto presentava delle inserzioni muscolari mediamente marcate. Per quanto riguarda le patologie, è stata osservata la presenza di cribra cranii (grado 1 ) su pochi frammenti cranici, di tracce di periostite sulle diafisi femorali, di tartaro (grado 2 ) su alcune radici dentarie, di una carie su un incisivo mandibolare (1C-B) e di una sorta di appendice alla radice di un premorale mandibolare. Le superfici ossee presentano un cromatismo caratterizzato in prevalenza da un bianco calcinato con macchie grigie bluastre; questo grado di colorazione, associato ad 34

35 una media frammentazione, suggerisce una temperatura di combustione intorno ai C. L analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 2 strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale. Riassumendo, si tratta di un soggetto di sesso maschile, tra i 24 e i 30 anni di età, mediamente robusto, affetto da lievi cribra cranii, periostite e affezione dento-alveolare. Tomba 186 Dalle grandi dimensioni delle ossa, nonché dalla corticale diafisiaria particolarmente spessa, da un condilo mandibolare piuttosto grande e dal notevole spessore craniale, è stato supposto che si tratta sicuramente di un individuo di sesso maschile. Inoltre, diverse epifisi saldate degli arti superiori e inferiori (il cui processo di saldatura si ha tra i 15 e i 25 anni), una spugnosa della testa omerale ben compatta (individuo giovane), la presenza di un terzo molare (indica che un individuo ha superato i 20 anni di età), le suture craniali aperte e alcuni solchi che interessano il piatto vertebrale (tracce che compaiono oltre i 25 anni di età), hanno suggerito un età di morte tra i 25 e i 35 anni. Il soggetto presentava inoltre delle inserzioni muscolari mediamente marcate e 2 ossicini suturali sovrannumerari di piccole dimensioni (piccoli porzioni di osso che si sviluppano tra le suture craniali). Dal punto di vista paleopatologico è stata rilevata la presenza di cribra cranii su vari frammenti cranici (grado 2 ) e di una lieve periostite sulle diafisi femorali e tibiali. Le superfici ossee sono caratterizzate da un colore bianco-grigio chiaro, con zone grigie scure. Questo grado di colorazione, associato ad una media frammentazione, indica una temperatura di combustione tra i C. Gli arti inferiori sembrano essere più scuri rispetto a quelli superiori, particolare peraltro già riscontrato nella T.182, che indica che il fuoco era concentrato maggiormente nella parte inferiore del corpo. L analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 3 strati in cui è stato suddiviso, ha 35

36 permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale. Riassumendo, si tratta di un individuo di sesso maschile, tra i 25 e i 35 anni di età, di medie dimensioni, affetto da cribra cranii e da una lieve periostite. Tomba 187 La protuberanza occipitale poco pronunciata, l arcata orbitaria tagliente, il condilo mandibolare di piccole dimensioni nonché il mento stretto con andamento a punta e infine una linea aspra particolarmente debole ci suggeriscono un individuo di sesso femminile. Per quanto concerne l età di morte, osservando il corpo spugnoso particolarmente compatto, il processo coracoide scapolare non sviluppato, l assenza di artrosi, la presenza di denti definitivi, nonché la rotula completamente saldata, si evince un età tra i 20 e i 25 anni. Non è stato rilevato nessun tipo di patologia. Per ciò che riguarda la temperatura di combustione anche per questa tomba (cromatismo biancastro con macchie grigie scure) possiamo supporre un grado tra i 600 e i 700 C. Riassumendo, il soggetto deposto è di sesso femminile, di giovane età ed è privo di eventuali patologie. Tomba 188 A causa della scarsa quantità e dell alta frammentarietà del materiale osseo non è stato facile determinare in modo preciso sia il sesso che l età di morte di questo individuo. Dalle piccole dimensioni delle varie ossa, dallo spessore corticale e dallo spessore sottile del cranio è stato ipotizzato che si tratti di un individuo di sesso femminile. Dal capitello radiale saldato, dalle suture craniali aperte e dalla presenza dei denti definitivi è stato supposto che sicuramente si tratta di un individuo adulto, caratterizzato inoltre da inserzioni muscolari mediamente marcate. Da un punto di vista patologico, è stato possibile rilevare soltanto lievi tracce di cribra cranii su pochi frammenti cranici. Le superfici ossee sono caratterizzate ad un cromatismo che va dal bianco al grigio chiaro 36

37 con varie macchie più scure. Questo grado di colorazione suggerisce una temperatura di combustione tra i 600 e gli 800 C. Dalla parziale presenza di materiale osseo non è stato possibile ricavare informazioni riguardo la deposizione delle ossa all interno dell urna da un punto di vista rituale. Riassumendo, si tratta di una donna adulta, di medie dimensioni, affetta da lievi cribra cranii. Tomba 189 Le dimensioni particolarmente piccole delle ossa, la presenza di una patella microscopica e gli spessori piuttosto sottili sia del cranio che della corticale diafisiaria suggeriscono un individuo di sesso femminile. La presenza inoltre della cartilagine di accrescimento inoltre su un frammento della cresta iliaca del bacino, di alcune epifisi delle mani e dei piedi non ancora saldate (distretti il cui fenomeno di saldatura avviene dai 15 anni in poi), di vari denti definitivi (la cui eruzione avviene al di sopra dei 13 anni di età), di epifisi prossimali femorali e tibiali non ancora saldate (la cui saldatura si verifica oltre i 15 anni), e ancora di suture craniche aperte e coxale sinistro non ancora fuso, testimonia un età di morte tra i 13 e i 15 anni. Si tratta dunque di un individuo adolescente di sesso femminile di dimensioni piccolissime. Dal punto di vista paleopatologico, solo su un frammento sono stati rilevati cribra cranii. Le superfici ossee presentano da un cromatismo caratterizzato da un prevalente bianco grigio, tipo di colore che indica una temperatura di combustione intorno i C. E stato possibile osservare che la distribuzione delle ossa all interno del contenitore, da un punto di vista rituale non segue un ordine ben preciso bensì casuale. Riassumendo, si tratta di un individuo adolescente di sesso femminile di dimensioni molto piccole. 37

38 Tomba 190 Dalla presenza di frammenti di dimensioni differenti, quali un frammento orbitale caratterizzato da margini piatti, spessore corticale diafisario, radici dentarie assai lunghe e frammenti di grosse dimensioni, è possibile arguire che probabilmente sono deposti almeno due individui adulti: uno di sesso femminile e uno di sesso maschile. La presenza di alcune gemme e di denti decidui ci suggerisce la deposizione anche di un terzo individuo infantile di 6-9 anni di età. Osservando la completa saldatura dell epifisi, l assenza di artrosi e la spugnosa ben compatta il soggetto maschile ha un età tra i 25 e 35 anni, mentre l individuo femminile per le caratteristiche della superficie della sinfisi pubica ha un età tra i 20 e i 25 anni. Per quanto riguarda eventuali alterazioni patologiche sono state rilevate sui frammenti ascrivibili al soggetto adulto: presenza di cribra orbitalia (grado2), cribra cranii (grado 1), tracce di periostite localizzata sulla diafisi femorale e sul terzo trocantere (maschio). Degna di nota la presenza di resti ossei faunistici. Le superfici ossee presentano un cromatismo caratterizzato in prevalenza da un bianco calcinato con macchie grigie bluastre; questo grado di colorazione, associato ad una media frammentazione, suggerisce una temperatura di combustione intorno ai C. Riassumendo, dalle caratteristiche di frammenti sembrano esserci almeno due individui adulti: il primo con ossa di grosse dimensioni (maschile) tra i 25 e 35 anni di età ed, il secondo di medie e piccole dimensioni (femminile) di 20 e 25 anni. Probabilmente è presente anche un terzo soggetto infantile (gemme e denti decidui). Di particolare interessante inoltre la cospicua quantità di materiale scheletrico faunistico presente insieme ai resti umani combusti. 38

39 Tomba 191 A causa della scarsa quantità di materiale osseo e per l assenza di frammenti significativi, non è stato possibile determinare il sesso dell individuo contenuto in questo cinerario. Tuttavia, la presenza di una gemma di un 1 molare definitivo, della radice di un 2 molare definitivo, di alcune radici di molari decidui, nonché le dimensioni particolarmente piccole della troclea dell omero e le piccole dimensioni delle teste omerale e femorale, evincono un individuo subadulto con età compresa tra i 6 e i 7 anni di età. Degne di nota la presenza di lievi cribra cranii su alcuni frammenti cranici, probabilmente legati ad una maggior vascolarizzazione, poiché si tratta di un soggetto infantile. Le superfici ossee sono caratterizzate da un colore bianco con molte zone grigie scure. Questa colorazione indica una temperatura di combustione tra i 500 e i 700 C. Dalla scarsa presenza di materiale osseo non è stato possibile ricavare informazioni riguardo la deposizione delle ossa all interno dell urna da un punto di vista rituale. Di grande rilievo la presenza di un elemento estraneo, una radice di dente di animale, forse legato al soggetto e sacrificato insieme ad esso, o di residui dei pasti funerari o ancora di offerte rituali. Riassumendo, si tratta di un bambino tra i 6 e 7 anni di età, anch esso come la maggior parte degli adulti, affetto da cribra cranii. Tomba 192 Per l assenza di frammenti significativi non è stato possibile determinare il sesso di questo individuo. Tuttavia, la presenza della troclea omerale non ancora saldata (la troclea subisce il processo di saldatura tra i anni di età), di alcuni denti definitivi (la cui eruzione avviene al di sopra dei 10 anni) e del dente dell epistrofeo saldato (che si salda al di sopra dei 12 anni), hanno suggerito un età di morte tra gli 11 e i 14 anni. E stato osservato la presenza di un ossicino suturale soprannumerario. Dal punto di vista paleopatologico, non è stata rilevata alcuna lesione. Le superfici ossee sono caratterizzate da un cromatismo bianco calcinato e grigio particolarmente scuro, quasi bluastro. Questi colori indicano una temperatura di combustione tra i 600 e i 900 C. 39

40 L analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 3 strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale. Si è rilevata la presenza di alcuni elementi estranei, ossia frammenti di diafisi di animale, forse un animale legato al soggetto e sacrificato insieme ad esso o residui dei pasti funerari o ancora offerte rituali. Riassumendo, si tratta di un adolescente (la presenza della fuseruola nel corredo funerario, suggerisce un soggetto di sesso femminile), privo di alterazioni patologiche. Tomba 193 In questo cinerario è stato deposto un individuo di sesso femminile con feto. La determinazione del sesso è stata ricavata principalmente dalle piccole dimensioni dei vari distretti anatomici. Un frammento di sinfisi pubica (caratterizzata da solchi meno evidenti, da un margine dorsale che delimita la superficie e da estremità superiori ed inferiori non ben delimitate, indicano un età tra i 22 e i 26 anni), l estremità sternale di una costa (con i margini definiti e ondulati, indicanti anni), le varie epifisi degli arti superiori e inferiori saldate, ad eccezione del grande trocantere del femore che risulta non saldato (particolare che indica un età tra i 17 e i 20 anni) hanno suggerito un età di morte tra i 20 e i 25 anni. Per quanto riguarda il feto, a causa della scarsità di materiale osseo, non è stato possibile rilevarne l età. Inoltre l individuo (A) presentava delle inserzioni muscolari particolarmente deboli e alcuni ossicini suturali soprannumerari (fig. 3.1). Le superfici ossee presentano un colore marrone chiaro con zone bianche. Questo grado di colorazione, associato all elevata frammentazione, indica una temperatura di combustione tra i 500 e i 700 C. L analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due o tre strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale. 40

41 Riassumendo, frammenti provenienti dai vari distretti risultano appartenenti ad un individuo adulto, che potrebbe essere stato affetto da nanismo ipofisario, come si evince dalle piccolissime dimensioni dei resti ossei. Inoltre, l esistenza di un feto è testimoniata dalla presenza di due piccole rocche petrose e da una piccola falangina. Figura 3.1. Coppie di rocche petrose appartenenti all'individuo A (adulto), e all'individuo B (bambino). Tomba 194 Dalla linea nucale particolarmente lieve, da un condilo di piccole dimensioni e dai denti anch essi di piccole dimensioni possiamo evincere che all interno del vaso è stato deposto un soggetto di sesso femminile. L apertura delle suture craniali, il grado di saldatura delle epifisi, la presenza di artrosi, nonché di osteofiti sul calcagno e una superficie auricolare usurata indicano un età tra i 41

42 35 e i 45 anni. Per ciò che riguarda la presenza di alterazioni patologiche sono state rilevate: lieve linea artrosica sul condilo mandibolare, ernie di Schmoirl su due vertebre toraciche e su una lombare. Sono emerse inoltre tracce di erosione forse di tipo tubercolare (deduzione rafforzata dalla presenza di due linfonodi calcificati) su un piatto vertebrale toracica. Il grado di cromatismo è connotato da una colorazione grigio scuro e da zone marrone chiaro. Questa colorazione associata ad una bassa frammentazione suggerisce una temperatura di combustione bassa tra i 300 e i 500 C. Riassumendo, l individuo deposto è di sesso femminile tra i 35 e i 45 anni di età, affetto non solo da artrosi ma anche da tubercolosi. Tomba 195 Sepoltura con deposizione femminile, come si evince dalla presenza del bordo orbitario tagliente (carattere tipicamente femminile), arcata sopraciliare non pronunciata, forma circolare del orbita e rotula di piccole dimensioni. Dal grado di saldatura delle epifisi, dall assenza di artrosi e dall incompleta saldatura delle suture craniali è stato possibile arguire un età di morte tra i 20 e i 30 anni. Non sono state rilevate tracce di alterazioni patologiche. Le superfici ossee sono caratterizzate da un cromatismo bruno-grigio con zone bluastre che, associato ad una frammentazione media, suggerisce una temperatura di combustione di C. Riassumendo, si tratta di un soggetto femminile di giovane età tra i 20 e 30 anni, non affetto da particolari patologie. Tomba 196 Sono attestati due individui: il primo è un adulto forse di sesso maschile (frammenti di medie dimensioni e inserzioni muscolari medie, alcuni frammenti di grosse dimensioni) tra i 25 e i 35 anni di età (epifisi saldate). Il secondo è un subadulto il cui sesso non è determinale, di età di morte compresa 42

43 tra 11 e 15 anni (epifisi non saldate). Non sono state rilevate tracce di alterazioni patologiche. Per quanto riguarda la temperatura di combustione dal cromatismo bianco calcinato con macchie scure bluastre, e dalla media frammentazione ossea è possibile arguire che essa oscilla tra 600 e i 700 C. Riassumendo, la tomba è connotata dalla deposizione di due soggetti, un adulto tra i 25 e i 35 anni e un giovane tra gli 11 e 15 anni di età. Tomba 197 Dalle inserzioni muscolari medie e dall arco zigomatico posteriore si evince che è un soggetto di sesso maschile. La presenza di artrosi su un condilo mandibolare e su una vertebra cervicale, nonché la chiusura delle suture craniche suggeriscono un età di morte tra i 40 e i 49 anni. Per quanto concerne le alterazioni patologiche, oltre alle tracce artrosiche (presenti sul condilo mandibolare e su una falangina), sono state rilevate un ernia su una vertebra lombare e tracce di gotta su un metatarsale. Da un cromatismo di colore marrone con zone grigie associato ad una media frammentazione ossea si evince una temperatura di combustione tra i 600 e i 700 C. Ricapitolando, è stato deposto un individuo di sesso maschile di età adulta, affetto da gotta. Tomba 198 Le piccole dimensioni dei frammenti ossei, le epifisi non saldate, la presenza di cartilagini di accrescimento su alcune epifisi, nonché le suture craniche aperte, suggeriscono che si tratti di un individuo di sesso forse femminile,di età di morte tra i 12 e i 15 anni. Degna di nota la presenza di un ossicino sesamoide che, è un carattere ereditario. All interno del materiale combusto sono stati rilevati diversi resti di animali di piccole dimensioni. Il cromatismo che caratterizza la superficie dei frammenti ossei è di colore bianco calcinato con diverse macchie nere bluastre, la tipica colorazione provocata da una temperatura di combustione di C. 43

44 Per riassumere brevemente possiamo dire che si tratta di un individuo di giovane età, probabilmente di sesso femminile, privo di varie alterazioni patologiche e connotato da un ossicino sesamoide, elemento ereditario. Tomba 199 La presenza di radici dentarie particolarmente piccole (carattere puramente femminile), dell inizio del processo zigomatico posto anteriormente rispetto al meato acustico (altro carattere prettamente femminile, nei maschi è posteriore), lo spessore medio del cranio, le dimensioni piccole del dente dell epistrofeo e la corticale sottile hanno suggerito un individuo di sesso femminile. Le suture craniali aperte, le epifisi degli arti superiori e inferiori saldate e la presenza di osteofitosi su una patella e sulla tuberosità del calcagno, detto anche tendine di Achille, hanno testimoniato un età di morte compresa tra i 25 e i 35 anni. Il soggetto presentava delle inserzioni muscolari mediamente marcate. Oltre alla presenza di un ossicino sovrannumerario (piccole porzioni di osso che si sviluppano tra le suture craniali), è da segnalare un frammento di vertebra di dimensioni troppo piccole rispetto a tutto il resto. Su alcuni frammenti sono stati rilevati dei lievi cribra cranii, mentre una radice di molare risulta distrutta da carie. Le superfici ossee sono caratterizzate da un cromatismo bianco e grigio, con zone più scure. Questo grado cromatico, associato ad una bassa frammentazione, ha suggerito una temperatura di combustione tra 600 e 700 C. Dalla parziale presenza di materiale osseo non è stato possibile ricavare informazioni riguardo la deposizione delle ossa all interno dell urna da un punto di vista rituale. Riassumendo, si tratta di un soggetto di sesso femminile di età tra i 25 e i 35 anni, di medie dimensioni, affetto da lievi cribra cranii e da affezione dentoalveolare. 44

45 Tomba 200 Dalla troclea omerale di piccole dimensioni, dal capitello radiale anch esso di piccole dimensioni, dalla forma circolare dell orbita e dalla testa omerale di dimensioni minori, possiamo arguire che si tratti di un individuo di sesso femminile. La presenza di artrosi su due vertebre cervicali e dei denti definitivi (con radici ricurve), ci permettono di risalire all età di morte intorno ai anni. A parte le tracce artrosiche, non state rilevate altre alterazioni patologiche. Anche per questa sepoltura si deduce una temperatura di combustione tra i 600 e i 700 C. Riassumendo, si tratta della deposizione di individuo femminile di età di morte tra i 30 e i 39 anni, non affetto da particolari patologie (eccetto l artrosi). Tomba 202 Dalla presenza di frammenti diafisari femorali particolarmente robusti, dalla linea nucale ben evidente e dalle dimensioni medio-grandi del ramo mandibolare è stato possibile arguire che si tratta di un soggetto di sesso maschile. Le tracce di artrosi (su un frammento di atlante e su una falange, nonché su una vertebra cervicale) e le inserzioni alquanto rugose delle suture aperte suggeriscono un età di morte tra i 30 e i 39 anni. Oltre alla presenza di artrosi sono state rilevate tracce di periostite su alcuni frammenti femorali. Il materiale combusto è caratterizzato da una colorazione variabile che va dal grigio-nero al bianco calcinato che, associato ad un elevata frammentazione, indica una temperatura di combustione tra i 600 e i 700 C. Ricapitolando, nella tomba è deposto un soggetto di sesso maschile di età adulta, affetto da una lieve periostite e da artrosi. Tomba 205 Attraverso la presenza di un frammento di orbita caratterizzata da una forma circolare con andamento tagliente (carattere prettamente femminile), di un 45

46 processo mastoideo, di un condilo mandibolare di piccole dimensioni e del dente dell epistrofeo di dimensioni particolarmente piccole, di uno spessore del cranio piuttosto sottile, è stato possibile attribuire il sesso femminile a questo individuo. Inoltre, le suture craniali ancora aperte, l epifisi distale dell ulna saldata (l estremità distale dell ulna nelle femmine si salda tra i 16 e i 21 anni), la cresta iliaca ancora non saldata (si salda tra i 21 e i 24 anni), e le epifisi delle falangi sia delle mani che dei piedi saldati (processo di saldatura tra i anni) hanno suggerito un età di morte tra i 17 e i 20 anni. Nel complesso le ossa sono di piccole dimensioni, con inserzioni muscolari poco marcate; questi particolari confermano che i resti appartenessero ad un adolescente o comunque ad un giovane, anche se alcuni frammenti della tibia e di femore sono caratterizzati da un forte spessore della corticale. Sono state diagnosticate varie patologie su diversi frammenti: tracce di cribra orbitalia nell orbita destra (grado 2 ), cribra cranii su alcuni frammenti cranici e una lieve periostite sulle diafisi tibiale e femorale. Le superfici ossee sono caratterizzate da un cromatismo bianco grigio con varie zone di color marrone chiaro. Questo grado cromatico associato ad una media frammentazione indica una temperatura di combustione tra 500 e 800 C L analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due o tre strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale. E stata infine rilevata la presenza di un frammento di costa e di un dente di animale, forse legato al soggetto e sacrificato insieme ad esso. Questo è il terzo caso, oltre alla T.191 e alla T.192, in cui sono state rilevate tracce di ossa animali in cinerari di bambini o adolescenti. Riassumendo, si tratta di una giovane donna, tra i 17 e i 20 anni di età, di piccole dimensioni, affetta da cribra cranii e orbitalia, nonché da una lieve periostite. Tomba 208 Un frammento di condilo mandibolare particolarmente piccolo, alcune radici dentarie di dimensioni piccole e l inizio del processo zigomatico posto 46

47 anteriormente rispetto al meato acustico (tutti particolari prettamente femminili), hanno suggerito che questo individuo fosse di sesso femminile. L età di morte, che si aggira tra i 25 e i 35 anni di età, è stata determinata attraverso l osservazione di un frammento dell estremità sternale di una costa, caratterizzata dai margini piuttosto regolari e rialzati rispetto al centro della superficie (25-35 anni). Inoltre, una vertebra con l anello epifisario completamente fuso (20-29 anni), le epifisi sia degli arti superiori che inferiori completamente fuse (soggetto adulto) e l assenza di artrosi, confermano che si tratta di un individuo di età non avanzata. Il soggetto presentava inoltre, delle inserzioni muscolari decisamente poco marcate, una corticale mediamente spessa, e un ossicino suturale sovrannumerario. Di grande interesse la presenza di varie alterazioni patologiche. Sono state osservate lievi tracce di periostite sulla diafisi tibiale, forti tracce sempre di periostite su 2 frammenti di coste, 1 carie sulla radice di un dente anteriore. Per quanto concerne le inserzioni muscolari, è stata rilevata la presenza di un entesopatia (per entesopatia si intende un erosione e/o ossificazione dell inserzione, causata da movimenti intensi e ripetuti, forse legati all attività lavorativa). Le superfici ossee presentano un cromatismo grigio chiaro, marrone chiaro, con zone bianche; gli arti inferiori presentano macchie molto più scure di colore grigio-nero. Questo tipo di colorazione indica un temperatura di combustione tra i 500 e i 700 C. L analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 2 strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all interno del cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale. Riassumendo, si tratta di una donna tra i 25 e i 35 anni di età, di medie dimensioni, affetta da periostite, entesopatia e affezione dento-alveolare. Tomba 210 La linea aspra particolarmente pronunciata, una nucale accentuata e un condilo mandibolare medio grande, suggeriscono un individuo di sesso forse maschile, la cui età di morte è tra i 40 e i 50 anni (presenza di artrosi e suture in parziale saldatura). Per quanto concerne le alterazioni patologiche, sono state rilevate 47

48 tracce di lieve periostite su un femore e artrosi su due vertebre lombari e cervicali. Dalla media frammentazione ossea associata ad un cromatismo di colore grigio scuro con zone marroni si evince una temperatura di combustione tra i 300 e i 500 C. Riassumendo, si tratta di un individuo di sesso maschile di età avanzata, connotato da frammenti di medie e grandi dimensioni e forti rilievi muscolari, in parte dovuti all età. Tomba 211 A causa della scarsa quantità ed elevata frammentazione del materiale osseo (presenti solo 5 gr di frammenti ossei non identificabili) non è stato possibile determinare né il sesso né l età di morte dell individuo, e neppure rilevare alcuna alterazione patologica. L unica informazione che è stato possibile ricavare è la temperatura di combustione che risulta compresa tra i 500 e i 700 C, come si deduce dal colore grigio chiaro-scuro, con zone bianche, dei frammenti ossei. Tomba 217 E una sepoltura con deposizione di un individuo di sesso forse maschile, ciò è suggerito dallo spessore robusto delle diafisi e dai denti mediamente lunghi. Dalle epifisi non saldate, dalle suture craniche aperte, dal processo acromiale non saldato, da un molare deciduo e infine dalla presenza dei denti con le radici non chiuse, è possibile inquadrare il soggetto in un età di morte tra i 10 e i 14 anni. Per quanto riguarda eventuali alterazioni patologiche, è stata rilevata la presenza di osteomielite (tracce in alcuni punti degli arti inferiori). Anche per questa sepoltura la temperatura di combustione è tra i C. Ricapitolando, si tratta di un soggetto di sesso maschile di età di morte tra i 10 e i 14 anni, affetto da osteomielite. 48

49 Tomba 237 Anche per la tomba 237 a causa della scarsità ed elevata frammentarietà del materiale osseo non è stato possibile ricavare informazioni sul sesso e rilevare alterazioni patologiche, ad eccezione di un trauma su una piccola falange. Tuttavia, la presenza di una gemma dentaria, di alcune radici di denti decidui e la dimensione delle ossa hanno suggerito un età di morte tra i 2 e i 3 anni (essendo un bambino, anche con una maggior quantità di materiale anatomico, non sarebbe stato possibile determinare il sesso). Da notare la presenza di una trauma su una piccola falange. Il cromatismo bianco con zone grigie bluastre ha indicato una temperatura di combustione tra i 600 e gli 800 C (da osservare che essendo un bambino, le ossa bruciano più velocemente anche ad un temperatura di combustione più bassa). Dalla scarsa presenza di materiale osseo non è stato possibile ricavare informazioni riguardo la deposizione delle ossa all interno dell urna da un punto di vista rituale. Concludendo, il contenuto era parziale a causa del collasso del vaso funerario, che ne ha provocato la fuoriuscita dal contenitore. Si sono conservati pochi frammenti tutti di piccole dimensioni e compatibili con lo scheletro di un bambino. Tomba 238 Attraverso l osservazione del processo mastoideo che risulta particolarmente piccolo (carattere femminile), dell inizio del processo zigomatico in posizione anteriore rispetto al meato acustico, di una linea aspra (femorale) poco pronunciata e di una corticale diafisiaria piuttosto sottile (tutti caratteri prettamente femminili) è stato possibile determinare il sesso, che è risultato femminile. La presenza delle epifisi degli arti sia superiori che inferiori saldate, delle suture craniali aperte e dei denti definitivi ha suggerito un età di morte intorno ai 40 anni. Il soggetto presentava inoltre delle inserzioni muscolari particolarmente lievi. Di grande interesse è stato il rinvenimento di un linfonodo calcifico di forma più o meno sferica, di 9 mm di diametro, ben compatto. Questa formazione si presenta come una concrezione calcarea ossea, 49

50 la cui calcificazione può rappresentare una risposta ad un infiammazione di tipo tubercolare. Le superfici ossee sono caratterizzate da un colore marrone chiaro, con zone bianche. Questo grado cromatico, associato ad un elevata frammentazione, indica una temperatura di combustione tra i 500 e i 600 C. L analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 3 strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale. Concludendo, si tratta di un soggetto di sesso femminile che, pur essendo un adulto, è di dimensioni molto piccole. La presenza del linfonodo calcifico (fig. 3.2) testimonia che probabilmente l individuo è stato affetto da tubercolosi. Tomba 239 Dalla linea nucale dell occipitale che risulta ben evidente, senza però rilievi muscolari marcati (grado che può essere sia maschile ma anche femminile), dalle teste femorali particolarmente grandi, dal dente dell epistrofeo piuttosto spesso, dalla troclea omerale anch essa spessa (caratteri maschili), si è supposto che si tratti di un individuo di sesso maschile. Tuttavia, la presenza di due particolari quali un condilo mandibolare di dimensioni piccole e una linea aspra non molto marcata (caratteri puramente femminili), hanno messo in dubbio i risultati relativi alla determinazione del sesso. Le epifisi completamente saldate, una vertebra toracica con l anello totalmente fuso (adulto), e la presenza di una lieve artrosi sulle ossa delle mani e dei piedi (non giovanissimo) hanno suggerito un età di morte tra i 30 e i 40 anni. Per quanto riguarda i caratteri discontinui, è stata rilevata la presenza di 5 ossa suturali sovrannumerarie, mentre le inserzioni muscolari mostrano un medio grado di sviluppo.oltre all esistenza di artrosi su un corpo vertebrale cervicale, è stato rilevato un entesofita sulla tuberosità del calcagno, detto anche tendine di Achille. Inoltre, è stata rilevata una cospicua quantità di linfonodi calcifici che, rispetto alla tomba 238, da un punto di vista quantitativo erano numerosi, di piccole dimensioni e caratterizzati da un corpo non compatto, bensì con varie trabecole, assumendo un aspetto quasi spugnoso. La presenza dei numerosi 50

51 linfonodi calcifici testimonia che probabilmente l individuo è stato affetto da tubercolosi. Per quanto riguarda i caratteri discontinui, è stata rilevata la presenza di 5 ossa suturali sovrannumerarie. Le superfici ossee presentano un colore bianco, grigio chiaro, con varie zone più scure, quasi nere. Questo grado cromatico, associato ad una media frammentazione, indica una temperatura di combustione intorno ai C. L analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due o tre strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all interno del cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale. Concludendo, si tratta di un soggetto adulto che, pur essendo di sesso maschile, risulta di medie dimensioni e affetto da cribra cranii e artrosi; la presenza dei linfonodi calcifici testimonia che fu colpito da tubercolosi. Figura Linfonodo calcifico di forma più o meno sferica, di 9 mm di diametro (T.238). 51

52 Capitolo 4 Risultati 4.1 Profilo demografico L esame antropologico ha evidenziato un numero minimo di 38 individui contenuti in 34 urne. Quasi tutti i cinerari sono deposizioni singole, tranne in cinque casi (T.180, T.184, T.190, T.193, T.196) in cui un individuo adulto era deposto insieme ad un bambino (la tomba 190 è l unica che ha restituito tre individui, di cui due adulti, uno di sesso femminile, l altro di sesso maschile e un bambino). Nella tabella 1 è riportata la suddivisione del campione per sesso e per classi di età; la diagnosi di sesso è stata effettuata sia su base archeologica che antropologica. Sono stati individuati 16 maschi e 18 femmine, mentre per 4 soggetti non abbiamo dati certi per il sesso, in quanto si tratta di soggetti infantili che non hanno ancora sviluppato caratteristiche scheletriche dimorfiche. Il rapporto tra i due sessi è leggermente è bilanciato e simile a quello delle popolazioni attuali (Hernandez, 2006). E possibile osservare inoltre che la fascia di età in cui si ha la mortalità più elevata è quella adulta (30-39 anni), seguita dalla fascia giovanile (20-29 anni). La mortalità infantile, risulta piuttosto elevata, in quanto il 16,2% degli individui è morto prima dei 13 anni: il 6,7% risulta deceduto prima dei 6 anni, il 6,7% tra 7 e 12 anni. Tra gli adolescenti (tra i 13 e i 19 anni) il 13,3% è rappresentato dalle femmine e il 6,7% dai maschi: complessivamente il 27% del campione è deceduto prima di raggiungere l età adulta. La figura 7.1 riporta la distribuzione dell età di morte tra i vari individui a sessi separati. La mortalità femminile è più elevata nella fascia tra i e tra i anni, mentre nei maschi la mortalità più alta è nella fascia tra i anni. La maggior parte degli uomini raggiungeva età più avanzate rispetto alle donne, che probabilmente morivano a causa di complicanze legate alla gravidanza e al parto. L assenza di soggetti di età superiore ai 40 anni può essere dovuta alla difficoltà di applicare i metodi per la diagnosi d età sulle ossa combuste. Interessante notare che la maggior parte dei soggetti che non hanno ancora raggiunto l età adulta sono di sesso femminile (solo per quattro individui non è stato possibile determinare il sesso) con quella desunta dai corredi. E stato 52

53 possibile effettuare il confronto per 19 soggetti e la diagnosi antropologica è risultata corretta in 18 casi. Considerando il fatto che si tratta di resti cremati, il 94,7% di diagnosi corrette non solo conferma l affidabilità delle metodologie applicate, ma indica un forte dimorfismo sessuale all interno della popolazione, soprattutto nelle dimensioni e nella robustezza delle ossa, principali indicatori di sesso utilizzati per la diagnosi. In 3 casi (bambini) non è stato possibile rilevare il sesso antropologico mentre è stato determinato in base ai corredi. Su 12 soggetti i dati archeologici non ci hanno suggerito il sesso, tuttavia è stato possibile rilevarlo in base all esame antropologico. Infine, su 4 casi di bambini non è stato possibile evincere il sesso né attraverso i dati archeologici né attraverso quelli antropologici. età maschi femmine indet. totali %(n=35) , , , , , , , ,0 adulti n.d totali % (n=38) 42,1 47,4 10,5 % (n=34) 47,1 52,9 giovani< 19 anni - 11:38= 28,9% bambini < 13 anni - 6:38= 15,8% Tabella 1. Suddivisione del campione per classe di età e per sesso 53

54 Distribuzione dei due sessi in intervalli d'età %M %F Figura 4.1. Confronto dei due sessi, suddivisi in classi di età 54

55 4.2 Analisi quantitativa Nella tabella 2 sono riportati i pesi medi di ciascun distretto anatomico, relativamente agli individui sia adulti sia subadulti contenuti nelle urne a deposizione singola (i cinerari a deposizione bisoma non sono stati considerati), assieme ai valori minimi, massimi e alla deviazione standard (DS). FEMMINE MASCHI INF 0-6 ADOL n. di individui CRANIO 180,8 218,1 49,3 147,8 ARTI SUPERIORI 169,7 190, ,6 ARTI INFERIORI 246,6 316,6 3,7 158 MANI PIEDI 66,1 74, TRONCO ,9 12,3 94,6 INDETERMINATI ,6 37,7 149 TOTALE 1061,1 1254, Peso minimo Peso massimo DS 332,5 421,6 123,2 191,8 Tabella 2. Peso medio di ciascun distretto anatomico, diviso per sesso. peso medio dei soggetti adulti di sesso maschile è di 1254,8g, quello degli individui adulti di sesso femminile è di 1061,1g, mentre per i bambini il peso medio risulta di 142g e infine per gli adolescenti di 721g. Nei soggetti adulti è stata osservata una elevata variabilità da un cinerario all altro, probabilmente a causa del fatto che non tutti i cinerari erano intatti e completi. Secondo studi, effettuati su cremazioni moderne, il peso totale dei resti ossei di un individuo adulto è in media 2288g per gli uomini e 1550g per le donne (Mays, 1998). Perciò il contenuto medio dei cinerari esaminati è inferiore alla media delle cremazioni moderne, ciò in parte è dovuto al fatto che quest ultime vengono effettuate in forni crematori dove è possibile raccogliere tutti i resti della combustione, inoltre, neo resti di interesse archeologico, parte dei resti vanno dispersi a causa di fattori post deposizionali e diagenetici. Nel grafico (fig. 4.2) sono rappresentate le frequenze di peso in percentuale rispetto al peso totale dei diversi distretti anatomici negli adulti e negli 55

56 adolescenti. Il grafico mostra una grande uniformità nei vari distretti scheletrici. Ciò significa che ogni distretto è rappresentato con la stessa percentuale, indipendentemente dal sesso o dall età, e che, quindi, non sono state fatte selezioni intenzionali o rituali nella raccolta dei resti dopo la cremazione. 35 Distribuzione percentuale del peso dei diversi distretti scheletrici %F %M %SUB 5 0 cranio arti sup arti inf mani piedi tronco Figura 4.2. Distribuzione percentuale dei diversi distretti scheletrici in maschi e femmine adulti e negli adolescenti (tra anni). L assenza di una selezione preferenziale, nella raccolta dei resti di una parte del corpo rispetto all altra si evidenzia ancora nei confronti delle frequenze di peso tra gli individui adulti di Via Marche e quelle calcolate su materiale anatomico moderno, riprese dalle tabelle pubblicate da Silvia et al (2009), che riportano il peso percentuale di ciascun osso rispetto al peso totale dello scheletro (fig. 4.3). In questo confronto è stato osservato che la rappresentazione relativa dei diversi distretti segue quella di uno scheletro normale, ad eccezione della categoria degli arti superiori e del tronco. Per quest ultimo, ciò può essere dovuto alla maggiore fragilità di questa parte del corpo rispetto alle altre; è noto comunque che anche tra gli inumati il cinto 56

57 scapolare e pelvico, le vertebre e le coste, sono generalmente le ossa che si conservano peggio Distribuzione percentuale del peso dei diversi distretti scheletrici cranio arti sup arti inf mani piedi tronco %F %M %SUB CEI Figura 4.3. Percentuali del peso di ciascun distretto scheletrico rispetto al peso totale nel campione adulto di via Marche, Confrontato con quello elaborato dal campione CEI (Portuguese identified Skeletal Collection, Silva et al. 2009). Nelle figure che seguono (fig. 4.4, 4.5, 4.6) è rappresentata la distribuzione in percentuale dei pesi dei diversi distretti, distinti in tre classi (maschi e femmine adulti e adolescenti), e suddivisi in due settori dell urna. Benché il microscavo stratigrafico del contenuto abbia previsto la suddivisione della parte contenente ossa in almeno tre strati, questi sono stati raggruppati in due nuclei di simile spessore: il primo rappresenta la porzione superiore del vaso, mentre il secondo quello inferiore, posta alla base del cinerario. Si può osservare, che i diversi distretti scheletrici dei soggetti adulti sono ugualmente rappresentati in entrambi i settori: questo suggerisce che non vi sia stata una selezione preferenziale nella sequenza di deposizione dei resti scheletrici all interno del cinerario, sia per gli uomini che per le donne. Negli adolescenti vi è una leggera differenza tra i due strati: in quello superiore gli arti sono maggiormente rappresentati rispetto alla porzione inferiore. Visto il ridotto campione degli adolescenti sul quale sono state calcolate le frequenze, è possibile che ciò sia da attribuire a fluttuazioni casuali piuttosto che a comportamenti rituali nella deposizione dei resti. 57

58 Distribuzione percentuale del peso dei diversi distretti scheletrici negli UOMINI ADULTI alto basso cranio arti sup arti inf mani piedi tronco Figura 4.4. Distribuzione percentuale del peso dei vari distretti suddivisi in due settori (parte alta e bassa dell'urna), nei maschi adulti Distribuzione percentuale del peso dei diversi distretti scheletrici nelle DONNE ADULTE alto basso 0 cranio arti sup arti inf mani piedi tronco Figura 4.5. Distribuzione percentuale del peso dei vari distretti scheletrici suddivisi in due parti (zona alta e bassa dell'urna), nei soggetti adulti femminili. 58

59 Distribuzione percentuale del peso dei diversi distretti scheletrici negli ADOLESCENTI alto basso 0 cranio arti sup arti inf mani piedi tronco Figura 4.6. Distribuzione percentuale del peso dei diversi distretti anatomici, suddivisi in due settori (parte alta e bassa dell'urna), negli adolescenti. Distribuzione percentuale del peso dei resti cremati (tot: 29,1 kg) SUB 11% F 33% M 56% Figura 4.7. Peso totale dei resti cremati divisi per i tre gruppi (maschi/femmine adulti e subadulti). 59

60 4.3. Temperatura di combustione e grado di frammentazione La tipologia di deformazione e frammentazione dei resti ossei combusti indica che i corpi dei defunti erano sottoposti alla cremazione subito dopo la morte o almeno quando ancora conservavano tessuti molli e masse muscolari. I resti presentano infatti uno o più dei tipici effetti S, U, LD (Reverte Coma, 1996). L effetto S ( sandwich ) si ha quando la diploe, protetta dai tavolati esterno ed interno, subisce un azione ridotta del calore e presenta, di conseguenza, una colorazione diversa. L effetto U (fig. 4.8) si manifesta con fratture trasversali di forma ellittica, localizzate sulle ossa lunghe, note anche con il nome di fratture concoidi. Il cosiddetto effetto LD (fig. 4.9) consiste in un insieme di piccole fratture poligonali, una sorta di fitto mosaico, che interessa in particolar modo le radici dentarie ed il tavolato cranico. La presenza di questa varietà di fratture e di deformazioni, nonché la riduzione in volume, suggeriscono che l osso al momento della combustione era ancora ricoperto dai tessuti molli (Reverte Coma, 1996). Il livello di frammentazione dei resti scheletrici è, in genere, piuttosto alto; infatti il 45% dei resti presenta un forte livello di frantumazione ed il 50% un livello medio, mentre solo il 5% è caratterizzato da un basso grado di frantumazione. Per quanto riguarda il rapporto tra il colore dei frammenti e la temperatura di combustione, il campione mostra una colorazione piuttosto omogenea, con tonalità dal marrone e marrone chiaro ( C), al bianco gesso con sfumature grigio-bluastro chiaro e grigio chiaro ( C). Quindi, la temperatura media di combustione per ciascun cinerario è quasi sempre compresa tra C. Alcuni distretti scheletrici sono stati sottoposti maggiormente all azione del fuoco, consentendo in tal modo di formulare ipotesi sulla disposizione del cadavere. Ad esempio in alcuni casi il settore degli arti inferiori e quello mani/piedi risulta di un colore bianco calce con macchie grigie bluastre; da questa tonalità si può ragionevolmente ipotizzare che la sorgente di calore fosse disposta a di sotto del corpo che giaceva supino sulla pira con le estremità inferiori lontane da questa e quindi meno interessate dall azione del fuoco. I cromatismi osservati sui reperti ossei indicano che, nella maggior parte dei casi, durante la cremazione del cadavere è stata raggiunta una temperatura di 60

61 combustione di circa C, con variazioni non particolarmente significative nei diversi distretti scheletrici. Figura 4.8. L'effetto "U", fratture trasversali localizzate sulle ossa lunghe, note anche con il nome di fratture concoidi. Figura 4.9. L'effetto "LD", piccole fratture di forma poligonali. 61

62 4.4 Alterazioni scheletriche di tipo funzionale e patologico E stato possibile osservare alcune impronte lasciate dalle inserzioni muscolari e valutarne il grado di espressione. Nella tabella 3 sono riportati i gradi di sviluppo delle inserzioni muscolari negli adulti di entrambi i sessi; i risultati indicano che gli uomini avevano una muscolatura più sviluppata rispetto alle donne, probabilmente in relazione ad una attività fisica o lavorativa più dura e faticosa. F %F M %M deboli 6 46,2 4 28,6 medie 7 53,8 9 64,3 forti 0 0,0 1 7,1 tot Tabella 3. Distribuzione del grado di sviluppo delle inserzioni muscolari negli adulti di entrambi i sessi Malgrado l elevata frammentarietà è stato possibile rilevare alcune alterazioni scheletriche riconducibili ad episodi di stress nutrizionale o a malattie. Nella tabella 4 sono riportate le principali patologie ossee osservate. Solo in 4 individui adulti (2 femmine e 2 maschi) sono state osservate patologie dentoalveolari, quali carie e perdite dentarie in vita. Questa scarsa presenza è legata al fatto che l azione del fuoco sui denti è distruttiva; infatti, a causa della differenza di densità tra smalto e dentina, le corone dei denti esplodono anche a temperature non particolarmente elevate. Così le patologie dentoalveolari osservabili rimangono principalmente quelle che colpiscono le radici o il colletto del dente e, in alcuni casi, gli alveoli. L iperostosi porotica si presenta come porosità diffusa sulla teca cranica e sul tetto dell orbita; solo nel primo caso è stato possibile rilevarla in modo sistematico, valutando, cioè, sia la presenza che l assenza (allo scopo di effettuare delle frequenze), poiché l osso della volta cranica si conserva meglio delle orbite. E stato rilevato che l iperostosi porotica, in forma di cribra crani,i colpisce il 75% degli individui 62

63 osservati, quasi sempre in forma lieve, con frequenze leggermente più alte negli uomini (83,3%) rispetto alle donne (75%). I cribra orbitalia sono stati rilevati solo in un individuo di sesso femminile di età tra i 17 e i 20 anni. Questa alterazione può essere considerata un indicatore di stress aspecifico legato ad anemie di diverso genere spesso in relazione con un discreto carico patogeno ambientale (Hengen 1971, Walker et al. 2009). Nove soggetti (6 maschi e tre femmine) mostrano tracce di periostite (infiammazione del periostio) localizzata sulle diafisi delle ossa lunghe degli arti inferiori, probabilmente correlata a microtraumi. E attestato solo un caso di osteomielite in un ragazzo tra gli 11 e i 14 anni d età. Segni di artrosi sono stati osservati in vari individui soprattutto di sesso maschile, prevalentemente a livello vertebrale e probabilmente riconducibili a stress meccanico legato ad attività fisica, mentre indicazioni dirette di stress funzionale e traumatico, come microfratture, sono state riscontrate solo in un uomo adulto. In quattro soggetti sono state rilevate alcune varianti anatomiche di origine genetica, quali ossicini cranici suturali accessori. Tra i resti di quattro individui adulti (un maschio e tre femmine) sono state rinvenute concrezioni calcaree identificate come linfonodi calcifici. La calcificazione dei linfonodi può rappresentare una risposta ad un infiammazione di tipo tubercolare. Infine, è emerso un caso di gotta, su un individuo di sesso maschile di età avanzata tra i 40 e i 49 anni (T.197). 4.5 Confronti con altre necropoli a cremazione La possibilità di effettuare confronti con altre serie scheletriche della stessa epoca è fortemente limitata dalla scarsità di studi antropologici sui resti dei cremati, soprattutto per quanto concerne le necropoli villanoviane dell Etruria propria. In questa sede considereremo alcune necropoli provenienti da varie zone e, ascrivibili a diversi orizzonti cronologici, per le quali possediamo dati sufficientemente dettagliati: la necropoli di Ameglia (IV-III secolo a.c.) (Minozzi, 2005), l area cimiteriale del Pozzillo (XIV-XII secolo a.c.) (Minozzi, 2005) e, il sepolcreto di Morano sul Po (XI-X secolo a.c.) (Bedini, 2006). Nella figura 4.8 sono riportate le percentuali delle frequenze relative alle tre fasce di età (bambini, adolescenti e adulti), afferenti ai diversi sepolcreti. Nella necropoli di Via Marche rispetto agli altri siti sono ben 63

64 rappresentati i subadulti, in particolare gli adolescenti (27%), a seguire la necropoli di Pozzillo 22,6%, Ameglia 4% e infine Morano sul Po che risulta del tutto composta da individui adulti (83%) Marche Ameglia Pozzillo Morano Bambini Adolescenti Adulti Figura 4.8. Distribuzioni per classi di età in via Marche, a confronto con le necropoli di Pozzillo, Morano e Ameglia. Nella maggior parte dei casi, i neonati e i bambini tra i 2 e i 3 anni sono sottostimati rispetto alle aspettative. La scarsità di resti ossei dei bambini può essere legata o alla poca resistenza del materiale osseo all azione del fuoco del rogo o al fatto che, in certe popolazioni di diverse epoche, i bambini venivano seppelliti in aree distinte rispetto agli adulti (Wahl, 2008). 64

65 Pesi medi in grammi F M TOTALE V.Marche 1061,1 1254,8 1175,54 Ameglia 749, Pozzillo Morano Campi di Urne Hallstat LaTene Età Imperiale Cremazioni moderne Tabella 4. Peso medio in grammi dei soli individui adulti suddivisi per sesso (di diverse necropoli). Nella tabella 4 sono rappresentati i pesi medi, relativi ai soli individui adulti di entrambi i sessi, a confronto con le necropoli di Ameglia, Pozzillo, Morano sul Po, le culture dei Campi D Urne e di Hallstatt, nonché esempi di cremazione di età imperiale e di età moderna. I siti che maggiormente si avvicinano ai valori delle cremazioni moderne sono quelli di Via Marche (F. 1061,1, M. 1254) e di Morano sul Po (F. 822, M. 1399). Per tutte le altre necropoli, e in particolar modo per quella di Pozzillo, a causa della scarsità dei resti ossei, si è ipotizzato che la raccolta del materiale scheletrico non fosse completa ma parziale (Minozzi, 2005). Nella distribuzione dei pesi dei vari distretti anatomici a confronto con le diverse necropoli (fig.4.9) è stato osservato che il sito di Via Marche è quello che si avvicina di più al modello di CEI (indici calcolati su materiale scheletrico moderno), seguito dai siti di Ameglia e di Morano sul Po. Ciò suggerisce e conferma che in entrambe le necropoli di Via Marche e di Ameglia veniva effettuata ritualmente una raccolta completa dei resti scheletrici. 65

66 40,0 35,0 30,0 25,0 20,0 15,0 10,0 CEI V.Marche Ameglia Morano 5,0 0,0 CRANIO ARTI SUP ARTI INF MANI PIEDI TRONCO Figura 4.9. Distribuzione dei pesi di diversi distretti anatomici a confronto nelle necropoli di via Marche, Ameglia, Morano sul Po e CEI. 66

67 Capitolo 5 Inquadramento Storico 5.1. La cultura villanoviana Il termine Villanoviano deriva dalla scoperta casuale, avvenuta nel 1853 da parte di Giovanni Gozzadini nella tenuta di Villanova presso Bologna, di una serie di tombe ad incinerazione (Bartoloni, 2002). Si trattava della prima necropoli ascrivibile ai primi dell età del Ferro dell Italia settentrionale, connotata dalla deposizione di resti ossei in vasi di ceramica lavorata a mano e cotta a temperatura non troppo elevata, definiti biconici a causa della loro forma a due tronchi di cono sovrapposti, e per lo più coperti da ciotole, anch esse d impasto nero, che fungono da coperchio. All interno dei vasi erano deposti alcuni oggetti ornamentali legati al corredo funerario. Il termine villanoviano fu esteso alle altre analoghe manifestazioni funerarie riscontrate a Bologna, Tarquinia, Bisenzio e in altri siti dell Etruria tirrenica ed è un espressione tipica della civiltà materiale dell area che sarà storicamente etrusca; tale termine è inoltre variamente utilizzato con significato etnico, cronologico e legato al rito funerario. La civiltà villanoviana compare all inizio del I millennio a.c., e rappresenta un evento culturale di grande importanza per la stessa Etruria protostorica e per le altre culture dell Italia preromana (cultura laziale, paleoveneta, picena ecc.). Il passaggio dal protovillanoviano al villanoviano (X-IX secolo a.c.,) avvenne nelle zone minerarie della Toscana, in rapporto con lo sfruttamento delle Colline Metallifere, nei centri di Populonia e Vetulonia dove il fenomeno di occupazione appare particolarmente precoce rispetto al resto dell Etruria meridionale, con addensamenti di abitati e necropoli già nel X secolo a.c. (Bartoloni, 2002) Gli aspetti peculiari della cultura villanoviana in ambito funerario sono il rito dell incinerazione e l uso di vasi biconici come ossuari, generalmente ornati da motivi geometrici incisi e ricoperti da ciotole monoansate, talvolta da elmi di ceramica (Bartoloni 2002). Tali caratteri distinguono il villanoviano dalle altre 67

68 realtà culturali della fine dell età del Bronzo e dell inizio dell età del Ferro dell Italia antica. Nell Italia settentrionale, dove prevale il rito dell incinerazione e sono evidenti contatti con le culture del Ferro dell Europa centrale e della Slovenia, si distinguono a Ovest la civiltà di Golasecca, manifestatasi a meridione del Lago Maggiore, e a Est la civiltà Paleoveneta o Atestina, da Ateste, nome latino di Este. Per quanto concerne il rito dell inumazione sembra invece svilupparsi nell ambito della cultura medio-adriatica, localizzata nelle odierne Marche e Abruzzo. Altri orizzonti culturali degni di nota sono la cultura Japigia, espressione della Puglia protostorica, e la cultura delle tombe a fossa, che interessa tutta l Italia sud-occidentale dalla Campania alla Calabria. Queste culture regionali corrisponderanno, in modo più o meno preciso, ad aree linguistiche differenziate (Bartoloni, 2002). Per ciò che riguarda l estensione della cultura Villanoviana, è da notare che non si limita esclusivamente al territorio dell Etruria propria, ma si distinguono un villanoviano emiliano nel Nord, che comprende la regione a Sud della Pianura Padana, e un villanoviano romagnolo con testimonianze soprattutto nel riminese. Si sviluppa inoltre un villanoviano salernitano, documentato lungo la costa tirrenica, che dal fiume Picentino prosegue fino al promontorio di Agropoli, con le necropoli di Pontecagnano, Arenosola e Capodifiume. Nella zona di Capua e nel Casertano la situazione risulta più complessa, tanto che non si può parlare di una cultura Villanoviana in senso proprio, poiché le affinità culturali tra quest area e l Etruria consistono essenzialmente nell uso del rito dell incinerazione che caratterizza le deposizioni più antiche (IX secolo a.c.), mentre gli elementi tipici della cultura villanoviana sono assenti. Infatti l ossuario non è un biconico, ma un olla ovoide ricoperta da una grossa ciotola priva di anse. Da un punto di vista cronologico si distinguono due periodi storici (Bartoloni 2002): il primo, definito Villanoviano Tipico (IX secolo, a.c.) connotato dall uso incineratorio con l ossuario costituito dal vaso biconico o da un modellino di capanna, è un momento di grande assestamento del territorio e di probabile intenso sfruttamento agricolo. I centri, rispetto al periodo precedente, dislocati a macchia di leopardo in posizioni strategiche e si distribuiscono in dense aggregazioni caratterizzate da una maggiore concentrazione di 68

69 insediamenti. Di particolare interesse la serie di villaggi ubicati per lo più su altopiani difficilmente accessibili, con fine puramente difensivo, e l emergere di insediamenti su ampi pianori dove la popolazione si raggruppa in villaggi ravvicinati. Questi ampi pianori appaiono scelti, oltre che per l estensione e l accessibilità, anche per la possibilità di risorse esistenti nelle loro vicinanze e per la loro localizzazione in prossimità di approdi costieri (Vulci, Tarquinia, Cerveteri, Vetulonia), fluviali (Chiusi, Orvieto e Veio) o lacustri (Bisenzio), (Guidi e Piperno, 2003). Verso la fine del villanoviano tipico, periodo in cui al rito crematorio si viene affiancando in alcuni centri quello inumatorio, si sviluppa l interesse per le attività marinare, testimoniate dai frequenti contatti con le altre popolazioni del mar Tirreno,. Nel secondo periodo (Fine IX, inizio VIII secolo a.c.,), chiamato Villanoviano Evoluto, prende il sopravvento l uso del rito dell inumazione; insieme all introduzione della tomba a fossa, cominciano le prime importazioni di prodotti di lusso, e si ha un sviluppo delle attività marinare, testimoniate dai più frequenti contatti con altre popolazioni del mar Tirreno e da una progressiva crescente apertura al mondo greco. Tra la fine dell VIII secolo e i primi del VII secolo a.c., emerge la cultura cosiddetta Orientalizzante, dalla matrice prettamente greca, scaturita dall assiduo contatto con il mondo orientale. Questo appare come un periodo caratterizzato da grandi cambiamenti, quali l influsso dell arte del Vicino Oriente, l intenso movimento commerciale e coloniale dal bacino orientale a quello occidentale, la circolazione di oggetti di lusso da varie regioni Vicino-Orientali e greche e sviluppo dell oreficeria; nell architettura funeraria si afferma la tomba a camera; inoltre verso il VII secolo a.c., nasce la grande arte (Camporeale, 2000) L origine del rito incineratorio La cremazione è un rito di antichissima tradizione, introdotto e diffuso in tutta Europa dalla cultura dei campi d Urne, la quale si è sviluppata nell Europa centrale nella tarda età del Bronzo. Questa manifestazione culturale seguì la cultura dei tumuli (media età del Bronzo) e precedette la cultura di Hallstatt (età del Ferro). La caratteristica principale dalla quale la cultura 69

70 prese il nome, è l usanza del rito incineratorio, che sostituì il precedente rito inumatorio. Il rito dell'incinerazione si diffuse abbastanza rapidamente a partire dai massicci prealpini orientali o dai Balcani, ma non sempre sostituì immediatamente il precedente rito dell'inumazione: in alcune zone della Germania si ebbero contemporaneamente sepolture dei due tipi e i corredi funebri mostrano una mescolanza di materiali della "cultura dei tumuli" e della "cultura dei campi d Urne". La diffusione inoltre, interessò anche alcune zone dell Europa centrale, dall Ungheria occidentale alla Francia orientale e dalle Alpi alle coste del Mare del Nord (Bartoloni, 2003). In Italia le più significative testimonianze di questa cultura provengono dai complessi protovillanoviani, diffusi in tutta la penisola e in Sicilia alla fine dell età del Bronzo (XII-X secolo a.c.). Presso queste comunità era affermato l uso della cremazione, come dimostrano i rinvenimenti effettuati in numerose necropoli: ad esempio a Bismantova (Reggio Emilia), a Tolfa e Allumiere (Roma), a Timmari (Matera), a Milazzo (Messina). Con la fine del X e l inizio del IX secolo a.c. si assiste al passaggio dalla fase protovillanoviana alla fase villanoviana, un orizzonte cronologico in cui il rito esclusivo della maggior parte delle necropoli villanoviane rimane quello incineratorio. Tuttavia, sono documentati casi di deposizione ad inumazione in fossa, nel sito di Pontecagnano e nel cuore dell Etruria, come a Cerveteri, dove quindi i due riti coesistono. I Siti villanoviani distribuiti nell Etruria che hanno restituito preziosi ed esaustivi dati sono: Pisa (necropoli di via Marche), Livorno (necropoli di Parrana di S.Martino), Sesto Fiorentino, Volterra, Populonia, Vetulonia, Chiusi, Bisenzio, Ceveteri, Tarquinia (le necropoli di Poggio Salciatello e Poggio dell Impiccato, Le Rose), Vulci, e Veio (i sepolcreti di Valle la Fata, Quattro Fontanili, Grotta Gramiccia), (Bartoloni, 2003). Nella maggior parte dei casi le tombe erano situate all interno dell area cimiteriale sulla cima di colline limitrofe alle aree abitative e apparivano sviluppate in senso radiale. Non mancano esempi di necropoli collocate in pianura o a fondo valle, come quella di Valle La Fata, nella zona di Veio, che risultava estesa lungo un corso d acqua, o come il sepolcreto Le Rose nell area tarquinese, che si sviluppava sulle pendici sud-orientali dell alto pianoro dei Monterozzi. Le strutture tombali erano in genere a pozzetto, di forma cilindrica più o meno regolare. In 70

71 Etruria settentrionale e in Emilia Romagna il pozzetto poteva essere anche rivestito di ciottoli o da pietre, queste ultime disposte in modo da costituire una cista litica (Bietti Sestieri., 2010). Figura 5.1 Esempio di tomba con custodia in tufo. Nell Etruria meridionale a scopo di protezione dell ossuario era presente una custodia in tufo o in nenfro (fig. 5.1) (Bartoloni, 2003). L ossuario tipico era rappresentato da un vaso biconico d impasto, di forma più allungata rispetto a quello protovillanoviano, caratterizzato da una o due anse orizzontali impostate sul punto di massima espansione (fig.5.2). Nel caso di vasi biansati una delle due anse generalmente veniva spezzata ritualmente. I vasi monoansati sembravano eseguiti espressamente per la cerimonia funebre, mentre gli altri venivano adattati allo scopo funerario, eliminando una delle due anse. Erano inoltre connotati da una ricca decorazione incisa, ottenuta con uno strumento a pettine a più punte, che si sviluppava sul corpo e sul collo del vaso, articolandosi in più fasce più o meno distanziate. In genere a Bologna e nell Etruria settentrionale le decorazione è limitata ad una fascia sotto alla base e alla sommità del collo e ad una più alta sulla spalla (Bartoloni, 2003). Si distinguono così due sistemi decorativi: uno caratterizzato da motivi continui per lo più a meandro o ad angoli apicati, disposti liberamente sulla superficie del vaso senza cornici di sorta, ed uno caratterizzato da grandi riquadri dalle incorniciature complesse, includenti motivi a meandri angolari. Il coperchio dei vasi-funerari era quasi sempre costituito da una ciotola anch essa caratterizzata da un ansa. La tipica ciotola-coperchio villanoviana si presentava come una 71

72 vasca troncoconica e labbro rientrante, con anse ad anello o a pseudotortiglione, poste fra due piccole apofisi. Figura 5.2. Esempio di tipico ossuaro-biconico villanoviano. Altri tipi di coperchio erano costituiti da scodelle troncoconiche con labbro piatto, mentre è di grande rilevanza l uso di elmi di terracotta pileati e crestati (già attestati a Veio e a Tarquinia), probabilmente riproduzioni in terracotta di esemplari di metallo (fig.5.3). Il significato attribuito a questi ultimi coperchi era quella di conferire caratteri antropomorfi al vaso cinerario, che assumerà alla fine dell VIII e all inizio del VII secolo a.c. caratteri sempre più evidenti, fino ad arrivare ai coperchi a globo e ai cosiddetti canopi di Vulci e Chiusi. 72

73 Figura 5.3. Esempi di coperchi a ciotola, a forma di elmo apicato e crestato. Degni di un certo interesse sono i modellini di capanne, il cui uso, già attestato nel momento finale dell età del Bronzo (Monti della Tolfa), appariva strettamente connesso dal punto di vista cronologico al periodo d uso dell incinerazione. Erano caratterizzate da piante di varie forme, con pareti e tetto decorati con le stesse tecniche e motivi ornamentali riscontrati nei vasi; inoltre un ornato plastico sul tetto era costituito dall incrocio dei pali sul trave di colmo, con un caratteristico motivo falcato o cornuto, imitante decorazioni reali di probabile significato apotropaico (fig.5.4). Questo tipo di urne era attestato soprattutto nell Etruria costiera (Vetulonia, Vulci, Tarquinia, Populonia) e meridionale interna (Bisenzio e nel territorio veiente) (Bartoloni, 1987). Tuttora sfuggono i motivi del perché venissero utilizzate urne funerarie di varia forma; forse attraverso la riproduzione miniaturizzata della casa del morto si voleva compensare la distruzione del corpo, ottenuta attraverso la cremazione, con un processo analogo a quello dell antropomorfizzazione dell ossuario biconico (Bartoloni, 1987). 73

74 Figura 5.4. Esempio di urna capanna. Il corredo funerario era connotato da oggetti che offrono informazioni sul sesso, sul rango dell individuo, sulle tipologie decorative degli oggetti ornamentali (come le armille, fibule, orecchini, anelli, fermatrecce), sulla morfologia di oggetti personali (rasoi, fuseruole) o legati alla sfera bellica (pugnali, spade). In particolare, il corredo maschile era caratterizzato dalla presenza di rasoi del tipo quadrangolare bitagliente e del tipo semilunato a dorso interrotto (fig. 5.5), e da fibule ad arco serpeggiante. Eccezionale inoltre la documentazione di una sorta di bastone di comando o scettro ; questo oggetto, che sicuramente qualificava il prestigio o la funzione del defunto, è caratterizzato da una verga di bronzo rettangolare delimitata alle estremità appuntite da elementi circolari o piramidali, d osso o d ambra (Bartoloni, 2003). Le tombe femminili si distinguevano generalmente per la presenza di spirali da capelli di filo di bronzo, di fibule del tipo ad arco semplice, ad arco leggermente ingrossato, ad arco elicoidale, o ritorto a fune, con staffa simmetrica o a disco spiraliforme, e di fuseruole, piccoli oggetti fittili troncoconici legati all attività della filatura/tessitura. Nei casi in cui gli esami antropologici non sono effettuati l unica distinzione sicura tra i due sessi è data dalla presenza di armi e rasoi per gli uomini e di strumenti legati alla filatura e alla tessitura per le donne (Bartoloni, 2003). 74

75 Figura 5.5. Rasoio semilunato. Successivamente verso le fasi finali del villanoviano si avvertono grandi cambiamenti, soprattutto nelle zone dell Etruria costiera e tiberina. Accanto all incinerazione appare l inumazione, per lo più in fosse terragne ed, eccezionalmente a Populonia, in tombe a camera; i corredi si arricchiscono di elementi accessori, di segni indicanti le varie comunità etrusche e altre comunità di diversa cultura (Bartoloni, 2003). Questo arricchimento potrebbe essere attribuito a un desiderio di esibizione di ricchezze e ad una più complessa cerimonia funebre; frequenti erano le brocchette e ciotole d impasto, sempre realizzate a mano, e talvolta appariva il coltello in ferro sia in deposizioni femminili che maschili. E certo che ovunque, nell Italia antica, il rito dell inumazione era accompagnato da un maggior numero di oggetti, anche più articolati, rispetto a quanto si riscontra nelle tombe ad incinerazione (armi, vasellame metallico, morsi di cavallo, tripodi, coppie d cavallini miniaturistici, tavolini bronzei in miniatura), (Bartoloni, 2003). Queste fosse si presentavano generalmente coperte da gruppi di pietre o tufi o, come a Veio, da grandi blocchi di tufo, accuratamente scolpiti e a volte crestati o displuviati. Le tombe a camera di Populonia (fig. 5.6) erano connotate da una camera a pianta ellissoidale, rettangolare o circolare, con copertura a pseudocupola, il cui 75

76 modello probabilmente deriva da origini sarde. Rispetto ad altre comunità villanoviane Populonia presentava un carattere decisamente eterogeneo; la scelta dell uno o dell altro rito, di una o di altre strutture tombali, non sembra legata ad un determinato status, bensì a scelte puramente personali di origine familiare. Oltre ad un cospicuo arricchimento del corredo funerario, si assiste in questo periodo ad un aumento delle urne a capanna rinvenute in Etruria, ossuario sicuramente di un certo prestigio e generalmente associato a corredi emergenti. Questi cambiamenti nell ideologia funeraria indicano un processo di trasformazione in atto, nonchè un forte incremento demografico dei singoli villaggi (Fugazzola Delpino, 1984). Con l Orientalizzante (fine VIII-VII secolo a.c.) si afferma il rito inumatorio e si sviluppa la tomba a camera, riflesso dell immagine aristocratica, che spesso ha la forma di un tumulo monumentale, a pianta rettangolare o ellissoidale, talvolta con pareti rivestite di lastre calcaree, piano lastricato e copertura a pseudocupola. Questa nuova tipologia tombale veniva utilizzata per più defunti, contenendo in genere le deposizioni di una coppia maritale e dei figli giovani, cioè un nucleo familiare piuttosto ristretto. Nelle fasi finali del VII secolo a.c., questa nuova architettura tombale ebbe la sua massima espressione, raggiungendo dimensioni maggiori rispetto alle tombe a camere precedenti. Il tumulo rappresenta il segno più evidente di possesso della terra e costituisce quindi la manifestazione più concreta del potere dell aristocrazia. L emergere della monumentalità dei tumuli è sicuramente un invenzione etrusca, ma ispirata a conoscenze orientali (Camporeale, 2000). 76

77 Figura 5.6. Populonia: tomba a camera a pianta circolare. 77

78 Capitolo 6 Pisa nella prima età del Ferro Il territorio di Pisa si estende nella parte terminale della valle dell Arno, orientata verso il mare, delimitata nel settore meridionale dal promontorio di Livorno, ad oriente dalla catena del Monte Pisano e a Nord dal Lago di Massaciuccoli, resti di una laguna costiera in origine assai più estesa. In quest area si sviluppava il confine nord occidentale dell Etruria e il centro di Pisa, la cui storia antica ha comportato una ricostruzione assai difficoltosa. Fin dall antichità le origini di Pisa erano alquanto dubbie, e le fonti letterarie la immaginavano città di fondazione greca, etrusca o ligure. Tuttavia l insediamento pisano ha restituito nelle varie campagne di scavo (effettuate a più riprese in diversi anni) preziosi materiali che sembrano indicare un etruscità del centro, ascrivibile al IX secolo a.c., se non addirittura alle ultime fasi del Bronzo finale, confermando l appartenenza del sito all orizzonte etrusco fin dalle sue origini (Bruni, 1998). Durante i primi anni Ottanta fu indagata l area Scheibler ubicata tra il fianco occidentale delle mura medievali e l attuale tracciato della via Aurelia, la quale restituì i resti di un abitato arcaico (VII-VI secolo a.c.), e interessanti frammenti ceramici caratterizzati dalla tipica decorazione incisa afferente al repertorio villanoviano, nonché relativi ad un abitato. Più a nord dell area Scheibler, tra le vie delle Cascine, Pietrasantina e Bragazzi, emerse un esteso sepolcreto, i cui reperti riferibili a tutta l età del Ferro, attestano l esistenza di forme insediative fin dal IX secolo (Bruni, 1998). Le sepolture che furono rilevate si distribuivano in un area particolarmente vasta, articolata topograficamente in diversi nuclei sepolcrali, vicini fra loro. Interessante notare che le strutture tombali più antiche si concentravano nella zona del sottopasso di via Pietrasantina e nell estremo margine nord-orientale della stessa area Scheibler (fig. 6.1) (Bruni, 1998). Da ciò possiamo arguire la presenza di un insediamento etrusco nella fascia nord occidentale della città moderna. Dal distretto settentrionale di Pisa (nei pressi di Porta a Lucca), in via Buonarroti e in via di Gello provengono materiali che attestano la presenza di insediamenti addirittura ascrivibili alle fasi recente e finale dell età del Bronzo. In particolare furono recuperati elementi tipicamente 78

79 protovillanoviani, quali a decorazione a solcature, a solcature associate a coppelle, a costolature, associate inoltre, alle strutture abitative emerse in via di Gello (Bruni, 1997). Degno di nota è il recupero di reperti in Piazza Vittorio, che ci offre la testimonianza di una frequentazione, ascrivibile tra la fine del età Bronzo e i primi dell età del Ferro, anche nella parte a sud dell Arno, zona che diverrà nel VII secolo il cuore del centro pisano. Tra il 2005 e il 2006 inoltre, fu individuato fuori Porta a Lucca, in via Marche, un piccolo nucleo funerario riferibile ai primi dell età del Ferro e afferente probabilmente ad un area sepolcrale di maggiore estensione, di cui non conosciamo attualmente i limiti. I materiali che ne furono rilevati, insieme alle altre attestazioni archeologiche rafforzano la genuina etruscità di Pisa (Paribeni, 2010). Dalle varie tracce analizzate in questa sede si evince un quadro insediativo pisano alquanto disarticolato, una forma abitativa sparsa e rarefatta, dove i vari abitati con le relative necropoli componevano un paesaggio a isole, confrontabile con la laguna veneta. Uno scenario probabilmente legato ad una situazione morfologica particolare, caratterizzata da un contesto idrogeologico difficile, dove l Arno assieme all Auser, proveniente dal monte Pisano a nord della piana, componeva il più importante fiume di Pisa. L Auser, dopo aver creato una grande ansa nell area di Porta a Lucca, proseguiva col suo ramo meridionale e dopo aver oltrepassato la città si gettava con un scontro violento nell Arno. Erano due arterie che hanno determinato l origine e lo sviluppo del centro pisano, il quale sorse in una zona a monte del punto di confluenza dei due fiumi, dipingendo un paesaggio caratterizzato da aree depresse e impaludate d acqua e canali che univano la trama del distretto pisano (Bruni, 2003). 79

80 Figura 6.1. Pisa: Il settore dove sono state rilevate le varie strutture abitative e funerarie di età Protostorica. Al centro di Pisa si legano altri centri minori, alcuni ubicati lungo i cordoni costieri e altri di vocazione prettamente agricola, che si distribuivano nella parte orientale del distretto. I siti del primo gruppo (insediamenti della Fortezza Vecchia di Livorno: Stagno, Isola di Coltano, San Piero a Grado e Isola di Migliarino), sembrano costituire una sorta di sistema di approdi funzionale alla proiezione marittima del territorio, già attivo dalla fine dell età del Bronzo (Bruni, 1999). I siti del secondo gruppo, collocati tra la pianura e i rilievi collinari, svolgevano o il ruolo di sfruttamento agricolo-pastorale (sito di Fossa 5 della Bonifica di Bientina) o in quello di approvvigionamento del legname e di materie lapideo del Monte Pisano (sito di Romita di Asciano), (Bruni, 1999). Di un certo interesse è il sito di Fossa 5 della Bonifica di Bientina, accennato sopra, il quale, oltre ad restituire materiali confrontabili con quelli di via di Gello (centro di Pisa) e della zona delle Ripaie a Volterra, ha offerto dati sull organizzazione spaziale di un piccolo insediamento (fig. 6.2). Quest ultimo era caratterizzato dai resti di otto capanne di forma ellissoidale, 80

81 ubicate intorno ad un grande spazio centrale, e connotate da focolari protetti da piccoli circoli di pietre collocate all interno (Ciampoltrini, 2010). Figura 6.2. Buche di palo delle capanne di Fossa cinque (immagini di scavo). La presenza di prodotti esotici nel centro pisano, nonché nei grandi centri etruschi, giunti probabilmente per via marittima da qualcuno degli approdi che abbiamo citato poco fa, testimonia lo sviluppo dei contatti marittimi e l intensificarsi degli interessi minerari verso la seconda metà del IX secolo a.c. Ad esempio, l attestazione di un bottone nuragico di fattura sarda recuperato in via delle Cascine, è un indicatore che segnala i contatti e gli scambi instaurati in questo periodo da parte di genti interessati alle risorse metallifere (Cateni, 1984). Se consideriamo che il territorio pisano è completamente privo di proprie sorgenti minerarie, la presenza di questi reperti lascia qualche perplessità. Tuttavia, è probabile che la città di Pisa fosse stata il trampolino per accedere alle fonti del territorio apuo-versiliese, dove il settore delle Alpi Apuane era particolarmente ricco di minerali metalliferi, già sfruttati alla fine dell età del Bronzo (attestati dai ripostigli di Pariana, Colle alle 81

82 Banche/Valdicastello vicino Pietrasanta e nel territorio tra Campiglia e il Monte Amiata), (Cocchi Genick, 1985, Giardino, 2008). Il territorio versiliese fu un settore importante per l approvvigionamento di materie prime, che ben presto provocherà un certo interesse anche dal centro pisano. Si tratta di un area la cui accessibilità era facilitata da sud per mezzo della navigazione lungo la costa o attraverso arterie fluviali interne lungo il ramo settentrionale dell Auser che sfociava a Poggio al Marmo. Questo collegamento fu inoltre semplificato dalle propaggini meridionali del Lago di Massaciuccoli, un antico vastissimo lago costiero, il quale contribuì e favorì l espansione e la conquista da parte del sito di Pisa verso questo settore. Uno degli indicatori chiave che ci attesta questo fenomeno è l emporio di San Rocchino/Campo Casali, ubicato sulla riva settentrionale dello stesso Lago. Collocato in un punto strategico, vicino alla via di comunicazione con il mare aperto e in grado di offrire un approdo ben riparato, fu attivo verso la fine del VIII secolo a.c., (Maggiani, 2004). L area che va dalla Versilia alla foce del Magra fungeva da cerniera tra il territorio pisano e quello insediato dai liguri orientali, una popolazione che già prima del centro pisano conosceva e sfruttava le risorse minerarie versiliesi (eneolitico, fine Bronzo inizio Ferro). La necropoli di Chiavari è uno dei pochi siti liguri che attesta i collegamenti di queste genti con gli etruschi dell VIII- VII secolo a.c., contatti che si incrementarono durante il VII secolo. Degni di nota, la presenza nell area cimiteriale di alcuni rasoi lunati in bronzo tipo Sarteano, nonché di due pendagli con due protomi ornitomorfe (fig.6.3), diffusi principalmente nel mondo etrusco (Bologna, Verucchio, Bisenzio, Veio, Vulci), ascrivibili all VIII secolo (De Marinis, 2004). 82

83 Figura 6.3. Rasoio semilunato (tipo sarteano) e i due pendagli recuperati nella necropoli di Chiavari. Altro indicatore di un certo interesse è, la diffusione e forse fabbricazione a Chiavari di una fibula a navicella (purtroppo in cattivo stato di conservazione), che riprende gli esemplari di Volterra del VII secolo. Per quanto concerne materiale fittile di provenienza etrusca nel territorio ligure, furono rilevate diverse tipologie vascolari: anforetta munita di piccole prese a perforazione orizzontale alla base del collo e decorazione, e lunghi triangoli con rosetta stampigliata, confrontabile con gli esemplari di Volterra e Populonia, olla connotata da una decorazione geometrica dipinta che trova corrispondenza nel repertorio dell area etrusca-laziale (Poggio Buco, Veio, La Rustica, Tivoli, Osteria dell Osa); olle con decorazione a cordoni piegati ad arco a bugne o a cordoni verticali, provenienti dall area etrusca meridionale (Saturnia, Bisenzio, Vulci). Da sottolineare che la ceramica in bucchero attestata a Chiavari, e diffusa anche nei centri della costa dalla foce del fiume Magra al Golfo della Spezia, nonché verso l interno della Lunigiana, era di probabile provenienza pisana (De Marinis, 2004). Il sito di Chiavari, oltre al materiali di diversa provenienza, restituì dei cinerari (urne prive di ansa, con alto labbro 83

84 imbutiforme, corpo sferoidale e alto piede), (fig. 6.4) che ricordano gli esemplari riferibili al sepolcreto del Baccatoio ubicato allo sbocco sul mare della Valdicastello, afferente al VIII secolo a.c. Ciò riflette la distribuzione di insediamenti liguri nell area della foce del Seravezza-Versilia (De Marinis., 2004). Figura 6.4. Urna che ricorda gli esemplari della necropoli di Baccatoio. Dai dati emersi in questa sede si evince lo sviluppo nell VIII secolo di un fiorente circuito di contatti tra il mondo etrusco con il territorio ligure orientale. In particolare si assiste all attivarsi di una direttrice marittima che muove da sud verso il nord e coinvolge per la prima volta in modo significativo le coste della Toscana settentrionale e della Liguria (ciò è attestato anche dall apertura dello scalo di Campo Casali/S.Rocchino di cui abbiamo trattato poco fa), almeno fino a Chiavari. Quest ultimo assunse il ruolo di port of trade, un centro di traffici frequentato da genti provenienti da vari territori e in particolare dagli Etruschi di Pisa (De Marinis, 2004). Allo stato attuale delle conoscenze è possibile arguire che il centro di Pisa durante l VIII secolo a.c. era inserito inizialmente in quella costellazione di piccoli ma potenti nuclei insediativi sparsi su un vastissimo territorio, con la funzione di controllo sulle vie che conducevano verso la costa da un lato e 84

85 verso l Arno e la pianura dall altro. In questo orizzonte cronologico emerge una certa omogeneità negli elementi peculiari provenienti dalle varie realtà culturali, quali area volterrana, costa livornese, distretto della Valdera e valle dell Arno. Emersero infatti forti analogie nelle tipologie tombali, in particolare nei biconici recuperati da Pisa, e dagli abitati della Valdera e della valle del Serchio e dalle necropoli di Volterra e del suo territorio (Quercianella), connotati da un motivo decorativo a meandro. Anche altri tipi di decori diffusi in Etruria settentrionale (inclusa anche Vetulonia), come in Emilia, contribuiscono alla ricostruzione di un quadro alquanto omogeneo (Paribeni, 2010). Tuttavia, a differenza degli altri siti, Pisa acquisì le caratteristiche di un centro di rilevanza elevata tale da avviare un proprio sviluppo urbano e una forte espansione territoriale, dove la vocazione marittima ebbe un ruolo determinante. Infatti intorno al VII secolo si assiste al maturare di un controllo per la via del basso corso dell Arno fino allo sbocco alle porte di Livorno. Si trattava di un importante direttrice che univa il Tirreno all Etruria settentrionale interna (Bruni, 1998). 85

86 Conclusioni Questo studio si è proposto come primo obiettivo quello di riportare i dati antropologici finali del campione scheletrico combusto dei cinerari provenienti dalla necropoli villanoviana-orientalizzante (IX-VIII secolo a.c.) di via Marche di Pisa; si tratta di un nucleo funerario indagato dalla Soprintendenza tra il 2005 e il Il secondo obiettivo è stato di quello inserire il sepolcreto pisano, ovviamente con i dati attuali di scavo (poiché lo studio del materiale archeologico non è ancora concluso), nello scenario delle necropoli villanoviane ascrivibili ai centri dell Etruria propria. In questa ricerca è stato necessario avvalersi di tecniche di indagine afferenti a diverse discipline, spazianti dalla medicina all archeologia, all antropologia scheletrica, seguendo un approccio multidisciplinare. Inizialmente, attraverso l utilizzo della Tomografia Computerizzata (TC), eseguita prima dell apertura di ciascun cinerario, è stato possibile ottenere informazioni sullo stato di conservazione e sulla distribuzione del suo contenuto, individuando la posizione, le dimensioni e la tipologia di oggetti relativi al corredo funerario e guidando così la mano dell archeologo durante lo scavo. In seguito, tutti i vasi sono stati sottoposti al microscavo stratigrafico in laboratorio e alla preparazione per un successivo restauro. Ogni urna è stata accuratamente ripulita e, dove necessario, è stata eseguita la registrazione grafica dei frammenti ceramici (mappatura) e il consolidamento (velatura) sia del coperchio che del contenitore. Dopo la rimozione della ciotola è stato eseguito il microscavo seguendo una stratigrafia che comprendeva il rilevamento della quota di ogni strato e di ogni oggetto presente. Questa operazione ha permesso di ricavare importanti informazioni riguardanti il rito funerario e di verificare se la disposizione del materiale osseo seguiva o meno una deposizione preferenziale. Successivamente, completata la rimozione dei contenuto, e dopo un accurata pulizia, il materiale combusto di ciascuna urna è stato suddiviso per distretti anatomici (cranio, tronco, arti superiori, arti inferiori, manie piedi e frammenti non determinabili); inoltre è stato pesato, al fine di calcolare la rappresentatività di ciascuno distretto rispetto al peso totale. Ciò ha consentito di evidenziare un eventuale raccolta selettiva dei resti e di valutarne la dispersione. L esame stratigrafico della 86

87 diposizione dei resti, associato all analisi della distribuzione dei pesi, ha permesso di constatare una raccolta piuttosto accurata dei residui della cremazione. Le frequenze di peso degli individui adulti di via Marche, confrontate con quelle calcolate su materiale anatomico moderno, suggeriscono che la rappresentazione relativa ai diversi distretti segue quella di uno scheletro normale, in quanto tutti i distretti scheletrici sono equamente rappresentati. Non sono stati evidenziati, inoltre, particolari criteri di selezione (in base al sesso e all età di morte), né un particolare ordine di prelievo dei vari elementi anatomici. I risultati ottenuti per Via Marche sono stati messi a confronto con i dati provenienti dalla necropoli di Pozzillo (Bari, XIV-XII secolo a.c.), Morano sul Po (Alessandria, X-IX secolo a.c.), Ameglia (La Spezia, IV-III secolo a.c.) e da necropoli afferenti ad alcune culture Europee, come i Campi d Urne (fine Età del Bronzo) e Hallstatt (inizio Età del Ferro), e con serie di cremati del periodo imperiale romano (I-III secolo a.c). E stato così osservato che nei siti di Via Marche e di Morano sul Po, seguiti da Ameglia, il peso medio degli individui adulti si avvicina di più ai valori medi delle cremazioni moderne; questo dato conferma che veniva effettuata una raccolta completa del materiale scheletrico combusto. I resti scheletrici analizzati appartengono complessivamente a 38 individui. E stato osservato che su un campione di 34 cinerari la maggior parte conteneva una sola deposizione, eccetto quattro che risultavano bisome (ognuno conteneva un individuo adulto e un bambino, deposti contemporaneamente) e solo in un caso risultava forse trisoma (due adulti e un infante), Sono stati identificati 13 individui adulti di sesso maschile e 12 individui di sesso femminile, mentre 11 soggetti erano subadulti; di questi 6 erano di sesso femminile, uno di sesso maschile e 4 di sesso non determinabile. I subadulti, rappresentati soprattutto da bambini al di sotto dei 13 anni, costituiscono il 27% del campione e presentano una frequenza più elevata rispetto alle necropoli di confronto. Quasi tutti gli individui adulti, in particolare gli uomini, morivano tra i 30 e i 39 anni, mentre le donne perivano più giovani tra i 20 e i 29 anni, probabilmente a causa dei rischi legati alla gravidanza e al parto. La presenza piuttosto omogenea di soggetti di entrambi i sessi, e appartenenti a tutte le fasce di età, dimostra che il rituale funerario non prevedeva differenziazioni legate al sesso e all età. Un risultato di un certo interesse ascrivibile alla determinazione del sesso, è stato il confronto tra la 87

88 diagnosi antropologica e quella desunta dai corredi; infatti, su 19 individui per i quali è stato possibile il confronto (18 casi sono stati confermati dai dati archeologici), la diagnosi antropologica è risultata corretta in tutti i casi (94,7%). Una percentuale così elevata di attribuzioni corrette, anche in considerazione che si tratta di resti cremati, non solo conferma l affidabilità delle metodologie applicate, ma suggerisce un forte dimorfismo sessuale nella popolazione, soprattutto nelle dimensioni e nella robustezza, principali indicatori di sesso utilizzati per la diagnosi. Una discreta robustezza degli uomini emerge anche dall esame delle inserzioni muscolari, che risultano essere più forti rispetto alle donne. Per quanto concerne la presenza di eventuali patologie, sono state rilevate diverse alterazioni scheletriche riconducibili a malattie o a episodi di stress. Sia soggetti di sesso femminile che maschile, adulti e subadulti, presentavano segni di iperostosi porotica, un marcatore di quadri anemici, sotto forma di cribra cranii e cribra orbitalia. L iperostosi porotica localizzata sulla volta cranica era largamente diffusa in forma lieve ed interessava il 75% della popolazione di via Marche, suggerendo condizioni di salute non ottimali. In diversi individui sono state osservate tracce di periostite sulle ossa lunghe degli arti inferiori,un infiammazione aspecifica del periostio, prevalentemente riconducibile a piccoli eventi traumatici. Gli uomini erano affetti maggiormente rispetto alle donne da degenerazioni osteoartrosi localizzate prevalentemente sulla colonna vertebrale, probabilmente in seguito ad un grado di impegno fisico e lavorativo abbastanza elevato e/o all età. Un rinvenimento importante concerne numerose concrezioni calcaree sferoidali di piccole dimensioni, che sono state identificate come linfonodi calcifici, presenti in quattro individui adulti (tre soggetti di sesso femminile e uno maschile). La calcificazione dei linfonodi può rappresentare una risposta ad un infiammazione di tipo tubercolare, il che potrebbe suggerire la presenza di tubercolosi in questa popolazione. Infine, è attestato un solo caso di gotta su un soggetto di sesso maschile di età avanzata. Le alterazioni macroscopiche dei frammenti ossei hanno dimostrato che i corpi dei defunti erano sottoposti alla cremazione subito dopo la morte o, almeno, quando ancora conservavano tessuti molli e masse muscolari. Il colore dei reperti attesta che i roghi funebri, ben ossigenati ed alimentati fino al termine della cremazione, nella maggior parte dei casi raggiungevano, e talvolta 88

89 superavano, i 600 e 700 C di temperatura. Nelle necropoli di Via Marche, Morano sul Po e Pozzillo la temperatura media di combustione raggiungeva i 700 C; invece ad Ameglia è stata riscontrata una temperatura media di combustione leggermente più bassa, intorno ai C. I dati che sono emersi da questo modesto campione antropologico dipingono un quadro demografico particolarmente eterogeneo, rappresentato da soggetti di entrambi i sessi ascrivibili alle diverse classi di età. E stata rilevata inoltre l assenza di una distinzione sociale fra i vari soggetti di entrambi e sessi (il rito incineratorio è impiegato per tutte la classi senza prevalenza), una certa cura nella raccolta del materiale combusto, e uno stato di salute alquanto precario. Allo stato attuale della ricerca le strutture funerarie villanoviane portate in luce nel nucleo funerario di via Marche richiamano i tipici complessi tombali del repertorio villanoviano (tombe a pozzetto semplice foderato di pietre con ossuaro-biconico), riscontrati nella maggior parte delle necropoli coeve dell Etruria settentrionale costiera e interna, quali il sepolcreti di Parra San Martino, di Quercianella e di Villa Barone nel territorio livornese (vedi schede 1,2 e 3 dell Appendice), nonché nella necropoli delle Ripaie a Volterra (vedi scheda 4), nei nuclei sepolcrali di Podere Casone, Podere S.Cerbone, di Piano delle Granate e Poggio Granate a Populonia ( vedi scheda 5/6). Quest ultimo sito è connotato da altri sepolcreti caratterizzati da strutture tombali monumentali ad inumazione, che la distinguono in parte dalle altre realtà culturali coeve. Anche Vetulonia oltre a introdurre complessi organizzati in circoli di pietre interrotte e tombe sotto tumulo, ha restituito strutture funerarie analoghe a quelle del sito pisano (vedi scheda 7). Sempre lungo la costa, sono degni di nota i siti di Sticciano Scalo nel grossetano e di Crostoletto di Lamone nella valle del Fiume Fiora: il primo è connotato da tombe a pozzetto, sia semplici che strutturate, ascrivibili alle ultime fasi finali del Bronzo finale (vedi scheda 8); il secondo si distingue nettamente per aver restituito tombe monumentali riferibili al Bronzo finale (vedi scheda 9), ma comunque meritevole di essere segnalato poiché è da ritenersi il promotore dei prototipi delle tombe monumentali che connoteranno la cultura etrusca. Infine, nella parte interna dell Etruria settentrionale, le aree sepolcrali fiorentine (necropoli di Val di Rose e di Madonna del Piano a Sesto Fiorentino e le tombe del Gambrinus a Firenze) e quelle di Chiusi (vedi schede 10, 11, 12), hanno 89

90 offerto pozzetti con cinerari tipici della cultura villanoviana e deposizioni in dolio, costume riscontrato anche a Pisa. E stato osservato che la maggior parte dei vasi di via Marche era coperto da ciotole coperchio, eccetto in un caso in cui l urna era chiusa da un elmo crestato fittile. Quest ultimo, se messo a confronto con le altre realtà culturali, sostituisce verso l inizio del VIII secolo l elmo a calotta apicato (presente in particolare a Vetulonia, Chiusi- Vulci e nei siti dell Etruria meridionale, quali Tarquinia, Cerveteri, Veio etc..), una tipologia completamente assente in via Marche. Di particolare interesse è il fatto che nel sepolcreto di Pisa, oltre agli ossuari biconici, sono stati recuperati molti dolii che fungevano o loro stessi da contenitore per le ceneri o da custodia di copertura per i vasi. La presenza di questa tipologia di cinerario avvicina il sepolcreto di Pisa alle necropoli di Volterra, Firenze, Bisenzio, Chiusi e Tarquinia, dove sono state recuperate deposizione in dolio, tutte ascrivibili all VIII secolo a.c. E stato osservato che a Pisa sono completamente assenti le urne a capanna e le strutture tombali più complesse, quali cassette litiche e a custodia con nenfro, invece ben presenti nei siti dell Etruria meridionale e nel bolognese. L Etruria era caratterizzata da importanti centri, quali Vulci (Scheda 13), Tarquinia, Cerveteri, Sasso di Furbara (scheda 14), tutti insediamenti inseriti in un circuito di contatti che collegava la Toscana meridionale, il territorio di Bologna e il nord del Lazio. Ciascun sito ha restituito nuclei funerari caratterizzati da sepolture a pozzetto semplice (Cerveteri, Sasso di Furbara )- come quelle rilevate a Pisa, e più complesse come pozzetto a risega, a cassetta o a custodia litica. Complessivamente in questo distretto territoriale emergono tipologie tombali ad incinerazione più strutturate rispetto a quelle provenienti dalle necropoli dell Etruria settentrionale costiera e interna.riassumendo, a di là di alcune differenze che affiorano tra i due settori del territorio etrusco, la necropoli di via Marche (connotata da elementi funerari peculiari della cultura villanoviana e orientalizzante, come dolii in impasto e pithoi ingobbiato), si inserisce in un quadro funerario abbastanza omogeneo, che lega i centri più importanti dell Etruria propria del primo Ferro. Allo stato attuale delle conoscenze è possibile, grazie alle diverse indagini archeologiche effettuate nel territorio pisano, confermare l etruscità di Pisa, centro insediativo sorto sul punto di incontro tra i fiumi Auser e Arno. Il nucleo 90

91 pisano è connotato da resti di strutture abitative e aree cimiteriali afferenti alla fine dell età del Bronzo (via di Gello, piazza Vittorio), e ai primi dell età del Ferro (area Scheibler, via Marche, Piazza Duomo, Piazza Dante), che testimoniano la frequentazione di questo territorio già in epoca protostorica. Associati al sito di Pisa sono alcuni complessi insediativi minori distribuiti sia lungo i cordoni costieri (sembrano costituire una sorta di sistema di approdi funzionale alla proiezione marittima del territorio), che nella parte orientale del territorio pisana, tra la pianura e i rilievi collinari (di vocazione prettamente agricolo-pastorale e/o per l approvvigionamento del legname dai Monti pisani). Quest ultimo settore si estende nella Piana dell Auser, ed era infatti un cruciale snodo di itinerari fra i distretti tirrenici nord-occidentali e Pianura Padana, particolarmente ricca di opportunità per l agricoltura e l allevamento. Si tratta di un area in cui sorgevano moltissimi importanti abitati come, per esempio, quello di Fossa 5 nella bonifica di Bientina, ubicato nel punto in cui si confluiscono i due rami principali del corso dell Auser che andava a raggiungere l Arno all altezza di Bientina. Il sito di Fossa 5 era un insediamento attivo già sullo scorcio finale dell Età del Bronzo (periodo di massima fioritura). Grazie alla sua posizione il sito di Fossa 5 rivestì inoltre un ruolo nodale anche come vettore di traffici, promovendo ad esempio i contatti tra l area pisana con quella fiorentina. Ben presto verso i primi dell età del Ferro (intorno all VIII secolo) subì un rapido indebolimento, indotto da fattori ambientali e dal dominio di alcune comunità emergenti, come quella di Volterra Il distretto fiorentino-fiesolano-sestese (area compresa tra Firenze- Prato-Pistoia) si estendeva a nord dell Arno e questa posizione gli consentiva un forte controllo della via d acqua e del territorio da essa attraversato, in particolare per i commerci e le comunicazioni. Le attestazioni dei ripostigli di bronzi delle Apuane e del livornese indiziano una consistente attività di scambi e di uomini, che trovava nell area portuale delle lagune livornesi (accennata sopra) un possibile terminale, così come una rete portuale vera e propria è quella suggerita nell area delle lagune dell Etruria centrale dagli insediamenti di Fonteblanda di Talamone e di Punta degli Stretti, e dal ripostiglio del Campese all isola del Giglio. La presenza di questi piccoli centri (i quali si intensificano nell VIII secolo) suggerisce che già in questo orizzonte cronologico il territorio pisano era connotato da un sistema funzionale per 91

92 favorire i contatti con gli altri territori e per accedere alla risorse locali. Il centro di Pisa, collegato all area versiliese per mezzo del Lago di Massaciuccoli (lago costiero), fungeva da cerniera per l accesso alle sorgenti metallifere, ubicate nel territorio apuo-versiliese (area particolarmente ricca). Quest ultimo è un settore territoriale conosciuto e sfruttato già in epoca eneolitica, particolarmente ricco di minerali argentiferi e cupriferi. In generale, dal punto di vista dello sfruttamento delle risorse metallifere si possono riconoscere in Etruria principalmente due grossi poli geografici distinti, che traggono origine dalle caratteristiche giacimentologiche della regione. A sud, verso il Tevere, si configura l area dell Etruria meridionale, nella quale le mineralizzazioni a metalli sono localizzate sui Monti della Tolfa e nella Maremma tosco-laziale. A nord, con epicentro presso il promontorio di Piombino, si stende l Etruria settentrionale, con gli importanti distretti minerari delle Colline Metallifere e dell Isola d Elba. Vi sono inoltre una serie di evidenze minori, ma non per questo prive di interesse, sparse all interno dell attuale Toscana, come i Monti Rognosi (Anghiari, Ar), il Senese (Vallerano, Rapolano, Asciano, Sinalunga), la Val di Cecina (Montecatini, Pi), le Alpi Apuane (in Versilia). Tutte queste attestazioni archeometallifere riflettono la posizione che rivestì l Etruria mineraria, in particolare nell età del Bronzo Finale (ma poi anche nella prima età del Ferro), nei traffici di metallo a lunga distanza. Pisa, grazie alla sua posizione strategica, rientra in quel circuito di contatti che fiorì nel territorio etrusco e che va dall area della valle del fiume Fiora al settore versiliese, favorito dalle vie di comunicazioni naturali, quali le arterie fluviali (Arno e Auser) e le vie marittime. L elemento chiave che accese l interesse da parte di queste popolazioni per questo settore territoriale, e che provocò dunque il sorgere di molti insediamenti su tutta l area (in particolare, nei punti strategici di comunicazione), fu appunto quello dell approvvigionamento delle risorse metallifere, di cui il territorio né era particolarmente ricco. Concludendo, da tutti questi indicatori, si evince che la città di Pisa già prima di diventare uno dei più importanti centri etruschi dell Etruria settentrionale (VII secolo a.c.), giocò un ruolo importante per i contatti commerciali tra gli etruschi e le altre popolazioni, quali sardi e liguri, nonché per l approvvigionamento delle risorse locali. 92

93 Il territorio etrusco per le sue ricchezze soprattutto minerarie, per la sua posizione geografica accessibile sia per via terrestre che per via marittima, nonché facilmente collegabile alla zone dell Italia settentrionale (Indici plausibili di una nuova trasformazione dell ambiente, che genera i paesaggi destinati poi a rimanere sostanzialmente stabili per tutto l arco dell antichità classica, fino alle soglie dell Alto Medioevo), rivestì una posizione fondamentale nello sviluppo culturale/sociale/ideologico di queste genti. 93

94 Appendice Necropoli villanoviane nell Etruria costiera e interna Scheda 1. Livorno-Stagno: la necropoli di Parrana San Martino Nel luglio del 2010, attraverso una ricognizione effettuata sul territorio livornese avvenne la scoperta della necropoli di Parrana San Martino. L area cimiteriale si estende su un pianoro, all interno del Parco dei Monti Livornesi, nei pressi dell abitato di Parrana San Martino. Durante la prima esplorazione emersero ben novantasette sepolture di cui soltanto dieci sono state sinora esplorate (Sammartino, 1989). All interno dei pozzetti semplici erano deposti degli ossuari-biconici monoansati (fig.1), caratterizzati da particolari decorazioni villanoviane (solcature parallele rettilinee riunite in fasci, delimitate da una fila di punti impressi, che formano motivi angolari o curvilinei; solcature semicircolari; impressioni a falsa cordicella; motivi a sole costituiti da depressioni circolari circondate da piccoli punti impressi), disposti in modo circolare e contenenti molti frammenti di ossa combuste. Furono rilevati, inoltre molti oggetti in bronzo appartenenti al corredo funerario, quali fibule, verghette ritorte e probabili armille (bracciali). Interessante notare che nella maggior parte dei casi la parte superiore del contenitore era stata asportata dai mezzi meccanici che avevano operato nella zona alcune decine di anni fa. Ad una prima analisi sui reperti recuperati la necropoli risulterebbe inquadrabile cronologicamente tra la fine dell Età del Bronzo e l inizio dell età del Ferro. Questa scoperta riveste un importanza scientifica eccezionale in quanto ha messo in luce la testimonianza di una necropoli protostorica nel territorio livornese e nell area costiera della Toscana settentrionale (Sammartino, 1989). 94

95 Figura 1. Cinerario proveniente dalla necropoli di Parrana San Martino. Scheda 2. Livorno: l ipotetico sepolcreto di Quercianella Il sito di Quercianella fu oggetto di diverse dispute, a causa dell incerta provenienza del materiale, recuperato intorno il 1851 nel Podere della famiglia Gower. Le prime informazioni risalgono al e sono reperibili nelle pubblicazioni di Chierici e Mantovani, i quali espressero da subito un certo scetticismo al riguardo. La volontà di verificare l attendibilità di questo dubbio ritrovamento li spinse ad effettuare un sopralluogo sul sito, dove rilevarono solo pochi frammenti ceramici incisi con la tipica decorazione villanoviana. Nel 1933 anche Toscanelli, nella sua opera su Pisa considera falsa la provenienza delle urne donate da Abele Gower. E ancora, nel 1942 L. Banti considerava, del tutto incerto tale complesso. Verso il A. Romualdi contribuisce ad avvalorare tale ipotesi negativa. F. Fugazzola Delpino inoltre, pur mantenendo una posizione dubbia e perplessa, non nega l eventualità di una qualche attestazione di epoca villanoviana a Quercianella (Zanini, 1997). Tuttavia, attraverso le nuove metodiche di analisi effettuate sul materiale, è stato possibile ottenere preziose informazioni sull area di provenienza che pare 95

96 proprio quella livornese. I reperti recuperati all epoca presentano forma e decorazioni proprie dell Etruria settentrionale dell età del Ferro; l assenza della decorazione metopale e il gusto per la decorazione continua a meandri angolari li avvicina all area fiorentina. Il motivo a meandro campito da punti impressi richiama il sito di Volterra (IX secolo a.c.); inoltre, i motivi a falsa cordicella sono tipicamente impiegati a Pisa e a Livorno-Stagno. Per quanto concerne la tipologia dei cinerari, sono attestati vasi biconici, vasi globulari, monoansati a spalla distinta, muniti di ciotole-coperchio (fig.2). I vari cinerari erano, inoltre accompagnati da oggetti appartenenti al corredo funerario, come molte fuseruole, armi (punte di lancia a profilo sinuoso ascrivibili alla prima età del Ferro), fibule ad arco foliato decorato a bulino, staffa a disco spiraliforme e sbarretta trasversale. In particolare, i manufatti metallici trovano riscontro nelle necropoli populiniesi e di Vetulonia sia per la morfologia, che per l ideologia della presenza di armi sin dalle fasi più antiche (Zanini, 1997). Riepilogando, dalle caratteristiche morfologiche e decorative dei materiali rilevati, è possibile auspicarne un inquadramento cronologico che va dal IX al VIII secolo a.c., (Zanini, 1997). Figura 2. Vaso funerario proveniente dal sito di Quercianella (LI). 96

97 Scheda.3 Livorno: la necropoli di Villa Barone (PB) L area cimiteriale è localizzata lungo la parte sommitale e le pendici orientali del rilievo a sud di Villa Barone De Stefano, attualmente adibito a bosco ceduo rado. Il sito fu indagato nei primi anni Sessanta da A. Galiberti e F. Bagnoli, componenti dell Associazione Archeologica Piombinese (Fedeli, 1997). La necropoli ha restituito una buona quantità di tombe a pozzetto semplice contenenti vari cinerari, purtroppo in cattivo stato di conservazione. Quest ultimi si suddividono in due tipologie vascolari: il primo caratterizzato da un vasellame a pareti spesse, ben levigate, mentre il secondo raccoglie vasi con pareti sottili ben lucidate. Sono attestate sia urne di forma globulare che vere e proprie brocche biconiche, interessate da una decorazione incisa e/o impressa, munite di anse impostate nella parte mediana del collo e sulla spalla. La maggior parte degli ossuari sono ascrivibili al Bronzo Finale e alla prima età del Ferro (fig. 3). La distruzione di cui sono stati oggetto alcuni vasi ha comportato la dispersione dei corredi funerari, nonché, delle ciotole-coperchio (scarsa presenza). Solo pochi oggetti sono giunti fino a noi, come alcuni anellini bronzei, un frammento di testa di spillone a rotella, frammenti di fibula ad arco ingrossato con nodulo e trecce di decorazione incisa (Fedeli, 1997). Figura 3. Urna proveniente dal sepolcreto di Villa Barone (LI). 97

98 Scheda 4. Volterra: il sepolcreto delle Ripaie Nella zona sud del colle di Volterra, dove sorgeva il centro abitato,ascrivibile all età del Bronzo medio-finale, si sviluppa la vasta area cimiteriale delle Ripaie, scoperta nel 1969 a causa dei lavori di demolizione per la realizzazione del nuovo impianto sportivo della città. A circa un metro di profondità dal piano di campagna sono emersi diversi pozzetti villanoviani. Questi ultimi furono scavati e parzialmente studiati da Enrico Fiumi, direttore del Museo etrusco Guarnacci ed ispettore della Soprintendenza di Volterra, il quale non riuscì a pubblicare una completa analisi dei vari materiali, a causa della sua improvvisa scomparsa. La mancanza di un giornale di scavo e il fortunoso recupero dei reperti legato alle esigenze di cantiere hanno inoltre impedito qualsiasi definizione della stratigrafia orizzontale della necropoli e la realizzazione di una documentazione completa (Camporeale, 2008). Ciò nonostante, attraverso recenti indagini è stato possibile rilevare un numero cospicuo di complessi tombali: sono state portate in luce 36 tombe ad incinerazione, afferenti a tre fasi (prima fase IX sec, seconda fase metà VIII sec, terza fase fine VIII sec). Alcune sepolture sono sistemate entro pozzetti semplici, contenenti ossuari biconici monoansati (fig. 4), muniti di ciotole di copertura (Fase 1). Altre sono organizzate entro doli di impasto, impiegati per raccogliere direttamente il materiale combusto o come fodera per l urna, coperti nella maggior parte dei casi da una lastra litica (cfr. tombe 8/21 della necropoli Guerruccia). I cinerari sopra citati per i loro caratteri morfologici fortemente locali, con forme ovoidi o globulari tozze e compresse, rientrano pienamente nel repertorio etrusco-settentrionale, trovando chiari confronti con le necropoli coeve di Nomadelfia, di Vetulonia-Poggio alla Guardia e in area meridionale si può riscontrare qualche affinità con gli ossuari dell Osteria di Vulci, di tradizione protovillanoviana (Rosselli, 2008). Per quanto riguarda i corredi funerari, un primo gruppo di tombe più antiche ne è completamente privo, mentre un secondo gruppo è caratterizzato da alcune suppellettili di ornamento personale. Di una certa importanza la presenza in tre sepolture di armi e rasoi, elementi che rilevano lo stato sociale del defunto (Camporeale, 2008). L area delle Ripaie utilizzata come luogo funerario fino alla fase recente del Villanoviano, conserva le tipiche tombe del periodo precedente, caratterizzate ancora da deposizioni singole entro pozzetti semplici. In questo 98

99 periodo si assiste ad un spostamento degli abitanti residenti nell antico insediamento, verso il settore nord-occidentale del pianoro volterrano, favorendo lo sviluppo di nuovi spazi abitativi e sepolcrali. Infine, tra la fase recente del villanoviano e l Orientalizzante, già accennate precedentemente, si diffondono le sepolture a cremazione entro ziro, concentrate nel settore centrale e occidentale dell area (Rosselli, 2008). Figura 4. Biconico proveniente dalla necropoli delle Ripaie a Volterra. Scheda.5. Populonia: la necropoli di Podere Casone e Podere S.Cerbone Entrambe le aree sepolcrali sono ubicate nella parte centrale del Golfo di Baratti, appartengono evidentemente ad un unica necropoli di grandi dimensioni, che sfrutta la natura argillosa del terreno, particolarmente adatto alla realizzazione di pozzetti e fosse funerarie. Nel 1908 Antonio Minto scoprì circa una quindicina di sepolture a cremazione afferenti all età del Ferro (Minto, 1943). Si distinguono tombe a buca semplice di forma irregolare e tombe a pozzetto (fine del IX secolo a.c. e inizio VIII secolo a.c.), accompagnate da diverse sepolture ad inumazione, semplici fosse terragne. Gli ossuari sono di tipo biconico accompagnati nella maggior parte dei casi da corredo, composto da molte fibule di vario tipo: una ad arco serpeggiante a 99

100 doppio occhiello, una a disco con l arco lievemente ingrossato, tre foliate a disco, una a sanguisuga; inoltre alcuni spirali di bronzo, fermatrecce di bronzo, una collana di perle di pasta vitrea e diversi altri oggetti di un certo interesse culturale. Il dualismo del rito funebre è attestato anche in questa necropoli come nelle altre dell area di Populonia, ad eccezione di Poggio della Porcareccia. Interessante notare la cospicua quantità di sepolture ad inumazione affiancate ai pozzetti ad incinerazione (Fedeli, 1983). Scheda 6. Populonia: la necropoli di Piano delle Granate e Poggio Granate Le necropoli di Piano delle Granate e Poggio Granate si estendono nella parte orientale del Golfo di Baratti a breve distanza dall attuale linea di costa, e purtroppo risultano seriamente danneggiate dall azione delle onde. Le sepolture ad incinerazione del colle omonimo, concentrate lungo il declivio digradante verso il Piano e sul versante occidentale, hanno subito un discreto danneggiamento causato dall azione erosiva delle acque meteoriche. Tra il 1915 e il 1929 Antonio Minto indagò entrambe le necropoli (Minto, 1922), le quali restituirono una ventina di tombe ad incinerazione databili generalmente al Villanoviano IA-IB (IX-VIII secolo a.c.). Le sepolture sono ricavate in uno spesso strato di sabbie e argille e si raggruppano in piccoli nuclei distribuiti sul territorio. Sono presenti complessi sepolcrali a pozzetto cilindrico con rivestimento delle pareti, provviste sia della lastra di posa che di quella di copertura dell'ossuario e tombe costituite da una semplice buca di forma irregolare. Sono caratterizzate da ossuari di tipo biconico decorati secondo gli schemi consueti e da oggetti appartenenti ai corredi, ma difficili da inventariare. Questa difficoltà di registrazione dei vari oggetti fu causata dalla sovrapposizione delle tombe a fossa sulle tombe a pozzetto, le quali provocarono una seria confusione tra i materiali al momento del ritrovamento (Acconcia, 2005). Di particolare interesse le caratteristiche di alcuni ossuari meglio conservati; è stato rinvenuto un cinerario del tipo ovoide, con breve orlo estroflesso e fondo piatto, munito di un ansa a maniglia semicircolare. Un altro cinerario di tipo 100

101 biconico presentava una decorazione caratterizzata da una duplice solcatura orizzontale sul collo e da una serie di motivi angolari eseguiti a doppia solcatura sul ventre. A questi cinerari è da aggiungere un frammento di urna a capanna, rinvenuto sporadicamente da Antonio Minto sul versante rivolto verso il mare. Per ciò che concerne le tombe a inumazione furono rilevate sepolture a fossa con le pareti sia rivestite che non rivestite da muretti a secco o da lastroni di calcare ricoperte da una lastra o riempite di terra e pietre. Concludendo, la distribuzione delle necropoli villanoviane nel territorio di Populonia può fornire importanti informazioni sull ubicazione degli insediamenti durante l età del Ferro. Nel corso del IX secolo a.c. i sepolcreti individuati risultano distribuiti nella parte orientale e centrale del golfo di Baratti. Quasi tutte le necropoli di questo periodo continuano ad essere in uso durante tutto l VIII secolo a.c. (Fedeli, 1983). Scheda 7. Vetulonia: le necropoli di Il Poggio alla Guardia Poggio Belvedere, Poggio alle Birbe Le necropoli di Poggio alla Guardia, Poggio Belvedere e Poggio alle Birbe appartengono tutte alla prima età del Ferro e occupano il versante orientale della città di Vetulonia. Il nucleo funerario più ricco e significativo proviene da Poggio alla Guardia, area cimiteriale più vicina all abitato di Vetulonia. Le tombe indagate da Falchi risultano tutte a pozzetto; salvo rare eccezioni i pozzetti erano privi di rivestimento e fittamente concentrati (Cygielman, 1986). Inoltre, quasi sempre le sepolture erano ad unica deposizione, anche se non mancano esempi di deposizioni bisome, con due cinerari sovrapposti divisi da una lastra di pietra. Gli ossuari più comuni sono vasi biconici decorati a graffito, coperti da una ciotola-coperchio, caratterizzate da due anse, di cui una spezzata ritualmente. In un momento avanzato del IX secolo a.c., emerse tutta una serie di trasformazioni legate all aumento demografico: espansione delle necropoli e un profondo mutamento negli usi funerari, costituito dall introduzione dei circoli di pietre interrotte (Poggio alla Guardia), delle tombe sotto tumulo (Colle 101

102 Baroncio) e delle deposizioni bisome. Probabilmente, questi sono da interpretare come segni ben tangibili di una precoce volontà di riunione in clan familiari, simbolo della formazione di sfere di potere all interno della comunità (Cygielman, 1986). Rilevante l introduzione, nella seconda metà del IX secolo a.c., dei primi elementi di prestigio come oggetti d oro, dei primi prodotti d importazione e del cinerario a capanna (tipo di urna circoscritta esclusivamente alla necropoli orientale: Poggio alla Guardia, Poggio alle Birbe e Poggio Belvedere). Quest ultima, in questa fase si presenta di notevole dimensione, caratterizzata da una pianta circolare con o senza zoccolo, pareti che si restringono verso l alto e gronda aggettante con decorazione a lamelle metalliche (Bartoloni, 1987). Parallelamente allo sviluppo dell urna a capanna (fig. 7), il cinerario biconico di tipo più comune subisce dei cambiamenti; presenta orlo svasato, collo più allungato a profilo convesso, spalla sfuggente, ventre rastremato, piede ad anello o piatto, e viene introdotta la tecnica decorativa a lamelle metalliche (Cygielman, 1986). Nella fase finale del IX secolo a.c. compaiono nei corredi maschili elementi che appartengono al corredo femminile, probabilmente si tratta di sepolture miste o forse di offerte femminili. Tuttavia, in questo periodo sono assenti nei corredi maschili gli elementi propri dell armamento (spade, lance e puntali); l elmo pileato rimane l unico elemento caratterizzante di un particolare status sociale. Tra la fine del IX e l inizio dell VIII secolo a.c. non emergono sostanziali cambiamenti nella tipologia delle sepolture, ma si evidenzia apparizione delle armi nei contesti maschili (punte di lancia a lama foliata, puntali conici, spade di foggia italica). Anche i corredi femminili si arricchiscono di vari oggetti ornamentali (spilloni, fibule ad arco a sezione quadrangolare, fibula a sanguisuga con dorso decorato e armille a fune e a bastoncello). In questo periodo persiste l uso dell urna a capanna, sempre a pianta circolare; gli ossuari biconici sono spesso privi di decorazione e presentano un profilo più fluido. Infine, si arricchisce il repertorio delle forme ceramiche, diventa molto frequente nei corredi l askos a collo obliquo e compaiono forme particolari, come una tazzina gemina d impasto, decorata a lamelle metalliche, tipo noto anche a Tarquinia (Cygielman, 1986). 102

103 Figura 4. Urna a capanna proveniente dal sepolcreto di Poggio alla guardia. Scheda 8. Sticciano Scalo Il sepolcreto di Sticciano Scalo si sviluppava nei pressi della foce dell Ombrone in località Rigocchio, sotto la provincia di Grosseto. Si estendeva su un area particolarmente limitata di circa 150 mq, ma è probabile che in origine fosse più vasta. Nel 1950, durante un sopralluogo eseguito da parte della Soprintendenza Archeologica, venne casualmente individuata l area cimiteriale, che divenne da subito oggetto di intense campagne di scavo. Il sito, particolarmente sconvolto dai lavori agricoli e dai precedenti scavi clandestini, restituì 18 sepolture a pozzetto semplice e strutturate, localizzate in parte a nord e più densamente a sud (suddivise a sua volta in due nuclei distinti, orientale e occidentale) del settore sepolcrale e ascrivibili alle ultime fasi del Bronzo finale (Zanini, 1995). Gli ossuari deposti entro i complessi funerari erano in parte danneggiati a causa delle azioni antropiche. Tuttavia, furono recuperati diversi vasi funerari di tipo biconico muniti di ciotola coperchio (fig. 8), i cui caratteri morfologici richiamano i cinerari dei sepolcreti del Sasso di Furbara. I corredi che accompagnavano le urne erano particolarmente scarsi o addirittura assenti; gli unici elementi che connotavano i complessi erano: qualche fibula, un rasoio a paletta quadrangolare, e pochi vasi accessori fittili (Zanini, 1993). 103

104 Infine, la povertà dei contesti funerari analizzati in questa sede non consente né una precisa collocazione cronologica nè fornisce un quadro arealmente definito della culturale materiale. Dal magro tessuto connettivo la necropoli di Sticciano Scalo risulta di fatto un emergenza quasi isolata (Zanini, 1993). Figura 8. Cinerario ascrivibile alla necropoli di Sticciano Scalo. Scheda 9. Crostoletto di Lamone e Pian Sultano due siti a confronto Il sito di Crostoletto di Lamone si sviluppa nella valle del Fiume Fiora. Sul vasto pianoro argilloso detto di Crostoletto, posto tra l estremità occidentale della Selva del Lamone, sorgeva la preziosa area cimiteriale. L area sepolcrale di Pian Sultano è invece ubicata su un pianoro presso il Fosso Eri, di fronte alla località di Fontanile Pietrone, a circa 50 km da Roma. Entrambi i siti sono di una eccezionale importanza per la tipologia dei complessi tombali che restituirono durante la varie campagne di scavo eseguite a più riprese tra gli anni Nel sepolcreto di Crostoletto furono rilevate otto strutture monumentali (dei tumuli di forma circolare) collegate fra loro, tutte ascrivibili al Bronzo finale, all interno dei quali erano deposte sia tombe ad inumazione che a cremazione (urne biconiche), (Rittatore Vonwiller, 1968). I complessi erano connotati da vari oggetti riferibili al corredo, quali fibule di vari tipo, vasi fittili accessori, perline in pasta vitrea e una lama in ossidiana (fig. 9.1). 104

105 Nella necropoli di Pian Sultano furono portati in luce 5 complessi funerari a struttura megalitica o pseudo-megalitica, i Dolmen, composti da grossi lastroni irregolari di travertino sorretti e contenuti da un tumulo di pietre e terra e caratterizzati inoltre da deposizioni esclusivamente ad inumazione (fig. 9.2). E probabile che le varie strutture ospitassero sepolture multiple di individui legati da vincoli di parentela (Rittatore Vonwiller, 1968). Concludendo, sono stati presi in considerazione e messi a confronto questi due siti per la loro eccezionalità e unicità delle strutture sepolcrali. Siamo di fronte ad una manifestazione sepolcrale di aspetto assai composito per elementi (tomba dolmenica, tumulo, incinerazione) che in altri momenti sono isolati e caratterizzano individualmente i diversi orizzonti culturali. Qui sono tutti e tre riuniti nello stesso nucleo, probabile espressione di un elevato grado di evoluzione raggiunto da queste culture locali già nell età tarda e finale del Bronzo. Di un certo interesse, il fatto che la monumentalità sepolcrale attestata in queste due necropoli proto villanoviane svanirà nella fase successiva della cultura villanoviana (Rittatore Vonwiller, 1971). In questo orizzonte cronologico non sono documentate strutture di questa complessità. Queste strutture rifioriranno con grande maestranza (più grandi e regolari) nel periodo etrusco, nelle forme a camera o corridoio sotto tumulo in tutto il territorio da Veio a Firenze. Detto questo sorge la domanda: i sepolcreti di Crostoletto di Lamone e Pian Sultano ubicati nel cuore dell Etruria posso ritenersi i prototipi delle tombe monumentali (già menzionati sopra) che si svilupperanno più tardi nel territorio etrusco? 105

106 Figura 9.1. Materiale proveniente dall'era archeologica di Crostoletto di Lamone. Figura 9.2. Strutture sepolcrali del sepolcreto di Pian Sultano. 106

107 Scheda 10. Sesto Fiorentino: le necropoli di Val di Rose e di Madonna del Piano Tra il 1992 e il 1993, in occasione dei lavori di costruzione del nuovo Polo Scientifico dell Università di Firenze a Sesto Fiorentino, venne condotta un esplorazione archeologica nella località di Val di Rose, sotto la direzione della Soprintendenza e dell Università di Siena (M. Salvini, 2007). L area indagata è di circa 250 metri quadrati e si trova a 38 metri sul livello del mare. Le tombe villanoviane emerse hanno la peculiarità di essere tagliate nei livelli compresi tra l età del Bronzo antico e quelli degli inizi del Bronzo medio, immediatamente sotto la superficie agricola. Le sepolture individuate formano un piccolo nucleo coerente, composto da 5 fosse a pozzetto contenenti doli con biconici e relative ciotole di copertura, accompagnati da alcuni oggetti di ornamento personale (fig. 10.1). Degna di nota è la quinta fossa funeraria per i suoi scarsi frammenti ceramici di impasto grossolano, probabilmente riferibili ad un grande contenitore. In via Lazzerini, a breve distanza dal nucleo funerario di Val di Rose, emerse una sepoltura a cremazione, in cui il defunto era un adulto di sesso maschile, accompagnato da un pugnale di ferro e da una fibula a sanguisuga in bronzo, posti all altezza del cranio. La deposizione si data tra la fine dell VIII e l inizio VII secolo a.c. (Salvini, 2007). Nel 1993 gli scavi della Soprintendenza e dell Università di Siena proseguirono nella vicina area di Madonna del Piano, dove furono rinvenute 5 tombe del tipo a pozzetto e i resti di due sepolture in fossa di inumati (orientati SE-NO, con la testa rivolta verso sud-est), oltre a due deposizioni di animali (un cane e un bovide). In preistoria sono frequenti sepolture intenzionali di animali, in particolare per la zona fiorentina. Gli incinerati sono deposti direttamente nei doli coperti da lastre di arenaria o a volte i doli stessi fungono da vasi funerari (fig. 10.2). Da rilevare che tre sepolture sono bisome e contengono i frammenti ossei di individui adulti associati a quelle di soggetti di età giovanile (Salvini, 2007). Tutti i complessi sepolcrali erano ricoperti da lastre litiche, un costume tipico della cultura villanoviana. Rientra tra i rituali della cultura villanoviana anche l usanza della rottura intenzionale di una o di entrambe le anse del vaso 107

108 (interessati sia i biconici che i doli), chiaro intento defunzionalizzante dell oggetto, indipendente dalla diversità di sesso e di età di morte del defunto. Entrambe le necropoli, analoghe nella strutture, nel rituale funebre e nei corredi, sono inquadrabili nell arco dell VIII secolo a.c., un periodo in cui il rito dell inumazione si affianca a quello dell incinerazione. La deposizione delle tombe per piccole aree sepolcrali, infine, potrebbe essere legata ai diversi gruppi umani che si stabilirono per nuclei ristretti nella pianura fiorentina durante l VIII secolo a.c., area particolarmente apprezzata per la sua posizione di crinale, a controllo di due direttrici di comunicazione, quali la Valle dell Arno e la Val di Sieve, che ne favorì la crescita e il successivo sviluppo come principale centro etrusco dell area a nord dell Arno (Salvini, 2010). Figura Urna riferibile al nucleo funerario di Sesto Fiorentino (Val di rose). 108

109 Figura Tomba proveniente da Madonna del Piano in corso di scavo in laboratorio. Scheda 11. Firenze: le tombe del Gambrinus Verso la seconda metà dell ottocento furono scoperte nell antico centro di Firenze, alcuni nuclei di tombe a pozzetto ascrivibili alla prima metà dell VIII secolo a.c. La prima notizia del ritrovamento fu data da L.A.Milani nelle Notizie degli Scavi nel 1892 e successivamente nei Monumenti Antichi dei Lincei nel In tutto erano 6 sepolture a pozzetto semplice, nei quali erano deposti i doli, caratterizzati da un ansa spezzata ritualmente e ricoperti da lastre di arenaria. Quest ultimi contenevano gli ossuari-biconici (fig. 11), monansati, muniti di ciotola-coperchio (tipo Villanova)e accompagnati inoltre, da diversi oggetti appartenenti al corredo (deposti al di fuori dello ziro, eccetto per la tomba 5), quali fibule (ad arco ribassato ritorto a cordicella, staffa a disco, ad arco rivestito), fuseruole fittili, e una collana composta da elementi in quarzite. Solo in un caso (tomba 5), il dolio fungeva direttamente da vaso sepolcrale. Le analisi antropologiche effettuate sul materiale combusto hanno permesso di ottenere dati sul sesso e l età dei morte dei vari defunti; sono presenti due femmine due maschi adulti e tre infanti, forse ascrivibili ad unico nucleo familiare-parentale. Interessante notare che, la pratica rituale di deporre il cinerario entro un dolio o ziro rientra pienamente nei costumi vigenti dei siti dell età del Ferro dell Etruria settentrionale interna (Volterra e Chiusi) (Salvini, 2010). Le poche sepolture dell età del Ferro recuperate nel centro di Firenze non sono probabilmente, le uniche presenti nell area fiorentina, e lo si evince 109

110 dai ritrovamenti sporadici effettuati nello stesso periodo in città, poiché per la sua collocazione quest area godeva di una posizione idonea ad ospitare abitati e/o necropoli. L area infatti era ubicata vicino ad uno dei punti di attraversamento dell Arno, dove il fiume si restringeva fortemente permettendo un facile passaggio. Dallo studio del sepolcreto del Gambrinus, infine, emerge l importanza che l area fiorentina dovette rivestire già in questo periodo storico, favorita dalla sua posizione nei pressi di importanti vie naturali che facilitavano gli stretti rapporti con gli altri centri villanoviani (Salvini, 2010). Figura 11. Urna recuperata nel nucleo funerario del Gambrinus a Firenze. 110

111 Scheda 12. Chiusi: i sepolcreti di Poggio Renzo, Fornace Marcianella. Entrambe le necropoli, ascrivibili all età del Ferro, furono portate in luce verso la fine dell Ottocento, ubicate rispettivamente a nord (Poggio Renzo), e a ovest (Fornace Marcianella) di Chiusi. E probabile che Poggio Renzo fosse legato all abitato di Monte Venere e/o di Monte S.Paolo e Fornace con quello di Petrina-Petriolo.Le tombe che furono rilevate nel sepolcreto di Poggio Renzo erano di tipo a pozzetto rivestito di ciottoli o di sottili lastre di tufo, disposte ordinatamente lungo tre file orizzontali, a distanze regolari l una dall altra. Da osservare l assenza di limiti topografici o raggruppamenti che potevano corrispondere e diversi nuclei familiari. Purtroppo durante i recuperi andarono dispersi tutti i corredi funebri, composti dal cinerario, vasi d impasto accessorio, fuseruole, e alcuni oggetti in bronzo (rasoi, fibule, catenelle, spilloni) (Bettini, 2000). Tra le poche informazioni concernenti il materiale funerario, è noto che erano presenti due tipi di coperture dell urna, la ciotolacoperchio monoansata, un coperchio con presa configurata con due figure che si abbracciano nel momento del commiato funebre e l elmo pileato (cfr. Tarquinia e Veio), l unico elemento che consente di evidenziare una distinzione di ruoli nell ambito della società (Bettini, 2000).Per quanto riguarda i ritrovamenti villanoviani nell area di Fornace-Marcianella, i dati sono alquanto scarsi; è noto che i materiali confluirono nella collezione Bonci Casuccini al Museo di Siena. Degna di un breve accenno, è la necropoli di Montebello ubicata a nord di Chiusi, la quale restituì alcuni importanti corredi che segnano il passaggio tra l età del Ferro e l inizio dell orientalizzante mostrando una facies culturale particolarmente povera, ancora fortemente legata al periodo villanoviano. Con il periodo orientalizzante si assiste nell area chiusina alla sostituzione dei pozzetti villanoviani con le tombe cosiddette a ziro e di doli d impasto contenenti gli ossuari e gli elementi di corredo. I pochi cinerari villanoviani chiusini, nonché alcuni manufatti metallici, presentano una forte variabilità tipologica, che trova analogie con esempi provenienti da Tarquinia, Veio, Vulci. Vetulonia, Populonia e con in centri della pianura Padana. Ciò è da imputare alla posizione geografica e soprattutto al ruolo di intermediario assunto dal territorio chiusino nel quadro dei rapporti a largo 111

112 raggio tra i centri dell Etruria meridionale, Bologna e l Italia settentrionale, attraverso l uso di una delle vie principali, quello della Val del Chiana. Chiusi, pur avendo un ruolo importante in questo complesso scenario di contatti, rimane parzialmente esclusa da certi aspetti ideologici propri dei centri villanoviani dell Etruria meridionale/settentrionale costiera, quali l adozione dell urna a capanna e la deposizione di armi offensive nei corredi funerari. Infine, verso l VIII secolo si assiste all ingresso del rito inumatorio nel territorio etrusco; ciò nonostante, Chiusi conserva il rito incineratorio, come buona parte dell Etruria settentrionale (Bettini, 2000). Scheda 13. Vulci: le necropoli di Ponterotto, Cavalupo e Poggio Mengarelli L Insediamento di Vulci, distante dal centro di Tarquinia di circa 20 km, fu oggetto di varie indagini tra la fine dell Ottocento e gli inizi del Novecento, dalle quali furono portati in luce diversi sepolcreti ascrivibili alla prima età del Ferro (IX-VIII secolo a.c.), quali Ponterotto, Cavalupo e Poggio Mengarelli (studiati soprattutto dall archeologo francese Stephane Gsell) (Falconi Amorelli, ). La necropoli di Ponterotto, ubicata a pochi metri dal famoso tumulo arcaico della Cuccumella, restituì 14 tombe a pozzo, collegate fra loro da piccoli corridoi (fenditure), che creavano una rete di 10 pozzetti (Iaia, 1999). Tale organizzazione di tipo pianificatorio rifletteva la volontà di sottolineare l appartenenza ad uno stesso gruppo degli individui sepolti. Le strutture tombali erano la maggior parte di tipo a pozzetto a risega e, in minoranza pozzetti con custodia cilindro-ovoide, legate a una differenziazione sociale (tipologia sepolcrale ben documentata a Tarquinia). Tra gli ossuari deposti nei vari complessi prevale nettamente il biconico della classica foggia villanoviana, quasi sempre monoansato, munito di ciotola-coperchio caratterizzata da orlo rientrante. Da notare inoltre che non tutti i vasi erano accompagnati dagli elementi del corredo. All interno delle varie sepolture si assiste ad un crescendo di complessità, che va dalle tombe completamente prive di oggetti funerari a quelle particolarmente ricche (Iaia, 1999). Anche il 112

113 sepolcreto di Cavalupo era organizzato secondo uno schema di pianificazione ben preciso (afferente come per la necropoli precedente allo scorcio pieno/evoluto della fase I). I vari pozzetti di dimensioni molto piccole erano distribuiti in 4 gruppi separati, e si aprivano sul fondo di fosse di pianta molto irregolare (Iaia, 1999). Oltre alle tombe di tipo a pozzetto a risega e con custodia erano attestati, inoltre, complessi funerari a fossa sia a deposizione singola che multipla. I vasi funerari erano prevalentemente contenitori biconici, tuttavia, emersero 4 esemplari di urne a capanna (Bartoloni, 1987). A differenza dell area cimiteriale di Ponterotto, Cavalupo restituitì dei coperchi simbolici, quali elmi fittili a calotta, e a calotta ed apice d impasto (di cui un esemplare ha l apice a forma di capanna), indicatore del ruolo bellico di alcuni individui di sesso maschile. Per quanto concerne i corredi si dividono in tre gruppi: corredi semplici femminili composti da fuseruole e fibule ad arco (in alcuni casi accompagnati da vasellame accessorio), sepolture prive di corredo (la maggioranza), e scarsi complessi maschili caratterizzati da rasoio e fibule (Bartoloni, 1987). Dalla terza area cimiteriale furono portate in luce le stesse tipologie tombali riscontrate nelle altre due necropoli; furono inoltre recuperate una sepoltura a deposizione bisoma (all interno erano deposte un urna a capanna afferente ad un individuo maschile e un vaso biconico ascrivibile ad un individuo femminile), e due a pozzo sovrapposte, quasi a formare due piani. Il sepolcreto di Poggio Mengarelli ha inoltre restituito oltre alle classiche urne biconiche, anche preziosi cinerari a capanna, contenenti rasoi, fibule e anelli (Falconi Amorelli, 1983, Iaia, 1999). Concludendo, la documentazione dei complessi funerari del territorio vulcente della prima età del Ferro è alquanto frammentario; tuttavia, allo stato attuale delle conoscenze è stato possibile ricostruire alcuni aspetti delle pratiche funerarie. Per tutta la prima età del Ferro sono note a Vulci diverse strutture funerarie, quali pozzetto a risega, con custodia (cilindro-ovoide) e a fossa a deposizione singola o multipla. Sono inoltre attestati ossuari-biconici muniti di ciotola-coperchio e/o coperchio simbolico (elmo a calotta con o senza apice), e scarse ma importanti urne a capanna. Ogni necropoli segue una organizzazione pianificata, riflesso di una società complessa e articolata. Dalla presenza di alcuni bronzetti sardi (nella necropoli di Cavalupo), riferibili ad una fase 113

114 avanzata del villanoviano antico, si evince come già in questo periodo Vulci fosse inserita in un grande giro commerciale (Camporeale, 1975). Figura 13. Vaso funerario con coperchio simbolico rilevato nell'area cimiteriale di Cavalupo (Vulci). Scheda 14. Sasso di Furbara (Cerveteri) Sasso di Furbara, collocato su una zona dominate, aperta al mare e vicino Cerveteri era un area particolarmente ricca di sepolcreti ascrivibili al proto villanoviano, e di cui alcuni si protraggono al Villanoviano. Fu indagata tra gli anni 50 e 60 del Novecento. Le necropoli di Montorgano, Puntone di Norcino, Puntone dell Oliveto, Monte della Ginestra sono solo alcune di un gruppo particolarmente vasto di aree cimiteriali che pullulavano nel territorio. Il sepolcreto di Montorgano, oggi oramai distrutto, si estendeva a nord-ovest del villaggio del Sasso su due piccoli dossi contigui che costituisco la località di Montorgano. Al momento della scoperta avvenuta fortuitamente vennero recuperate sulla sommità dei due dossi circa 8 sepolture ad incinerazione, le quali si suddividevano in tre gruppi tipologici: il primo con custodia sferoidale in tufo, il secondo a cassetta, e il terzo in pozzetto semplice (Brusadin, 1987). Le urne deposte nei vari complessi tombali erano di tipo biconico o 114

115 ovoide, nella maggior parte dei casi munite di ciotola coperchio (fig. 14.1), eccetto in una tomba dove il coperchio era a forma a pileo. Da ricordare inoltre l eccezionale recupero di un coperchio a forma di capanna. I cinerari erano accompagnati dai vari elementi del corredo, quali vasetto fittili accessori, qualche fibula arco semplice, perline vitree ed un rasoio. Nel complesso i corredi erano alquanto poveri. La necropoli di Puntone di Norcino era ubicata su un piccolo altorilievo tondeggiante sul Puntone. Si estendeva su una superficie di 150 mq, nella quale furono portate in luce 15 tombe a pozzetto rivestite da ciottoli e in custodia sferoidale in tufo, orientate su un allineamento NE-SO. I vari complessi funerari (di cui alcuni in pessimo stato di conservazione) erano connotati da ossuari-biconici con ciotola-coperchio. Furono rilevati inoltre diversi oggetti appartenenti al corredo, quali vasi accessori fittili (askos, una lucerna, bicchieri, un vasetto a barchetta), qualche fibula ad arco semplice e due fuseruole. Gli elementi fittili rispetto a quelli in metallo erano particolarmente frequenti. Degna di nota la presenza di alcuni segnacoli posti per evidenziare la presenza delle strutture sepolcrali (Brusadin, 1964). Le piccole aree cimiteriali di Puntone dell Oliveto e di Monte della Ginestra erano collocate, la prima a ovest e la seconda a sud del Puntone di Norcino (fig. 14.2), purtroppo distrutte a causa dei lavori agricoli. Rispetto alle altre necropoli restituirono diversi materiali ascrivibili sia al proto villanoviano che al villanoviano, quali molti frammenti ceramici caratterizzati da decorazioni tipiche. Le strutture tombali richiamavano le stesse che furono recuperate negli altri sepolcreti proto villanoviani del Sasso; come custodie tufacee, pozzetti foderati di ciottoli e tombe a cassetta (Brusadin, 1987). Nel complesso fu osservato che nei sepolcreti proto villanoviani del Sasso erano presenti le stesse strutture tombali. La composizione dei corredi era particolarmente scarso, o assente, pochi i casi di sepolture accompagnate da un ricco corredo (materiale fittile). Sono tuttavia di forte interesse le attestazioni provenienti dalla necropoli di Montorgano; un coperchio a tetto di capanna e una figurazione plastica umana rappresentata sul collo di un urna. L eccezionale coperchio a tetto di capanna di Montorgano, che diverrà nella cultura villanoviana elemento peculiare della cultura laziale, contribuisce con certezza a individuare l origine di questo tipo nel territorio del Sasso, visto che in questo periodo (Bronzo finale) questa tipologia di ossuario è completamente 115

116 assente in ambito laziale. Riguardo alla figurazione decorativa antropomorfa, fu osservato da Brusadin che era del tutto analogo ad un motivo inciso su un coperchio proveniente da Montetosto; inoltre, entrambi richiamano le rese plastiche che erano realizzate sulla copertura della maggior parte delle urne a capanna villanoviane (Brusadin, 1987). Altri elementi di notevole interesse erano: un piattello tripode in miniatura associato ad un coperchio con apice sempre provenienti da Montorgano, che verrà preso in prestito nelle necropoli del Sorbo e di Selciatello nell orizzonte cronologico successivo. Sempre da quest ultimo sepolcreto era documentato un coperchio di forma ad elmo specializzato. Dalla necropoli ai Puntoni emerse un urna biconica, non decorata, con ansa orizzontale, munita di ciotola-coperchio troncoconica a bordo rientrante, ansa sporgente sul bordo; infine, tutte le forme vascolari degli ossuari ascrivibili alle aree cimiteriali del Sasso, diverranno tipiche nella facies villanoviana (Brusadin, 1987). Concludendo, al territorio del Sasso, per tutti quei caratteri specifici del protovillanoviano che sono stati sopra descritti, è da attribuire un ruolo importante di centro innovatore, per la spinta e brusca accelerazione alla formazione del villanoviano locale, nonché per la diffusione di alcuni elementi culturali che contribuirono al processo di formazione delle facies circonvicine (Brusadin, 1987). Un ultima osservazione concerne i rapporti tra il Sasso e la vicina Cerveteri, i primi insediamenti protostorici erano attestati esclusivamente nell area del Sasso e completamenti assenti a Cerveteri. Successivamente la situazione si capovolge, Cerveteri: diventerà centro propulsore, probabilmente un fenomeno legato allo spostamento della popolazione che abitava l altra area, spinta per la ricerca di nuovi terreni agricoli da coltivare e per rapporti economici e sociali più complessi (Brusadin, 1987). 116

117 Figura Cinerario con corredo fittile recuperato nel nucleo sepolcrale di Montorgano. Figura Custodia funeraria dal sepolcreto del Puntone di Norcino. 117

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