Danni da cinghiali all agricoltura

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1 Camera dei Deputati XIII Commissione (Agricoltura) Danni da cinghiali all agricoltura Roma, 18 settembre 2014

2 1. Premesse L occasione proposta dalla audizione può, anzitutto, essere utile per sottolineare l interesse a riflettere sul rapporto tra conservazione delle risorse faunistiche e, in particolare, del cinghiale e l utilizzazione a fini produttivi del territorio, in ragione della frequenza e della gravità dei danni arrecati ad opere, manufatti, colture e allevamenti. Da questo punto di vista, la scarsa disponibilità di studi relativi agli impatti delle diverse scelte di gestione (prevenzione, controlli ordinari, interventi straordinari) rende estremamente complessa la più generale pianificazione territoriale. Occorre, in ogni caso, tornare ad assicurare la prevalente funzione di presidio svolto dalle imprese agricole, soprattutto, nelle aree interne e marginali con utilità complessiva per la salvaguardia idrogeologica e la valorizzazione paesaggistica a fronte dell accresciuta consistenza delle popolazioni di animali selvatici e dell impatto generato dai danni. Si registra una inadeguata capacità di intervento da parte degli enti preposti e, specialmente, degli ambiti territoriali di caccia, sotto il profilo delle modalità di accertamento e riconoscimento dei danni, tenuto conto della dilatazione dei tempi e dell insufficienza nella previsione di indennizzi destinati ad un ristoro solo parziale oltre che tardivo. Quanto alla prevenzione che, pure, dovrebbe costituire il più efficace strumento di programmazione, un analisi descrittiva della situazione attuale, ne rivela la generale insufficienza. Il risultato di ciò può sintetizzarsi in malcontento degli agricoltori, elevati costi di gestione amministrativa e scarsi risultati. L obiettivo, sembra, diversamente quello di conseguire densità adeguate per le popolazioni di selvatici, indicando aree non vocate alla presenza di cinghiali, dove procedere ad abbattimenti non conservativi coordinati dall Autorità di vigilanza in collaborazione con i proprietari o conduttori di fondi rustici. La competenza, del resto, appartiene allo Stato ed è delegata alle Regioni, mentre dall Unione europea abbiamo l ammissione negli Orientamenti dell Unione europea per gli aiuti di Stato nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali che il successo della politica di conservazione dell Unione dipende dalla gestione efficace dei conflitti tra gli animali protetti e gli allevatori. Per questo l ordinamento europeo legittima gli aiuti destinati ad indennizzare i danni causati da animali protetti e, dunque, dal cinghiale, stabilendo tempi certi e la previsione del 100% dei costi ammissibili oltre a rendere disponibili strumenti alternativi quali le assicurazioni. 2. Tipologia di danni alle colture agrarie Le popolazioni di cinghiale possono arrecare danno alle colture agrarie e forestali con diverse modalità: 1. danni causati per asportazione di prodotto; 2. danni causati per asportazione di seme; 3. danno per rottura del cotico erboso sui prati e sui pascoli; 4. danno per sfregamento al piede delle piante. Nel primo caso, come risulta evidente, il cinghiale si nutre delle colture agrarie più svariate e a diversi gradi di maturazione, utilizzando uva, mais, patate, cereali, ortaggi e quant altro possa reperire sul territorio. Visti i tempi diversi di maturazione dei prodotti citati, ad esempio, la prevenzione del danno interessa un arco temporale piuttosto vasto se in talune zone sono presenti in contemporanea diversi tipi di coltura.

3 La valutazione del danno dovrebbe essere, in generale, effettuata verificando la quantità di prodotto effettivamente sottratta o danneggiata, ma non si può trascurare il fatto che se il danno supera una certa soglia (quella definita tollerabile e risarcibile), ciò costituisce la base per altri prodotti di qualità che non possono essere a questo punto immessi sul mercato. Si pensi a titolo di esempio alla sottrazione di grappoli d uva in zone dove si producono vini di pregio: il valore dell uva danneggiata e risarcita non può essere certamente paragonata al valore che il prodotto finito avrebbe avuto sul mercato. Risulta a questo punto evidente l importanza della prevenzione prima ancora del risarcimento del danno. Di natura diversa, ma non per questo meno importante, l impatto che il cinghiale può arrecare al cotico erboso dei prati e dei pascoli. Questa attività di scavo viene messa in atto dal cinghiale per ricercare rizomi e radici oltre alla microfauna presente nei primi strati di terreno sottostanti, con pesanti ripercussioni sulla gestione del territorio in quanto, se si tratta di prati, lo sfalcio meccanico diventa impossibile e in termini più generici la rottura del cotico provoca fenomeni di erosione superficiale che possono anche rendere instabile il suolo. In tutti i casi, comunque, il danno provocato dai cinghiali varia in modo considerevole anche in funzione della dislocazione delle colture sul territorio. Infatti, nel caso in cui le colture si trovino localizzate nelle immediate vicinanze di zone boscate o cespugliate, molto idonee come zone di rifugio, l impatto è sicuramente maggiore rispetto a zone in cui le estensioni coltivate sono più estese e distanti dalle are boscate Possibili soluzioni In relazione al problema della prevenzione e del controllo dei danni provocati dalla specie cinghiale occorre individuare una serie di misure che possono essere progressivamente attuate: a) misure di prevenzione; b) misure ordinarie di controllo; c) misure straordinarie di controllo. Prima di tutto, si tratta, però, di individuare nella pianificazione le aree non vocate alla presenza degli ungulati perché caratterizzate da una diffusa presenza di coltivazioni di qualità (ad es. vigneti, ortaggi, cereali) che si prestano facilmente ad essere depredate. In particolare, il piano faunistico venatorio dovrebbe prevedere una delimitazione del territorio per aree al fine di individuare le fasce di tollerabilità della presenza di cinghiali a seconda della destinazione d uso e della corrispondente vocazione. In particolare, le Regioni dovrebbero individuare: 1) aree a prevalente destinazione agricola in cui non è ammessa la presenza di cinghiali; 2) aree a rilevante compresenza di agricoltura ed ambiente naturali in cui é tollerata una bassa densità di cinghiali; 1 I cinghiali. Problematiche gestionali e prevenzione dell impatto sulle attività antropiche, in Internet:

4 3) aree a prevalente destinazione naturalistica caratterizzate dalla presenza di zone boscate in cui è ammessa una densità elevata di cinghiali. Le Regioni dovrebbero, altresì, stabilire i limiti di densità della presenza di cinghiali nelle diverse zone, tenuto conto delle specifiche condizioni locali e sentito il parere dell ISPRA. Si intende, al riguardo, richiamare l attenzione sull iniziativa della Regione Toscana, che con legge n. 3 del 1994, modificata con l.r. n. 2 del 2010, ha attribuito alle Province, ai sensi dell articolo 37, comma 4 quater, il compito di attuare il controllo della fauna selvatica e, in particolare, dei cinghiali, al fine di preservare le produzioni agro-forestali. Il Regolamento di attuazione della legge regionale 12 gennaio 1994 n. 3 (D.P.G.R. 26 luglio 2011 n. 33/R) ha, inoltre, riconosciuto ai proprietari e ai conduttori dei fondi muniti di licenza per l'esercizio venatorio, e previa autorizzazione della Provincia che ne stabilisce le modalità operative, di provvedere direttamente agli abbattimenti dei cinghiali (art. 92, comma 3). Si sottolinea, comunque, che le misure di prevenzione attualmente applicate non consentono di realizzare condizioni sufficienti di tutela degli agricoltori, mentre le misure ordinarie prevedono l intervento degli organi amministrativi sentito il parere degli istituti scientifici programmando abbattimenti selettivi che hanno finora dimostrato la loro insufficienza tenuto conto del progressivo aumento dell incidenza dei danni effettivamente provocati. L attuale situazione di grave disagio su gran parte del territorio sembra, invece, richiedere misure straordinarie da assimilare ad atti di protezione civile sia nell interesse dell agricoltura che nell interesse della sicurezza stradale e della stessa incolumità pubblica. È significativo ricordare come le attività di controllo devono essere chiaramente distinte dalle attività venatorie in quanto si tratta di interventi di contenimento, cattura e abbattimento che debbono essere effettuati con il coordinamento degli agenti di polizia e previa autorizzazione dell autorità prefettizia. In particolare, il Prefetto può intervenire ex officio ovvero su richiesta dei Sindaci o di altre autorità locali della Pubblica Amministrazione e autorizzare specifiche misure di controllo di carattere contingibile e urgente. Chiaramente il controllo dev essere eseguito su tutto il territorio e, con particolari cautele, anche nelle aree protette dove procedere alla realizzazione di opere di contenimento e di barriere protettive la cui installazione e manutenzione sia disposta dagli enti parco su richiesta delle organizzazioni agricole oltre che ambientaliste. Diversamente, qualora le misure stabilite garantiscano una presenza sostenibile di cinghiali sul territorio rispettosa delle esigenze degli attori economici e sociali, al fine di mantenere le condizioni di stabilità ottenute, le Regioni e le Province Autonome anche attraverso gli ambiti territoriali di caccia dovrebbero prevedere incentivi agli imprenditori agricoli che: 1) realizzino sistemi di alimentazione complementare per i cinghiali, quali la presenza di coltivazioni così dette a perdere, che abbiano l effetto di dissuadere gli animali dall alimentarsi presso le colture aziendali destinate a finalità produttive; 2) garantiscano il foraggiamento artificiale dei cinghiali, tramite la somministrazioni di alcuni prodotti agricoli, che aiuti a ridurre significativamente la mobilità dei branchi sul territorio. In generale, nell ambito di ciascuno dei fondi regionali istituiti, ai sensi dell art. 26 della l. 157 citata, relativi alla prevenzione e ai risarcimenti, una quota dei proventi derivanti dal pagamento della tassa di concessione regionale dovrebbe essere riservata alla copertura dei danni derivanti da fauna selvatica, al fine di incentivare la stipula di contratti assicurativi da parte di

5 coltivatori diretti e di imprenditori agricoli professionali di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n.99. L attivazione della Conferenza dei servizi potrebbe favorire, inoltre, l esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti, nel rispetto dei criteri di economicità, semplicità, celerità ed efficacia. E importante, inoltre, prevedere una norma che introduca una responsabilità dell Amministrazione competente al risarcimento. Il mancato rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti di risarcimento dei danni da fauna selvatica devono costituire elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, ai sensi dell articolo 2, comma 9 della l. 241/1990. L Ente competente a risarcire il danno per i procedimenti amministrativi di propria competenza, in caso di inosservanza dei tempi di conclusione del procedimento dovrebbe essere, quindi, tenuto a corrispondere all interessato che ne faccia richiesta una somma di denaro a titolo di indennizzo per il mero ritardo. D altra parte, la materia dei danni da fauna selvatica è stata di recente interessata dalla pubblicazione degli orientamenti dell Unione europea per gli aiuti di Stato nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali (2014/C 204/01), che stabiliscono le misure che possono essere adottate per prevenire e risarcire i danni causati agli agricoltori dagli animali protetti, intendendosi per tali quelli individuati dalla legislazione europea o nazionale. In data 1 luglio 2014 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell Unione europea (L 193/1) anche il Regolamento (UE) n. 702/2014 della Commissione del 25 giugno 2014 che dichiara compatibili con il mercato interno, in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'unione europea, alcune categorie di aiuti nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali e che abroga il regolamento della Commissione (CE) n. 1857/2006. La previsione, a livello nazionale o regionale, di apposite misure di prevenzione, controllo e risarcimento dei danni provocati alle attività degli agricoltori dalla fauna selvatica sembra, dunque, del tutto conforme agli obiettivi dei provvedimenti richiamati. Con particolare riferimento alla fauna selvatica, la Commissione prende atto dei gravi danni che gli agricoltori subiscono con sempre maggior frequenza alle proprie infrastrutture, agli animali e alle colture a causa della diffusione, nelle aree agricole, di grandi carnivori, di ungulati come pure di nutrie, che sono in grado di incidere sui risultati di attività che richiedono un impegno costante e faticoso, con ulteriore perdita di qualsiasi ritorno economico. Non soltanto gli orientamenti per gli aiuti di Stato ma anche il Regolamento (UE) n. 702 del 2014, individuano nelle perdite subite dagli agricoltori danneggiati dagli animali selvatici le condizioni per beneficiare di un aiuto compatibile con gli articoli 107 e 108 del TFUE. Occorre, tuttavia, che siano soddisfatte le condizioni previste dalle linee guida. In particolare, potranno essere compresi nel danno anche i costi indiretti rappresentati da spese veterinarie derivanti dal trattamento degli animali feriti e dalle spese sostenute nelle attività di ricerca degli animali dispersi e saranno valutati i danni materiali arrecati alle attrezzature, ai macchinari, ai fabbricati agricoli e alle scorte. Il danno materiale deve essere calcolato in base al costo di riparazione o in base alla diminuzione del valore di mercato del bene danneggiato. Le linee guida, inoltre, individuano i criteri da seguire in materia di aiuti concessi alle imprese agricole per il pagamento dei premi assicurativi previsti a copertura di perdite causate anche dalla fauna selvatica. Il Regolamento (UE) n. 702/2014, all articolo 28, fissa, poi, le condizioni che rendono compatibili con il mercato interno e, dunque, esenti dall obbligo di notifica,

6 gli aiuti per il pagamento di premi assicurativi concessi a favore delle imprese agricole che abbiano subito danni, tra l altro, dagli animali protetti. Il par. 6 dell art. 28 fissa al 65% del costo del premio assicurativo l'intensità massima di aiuto concedibile dallo Stato. Sulla possibile applicazione di tali provvedimenti anche in caso di danni provocati da ungulati, si segnala la riposta di Dacian Ciolos ad una interrogazione parlamentare scritta presentata alla Commissione il 5 novembre 2012, in cui si chiedevano opportune misure a sostegno degli agricoltori. La risposta sembra essere chiara nel riconoscere l estensione della disciplina in materia di aiuti di Stato anche a favore degli agricoltori danneggiati da ungulati 2. 2 Nella sua risposta scritta resa il 26 febbraio 2014 Dacian Ciolos dichiara: Il cinghiale non è una specie di interesse europeo protetta dalla direttiva Habitat e la sua gestione, di norma, non è legata ad obiettivi di tutela ambientale. Spetta pertanto agli Stati membri garantire che le popolazioni siano gestite in modo da evitare o ridurre al minimo gli impatti negativi sui terreni agricoli... Nel quadro dei nuovi orientamenti per gli aiuti di Stato nel settore agricolo e forestale e nelle zone rurali per il periodo , attualmente in fase di elaborazione, la Commissione sta valutando la possibilità di includere disposizioni specifiche in materia di aiuti di Stato per i danni causati dagli animali protetti dalla legislazione nazionale o unionale (

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