XXXI 2008 SOCIETÀ ARCHEOLOGICA VENETA - ONLUS

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1 ARCHEOLOGIA VENETA XXXI 2008 SOCIETÀ ARCHEOLOGICA VENETA - ONLUS

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3 ISSN Redazione: SIMONETTA BONOMI GIAN PIETRO BROGIOLO GIANPAOLO CANDIANI FRANCESCO COZZA - direttore responsabile GIOVANNI GORINI MICHELANGELO MUNARINI RAFFAELE PERRONE MARISA RIGONI ANGELA RUTA SERAFINI GIOVANNA TOSI PAOLA ZANOVELLO Autorizzazione del Tribunale di Padova n. 584 dell Società Archelogica Veneta Onlus - Padova, Corso Garibaldi, 41; c.f Casella postale n Padova, tel info@archeovenetaonlus.it Sito web: Registro Operatori Comunicazione ROC n Registri delle Organizzazioni di Volontariato: - Regione del Veneto n. PD Provincia di Padova n. 226/d - Comune di Padova n. 699 La rivista viene distribuita gratuitamente ai Soci ordinari della S.A.V. in regola con la quota sociale. Distribuzione: Libreria Editrice ZIELO - via Portello, Padova - tel Progetto grafico e impaginazione: Francesco Cozza Realizzazione grafica al computer: Giuseppe Manfrin Stampa: Nuova Grafotecnica snc Casalserugo, via L. Da Vinci, 8 - tel

4 ARCHEOLOGIA VENETA XXXI 2008 SOCIETÀ ARCHEOLOGICA VENETA - ONLUS PADOVA

5 Iniziativa promossa da SOCIETÀ ARCHEOLOGICA VENETA ONLUS realizzata con il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo REGIONE DEL VENETO

6 INDICE Nuovi ritrovamenti litici del Paleolitico sui colli Euganei Rossella Duches, Marco Peresani, Raffaele Perrone Lettura stratigrafica del terreno e degli alzati nell oratorio di San Michele di Pozzoveggiani a Padova Serena Franceschi, Adelmo Lazzari, Stefania Mazzocchin, Stefano Tuzzato Tracce di una villa rustica romana e di un villaggio altomedievale a Ghizzole di Montegaldella (Vicenza) Paolo Cattaneo, Francesco Cozza, Mariolina Gamba, Rita Giacomello, Cinzia Rossignoli Rinvenimento di una piroga monossile altomedievale dal fiume Piave in territorio di Ponte di Piave (Treviso) Stefano Medas Ricerche storiche e dati archeologici sul sito della villa dei Vescovi a Luvigliano di Torreglia (Padova) Laura Anglani, Simonetta Bonomi, Marco Cagnoni, Bruno Castiglioni, Sebastiano Lora, Stefano Tuzzato La chiesa di Santa Libera in Castello a Malo (Vicenza) tra fonti storiche ed indagini archeologiche Anna Dalla Vecchia, Mariolina Gamba, Andrea Nardo, Camilla Sainati, Rosario Salerno Ricerche archeologiche e vicende storiche sul sedime di palazzo Carminati a Venezia Rossella Cester, Marco Marchesini, Nicoletta Martinelli, Silvia Marvelli, Martina Minini, Olivia Pignatelli, Silvia Tiozzo Evidenze archeologiche di strutture per la lavorazione delle stoffe nella Venezia bassomedievale Marco Bortoletto Archeologia fluviale e attività molitoria. I casi di Cervarese Santa Croce e Trambacche (Padova) Costanza Miotello Rinvenimento di una discarica da cucina tardo rinascimentale in Borgo San Zeno di Montagnana (Padova) Francesco Cozza

7 fig. 1 Veduta di monte Cinto e Valcalaona, colta dalle pendici del monte Versa.

8 Nuovi ritrovamenti litici del Paleolitico sui colli Euganei Premessa La morfologia dei colli Euganei (fig. 1) deve la sua origine alla combinazione di fenomeni endogeni, cioè propri delle dinamiche della crosta terrestre, e di fenomeni esogeni dipendenti dalle vicende climatiche che, soprattutto nel corso del Quaternario, hanno conosciuto variazioni di ampia portata. La nota genesi dei colli, provocata dalla fuoriuscita di materiale magmatico e dalla intrusione di magmi differenziati nella porzione superficiale della crosta terrestre tra l Eocene e l Oligocene, deve un contributo anche al sollevamento di vaste porzioni di crosta nel settore orientale, includendo i vicini monti Berici e le dorsali interposte tra i due sistemi collinari (per la cronologia relativa a queste fasi geologiche si veda la fig. 2). Questo complesso insieme di fenomeni ha portato all emersione di vaste porzioni di rocce carbonatiche (Biancone, Scaglia Variegata, Scaglia Rossa) contenenti lenti, noduli e strati di selce, fonti ideali per il reperimento di rocce adatte alla scheggiatura. In aggiunta alla ricchezza di selci, in passato gli Euganei offrivano un ambiente naturale variegato, caratterizzato da pianori situati a media quota, interposti tra le cime dei rilievi silicatici e la pianura alluvionale ricca di zone paludose e percorsa dai paleoalvei dell Adige, del Brenta e del Bacchiglione. Questo scenario è alla base della scelta degli stanziamenti paleolitici, collocati in diverse punti a seconda delle condizioni climatiche (direzione dei venti preferenziali, esposizione al sole, reperibilità delle fonti alimentari, dell acqua e, nel caso dei nostri colli, forse anche delle fonti termali) e delle materie prime utilizzate per la costruzione di utensili o selezionate per l esportazione verso altre località. Nel complesso, i siti del Paleolitico medio e superiore si trovano sui ripiani intermedi; quelli del Mesolitico antico, così come quelli del Neolitico antico, si collocano invece prevalentemente in pianura, sulle sponde dei paleoalvei. Durante l epoca del Bronzo si assiste poi all estensione dell insediamento tra la pianura, testimoniato dalle strutture palafitticole presso il laghetto della Costa di Arquà Petrarca e nei siti minori di Mondonego e Chiavicone, e in non poche eccezioni le cime dei colli (Monte Cinto, Monte Rosso, Monte Orbieso). fig. 2 Schema cronologico di riferimento in rapporto alle suddivisioni di natura geologica. 7

9 Storia delle ricerche Le prime attestazioni di reperti paleolitici sui colli Euganei risalgono alla fine del XIX secolo ad opera del Prof. F. Cordenons; nel 1888 egli segnalò la scoperta di manufatti in selce risalenti al Paleolitico medio lungo le pendici del Monte Madonna e del Monte Venda. A questi primi ritrovamenti seguirono nuove scoperte, prima da parte del Prof. R. Battaglia (BATTAGLIA 1956), poi dei componenti del Gruppo Grotte di Vicenza G. Trevisiol, che attorno agli anni 60 raccolsero schegge a Carbonara e nei pressi di Cortelà (LEONARDI, BROGLIO 1962).Tali segnalazioni gettarono le basi per ulteriori e fruttuose prospezioni da parte del prof. C. Corrain, di G. Zaffanella, della Società Archeologica Veneta e infine dell Università di Ferrara. La mancanza di un contesto stratigrafico accomuna la maggior parte di questi siti sottoposti ad erosione e a profonde alterazioni post-deposizionali. A causa di ciò, in molti casi l attribuzione cronologica dei ritrovamenti è stata ipotizzata essenzialmente sulla base delle caratteristiche tecno-tipologiche dei manufatti litici e dello stato di conservazione delle loro superfici. Da tale situazione si discosta il sito di monte Versa, caratterizzato dalla presenza di un preciso contesto pedostratigrafico e dall abbondanza di manufatti litici raccolti in superficie. La località, segnalata alla Soprintendenza Archeologica per il Veneto all inizio degli anni 60, fu oggetto di prospezioni decennali da parte di C. Corrain fino al 2000 quando venne realizzato un sondaggio geoarcheologico ad opera dell Università di Ferrara (PERESANI ). Negli ultimi dieci anni, le ricerche sui colli Euganei sono proseguite ad opera della Società Archeologica Veneta nell ambito di una più vasta collaborazione tra questo ente e uno degli scriventi (M.P.), portando alla scoperta di numerosi giacimenti di superficie e arricchendo così il quadro delle frequentazioni paleolitiche nel territorio. Oltre ai siti del Paleolitico medio, tra i quali è senza dubbio da ricordare l insieme litico di Terme di Valcalaona (PERESANI, PERRONE 1999; FERRARI, PERESANI, PERRONE 2005), gli Euganei conservano tracce di frequentazioni antropiche più recenti, evidenziate in questa decade e prima d ora non segnalate, riferibili alla fine del Paleolitico superiore e al Mesolitico (PERESANI, PERRONE, ZAN- GHERI 2000). Per quanto riguarda il Paleolitico superiore si tratta di pochi ma significativi reperti in selce attribuibili all Epigravettiano, raccolti nella Valcalaona, a Mondonego nelle Valli di Galzignano (PERESANI, PERRONE 1999) e più di recente sul rilievo del Monticello di Barbarano (DUCHES, PERESANI in stampa), che costituisce la testa occidentale del sistema delle dorsali orientali dei Berici. La presenza di questi materiali risulta di particolare interesse in quanto fornisce un ulteriore testimonianza dell esistenza di vasti sistemi insediativi di natura territoriale che coinvolsero tutta l area prealpina nel corso del tardoglaciale. Varie scoperte di maggiore consistenza attestano inoltre che i colli Euganei e le depressioni circostanti furono percorsi e abitati anche durante il Mesolitico. Le segnalazioni archeologiche si riferiscono a rinvenimenti superficiali in località sopraelevate all interno del paesaggio alluvionale e pertanto ricercate quali sedi ottimali per l installazione di accampamenti. Vari siti sono stati individuati nella Valcalaona: Casa Romito, Casa del Ricovero,Terme 8

10 e Le Basse. L importanza del contesto paleoambientale e geoarcheologico nel quale si inseriscono i siti della Valcalaona è stata sottolineata più volte dagli autori (PERESANI, PERRONE 1999; PERESANI, PERRONE, ZANGHERI 2000). La loro ubicazione sulle sponde di un paleoalveo che attraversa questa bassura ne documenta l attività nel corso del Mesolitico e conferma l ipotesi avanzata dai geologi B. Marcolongo (MARCOLONGO 1987) e P. Zangheri (ZANGHERI 1990) circa un età tardoglaciale od olocenica antica del tracciato fluviale e della fascia depressa ad esso circostante. La Valcalaona si presenta quindi come un ulteriore tassello nel vasto fenomeno di popolamento che investì le pianure venete fino alla fascia costiera durante l intero arco del Mesolitico. Nuovi ritrovamenti Negli anni passati, i lavori agricoli e le varie forme di erosione naturale hanno portato alla luce numerose tracce di antichi insediamenti; ancora oggi, lo spiantamento di un vigneto o il verificarsi di una frana possono dare origine ad una nuova breve finestra esplorativa sulle più antiche testimonianze del popolamento umano nei colli Euganei. Proprio grazie a queste circostanze sono stati portati alla luce alcuni nuovi ritrovamenti, tutti riferibili al Paleolitico, scoperti dagli scriventi (MP e RP) nel periodo grazie alla realizzazione di un survey sistematico dell area dei colli supportato dal Parco Regionale dei colli Euganei. Si tratta dei siti di Terme di Valcalaona (già segnalato a partire dal 1999 ma che ora ha rivelato nuovi interessanti reperti), di colle Mattara, di Casa Ambrosi, nonché della scheggia fig. 3 Carta dei colli Euganei recante l ubicazione dei nuovi ritrovamenti menzionati nel testo (in blu). in latite rinvenuta nei pressi di Villa Cavagnari (fig. 3). Il materiale raccolto in questi siti comprende numerosi reperti del Paleolitico Medio ma anche pochi manufatti pienamente attribuibili alla fase media del Paleolitico Superiore; questi ultimi risultano di particolare interesse in quanto ci permettono di colmare un insolita lacuna nella frequentazione umana definita fino ad ora dai ritrovamenti nei colli. Per quanto riguarda il Mesolitico antico, sono stati effettuati dagli scriventi alcuni ritrovamenti invalcalaona ed invalle delle Gombe; quest ultimo rappresenta un nuovo sito collocato a livello intermedio sulle pendici dei colli, ancora in fase di studio. Grazie a queste nuove scoperte si viene dunque completando sempre di più il quadro delle presenze umane sui colli Euganei, almeno a partire dal Paleolitico Medio se non già dall inferiore. La mancanza di grotte e ripari veramente abitabili con esposizione appropriata, potrebbe però aver rappresentato un limite 9

11 importante nelle dinamiche di stanziamento dei gruppi umani nei periodi più antichi. Nei colli Berici conosciamo al contrario numerosi siti in grotta come Broion, San Bernardino e Paina, che hanno sicuramente offerto la possibilità di una variazione nella modalità insediativa dei gruppi paleolitici. La frequentazione di queste grotte e ripari ha inoltre comportato la conservazione di abbondanti resti distribuiti in diversi livelli stratigrafici, databili ed inquadrabili quindi in un preciso contesto ecologico. Sui colli Euganei la valutazione dell orientamento funzionale dei diversi siti è invece più difficile, anche se non mancano alcune eccezioni: il sito di Casa Ambrosi, ad esempio, è interpretabile come un area di raccolta e prelavorazione delle selci che venivano raccolte con buona sicurezza nel cono di deiezione di un ruscello, ora sconvolto da lavori agricoli, che scorreva sul versante Nord del Monte Versa. I nuovi ritrovamenti sono in parte situati in zone già oggetto in precedenza di ricerche e prospezioni, e le relative località sono note con toponimi di carattere morfologico (colle Mattara, Monte Cinto-Vegro,Terme divalcalaona) o antropico (Casa Ambrosi,Villa Cavagnari). Colle Mattara ( Lat Nord, Long Est) La totalità del materiale raccolto a colle Mattara consta di 256 manufatti in selce e 9 pezzi non lavorati, costituiti da scaglie, blocchi e placchette derivate dalla fratturazione naturale della selce. Tra i reperti di natura antropica sono stati conteggiati 45 prodotti della scheggiatura con modulo superiore a 4cm, 25 strumenti ritoccati e 22 nuclei. Trattandosi di rinvenimenti di superficie non è purtroppo possibile risalire al contesto pedo-stratigrafico originario dei reperti, né valutare la contemporaneità degli stessi. Processi erosivi ed altri fattori post-deposizionali hanno infatti stravolto irreparabilmente l iniziale distribuzione dei manufatti sia in senso verticale che orizzontale. L attribuzione dei materiali ad uno specifico orizzonte crono-culturale è stata dunque condotta sulla base delle caratteristiche tecno-tipologiche dei manufatti e dello stato di conservazione delle loro superfici esterne. Grazie all analisi di questi aspetti è stato possibile attribuire la maggior parte (N=54) dei reperti al Paleolitico medio mentre solo 38 pezzi sono risultati appartenere ad una frequentazione più tarda del sito, collocabile con buona probabilità nel Paleolitico superiore (tab. I); esclusi dal conteggio sono rimasti 6 nuclei e 22 schegge di natura indeterminabile. tab. I. Composizione dell insieme litico. Colle Mattara Paleolitico Paleolitico medio superiore n. % n. % prodotti della scheggiatura 32 59, ,2 manufatti ritoccati 11 20, ,8 nuclei 11 20, totale Interessante risulta valutare le diverse aree di provenienza dei materiali (fig. 4-5) in base alla loro attribuzione crono-culturale: il 55,6% dei manufatti musteriani proviene infatti dall area Est1 mentre l 86,8% (di cui il 52,6% nell area Ovest1) dei reperti ascrivibili al Paleolitico superiore è stato raccolto nei settori Ovest (tab. II). 10

12 fig. 4 Colle Mattara. Immagine del sito visto da ovest, suddiviso secondo le diverse aree di raccolta dei manufatti litici. fig. 5 Colle Mattara. Carta topografica con l indicazione delle diverse aree di raccolta dei reperti. 11

13 tab. II. Aree di provenienza dei manufatti suddivisi in base alla loro attribuzione crono-culturale. Colle Mattara Paleolitico Paleolitico aree di medio superiore rinvenimento n. % n. % est ,6 5 13,2 ovest , ,6 ovest ,5 9 23,7 ovest 3 1 1,85 3 7,9 ovest 4 1 1,85 1 2,6 totale Nonostante i processi post-deposizionali abbiano causato un ingente stravolgimento dell originale distribuzione dei manufatti, questi dati sembrano comunque indicare l esistenza di due diverse aree di concentrazione iniziale dei reperti dovute a frequentazioni paleolitiche ben distinte a livello temporale. In termini generali, i reperti mostrano uno stato di conservazione mediocre; quasi tutte le selci risultano infatti profondamente coperte da patine biancastre e giallastre, a tal punto da mascherarne il colore originario. La patina consiste in un alterazione chimica della superficie silicea indotta dalla permanenza dei materiali in contesti pedologici, che porta alla progressiva assunzione di una colorazione biancastra talvolta molto diversa da quella originaria. Questo aspetto, associato alla presenza ricorrente di impregnazioni di sesquiossidi (ossidi di ferro e manganese che danno un colore rosso-bruno-nerastro) e di numerose fratture prodotte dal gelo, è indicativo di una lunga permanenza dei reperti all interno di paleosuoli sepolti e risulta dunque importante quale indicatore di antichità dei manufatti. Oltre alle superfici, i reperti hanno subito anche un ingente deterioramento dei margini (sbrecciature varie, note come pseudoritocchi) ed in molti casi si presentano frammentati (38,9% tra i reperti musteriani e 52,6% tra quelli ascrivibili al Paleolitico superiore). Questo fenomeno può essere imputabile a diverse cause di natura antropica o naturale quali il calpestio, i processi di gelo e disgelo, l uso del suolo, etc. L alterazione termica non sembra invece aver influito sul deterioramento dei pezzi in quanto solo 14 reperti mostrano le caratteristiche fratture prodotte dalla vicinanza a fonti di calore (es. i focolari). Nonostante la presenza costante di patine più o meno sviluppate, è evidente come i materiali utilizzati nell industria litica rimandino per lo più alle selci bruno-rossastre della Scaglia Rossa (82 reperti), mentre solo pochi siano ascrivibili a quella grigio-bluastra del Biancone (9 reperti) o giallo-verde della Scaglia Variegata (8). Dal momento che tutte queste varietà litologiche sono facilmente reperibili nel territorio prospiciente il sito, è presumibile che la materia prima venisse estratta nelle vicine formazioni cretaciche del Biancone, della Scaglia Variegata e della Scaglia Rossa, quest ultima affiorante copiosamente tra gli Euganei occidentali e i Berici orientali sotto forma di blocchi e noduli decimetrici. La qualità di questa materia prima non si presenta però particolarmente elevata a causa di una serie di fattori negativi quali la presenza di fratture interne, di vuoti e di inclusioni grossolane (PORRAZ, PERESANI 2006).Affioramenti di Scaglia Rossa sono stati rilevati anche verso nord-ovest sui colli di Albettone e di Lovertino (BERTOLA 1996) ma a causa delle patine che ricoprono i reperti è impossibile tuttavia valutare l eventuale contributo di questi affioramenti nell economia della produzione litica di Mattara. 12

14 L analisi delle superfici esterne ha evidenziato la presenza di un numero elevato di manufatti coperti da lembi più o meno estesi di cortice residuale (parte esterna del nodulo di selce dove la sostituzione del carbonato di calcio con la silice è stata incompleta), la cui tipologia (irregolare, spigoloso e ruvido) in associazione alla presenza di numerose superfici di frattura naturale, suggerisce il prelevamento dei blocchi in prossimità di affioramenti e detriti grossolani.totalmente assenti sono invece i cortici caratterizzati da un elevato grado di arrotondamento ed abrasione, associabili a fenomeni di trasporto fluviale. Lo scarso numero di materiali in selce del Biancone e Scaglia Variegata, risulta conforme a quanto rilevato per altri contesti euganei ad affioramento locale di selci in Scaglia Rossa (FERRARI, PERESANI, PERRONE 2005; PERE- SANI ). Nonostante la presenza di vicine fonti di approvvigionamento, dislocate lungo i colli Euganei occidentali, la scarsità nell utilizzo di queste litologie sembra imputabile alla quantità trascurabile dei giacimenti stessi (BERTOLA 1996). La varietà di manufatti litici musteriani rinvenuti ci permette di attestare l avvenuto sfruttamento in situ della selce reperita localmente e di avanzare alcune osservazioni sulle modalità di scheggiatura messe in atto durante il Paleolitico medio. L industria musteriana di colle Mattara comprende nuclei abbandonati a diversi stadi della lavorazione, supporti predeterminati, sottoprodotti della scheggiatura e strumenti ritoccati (fig. 6). Il gruppo maggiormente rappresentato è quello dei sottoprodotti della scheggiatura che raggiunge poco più del 44% del totale. Questa categoria comprende i prodotti di messa in forma del nucleo e quelli relativi alla gestione delle convessità in corso di scheggiatura. A questo gruppo segue la categoria relativa alle schegge e ai nuclei Levallois (rispettivamente 33,3% e 18,5%) e infine quella inerente la produzione discoide (1,8%). Trattandosi di rinvenimenti di superficie non è possibile verificare in alcun modo la contemporaneità dei manufatti e poter quindi formulare precise considerazioni riguardanti lo svolgimento delle sequenze di scheggiatura. In linea generale, si può comunque osservare come la produzione sia principalmente volta all ottenimento di supporti Levallois, in conformità a quanto rilevato per i sistemi tecnoeconomici musteriani del nord-est (PERESANI 2003). Sulla base dell analisi comparata effettuata sulle schegge Levallois e sui nuclei è stato possibile identificare la presenza di due principali varianti nella modalità di scheggiatura: ricorrente unidirezionale e preferenziale (fig. 6.2, 6.1). In entrambi i casi la selezione dei supporti ricade principalmente su placchette con morfologia a cuneo o piccoli blocchi caratterizzati da una o più superfici di frattura naturale dalle dimensioni sub-decimetriche. I blocchi grezzi vengono sfruttati senza preparazione preliminare, a partire da una delle facce principali in corrispondenza della porzione meno spessa del supporto. Appare chiaro come la tendenza prevalente sia quella di ottenere quante più schegge in successione possibile, intervenendo mediante stacchi di riparazione solo se estremamente necessario. Nella maggior parte dei casi l abbandono dei nuclei è dovuto all insorgere di numerosi incidenti di scheggiatura in prossimità dell estremità distale del supporto. L impossibilità 13

15 fig. 6 Colle Mattara. Industria litica dalle raccolte di superficie: reperti attribuibili al Paleolitico medio. Nucleo Levallois a scheggia preferenziale (n. 1), nucleo Levallois ricorrente unidirezionale (n. 2), raschiatoio semplice laterale su scheggia Levallois debordante (n. 3), raschiatoio semplice laterale (n. 4), raschiatoio convergente (n. 5), raschiatoio trasversale (n. 6) (disegni S. Muratori).

16 fig. 7 Nucleo Levallois a scheggia preferenziale (fig. 6.1). fig. 8 Nucleo Levallois ricorrente unidirezionale (fig. 6.2) di ripristinare le giuste convessità e di asportare eventuali asperità della superficie induce infatti gli scheggiatori ad arrestare la produzione. Frequenti sono anche i casi in cui la presenza di fessurazioni incipienti determini l origine di fratture involontarie nel corso della scheggiatura, provocando talvolta la frammentazione parziale del nucleo. Per quanto riguarda i supporti predeterminati, le schegge Levallois ordinarie (N=10) superano di poco le debordanti (N=8): tra queste figurano come preponderanti le schegge unidirezionali, seguite in minor numero dalle centripete, le bidirezionali e le ortogonali. Grazie alla presenza di margini sottili e taglienti, i prodotti Levallois ottenuti mediante la scheggiatura potevano essere impiegati direttamente come utensili. Tuttavia, quando il margine tagliente si usurava oppure si desiderava ottenere uno strumento dotato di un margine dalla morfologia più regolare, la scheggia veniva modificata fino a raggiungere la forma desiderata. Questa operazione consisteva nel ritocco, cioè nel distacco di una serie di scheggioline adiacenti, a partire da uno o più bordi della scheggia per mezzo della percussione diretta con un percussore duro (ciottolo) o tenero (scheggia di osso). Interessante risulta la presenza a colle Mat- fig. 9 Raschiatoio semplice laterale su scheggia Levallois debordante (fig. 6.3). fig. 10 Raschiatoio convergente (fig. 6.5). 15

17 tara di un elevato numero di strumenti (20%), dato che appare alquanto insolito nel quadro complessivo dei siti musteriani dell area euganea (PERESANI ; DUCHES, PERE- SANI in stampa). Gli strumenti ritoccati ammontano complessivamente a 11 esemplari. Tra i supporti scelti per il loro confezionamento figurano numerosi sottoprodotti della scheggiatura accanto ad alcune schegge Levallois. Per quanto riguarda l aspetto tipologico, si tratta per lo più di raschiatoi, ovvero strumenti caratterizzati da un margine ritoccato funzionale ad operazioni di raschiamento, diversificati a seconda dell andamento del bordo e della localizzazione del ritocco (fig ). Un raschiatoio si discosta dagli altri perché confezionato con maggior cura: il supporto selezionato è una scheggia Levallois debordante di grandi dimensioni (85x46x15), dotata di un dorso spesso utile alla prensione manuale dello strumento, e caratterizzata da un elevato numero di negativi dorsali di preparazione; il ritocco piatto si presenta diretto e scalariforme, esteso a tutto il margine funzionale del supporto (fig. 6.3 e 9). Interessante risulta essere anche l unico grattatoio presente, dal momento che rappresenta il riciclo di una scheggia debordante Levallois, selezionata e riutilizzata successivamente al suo abbandono per la realizzazione di un grattatoio carenato: la fronte funzionale dello strumento è stata ottenuta sfruttando la naturale convessità formata dallo spigolo tra la faccia dorsale e ventrale della scheggia. Questo processo di trasformazione successivo, risulta facilmente intuibile grazie alla differenza di patina presente sui negativi legati alla confezione del grattatoio rispetto a quella originale della scheggia-supporto. Non è da escludere, inoltre, l interpretazione di questo esemplare quale nucleo a lamelle su scheggia spessa, che risulterebbe conforme a quanto riscontrato in alcuni contesti attribuibili all Aurignaziano (LE BRUN-RICALENS, BROU 2003). Accanto alla predominante applicazione del metodo Levallois è inoltre testimoniata una più saltuaria ed effimera produzione di tipo discoide, rappresentata da un unico nucleo: di medie dimensioni risulta caratterizzato da negativi centripeti staccati alternativamente a partire da due superfici opposte e convesse. Questo metodo di scheggiatura si basa infatti sull utilizzo avvicendato di due superfici in qualità di piano di percussione e superficie di scheggiatura, per la produzione di schegge corte e spesse di morfologia quadrangolare o triangolare. La scarsa qualità della materia prima, attraversata da numerosi piani di frattura interni, risulta determinante per l abbandono del nucleo in una fase precoce dello sfruttamento. Il sistema di produzione delineato in base alle caratteristiche dei manufatti musteriani rinvenuti a colle Mattara, rientra nel quadro complessivo del Musteriano dell Italia nord -orientale: la predominanza del metodo di scheggiatura Levallois e l applicazione della modalità ricorrente unidirezionale rappresentano infatti alcuni dei tratti comuni della produzione litica di quest area (PERESANI 2001). Lo stile di gestione dei nuclei, che si distingue per l iniziale mancanza di una fase preparatoria e l utilizzo di determinati espedienti tecnici nel corso della scheggiatura, risulta inoltre conforme a quanto evidenziato per altri contesti dell area berico-euganea; tra questi figurano Monticello di Barbarano (DUCHES, PERE- SANI in stampa) e Terme di Valcalaona (FER- RARI, PERESANI, PERRONE 2005). 16

18 Interessante appare inoltre il dato relativo all elevato numero di manufatti ritoccati (20%) che si discosta nettamente da quanto evidenziato per i giacimenti di Monte Versa (PERESANI ) e Monticello di Barbarano (DUCHES, PERESANI in stampa): qui il numero degli strumenti si presenta infatti molto esiguo, non superando il 3% del numero totale dei reperti. Questa evidente difformità appare imputabile ad un diverso orientamento funzionale del sito, che con buona probabilità si discosta dalla vocazione essenzialmente produttiva dei restanti due giacimenti. Più conforme ai valori ivi riscontrati appare invece il sito di Terme di Valcalaona nel quale la frequenza di raschiatoi (20%) attesta un orientamento funzionale misto del sito con circolazione di manufatti finiti ed elaborati altrove (FERRARI, PERE- SANI, PERRONE 2005). Un altro aspetto interessante dell industria litica di colle Mattara è rappresentato dall attestazione di una produzione discoide che affianca la prevalente produzione Levallois. Questo aspetto, pur confermato da un unico nucleo, trova correlazione negli insiemi litici di Terme di Valcalaona (FERRARI, PERESANI, PERRONE 2005), di Monte Cason sui Berici e di RiparoTagliente, Grotta di Fumane e Grotta S. Cristina (PERESANI 2003) nei monti Lessini. Come anticipato, 38 manufatti sembrano appartenere al Paleolitico superiore ed essere quindi riconducibili alle culture dell Uomo moderno (Homo sapiens). Alcuni reperti di colle Mattara rimandano dunque al metodo di scheggiatura laminare senza però poterne specificare in molti casi l esatto contesto cronoculturale. La materia prima utilizzata risulta conforme a quella precedentemente impiegata dai neandertaliani testimoniando una continuità di sfruttamento degli affioramenti locali di Scaglia Rossa. Allo stesso modo, le tipologie dei supporti grezzi selezionati rimandano per lo più all utilizzo di blocchi, placchette e schegge gelive recuperati nei depositi residuali della zona. I nuclei, di medie dimensioni, attestano un - orientamento principale della produzione verso l ottenimento di supporti lamellari mediante l utilizzo della percussione diretta alla pietra. In alcuni esemplari di morfologia prismatica, apparentemente attribuibili all orizzonte epigravettiano, l impostazione della superficie di estrazione avviene in corrispondenza della faccia più stretta del supporto: la presenza di spigoli naturali dovuti all intersezione di più piani di frattura neocorticali permette infatti l immediato avvio alla produzione senza una fase preliminare di preparazione. Con l avanzamento progressivo della scheggiatura si verifica il graduale ampliamento dell area di estrazione e lo sfruttamento di nuove facce del supporto. L arresto della produzione sembra imputabile all insorgere di stacchi riflessi a causa dell appiattimento della superficie di estrazione (fig. 11.1). Le caratteristiche di tre nuclei, due discoidali a schegge ed uno prismatico a lamelle, sembrano invece inquadrabili all interno di tecno-complessi attribuibili al Mesolitico: questi risultano infatti caratterizzati da un elevata regolarità delle nervature guida e morfologicamente affini alle tipologie tipiche di questo orizzonte crono-culturale. Per quanto riguarda i manufatti ritoccati, questi constano di: 6 bulini (fig. 11.2), 3 grattatoi (fig. 11.3), 2 lame ritoccate, 1 troncatura su scheggia, 1 raschiatoio laterale ed una arma- 17

19 fig. 11 Colle Mattara. Industria litica dalle raccolte di superficie: reperti attribuibili al Paleolitico superiore. Nucleo a lamelle (n. 1), bulino (n. 2), grattatoio (n. 3), armatura (n. 4) (disegni S. Muratori).

20 tura (fig. 11.4). Difficoltosa risulta purtroppo l attribuzione di questi strumenti a differenti orizzonti crono-culturali in quanto si tratta spesso di tipologie di lunga durata, compresenti in diversi ambiti culturali. Tra questi si distingue però un bulino multiplo realizzato su spessa scheggia relativa alle fasi di ripristino delle corrette convessità latero-distali. Il tipo di supporto selezionato e la morfologia stessa dello strumento potrebbero ricondurre all orizzonte culturale gravettiano (BROGLIO, IMPROTA ). Casa Ambrosi ( Lat Nord Long Est) I materiali raccolti constano di 34 manufatti attribuibili al Paleolitico medio, 10 reperti ascrivibili al Paleolitico superiore e 24 pezzi di incerta attribuzione contraddistinti da una patina poco sviluppata (tab. III). tab. III. Composizione dell insieme litico. Casa Ambrosi Paleolitico Paleolitico medio superiore n. % n. % prodotti della scheggiatura 15 44, manufatti ritoccati 3 8, nuclei 16 47, totale Le condizioni del ritrovamento e la conseguente perdita delle informazioni riguardanti il deposito originario di deposizione, inficiano notevolmente la rappresentatività ed il significato tecnologico dell insieme litico. Lo stato di conservazione si presenta mediocre: molte selci risultano affette da profonda patina associata quasi costantemente ad impregnazioni di sesquiossidi e numerose superfici di frattura naturale. Come riferito in precedenza, questi fattori risultano importanti quale indicatori di fig. 12 Casa Ambrosi. Immagine dell area di raccolta dei reperti (area campo). 19

21 fig. 13 Casa Ambrosi. Carta topografica con l indicazione dell area di raccolta dei manufatti litici (area campo e area vigneto), dell originale linea di scorrimento di un ruscello discendente dal versante nord di Monte Versa e della relativa area di deiezione. antichità dei reperti stessi. Trattandosi di rinvenimenti superficiali, infatti, la presenza di patina costituisce uno dei criteri principali (assieme ai dati tecno-tipologici) per escludere la loro attribuzione a contesti crono-culturali recenti. I manufatti si presentano inoltre affetti da numerosi pseudo-ritocchi di origine recente, caratterizzati da mancanza di patina, che spesso inficiano la valutazione tecno-tipologica dei reperti. Per quanto riguarda la materia prima, la compresenza di numerosi blocchi e placchette di origine naturale, fa propendere verso una raccolta locale della materia prima sotto forma di detrito grossolano a spigoli vivi, reperito nel cono di deiezione di un ruscello che scorreva sul versante Nord del monte Versa. La presenza di manufatti musteriani in quest area non fornisce nuovi dati allo stato dell arte, andando ad incrementare i già consistenti ritrovamenti del vicino sito di monte Versa. L insieme litico è formato da 8 schegge Levallois, 10 sottoprodotti della scheggiatura, 14 nuclei Levallois e 2 nuclei discoidi. Tra i nuclei Levallois domina la modalità preferenziale (7 esemplari), seguita da quella unidirezionale (5 esemplari) e la relativa variante ortogonale (1 esemplare). La predominanza di nuclei a scheggia preferenziale risulta conforme a quanto rilevato per il materiale di colle Mattara mentre si discosta dalla tendenza generale del Musteriano dell Italia nord-orientale (PERESANI 2000) che vede l utilizzo prevalente del metodo ricorrente unidirezionale. Al di là della parzialità dei rinvenimenti, questa evidenza potrebbe essere spiegata con il distacco di schegge invadenti in fase terminale di scheggiatura, volte al completo esaurimento della convessità residua prima dell abbandono del nucleo. 20

22 fig. 14 Casa Ambrosi. Industria litica dalle raccolte di superficie. Nucleo discoide (n. 1), scheggia Levallois (n. 2), nuclei a lamelle (nn. 3-4) (disegni S. Muratori).

23 Per quanto riguarda i due nuclei discoidi rinvenuti, questi mostrano le caratteristiche derivanti dall applicazione del metodo di scheggiatura sopra citato: presenza di due superfici convesse che determinano un profilo bipiramidale, variabilità di gerarchizzazione tra di esse, pronunciate convessità periferiche e stacchi predeterminati e predeterminanti sempre inclinati rispetto al piano secante (fig. 14.1). In uno degli esemplari l arresto della produzione appare essere avvenuto in fase iniziale di sfruttamento; le prime schegge, staccate alternativamente dalle due superfici con inclinazione perpendicolare rispetto al piano, hanno infatti contribuito a definire progressivamente il bordo creato dall intersezione delle due superfici di scheggiatura senza arrivare però alla completa predisposizione dello stesso. Accanto alle produzioni Levallois e discoide ne è presente una più effimera a carattere meno standardizzato. Quest ultima è rappresentata da una decina di nuclei informi caratterizzati da una mancanza di gerarchizzazione delle superfici e da una scarsa predeterminazione dei prodotti della scheggiatura. Questi nuclei rimasti indeterminati, sembrano dunque essere il risultato di uno sfruttamento occasionale della materia prima forse attribuibile a periodi più recenti. I manufatti ritoccati si limitano ad uno strumento composito, caratterizzato cioè dall associazione di un bulino con un raschiatoio, un bulino semplice ed uno scagliato (strumento a posteriori derivante dall utilizzo di una scheggia in qualità di scalpello). Per quel riguarda invece i reperti afferenti al Paleolitico superiore, questi constano di 2 prenuclei, 4 nuclei lamino-lamellari, 3 prodotti lamellari parzialmente corticali ed 1 grattatoio su lama. Tra i nuclei a lamelle, interessanti risultano due esemplari: il primo realizzato su scheggia spessa corticale, inizialmente sfruttato a partire dagli spigoli laterali formati dall intersezione tra la superficie ventrale e dorsale del supporto, vede poi una successiva espansione della scheggiatura sulla naturale convessità ventrale della scheggia-nucleo (fig. 14.4); il secondo realizzato su piccolo nodulo, è caratterizzato invece dallo sfruttamento di una delle facce più ristrette del supporto per la produzione di lame a partire da un piano di percussione fortemente inclinato (fig. 14.3). Il distacco successivo (post-deposizionale) di una coppella geliva ha inoltre comportato l asportazione parziale della superficie di estrazione senza inficiarne tuttavia la valutazione delle cause di abbandono: queste appaiono infatti legate all insorgere di alcuni errori di scheggiatura. Terme di Valcalaona ( Lat Nord Long Est) I nuovi rinvenimenti effettuati aterme ovest di Valcalaona (figg. 15, 16) presentano le medesime caratteristiche fisiche riscontrate in precedenza: quasi tutti i materiali sono ricoperti da una doppia patina che sembra suddividersi chiaramente in due livelli sovrapposti, uno bianco più superficiale ed uno sottostante nero. Come ipotizzato in un precedente contributo, questo tipo di fenomeno sembra ricollegarsi alla permanenza dei materiali in contesti pedologici differenti, uno dei quali caratterizzato da condizioni asfittiche (FERRARI, PERESANI, PERRONE 2005). Sulla base delle caratteristiche tecno-tipologiche, 19 reperti sono ascrivibili al Paleolitico medio mentre solo 6 pezzi sembrano 22

24 fig. 15 Terme di Valcalaona. Immagine dell ubicazione del sito nel quadro del territorio circostante. fig. 16 Terme di Valcalaona. Carta topografica con l indicazione dell area di raccolta dei manufatti litici. 23

25 fig. 17 Terme di Valcalaona. Industria litica dalle raccolte di superficie: reperti attribuibili al Paleolitico medio. Nucleo Levallois a scheggia preferenziale (n. 1), nucleo Levallois a doppia superficie di estrazione (n. 2), raschiatoio semplice laterale (n. 3), raschiatoio convergente (n. 4) (disegni S. Muratori).

26 appartenere ad una frequentazione più tarda del sito collocabile nel Paleolitico superiore. I manufatti musteriani sono rappresentati da 6 supporti predeterminati di tipo Levallois, 5 strumenti e 8 nuclei (fig. 17). Questi ultimi, tutti di medie-piccole dimensioni, vedono l applicazione di diverse modalità di scheggiatura e appaiono conformi a quanto messo in luce nei precedenti contributi (PERESANI, PER- RONE1999; FERRARI, PERESANI, PERRONE 2005). Un esemplare risulta però interessante: si tratta di un nucleo a scheggia preferenziale realizzato su un blocco di medie dimensioni e caratterizzato dalla presenza di negativi parziali relativi al distacco di più schegge invadenti in successione. L apparente assenza di preparazione sembra da ricondursi alla progressiva rotazione del supporto che permette il distacco di più schegge di tipo preferenziale in sequenza senza una fase intermedia di ripristino delle convessità (fig. 17.1). Interessante è la presenza di alcuni strumenti, tra i quali figurano: un raschiatoio semplice laterale, realizzato su spessa scheggia corticale, caratterizzato da ritocco scagliato scalariforme e dalla morfologia convessa del margine (fig. 17.3); un raschiatoio convergente frammentato, confezionato mediante ritocco sopraelevato scalariforme (fig. 17.4). Tra i reperti attribuibili al Paleolitico superiore, sono presenti 4 nuclei lamino-lamellari, 1 supporto laminare parzialmente corticale ed 1 strumento (fig. 18). Due nuclei sono degni di attenzione: uno prismatico di medie dimensioni, caratterizzato da uno sfruttamento intenso mediante la sovrapposizione di più superfici di scheggiatura adiacenti e l utilizzo alternato di due piani di percussione; ed uno di maggiori dimensioni, realizzato su una placchetta a cuneo e sfruttato per la produzione di lame e schegge laminari. Il ritrovamento di un Bulino di Noailles in localitàterme ovest appare infine molto significativo. Questo tipo di strumento risulta infatti rappresentativo di una specifica facies del Gravettiano: noto soprattutto in Liguria (Riparo Mochi, strato D medio e superiore),to- 25

27 fig. 18 Terme divalcalaona. Industria litica dalle raccolte di superficie: reperti attribuibili al Paleolitico superiore. Nuclei a lamelle (nn. 1-2), bulino para-noailles (n. 3) (disegni S. Muratori).

28 scana (Laterina) e in Campania (Grotta della Cala, strato Q - Grotta della Calanca, strato B superiore), questo tecno-complesso è caratterizzato dalla prevalenza dei bulini (17,8-46,3%) sui grattatoi (20-21%); il bulino di Noailles è frequente soltanto in Liguria e intoscana mentre in Campania è presente un tipo di bulino privo di tacca d arresto (para-noailles). Le industrie del Riparo Mochi e di Laterina presentano delle forti affinità con la facies classica dell Europa occidentale, dato che ha fatto ipotizzare ad alcuni studiosi una provenienza del Gravettiano a bulini di Noailles direttamente dalla Francia. Il reperto rinvenuto aterme Ovest mostra tutte le caratteristiche proprie di questa tipologia: realizzato su lamella, presenta una troncatura trasversale prossimale ad andamento concavo, funzionale alla realizzazione dei due stacchi laterali; la presenza di un ritocco preparatorio allo stacco e la mancanza di una vera e propria tacca d arresto sembra far propendere verso la tipologia para-noailles. Il manufatto si presenta frammentario e coperto da patina biancastra (fig. 18.3). Questo reperto si va ad aggiungere alle già rare tracce del Gravettiano nell area alpinopadana, documentate con buona certezza solo alla Grotta del Broion e alla Grotta della Paina: nella serie della Sala Grande della Grotta del Broion gli strati E-D sono infatti attribuiti al Gravettiano così come lo strato 7 nella serie della Grottina Azzurra della Grotta di Paina (BROGLIO, IMPROTA ). Monte Cinto - Vegro ( Lat Nord Long Est) Alcuni manufatti fortemente patinati sono stati rinvenuti presso monte Cinto.Tra questi figura un nucleo Levallois in Scaglia Rossa caratterizzato da una gestione complessa che si fig. 19 Monte Cinto - Vegro. Immagine dell ubicazione del sito nel quadro del territorio circostante. 27

29 fig. 20 Monte Cinto - Vegro. Carta topografica con l indicazione dell area di raccolta dei manufatti litici. articola nello sfruttamento sequenziale di due superfici di distacco opposte e parallele tra loro. Questo tipo di utilizzo è strettamente legato alla conformazione del supporto grezzo di partenza che presenta due superfici opposte poco convesse e tendenzialmente abbastanza regolari. In entrambe le superfici la presenza di grandi stacchi invadenti indica l adozione della modalità di scheggiatura a scheggia preferenziale. La prima superficie è caratterizzata da un unico grande negativo preceduto da alcuni stacchi centripeti di preparazione; a causa dell eccessiva convessità distale e della presenza di un inclusione nella porzione laterale, la superficie di estrazione iniziale viene defunzio

30 fig. 21 Monte Cinto -Vegro. Industria litica dalle raccolte di superficie: nucleo Levallois a scheggia preferenziale (disegno S. Muratori). nalizzata e riqualificata quale piano di percussione a favore di una nuova superficie di scheggiatura opposta. Questa viene sfruttata mediante il distacco ripetuto di ampie schegge invadenti fino all insorgere di alcuni incidenti di scheggiatura. Lo sfruttamento risulta dunque abbastanza scarso e limitato all ottenimento di supporti larghi e di morfologia ovalare (fig. 21). Villa Cavagnari Interessante è il rinvenimento di una scheggia in latite nei pressi di Villa Cavagnari, alla base orientale del colle su cui sorge il palazzo del Cataio a Battaglia Terme. La Latite, roccia ignea effusiva grigioscura quasi nera, rappresenta un termine intermedio (50-55% di silice) tra la trachite e il basalto e si trova sotto forma di filoni o corpi eruttivi di varia grandezza. Nell area dei colli Euganei forma la parte principale del monte Cecilia di Baone: la sua origine all interno di una struttura laccolitica deriva dall intrusione lungo un giunto di stratificazione della lava, la quale, con enorme pressione idrostatica, si è espansa in profondità sollevando a cupola i sovrastanti strati sedimentari. Nei colli questo evento subvulcanico è molto comune ed è responsabile della nascita di colline calcaree dal profilo morbido e con i pendii digradanti dolcemente al piano. La Latite forma inoltre il monte Sengiari, nella parte sud del gruppo del Lonzina e gli ammassi lavici, le colate, i banchi di brecce dei monti Cataio, Ceva, Spinefrasse e Croce, presso Battaglia Terme. 29

31 fig. 22 Villa Cavagnari. Industria litica dalle raccolte di superficie: scheggia in latite (disegno S. Muratori). Il ritrovamento di una scheggia in latite rappresenta una sicura attestazione dell utilizzo di questa materia prima da parte dell uomo preistorico, anche se risulta difficile collocare questo manufatto all interno di un orizzonte cronologico ben definito: la scheggia presenta una morfologia sub-rettangolare, la cui faccia dorsale risulta definita da stacchi prevalentemente unidirezionali; il tallone è liscio e caratterizzato da un angolo molto aperto (superiore ai 90 ). Questi aspetti sembrano ricondurre al Paleolitico medio (fig. 22). La vicinanza dell area di approvvigionamento deve comunque aver giocato un ruolo fondamentale nell utilizzo di questa risorsa, altrimenti non particolarmente adatta alla scheggiatura. Considerazioni La nuova serie di ritrovamenti qui presentata rafforza il quadro insediativo del più antico popolamento dei colli Euganei e conferma l importanza di questo insieme collinare per gli studi sulle dinamiche insediative e sull economia tra Paleolitico medio e Mesolitico. Per quanto riguarda il Paleolitico medio, le tracce di questi nuovi insediamenti manifestano una variabilità finora resa latente dalla 30

32 parzialità delle scoperte effettuate in precedenza: i siti di Casa Ambrosi, Monte Cinto- Vegro e specialmente colle Mattara, appaiono infatti diversi tra loro. Casa Ambrosi è interpretabile con buona sicurezza come un sito di raccolta e prelavorazione delle selci, raccolte nei depositi colluviali stesi lungo il versante Nord di Monte Versa. Colle Mattara, collocato su una selletta a mezza costa ed esposto a Sud-Ovest, presenta una posizione consueta per gli insediamenti paleolitici degli Euganei. Il fatto che sia localizzato su un substrato magmatico, ne esclude l interpretazione come luogo di approvvigionamento di selci, e sembra piuttosto suggerire un sito a carattere più complesso. Questa interpretazione sembra confermata anche dall elevato numero di strumenti che indicano l espletazione in situ di varie attività artigianali legate a diversi aspetti della sussistenza. Terme di Valcalaona risulta ubicato su un colle semisepolto dalle alluvioni dell omonimo paleoalveo che qui disegna un ansa nel suo percorso verso sud. È probabile che il colle, modellato nei calcari della Scaglia Rossa, rendesse disponibile materia prima litica per l approvvigionamento. L elevata percentuale di strumenti appare comunque significativa e non permette di escludere la possibilità di un sito stanziale (FERRARI, PERESANI, PERRONE 2005). Estremamente singolare è invece la scheggia in latite rinvenuta a Villa Cavagnari, in quanto rappresenta a tutt oggi il primo manufatto umano conosciuto in pietra silicatica euganea e sottolinea l interesse da parte dei neandertaliani verso questo tipo di roccia. Per quanto riguarda il Paleolitico superiore, i nuovi ritrovamenti effettuati a colle Mattara, Casa Ambrosi eterme Ovest si aggiungono ai più famosi giacimenti situati sui monti Berici (Grotta della Paina, Grotta del Broion e Riparo del Broion) e ad altre poche località segnalate sui colli Euganei (Mondonego, Boara Nazaria e Le Basse nellavalcalaona) confermando come quest area abbia rivestito una certa importanza anche durante il Paleolitico superiore, costituendo parte integrante dei più ampi sistemi insediativi delle Prealpi Venete. La scheggiatura della selce nel Paleolitico medio: il metodo Levallois Durante il Paleolitico medio, la tecnica usata per ricavare schegge da un blocco di selce era la percussione diretta. Questa consisteva nel colpire con un ciottolo una delle superfici del nucleo, in posizione più o meno arretrata, sul bordo di un piano di percussione caratterizzato da un angolo generalmente inferiore ai 90. I metodi per ricavare schegge da un blocco di selce erano però diversi; quelli più caratteristici del Paleolitico medio sono definiti come Levallois, Discoide e Laminare, talora impiegati in maniera esclusiva oppure coesistenti all interno della medesima industria. Il metodo di scheggiatura Levallois, comparso in Europa intorno a anni fa ed adottato per oltre anni, deve il proprio successo alla raffinatezza dei prodotti ma soprattutto alla versatilità di lavorazione, due proprietà che sottintendono un elevato grado di savoir-faire e risultano di fondamentale importanza per la sopravvivenza umana. Il segreto di questa tecnologia risiede nell accurata preparazione del blocco di pietra, resa possibile dal distacco di schegge preparatorie finalizzate a modellare due superfici convesse e 31

33 fig. 23 Schema rappresentativo del metodo di scheggiatura Levallois, Paleolitico medio (figura tratta da INIZAN, REDURON, ROCHE,TIXIER 1995). 23.b 23.a opposte (fig. 23 a-b), una superiore poco marcata, dalla quale vengono estratte le schegge Levallois e una inferiore più rilevata e grezza, destinata a fungere da piano di percussione in funzione della superficie superiore. In particolare, la regolare morfologia della superficie di estrazione (fig. 23 c) permette di guidare l onda di frattura prodotta dalla percussione esercitata con un ciottolo, ma anche di mantenere limitato e uniforme lo spessore della scheggia in modo tale da conferire a quest ultima bordi sottili e taglienti. Il nucleo, cioè il blocco di pietra lavorato, assume idealmente la forma di un carapace di tartaruga (fig. 23 d). L ampia versatilità del metodo è data dal fatto che la superficie di scheggiatura può essere sfruttata secondo modalità diverse, finalizzate verso obiettivi ben precisi. Innanzitutto essa è in grado di fornire una sola, grande scheggia Levallois denominata scheggia Levallois preferenziale, il cui contorno ricorre quello del nucleo. La sua estrazione richiede 23.c 23.d 32

34 dapprima un accurata preparazione preliminare ma comporta anche l appiattimento del nucleo obbligando lo scheggiatore a riprepararlo in vista della fase di produzione successiva. Una valida alternativa comunemente applicata consiste invece nell ottenere da un unica superficie preparata più schegge di forma diversa, denominate schegge Levallois ricorrenti; questo termine deriva dal fatto che l estrazione di ognuno di questi prodotti intacca solo una parte del volume predisposto sul nucleo permettendo la prosecuzione della sequenza di scheggiatura senza soluzione di continuità. A sua volta, la modalità ricorrente presenta una serie di varianti che consentono di selezionare ulteriormente le caratteristiche del manufatto desiderato, a partire da nuclei con morfologie più specifiche: - schegge relativamente allungate, dotate di bordi paralleli oppure convergenti, staccate a partire da un unico piano di percussione (modalità unidirezionale, fig. 23 d); - schegge simili alle precedenti ma staccate a partire da piani di percussione posizionati su vari settori lungo il perimetro del nucleo (modalità ricorrente bidirezionale, unidirezionale allargata, ortogonale, ecc.); - schegge con forme variabili dalla subcircolare alla rettangolare e triangolare staccate secondo una direzione centripeta oppure tangenziale, a partire da più piani di percussione dislocati sul bordo dal nucleo fino a coprirne l intero perimetro (modalità ricorrente centripeta, fig. 23 e). In termini economici, il vantaggio della modalità ricorrente sta nel non richiedere una intensa ripreparazione della superficie di scheggiatura successivamente al distacco di ogni serie di schegge Levallois: le preparazioni avvengono infatti in maniera del tutto limitata, 23.de prima e durante il distacco, conferendo allo sfruttamento del nucleo un ritmo continuo fino al suo abbandono. La scheggiatura della selce nel Paleolitico superiore: il metodo laminare (fig. 24) Alla fine del Paleolitico medio, nell industria litica comincia la produzione di supporti laminari e lamellari e la confezione di strumenti ed armature specifici, che si differenziano nettamente dalla produzione litica musteriana. La produzione di lame e lamelle (schegge allungate caratterizzate da una lunghezza almeno superiore al doppio della larghezza) richiedeva l applicazione di un metodo di scheggiatura organizzato e ragionato in tutte le sue fasi, che aveva come obiettivo l ottenimento di prodotti in serie da un unico nucleo. Era necessario preparare opportunamente il blocco di selce creando un piano di percussione e pre- 33

35 fig. 24 Schema rappresentativo del metodo di scheggiatura laminare, Paleolitico superiore - età dei metalli (figura tratta da INIZAN et al. 1995). disponendo le giuste convessità della futura superficie di estrazione per l ottenimento di schegge allungate: la convessità laterale fa sì che l onda d urto non si propaghi in larghezza, mentre la convessità longitudinale regola l allungamento dello stacco impedendo eventuali incidenti di scheggiatura (riflessione e oltrepassaggio). Distaccata la prima lama a partire da uno spigolo naturale o da una cresta creata opportunamente, era possibile proseguire nella scheggiatura utilizzando le nervature dell impronta lasciata sul nucleo come linee guida utili al distacco ricorrente di altre lame, fino all esaurimento del nucleo. Questo metodo compare tra la fine del Paleolitico medio e l inizio del Paleolitico superiore ( anni dal presente circa) e prosegue oltre la fine del Pleistocene superiore nei complessi mesolitici e neolitici. Rossella Duches Marco Peresani Raffaele Perrone Ringraziamenti Le prospezioni che hanno portato alla scoperta delle emergenze archeologiche presentate preliminarmente in questo lavoro sono state commissionate alla Sezione di Paleobiologia, Preistoria e Antropologia del Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell Università di Ferrara da parte del Parco Regionale dei colli Euganei nell ambito del progetto Ville e Giardini. Gli autori devono il loro ringraziamento al Ministero dei Beni Culturali e Ambientali e alla Soprintendenza per i Beni Archeologici delveneto per la concessione accordata alle attività di ricerca. 34

36 Finito di stampare dicembre 2009 Nuova Grafotecnica Casalserugo (Padova)

37

Rossella DUCHES & Marco PERESANI ISSN Preistoria Alpina, 44 (2009): Museo Tridentino di Scienze Naturali, Trento 2009

Rossella DUCHES & Marco PERESANI ISSN Preistoria Alpina, 44 (2009): Museo Tridentino di Scienze Naturali, Trento 2009 Preistoria Alpina, 44 (2009): 159-171 Museo Tridentino di Scienze Naturali, Trento 2009 ISSN 0393-0157 159 Tra Monti Berici e Colli Euganei nel Paleolitico. Interpretazione preliminare del sito di Monticello

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