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1 Giovanni 21,1-19 Il capitolo 21 di Giovanni conclude il quarto vangelo ed è stato oggetto di numerosissimi studi. In effetti dopo l apparente conclusione che abbiamo ascoltato domenica ( Gv 20,30-31: Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome). In realtà tutti i manoscritti di Giovanni hanno questo epilogo, che quasi certamente consiste in una tradizione che circolava indipendentemente dal vangelo e che, fin dai primissimi secoli, vi è stata inclusa, offrendo una conclusione che, dal punto di vista letterario, è piuttosto goffa. Proprio la goffaggine, il mancato tentativo di inglobare meglio i testi (p. es. spostando i due versetti del cap. 21 a conclusione di tutto) depone a favore del fatto che i primi discepoli avevano grande rispetto per entrambi i testi, e per ciò che in essi veniva trasmesso. In ogni caso, il testo è di Giovanni o, più probabilmente, di un redattore che appartiene alla sua scuola, alla tradizione giovannea, come mostrano le affinità di vocaboli e di stile. Il brano si compone di due parti: Prima parte (vv. 1-14): apparizione di Gesù ai discepoli presso il mare di Tiberiade Seconda parte (vv , che qui però commentiamo fino al v. 19): dialogo tra Gesù e Pietro Parte I, scena 1: la pesca [1] Dopo questi fatti, Gesù si manifestò (di nuovo) ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: La prima parte del capitolo ha molti punti di contatto con Lc 5,1-11. Il brano si apre con un legame debole, almeno dal punto di vista testuale (meta tauta in seguito), col capitolo precedente. Si manifestò: phanèroun. Verbo importante in Gv, che compare ben nove volte in Giovanni, tra cui due volte in questo versetto e una volta al v. 14. Ha il senso generale di uscire dall oscurità e, per Giovanni, comporta una concreta rivelazione del divino sulla terra. Il verbo, che tradotto più correttamente significa rivelarsi, compare in apertura del vangelo (1,31; 2,11; 9,3; 17,6) e ritorna nella 1Gv. L evangelista con questo termine sottolinea il legame tra la missione di Gesù e l attività del risorto: lo scopo è rivelare il volto di Dio. Ai discepoli: Giovanni si riferisce a coloro che testimoniano l apparizione dopo la Risurrezione (cfr. cap. 20), gruppo ampio, non necessariamente ristretto agli undici, 1

2 come vediamo nel versetto seguente; al v. 2 viene infatti nominato Natanaele, di cui si discute se sia uno degli apostoli (su di lui ci sono interpretazioni contrastanti: secondo alcuni corrisponde all apostolo che, nei vangeli sinottici, è chiamato Bartolomeo; tuttavia le antiche indicazioni dei Padri della Chiesa escludono che egli fosse uno dei dodici). Sul mare di Tiberiade: è il lago di Galilea, e quindi i discepoli sono rientrati da Gerusalemme verso la loro terra (sono circa 110 km). Lo hanno fatto al termine della settimana pasquale? [2] si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Simon Pietro: il doppio nome è tipico di Giovanni, che lo riporta quasi sempre. Tommaso detto Didimo: didymòs in greco significa gemello. Natanaele di Cana di Galilea: cfr. sopra (è il discepolo che Gesù vede sotto il fico in 1,45). Figli di Zebedeo: Giacomo e Giovanni. Nel proprio vangelo, Giovanni non nomina mai se stesso e suo fratello; questo è in armonia con la teoria secondo cui Giovanni sarebbe il discepolo prediletto, contestata da alcuni sulla scorta dell idea che il discepolo prediletto è il modo utilizzato per indicare ciascuno di noi discepoli del Signore che egli ama. Tuttavia le tradizioni antiche che identificano la figura con Giovanni sono piuttosto autorevoli. Altri due discepoli: una interpretazione vuole che siano Andrea e Filippo (anche in base agli apocrifi). L interpretazione simbolica vuole che indichino i discepoli anonimi che hanno creduto senza vedere i cristiani di ogni tempo. [3] Disse loro Simon Pietro: "Io vado a pescare". Gli dissero: "Veniamo anche noi con te". Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla. Io vado a pescare: l iniziativa è di Pietro. Secondo alcuni si tratterebbe di un effettivo ritorno alla vita di prima: pescatore ero, e dato che tutto pare finito, pescatore ritorno ad essere. Torno alla mia barca e alle mie reti. Gli altri lo seguono. In quella notte: sappiamo che sul lago di notte la pesca era più fruttuosa, e il pesce poteva essere venduto all alba. È però interessante sottolineare come in Giovanni il concetto della notte sia molto denso, lo ritroviamo sia al momento in cui Nicodemo va da Gesù (3,1-21) che quando Giuda esce dal Cenacolo ( ed era notte, 13,30). Questo 2

3 confermerebbe la condizione di Pietro e degli altri, lo scoramento, la tentazione di tornare a fare ciò che si faceva prima. In quella notte non presero nulla: la notte è sterile. Non porta frutto. [4] Quando già era l'alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. La luce sta sorgendo. È un nuovo giorno. E Gesù si fa incontro, sulla riva. La forma verbale usata infatti indica movimento (éste... eis). I discepoli non si accorgono che è lui. Troviamo qui un altra conferma dell aspetto trasformato di Gesù risorto, che non è semplicemente tornato alla condizione precedente (cfr. p. es. Emmaus). Lo stato di risorto è un unicum difficilmente esprimibile, è quello che rende possibile, oggi e ogni giorno, il mistero dell Eucaristia, la presenza reale. Quindi le manifestazioni del risorto chiedono sempre per essere riconosciute di essere mediate dalla fede. Questo dato è importante. La relazione con il Signore non avviene mai attraverso eventi eclatanti che passino sopra la nostra ragione e la nostra libera adesione, il movimento di Dio che ci viene incontro deve passare attraverso il nostro andare verso di lui, in una relazione che è, sempre, reciproca. [5] Gesù disse loro: "Figlioli, non avete nulla da mangiare?". Gli risposero: "No". Il modo in cui Gesù si rivolge a loro è confidenziale, amichevole. Egli sottolinea che non hanno nulla, come se già lo sapesse. Secondo certi autori riecheggia qui l ironia giovannea, così tipica di questo evangelista: Gesù sa bene che, lasciati a se stessi, i discepoli hanno proprio poche risorse ( Senza di me non potete far nulla Gv 15,5). Brown osserva che, nei Vangeli, essi non prendono mai un solo pesce senza l aiuto di Gesù. [6] Allora disse loro: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete". La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. L indicazione della destra viene interpretata in modo vario. Culturalmente indicava il lato favorevole, propizio. Più approfonditamente mostra come Gesù abbia una conoscenza delle cose più che naturale, e come il discepolo che voglia seguirlo abbia il dovere morale di obbedirgli alla lettera. 3

4 L obbedienza a Gesù porta frutto, un frutto abbondante ed inaspettato, la cui gestione, ancora una volta, non può essere affidata solamente alle nostre forze (non potevano oùkèti ischyon, non erano capaci). [7] Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: "È il Signore!". Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare. Quel discepolo che Gesù amava: non è chiaro se sia uno dei due figli di Zebedeo o uno degli altri due. In ogni caso è uno dei sei presenti oltre Pietro. È colui che Gesù agapàn amava. L uso di questo verbo è importante, lo rivedremo più avanti. La confessione E il Signore Kyrios è formula teologicamente ricchissima, titolo che serve a confessare Gesù risorto (Tommaso cap. 20), insieme all affermazione è che richiama l Io sono di Es 3,14. Interessante la reazione di Pietro, che per credere ha bisogno, anche lui, dell annuncio. La fede, dice san Paolo, nasce dall ascolto, dall annuncio (Rm 10,14-17). L abbigliamento è una questione tecnica: Pietro, per nuotare meglio, lega con una cintura il camiciotto da pescatore, che non può togliersi perchè sotto è nudo, e si tuffa. [8] Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non (circa cento) un centinaio di metri. I discepoli non abbandonano la pesca, la fatica di trascinare a terra il frutto del loro lavoro è compensata dalla poca distanza (200 cubiti), che ha consentito sia di vedere e sentire Gesù che, a Pietro, di arrivare a terra a nuoto. Le rive del lago sono piuttosto scoscese, la profondità aumenta molto rapidamente appena discosti dalla riva. Parte I, scena 2: il pasto a riva [9] Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. [10] Disse loro Gesù: "Portate un pò del pesce che avete preso or ora". Gesù ha già preparato il banchetto. I discepolo contribuiscono con il frutto del loro lavoro ad un azione che è originata da Dio, e che trova pienezza nella collaborazione dei discepoli. [11] Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di 4

5 centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Pietro sale sulla barca. È lui ad agire, adesso, mostrando autorità; probabilmente è lui il padrone della barca e perciò si muove così. Ma questo aspetto concreto non esaurisce il ruolo di rilievo che egli conserva nel gruppo dei discepoli. Centocinquantatre: questo numero ha provocato una quantità enorme di speculazioni e ricerche. Infatti Giovanni, che usa spesso la locuzione circa accanto ai numeri (1,39; 6,10; 21,8 etc.) qui non dice circa 150, ma utilizza un numero preciso. In realtà non possiamo che concordare con Agostino che, in riferimento a questo numero, lo definisce un grande mistero. Una delle più suggestive interpretazioni ci viene da Girolamo, che riferisce come gli zoologi antichi avessero identificato in tutto 153 specie diverse di pesci: Giovanni avrebbe quindi indicato così la portata della pesca dei discepoli, simboleggiando la totalità e richiamando alla pienezza della Chiesa che si rivolge a tutti i popoli e ad ogni tempo. (Per chi volesse approfondire, cfr. la Gematria, studio numerologico delle parole scritte in lingua ebraica, che si è molto esercitata in questo caso). Altri studiosi propendono per una indicazione esatta (i pesci erano proprio 153) riportata per rinforzare il carattere dell episodio, narrato in seguito alla testimonianza diretta da parte di un discepolo. [12] Gesù disse loro: "Venite a mangiare". E nessuno dei discepoli osava domandargli: "Chi sei?", poiché sapevano bene che era il Signore. Gesù li invita, li accoglie. Loro sono ancora esitanti, sanno, ma non sono certi, eppure non chiedono: la relazione con lui è adesso di tipo diverso, in definitiva c è quella caratteristica della fede che consiste nel sapere in profondità, senza essere a volte in grado di dare parola a questo riconoscimento. [13] Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce. Un versetto con un forte simbolismo eucaristico, in cui vediamo il farsi vicino di Dio. La conferma è nel simbolismo dei pesci e della pesca, che richiamano le conversioni al cristianesimo. Questo è un banchetto in cui il Signore condivide il pane con i credenti; c è inoltre una grandissima assonanza con il miracolo della moltiplicazione dei pani, in cui i termini usati sono quasi gli stessi. Inoltre c è un altro particolare, difficile ma affascinante: siamo alla fine del primo secolo, i cristiani hanno già subito le persecuzioni e ol martirio. Se Gesù dice al v. 6,51: Il pane che darò è la mia carne per la vita del 5

6 mondo, ossia il suo sacrificio è fonte di vita per noi tutti, allora anche il sacrificio dei credenti (i pesci) nel nome di Cristo è vita per la Chiesa. Qui ci ricolleghiamo con un antica tradizione sul valore prezioso, salvifico, del sangue dei martiri, associati al sacrificio eucaristico (cfr. la porticina con le reliquie dei martiri nei basamenti degli altari antichi). Osservazione parenetica (che esorta e ammonisce) [14] Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti. Questa affermazione è importante. Intanto troviamo per la terza volta il verbo phanèroun, si rivelò. Dal punto di vista testuale collega il cap. 21 al 20, in cui Gesù appare prima ai discepoli e poi ai discepoli con Tommaso. Sottolinea inoltre che l evangelista attribuisce un importanza davvero speciale alle apparizioni del risorto ai discepoli, infatti Giovanni non conteggia tra le apparizioni quella a Maria Maddalena, che pure ha raccontato. Secondo alcune interpretazioni, la terza volta offre un parallelo alle tre domande a Pietro, che troveremo tra poco. Parte II, scena 1: Gesù riabilita Pietro nell amore e lo incarica di custodire le pecore [15] Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci i miei agnelli". [16] Gli disse di nuovo: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci le mie pecorelle". [17] Gli disse per la terza volta: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene?". Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene". Gli rispose Gesù: "Pasci le mie pecorelle. Entriamo nella seconda parte del brano, molto importante per il ministero petrino. Abbiamo in un certo modo la guarigione di Pietro dal triplice rinnegamento nel cortile del sommo sacerdote. Interessante che in Giovanni (unico tra i vangeli) viene riportato il nome del padre di Pietro (alcuni studiosi hanno ipotizzato che in realtà l evangelista si riferisca al fatto che Pietro sarebbe stato discepolo di Giovanni il Battista, ma secondo la maggioranza degli esegeti è un ipotesi estremamente inverosimile). Perchè questo doppio nome Simone di Giovanni anzichè Simon Pietro? L ipotesi più verosimile è che si tratti di una sorta di presa di distanza, un attenuazione della familiarità da parte 6

7 di Gesù, che chiama il discepolo con il nome ufficiale usato solo nel loro primo incontro (1,42 nome e patronimico, come il nostro nome e cognome). Mi vuoi bene... c è un eccezionale varietà linguistica in questi pochi versetti, in cui compaiono due verbi greci diversi per amare, sapere, pascere o custodire e tre diversi sostantivi per pecore. La discussione sul significato di questi termini è accesa, da sempre. Oggi molti ritengono che si tratti solo di una variazione stilistica, tanto che alcune differenze sono scomparse nella nuova traduzione in italiano che usa, per esempio, sempre voler bene mentre fino ai nuovi testi avevamo la distinzione tra Amare e voler bene. Quest ultima variazione è l unica su cui mi soffermo, dato che la trovo sostanziale. In greco, il dialogo si sviluppa così: v.15 agapas me...? Philo se v. 16 agapas me...? Philo se v. 17 phileis me...? Philo se In greco il verbo philéo esprime l amore di amicizia, tenero ma non totalizzante, mentre il verbo agapáo significa l amore senza riserve, totale ed incondizionato. Origene nel terzo secolo offre una lettura molto significativa. Questa lettura è ripresa da Benedetto XVI, in una sua catechesi: Gesù domanda a Pietro la prima volta: Simone mi ami tu (agapâs me) con questo amore totale e incondizionato (cfr Gv 21,15)? Prima dell esperienza del tradimento l Apostolo avrebbe certamente detto: Ti amo (agapô se) incondizionatamente. Ora che ha conosciuto l amara tristezza dell infedeltà, il dramma della propria debolezza, dice con umiltà: Signore, ti voglio bene (filô se), cioè ti amo del mio povero amore umano. Il Cristo insiste: Simone, mi ami tu con questo amore totale che io voglio?. [agapâs me] E Pietro ripete la risposta del suo umile amore umano: Kyrie, filô se, Signore, ti voglio bene come so voler bene. Alla terza volta Gesù dice a Simone soltanto: Fileîs me?, mi vuoi bene?. Simone comprende che a Gesù basta il suo povero amore, l unico di cui è capace, e tuttavia è rattristato che il Signore gli abbia dovuto dire così. Gli risponde perciò: Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene (filô se). Verrebbe da dire che Gesù si è adeguato a Pietro, piuttosto che Pietro a Gesù! È proprio questo adeguamento divino a dare speranza al discepolo, che ha conosciuto la sofferenza dell infedeltà. Da qui nasce la fiducia che lo rende capace 7

8 della sequela fino alla fine: Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi» (Gv 21,19). (Benedetto XVI - Udienza generale 24 maggio 2006). Parte II, scena 2 (vv ): Gesù parla del destino di Pietro e del discepolo prediletto [18] In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi". [19] Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: "Seguimi". In verità, in verità... le stesse parole usate da Gesù nel predire il rinnegamento di Pietro. Il versetto ha quattro contrapposizioni: giovane vecchio allacciare far allacciare da un altro andare essere portato dovunque desideri dove non vuoi al centro sta il tendere le mani. Il versetto finale ci offre la chiave di lettura del contrasto: Gesù parla del martirio di Pietro, alla sequela di Gesù, un martirio per crocifissione in quanto sembra che tra i primi cristiani tendere le mani indicasse l essere crocifisso (Barnaba, Giustino, Ireneo, Cipriano). Ci troveremmo qui di fronte al più antico documento che riferisce la crocifissione di Pietro. Un altro elemento ad avvallare l ipotesi che qui ci si riferisca proprio alla crocifissione è dato dal vangelo stesso, in cui Giovanni parla di Gesù che indica di quale morte doveva morire (12,33 e 18,32) con riferimento chiaro alla croce. L ultimo verbo, Seguimi ha un significato chiaro: Pietro è chiamato a seguire Gesù, come ogni discepolo, abbracciando la via della croce che, sola, conduce alla Pasqua. Anche se non si trova nei commenti esegetici, mi piace ricordare il parallelo con il brano di Marco in cui, dopo che Pietro aveva rimproverato Gesù per l annuncio della passione, Gesù lo apostrofa con durezza dicendo Va dietro a me, Satana... (Mc 8,33). In Gv 21,19 abbiamo quindi, in pienezza, la riabilitazione di Pietro e l inizio del suo ministero, prima di tutto alla sequela di Gesù, e poi alla guida dei fratelli. Bibliografia e sitografia: BROWN R. E., Giovanni, Cittadella Ed., Assisi POPPI A., I quattro Vangeli. Commento sinottico, EMP, Padova

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