ANTICHE MONETE DELLA ZECCA DI FANO. nella collezione. numismatica della FONDAZIONE CATALOGO

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1 ANTICHE MONETE DELLA ZECCA DI FANO nella collezione numismatica della FONDAZIONE CATALOGO

2 ANTICHE MONETE DELLA ZECCA DI FANO nella collezione numismatica della FONDAZIONE CATALOGO a cura di William Ciavaglia Circolo Culturale Giuseppe Castellani Fano con la collaborazione di Daniele Diotallevi Fondazione Cassa di Risparmio di Fano Tutti i diritti riservati 2018

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6 E con sincera soddisfazione che licenzio questo originale prodotto editoriale che la Fondazione, grazie al concorso fattivo del Circolo Culturale Castellani, ha voluto realizzare per diffondere la conoscenza, a livello locale e non solo, di un argomento decisamente peculiare riguardo alla formazione civile ed economica nei secoli della nostra comunità. Si tratta dell operatività di un officina per la produzione e la circolazione di monete, una vera e propria zecca fanese sorta ai tempi del governo cittadino di Pandolfo III Malatesta, verso la fine del Trecento e i primi decenni del Quattro. Non molto diverso, da come compare nell illustrazione coeva riportata nelle pagine che precedono, doveva essere il suo aspetto ambientale e le modalità del lavoro che vi si praticavano, sotto il vigile controllo dello zecchiere, con gli artigiani addetti a battere col martello i punzoni sui tondelli di metallo che, a coniatura avvenuta, assumevano immediato valore di moneta sonante con un loro assegnato valore. Pandolfo, celebrato capitano di ventura fu signore di Brescia, Bergamo e Fano, luogo in cui morì cinquantasettenne e dove il figlio suo erede Sigismondo volle tumularlo in un arca, disegnata da Leon Battista Alberti nella chiesa di San Francesco, prossima al monumento sepolcrale della moglie Paola Bianca, la gran signora di Fano. Con la sconfitta di Sigismondo da parte dell esercito pontificio guidato all assedio di Fano da Federico da Montefeltro, nel 1463, la zecca fanese continuò a battere moneta per il nuovo governo della Chiesa, pur attraverso fasi discontinue, fino al 1797 con le ultime emissioni sotto papa Pio VI. A documentare la sua storia resta a tutt oggi l importante nostra Collezione numismatica illustrata in questo catalogo forte di 285 pezzi su un dotazione complessiva di 291. E certo una raccolta di cospicuo rilievo, soprattutto per la propria importanza artistica e storica a certificare il nostro territorio ad un livello di civiltà sicuramente non inferiore a quello di altre più importanti e progredite città nazionali. Sono convinto che attraverso la diffusione di conoscenze relative al patrimonio ideale tramandato dalla storia si potrà costruire un futuro di sviluppo e benessere. In tale auspicio deve trovarsi il senso da riconoscere all attuale lavoro per i quali apprezzabili meriti ringrazio, anche a nome dell Istituto, il curatore e i collaboratori. Il Presidente Fabio Tombari A fianco, l Arca tombale di Pandolfo III Malatesta nella chiesa di San Francesco a Fano. Alle pagine precedenti, una zecca del XV secolo da Spiezer Chronik (1485) di Diebold Schilling (Burgerbibliothek Bern, Mss.h.h.I.16, p. 222). 5

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8 La collezione numismatica della Fondazione Cassa di Risparmio di Fano Daniele Diotallevi Fra le opere d arte che la Fondazione acquisì nei decenni scorsi, figura una collezione di monete battute dalla Zecca di Fano e ad essa riferibili, messa insieme in molti anni di intelligenti ed appassionate ricerche da un concittadino. L operazione è quasi più significativa rispetto alle acquisizioni precedenti, in quanto, non solo si evitò che una collezione fanese venisse dispersa, ma si diede prova della moderna sensibilità della Fondazione, che non restava legata ai vecchi schemi culturali che consideravano opere d arte solo quelle figurative, specialmente di grandi autori. Infatti, come documenti imprescindibili per una compiuta conoscenza della storia della società, le monete, oltreché mezzo di pagamento, sono un veicolo importante per studiare le implicazioni e le problematiche economiche e sociali, e le mutazioni del gusto e delle mode per le rappresentazioni ivi presenti. La collezione, 242 pezzi, in rame, lega, e argento, documentava compiutamente la produzione della Zecca di Fano, iniziata tra la fine del 300 e gli inizi del 400 e conclusasi solo nel 1797, come si vedrà in seguito. Si tratta di una delle più importanti collezioni di monetazione fanese, sia per numero che per qualità dei pezzi, con la presenza di monete conosciute in uno o due esemplari al massimo. L esistenza in una località della zecca è indice sicuro dell importanza che il luogo ha avuto economicamente e politicamente, perché una officina monetaria aveva ragion d essere solo in città dove c era un buon interscambio commerciale e che si trovassero in buoni rapporti con le massime autorità politiche (Imperatore o Pontefice) che, sole, potevano concedere il diritto di battere moneta. Questo nel periodo medievale e per quello immediatamente successivo; poi con l affermarsi degli Stati regionali e nazionali tale prerogativa, come altre, verrà ad essere fatta propria ed esclusiva dei poteri centrali. Essendo la nostra una piccola zecca, le sue monete sono spesso autentiche rarità e la perfezione formale e l eleganza di quelle prodotte nel primo periodo di attività, sino alla fine del cinquecento fecero sì che piccioli, quattrini, baiocchi,mezzi grossi, grossi, giulii, testoni, furono sempre apprezzati su tutte le piazze, e spesso imitati e contraffatti da Feudatari e Principi d Alta Italia, quali gli Ippoliti di Gazzoldo ed i Gonzaga di Castiglione delle Stiviere, specie all epoca di Sisto V. Trattandosi di una collezione in fieri perché non era (né potrebbe essere) completa per le infinite varianti che il frequente cambio per usura dei coni produceva, e potendo anche essere integrata con l aggiunta delle medaglie fanesi, malatestiane e non, negli anni successivi si ebbero sviluppi significativi. Alla fine del 2001 vennero acquistate altre cinque monete, tutte in mistura, un picciolo di Pandolfo III Malatesta, un quattrino di Pio IV, con San Paterniano, due quattrini con varianti dell immagine di San Pietro, di Gregorio XIII, ed un baiocco di Sisto V con la Santa Casa e la Madonna di Loreto. Nel 2003 la collezione aumenta di ben 13 pezzi, due quattrini di Paolo III, tre differenti quattrini di Pio V, tutti e cinque in mistura. Poi cinque monete di Gregorio XIII, un testone ed un giulio d argento, e tre quattrini in mistura; infine due quattrini ed un baiocco di Sisto V, in mistura. Ancora maggiore è l incremento nel 2006, 28 monete di cui 25 piccioli malatestiani, 1 quattrino di Gregorio XIII e un picciolo delle emissioni anonime pontificie, più un picciolo di Pandolfo III Malatesta, donato dal Circolo Castellani di Fano. Nel 2018 infine un testone d argento di Sisto V, un picciolo anonimo in mistura, ed un picciolo di Sisto IV, ancora per il tramite del Circolo Castellani, portano la consistenza totale a 291 pezzi. La raccolta viene quindi presentata insieme alle notizie storiche ed a curiosi aneddoti che permettono di collocare le monete nel contesto in cui vennero emesse. A lato, uno dei monetieri espositivi della collezione. 7

9 Cenni storici Sono probabilmente pochi i concittadini che conoscono la monetazione di Fano. Crediamo anzi che molti ignorino che nella nostra città sia esistita una zecca che, pur se non paragonabile per importanza a quelle di altre città marchigiane come Urbino, Camerino ed Ancona, ha tuttavia avuto momenti di alta qualità artistica e tecnica. Agli inizi del 900 uno storico e numismatico fanese, Giuseppe Castellani, pubblicò il primo studio sistematico sull attività della zecca cittadina. Dai suoi meticolosi studi archivistici ci sono pervenute notizie fondamentali sull origine e sullo svolgersi nei secoli delle emissioni fanesi, le cui prime notizie certe risalgono al 1414 quando, sotto Pandolfo III Malatesta, venne coniata una grandissima quantità di monete per l uso minuto, i piccioli. Prima di allora si usava moneta emessa dalle più ricche città vicine, quali Ancona e Ravenna. In tutto lo Stato della Chiesa, di cui la nostra città era parte integrante, le monete dovevano rispettare un comune standard di valore intrinseco, vale a dire di quantità di metallo nobile contenuto, per venire accettate da tutti a prescindere dalla zecca che le aveva emesse. Per le transazioni importanti si usavano i ducati d oro o gli scudi d argento battuti a Roma o nelle città principali. L attività della zecca proseguì per tutto il 500 sotto la diretta autorità papale; fu proprio il papa fanese Clemente VIII a chiuderla, come conseguenza di frodi perpetrate dagli zecchieri locali. In quei tempi la battitura delle monete veniva appaltata ad imprenditori privati dietro stretto controllo sulla quantità e qualità delle emissioni. Fu solo nel 1797, sotto il pontificato di Pio VI, che per un brevissimo periodo a Fano venne riaperta la zecca per coniare i Sampietrini e le Madonnine, due tipologie di moneta di rame che dovevano supplire alla mancanza di circolante. Da allora la zecca cittadina venne chiusa per sempre. Il valore delle monete in uso a Fano Dal punto di vista numismatico l arco temporale che più ha coinvolto la zecca della Città è fondamentalmente il 500. Le emissioni fanesi sono concentrate per la gran parte in questo secolo, estendendosi per poche emissioni in quello precedente e per un ultimo sprazzo alla fine del 700. Nello Stato Pontificio, a partire dal XVI secolo, l unità base di conto era rappresentata dallo scudo, suddiviso in 10 giuli (detti anche paoli), del valore ciascuno di 10 baiocchi. Lo scudo corrispondeva quindi a 100 baiocchi e la contabilità delle aziende pubbliche e private venne spesso tenuta per semplicità di calcolo in scudi e baiocchi, cioè in unità e centesimi. Per quanto riguarda invece le monete reali, cioè effettivamente coniate e circolanti nei secoli XVI e XVII nello Stato della Chiesa, le monete d oro più importanti furono il ducato di Camera e lo scudo d oro. Il primo aveva un titolo di 24 carati ed un taglio (ovverossia il numero di pezzi ottenibili da una libbra di metallo) di 101 pezzi per libbra. Il secondo venne emesso a partire dal 1530 con un titolo di 22 carati ed un taglio sempre di 101 pezzi per libbra. Tale moneta aveva equivalenti negli stati confinanti. I principali nominali in argento erano la piastra, o scudo, con un peso del fino di 29,32 grammi, e la mezza piastra. Venivano poi il testone con un peso del fino di 8,8 grammi e il giulio, la moneta argentea più utilizzata. Il giulio era così chiamato per essere stato coniato la prima volta da papa Giulio II, che stabilì che il ducato d oro di Camera si cambiasse contro 10 giuli. Al momento della emissione tale moneta aveva un contenuto in argento di 3,634 grammi. Durante la prima metà del XVI secolo il giulio subì varie modifiche in termini di taglio e di contenuto. Per tale moneta prevalse poi il nome di paolo, denominazione che rimase in uso sino all 800. Circolavano anche le monete argentee cosiddette piccole, il grosso e il mezzo grosso. Seguivano infine le monete in rame o in lega, cioè il 8

10 baiocco, pari alla decima parte del giulio, ed il quattrino, che nel corso del tempo variò il suo valore tra un quarto e un quinto di un baiocco. Per conoscere il potere di acquisto di queste monete ci possono essere di aiuto i calmieri, cioè i bandi dei prezzi imposti che il comune di Fano emetteva. Iniziamo col definire il rapporto di valore tra i vari nominali monetari in uso nel 500 nello Stato della Chiesa: scudo = 10 giuli o paoli; testone = 3 giuli o paoli; giulio = 10 Baiocchi giulio (o paolo) = 2 grossi; baiocco = 5 quattrini (4 fino a fine 500); bolognino = 1 baiocco; carlino = 5 bolognini = 1 grosso lo scudo (o piastra) aveva un corrispondente in oro. Le prime monete di Fano furono, come abbiamo detto, i piccioli che però dagli inizi del 500 non furono più coniati. Valevano ¼ di quattrino. Per comprendere meglio la tabella che segue forniamo il rapporto tra le unità di misura di peso e di capacità del tempo con quelle attuali: 1 libbra = 0,33 kg = 12 once; 1 boccale d olio = litri 2,03; 1 foglietta d olio = litri 0,38; 1 boccale di vino = litri 1,8684; 1 foglietta di vino = litri 0,46. È interessante notare che il salario giornaliero di un manovale maschio era, nel 600, di due giuli, il doppio rispetto a quello delle donne per lo stesso tipo di lavoro. La spiegazione potrebbe consistere nel fatto che, trattandosi di lavori di fatica fisica, si stimasse il rendimento femminile inferiore. Potere di acquisto delle monete a Fano nella seconda metà del 500 ANNO MERCE QUANTITÀ PREZZO 1565 pane comune 2 libbre 1 bolognino 1565 pane bianco 20 once 1 bolognino 1565 vino 1 boccale 16 quattrini 1574 carne d agnello 1 libbra 10 quattrini 1574 carne di castrato e vitella 1 libbra 12 quattrini 1574 carne di manzo 1 libbra 9 quattrini 1589 pani 2 pagnotte 3 quattrini 1589 vino 1 boccale 18 quattrini 1589 minestra di legumi 1 6 quattrini 1589 alloggio della notte 1 6 quattrini 1589 carne cotta 1 libbra 18 quattrini 1589 uova cotte in olio 2 6 quattrini 1589 uova cotte in acqua 2 4 o 5 quattrini 1589 piatto di insalata 1 4 quattrini cavallo per Pesaro 1 giulio e 1/ cavallo per Fossombrone 3 giuli 1596 manzo 1 libbra Baiocchi uova cotte 2 Baiocchi 1 e quattrini vitello o castrato 1 libbra Baiocchi minestra di legumi 1 Baiocchi 1 e quattrini pranzo completo 1 Baiocchi cena con letto 1 Baiocchi 25 9

11 Note per la consultazione del catalogo: Diametro medio delle monete: Picciolo = 13-14mm; Quattrino = 15-17mm; 1/2 grosso = 15mm; Grosso = 22mm; Baiocco = 19-20mm; Giulio = 26-27mm; Testone = mm. Le riproduzioni fotografiche delle monete, per ragioni di migliore visibiltà e di impaginazione, non sono quelle reali; di ogni esemplare vengono comunque riportati sia il peso in grammi che il diametro (Ø) in mm. La bibliografia di riferimento viene indicata con le seguenti abbreviazioni: CNI = Corpus Nummorum Italicorum; M = Muntoni; C = Castellani; Ciav = Ciavaglia. Nella descrizione vengono usate le seguenti convenzioni: var, v, va = variante; Mi = mistura, cioè lega di rame e argento, = a capo riga Nel catalogo, dove possibile per motivi grafici, a seguito delle legende del recto e del verso si sono descritte le rappresentazioni dei campi. Le monete dei Malatesta La prima notizia certa della esistenza e dell attività di una zecca a Fano ci viene dai Codici Malatestiani. Un documento del periodo di Pandolfo Malatesta tratta appunto dei pizoli novi. Da esso apprendiamo che la coniazione di tale moneta iniziò nel 1414, proseguì nel 15 e 16 e fu ripresa nel In quegli anni dovettero essere state battute oltre monete. Il loro metallo era la mistura, vale a dire una lega di rame e argento il cui titolo era di 41,66/1000. Era l argento a costituire il valore intrinseco della moneta. Lo stesso codice ci riporta anche il nome dei due zecchieri di queste emissioni: mastro Ambrogio da Como e mastro Giovanni di mastro Antonio da Norcia. Morto Pandolfo III nel 1427, dopo un periodo di cogestione tra gli eredi, nel 1432 Sigismondo Pandolfo Malatesta rimase unico Signore di Fano. Si ritrovano ulteriori documenti di zecca nel In quell anno, secondo l Amiani, furono coniati quattrinelli (piccioli) per l ammontare di 1000 ducati d oro, che sarebbero serviti a finanziare la ricostruzione delle mura. Equivalevano circa a 800 mila pezzi. Sempre in quella data, il Nolfi dice che in seguito ad una pestilenza si chiuse la zecca nella quale si battevano piccioli in grande quantità. Con incertezze e contraddizioni, i documenti d epoca ci indicano che fu il 1439 l ultimo anno di coniazione delle monete malatestiane a Fano. Di fianco, la testa barbata nella moneta d argento coniata a Brescia potrebbe essere quella di Pandolfo III Malatesta come induce a pensare la corona che gli cinge il capo con fiori a quattro petali come le rose presenti nell araldica della casata. Nessun dubbio invece per il celebre profilo, a destra, del figlio Sigismondo nella medaglia di Matteo de Pasti. 10

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