LA SOPRAVVIVENZA FINANZIARIAMENTE CONDIZIONATA DELLE COMUNITÀ MONTANE

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1 LA SOPRAVVIVENZA FINANZIARIAMENTE CONDIZIONATA DELLE COMUNITÀ MONTANE di Sergio Foà (Professore associato di Diritto amministrativo nell Università di Torino) 23 gennaio Spunti di analisi dalla lettura dell art. 2, commi 17 22, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008) Le disposizioni della legge finanziaria 2008 dedicate al riordino delle Comunità e dei Comuni montani evidenziano alcune peculiarità, così schematicamente riassumibili : A) L impianto normativo manifesta una duplice finalità : istituzionale, mediante il riordino della disciplina delle Comunità (da realizzarsi ad integrazione dell art. 27 t.u.e.l. ), e finanziaria (riduzione a regime della spesa corrente per il loro funzionamento). B) La finalità istituzionale è considerata strumento necessario per la finalità finanziaria. Sulle modalità del riordino, il legislatore sceglie il metodo della legislazione concorrente tra Stato e regioni, ove la legge finanziaria detta i principi fondamentali. C) I criteri espressi al comma 19 dovrebbero coincidere con gli indicatori fisicogeografici, demografici e socioeconomici menzionati al comma 18, lett. a). Tali criteri, secondo il comma 19, valgono solo ai fini della costituzione delle Comunità montane. La disposizione è intesa a salvare i benefici e gli interventi speciali per la montagna da potenziali Il testo sviluppa la Relazione tenuta al Seminario per i Presidenti delle Comunità montane piemontesi, 18 gennaio federalismi.it n. 2/2008

2 effetti limitativi che potrebbero discendere dall utilizzo dei nuovi indicatori. In effetti, più che per la costituzione della Comunità, tali criteri rilevano in negativo, vista la finalità di riduzione perseguita dalla finanziaria, sicché la loro rilevanza è semmai riferibile alla soppressione o all accorpamento delle Comunità esistenti. D) È previsto un particolare potere sostitutivo sanzionatorio discendente direttamente dalla legge finanziaria in caso di mancata approvazione delle leggi regionali : soppressione ex lege di Comunità con determinate caratteristiche e cessazione di appartenenza per alcuni Comuni (comma 20); successione universale dei Comuni alle Comunità soppresse (comma 22). Quindi non solo la legge statale detta i principi, ma può disporre direttamente la soppressione della Comunità in caso di scadenza inutile del termine per l approvazione della legge regionale. E) La soppressione di cui al punto precedente è finanziariamente condizionata, nel senso che si verifica al momento della pubblicazione del d.p.c.m., attestante l effettivo (o meno) conseguimento delle riduzioni di spesa previste dal comma 17 (comma 21). Non è più previsto, rispetto alle versioni precedenti, il controllo sugli esiti finanziari mediante relazione al Parlamento. 2. Il problema istituzionale. Dubbi sulla legittimità delle modalità del riordino È noto come il dialogo istituzionale abbia condotto il legislatore della finanziaria a correggere il procedimento di riordino delle Comunità montane, inquadrando diversamente perfino la competenza legislativa (come se questa fosse disponibile dallo Stato). In sintesi, la revisione del testo ha comportato il passaggio dalla competenza statale esclusiva a quella concorrente Stato/regioni, con espressi effetti sostitutivi ex lege in caso di mancata approvazione (o di approvazione incompleta, cfr. art. 2, comma 22) delle leggi regionali entro i termini previsti. La soluzione, che pure offre spazi normativi alle Regioni, lascia comunque sussistere alcuni dubbi in ordine alla compatibilità con l attuale assetto delle competenze costituzionalmente previsto. Di seguito alcuni spunti critici: 2

3 A) Il comma 17 prevede tale particolare tipologia di legislazione concorrente in termini di integrazione di quanto previsto dall art. 27 del d. lgs. n. 267 del 2000 (di seguito t.u.e.l). Sul punto occorre rilevare che : - la legge finanziaria non pare lo strumento idoneo a disporre una modificazione del t.u.e.l., specialmente considerando il processo in atto di predisposizione del nuovo Codice delle autonomie locali; - è strana, almeno in termini di tecnica legislativa, l integrazione all art. 27 t.u.e.l., che non viene formalmente modificato; - soprattutto, il t.u.e.l. abbisogna di essere rivisto perché è antecedente alla riforma del Titolo V della Costituzione, che ha significativamente inciso sull assetto delle competenze legislative ed amministrative, con importanti ricadute anche sulla disciplina delle comunità montane. B) Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, la Corte costituzionale ha chiarito (sentenza n. 244/2005) che alla Comunità montana va riconosciuta la natura di ente locale autonomo, quale proiezione dei comuni che ad essa fanno capo. Pur non essendo le comunità montane espressamente menzionate tra gli enti del governo territoriale, la Corte riconosce ad esse tale natura giuridica come caso speciale di unione di comuni create in vista della valorizzazione delle zone montane, allo scopo di esercitare in modo più adeguato di quanto non consentirebbe la frammentazione dei comuni montani, funzioni proprie, funzioni conferite e funzioni comunali (v. anche Corte cost. n. 229/2001). Ciò deriva evidentemente dalla considerazione delle esigenze proprie che il governo locale presenta nelle zone montane. Si tratta insomma di evidente applicazione del principio costituzionale della adeguatezza nella allocazione delle funzioni amministrative. Ancora più importante è il riconoscimento, in capo alle comunità montane, accanto alle funzioni ad esse conferite dalla legge e a quelle delegate da parte dei comuni associati, di funzioni proprie; caratteristica questa dei comuni e delle province, come enti del governo territoriale necessari, ed espressione del principio di autonomia (art. 118, 2 comma). È noto che le funzioni proprie sono quelle identificative del tipo di ente in quanto ente di governo di una determinata comunità. La presenza di funzioni proprie riconosciute in sede costituzionale è un limite per la legislazione statale e regionale, che nel definire l ambito funzionale proprio 3

4 di ciascun ente non può non riconoscere ad esso dette funzioni, come quelle che ne identificano la natura di ente di governo. Il riconoscimento all ente di funzioni proprie, intese in questo senso, ne rende costituzionalmente necessaria la presenza. Con riferimento alle comunità montane le funzioni proprie sono quelle identificative del governo territoriale montano. In base al principio affermato dalla Corte, queste funzioni non possono ormai non essere riconosciute in capo a detto ente, e non possono perciò essere trasferite altrove : la Comunità montana diviene ente locale necessario (perciò non sopprimibile dalla legge); le sue funzioni di base si manifestano come funzioni necessarie del governo territoriale 1. In ordine alla disciplina del funzionamento delle comunità montane, nonché in ordine alla disciplina relativa all esercizio della gran parte delle funzioni di loro competenza, indubbiamente competente è la legge regionale. L affermazione trova diretto fondamento nell art. 117 Cost. (competenza legislativa residuale delle regioni, ai sensi del 4 comma, non essendo la materia prevista nel 2 o nel 3 comma). La Corte costituzionale ha infatti espressamente affermato che la disciplina delle comunità montane, pur in presenza della loro qualificazione come enti locali, contenuta nel decreto legislativo n. 267 del 2000, rientra nella competenza legislativa residuale delle regioni ai sensi dell art. 117, 4 comma della Costituzione. Peraltro sul versante dell organizzazione degli enti non si rinvengono competenze legislative in capo allo Stato, il quale non è più titolare di una competenza legislativa generale in materia di organizzazione pubblica. Si ritiene in generale che la disciplina statale ivi compresa quella posta dal t.u. ord. enti locali assume dunque un carattere di norme dispositive valide ed efficaci sino all entrata in vigore di una diversa legislazione regionale o di una norma di autonomia dell ente locale 2. C) Nel caso di specie si tratta di un procedimento di revisione dei requisiti di montanità, che deve comportare una riduzione del numero complessivo delle Comunità montane, ai fini del contenimento della spesa pubblica. Lo Stato stabilisce gli indicatori vincolanti (assai aperti; alcuni difficilmente misurabili : il livello dei servizi ); le Regioni devono tenerne conto nella loro legislazione e debbono precisarne la portata, probabilmente 1 In tal senso già V. CERULLI IRELLI, Convegno nazionale UNCEM, Corte cost., sentenza n. 383 del 2002; Consiglio di Stato, Sez. I, parere n. 1506/03; RACCA E., Guida agli Enti locali 2002, f. 9,

5 con una attribuzione di diverso peso lasciata alla loro prudente valutazione. In prospettiva, lo Stato già modifica i requisiti di montanità in vista della prospettata razionalizzazione, puntualmente definendoli al comma 20 per il caso di mancata approvazione della legislazione regionale. Se l obiettivo della ridefinizione della montanità è da tempo condiviso dall UNCEM 3, occorre chiedersi se la scelta procedimentale operata dalla legge finanziaria sia in linea con le suesposte osservazioni sull assetto delle competenze normative. La scelta finanziaria non può essere, da sola, sufficiente a legittimare l intervento legislativo statale così imponente sul piano ordinamentale. Se si pensa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, 2 comma lett. m) che segnatamente si riferiscono ai territori meno avvantaggiati, tra i quali sicuramente quelli montani, allora la competenza legislativa dovrebbe essere esclusivamente statale (e sul punto non vi dovrebbe essere l apertura alle leggi regionali). L UNCEM ha chiesto che la legislazione regionale si muovesse all interno di una condivisione uniforme e omogenea dei principi generali sulla nuova montanità e così pare essere stato alla luce del testo vigente. Difficili da rimuovere le seguenti perplessità : - la collocazione di una materia all interno di una competenza legislativa o di un altra non è disponibile, ma è vincolata al rispetto delle prescrizioni di cui all art. 117 Cost. (per cui è difficilmente comprensibile come la disciplina della medesima materia sia stata prima, in itinere, affidata alla legislazione esclusiva statale, poi nel testo in commento a quella concorrente, mentre la Corte costituzionale afferma che la disciplina delle Comunità montane rientri tra quella residuale, dunque esclusiva, delle regioni); - dubbi permangono altresì sulla previsione dell intervento soppressivo già disposto dall art. 2, comma 20, legge n. 244 del 2007, in quanto operato da legge statale, sia pure in via sostitutivo-sanzionatoria rispetto alle regioni inadempienti; - analoga perplessità sorge con riferimento al peculiare fenomeno successorio previsto dal comma 22, che prevede il subentro dei Comuni alle soppresse Comunità montane, come riportato di seguito. 3 V. Documento Uncem di valutazioni e proposte emendative al DDL Finanziaria 2008 S. n (Roma, 8 ottobre 2007). 5

6 3. Il problema del subentro dei Comuni alle Comunità montane soppresse La parte finale del comma 22 della legge n. 244 del 2007 recita Sino all adozione o comunque in mancanza delle predette discipline regionali, i comuni succedono alla Comunità montana soppressa in tutti rapporti giuridici e ad ogni altro effetto, anche processuale, ed in relazione alle obbligazioni si applicano i principi della solidarietà attiva e passiva. Sul punto debbono essere richiamate le valutazioni tecniche del Servizio Bilancio del Senato nel Dossier sul disegno di legge finanziaria 2007, in cui si nutrivano dubbi sulla razionalizzazione e il contenimento dei costi e si affermava Atteso che parte dei possibili risparmi risulta subordinata all approvazione di apposite norme da parte delle Regioni, andrebbe chiarito se ritardi nell approvazione delle leggi da parte delle Regioni possano incidere negativamente sui risparmi preventivati. Il subentro dei Comuni alle Comunità montane soppresse nei rapporti attivi e passivi potrebbe presentare profili onerosi qualora l incidenza degli aspetti passivi sia maggiore rispetto a quella dei profili attivi. Infine, potrebbe inficiare i risparmi previsti l eventuale venir meno di economie di scala in quei casi in cui la Comunità montana veda ridotto il numero dei Comuni componenti, ma non in misura tale da richiederne la soppressione, con particolare riferimento agli oneri fissi che non sono influenzati dalla grandezza dell ente e non risultano riducibili per effetto del ridimensionamento dell ente stesso. L UNCEM ha ricordato che il personale complessivo in organico nelle Comunità montane, a tempo indeterminato, sia a tempo pieno che parziale, ammonta a circa unità e non può cessare immediatamente dal servizio : le spese del personale dei 105 enti soppressi (per effetto dell art. 13 del d.d.l.) graverebbero sui Comuni. In buona sostanza la riduzione delle Comunità montane non comporta risparmi almeno nel breve periodo in quanto non compatibile con i tempi predeterminati dal disegno di legge finanziaria Le conseguenze sui Comuni sarebbero assai pesanti, in quanto essi sono chiamati a succedere ad ogni effetto, anche processuale, nei rapporti attivi e passivi contratti dalle Comunità montane eventualmente soppresse. Nei 60 giorni successivi all entrata in vigore della legge su di essi andrebbero ripartiti passività, personale, rapporti giuridici e opere sovracomunali in corso di realizzazione. E, implicazione importante, verrebbero meno i numerosi servizi erogati oggi dalle Comunità montane per conto dei Comuni, quali quelli 4 Cfr. nuovamente Documento Uncem di valutazioni e proposte emendative al DDL Finanziaria 2008 S. n Roma, 8 ottobre

7 sociali, assistenziali, di trasporto scolastico, di raccolta rifiuti, eccetera, con i quali le Comunità sostengono i Comuni montani, diversamente soli e abbandonati. La questione evoca alcuni precedenti sulla successione tra enti pubblici. Si ricorda in particolare la materia sanitaria, interessata da una importante decisione del Consiglio di Stato (Sez. V, 21 dicembre 1992, n. 1539), relativa alle vicende successorie che si sono verificate in seguito alla istituzione del Servizio sanitario nazionale (successione universale nella sfera giuridica dell Unità sanitaria locale dei rapporti posti in essere e degli atti adottati dai già esistenti Enti ospedalieri). In quell occasione si chiedeva al Consiglio di Stato di verificare se, insieme al trasferimento dei rapporti, si fosse costituito in capo all Amministrazione succedente il potere di emanazione degli atti inerenti a situazioni anteriori al trasferimento stesso. Importante la seguente precisazione del giudice amministrativo : "Le regole sulla successione tra Enti pubblici si discostano da quelle proprie del diritto privato, atteso che il soggetto privato si colloca nel sistema come centro d imputazione dei rapporti giuridici (capacità giuridica) e la sua facultas agendi è collegata e conseguente alle titolarità e si pone come attività di gestione delle stesse, mentre la soggettività pubblica esprime un riferimento prevalentemente funzionale, e si pone come centro di riferimento di attribuzioni e poteri, rispetto ai quali l idoneità ad essere titolare di rapporti è di norma secondaria e strumentale". Il principio è stato motivato: Trattandosi, nella specie, di giudicare sul trasferimento di poteri pubblici, e per di più da esprimersi con atti discrezionali, sembra incongruo il riferimento ai principi civilistici sulle successioni universali; va invece verificato se è coerente con il sistema, quale delineato con le norme regolanti l istituzione del Servizio sanitario nazionale, considerare trasferiti ai nuovi Organismi i poteri già spettanti agli Enti che svolgevano i propri compiti in campo sanitario e relativi a vicende e situazioni anteriori al passaggio delle funzioni. È determinante, al proposito, riconsiderare le già indicate esigenze di continuità, nonché di tutela del dipendente, unici argomenti la cui rilevanza risulti compatibile con l impostazione sistematica del problema in oggetto. Concepire quindi la successione tra Enti pubblici come fenomeno prevalentemente riferito ad un trapasso di titolarità costituisce un punto di vista illogico ed asistematico. Tale precedente assume attualità con riferimento al tema che occupa, proprio in ragione delle esigenze di continuità menzionate dal Consiglio di Stato : si pensi appunto ai 7

8 servizi erogati oggi dalle Comunità montane per conto dei Comuni, che si sono sopra ricordati. Altro possibile effetto paradossale per la finanza pubblica, oltre a quelli sopra segnalati dal Servizio Bilancio del Senato, sono legati alla natura provvisoria del subentro comunale, che potrebbe avvenire sino all adozione ( ) delle predette discipline regionali, sicché si potrebbe prospettare una gestione comunale ponte fino ad una nuova assegnazione ad ente montano come riconfigurato dalla Regione, con evidente aggravamento nella assegnazione e nella ripartizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali. 4. Il ruolo del legislatore regionale. Il caso della Regione Piemonte Se dunque l importante lavoro di razionalizzazione delle Comunità montane è affidato al legislatore regionale, è opportuno rilevare che non tutte le Regioni partono dallo stesso punto. Se si guarda alla Regione Piemonte, la scelta più rilevante assunta è chiaramente manifestata all art. 3, comma 2, dello Statuto regionale, a mente del quale : La Regione, ispirandosi al principio di sussidiarietà, pone a fondamento della propria attività legislativa, amministrativa e di programmazione la collaborazione con le Province, i Comuni e le Comunità montane, nonché con ( ) per realizzare un coordinato sistema delle autonomie. Da ciò si desume un evidente scelta di sistema : equiparare le Comunità montane agli altri enti territoriali nella logica della distribuzione delle competenze, ovviamente privilegiando l allocazione al livello territoriale migliore, nel rispetto dei principi della differenziazione e dell adeguatezza. Il concetto è ribadito e rafforzato a chiare lettere all art. 8, comma 2, secondo periodo, dello Statuto regionale, che afferma (La Regione) Individua nelle Comunità montane ( ) l organizzazione dei Comuni atta a rendere effettive le misure di sostegno ai territori montani. Ed anche con riferimento all allocazione delle funzioni amministrative, l art. 97 dello Statuto regionale chiarisce che la Regione si ispira al principio della differenziazione, a tal fine valorizzando le forme associative sovracomunali. Alcune aperture al ruolo delle Comunità montane si possono trarre anche dal recente d.d.l. regionale sul governo del territorio, che anzitutto chiarisce la propria natura complessa, riguardante diversi settori con il fine di coordinarli efficacemente : lo strumento dell attività 8

9 di pianificazione, delle politiche di tutela e di valorizzazione del territorio, di qualificazione dei sistemi insediativi, di contenimento dei consumi di suolo e dello sviluppo sostenibile. In secondo luogo i corollari di tale riconoscimento intersettoriale, tra i quali in particolare : - la natura processuale che l attività di pianificazione dovrà assumere e la riforma del ruolo dei soggetti istituzionali in tale processo; - l importanza dell operatività della pianificazione ai diversi livelli; - l opportunità di una legge che, oltre all assetto del territorio, comprenda la pianificazione del paesaggio, dell ecosistema e della difesa del suolo. Il ruolo chiave delle Comunità montane, nell ambito di tale processo, si può desumere dal seguente passaggio della stessa Relazione di accompagnamento al d.d.l. : In sintesi si può quindi affermare che il disegno tracciato dalla riforma si basa sul principio di sussidiarietà e pone al centro del processo di governo del territorio il livello comunale pur sapendo che i principi di autonomia locale e di sussidiarietà, nel campo del governo del territorio, dovranno essere contemperati con il principio di adeguatezza e nella consapevolezza che i sistemi ambientali, economici e sociali, insediativi e infrastrutturali devono essere governati al livello della loro reale rilevanza territoriale per gli effetti che essi producono. Si afferma quindi la necessità di un netto superamento della logica gerarchica e di sistema verticale e sostanzialmente separato attualmente in vigore. Tale affermazione, accompagnata dal doveroso conforto delle richiamate disposizioni dello Statuto regionale, portano ad affermare che sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza con riferimento alla pianificazione territoriale in area montana non possono che comportare l allocazione delle corrispondenti funzioni pianificatorie alla Comunità montana, che deve essere riconosciuto il livello territoriale idoneo per tale forma di pianificazione, in ragione della capacità conoscitiva, organizzativa e di superamento della esistente frammentazione tra piccoli comuni. Il ragionamento pare ulteriormente supportato dalla ampiezza delle funzioni amministrative già esercitate dalla Comunità montana, che toccano, come noto, pressoché tutti gli aspetti del governo del territorio dell area di pertinenza. La corretta riqualificazione della montanità, cui è chiamato il legislatore regionale, può essere ed anzi deve diventare un utile strumento per valorizzare il ruolo delle Comunità montane quali enti di governo del territorio, ancor più adeguati allo svolgimento delle 9

10 correlate funzioni, proprio (o comunque anche) per effetto di tale processo di razionalizzazione. 5. Le proposte di potenziamento del ruolo delle Comunità montane accompagnato alla loro razionalizzazione Come l UNCEM ha già ricordato, le funzioni che già oggi in generale la legislazione regionale attribuisce alle Comunità montane si presentano coerenti con i ruoli di agenzia di sviluppo del territorio; ente di manutenzione territoriale; forma associativa dei comuni dell area omogenea. Proprio l occasione della razionalizzazione che investirà tali enti consente di auspicare un consolidamento e rafforzamento di tali compiti, in particolare attraverso l attribuzione alle Comunità montane di ulteriori funzioni proprie che consentano un più efficace espletamento dei ruoli di agenzia di sviluppo e manutenzione del territorio. Tra questi si segnalano essenzialmente la pianificazione della rete di viabilità interna ed intervalliva e la promozione della localizzazione e dello sviluppo in territorio montano di attività imprenditoriali, con particolare riferimento ai settori del turismo, delle energie rinnovabili, delle produzioni enogastronomiche ad alta tipicità 5. Quanto all individuazione delle funzioni e dei compiti amministrativi comunali non gestibili direttamente dai Comuni - in ragione da un lato della complessità del compito o della funzione e dall altro della ridotta consistenza demografica dei Comuni stessi - il cui esercizio viene demandato alle Comunità montane quale livello ottimale. La previsione normativa può esser introdotta con riferimento ai Comuni montani al di sotto della soglia demografica dei mille abitanti e può trovare un attuazione graduale e progressiva, in considerazione della complessità della funzione e della sostenibilità del sistema. Si tratterebbe di una soluzione già astrattamente prevista da diversi legislatori regionali e perfettamente aderente al rispetto dei principi di sussidiarietà e, soprattutto, di differenziazione ed adeguatezza nell allocazione delle funzioni amministrative 6. 5 UCEM, Proposta formulata al Convegno di Torino del 23 luglio Cfr. ad esempio la vigente legge regionale del Piemonte n. 34 del 1998: Le funzioni e i compiti amministrativi non gestibili direttamente dai Comuni nelle forme singola, associativa o di cooperazione previste dalle disposizioni legislative sulle Autonomie locali, possono essere esercitati dalle Comunità montane o dalle Province sulla base dell'apposita normativa regionale di settore. 10

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