Un amicizia. dell altro mondo. i tascabili 5. Dieci anni di sostegno a distanza

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1 i tascabili 5 Supplemento al n 2/2003 del periodico Buone Notizie - sped. in A.P. - art.2-comma 20/c legge 662/96-FC Un amicizia dell altro mondo Dieci anni di sostegno a distanza

2 Lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì dalla maturazione della mentalità e dei costumi. È l uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica (Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio )

3 Un amicizia dell altro mondo Chi è AVSI INDICE CHI È AVSI 5 VIENI FIGLIO MIO 7 di Walter Rossi PRESENTAZIONE 9 AIUTARE E SOSTENERE LO SVILUPPO 10 AVSI, Associazione Volontari per il Servizio Internazionale, è una associazione senza scopo di lucro nata nel 1972, riconosciuta come ONG di cooperazione internazionale dal Ministero degli Esteri Italiano nel AVSI è accreditata - dal presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) di New York, con status consultivo presso l UNIDO, a Vienna, e inserita nella lista speciale ONG della Organizzazione Internazionale del lavoro, (ILO), a Ginevra. La missione dell Ong AVSI è quella di promuovere e sostenere lo sviluppo umano nel solco della dottrina sociale cattolica. Da alcuni anni AVSI è divenuta un network internazionale di 24 ONG e Associazioni di diversi paesi del nord e sud del mondo. AVSI aderisce alla FOCSIV, a La Gabbianella Coordinamento per il sostegno a distanza e alla Federazione dell Impresa Sociale - Compagnia delle Opere. IL SOSTEGNO A DISTANZA: 13 UN GESTO DI EDUCAZIONE di Giovanna Rossi UN AMICIZIA DELL ALTRO MONDO. 17 STORIE DEI BAMBINI, DELLE LORO FAMIGLIE, DEI SOSTENITORI E DEI VOLONTARI di Filippo Cavazza IL MONDO DEL SOSTEGNO A DISTANZA: 48 PAESI E PROGETTI LE ETÀ DEL SOSTEGNO A DISTANZA 117 INFORMAZIONI UTILI 119 CARTA DEI PRINCIPI 122 PER IL SOSTEGNO A DISTANZA POSTFAZIONE 127 di Davide Rondoni AVSI oggi è presente in 35 Paesi di Africa, America Latina, Medio Oriente ed Est Europa svolgendo 86 progetti pluriennali nei settori sanità e igiene, cura dell'infanzia in condizioni di disagio, educazione, formazione professionale, microimprenditorialità, recupero delle aree marginali urbane, ambiente, agricoltura e con mirati interventi di emergenza, nei quali sono impegnati per una permanenza media di due anni più di 80 volontariprofessionisti di AVSI, qualificati in varie discipline. AVSI opera in collaborazione e con finanziamenti del Ministero degli Affari Esteri Italiano, dell'unione Europea, di agenzie internazionali delle Nazioni Unite quali UNICEF, UN- Habitat, UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), Programma Alimentare Mondiale, Banca Mondiale, Banca Interamericana di Sviluppo, e agenzie di vari Governi. AVSI coopera inoltre con Enti locali, associazioni di categoria, imprese e fondazioni. Fra le ONG internazionali con sede in Italia, AVSI può vantare uno dei più alti tassi di autofinanziamento: oltre il 60% delle sue entrate proviene da donatori privati. Con il sostegno a distanza aiuta più di bambini e ragazzi in 32 paesi del mondo. AVSI realizza progetti di sviluppo avendo come punto centrale la persona, ne condivide i bisogni, il senso della vita e si commuove per il suo personale destino. Ogni persona, ogni comunità, per quanto carente, rappresenta una ricchezza e presenta un suo patrimonio. Ciò significa valorizzare e rafforzare ciò che le persone hanno costruito, la loro storia, le relazioni esistenti, cioè quel tessuto umano e quell insieme di esperienze che costituiscono il loro patrimonio di vita. È un punto operativo fondamentale, che nasce da un approccio positivo alla realtà, che rende cosciente la persona del suo proprio valore e della sua dignità; e nel contempo l aiuta ad una responsabilità. 4 5

4 Vieni Figlio Mio di Walter Rossi* Vieni figlio mio siedi qui sugli scalini di pietra nel giardino della nostra casa nel cortile di questa piccola chiesa vieni figlio di Dio come lo sono io come lo è tua madre che aveva fretta di andare vieni non cadere se sei stanco, se hai sete ti darò da bere ti rimetterò la veste vieni sul sagrato della vita dove siamo frutti dell'albicocco dove abbiamo il viso rotondo dove siamo buccia sottile e odorosa polpa cuore verde di carciofo posso solo baciarti le palpebre scoprire gli occhi accarezzare i piedi rimettere i sandali indicare la strada verso chi è solito amare senza misura. * Walter Rossi, 38 anni, scrittore e avvocato, vive e lavora a Firenze. È sposato con Donata e ha tre figli: Emma Maria, Teresa Maria e Luigi Maria. Da 10 anni lui e la sua famiglia aiutano diversi bambini del programma di sostegno a distanza. Si può dare uno, si può dare due o cento, il cuore cresce insieme alla consapevolezza, perché la tensione è quella di condividere tutto e non il sovrappiù, agli occhi di Dio tutto diventa infinito, tutto diventa grande. (...) Questo ho ricevuto e questo ho voluto testimoniare anche con la mia poesia dedicata a tutti i bambini adottati a distanza grazie al lavoro di AVSI. 7

5 Presentazione Con gioia presentiamo questa pubblicazione, dopo dieci anni di sostegno a distanza (abbiamo iniziato nel 1993 con poche decine di bambini), e oltre bambini e ragazzi che oggi stiamo aiutando in 32 paesi del mondo. Ci è sembrato importante cogliere questa occasione, questo anniversario e questo traguardo per raccontare e condividere questa entusiasmante esperienza con tutti coloro che vi partecipano. Un amicizia dell altro mondo che ha mille e mille volti, di bambini, di sostenitori, di educatori locali, con un comune denominatore: la passione per ognuno, lo sguardo verso ogni persona, verso il suo essere unico e irripetibile. Grazie a tutti: a chi fedelmente sostiene da anni questo lavoro, a chi è appena arrivato con noi, a chi può dare un piccolo aiuto... e a tutti coloro che, raccontando della propria scelta e del proprio impegno, facendoci incontrare loro amici, conoscenti, colleghi o datori di lavoro, rendono possibile ad altre persone il coinvolgersi in questa avventura e ad altri bambini e ragazzi l essere sostenuti nella propria educazione e nella propria crescita umana. Grazie ancora, a tutti, di cuore. Dania Tondini Responsabile AVSI Sostegno a distanza 9

6 Un amicizia dell altro mondo 10 Aiutare e sostenere lo sviluppo In questi ultimi anni è cresciuta la consapevolezza dell umanità rispetto alle condizioni di miseria in cui versano un miliardo e duecento milioni di persone. È curioso vedere come ci siano reazioni così diverse a questo fatto. C è chi si gira dall altra parte e affonda nell indifferenza. Per chi ama la vita, l impegno serio con la vita, e non solo per chi come noi è cristiano, questa è una reazione mortificante. È come lasciarsi andare al nulla. C è chi protesta. Magari anche sfasciando le vetrine e il lavoro di altri, nel tentativo di punire un colpevole che ahiloro non c è. Non sono solo le multinazionali disumane, non sono solo i governi corrotti dei paesi poveri, non sono solo i governi sfruttatori dei paesi ricchi, non sono solo i ricchi egoisti. La povertà è uno dei frutti del limite umano, del peccato dell uomo. C è poi chi fa piani, strategie di riduzione della povertà, ne fa una questione di soldi da investire, di tecnologie da trasferire. Tutto bene, ma poi ci vuole l uomo, formato sì ma soprattutto consapevole, desideroso della propria felicità, assetato di vita e di significato. Che la vita umana non sia pianificabile lo abbiamo imparato tutti dalla nostra esperienza diretta. E infine ci siete voi, che di fronte alla grande tragedia della povertà avete scelto di fare qualcosa. Il sostegno a distanza è una piccola cosa che permette di uscire dall impasse. Perché il metodo è questo: rispondere ad una domanda piccola qui ed ora. Se si sposta il problema, si rinuncia a rispondere. Ed è questo stesso metodo che, ai diversi livelli, cambia il mondo. È quello che spinge un associazione a occuparsi di bambini senza scuola, una ong a un progetto di sviluppo, una agenzia onu a un programma per conseguire gli obiettivi del millennio, una multinazionale a dare lavoro decente anche ai più esclusi, un governo ricco a spendere di più in cooperazione, un governo povero a impegnarsi seriamente a prendersi cura della propria gente. Questo scritto racconta di giovani vite che sono cambiate. Il valore del sostegno a distanza è proprio questo: cambiare silenziosamente una vita, senza sconvolgerla, ma anzi liberandola dal giogo della povertà e rilanciando la sua dignità e i suoi talenti. In un mondo in cui la miseria tiene in ostaggio un miliardo e duecento milioni di persone, e in cui contemporaneamente diminuiscono gli aiuti pubblici allo sviluppo, il sostegno a distanza è la proposta più umana, perché non pretende di risolvere un problema che l uomo non può risolvere. Se non guardiamo l uomo così, nella sua natura di creatura di Dio, quindi sacra, ma anche finita, arriviamo a soffocare anche la nostra nostalgia dell eterno, che scavalca i limiti storici, anche della povertà. Desiderio di infinito, quello umano, che ci porta non a sogni astratti, ma a stare nel reale con impegno e con uno sguardo aperto a tutti, anche ai più poveri, lontani e diversi da noi. Desiderio di infinito che non ci lascia né impotenti né onnipotenti di fronte alla sofferenza, ma solo attenti ad intervenire, pronti ad usare l intelligenza per affrontarla. Il sostegno a distanza è una proposta umana perché è una libera iniziativa di un uomo consapevole che risponde qui ed ora ad un bisogno e ad una domanda fatta personalmente a lui: tu cosa puoi fare per questo bambino? Il sostegno a distanza è una proposta umana perché è una risposta reale e concreta ad un desiderio che l uomo sente di fronte al bisogno e che l indifferenza, la violenza e l impotenza non soddisfano. È quel desiderio di affermazione della vita, di esaltazione del bello che non riesce a tacere. Anche se un uomo cerca di soffocarlo nel dubbio: ma, chissà se servirà, chissà come useranno i soldi, se non sarà meglio così, in fondo ci sono abituati, poi non basteranno mai questi soldi Dubbi leciti, ma non ci possono fermare. Basta verificare. Ed è di questo che abbiamo bisogno noi, uomini del mondo ricco ed evoluto: uno sguardo che non censuri la realtà, non la sommerga di dubbi, di se e di ma, un intelligenza che non sia freddo calcolo, un apertura che rilanci in noi l umano desiderio di infinito, che segua questo destino d amore per la propria vita e quella degli altri, questo desiderio di bellezza e felicità che troppo spesso soffochiamo. Questa goccia nell Oceano, che se non ci fosse mancherebbe, è il metodo per cambiare il mondo. Anche nelle nostre case, dove bambini e ragazzi, ma anche e prima di tutto noi adulti, saturi di tutto, siamo pieni del vuoto del benessere, il sostegno a distanza entra come un modo di stare nel mondo, di conoscere la vita. È una grande ricchezza per ciascuno di noi, per i nostri figli, prendersi cura di una vita dall altro capo del mondo. È l ora di una nuova fantasia nella carità diceva Don Orione e ha rilanciato il Papa nella Novo Millennio Ineunte. Il sostegno a distanza, il vostro gesto, ne è un esempio concreto. Arturo Alberti Presidente AVSI Alberto Piatti Direttore Generale AVSI 11

7 Il sostegno a distanza: un gesto di educazione Prof. Giovanna Rossi Docente di Sociologia della Famiglia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano Il sostegno a distanza è una forma di condivisione realizzata attraverso un contributo economico stabile e continuativo destinato a un beneficiario ben identificato che, in qualche paese del mondo, riceve alimentazione, cure mediche, interventi igienico-sanitari, scolarizzazione, e attende opportunità rivolte allo svolgimento di attività didattiche e ricreative. Consiste nel prendersi cura di un bambino, fisicamente lontano da noi, che vive in una situazione di necessità. Si tratta di una forma di adozione sui generis che, a differenza dall adozione legale, non comporta un rapporto familiare e un vincolo giuridico tra i soggetti in relazione. Esso si prefigge di migliorare la vita quotidiana di migliaia di bambini e ragazzi, favorendo, innanzi tutto, un effetto di riduzione della povertà. Si esprime, quindi, in primo luogo in un aiuto materiale che contribuisce a migliorare le condizioni di vita dei destinatari ma si concretizza anche in un supporto con effetti di natura sociale, attraverso cui si evita lo sradicamento dal contesto familiare, sociale, culturale. Dal punto di vista di coloro che si impegnano in questo genere di interventi, il sostegno a distanza coincide con un atto di responsabilità, assunta attraverso un sostegno economico. Esso si realizza secondo un ottica progettuale, che ha lo scopo di garantire condizioni indispensabili per uno sviluppo globale della persona e della comunità di appartenenza. Il sostegno a distanza non è, infatti, semplice beneficenza occasionale, ma implica un impegno al mantenimento del rapporto per un periodo significativo di tempo. La sua efficacia è quasi immediata, in quanto vengono evitati passaggi intermedi e burocrazie, favorendo l integrazione di questo gesto con altri progetti o attività presenti sul territorio. Insieme agli aiuti materiali AVSI garantisce la presenza di persone che accompagnano il bambino nel suo percorso, prendendo a cuore la sua situazione complessiva (materiale e relazionale), la sua dignità umana e il suo benessere, al fine di offrirgli la possibilità di uscire da realtà problematiche di sottosviluppo, evitandone, al tempo stesso, come abbiamo accennato in precedenza, lo sradicamento dal proprio mondo vitale. Spesso questo sostegno è inserito in progetti più ampi e diversificati rivolti, oltre che a singoli individui, alle famiglie e alla comunità. 13

8 Un amicizia dell altro mondo 14 Attraverso l aiuto personalizzato, il bambino viene a beneficiare di un programma complessivo di cura nei suoi confronti. Il sostegno a distanza non prevede la consegna di un semplice sussidio direttamente ai bambini, alle loro famiglie o alle persone che li hanno in affidamento, ma raggiunge comunque lo scopo di moltiplicare le risorse a disposizione di questi soggetti e della comunità in cui sono inseriti. In tal modo, attraverso questi interventi, che vanno ben al di là di un generico assistenzialismo, si contribuisce a responsabilizzare la famiglia e la comunità, offrendo loro la possibilità di raggiungere l autonomia. Un atteggiamento assistenzialistico, infatti, non crea personalità adulte, ma ne favorisce, anzi, la dipendenza, non sollecitando la persona allo sviluppo di una capacità autonoma nella ricerca di risposte, poiché implicitamente rimanda il cambiamento ad un futuro condizionato dalle circostanze esterne. Al fine di attivare un tale aiuto personalizzato, decisivi risultano l intervento e la presenza di un adulto-educatore che valuta la situazione di ciascun bambino e della sua famiglia. Questa figura è essenziale per il tipo di aiuto offerto con il sostegno a distanza: svolge, infatti, il compito di comprendere ciò di cui il bambino ha più bisogno, tenendo conto di tutta la sua storia, di verificare che tragga realmente beneficio dal sostegno e spesso anche di aiutare i genitori a diventare più consapevoli. L adulto-educatore assicura, da un lato, che l aiuto offerto vada a destinazione e che sia gestito nel migliore dei modi, dall altro, che venga mantenuto un legame e una relazione con la famiglia (laddove esistente) dei bambini e con il bambino stesso. Giova sottolineare che per AVSI uno degli scopi del sostegno a distanza è, insieme al raggiungimento del benessere materiale, anche quello educativo. L educatore ha un triplice compito. In primo luogo, la sua presenza è fondamentale perché definisce e caratterizza il tipo di rapporto tra colui che adotta a distanza e il beneficiario, risultando così decisivo nel creare una relazione di fiducia tra il sostenitore e l organizzazione e tra l organizzazione e il bambino sostenuto. Il tentativo è quello di fare percepire il gesto di aiuto come non episodico e impegnato in una logica solidaristica che dura nel tempo. In secondo luogo, ha il compito di valutare le situazioni di disagio e di necessità di un determinato gruppo di soggetti in un certo Paese, di trasformarle in progetti più ampi di sviluppo e di gestirli, in modo che l aiuto offerto vada a buon fine. Infine, la sua azione è sicuramente importante e decisiva non solo come garanzia di pronta consegna del denaro affidato alle organizzazioni, ma anche per lo spessore relazionale e valoriale del gesto di sostegno. In questo senso, l adulto in questione può rivelarsi presenza che accompagna il bambino in un percorso educativo di crescita e sviluppo. L educazione, infatti, si gioca nel presente ed è sempre possibile. Numerose sono le testimonianze di bambini educati negli asili che diventano strumenti di cambiamento per le loro famiglie. In definitiva, possiamo affermare che il sostegno a distanza è sicuramente una nuova forma di solidarietà umana e sociale. È una solidarietà varia che parte dai singoli, ma anche dai gruppi che si muovono donando concretamente e direttamente all altro. A questo proposito, ci sembra utile ricordare che Godbout definisce il dono come dare qualcosa a qualcuno senza ricevere nulla in cambio. Il dono contiene sempre un al di là, un supplemento, qualcosa di più che si cerca di definire con gratuità. Il valore di legame che ne scaturisce è cosa diversa dal valore di scambio e dal valore d uso (Godbout J.T., L esprit du don, Editions du Boreal, Montreal, 1992). Il dono è pertanto una relazione che serve ad alimentare o creare legami sociali tra le persone. Esso è assolutamente gratuito, non avendo garanzia di restituzione, quindi sottintende anche la possibile interruzione del legame instaurato. In esso è contenuto un paradosso. Da un lato, esso è perfettamente libero e quindi mai completamente reciprocabile, dall altro, permette un legame sociale radicato nella reciprocità simbolica più piena. Il legame sociale che si viene a creare è contrassegnato dalla gratitudine che mai potrà essere sostituita dalla logica oggettiva dello scambio economico. Tale gratitudine, infatti, non è fungibile, non trova equivalenti funzionali che ne possono sostituire la funzione di creazione del legame sociale. La maggiore garanzia ai fini del mantenimento della relazione è data dalla presenza dell adulto-educatore che agisce una specifica funzione mediativa. Risulta assolutamente decisiva questa figura, attraverso cui l offerta in denaro non è solo un intervento isolato per arginare un fenomeno di povertà, ma uno strumento per cercare di coinvolgere la comunità, rendendola protagonista, attraverso la riacquisizione di una propria identità. Attraverso questa modalità specifica di dono, rappresentata dal sostegno a distanza, quindi, si crea comunità, non solo nel Paese in cui gli aiuti arrivano, ma anche nel Paese sviluppato da cui il sostegno (denaro) parte. Il sostegno a distanza, inoltre, costituisce un opportunità di sviluppo perché, oltre all obiettivo di migliorare le condizioni di vita del destinatario, si pone come scopo quello della formazione e soprattutto dell educazione di quest ultimo nell ambiente in cui vive. Le buone ragioni che conducono a questo tipo di dono sono sicuramente basate su sentimenti di solidarietà, di comprensione verso situazioni di difficoltà e necessità, tra l obbligo e la riconoscenza da un lato e la gratuità e la gratificazione dall altro. Il compito del sostegno a distanza, così inteso, è quindi piuttosto impegnativo. Esso tende a coinvolgere non solo gli individui, ma anche le famiglie e le comunità. I sostenitori hanno l opportunità di scoprire il senso autentico di un gesto di solidarietà, coloro che ricevono l aiuto hanno la possibilità di essere sostenuti, in modo da diventare sempre più protagonisti, acquisendo sempre maggiore consapevolezza e sempre maggiore benessere. Se il concetto di solidarietà va inteso come lo strumento attraverso cui è possibile produrre un bene comune per l intera società, che mette in relazione i beni prodotti da ciascun sottosistema sociale, difficilmente può essere considerato nella sua completezza se non connesso al principio di sussidiarietà. Questo ultimo consiste nell indicare una relazione d aiuto per cui non ci sia il prevalere di un livello sull altro, ma un rapporto di rispetto tra i diversi soggetti sociali. Quindi, proprio la dimensione della gratuità sembra essere un elemento cardine, essendo fonte di coesione sociale e motivo scaturente della solidarietà. Si configura, ultimamente, come una componente stabile della società complessa, in cui le relazioni solidaristiche, fondate sulla reciprocità e sulla gratuità, divengono nel loro agire un modo alternativo di vita. 15

9 Un amicizia dell altro mondo Storie dei bambini, delle loro famiglie, dei sostenitori e dei volontari Filippo Cavazza 27 anni, volontario AVSI in Serbia e Uganda Sapevo che i miei amici avrebbero presto sondato il terreno per capire che regalo desideravo per la laurea. Già da qualche tempo mi era balenata per la testa l idea di qualcosa di particolare. In fondo, di penne stilografiche e di cravatte avevo già la casa piena, né bramavo dalla voglia di ricevere altri ammennicoli. Che cosa chiedere, allora? Semplice, un bambino. Un bambino da adottare a distanza con AVSI. L argomento della mia tesi di laurea, poi, aveva rafforzato questa convinzione. Per mesi mi ero occupato dei viaggi di Giovanni Paolo II in Africa, studiandone sia gli aspetti pastorali che socioeconomici. E mai come in quel lungo periodo di ricerca - tra polverose biblioteche e siti Internet - ero stato stupito dal Papa, dal suo abbraccio commosso all Africa e ai suoi bambini. Con l adozione a distanza volevo in qualche modo proseguire questo abbraccio, ridare con il mio piccolo (perché è davvero piccolo!) contributo la possibilità di una vita dignitosa ad un ragazzino di un continente così dimenticato. Non mi considero più buono o più caritatevole degli altri. Non è vero. Ho cercato semplicemente di seguire il richiamo della mia fede e del mio cuore a compiere un opera concreta, come già tantissima altra gente aveva fatto. Joseph, il mio bambino ugandese, può oggi andare a scuola, così come la sorellina Dola. Li ho incontrati durante i miei mesi di lavoro in Uganda e alla visita ho portato anche un mio caro amico. Quando ha visto la sorellina, Dola, e ha saputo che non aveva i soldi per le tasse scolastiche, ha subito deciso di sostenerla. I grandi occhioni neri di Joseph e di Dola si sono sgranati di felicità nell apprendere la notizia. Ogni giorno leggo con gioia di tantissime persone che si sono coinvolte con il sostegno a distanza. Famiglie, anziani, classi delle elementari e dei licei, consigli comunali. In totale sono oltre ! Questo libro parla di loro, anzi, di voi. E senza di voi, senza la vostra carità, questo libro non sarebbe mai nato. Nelle prossime pagine cercherò di raccontarvi alcune di queste storie. Purtroppo, per evidenti ragioni di spazio, solo di alcune, anche se ognuna di esse meriterebbe un suo spazio (se non addirittura una sua piccola pubblicazione). Scriverò di bambini, dal Brasile all Uganda, la cui vita è stata cambiata da questo piccolo dono di 312 Euro all anno. Si tratta di esistenze, in molti casi, cambiate anche dal semplice apprendere di avere qualcuno, dall altro lato del mondo, disposto a prendersi cura di loro. Scriverò anche di famiglie italiane e volontari di AVSI nel mondo commossi dalla bellezza del rapporto umano venutosi a creare con il bambino. Perché la ricchezza del sostegno a distanza si scopre proprio nell umanità di questo legame. 17

10 I veri beneficiari: i bambini Eccoli, sono loro, i bambini, i primi beneficiari del sostegno a distanza. Li incontriamo con i loro volti illuminati di gioia, accalcati al cancello di una scuola africana per salutarci o pronti a correre in acqua per fare il primo bagno nel mar Nero rumeno. Hanno tutti una storia da raccontare, da gridare. Sì, perché i bambini non sono un astratta categoria, ma sono facce precise, storie precise. È per ognuno di questi bambini, per la singolarità di ciascuno di questi volti che è iniziato il programma di sostegno a distanza. 18 Questa è la storia di un bambino rumeno e di suo padre. Di un bambino, Nico, che come molti suoi connazionali è sieropositivo. E di un padre che fa di tutto, nonostante la povertà dei mezzi a disposizione, per essergli accanto. Nico è nato 14 anni fa ed ha altri due fratelli, Ionut e Alina. Della mamma non sa nulla. La donna ha abbandonato la famiglia da molti anni, lasciando i figli al padre. Dovendo far fronte a molte difficoltà nel provvedere ai bisogni dei piccoli, il padre è costretto ad affidare i due maschi ad un orfanotrofio di Bucarest. Questo non gli ha comunque impedito di recarsi regolarmente in visita ai ragazzi e di riportarseli a casa durante le feste. Il papà abita attualmente con la figlia minore Alina, insieme con la nonna paterna. La casa è di proprietà della nonna e si trova in un distretto rurale nei dintorni di Bucarest. La casa è piccolissima, ha una sola stanza agibile, ma il papà sta cercando in tutti i modi di allargarla, per farci venire a vivere Nico e Ionut. Purtroppo è disoccupato e riesce a guadagnarsi da vivere solamente con alcuni lavori saltuari. Durante il periodo trascorso all orfanotrofio Nico è scoperto sieropositivo e trasferito all istituto di Vidra, specializzato nella cura ai bambini affetti di Aids. È qui che i volontari di AVSI lo incontrano e lo inseriscono nel programma sostegno a distanza. Il padre non ha comunque cessato le visite, anche se questo ha comportato il doversi recare in due luoghi diversi, da una parte per Ionut e dall altra per Nico. Solo per visitare Nico, tra andata e ritorno, percorre in bicicletta quasi 60 km. AVSI ha sempre cercato di aiutare il padre e di favorire la possibilità che Nico trascorresse i momenti di festa e di vacanza dalla scuola a casa con la sua famiglia. Per questo anche Alina è stata inserita nel programma del sostegno a distanza. Il papà di Nico ha lottato strenuamente per riportare il piccolo e Ionut a casa. Le autorità hanno più volte respinto la richiesta. Nella casa non c erano ancora le condizioni minime necessarie, in particolare per la mancanza di un adeguato spazio abitabile. Gli operatori AVSI non sono rimasti a guardare. La situazione di Nico ci è sembrata degna di essere sostenuta, poiché suo padre è uno fra i pochissimi genitori da noi incontrati ad avere conservato un interesse per i propri figli e a desiderarne il ritorno a casa.. Hanno cercato delle donazioni e, trovatele, hanno avviato i lavori di ristrutturazione della casa. I lavori, iniziati con la sistemazione delle due camere da letto, sono proseguiti con la costruzione di un anticamera. Si è poi aggiunta la costruzione e il montaggio di due stufe, necessarie per garantire il riscaldamento, l acquisto del linoleum e della moquette (per supplire il fatto che i pavimenti non erano terminati) e l arredamento della casa. Per questo ultimo ostacolo è giunta in aiuto la buona sorte, con la donazione improvvisa di una signora che doveva traslocare e che ha donato i suoi vecchi mobili. Ora è tutto pronto per accogliere Nico e Ionut. Il papà potrà finalmente deporre la bicicletta e abbracciare i suoi figli tutte le sere.

11 Ecaterina rispecchia con il suo sorriso la dolcezza del suo nome. Lo si capisce anche dai suoi disegni. Ha aspettato fiduciosa per mesi una lettera di risposta dalla sua famiglia italiana, mamma, papà e tre figliolette. Ci sperava. Alla fine la lettera è arrivata. Ora sa di avere degli amici, persone che le vogliono bene. Io non sono arrabbiata di averla ricevuta tardi, ma sono contenta di avere degli amici, soprattutto perché ho pochi amici. La famiglia di mia zia non ha figli, così che ho un motivo in più di essere contenta per i miei nuovi amici che vorrei tanto conoscere meglio. La sua esistenza non è stata semplice. La mamma è morta quattro anni fa ed il padre non si è mai mostrato disponibile a prendersi cura della figlia. È vissuta con lui per un certo periodo, nel villaggio materno, insieme ad altri parenti della madre, fino a quando alcuni zii non l hanno presa in affido. Ecaterina vive ora con loro a Cluj, una delle più grandi città della Romania. All inizio era un po spaventata, temeva il passaggio dalla campagna alla città. Ora, invece, è felicissima di abitare con zia Ana e zio Ioan ( loro sono stati molto buoni con me, è come se vivessi in una favola ). Si sente come la loro figlia naturale. Anche alla sua famiglia italiana si sta sempre più affezionando. Dopo la lettera aspetta di ricevere alcune fotografie. Vorrebbe vederli con i suoi occhi i volti che la aiutano, in particolare quelli delle bambine. Ecaterina raffigura queste amiche lontane con una rosa. Belle e pure di cuore. E per ogni bambina c è un petalo speciale. 20 Avevo accennato alla mia laurea, allo strano regalo ricevuto per l occasione. La laurea, grazie a Dio, non è privilegio esclusivo di noi occidentali. Grazie al sostegno a distanza, ma grazie anche ai loro sacrifici e alla loro abnegazione, alcuni ragazzi sono riusciti a conseguire questo prestigioso obiettivo. Ritah si gongola per il risultato, con il suo elegante tailleur e la sua feluca. Una laurea, in un paese africano, è traguardo riservato a pochissimi. E si tratta per lo più di uomini. Per le donne è l eccezione dell eccezione. Ritah ce l ha fatta. Sa che per questo deve ringraziare Gabriella, la sua benefattrice. Apprezzo di tutto cuore l aiuto che mi avete concesso per la mia educazione. È raro trovare persone come voi! Ritah ha conseguito la laurea in Economia (Business Administration and Management) all Università Makerere di Kampala (Uganda). Nel suo libretto universitario troviamo un rendimento costante, con voti molto alti in Gestione delle Risorse Umane e Sistemi d Informazione Gestionale. Senza la generosità della sua famiglia italiana Ritah non avrebbe saputo come trovare il denaro necessario per sostenere l esame finale. In quel momento - scrive la ragazza - voi siete stati dei messaggeri divini accorsi in mio aiuto. Dopo la laurea Ritah ha iniziato a lavorare. C era bisogno di dare una mano al fratello e alla sorella più piccoli. C era bisogno - come aggiunge nel suo scritto - di fare qualcosa di utile per il mio paese. Rimaniamo in Africa, nella regione dei Grandi Laghi, in uno stato - il Rwanda - che con l Uganda confina. Vi sono molte affinità tra i due paesi, non fosse altro che anche in Uganda vi sono diverse persone appartenenti all etnia tutsi. Il Rwanda è una piccola nazione, poco più grande della Lombardia. Di questa terra, del suo verde (il Rwanda è anche chiamato il paese delle mille colline) non abbiamo saputo

12 nulla fino al È il 6 aprile di quell anno quando il presidente Habyarimana, di etnia hutu (etnia maggioritaria in Rwanda), muore in un incidente aereo insieme al presidente del Burundi. Bastano poche ore ed il paese precipita nel caos. Scene inenarrabili di violenza percorrono la capitale, Kigali, e le zone rurali. Nel giro di due mesi quasi un milione di persone muoiono massacrate, in quello che è ricordato come il più veloce genocidio della storia. Ad essere uccisi, a colpi di panga e machete, sono soprattutto tutsi e hutu moderati, quegli hutu che avevano cercato di resistere alla logica del sangue e della vendetta, rischiando in alcuni casi anche la vita per salvare i propri fratelli tutsi. Dall estate del 1994 AVSI è arrivata in Rwanda, impegnandosi soprattutto in progetti di recupero dei bambini traumatizzati dalla guerra. Centinaia di migliaia di bimbi sono diventati orfani, hanno visto le loro case incendiate e le loro scuole distrutte, sono stati costretti a vivere da profughi nei boschi e nelle foreste. L adozione a distanza ha riportato il sorriso a tanti di loro. Anche ad alcune, come Claudine e Solange, che proprio bambine non sono più, ma che grazie al sostegno a distanza sono riuscite a diventare maestre e a ridare una piccola speranza a tanti orfani del genocidio. Il sostegno a distanza ha reso in un colpo solo più felici ottanta bambini (Claudine e Solange ne hanno quaranta a testa nelle loro classi). La loro storia ci è raccontata dalla penna scorrevole di Marco, giornalista e operatore AVSI in Rwanda: RUYUMBA (RWANDA) AVSI le incontra in un villaggio sperduto del Rwanda. Sono due ragazze che non hanno più i mezzi per andare a scuola; si trovano due famiglie italiane disposte a sostenerle, diventano amiche, finiscono gli studi, trovano un lavoro come insegnanti e oggi la loquace Solange ci dice - anche a nome della più riservata Claudine - che il progetto del sostegno a distanza ci ha levate da una vita miserabile. Se oggi abbiamo meno problemi di quanti ne avremmo potuti avere lo dobbiamo a due famiglie italiane che non abbiamo mai avuto l occasione di conoscere e delle quali - va detto - si sono dimenticate i nomi. 22 Solange e Claudine hanno rispettivamente 30 e 31 anni e quando AVSI le incontrò nel 98 avevano smesso gli studi perché a causa del genocidio avevamo perso tutto. Quando le conoscemmo non erano più delle bambine, ma erano sicuramente due ragazze vulnerabili. Claudine abitava con la mamma, un fratello, una sorella e una nipote; Solange era già mamma di un bimbo e responsabile di due fratellini piccoli ai quali la guerra aveva tolto i genitori. La scuola da finire era diventata un sogno che rivelarono appena conobbero AVSI. E da lì, da quell incontro, si riparte : uniformi, materiali scolastici, tasse d iscrizione e avanti: quarta, quinta e sesta per Claudine, solo gli ultimi due per Solange. La scuola finisce, l importante pezzo di carta lo tengono stretto in mano e anche loro due capiscono il senso e l importanza di non ritenere impossibile una cosa solo perché improbabile. Per il resto è storia d oggi: in un villaggio rwandese essere maestrine ha la sua importanza al di là dello stipendio che si ferma sui 40 euro al mese e alla qualità dell insegnamento che, non per responsabilità loro, è quantomai scadente. Le incontriamo con i loro quaranta alunni ciascuna: bimbi scalzi, bimbi poveri, classi nude, nessun libro di testo. Resta solo la speranza nella buona volontà delle maestre che tra le nozioni che conoscono e tanta arte nell arrangiarsi devono insegnare francese, inglese, kinyarwanda, calcolo, scienza e tecnologia elementare, morale, religione, educazione civica e fisica. La giornata finisce alle quattro del pomeriggio, qualche chilometro su e giù per colline e poi ecco-

13 Un amicizia dell altro mondo 24 le a casa: Solange continua a vivere ed essere la responsabile della stessa famiglia che incontrammo nel 98, mentre in quella di Claudine si sono aggiunti cinque bambini di un fratello morto, la cui moglie è in prigione accusata di aver preso parte al genocidio. È ancora Solange che trova la frase giusta per chiudere questa rimpatriata: AVSI prepara la vita per il futuro e strappa un sorriso di consenso alla sempre timida Claudine. Sunday Saviour è oggi un brillante studente di scuola superiore a Lagos, in Nigeria, alla Seed Remedial School, ed è anche uno dei ragazzi più attivi nelle preparazione del giornale studentesco. Nessuno lo avrebbe detto fino a qualche anno fa. Il ragazzo non sapeva né leggere né scrivere in inglese. Grazie all inserimento in un classe speciale Sunday ha subito colmato le lacune, anche se sono rimasti molti problemi. Sunday, infatti, è molto povero, e il fratello maggiore non può pagargli l istruzione. Per potersi mantenere gli studi era così costretto a lavori estenuanti. Concentrazione e rendimento ne risentivano. Con il sostegno a distanza Sunday ha iniziato a frequentare la scuola con regolarità, compiendo passi da gigante in tutte le materie. Sunday è oggi un ragazzo con mille interessi e desideri, non solo legati al giornalismo. Nell annuale vacanza organizzata dal campus al di fuori di Lagos è sempre tra i più partecipi e pieni di iniziative, così come è pieno di gratitudine per i suoi sostenitori italiani. A loro scrive spesso, senza risparmiare racconti su quanto gli sta accadendo a scuola e senza censurare i suoi ringraziamenti. Vi ringrazio perché attraverso la vostra donazione avete reso per me la vita una cosa degna di essere vissuta. Spero possa giungere presto il giorno in cui incontrarci, in Nigeria o in Italia. Con le storie dei bambini delle adozioni a distanza si è cimentato anche un noto giornalista, Gianluigi Da Rold, in passato inviato del Corriere della Sera. Dal suo viaggio in Brasile abbiamo tratto la vicenda di Eduardinho. Anzi, la rivincita di Eduardinho, come Da Rold l ha chiamata, la rivincita su una vita di polvere e di favelas. Ha 26 anni, Josè Eduardo Ferreira Santos, ma ne dimostra meno. Sembra un liceale, un po secchione, magro e simpatico. Lo chiamano Dinho, gli italiani di AVSI e i ragazzini di Bahia, che frequentano il centro educativo nella favela. La sua storia personale è inseparabile dall intera vicenda del Centro Educativo e degli alagados. Nel 1992, quando si pensò di spostare le famiglie dalle palafitte in case sulla costa, Eduardinho aveva poco più di 15 anni. La baia Ribeira Azul, quasi interamente occupata dalle palafitte, si poteva solo intuire o immaginare. Un ipotetica urbanizzazione e industrializzazione dell interno di Bahia si era trasformata in un tragico fallimento. Migliaia di famiglie avevano lasciato l interno del Brasile, la campagna, e si erano diretti verso la grande baia di Todos os Santos, cercando lavoro e una casa. Le fabbriche fallirono e le case non furono mai costruite. È qui che iniziano a condividere dolore e disperazione, portare cibo e curare bambini e ammalati, i volontari di AVSI. Nel 1992 l incontro di Dinho con don Giancarlo, durante una delle passeggiate che il ragazzino faceva per dimenticare i morsi della fame al centro di Bahia, fino al Pelorinho, fino alla casa dello scrittore Jorge Amado, alla piazza del palo e delle gabbie, dove si mettevano gli schiavi ribelli venuti dall Angola. Un ambiente degradato anche quello, con un umanità disperata, ma dove c erano anche le testimonianze dei primi missionari, le grandi chiese, le cattedrali del barocco portoghese. Stavo guardando le vetrate di una chiesa, affascinato da quella bellezza. Mi si avvicinò un sacerdote, don Giancarlo, chiedendomi: cosa stai facendo? Gli ho spiegato quello che facevo, dove vivevo, come vivevo. La sua vita si rovescia. Ho convissuto con la violenza e la morte. Dove vivevo io, dove vivo ancora, la vita non ha valore, non ha alcun senso. E come si può crescere se la vita non ha valore, non ha senso? Intuivo, mentre abitavo nel degrado degli alagados, che la vita si decide proprio quando si è ragazzi. E, paradossalmente, vedevo che i miei coetanei, quelli più intelligenti, più sensibili, più curiosi, si buttavano nello spaccio della droga, tra bande di delinquenti, oppure morivano di alcol e droga. Una breve vita consumata nella disperazione, nell indifferenza generale. Eduardinho, invece, con il sostegno dell adozione a distanza, con l aiuto che arriva dall Italia, si mantiene agli studi. Si laurea in pedagogia. E mentre Eduardinho cresce, studia e si laurea, gli organismi politici brasiliani e quelli internazionali, come la Banca Mondiale, si rendono conto delle potenzialità del progetto di recupero urbanistico degli alagados. Lentamente si dividono gli alagados in lotti di recupero, si cominciano a costruire case sulla costa. Eduardinho intanto lavora come educatore nel posto dove è cresciuto, nel Centro educativo donato da un benefattore italiano. Adesso, mentre il piano di recupero degli alagados avanza, Eduardinho guarda i ragazzi più piccoli che giocano a pallone, che studiano, che mangiano regolarmente (tutti i giorni, anche loro). Commosse da questo aiuto: le famiglie dei bambini Il sostegno a distanza non arricchisce umanamente solo i bambini. Sono tante le famiglie di questi bambini, le mamme e i papà, che hanno scoperto il calore di un aiuto che arriva da lontano. Molti di loro hanno ricominciato a volere bene ai propri figli coma mai - forse - avevano fatto prima. La storia di Betty è tristemente uguale a quelle di tante altre donne africane ed ugandesi, costrette a convivere con la miseria e con il flagello dell Aids. Betty ha 40 anni ed è vedova, avendo perso suo marito tre anni or sono proprio a causa di questo terribile male. Attualmente vive con i suoi sei bambini in uno slum non molto distante dal centro di Kampala. Un anno dopo la morte del marito anche lei è risultata HIV positiva. Le cure a cui è sottoposta alla Nsambya Home Care Clinic attenuano solo in parte gli effetti dirompenti della malattia. Spesso è costretta a rinunciare a lavorare, a causa di febbri molto alte e di una sensazione generale di debolezza. Nella sua baraccopoli vive in una modestissima capanna di una stanza sola, per la quale spende scellini (circa 17 Euro) di affitto al mese. È una cifra troppo grossa per lei, che campa vendendo frutta e verdura ai lati della strada. Ci sono sei bambini da sfamare e cinque di questi da mandare a scuola. Le adozioni a distanza di AVSI e l assistenza degli operatori del Cowa le hanno alleggerito un insostenibile fardello. Betty è oggi una madre più felice e serena, anche se sa che l Aids potrebbe presto allontanarla dai suoi figli. Silvia, Nicholas, Bruno, Morris e Ronald possono frequentare regolarmente la scuola. Non solo. A casa hanno finalmente dei materassi e delle lenzuola, dei vestiti e quel cibo indispensabile a poter condurre un esistenza normale. In un mondo pieno di pregiudizi capita anche che si guardi con insofferenza chi adotta a distanza un bimbo albanese. Può anche capitare che lo stesso sostenitore si trovi in una situazione imbarazzante, quasi a doversi giustificare con vicini e conoscenti per l aiuto che 25

14 sta compiendo. Forse per qualcuno gli albanesi, presunto popolo di piccoli e grandi delinquenti, mafiosi e sfruttatori della prostituzione, non meriterebbero un simile aiuto. Ma i bambini albanesi non sono dei futuri criminali. Sono bambini come tutti gli altri. Con un cuore grande e dei grandi desideri. E anche le loro famiglie, le loro mamme e i loro papà, sono persone con lo stesso grande cuore. È gente che ringrazia per l aiuto dato ai proprio figli. Leggete cosa scrive dal villaggio di Bathore la madre di Morris. Io, Doda, la madre di Morris, il quale aiutaste come se fosse un vostro figlio, vi volevo ringraziare perché adesso non si sente più come un orfano che sta crescendo tra tante difficoltà. C è tanta buona volontà in lui per ringraziarvi per la gratitudine che avete dimostrato e dimostrate per Morris, perché grazie al vostro sostegno stanno crescendo anche gli altri figli. Morris sta crescendo bene, con tanta cultura e con una mente sensibile per capire le sofferenze e le origini di quest ultima, come per la morte di suo padre. Frequenta regolarmente l asilo ed è un bambino ottimista e con tanta volontà. Appena torna dall asilo lui racconta le cose che fa e che impara. Io come madre di cinque figli orfani vi sono molto grata e vi assicuro che vi terremo sempre nel nostro cuore e molto presto sarà Morris che vi scriverà su ogni cosa che si sente per la sua vita e il suo futuro. Esprimo la mia grande fiducia che sarà Dio che vi ripagherà per questo aiuto. Con tanto rispetto e affetto, Doda 26 Restiamo nell Europa Orientale, ma questa volta compiamo un balzo di alcune migliaia di chilometri, verso le steppe dell ex Unione Sovietica, a Novosibirsk, cuore della Siberia. Sono terre caldissime d estate e gelide durante il lunghissimo -interminabile- inverno. Un sostegno a distanza, l aiuto di una famiglia italiana (siciliana), può riscaldare il cuore di una famiglia russa. Anche se le temperature scendono (di giorno!!!) a 33 gradi. Sarà il vento caldo dell Etna. Di questa famiglia siciliana non gli basta sapere l esistenza. Vogliono scriverle e vogliono individuare sulla mappa questa lontana isola. Buongiorno Elisabetta, Nicola, Antonio e Verdiana! Vi scrivono gli amici della Russia. Nella nostra famiglia ci sono la mamma Irina, il papà Anatolij e due figli, Volodia (4 anni) e Igor (5 mesi). La vostra lettera è stata per noi una cosa improvvisa, e molto piacevole. Grazie mille per le parole calde, per la foto e il disegno. Anche noi siamo molto felici che abbiamo degli amici in un paese come l Italia, così lontana! Noi con Volodia abbiamo trovato la Sicilia sulla cartina e lui era molto triste che siete così lontani e ha detto: Sarebbe meglio se abitassero più vicino! Da noi c è già l inverno, c è molta neve, e fa freddissimo. Di giorno si arriva già a 33 gradi! Volodia ama molto l inverno, perché può essere tirato sulla slitta, può fare dei pupazzi di neve e correre sul ghiaccio. Adesso all asilo prepariamo per la festa del capodanno una favola e noi mamme cuciamo dei costumi, decoriamo l albero di capodanno e compriamo dei regalini per i bambini. Volodia vi manda la sua foto e il disegno. Vi auguriamo cose buone e belle, un bacione da noi tutti! Aspettiamo un altra vostra lettera. Con affetto. Ci sono alcuni casi in cui si stringe il cuore all operatore sociale nel vedere la famiglia in cui un bambino vive. E nel pensare che, se non è ben seguito, l aiuto del sostegno a distanza potrebbe essere usato per scopi che con la crescita del bambino hanno poco a

15 Un amicizia dell altro mondo 28 che vedere. Ma il miracolo di un cambiamento può accadere. Una madre, colpita dall affetto che c è verso il proprio piccolo, può tornare a guardare all aiuto del sostegno a distanza come a qualcosa di inequivocabilmente indirizzato al proprio bambino. La storia che ci racconta Paola arriva da Rio de Janeiro. Ne sono protagonisti il piccolo, Thiago, e la mamma, Juliana. Da quando la conosciamo Juliana usa droga ed è sempre senza un lavoro. Qualche mese fa ha avuto un altra bambina, ma non ha un rapporto stabile con nessuno dei padri dei suoi figli. Thiago veniva all asilo sempre disordinato, e soprattutto aveva una denutrizione abbastanza grave che siamo riusciti a recuperare. Con la nascita della bambina, Paola e un altra assistente sociale, Rosane, si recano a trovare Juliana per chiederle se c era qualche necessità che potevano soddisfare attraverso il sostegno a distanza. Juliana ci ha subito detto che aveva bisogno di un letto a castello perché tutti dormivano per terra con piccoli e finissimi materassi su un pavimento di cemento. Dopo una settimana la madre si reca da Paola con i preventivi per l acquisto del letto e dei nuovi materassi. Io ero sola e certo non avrei potuto andare con lei a comprare il letto. Abbiamo fatto insieme i conti e poi le ho dato i soldi in mano, insieme ai dati per la nota fiscale. Sapevo che era molto rischioso darle quei soldi, ma ho voluto correre il rischio. Ho voluto scommettere sul rapporto con lei!. Per un mese Juliana sparisce. Paola inizia a pensare che quei soldi siano finiti in un acquisto ben diverso dal letto. Le amiche del Centro la rimproverano. Hai fatto male a darle quel denaro. I cambiamenti non sono impossibili. Accadono, eccome se accadono, specie quando una persona si sente voluta bene nonostante gli errori commessi nella vita. Un giorno Juliana mi si presenta davanti, tutta dimessa, chiedendo scusa. Io le dico subito, con tono arrabbiato, che non mi interessava sapere che cosa avesse fatto dei soldi. Ma lei mi rispose subito, dicendomi che il letto era arrivato solo il giorno prima e che aveva perso i dati per la nota fiscale. Mi disse che il letto era bellissimo e che Thiago non usciva più di casa, tanto era comodo quel nuovo aggeggio. Mi disse anche che con gli 8 reais di resto (meno di 3 euro) si era permessa di comprare dei pannolini per la bambina. E mi fa vedere gli scontrini. Paola è commossa. Non pensava che Juliana avrebbe potuto cambiare. Mi ha proprio sorpreso il suo cambiamento. La scommessa su quel rapporto è stata vinta. Oggi riesce solo a pensare a quanto sia felice Thiago accoccolato nel suo letto. Sempre dal Brasile, da Belo Horizonte, ecco la storia di un altra mamma, una ragazza di favela, aiutata dal Centro Educativo Jardim Felicidade. Jardim Felicidade è un oasi di serenità in mezzo alla favela. Se guardi fuori dalle grandi finestre vedi una distesa di catapecchie tutte rigorosamente munite di antenna televisiva, qualcuna anche di antenna parabolica. Perché in favela, dove povertà e violenza la fanno da padrone, la TV è il solo mezzo per uscire, per sognare un mondo diverso, possibilmente un mondo da telenovela. Ma dentro le mura il mondo è già diverso. Al Jardim Felicidade, in un ambiente accogliente, dotato di tutte le necessarie strutture, bambini di tutte le età, dai pochi mesi sino ai 13/14 anni, hanno la possibilità di mangiare e di giocare, di lavarsi e di studiare, di essere accolti e curati, di imparare a crescere secondo un processo di sviluppo umano che parte dal valore della persona. Qui le mamme di favela, spesso giovanissime provenienti da storie difficili e violente, trovano accoglienza indipendentemente dalla loro storia e vengono aiutate a crescere i figli. Qui giovani in cerca di un lavoro imparano un mestiere, attraverso corsi professionali. Jardim Felicidade è uno dei molti centri di accoglienza diurni per l infanzia che AVSI ha realizzato nelle favelas delle grandi città brasiliane, per dare ai bambini l assistenza necessaria per il loro corpo e per lo sviluppo armonico delle loro potenzialità intellettive. Queste azioni sono rese possibili anche grazie all adozione a distanza, che si configura come un vero e proprio progetto educativo e non come la semplice distribuzione di denaro o di beni materiali. Elaime, una ragazza di favela di 25 anni, quattro figli di 8, 7, 3 anni e l ultimo di pochi mesi, ha trovato qui al Centro non solo il sostegno per i suoi figli, ma anche la propria personale realizzazione. Elaime lavora qui al Centro da un anno e mezzo e fa le pulizie. Ha un viso sorridente e aperto e parla volentieri. Già anni fa aveva chiesto l ammissione al centro per il proprio figlio maggiore, che oggi ha 8 anni, ma allora non c era posto. Oggi tutti e quattro frequentano il centro. Ho sempre pregato molto, dice, ma prima di lavorare qui era come se Dio non ci fosse. Suo marito non trovava lavoro e lei, per aiutare la famiglia senza lasciare i piccoli per strada, puliva l aglio a casa. Qui l aglio, di cui si fa ampio uso in cucina, viene venduto come una sorta di poltiglia condita con l olio, per cui ogni spicchio deve essere sbucciato e poi ammollato prima di essere lavorato. Pochi centesimi di reais (poche centinaia di vecchie lire) per ogni chilo. Ma poi improvvisamente le è stato chiesto se voleva lavorare al Centro e da allora è come se Dio avesse aperto gli occhi. Anche suo marito ha trovato un lavoro fisso. E poi l aiuta in tutto e non la picchia (qui la cosa è eccezionale). Oggi fanno progetti per migliorare la loro casa. Stanno pensando di aggiungere una stanzetta per i figli, visto che oggi ne hanno una sola per tutta la famiglia. Qualche mese fa il figlio maggiore ha accusato un problema agli occhi ed allora è stato messo in lista per la visita oculistica. Le è stato chiesto di accompagnarlo insieme ad altri tre bambini del Centro. E lei si è dimostrata così attenta e responsabile da stupire lo stesso medico. Oggi è lei che accompagna i bambini del Centro dall oculista quando occorre, e questo la rende molto felice perché dice è molto importante fare una cosa a favore di tutti, partecipare a un opera comune. L adozione a distanza la riempie di stupore e di riconoscenza: il fatto che qualcuno dall altra parte del mondo pensi ai suoi figli senza conoscerli e senza pretesa alcuna le insegna ad essere aperta ai bisogni degli altri e a perdere il senso di possesso nei confronti dei suoi bambini. Alla sostenitrice che ha in adozione Raffaella, la sua piccola di 7 anni, scrive dicendo la nostra bambina. È il suo modo semplice e diretto di mostrare gratitudine verso questa donna che da lontano ha a cuore come lei il destino di sua figlia. Lontani di casa, vicini con il cuore: i sostenitori a distanza Sono tanti, tantissimi, oltre Arrivano da tutte le regioni italiane, dalla Lombardia come dalla Sicilia, da grandi centri urbani a piccoli paesi di montagna. Sono famiglie, con figli o senza figli, single, nonne con i loro nipoti. Ma sono anche compagni di classe, gruppi di amici, di consiglieri circoscrizionali e comunali. Ce ne sono di tutte le classi sociali, dall impiegato al dirigente. C è anche l operaio che fa fatica ad arrivare alla fine del mese, ma che non rinuncia alla sua quota di 312 Euro. Ci sono persino i detenuti di alcune car- 29

16 ceri. Insomma, il panorama di coloro che in questi anni hanno sottoscritto un adozione a distanza è estremamente e incredibilmente variegato. Non ci sono stereotipi. La carità è davvero affare di tutti. Ci sono sostegni a distanza che nessuna disavventura, nemmeno l evento più tragico, può fermare. Il destino - lo leggerete nella sua lettera - è parso accanirsi contro questa donna. Nell ultimo decennio la sua vita è stata costellata da una serie ininterrotta di lutti e sofferenze. Ella, tuttavia, non ha voluto rinunciare a questo gesto di bene verso chi riteneva più sfortunato di lei. Il suo è un inno alla positività della vita. Mi chiamo E., Ho 50 anni, sono vedova da quasi quattro anni. Ho un figlio adorabile, di 24 anni. La mia vita, fino a un certo punto, è stata bellissima, circondata da veri affetti, ma sempre in salita, lottando quotidianamente per la sopravvivenza, onestamente, con sani principi, dedicandomi alla famiglia e ai miei amici, condividendo gioie e dolori. Poi l AIDS ha stroncato la vita di mio fratello, un tumore quella di mio marito, una malattia cardiaca quella di mia madre, il morbo di Alzheimer quella di mio padre, il dolore la vita del mio fratello più piccolo, portandolo in carcere da circa un anno. Tutte queste vicende sono accadute dal 1992 fino ad oggi. Finita una ne cominciava un altra Praticamente i miei ultimi dieci anni li ho passati lottando contro il male. Eppure l amore che ho provato e ricevuto mi ha dato la forza per continuare a vedere l esperienza della vita, una cosa meravigliosa, che va vissuta fino in fondo. Sentendo lamentele ingiustificate di alcune persone, mi chiedo perché non abbiano il coraggio di guardarsi intorno. Potrebbero rendersi conto di quanto sono fortunati. Io so di esserlo stata, anche se per un periodo. È per questo che voglio aderire alla vostra iniziativa del sostegno a distanza, che condivido, e ringrazio tutti quelli che lavorano perché funzioni. Con le mie modeste possibilità vorrei poter contribuire a regalare un sorriso in più. Gol! Lascio a voi pensare se sia stato dopo un veloce contropiede o al termine di un azione corale, conclusa dal centravanti con una spettacolare rovesciata. La verità è che grazie ad una squadra di calcio femminile - il pallone non è solo sport per maschi! - due bambine possono oggi andare a scuola. La storia è semplice, come è semplice per queste ragazze correre dietro ad una palla da insaccare in rete. 30 Cari amici di Avsi, mi chiamo Ilaria e sono una ragazza di 18 anni. Scrivo per raccontarvi brevemente la piccola storia che sta dietro alle nostre due adozioni a distanza. Faccio parte di una squadra di calcio femminile; siamo una trentina di ragazze, dai 14 ai 30 anni, e quest anno abbiamo deciso di rendere un po più significativa la nostra tradizionale cena di Natale. Sotto suggerimento di un nostro dirigente abbiamo scelto di non fare la classica cena in pizzeria, ma di arrangiarci per conto nostro, grazie all aiuto di alcune mamme volenterose, e di usare i soldi che sarebbero stati spesi in pizzeria per aiutare qualcuno meno fortunato di noi. Conoscendo bene le iniziative di AVSI ho pensato di proporre un adozione a distanza; quando ho spiegato alle altre ragazze di cosa si trattava loro hanno accettato volentieri. Inaspettatamente il presidente della nostra squadra, che era presente in quel momento, colpito dall idea che avevamo avuto, ha deciso lì per lì di sostenerne anche lui una personalmente, inviandoci nel giro di

17 Un amicizia dell altro mondo 32 pochi giorni l assegno per un intero anno. Colpita dalla semplicità con cui tutto questo è successo ho desiderato raccontarvelo, anche per spiegarvi il motivo della nostra richiesta di adottare, se è possibile, una ragazza: per poterla considerare una nuova giocatrice, una di noi. Grazie! Avreste mai pensato che una giovane coppia avrebbe voluto incontrare durante il viaggio di nozze il bambino sostenuto a distanza? Gabriele e la moglie (la storia è raccontata in uno degli ultimi numeri di Buone Notizie*) si sono spinti fino in Messico. Ma non sono stati i soli. Anche altre coppie, fresche di matrimonio o in procinto di farlo, hanno avuto lo stesso desiderio. Davide e Naila sono volati in Argentina, terra di pianure sconfinate, di gauchos e di ghiacciai nella Terra del Fuoco. Da un paio d anni la nazione attraversa una crisi economica e sociale molto profonda. La ricchezza del passato appare un lontano ricordo. Ancora oggi, seppure non con la frequenza dell autunno 2001, dominano lo scontento popolare e le manifestazioni di piazza. Difficile fare previsioni sulla ripresa dell Argentina, delicatissimo il compito del nuovo presidente Kirchner. In questo contesto la povertà urbana e rurale è dilagata. Migliaia di famiglie, prima autosufficienti, se non addirittura benestanti, si ritrovano a convivere con questa ondata di miseria. Sono i bambini i primi a soffrirne *Buone Notizie è la rivista trimestrale di AVSI che informa sulla vita dell associazione, i progetti e le iniziative; viene spedita gratuitamente a tutti i donatori e a coloro che ne fanno richiesta. Per molti di loro le adozioni a distanza sono arrivate al momento opportuno. Macarena è una di queste bambine che ne beneficiano, grazie proprio al sostegno di Davide e Naila. La bimba va a scuola nel popoloso e desolato barrio di Gonzales Catan, periferia di Buenos Aires. Utilizza le strutture della Obra di Padre Mario Pantaleo, una grandiosa opera nata dalla misericordia di questo minuto sacerdote italiano. Ci sono scuole elementari e superiori, corsi professionali, attività per anziani e portatori di handicap. Insomma, tante iniziative per cercare di rendere maggiormente dignitosa la non facile esistenza di queste persone. Di quest opera Davide e Naila ammirano l aria di pace e sicurezza che Padre Mario ha saputo creare e conoscono Perla, la direttrice, una persona che ammalia e incanta con la sua personalità spiccata e la sua simpatia, con i suoi pensieri e con i suoi fatti, con la sua familiarità e con il suo impegno quotidiano. La coppia inizia ad accorgersi che con il proprio contributo Macarena è contenta, può crescere e studiare in un ambiente umano. Arriva poi la visita alla piccola, nella sua casa, dove abita con i genitori e altre tre sorelle. La più grande, grazie all Obra ha completato gli studi superiori e si è potuta iscrivere all Università. Macarena nei primi momenti è giustamente intimorita e intimidita. Chi siamo, in fondo, noi venuti dall Italia? Non vogliamo essere né Babbo Natale, né i Re Magi, sebbene abbiamo da darle alcune cose utili per la scuola, altre anche per giocare!!!. La giornata prosegue. Davide si esercita nel suo castellano con il padre, mentre Naila è intenta a giocare con Macarena. Giunta l ora di pranzo decidono tutti insieme di mangiare delle ottime empanadas di carne, patatine fritte a volontà e flan con dulce de leche (una delizia straordinaria, racconta Davide), il tutto innaffiato da bevande varie e dall aroma inconfondibile della birra Quilmes. La coppia, prima di congedarsi, scatta alcune fotografie. Vuole conservare in modo indelebile il ricordo della giornata. Conclude Davide il suo racconto: Ovviamente non manchiamo di filmare questi momenti, sebbene non vogliamo esagerare. Non abbiamo di fronte degli extraterrestri, ma delle persone uguali in tutto e per tutto a noi. Gli auguriamo di tutto cuore che il futuro significhi riscatto e opportunità di vivere con dignità al pari di chiunque altro essere vivente. E se questo è possibile realizzarlo grazie all Obra ed agli esempi di impegno concreto di persone straordinarie come Perla, Antonella, Soledad e di tante altre come loro, allora gridiamo, sino a farci sentire da un emisfero all altro, VIVA LA SOLIDARIETA, VIVA LA PACE, VIVA PADRE PANTALEO. Da alcuni anni, come abbiamo letto nella storia di Eduardinho, AVSI è impegnata in un vastissimo progetto di urbanizzazione della grande favela di Novos Alagados a Salvador de Bahia. Il progetto ha riscosso molti apprezzamenti, in particolare dalla Banca Mondiale, che lo ha cospicuamente finanziato e ne ha riconosciuto lo straordinario valore aggiunto dal punto di vista umano. I favelados, infatti, non sono rimasti a guardare gli aiuti che sono arrivati, ma hanno lavorato a stretto contatto con gli operatori di AVSI per rendere vivibile la loro area. È qui che è ambientata la storia di Jamerson e di Graziella. Jamerson è un bambino di 10 anni. Da due anni, proprio vicino a casa sua, AVSI ha realizzato, con l aiuto della Fondazione Umano Progresso, il Centro João Paulo II, dove bambini e ragazzi vengono accolti e aiutati a crescere. Qui Jamerson passa, insieme al fratello di 12 anni, la sua giornata, nelle ore in cui non frequenta la scuola. Studio, attività ricreative, gioco del pallone e soprattutto un pasto completo. Da alcuni anni Jamerson è sostenuto con l adozione a distanza da Graziella. Nessuno dei due ha dimenticato la bellezza di quell incontro. Vestito di tutto punto con pantaloni lunghi e perfino le scarpe (le uniche che ha, un paio di stivali di gomma) aspetta seduto su un piccolo divano nell unica stanza della sua casa La mamma, prima di andare al lavoro (fa le pulizie in città), l ha riordinata con cura. L aria è calda e umida, fuori ci sono 35 gradi, ma lui non si muove per paura di sciupare l abito buono. Gli occhi bellissimi dicono di un attesa, non senza qualche timore. Ma anche Graziella è impaziente e timorosa. Si è decisa a questo viaggio, lasciando a casa marito e due figli e prendendo una settimana di ferie dal lavoro, per questo incontro. Si è preparata mentalmente cento volte sulle cose da dire. Nei preparativi a casa ha coinvolto tutti i suoi bambini, che hanno più o meno l età di Jamerson, l hanno aiutata a scegliere lo zainetto da regalare, le varie magliette e i pantaloncini, i pastelli colorati e i quaderni. I colleghi prima di partire hanno fatto una colletta per sostenere i progetti di AVSI a Salvador Bahia. Ma adesso il momento è tutto suo. Dal Centro l hanno seguita tutti: la responsabile delle adozioni a distanza, gli insegnanti, gli educatori e anche alcuni ragazzi. Una piccola processione si inoltra in un viottolo affiancato da un rigagnolo maleodorante, lungo il quale sorgono baracche su palafitte. 33

18 L abbraccio di Graziella a Jamerson è lungo e silenzioso. C è un aria di commozione generale ed è come se ognuno volesse dire qualcosa ma non sa da dove cominciare. Poi Graziella comincia a parlargli dei suoi bambini che da casa salutano questo fratellino a distanza, ad aprire i regali, a chiedergli della scuola e di cosa fa. Un po stordito Jamerson si rannicchia nelle sue braccia e non sapendo cosa dire inizia un canto. È una piccola canzone che ha imparato al Centro ed è quella che gli piace di più. È il suo modo semplice di dire grazie per la cosa grande che gli sta succedendo. Poi l aria si sdrammatizza e tutti parlano e ridono. Insieme si ritorna al Centro e Jamerson si toglie gli stivaletti per cominciare a piedi nudi una partita di pallone con gli altri ragazzi. A tutti resta la memoria di un esperienza unica. Questo è stato il momento più importante della mia vita, dopo la nascita dei miei figli, dirà Graziella ai responsabili del Centro che a loro volta lo hanno vissuto come il momento che ha dato significato al nostro lavoro e che ha coronato il nostro impegno. Non lavoriamo solo per aiutare dei bambini, ma per costruire dei rapporti. E qui ha preso concretezza un rapporto di amicizia che può cambiare la vita delle persone. Signore, ascoltami. Se sta scritto che le dita dei giorni strapperanno tutto l azzurro al mio giovane cielo e che dovrò rovinare per ventiquattro anni lungo scarpate di cella fa che sulle mie fredde labbra io abbia caldi accenti di perdono per il sangue e il sole perduto sul sentiero triste dell infanzia di guerra Da Il testamento di un ergastolano 34 Una cella larga pochi metri, circondata da pareti spesse, caldissime d estate e gelide d inverno. Una grata d acciaio, unico spiraglio verso il mondo circostante. Questo è il carcere, con i suoi orari, i suoi turni, le sue abitudini, luogo in cui molto spesso l umano - invece di essere rieducato - sprofonda nella più cupa mestizia. Ci sono però inferriate che non hanno soffocato il cuore dei carcerati. La storia che vi raccontiamo arriva proprio dalle mura di una prigione, porte spalancate verso i grandi bisogni della terra, dei bambini del terzo mondo. M., V. e A. si conoscono in carcere. Lì incontrano anche F., G. e L. Hanno diversi anni da scontare per i loro crimini. Sono dentro per furti e rapine, errori compiuti quando erano per lo più giovani sbandati. Nessuno vuole giustificarli. Nemmeno loro lo fanno. In carcere torna la voglia di studiare, di rifarsi una vita. Si iscrivono tutti al diploma di

19 Un amicizia dell altro mondo 36 ragioneria in un Istituto Tecnico del luogo. Nascono anche dei bellissimi rapporti con i docenti della scuola, in particolare con uno di loro. Quando, attraverso la campagna Tende*, si imbattono in AVSI e vengono a conoscenza del programma di adozioni a distanza, i sei detenuti decidono che vale la pena di fare qualcosa. C è bisogno del loro aiuto. Il detenuto - pensano - non è e non deve essere semplice oggetto di iniziative di solidarietà. Il detenuto, in quanto uomo, deve essere motore di solidarietà! Un gesto di umanità - sottolineano i loro insegnanti - particolarmente significativo, anche perché realizzato, in qualità di soggetti attivi, da persone normalmente ritenute, semmai, beneficiarie di azioni di solidarietà. Ecco cosa scrive un altro carcerato, M., detenuto con una condanna che terminerà nel 2005: Nonostante la mia prigionia mi sento in dovere verso chi è stato e rimane molto più sfortunato di me. I due gruppi di detenuti sponsorizzano così due bambini, uno in Kenya, a Nairobi (dove frequenta una scuola professionale) e uno in Sudamerica. Il bambino di M. è in Libano. Sono come dei figli per loro. Li amano, gli vogliono bene, gli scrivono con continuità. Fanno di tutto, attraverso il lavoro nel carcere, per racimolare i 312 Euro necessari all adozione a distanza. Non si arrendono neanche quando uno di loro, quello che aveva maggiormente spinto per il sostegno a distanza, è trasferito in un altro carcere. Il sostegno continua come un ponte a mille arcate che congiunge le inferriate di una prigione alla savana del Kenya. Andiamo per un attimo dall altra parte della barricata, dai carcerati agli agenti di polizia. Ha voluto raccontarcelo, scrivendo direttamente alla sede AVSI, la responsabile di un locale centro di solidarietà, molto colpita da quanto accaduto: Desidero farvi sapere che nel progetto si sono coinvolti alcuni agenti di polizia dell Ufficio Immigrazione. Pur trattandosi di un gesto apparentemente semplice, considero questa scelta concreta da loro operata assai significativa ed importante, non solo per il bambino che ne potrà beneficiare, ma anche per coloro che hanno aderito alla proposta. Frequentando l Ufficio Immigrazione della questura da oltre dodici anni, ne conosco molto bene le dinamiche e l atmosfera, spesso determinata da una cinica indifferenza o da un disinteresse sia nei confronti degli utenti che degli stessi colleghi. Mi commuove, quindi, a maggior ragione vedere queste stesse persone attivarsi personalmente decidendo di condividere un gesto concreto: proprio perché si tratta di un atteggiamento raro, desideravo farvelo sapere. Anna Maria è una vispa signora sulla settantina. Sono la nonna Anna e prima di partire per l Italia voglio lasciarvi il mio saluto e il mio grazie per avermi permesso di vivere tra voi un esperienza veramente bella. Spesso dicevo ai miei figli che sentivo di avere nel cuore ancora tanto amore da poter donare, ma *Dal 1990 ogni anno viene organizzata da AVSI e Compagnia delle Opere una campagna tematica di sensibilizzazione e raccolta fondi che coinvolge migliaia di volontari in centinaia di iniziative nel periodo che va da Natale a Pasqua, per sostenere dei progetti di cooperazione allo sviluppo nei paesi più poveri del mondo e sensibilizzare l opinione pubblica su alcuni temi di interesse sociale. Numerosissimi sono per tipologia gli eventi promossi là dove la gente e i giovani vivono, lavorano e studiano, in Italia come in alcune altre parti del mondo. Tutte queste iniziative si chiamano le Tende. soprattutto avevo voglia che dei bambini piccoli potessero essere l oggetto di tale amore. Inizia così la lettera scritta da nonna Anna agli operatori AVSI dopo la sua permanenza di un mese in Brasile, paese nel quale ha adottato a distanza un bambino. Quando, appena varcato il cancello, mi è venuto incontro Vito con il suo sorriso e poi pian piano tutti gli altri, ho capito che ero approdata al posto giusto: mi sentivo veramente a casa, anche se in un posto totalmente sconosciuto. Anna Maria scopre poco a poco che quell amore che desiderava donare le è restituito in abbondanza. L esperienza dei giorni successivi è stata molto ricca: io credevo di venire qui per donare amore. In realtà sono stata io ad essere riempita di tanto amore, sia da parte dei bimbi che da parte di tutte le persone che qui lavorano. Il contatto con i bambini, soprattutto con quelli piccoli, è per lei fonte di stupore. È una cosa bellissima vedere la vita spalancarsi nei suoi primi mesi. È come il colore del cielo all alba, che ha tutta un intensità particolare. I primi passi di Pedro, il primo gattonare di Bruno, il muoversi spesso maldestro e combinaguai, ma tuttavia sempre allegro e fiducioso, di Alex, sono tutti per me carichi di significato. Per Anna Maria è giunto il momento di tornare in Italia, da figli e nipoti. C è la consapevolezza che il loro bisogno è altrettanto grande. Prima di congedarsi da Alex, Bruno e Pedro, li guarda un ultima volta, ad uno ad uno, mentre dormono, con i loro occhietti chiusi. Mi domando quale sarà il loro destino, che cosa ne sarà di loro in futuro. Per tutto questo non mi posso dare una risposta: sono però certa che il loro destino è nelle mani di un Padre buono, che li ama di un amore infinitamente più grande del mio piccolo (seppur grande) amore di nonna. Elda è un altra nonna. Di bambini, tra figli e nipoti, ne ha visti e curati parecchi. Gli acciacchi della vecchiaia non le permettono, come ad Anna Maria, di viaggiare dall altra parte del mondo per incontrare la bambina. Alla sua Adijat, nigeriana, cerca comunque di trasmettere - attraverso le sue lettere - tutto il suo affetto. Parole semplici, come semplice e lieto è il loro rapporto, esemplificativo dei tanti rapporti semplici che nascono con il sostegno a distanza. Cara Adijat, ti ringrazio di cuore per il bel disegno, per la fotografia e per le notizie che mi hai spedito. Sono veramente lieta di poterti aiutare, perché vedo che ti piace andare a scuola e sei seria con il tuo lavoro; questo è molto importante! Devi sempre cercare nella tua vita di lavorare duramente, così che il meglio di te stessa possa venire fuori. Ti faccio una grande in bocca al lupo per il tuo esame di scuola elementare. Guardando la tua fotografia posso vedere che sei veramente una bella bambina! Io sono già una nonna, con un po di problemi a causa dell età. Ti chiedo di pregare per me affinché possa vivere con pazienza la mia condizione. Pregherò per te perché tu possa crescere come una brava ragazza e perché la tua vita possa essere felice e serena. Auguro ogni bene a te e alla tua famiglia. Nonna Elda Cecilia non ha mai incontrato il suo Monday, un bambino nigeriano. A questo bambino e alla sua famiglia non smette però mai di pensare. Così come di ringraziare gli operatori sociali AVSI per il lavoro che svolgono: 37

20 Cari amici, vi scrivo questa lettera non solo per spedire una cartolina natalizia a Monday, ma anche per ringraziarvi per ciò che state facendo per i bambini e per noi. Sì, voi state facendo qualcosa anche per noi! Infatti è solo attraverso il vostro lavoro che i nostri sacrifici possono essere utili per qualcosa di veramente grande. Vi spedisco anche una foto mia e di mia madre, affinché la diate, se possibile, a Monday. Se possibile vorremmo anche che diceste a Monday che noi lo amiamo e che preghiamo per lui e per la sua famiglia. Grazie di tutto e buon Natale a tutti voi! Cecilia Accanto al bambino: la presenza discreta degli educatori Non un lavoro burocratico, una sedia da scaldare e un cartellino da timbrare al più presto. Lo si è capito dalla lettera di Cecilia, dal modo in cui li ringrazia. Per gli operatori AVSI (e grazie a Dio non solo per loro) il lavoro, in Italia o all estero, è innanzitutto una missione, un compito. Sì, anche se la parola è altisonante, credo non si debba aver paura a parlare di missione. Quando si vive il lavoro come missione se ne scoprono tanti aspetti piacevoli, si guarda con stupore a tanti fatti ed incontri che avvengono quotidianamente. Per chi segue il sostegno a distanza incontri di questo tipo, con i bambini, le loro famiglie e le famiglie italiane, non mancano. Al centro di tutto c è la persona, bambino o adulto che sia. Maria, sposata da poco, in Libano con il marito, ha subito desiderato presentarsi ai sostenitori dei suoi bambini. Ha voluto testimoniare che dietro il lavoro oscuro di tutti i giorni, di lettere e cartoline da tradurre, di pacchi da consegnare, c era un volto e una storia precisa. Non voleva rimanere, come lei stessa scrive, un nome mai sentito. 38 Cari sostenitori, molti di voi hanno già avuto modo di conoscermi attraverso comunicazioni di diverso tipo, per altri invece sono un nome mai sentito. Vi scrivo allora per presentarmi. Sono Maria e da quasi sei mesi vivo in una cittadina a mezz ora circa da Beirut. Sono venuta qui per lavorare con AVSI sul progetto che coinvolge tutti noi: il sostegno a distanza. Mi sono sposata appena prima di partire e anche mio marito vive qui e lavora per AVSI. Resteremo ancora per parecchio tempo e per questo credo sia giusto presentarmi, farvi sapere che sono qui e chi sono. Il mio lavoro consiste nel cercare di agevolare il più possibile le comunicazioni tra voi e, attraverso le organizzazioni locali, i bambini; nell essere sul posto per poter rispondere alle vostre domande e seguire direttamente l evoluzione dei bambini aiutati dal programma AVSI. Con la mia presenza un pezzo di AVSI è presente direttamente in loco esclusivamente per seguire il progetto Sostegno a Distanza. Mi sono laureata in filosofia lo scorso dicembre, pertanto non avevo mai lavorato a tempo pieno prima di venire qui e devo dire che mi sento molto fortunata: ho scoperto un lavoro che mi appassiona ed impegna, che mi sta facendo crescere molto e che coinvolge molti aspetti della mia vita. Sono felice di essere qui, non solo per il lavoro. I libanesi sono ospitali (i bambini, ed anche i loro

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