Medio Oriente e Nord Africa (MENA) Nicola Pedde
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- Geraldina Arcuri
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1 Nicola Pedde Il fallito golpe offre nuove opportunità a Iran e Turchia I rapporti tra Iran e Turchia hanno subito numerosi alti e bassi dal 2011 ad oggi. Con lo scoppio della guerra civile in Siria e la controversa politica di Ankara nella gestione dei rapporti con Damasco costruita su un aperta opposizione a Bashar al-asad e una confusa quanto rischiosa politica di sostegno a formazioni d opposizione di dubbia capacità e trasparenza il rapporto regionale tra Iran e Turchia è transitato da una fase pienamente espansiva ad una di cauto mantenimento. Nonostante la palese contraddizione dei reciproci interessi in Siria, tuttavia, né Ankara né Tehran hanno voluto esasperare il proprio rapporto bilaterale, mantenendo in tal modo un profilo di fittizia normalità pur caratterizzato da palesi posizioni di distanza nella valutazione delle priorità regionali della sicurezza. Per comprendere la posizione dell Iran nei confronti della Turchia all indomani del tentativo di colpo di Stato del 15 luglio scorso ed inquadrare in tal modo il sostegno garantito ad Erdogan ben prima del fallimento del golpe è quindi necessario considerare quali siano le priorità assolute di Tehran nella concezione del proprio rapporto bilaterale con la Turchia. Se è vero che i rapporti tra i due paesi si sono fortemente raffreddati in conseguenza del conflitto in Siria e della totale divergenza di vedute sul ruolo di Bashar al-asad, è altrettanto vero che la Turchia rappresenta per l Iran non solo un importante controparte economica ma anche, e forse oggi soprattutto, un partner politico regionale di rilevanza primaria. Il governo di ispirazione islamista e nazionalista di Erdogan è considerato a Theran come una sorta di baluardo al fianco dell Iran nel determinare un polo autonomo rispetto al prevalente ruolo dei governi filo occidentali della regione, costituendo in tal modo una pedina fondamentale per gli equilibri strategici dell Iran. Alle divergenze sulla gestione del conflitto siriano, quindi, Tehran ha preferito privilegiare la portata complessiva del proprio rapporto con la Turchia, limitando il margine delle aree di frizione e salvando in tal modo la relazione con un paese che resta oggetto di severe critiche e non poche perplessità. La Turchia di Erdogan assume tuttavia oggi un valore di particolare rilevanza per l Iran anche in conseguenza del sempre più freddo rapporto tra Ankara e Washington, che pone quindi al tempo stesso la Turchia all interno della NATO ma al di fuori della cerchia di alleanze più strette con gli Stati Uniti, rappresentando questa per Tehran una delle migliori garanzie di sicurezza regionale. Il diverso modo di concepire la gestione della complessa conflittualità siriana passa quindi in secondo piano nell ambito di una concezione ben più ampia e pragmatica della sicurezza regionale, facendo assumere a Tehran una postura costruttiva nel rapporto con Ankara e mantenendo inalterata la fluidità del rapporto politico tra i due governi, riducendo sapientemente al minimo le occasioni di contrasto sul terreno della Siria e della gestione del rapporto con le comunità curde della regione. È quindi questa la ragione che ha spinto l Iran a prendere immediatamente una posizione a sostegno di Erdogan nelle prime concitate ore del tentato colpo di Stato, manifestando il pieno appoggio della Repubblica Islamica e ribadendo il riconoscimento del solo governo legittimo presieduto da Recep Teyyip Erdogan. La Presidenza della Repubblica, il Ministero degli Esteri e l apparato militare iraniano hanno mantenuto sin dalle prime ore del colpo di Stato un costante contatto con i loro omologhi turchi, Osservatorio Strategico 2016 Anno XVIII n. III 11
2 intensificando tale azione man mano che agli occhi di Tehran veniva a prendere forma l ipotesi di un azione pianificata e coordinata con gli Stati Uniti. Particolarmente rilevante è stato il ruolo svolto dall Amm. Ali Shamkhani, al vertice del Supreme National Security Council il massimo organo della sicurezza iraniana che si è fatto portavoce delle istituzioni nel condannare il tentativo di golpe e nel ribadire il sostegno alle autorità turche, calcolando abilmente i tempi e i modi di diffusione dei comunicati. La narrativa della comunicazione istituzionale iraniana ha più volte voluto sancire un parallelismo tra la crisi turca e quella siriana, facendo apertamente riferimento alla presenza di interferenze straniere e volontà destabilizzanti. In tal modo l Iran ha intenzionalmente veicolato il messaggio di un sostegno garantito ad Ankara nella stessa misura in cui lo ha garantito a Damasco, anticipando così i tratti di una strategia apertamente finalizzata a sfruttare l occasione per spingere Erdogan verso posizioni più collaborative nella gestione della crisi siriana. Il vero timore di Tehran nelle prime ore del tentato golpe è stato tuttavia connesso al rischio di una deriva politica di matrice filo-occidentale e soprattutto filo-americana, con l uscita di scena di Erdogan e l ascesa di un governo militare fortemente interessato a ribadire la propria adesione al sodalizio transatlantico. Ipotesi che, per Tehran, avrebbe rappresentato con ogni probabilità un deciso raffreddamento del rapporto con la Turchia e il venire meno di un rapporto politico, nella sua sostanza, solido e vicendevolmente proficuo. Se in occidente la lettura di un tentativo di golpe sostenuto ed appoggiato dagli Stati Uniti non trova particolari sponde di sostegno, in Iran rappresenta al contrario l interpretazione primaria della dinamica dei fatti, collocando quindi il ruolo di Gulen e delle forze di opposizione ad Erdogan esattamente nella prospettiva sostenuta dal governo turco. I timori manifestati da Tehran hanno però riguardato anche la possibilità di una deriva violenta nel corso del tentativo di colpo di Stato, con la non remota ipotesi della determinazione di una spirale simile a quella siriana, con la contestuale spaccatura del tessuto sociale e il manifestarsi di una generale e diffusa conflittualità. Già alle prese con il conflitto siriano e quello in Iraq, con l Afghanistan tornato in una condizione di evidente instabilità e con i paesi del Golfo sul piede di guerra, per l Iran l ipotesi di una deriva violenta della crisi turca avrebbe rappresentato uno dei peggiori scenari possibili sotto il profilo della sicurezza regionale e dell interesse nazionale. Non tutti sono però convinti, a Tehran, che aver appoggiato Erdogan costituisca una buona scelta per la difesa degli interessi del paese. Soprattutto in seno alle forze più conservatrici, infatti, Erdogan è considerato come il principale responsabile dell instabilità regionale, soprattutto in Siria e in Iraq, avendo di fatto tradito il vecchio motto dell ex primo ministro Davutoglu zero problemi con i vicini. Non in pochi, nella cerchia dei conservatori iraniani, ritengono che Erdogan abbia di fatto commesso gli stessi errori dell ex presidente pakistano Musharraf, aprendo da una parte ad una sconsiderata alleanza con l occidente e dall altra definendo una strategia di contrasto al terrorismo essenzialmente costruita sulla gestione contrapposta di gruppi antagonisti del terrorismo stesso, perdendone alla fine il controllo. Queste forze cercano quindi esercitare la loro pressione politica sull esecutivo iraniano cercando di vincolare l appoggio incondizionato garantito ad Erdogan con una politica di collaborazione regionale, che imponga alla Turchia di mutare traiettoria in Siria avvicinandosi alle posizioni dell Iran e della Russia. Posizione che viene peraltro condivisa da molti anche all interno delle forze pragmatiche più vicine alle istituzioni presiedute dal governo Rohani. Il calcolo politico iraniano è quindi quello di approfittare del crescente isolamento della Turchia per offrire insieme alla Russia una solida sponda di sostegno regionale, vincolata però alla Osservatorio Strategico 2016 Anno XVIII n. III 12
3 definizione di una postura politico-militare non più ambigua (almeno secondo la percezione di Tehran) ed in aperto contrasto con l azione della Russia e dell Iran. Le monarchie del Golfo e il fallito golpe in Turchia La matrice dei rapporti tra le monarchie del Golfo e la Turchia è estremamente complessa ed articolata, entrando in una dimensione più personale che statuale, dove le tradizionali dinamiche settarie acquisiscono un peso rilevante e certamente superiore a quello del più ampio e generico interesse nazionale. Questo determina un apparente comunione di visione ed indirizzo tra i sovrani della regione, costruita tuttavia su posizioni spesso divergenti e non di rado conflittuali, come ad esempio nel sostegno alla Fratellanza Musulmana, tollerata in Arabia Saudita, apertamente osteggiata negli Emirati Arabi Uniti ed al contrario di fatto sostenuta in Qatar. Non fa eccezione la Turchia, in questo complesso mosaico di relazioni, determinando percezioni e rapporti del tutto differenti tra loro. Gli Emirati Arabi Uniti vedono Erdogan come diretta espressione dell Ikhwan (inserire definizione del termine), palesando una lettura riduttiva del ruolo e della personalità del presidente turco, cui attribuiscono una visione più ideologica che personale. Per Abu Dhabi, quindi, il presidente è espressione di una posizione confessionale e non vertice di un sistema d interessi più squisitamente personali, rientrando a tutti gli effetti nel novero di quelle realtà regionali che l Emiro sembra voler contrastare con ogni mezzo. Il contraltare di Abu Dhabi è invece a Doha, dove Erdogan gode di ampia popolarità e sostegno proprio perché ritenuto come il vertice di una posizione ideologica, apertamente riconosciuta e sostenuta dall Emiro del Qatar. Erdogan è quindi appoggiato in quando espressione dell Ikhwan, mentre l aspetto squisitamente personale del suo ruolo e della sua interpretazione della politica confessionale assume connotati marginali e quasi irrilevanti. Più pragmatica ma non certo meno divisa l Arabia Saudita, dove sotto il regno di Re Salman la Fratellanza Musulmana ha nuovamente trovato una modesta considerazione ed una blanda forma di protezione. Le posizioni del sovrano sull Ikhwan non sono tuttavia condivise in buona parte della famiglia reale, determinando quindi un ambiente solo apparentemente tollerante nei confronti dei Fratelli Musulmani e di conseguenza una percezione alquanto negativa della Turchia e del suo presidente. Ammesso che l Arabia Saudita tenda a fornire la stessa chiave di lettura delle altre monarchie arabe considerando quindi Erdogan espressione della Fratellanza Musulmana piuttosto che di una linea squisitamente personale costruita su una fittizia adesione al modello islamista dell Ikhwan le posizioni di Riyadh nei confronti di Erdogan (almeno quelle ufficiali) sono state caratterizzate da toni ben più moderati e concilianti di quelli espressi ad Abu Dhabi e in altre capitali del Golfo. Il principale elemento di ostilità dei sauditi nei confronti della Turchia è rappresentato dalla postura politica e di sicurezza di Ankara in Siria e in Iraq, dove la Turchia viene senza mezzi termini accusata di sostenere le forze dell ISIS nell ambito di una visione al tempo stesso ostile a Bashar al-asad e alla gran parte delle forze di opposizione al regime di estrazione islamista, tra cui in particolare Jabhat al Nusra. La reazione delle principali monarchie del Golfo al tentativo di golpe in Turchia è apparsa inizialmente favorevole, come confermato anche dai toni e dalle posizioni assunte dalla gran parte dei media locali e soprattutto dei grandi network televisivi (riferimenti), i principali attori della Osservatorio Strategico 2016 Anno XVIII n. III 13
4 diffusione di informazioni rivelatesi poi del tutto infondate circa l evoluzione del tentativo di golpe e soprattutto sul presunto tentativo di asilo in Europa da parte di Erdogan. All indomani del tentativo di colpo di Stato, mentre l Arabia Saudita ha cercato di ristabilire il contatto con Erdogan manifestando un poco credibile ma diplomaticamente utile sostegno alle legittime autorità di governo, i media degli Emirati Arabi Uniti hanno incessantemente alimentato il dibattito costruito sulla narrativa gulenista (riferimenti) del falso colpo di Stato, organizzato ad arte per favorire il consolidamento di Erdogan e la definitiva epurazione di ogni forze politica ed ideologica contraria al presidente. Un atteggiamento che ha contribuito fortemente ad alimentare in Turchia la diffusione di una narrativa costruita sul sostegno straniero alle forze ribelli, puntando il dito senza esitazione contro gli Stati Uniti e molti dei suoi alleati regionali, tra cui gli Emirati Arabi Uniti. È stata l Arabia Saudita la prima a cercare di ricucire lo strappo consumatosi con Erdogan nelle concitate ore del tentato golpe, comunicando ufficialmente il sostegno della corona ad Erdogan con una tempistica tuttavia troppo tardiva per apparire credibile e cercando di favorire quanto più possibile un raffreddamento dei toni da parte di Abu Dhabi, nell ottica di un pragmatismo ritenuto in ogni caso fondamentale a Riyadh. È di fondamentale importanza per i sauditi che la Turchia non definisca adesso un alleanza solida e decisa con la Russia e soprattutto con l Iran, essendo di gran lunga preferibile per Riyadh un atteggiamento ambiguo della Turchia nella regione, piuttosto che una dichiarata condivisione di intenti con Mosca e Tehran. Se è quindi stato evidente l entusiasmo manifestato dai media a favore del tentato colpo di Stato, è oggi opportuno per Riyadh ricondurre il rapporto con la Turchia per quanto palesemente incrinato nell ambito di una dimensione che impedisca ulteriori deterioramenti o, peggio ancora, che possa favorire una definitiva rottura. Aprendo a quel punto la strada per una imprevedibile escalation in Siria e con ogni probabilità anche in Iraq e più ad ampio raggio in Medio Oriente. La reazione nel Levante Mediterraneo Sia i media siriani che quelli egiziani non hanno fatto mistero del loro appoggio alle formazioni golpiste che il 15 luglio hanno cercato di rovesciare il governo di Erdogan in Turchia, manifestando a più riprese la convinzione di una positiva evoluzione delle operazioni militari. In Siria l entusiasmo è stato chiaramente dettato dalla possibilità di assistere ad un repentino cambio di indirizzo della Turchia nel sostegno ad alcune formazioni di opposizione al regime, con l alleggerimento della pressione su buona parte del fronte settentrionale del paese. La posizione siriana si è mantenuta su una moderata linea di ottimismo anche all indomani della fallita azione militare, ritenendo in ogni caso avviato il percorso di riavvicinamento tra la Turchia e la Russia, e nutrendo forti aspettative sul ruolo dell Iran. L Egitto ha invece percepito nella possibilità di successo delle formazioni golpiste l ipotesi di una definitiva uscita di scena della Fratellanza Musulmana dal contesto politico della Turchia, con la perdita quindi di un importante baluardo logistico e finanziario che ne avrebbe sensibilmente compromesso la capacità complessiva. Certamente più cauta è stata la posizione della Lega Araba e del Consiglio di Cooperazione del Golfo, che hanno optato per una moderata formula di comunicazione, sempre guardando a Riyadh per comprendere entro quali margini inserire le proprie considerazioni generali. Tardivamente, quindi, ma in modo ben più opportuno, anche le due organizzazione internazionali regionali hanno manifestato il proprio sostegno ad Erdogan, allineandosi nel solco della comunicazione saudita. Osservatorio Strategico 2016 Anno XVIII n. III 14
5 Il Kuwait ha assunto sin dall inizio della crisi un bassissimo profilo, rivolgendo a Riyadh lo sguardo e di fatto allineandosi integralmente alla posizione saudita. A conferma di ciò può essere segnalato l arresto dell addetto militare turco in Kuwait, attuato su richiesta delle autorità turche nelle prime ore del 16 luglio a seguito di un operazione congiunta tra le forze di polizia del Kuwait e dell Arabia Saudita, dove il militare stava cercando riparo dopo la fuga dall ambasciata. Sinceramente al fianco del governo di Erdogan si sono invece schierate sin dalle prime fasi del tentativo di golpe sia il Regno del Marocco che il Sudan, cui devono essere riconosciute una tempestiva capacità di comunicare il proprio sostegno alle autorità di governo turco e una decisa condanna del tentativo eversivo da parte di una fazione all interno delle forze armate. Osservatorio Strategico 2016 Anno XVIII n. III 15
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segue Dati sottoposti a rettifiche e revisioni successive. Ultimo aggiornamento su Paese
2015 2016 2017 Germania 9,96% 9,21% 9,83% 9,29% 10,70% 8,57% 8,82% 8,92% 9,07% 8,20% 9,43% 8,96% Francia 7,95% 6,21% 7,95% 7,22% 7,34% 7,07% 8,55% 8,04% 8,05% 7,26% 9,31% 8,64% Russia 5,74% 4,66% 5,37%
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