INTERVISTA. Al contrario di quanto molti pensano afferma io inizio a nutrire dell ottimismo riguardo la. Il vuoto di ideali rende i giovani più aperti

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1 INTERVISTA a Massimo Viglione Il vuoto di ideali rende i giovani più aperti Massimo Viglione, docente di Storia Moderna e Con temporanea presso l'università Europea di Roma, scrittore, saggista e coordinatore editoriale del periodico Radici Cristiane, ha insegnato a lungo Storia e Filosofia nei licei. Un osservatorio privilegiato, per avere il polso della situazione e capire come siano i giovani d'oggi. Al contrario di quanto molti pensano afferma io inizio a nutrire dell ottimismo riguardo la prospettiva giovanile odierna. Mi spiego. È innegabile che la situazione, presa nel suo insieme, appare molto grave, soprattutto a causa dell assoluto vuoto di valori e ideali nel quale naviga a vista la grande maggioranza dei giovani oggi. E tale vuoto si aggrava fuori d Italia, soprattutto nei Paesi dove l azione della Chiesa è minore. Eppure, ciò presenta un grande vantaggio, nel senso e quanto sto per dire lo sperimento personalmente da quasi venti anni nella mia quotidiana attività di docente (prima di liceo e di università, ora solo di università), che proprio tale vuoto d orizzonte e di ideali li rende molto più aperti a ciò che viene loro proposto, più ricettivi verso l acquisizione di uno scopo di vita che vada al di là del quotidiano sopravvivere (anche l attuale crisi economica e lavorativa rafforza questa loro esigenza di ricerca di sicurezze ideali e materiali). La realtà è che i giovani degli anni Sessanta, Settanta, per certi versi ancora degli anni Ottanta, erano molto più difficili da manovrare da parte degli adulti perché crescevano ripieni delle pseudo certezze dell ideologia cui sceglievano di (o si trovavano ad) appartenere. Convincere un giovane fascista, o comunista, o sessantottino, dei suoi errori ideologici, era impresa ardua, se non disperata, sia perché ripieno 27

2 appunto di dogmi ideologici, sia perché inquadrato in partiti o movimenti decennali con forte carica di partecipazione massiva: si sentivano parte integrante di un mondo in guerra, e ciò li rendeva forti nelle loro convinzioni, sovente in guerra con la società borghese, con i genitori e l autorità, spesso con la Chiesa. I giovani d oggi, a parte ripetere qualche slogan a vanvera, non hanno in gran parte più alcuna idea di cosa significhi fare politica al servizio di un ideologia, di un partito di massa, non sanno più credere in dogmi di alcun genere, non solo religiosi, ma nemmeno ideologici. Ciò li rende appunto più permeabili a ricevere indicazioni di vita, a sentire il fascino di idee forti presentate di uomini che sanno essere logici e di esempio. Insomma, nel caos generale di un mondo che vuole rifiutare ogni certezza per vivere nel più anarchico relativismo, non pochi giovani sentono il bisogno di agere contra e cercano verità e idee forti. Si aprono quindi inaspettate vie d apostolato, che 20 anni fa erano ancora chiuse o molto ardue a seguirsi. Allora sbaglia chi dice che i giovani oggi sono più difficili di quelli di ieri? Naturalmente le generalizzazioni sono sempre pericolose e superficiali, specie quelle di carattere sociologico. Eppure, io credo che in generale sbagli, perché un giovane vuoto è più aperto al vero di un giovane che crede di possedere la verità. Casomai, il vero rischio consiste nel chi arriva per primo a dargli la sua verità. Essendo più fragili idealmente e psicologicamente, sono anche più 28

3 esposti a cadere nelle trappole dei cattivi maestri, dei ciarlatani, delle sette, etc. E ciò accresce di molto la responsabilità dei cattolici in questi giorni così difficili. In effetti qualcosa è successo rispetto al passato visto che lo stesso Benedetto XVI, nel 2008, nella sua Lettera alle famiglie della Diocesi e della città di Roma, ha parlato per la prima volta di emergenza educativa... Come, a Suo giudizio, genitori, docenti, educatori in genere devono vivere questa emergenza e come è giusto che la affrontino? Credo che il Santo Padre parli di emergenza educativa proprio nel senso appena spiegato. Il vuoto delle giovani generazioni può essere un occasione d oro per l apostolato o un rischio terribile per la vittoria dell inganno o del nichilismo. Per questo ognuna delle categorie da Lei indicate, e in primis i genitori e poi docenti e catechisti, devono svolgere un azione immediata, costante ed equilibrata nel fornire ai giovani, nelle varie fasi della loro crescita, i veri valori per cui la vita vale la pena di essere vissuta. Perché creare sinergia tra agenzie educative (famiglia, scuola e, dove ancora presente, la parrocchia, soprattutto...) pare tanto difficile? 'Agenzie educative' è una terminologia sociologica espressione di una visione distorta del naturale equilibrio del divenire sociale. I genitori non sono un agenzia: sono coloro per i quali è stato formulato il IV comandamento, sono carne della carne degli stessi figli, sono i primi responsabili della loro vita ed educazione. La scuola a sua volta non deve appunto essere ridotta ad agenzia, ma deve tornare ad essere palestra di vita che ti forgia per tutta l esistenza. La parrocchia dovrebbe tornare ad essere il luogo dove il giovane non impari cosa sia il mondialismo e l ONU, ma impari ad amare Dio, a servirlo, ad amare il prossimo in Gesù Cristo e a vivere di princìpi e ideali. Dovrebbe essere il luogo che lo forma come cristiano che agisce nella società. Credo, quindi, che l auspicata sinergia si avrà solo quando la famiglia, la scuola, la parrocchia, riacquisteranno ciascuna l insostituibile ruolo che spetta loro per natura. Radici Cristiane, il mensile di cui Massimo Viglione è coordinatore editoriale. Un tempo un singolo insegnante non faticava a tenere da solo il controllo di una classe con una trentina di ragazzi... Oggi pare impossibile! Secondo Lei, come devono cambiare, ammesso che debbano cambiare, i modelli educativi (in casa, a scuola, a catechismo) a fronte di situazioni spesso molto diverse anche solo rispetto a trent'anni addietro? Vent anni di insegnamento mi hanno insegnato che spesso l indisciplinatezza dei giovani non è tutta da imputare ai giovani stessi. Gli studenti si prendono ciò che la società concede loro, specie a scuola, quando sono gruppo unito e hanno ancora un età portata naturalmente al divertimento e per certi versi alla ribellione. Si diano nuovamente alla scuola gli strumenti adatti per mantenere la disciplina; si educhino i docenti a farsi rispettare e si dia loro l autorità 29

4 necessaria; si educhino fin da bambini gli studenti al rispetto dell autorità costituita; si riscoprano i valori di una società non egualitarista e anarchica; e si vedrà come facilmente la disciplina sarà mantenuta. Naturalmente, il tutto condito di buon senso, intelligenza, sorriso, capacità anche di far finta di non vedere in alcuni casi, capacità di distinguere la bravata fatta per divertimento da quella fatta per ribellione, e agire di conseguenza; capacità di saper premiare chi sa comportarsi bene. Per spiegarmi meglio, aggiungo un brevissimo ricordo personale. Facevo il IV Ginnasio, avevo quindi anni. La professoressa di Lettere, una ex-suora, ci disse che dovevamo darle del tu. Tutti in classe la chiamavano quindi per nome e le davano del tu. In pochi giorni, la classe era ingestibile, anche per colpa del sottoscritto che ribelle e vivace è sempre un po stato. Il sottoscritto però faceva una cosa che nessun altro faceva: continuava a dare del lei alla professoressa. Un giorno, questa venne da me e mi chiese perché io ero l unico che continuava caparbiamente a darle del lei. Io lo ricordo come fosse ieri risposi seccamente: perché è una questione di gerarchia. E me ne andai. Qualche tempo dopo, la preside impose alla professoressa di tornare a farsi dare del lei e di recuperare quel ruolo gerarchico che le spettava e a cui, con grave danno per la classe, aveva rinunciato. La professoressa obbedì, e la classe tornò calma. Alla fine, tranne una o due mie compagne, tutti le davano nuovamente del lei. Nella stessa Lettera citata, il Santo Padre dice che occorre educare i giovani anche alla sofferenza... In che senso? Questo mi sembra un eccellente richiamo alla realtà della vita che il Papa rivolge a ognuno di noi. Il mondo moderno, inteso come modernità, ha come suo dna l utopismo filosofico e quindi politi- 30

5 co. L utopismo, che ha mille sfaccettature, ha a sua volta come dna l idea che l uomo, essendo privo del peccato originale (invenzione della Chiesa), è perfettibile all infinito, e in questa continua ricerca della perfezione consisterebbe il progresso, idolo indiscusso della modernità stessa. Ma il progresso ha senso solo se sconfigge la sofferenza, e ci dona quindi il paradiso in terra (avendo escluso di principio che possa esistere una vita ultraterrena). Così, la società odierna, frutto dell utopismo del progresso e della bontà innata dell uomo, aborrisce la sofferenza e la morte (guai a parlarne ). Il Papa, come detto, ci riporta invece al duro realismo cristiano, che sa perfettamente che questa vita terrena, seppur ricca di momenti di felicità, di soddisfazioni, di legittimi divertimenti, di tante cose belle, rimane pur sempre una valle di lacrime, condizione necessaria all acquisto dei meriti della felicità eterna del Paradiso. Non per niente, l accettazione del dolore, l esercizio della pazienza, della sopportazione delle persone moleste, sono sempre state considerate da tutta la spiritualità cristiana tra le prime chiavi della santificazione personale in questa vita. Più che mai ciò va ricordato ai giovani di oggi, specie in giorni duri come i presenti. Pertanto, mi sembra quello del Santo Padre non solo un richiamo eccellente per i giovani, ma anche per tutti noi adulti, che troppo spesso cadiamo nelle stesse mancanze che vediamo chiaramente nei giovani d oggi, i quali, in fondo, hanno proprio noi come esempi immediati per loro vita. Intervista di Mauro Faverzani 31