: 69 Anniversario della Liberazione di San Gimignano

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1 : 69 Anniversario della Liberazione di San Gimignano In questo mio intervento non vorrei fare una semplice cronistoria dei momenti chiave che hanno portato alla liberazione di San Gimignano il 13 luglio 1944 storia che può essere trovata nei vari libri pubblicati dalla nostra Anpi, ma spero di riuscire a introdurre qualche elemento di riflessione nuovo fornendo degli spunti di riflessione su alcune sfaccettature della Resistenza e su che cosa voleva dire essere Partigiani, 70 anni fa. Non ho mai studiato specificamente la storia del movimento resistente, ma ho accettato volentieri l'invito dell'anpi di San Gimignano, che ringrazio, per venire a parlare perché la Resistenza è un argomento sempre attuale (è, per esempio, proprio di questi giorni la polemica, con tanto di nota di precisazione da parte dell'anpi, in seguito alla trasmissione televisiva di Rai Tre, Il Viaggio di Pippo Baudo, sulla ricostruzione dell'attentato di Via Rasella a Roma e sulla successiva rappresaglia tedesca delle Fosse Ardeatine, nel marzo 1944), e, dicevo, ho accettato di venire a parlare soprattutto perché la Resistenza è stata un passaggio necessario nella storia italiana per poter raggiungere la libertà e la democrazia. La lotta partigiana non è stata soltanto un evento cruciale ma, senza dubbio, è stata un momento fondante della stessa democrazia italiana. La libertà e la democrazia, però, non sono soltanto partecipazione perché, come proverò a far capire, la sola partecipazione dei cittadini non è sufficiente per creare una democrazia: c'è bisogno di qualcosa in più. La democrazia racchiude in sé le regole del gioco per avere cittadini liberi e, per vivere in un sistema veramente egualitario, ci si deve basare sull'istruzione, sullo sviluppo del senso critico e della voglia di conoscenza da parte di tutta la popolazione. Quindi, apprendere la propria storia diventa fondamentale per una partecipazione attiva e costruttiva dei cittadini alla vita democratica del proprio Paese. Nel mio percorso di studi mi sono concentrato su argomenti diversi e periodi differenti della storia contemporanea, locale e nazionale, ma non ho mai approfondito il biennio In particolare, ho studiato il sistema festivo messo in pratica dal regime fascista, ovvero come la dittatura di Mussolini organizzasse il tempo libero degli italiani e utilizzasse le feste popolari come forma di propaganda indiretta per veicolare i propri ideali e far partecipare la popolazione. Durante il regime fascista, quando i mezzi di comunicazione di massa erano ancora all'inizio (anche se la radio e cinegiornali diffondevano i discorsi del Duce e avevano già un notevole impatto sulla popolazione), Mussolini aveva fatto ricorso a metodi, più o meno violenti, per ottenere la partecipazione e il consenso degli italiani. E, in parte anche perché obbligata, gli italiani hanno partecipato alla vita nazionale fascista e alle manifestazioni indette dal Regime: agli anniversari della Rivoluzione 1

2 Fascista, al Natale di Roma, al sabato fascista, alle adunate giovanili, alle manifestazioni sportive ). Non doveva essere semplice riuscire a sviluppare un proprio senso critico nella patria del «credere, obbedire, combattere» perché, fin dai primi anni scolastici, i bambini imparavano a leggere, a scrivere e a fare di conto con i racconti della Marcia su Roma e delle azioni del Duce: in questo clima di propaganda era difficile diventare donne e uomini veri e riuscire a formare un proprio pensiero libero. Uno dei meriti maggiori che deve essere riconosciuto ai Partigiani è stato proprio quello di essere riusciti a pensare con la propria testa: e il senso critico è la prima tappa per una democrazia funzionante. Senza dimenticare gli eventi fondamentali che, proprio il 13 luglio di 69 anni fa, hanno portato alla liberazione di San Gimignano dalla dittatura nazi-fascista, in questo mio intervento mi voglio soffermare su quel filone della vita resistente, probabilmente meno conosciuto, e parlare di quei partigiani che non sono voluti stare in prima fila negli scontri, che hanno scelto di non impugnare le armi e che non hanno voluto imparare a sparare, ma che, comunque, hanno svolto un ruolo fondamentale nella storia della Resistenza italiana. Come ricorda Benvenuto, Nuto, Revelli, partigiano della Brigata Giustizia e Libertà Carlo Rosselli in Piemonte, la maggior parte dei partigiani non aveva avuto nessuna esperienza di vita militare prima di entrare nelle brigate partigiane, né aveva mai sparato un colpo di fucile: per molti la scelta della militarizzazione fu una decisione sofferta. Un altro partigiano, l'avvocato piemontese e compagno di Brigata di Revelli, Dante Livio Bianco, nel suo libro Guerra partigiana (1954) ha spiegato come lo spirito originario dei Partigiani era fondamentalmente antimilitarista: la scelta dell'uso delle armi era stata soltanto un momento evolutivo dello stesso movimento resistente e lo spirito della guerra popolare e rivoluzionaria aveva dovuto accettare gli strumenti e i metodi tecnicamente più efficienti per poter lottare contro l'esercito occupante. Se gli scontri e le azioni di rappresaglia dei partigiani italiani sono stati momenti importanti tanto che è possibile parlare di conquista della libertà da parte degli italiani e non soltanto di concessione della libertà da parte delle truppe alleate e se i combattimenti hanno riempito le pagine anche della storia locale della Resistenza a me interessa ricordare quegli avvenimenti che, già all'interno della storia della Resistenza, sono meno noti e meno famosi, ma che hanno contribuito, anch'essi, alla Liberazione del nostro Paese. Infatti, più che soffermarmi sugli eventi e sulle date, mi voglio concentrare sulla gente e, in particolare, su coloro che hanno svolto il ruolo di raccordo fra la popolazione e i reparti partigiani più avanzati, che hanno portato il cibo e i vestiti ai partigiani, che hanno recapitato i documenti e le informazioni necessarie per combattere limitando gli errori, che hanno scelto di resistere in modo pacifico, senza impugnare il fucile o senza far saltare ponti e 2

3 ferrovie per tagliare i rifornimenti ai nemici. Il primo nome, di rilievo nazionale, che mi viene in mente in questo senso è quello del ciclista «col naso triste come una salita»: Gino Bartali. Il ciclista di Ponte a Ema, a partire dall'autunno 1943 e con la scusa di allenarsi per quei grandi giri in bicicletta che aveva già vinto prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale e che avrebbe continuato a vincere anche nel secondo dopoguerra, fu staffetta partigiana e percorse più volte la Firenze-Assisi, la strada del coraggio, portando, nascosti nella canna della sua bicicletta, i documenti falsi per dare nuove identità ai perseguitati dal regime fascista. E vorrei raccontare anche la storia di un altro Gino, una storia poco nota e che io ho conosciuto lo scorso maggio in occasione di una ricorrenza organizzata dall'anpi di Empoli. È la storia di Gino Guidetti, un giovane di Ferrara che non aveva risposto alla chiamata alle armi dell'esercito in seguito alla dichiarazione di guerra dell'italia fascista del 10 giugno 1940 e, pertanto, aveva dovuto vivere nascosto nella mansarda della propria casa i primi anni della Seconda Guerra Mondiale: era la sua forma di disobbedienza alla Madre Patria, a quell'italia Fascista che Gino non riconosceva come Madre. Gino era rimasto nascosto fino a quando aveva ricevuto una lettera da parte di un cugino, Aldo, che lo invitava a raggiungerlo in un casolare a pochi chilometri a ovest di Ferrara dove, insieme ad altri ragazzi, si stava organizzando una brigata partigiana per far saltare i binari e i ponti e tagliare i rifornimenti ai tedeschi e ai soldati della Repubblica di Salò, nei pressi del fiume Po. E Gino, appassionato di motociclette, accettò di aiutare i partigiani e il cugino Aldo portando, con la moto Guzzi di famiglia, gli alimenti e le bevande di cui avevano bisogno: Gino portava i rifornimenti, mentre il cugino Aldo e la sua brigata cercavano di impedire i rifornimenti fra i vari reparti dell'esercito nazi-fascista. Se erano importanti le azioni di Aldo e dei suoi compagni, erano necessari anche i viaggi che faceva Gino con la sua motocicletta. E di vicende come quelle di questi due Gino ne è piena la storia della Resistenza italiana: sono solo due esempi delle migliaia di persone, uomini e donne, che in tutta Italia hanno deciso, con i loro limiti e le loro debolezze, di combattere, secondo la loro indole, il nazi-fascismo. Si tratta di storie semplici, ma sono stati eventi che nella loro essenzialità hanno contribuito alla creazione del sistema democratico italiano. Per arrivare alla Liberazione di San Gimignano del 13 luglio 1945, c'erano stati vari momenti fondamentali: dopo la caduta del Fascismo del 25 luglio 1943 e la firma dell'armistizio dell'8 settembre, c'erano stati i fatti di San Donato del marzo 1944, c'erano gli sfollati delle città vicine da aiutare mentre da quella primavera i bombardamenti alleati imperversavano su tutta la Valdelsa, 3

4 c'era stata la Liberazione di 72 detenuti politici, non soltanto italiani, dal carcere di San Gimignano il 10 giugno 1944, c'era stato un gruppo di partigiani e alcuni membri del Gap Gruppo di Azione Patriottica che erano tornati a San Gimignano per aiutare la popolazione durante le due settimane di intenso cannoneggiamento prima della liberazione e un altro gruppo di partigiani aveva passato la linea del fronte di guerra per condurre le truppe francesi (marocchine) a San Gimignano; e poi c'era stata la partenza di un nucleo di partigiani l'8 gennaio 1945 verso il nord Italia. Se questi sono stati i fatti salienti, ci sono state anche tante piccole gesti che hanno contribuito a liberare la nostra città. Fra i tanti piccoli esempi di vita sangimignanese voglio ripercorre l'azione educativa svolta da Mario Paoli, insegnante di materie letterarie nel biennio al Collegio per gli orfani dei ferrovieri nei locali del Conservatorio di Santa Chiara. Insieme ad altri colleghi come il Prof. D'Errico e il Prof. Vichi svolsero una prudente opera di chiarimento e di riflessione critica sugli avvenimenti e sui protagonisti della vita del regime fascista: questi insegnanti, nelle loro lezioni, parlando di scrittori e di poeti del passato, erano riusciti a confrontarli con la situazione che li circondava facendo maturare nei loro allievi un forte spirito critico. Le lezioni di Paoli e dei suoi colleghi non rimasero solo nelle aule della scuola, ma con gli allievi erano riusciti a redigere brevi testi e manifestini contro il fascismo, contro la guerra e contro gli occupanti tedeschi che venivano distribuiti a San Gimignano. La loro azione non finì con la caduta del Fascismo del luglio 1943, né con la firma dell'armistizio di Cassibile, reso pubblico l'8 settembre dello stesso anno, ma continuò. La Repubblica di Salò aveva deciso di celebrare il XXI Anniversario della Marcia su Roma e, a metà del mese di ottobre, anche la Casa del Fascio di San Gimignano, aveva deciso di aderire ai festeggiamenti. Nei giorni che precedettero il 28 ottobre Mario Paoli e i suoi allievi, con organizzazione certosina, reperirono tutto il materiale necessario e nella notte fra il 27 e il 28 ottobre, eludendo le ronde di sorveglianza, tappezzarono il paese di scritte contro i fascisti e i nazisti e a favore della libertà. Il loro lavoro era riuscito talmente bene che la celebrazione del XXI anniversario della Marcia su Roma non si tenne a San Gimignano, ma i Carabinieri locali iniziarono a cercare i colpevoli di quell'azione di disobbedienza civile. Quasi subito si venne a sapere che l'organizzazione di quell'atto di insubordinazione doveva essere stato realizzato da qualcuno della cerchia degli allievi di Mario Paoli. Due fra gli studenti più giovani del Paoli, Sandro Forconi e Vasco Calonaci, decisero di costituirsi (e per questo dovettero scontare circa 30 giorni di prigione nel carcere di Santo Spirito, a Siena). Non credo ci sia bisogno di aggiungere nient'altro a questo racconto e vorrei concludere il mio intervento con le parole del fiorentino Piero Calamandrei: «Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà 4

5 e la dignità della nazione, andate là, o giovani, col pensiero, perché là è nata la nostra costituzione» e la nostra democrazia. San Gimignano, 13 luglio 2013 Leonardo Antognoni Opere di riferimento AA. VV., Sessantannni fa. Sessanta testimoni-protagonisti rivivono, con i loro racconti, le due settimane di cannoneggiamento al quale fu sottoposta San Gimignano nel mese di luglio del 1944, Poggibonsi, Nencini Editore, 2002, pp. 142 ANTOGNONI LEONARDO, Dal Carnevale alla Festa dell'uva. L'organizzazione delle feste popolari a San Gimignano nel ventennio fascista, Poggibonsi, Lalli, 2010, pp. 167 BISCARINI CLAUDIO, Torri e cannoni. Il passaggio del fronte a San Gimignano, San Gimignano, Anpi, 2008, pp. 249 BIANCO DANTE LIVIO, Guerra partigiana. Raccolta di scritti, Torino, Einaudi, 1954, pp. XXVI-477 MARTELLINI AMORENO, Fiori nei cannoni. Non violenza e antimilitarismo nell'italia del Novecento, Roma, Donzelli Editore, 2006, pp. XI-226 PASQUALETTI UGO (a cura di), Fischia il vento urla la bufera, Testimonianze ed episodi della Resistenza Sangimignanese , San Gimignano, Anpi, 1993, pp sito consultato il 13 luglio 2013 alle ore otizie/ shtml, sito consultato il 12 luglio 2013 alle ore 9 oni_per_difesa_partigiani /, sito consultato il 13 luglio alle ore 9.40 CALAMANDREI PIERO, Discorso ai giovani sulla Costituzione nata dalla Resistenza, Milano, 26 gennaio 1955 CONTE PAOLO, Bartali, 1979 GABER GIORGIO, La libertà, 1972 GUIDETTI ALBERTO, Quello che è stato è quello che sarà, 4 maggio 2013, Empoli 5

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