Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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1 Civile Sent. Sez. L Num Anno 2018 Presidente: DI CERBO VINCENZO Relatore: DE FELICE ALFONSINA Data pubblicazione: 13/08/2018 SENTENZA sul ricorso proposto da: REGIONE LAZIO P.I , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARCANTONIO COLONNA 27, presso lo studio dell'avvocato ANNA MARIA COLLACCIANI, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti; ricorrente contro CORRIDORI FRANCO, SALVI NICOLA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE CARSO 23, presso lo studio dell'avvocato MARIA ROSARIA DAMIZIA, che li

2 rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso; - controricorrenti - avverso la sentenza n. 1351/2013 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 09/05/2013 R.G.N. 7111/2009; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/06/2018 dal Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

3 R.G /2013 FATTI DI CAUSA La Corte d'appello di Roma, confermando la pronuncia di prime cure, ha rigettato la domanda della Regione Lazio, rivolta a sentir dichiarare la non cumulabilità dell'indennità di amministrazione - già facente parte del trattamento retributivo corrisposto a Franco Corridori e Nicola Salvi, ex dipendenti del comparto Ministeri trasferiti alla Regione Lazio ai sensi dell'art. 7, comma 1, del d.lgs. n.469 del con i compensi, previsti dal c.c. decentrato integrativo , per le categorie A, B, C, a titolo di produttività collettiva (art.4,co.2) e per la categoria D a titolo di retribuzione di posizione professionale (art.5). La Corte territoriale ha rilevato al riguardo, che il comma 5 dell'art 7 del d.lgs. n.469 del 1997 prevede che "al personale statale trasferito è comunque garantito il mantenimento della posizione retributiva già maturata" e che non costituendo l'indennità di amministrazione un salario accessorio, bensì una voce del trattamento retributivo fisso e continuativo, la stessa non può ritenersi riassorbibile rispetto agli emolumenti accessori contemplati dal CCDI per i dipendenti delle Regioni e degli Enti locali. Per la cassazione della sentenza ricorre la Regione Lazio con tre motivi illustrati da memoria, e Franco Corridori e Nicola Salvi resistono con tempestivo controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE Con il primo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360, co.1, n.3 cod. proc. civ., parte ricorrente contesta "Violazione e falsa applicazione dell'art. 28 CCNL del personale del comparto Ministeri, stipulato il per il quadriennio ". Nel ritenere che l'indennità di amministrazione non costituisca una voce del salario accessorio ma che sia parte del trattamento economico fisso e continuativo dei lavoratori trasferiti, la Corte d'appello avrebbe violato le norme contrattuali che escludono in radice la possibilità di assimilare l'indennità di amministrazione allo stipendio base, e avrebbe disatteso la giurisprudenza di legittimità che annovera detta indennità tra gli elementi che compongono il trattamento accessorio. Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360, co.1, n.3 cod. proc. civ., deduce "Violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 10 del CCNL comparto regioni-

4 autonomie locali sottoscritto il , nonché gli artt. 4 del CCDI Regione Lazio , sottoscritto il ". Sostiene che le indennità qualificate di produttività collettiva e di posizione professionale e organizzativa previste dalla contrattazione collettiva per il personale delle Regioni e degli Enti locali costituiscono elementi accessori della retribuzione erogati in misura fissa e continuativa al pari dell'indennità di amministrazione e che, non essendo possibile operare un rigido confronto fra le rispettive componenti accessorie, avendo le parti sociali dei diversi comparti qualificato in modo diverso voci analoghe, si rende necessario operare una comparazione tra voci retributive similari, al fine di evitare che, nel passaggio da un'amministrazione a un'altra, i dipendenti possano subire decurtazioni del trattamento retributivo. Con il terzo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360, co.1, n.3 cod. proc. civ., lamenta "Violazione, erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 7 comma 5 del d.lgs , n.469, del d.p.c.m n.446, degli artt. 26, 27..Z. 28 del CCNL del personale del comparto Regioni - autonomie locali per il biennio , sottoscritto il e dell'art. 37 del CCDI Regione Lazio , sottoscritto il Violazione e falsa applicazione dell'art. 31 del d.lgs. n.165/2001 e dell'art cod. civ., nonché degli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione." Tutte le norme richiamate in epigrafe affermerebbero il principio della salvaguardia della posizione stipendiale maturata presso i Ministeri di provenienza all'atto del trasferimento alle Regioni e agli Enti locali, al fine di impedire che ai lavoratori trasferiti siano applicate decurtazioni del trattamento retributivo per effetto di scelte organizzative alle quali sono estranei, e per consentire loro di beneficiare del trattamento di miglior favore eventualmente previsto per i dipendenti degli enti di destinazione. Diversamente, con la pronuncia gravata si sarebbe avvalorata una posizione di privilegio in capo al personale transitato nei ruoli regionali, pur in assenza di una norma di rango primario che abbia legittimato la corresponsione di un trattamento di miglior favore. La censura ritiene, infine, che la Corte territoriale abbia disatteso la giurisprudenza di legittimità la quale, nell'applicare l'art cod. civ. alle ipotesi di mobilità tra amministrazioni, in virtù del principio generale sancito dall'art. 31 del d.lgs. n.165/2001 che della norma fa espressa menzione, ha affermato il principio generale della riassorbibilità del trattamento retributivo, in difetto di specifiche norme primarie a carattere derogatorio. 2

5 Le censure, che vanno esaminate congiuntamente per la loro connessione, sono fondate. Questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi in ipotesi sovrapponibile, riguardante il passaggio diretto alle dipendenze della Regione Lazio di dipendenti provenienti dal Ministero del Lavoro, ritenendo riassorbibile l'indennità di amministrazione, percepita presso il Ministero di provenienza, per effetto della corresponsione dei compensi previsti per i dipendenti regionali, rispettivamente, dall'art. 4, co.2 del CCDI , a titolo di produttività collettiva per le categorie A, B e C, e dall'art. 5, a titolo di retribuzione di posizione, per la categoria D. Con il principio di diritto cui in questa sede s'intende dare continuità si afferma che "In tema di passaggio da un'amministrazione all'altra, il mantenimento del trattamento economico collegato al complessivo "status" posseduto dal dipendente prima del trasferimento opera nell'ambito, e nei limiti, della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti d'inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento, dovendosi contemperare, in assenza di una specifica previsione normativa, il principio d'irriducibilità della retribuzione, con quello di parità di trattamento dei dipendenti pubblici, stabilito dall'art. 45 del d.lgs. 30 marzo 2001, n.165." (Cass. n /2014; confermata da Cass. n /2016). In applicazione di tale principio di diritto, pertanto, con riferimento al godimento dell'indennità di amministrazione spettante agli odierni controricorrenti presso l'amministrazione di provenienza, deve ritenersi che, in assenza di una specifica disciplina che ne imponga la conservazione, legittimamente la Regione Lazio ne abbia confermato la regola del riassorbimento con l'indennità di produttività collettiva e con la retribuzione di posizione. In definitiva, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata. Non rendendosi necessari altri accertamenti di fatto, la causa è decisa nel merito, con il rigetto dell'originaria domanda. Le spese del giudizio di merito sono compensate tra le parti in virtù del sopravvenuto recente orientamento da parte di questa Corte, mentre le spese del giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo, sono poste a carico degli odierni controricorrenti. 3

6 P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda. Condanna i controricorrenti a rimborsare alla Regione Lazio le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 4000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge. Compensa le spese del grado di merito. Così deciso all'udienza del 12 giugno 2018