Sentenza n. 700/2018 pubbl. il 18/01/2019 RG n. 44/2017

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1 R.G. N.44/17 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D APPELLO DI VENEZIA - Sezione Lavoro Composta dai Magistrati: Dr. Gianluca ALESSIO Presidente rel. Dr. Umberto DOSI Consigliere Dr. Federico BRESSAN Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa promossa con appello depositato in data 16 gennaio 2017 da INPS (c.f ), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall avv. Sergio Sica, per procura generale alle liti rep. notaio P. Castellini di Roma, e con domicilio eletto presso l'ufficio Legale Distrettuale in Venezia, Dorsoduro, 3500/D; appellante - contro 1

2 ORAUDU FREE (c.f. RDO FRE 82B68 Z335D), rappresentata e difesa dall'avv. Giovanna Berti per mandato a margine del ricorso ex art.702 bis c.p.c., con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Serafina Figliuzzi in Venezia Mestre, via Forte Marghera, 151/M - appellata - Oggetto: riforma dell'ordinanza 23 dicembre 2016 (R.G.n.2962/16 Trib. Padova sez. Lavoro) del giudice del lavoro del Tribunale di Padova In punto: condotta antidiscriminatoria in relazione al mancato riconoscimento dell'assegno di natalità a cittadino extracomunitario non soggiornante di lungo periodo Causa trattata all udienza del 29 novembre 2018 Conclusioni per la appellante: Chiede che, in totale riforma della impugnata ordinanza del Tribunale di Padova, codesta Ecc.ma Corte di Appello voglia respingere le domande tutte di Oraudu Free perche fondate in fatto ed in diritto. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di entrambi i gradi di giudizio.. Conclusioni per l'appellata: Rigettare l'appello presentato dall'inps in quanto infondato e, in accoglimento delle domande formulate nel ricorso di primo grado, da intendersi qui integralmente formulate, confermare l'ordinanza del Tribunale di Padova n.7905/ /2016 R.G. Del Con condanna al pagamento delle spese legali del presente grado di giudizio e distrazione delle stesse a favore del sottoscritto avvocato. 2

3 Svolgimento del processo Oraudu Free ha agito ai sensi dell'art.702 bis c.p.c., avanti al Tribunale di Padova al fine di accertare il carattere discriminatorio della condotta tenuta dall Inps consistita nel rigettare la domanda di corresponsione dell'assegno di natalita previsto dall art. 1 comma 125 della legge n.190 del 2014 con ciò negando il diritto alla provvidenza in quanto persona non soggiornante di lungo periodo. Con ordinanza del 22 dicembre 2016 il giudice del lavoro del Tribunale di Padova ha accolto il ricorso e ha dichiarato il carattere oggettivamente discriminatorio della condotta tenuta dell ente previdenziale nei confronti della ricorrente, accertando il loro diritto a percepire la prestazione richiesta. Il giudice ha disapplicato la norma interna (art.1 comma 125 cit.), in quanto escludente la provvidenza per i cittadini stranieri lavoratori. Ha ritenuto, al riguardo, che l'art.12 della direttiva 2011/98/UE, che imponeva il medesimo trattamento ai cittadini dell'unione Europea il riconoscimento delle prestazioni a sostegno economico e familiare a favore di cittadini di paesi terzi ammessi per fini lavoratovi, fosse precisa ed incondizionata, aveva, quindi, efficacia diretta nei rapporti cosiddetti verticali. La norma interna, in quanto escludente la provvidenza per i cittadini stranieri lavoratori, in carenza del requisito di essere lungo soggiornante, non era conforme al diritto dell'unione in quanto, tale requisito aggiuntivo non poteva riguardare le prestazioni in materia di sicurezza sociale a favore di lavoratori. Avverso l ordinanza l Inps ha proposto appello in data 16 gennaio Si è costituita l'appellata in data 19 novembre 2018 chiedendo il rigetto dell'impugnazione. 3

4 La causa è stata discussa e decisa all udienza del 29 novembre 2018, come da separato dispositivo letto in udienza, sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate. Motivi della decisione 1) Con l appello l Inps assume in primo luogo che si tratti di prestazione assistenziale: la sua erogazione prescinde dalla sussistenza di un rapporto assicurativo, potendo cosi essere ricondotta nell'alveo dell'art 38, comma 1, Costituzione. Da ciò discendono i limiti entro i quali la prestazione può essere assicurato allo straniero: per consolidata giurisprudenza costituzionale qualora una prestazione esuli dalla tutela del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come a mbito inviolabile della dignita umana - rientrando piuttosto nella di tutela di finalita sociali estranea a quella dei diritti fondamentali - ben puo essere prevista una differente disciplina tra cittadini e stranieri (cosi Corte Cost., sentenza n. 432 del 28/11/2005). Con riferimento alla osservanza del principio di parità di trattamento rileva che nel caso di specie l'articolo 1, comma 125, della legge n.190 del 2014 non introduce elementi di discriminazione, ma un criterio selettivo (ovvero il possesso in capo allo straniero del permesso di lungo soggiorno di cui all'articolo 9 decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 che non è irragionevole o arbitrario. Richiama l'art. 11 della direttiva 2003/19/CE (recte 2003/109/CE, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo) prevede la possibilita per lo Stato membro di limitare la parita di trattamento in materia di assistenza sociale e protezione sociale alle sole prestazioni essenziali. Con riferimento alla principio della direttiva 2011/98/UE che all'articolo 12 assicura lo stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano anche per quanto concerne il 4

5 settore della sicurezza sociale definiti nel regolamento (CE) 883/2004, puntualizza che l'articolo 3, par. 5, prevede che il regolamento in commento non si applichi all'assistenza sociale. Sotto diverso profilo, ossia il carattere precettivo della direttiva europea a cui si è rifatto il primo giudice per disapplicare la norma nazionale, richiama, i considerando della citata direttiva del 2011 al fine di escludere il carattere di immediata applicazione della disciplina europea, richiamata dal primo giudice. A tale riguardo rammenta che il considerando 19 da espressamente atto dell'assenza di una normativa orizzontale a livello di Unione relativamente ai diritti dei cittadini di paesi terzi (circostanza ribadita dal successivo considerando 20 rispetto ai cittadini di paesi terzi che soggiornino e lavorino regolarmente in uno Stato membro). Il considerando 24, in tema di sicurezza sociale come definito dal gia citato regolamento (CE) 883/2004, in tema di parità di trattamento nei confronti dei lavoratori di paesi terzi, anche ammessi in uno Stato membro direttamente da un paese terzo, per quanto riguarda la sicurezza sociale anche ai lavoratori. Infine, il considerando 26 espressamente evidenzia che il diritto dell'unione non limita la facolta degli Stati membri di organizzare i rispettivi regimi di sicurezza sociale, spettando comunque a ciascuno Stato membro stabilire le condizioni per la concessione delle prestazioni di sicurezza sociale nonche l'importo di tali prestazioni e il periodo durante il quale sono concesse. il quadro normativo pone in luce, ad avviso dell'appellante il significativo margine discrezionale che la direttiva in commento ha riconosciuto in capo ai legislatori nazionali esprimendo solo un auspicio e non una disposizione cogente. 2) La Corte ritiene infondato l appello. 2.1) Quanto al profilo attinente alla natura della prestazione e alla sua regolamentazione all'interno della direttiva europea del 2011 in 5

6 esame va rammentato che quest'ultima prevede in linea generale una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare a fini lavorativi nel territorio di uno Stato membro, al fine di semplificare le procedure di ingresso e di agevolare il controllo del loro status (art. 1, paragrafo 1) ed un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro, a prescindere dalle finalita dell ingresso iniziale nel territorio dello Stato membro in questione, sulla base della parita di trattamento rispetto ai cittadini di quello Stato membro (art. 1, paragrafo 2). Fornisce la definizione di lavoratore di paese terzo nel considerando 19 nella parte in cui precisa che Ai fini della presente direttiva un lavoratore di un paese terzo dovrebbe essere definito, fatta salva l interpretazione del concetto di rapporto di lavoro in altre disposizioni del diritto dell Unione, come un cittadino di un paese terzo che e stato ammesso nel territorio di uno Stato membro, che vi soggiorna regolarmente e a cui e ivi consentito lavorare conformemente al diritto o alla prassi nazionale nel contesto di un rapporto di lavoro retribuito.. All'art.2 lett b), poi è conseguentemente previsto: Ai fini della presente direttiva, si intende per:... b) «lavoratore di un paese terzo» un cittadino di un paese terzo, ammesso nel territorio di uno Stato membro, che soggiorni regolarmente e sia autorizzato a lavorare in tale Stato membro nel quadro di un rapporto di lavoro retribuito conformemente al diritto o alla prassi nazionale;. In tale modo ricomprende anche i casi come quello in esame in cui l'appellata aveva il permesso in attesa occupazione, ossia si trovava nella posizione di chi, entrata regolarmente sul territorio nazionale era in attesa di recuperare l'occupazione lavorativa. L art. 12, poi dispone: 1. I lavoratori dei paesi terzi di cui 6

7 all articolo 3, paragrafo 1, lettere b e c), beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne:.. e) i settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento (CE) n. 883/2004;. 2. Gli Stati membri possono limitare la parita di trattamento:. b) limitando i diritti conferiti ai lavoratori di paesi terzi ai sensi del paragrafo 1, lettera e), senza restringerli per i lavoratori di paesi terzi che svolgono o hanno svolto un attivita lavorativa per un periodo minimo di sei mesi e sono registrati come disoccupati. Inoltre, gli Stati membri possono decidere che il paragrafo 1, lettera e), per quanto concerne i sussidi familiari, non si applichi ai cittadini di paesi terzi che sono stati autorizzati a lavorare nel territorio di uno Stato membro per un periodo non superiore a sei mesi, ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi a scopo di studio o ai cittadini di paesi terzi cui e consentito lavorare in forza di un visto;... Sotto il profilo oggettivo la prestazione richiesta, pur quando si debba ritenere avere natura assistenziale, è specificamente destinata a soddisfare esigenza tipica del settore della sicurezza sociale, oggetto del regolamento comunitario 29 aprile 2004 n.883 cit. e richiamato dalla direttiva ( all art. 3 prevede: 1. Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti: b) le prestazioni di maternita e di 7

8 paternita assimilate;... ): invero è diretta ad assicurare un supporto sul piano economico alla maternita e paternita, in modo continuativo fino al compimento dei tre anni di eta del bambino, ed è corrisposta in modo automatico e non discrezionale laddove sussistano i requisiti di reddito prescritti. Non si vede, ne l'appellante sul punto deduce alcunche al riguardo, come posa essere escluso che anche l assegno di natalita rientri nel novero delle prestazioni assimilate in a tutela della maternità e paternità. Va anche precisato che il richiamo all'art. 11 della direttiva 2003/109/CE non è pertinente in quanto relativa ai cittadini di paesi terzi ingenerale (e non ai lavoratori) e di lungo soggiorno, quindi una categoria di soggetti, per quanto interessa in questa sede, da un lato più estesa, dall'altro più ristretta avente ad oggetto la regolamentazione della condizione dei lungo soggiornanti. 2.2) Quanto al diverso profilo attinente al carattere di efficacia diretta ed immediata va premesso, sulla scorta dei principi fissati dalla Corte Costituzionale (sentenza 2 febbraio 1990, n. 64) che da direttiva ha tali caratteri in quanto sufficientemente dettagliata nei propri contenuti, non richiedendo, pertanto, alcun provvedimento di attuazione da parte dello Stato membro. La diretta applicabilità della direttiva comunitaria, quindi, deve essere incondizionata, cioè non deve lasciare alcun margine di discrezionalità agli stati membri in ordine alla sua attuazione e sufficientemente precisa, nel senso che deve essere determinata con compiutezza, e non richiede alcuna ulteriore puntualizzazione di dettaglio (Corte Cost. n. 168 del 1991). La Corte di Giustizia ha puntualizzato che trovano diretta applicazione le direttive le cui disposizioni sono così particolareggiate da escludere qualsiasi discrezionalità da parte degli 8

9 stati membri nel suo recepimento (tra le molte, CGUE 25 maggio 1993, in causa C193/91). Nel caso di specie va evidenziato il tenore della disposizione sopra richiamata dell'art.12 ove sono descritti tutti i requisiti necessari ai fini dell'applicazione diretta della norma: essere muniti di permesso di soggiorno ai fini lavorativi e l'individuazione dell'ambito in cui la provvidenza opera, ossia il settore della sicurezza sociale come definito mediante il rinvio all'art. 1 del regolamento n.883 cit. nel quale sono individuate quali prestazioni familiari tutte le prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari, ad esclusione degli anticipi sugli assegni alimentari e degli assegni di nascita o di adozione menzionati nell allegato 1. La Corte di Giustizia ha fornito la corretta portata dell' espressione compensare i carichi familiari. Con riferimento ad un contributo pubblico al bilancio familiare (nel caso di specie i nuclei familiari con tre o più figli di età inferiore ai 18 anni, titolari di redditi inferiori a un determinato limite, percettori dell'anf, assegno per il nucleo familiare) destinato ad alleviare gli oneri derivanti dal mantenimento dei figli la Corte di Giustizia (CGUE sentenza del 21 giugno 2017 C-449/16, punto 23) ha individuato la portata applicativa della norma, in tale modo delimitandone il significato in modo sufficientemente preciso: In merito alla questione se una data prestazione rientri nelle prestazioni familiari di cui all articolo 3, paragrafo 1, lettera j), del regolamento n. 883/2004, si deve rilevare che, ai sensi dell articolo 1, lettera z), del medesimo regolamento, l espressione «prestazione familiare» indica tutte le prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari, ad esclusione degli anticipi sugli assegni alimentari e degli assegni speciali di nascita o di adozione menzionati nell allegato I di tale regolamento. La Corte ha gia 9

10 dichiarato che l espressione «compensare i carichi familiari» deve essere interpretata nel senso che essa fa riferimento, in particolare, a un contributo pubblico al bilancio familiare, destinato ad alleviare gli oneri derivanti dal mantenimento dei figli (v., in tal senso, sentenza del 21 giugno 2017 punto 235 e giurisprudenza ivi citata) e C-217/12). Va poi richiamata la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia ora citata (21 giugno 2017, causa C-449/16) secondo cui la qualificazione della singola prestazione ai fini in questione deve operarsi avendo riguardo ai relativi elementi costitutivi quali le sue finalita ed i presupposti per la sua attribuzione, e non gia al fatto che essa sia o no qualificata previdenziale da una normativa nazionale. Con la citata sentenza la CGUE ha altresi affermato che le modalità di finanziamento di una prestazione e, in particolare, il fatto che la sua attribuzione non sia subordinata ad alcun presupposto contributivo sono irrilevanti per la sua qualificazione come prestazione di sicurezza sociale Peraltro il fatto che una prestazione sia concessa o negata in considerazione dei redditi e del numero dei figli non implica che la sua concessione dipenda da una valutazione individuale delle esigenze personali del richiedente, caratteristica dell assistenza sociale, nei limiti in cui si tratta di criteri obiettivi e definiti per legge che quando sono soddisfatti danno diritto a tale prestazione senza che l autorita competente possa tenere conto di altre circostanze personali.così prestazioni attribuite automaticamente alle famiglie che rispondono a determinati criteri obiettivi riguardanti segnatamente le loro dimensioni, il loro reddito e le loro risorse di capitale prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle esigenze personali e destinate a compensare i carichi familiari devono essere considerate prestazioni di sicurezza sociale. 10

11 In conclusione la norma sovranazionale, laddove prevede che i lavoratori di cui al paragrafo 1 lett. b) e c) (quale pacificamente è l'appellata) beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano, appare all evidenza chiara ed incondizionata, risultando pertanto dotata di efficacia diretta e di portata autoesecutiva nel senso che trova ingresso nell ordinamento interno senza necessita di alcuna norma di recepimento e si colloca, per la gerarchia delle fonti normative, al di sopra della legislazione nazionale imponendone la disapplicazione in caso di contrasto. La stessa previsione derogatoria contenuta all art. 12 paragrafo 2 lett.b) comma 1 per cui gli Stati membri possono decidere che l art. 12 paragrafo 1 lett.e) non si applichi a determinate categorie di soggetti (ai cittadini di paesi terzi che sono stati autorizzati a lavorare nel territorio di uno Stato membro per un periodo non superiore a sei mesi nonché ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in tale territorio a scopo di studio o ai cittadini di paesi terzi cui è ivi consentito lavorare in forza di un visto), implica che, rispetto alla regola generale sia necessario l'intervento del legislatore nazionale affinché sia individuato un limite temporale (permesso non superiore ai sei mesi), nella fattispecie non istituito dal legislatore italiano. L'appellante ha valorizzato i considerando in una prospettiva non appropriata, non ponendosi la questione dell'efficacia in senso verticale della direttiva (con riguardo al considerando 19), né il fatto che nessuna condizione aggiuntiva è stata posta dall'ordinamento interno (considerando 26) se non quella non conforme al diritto dell'unione, mentre col considerando 24 la direttiva ha posto un principio di carattere generale che trova poi attuazione nella disciplina dell'art

12 3) Le spese di lite del presente grado di giudizio seguono in virtù del principio di soccombenza e si liquidano secondo il parametro di cui alle tabelle del d.m.10 marzo 2014 n.55 nella misura indicata nel dispositivo (parametrato il valore di causa a quello della prestazione). 4) Per il rigetto integrale dell'appello principale deve darsi atto che sussistono le condizioni oggettive richieste dall'art. 13, comma 1- quater del d.p.r. 115/2002 per il raddoppio del contributo unificato, salva la verifica del requisito di esenzione da parte di chi di competenza o per motivi relativi all oggetto della controversia o per motivi soggettivi. p.q.m. La Corte, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, rigettata ogni diversa istanza, eccezione e domanda, così provvede: rigetta l'appello; condanna l'inps al pagamento delle spese di lite del presente grado in favore di parte appellata liquidate in.1.889,00 oltre iva, cpa e rimborso forfetario ex lege, con distrazione in favore del procuratore antistatario. Venezia, 29 novembre 2018 Il Presidente estensore Gianluca Alessio 12

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