DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE. LE PROCEDURE CONCORSUALI

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1 1 [Versione ] DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE. LE PROCEDURE CONCORSUALI Seconda appendice di aggiornamento 1 in relazione al d.l. n.179/2012, conv. dalla l. n. 221/2012 PROCEDIMENTI DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO E DI LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO SOMMARIO: I NOTAZIONI GENERALI - 1. La disciplina della crisi da sovraindebitamento: l evoluzione legislativa Le procedure di soluzione della crisi da sovaindebitamento. Presupposti soggettivi ed oggettivi Segue. Natura giuridica Segue. Rapporti con le procedure concorsuali tradizionali. II PROCEDURE DI COMPOSIZIONE DELLE CRISI: L ACCORDO - 5. Premessa La proposta di accordo ed il piano Le fasi della procedura. L apertura Segue. Le adesioni alla proposta Segue. L omologazione dell accordo Segue. L esecuzione dell accordo omologato Profili patologici. III PROCEDURE DI COMPOSIZIONE DELLE CRISI: IL PIANO DEL CONSUMATORE Premessa La proposta di piano e la relazione dell organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento L ammissione alla procedura L omologazione L esecuzione del piano Profili patologici. IV PROCEDURA DI LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO La procedura di liquidazione del patrimonio: inquadramento sistematico, funzione, disciplina L apertura della procedura. Domanda e conversione Il liquidatore Gli effetti della procedura Le fasi della procedura L esdebitazione. V DISPOSIZIONI COMUNI Gli organismi di composizione delle crisi da sovra indebitamento Profili penali. VI CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Luci (poche) ed ombre (molte) delle nuove procedure concorsuali. I NOTAZIONI GENERALI 1. La disciplina della crisi da sovraindebitamento: l evoluzione legislativa. Con la l. 28 gennaio 2012, n. 3, è stato introdotto nel nostro ordinamento il procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento: un procedimento riservato ai debitori, imprenditori e non, non assoggettabili alle procedure concorsuali tradizionali (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta, amministrazione straordinaria) ed in situazione, appunto, di sovraindebitamento; e caratterizzato da forti affinità strutturali con, per un verso, gli accordi di ristrutturazione e, per altro verso, con il concordato preventivo. Nell aprile del 2012, cioè pochi mesi dopo l entrata in vigore della l. n. 3/2012, il governo ha presentato alla Camera dei deputati un disegno di legge con il quale riprendendo e potenziando una linea che aveva cercato vanamente di imporre al Parlamento durante l iter di approvazione della medesima l. n. 3 ha proposto sostanziose modificazioni della nuova disciplina. E ciò in una triplice direzione: 1 Sostituisce integralmente i della II edizione, 2012

2 2 - con quella che veniva definita come la trasformazione in chiave concordataria della natura del procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento, il quale veniva rimodellato, assumendo connotati assai simili appunto al concordato preventivo quale regolato dalla l.fall.; - con l introduzione di un particolare procedimento per la crisi patrimoniale del consumatore, dove non era previsto più nemmeno il consenso della maggioranza dei creditori alla proposta del debitore; - con l introduzione di una procedura alternativa di liquidazione. Successivamente, il contenuto di questo disegno di legge mai portato alla discussione è stato trasfuso nell art. 18 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (articolo incongruamente collocato nella sez. VI di tale decreto, recante la rubrica Giustizia digitale ), convertito dalla l. 17 dicembre 2012, n Le procedure di soluzione della crisi da sovaindebitamento. Presupposti soggettivi ed oggettivi. Dopo le modifiche apportate dal d.l. n. 179 del 2012, la l. n. 3/2012 prevede, dunque, tre distinti procedimenti o procedure (la legge usa promiscuamente i due termini) di soluzione delle crisi da sovraindebitamento: - due procedimenti o procedure di composizione di tali crisi, rispettivamente l accordo ed il piano del consumatore; - un procedimento o procedura di liquidazione del patrimonio. Questi procedimenti sono ovviamente diversi fra loro, ma hanno presupposti (o condizioni di ammissibilità) comuni. a) Il debitore, innanzi tutto, non deve essere assoggettabile «a procedure concorsuali diverse da quelle regolate» dalla legge che stiamo esaminando (artt. 6, co. 1, dove la prescrizione è impropriamente riferita alle situazioni di sovraindebitamento, e 7, co. 2). Quindi, deve trattarsi di soggetto diverso dagli imprenditori commerciali di non piccole dimensioni (o, se si preferisce, non piccoli ), non importa poi se imprenditore o non imprenditore, se persona fisica o ente. Naturalmente, del piano del consumatore può avvalersi solo un soggetto qualificabile, appunto, come consumatore [per tale dovendosi intendere, ai sensi della definizione fornita dall art. 6, co. 2, lett. b), il «debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta»: sul punto v. anche infra, 13]. Il criterio adottato dalla legge della definizione in negativo dei soggetti ammessi ai procedimenti in questione ha fatto e tuttora può far sorgere qualche dubbio. In particolare, in relazione alla versione originaria della l. n. 3/2012 dubbi si erano posti con riferimento, da un lato, ai soci illimitatamente responsabili, in considerazione del disposto dell art. 147 l.fall., e, dall altro,

3 3 agli imprenditori agricoli, in considerazione dell estensione ai medesimi della possibilità di accedere agli accordi di ristrutturazione ed alla transazione fiscale (disposta dall art. 23, co. 43, d.l. n. 98/2011, conv. dalla l. n. 111/2011). Per quanto concerne i primi, la soluzione sembra peraltro dover essere nel senso della loro legittimazione ad accedere ai procedimenti in questione (destinati a riguardare ovviamente tutti i loro creditori, siano essi personali o sociali), dal momento che essi non possono fallire in via autonoma (ma solo in estensione per effetto del fallimento della società), così come non possono essere ammessi in proprio al concordato preventivo. Per quanto concerne i secondi, è intervenuto lo stesso d.l. n. 179, il quale ha inserito nell art. 7 della legge un comma 2-bis, per il quale «l imprenditore agricolo in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori un accordo di composizione della crisi secondo le disposizioni della presente sezione»; identica soluzione deve ritenersi valere, pur in difetto di una norma espressa, per l assoggettabilità degli imprenditori agricoli alla procedura di liquidazione del patrimonio. E il caso di aggiungere che lo stesso d.l. n. 179 del 2012 ha contribuito ad arricchire la platea dei destinatari della normativa che stiamo esaminando: nel disciplinare la c.d. impresa start up innovativa (artt. 25 ss.), ha infatti stabilito, all art. 31, che tale impresa «non è soggetta a procedure concorsuali diverse da quelle previste dal capo II della legge 27 gennaio 2012, n. 3», limitatamente, peraltro, ai primi quattro anni dalla costituzione della società (una previsione, quest ultima, che non risulta avere precedenti nel nostro ordinamento). L esenzione dalle tradizionali procedure concorsuali è giustificata, nella relazione al decreto, con l esigenza di contrarre i tempi della liquidazione giudiziale della start up in crisi, utilizzando un procedimento semplificato rispetto a quelli previsti dalla legge fallimentare e tale da non precludere il fresh start dell imprenditore (con il che, peraltro, si è trascurato di considerare, da un lato, che il procedimento di liquidazione previsto dalla l. n. 3/2012 ha obbligatoriamente una durata minima di quattro anni e, dall altro, che l esdebitazione, all esito di tale procedimento, è possibile solo per il debitore persona fisica, mentre le start up innovative sono necessariamente società di capitali o cooperative). b) Oltre ad avere i requisiti soggettivi appena indicati il debitore, ai sensi dell art. 7, co. 2, lett. b), non deve aver fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di cui stiamo parlando. c) I procedimenti in questione mirano a porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento, le quali, per espressa previsione della legge [art. 6, co. 2, lett. b)], sussistono: - o quando vi sia «un perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni»; - o quando vi sia «la definitiva incapacità di adempierle [le obbligazioni] regolarmente».

4 4 Quest ultima previsione ricalca sostanzialmente la definizione di insolvenza contenuta nell art. 5, co. 2, l.fall.: quindi non pone, in sé, particolari problemi ricostruttivi. Qualche approfondimento richiede, invece, l altra previsione. Nella formulazione originaria dell art. 6, co. 2, si menzionava soltanto la «situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte»: doveva quindi ritenersi che integrasse il presupposto oggettivo la situazione strutturale di deficit (che corrisponde poi, nel nostro sistema, alla insolvenza c.d. civile). Oggi, dopo l intervento dell ottobre 2012, il solo deficit non è sufficiente, occorrendo che esso abbia determinato «la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni»: formulazione che riecheggia quella che definiva il presupposto oggettivo della amministrazione controllata (art. 187: la «temporanea difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni») e che, pertanto, sembrerebbe da interpretare in conformità con la lettura a suo tempo dominante come riferentesi sempre ad una situazione di insolvenza dinamica, ma caratterizzata dalla temporaneità. E vero che la disposizione che stiamo analizzando non fa alcun riferimento a tale connotato: ma esso potrebbe ritenersi implicito, in contrapposizione al connotato di definitività che invece deve, per espressa previsione della legge, contraddistinguere l altra situazione idonea a fornire il presupposto oggettivo dei procedimenti in questione. 3. Segue. Natura giuridica. Con riguardo all originaria disciplina contenuta nella l. n. 3/2012 si era posto il problema se il procedimento di composizione delle crisi da sovraindebitamento fosse o no da qualificare come procedura concorsuale. Chi scrive aveva dato al problema risposta negativa, rilevando che tale procedimento non comportava né regolamentazione coattiva dei rapporti debitore-creditori, né imposizione di vincoli sul patrimonio del debitore (salva la limitatissima eccezione costituita dal blocco delle azioni esecutive per periodi prefissati e brevi). Oggi, dopo l intervento correttivo ed integrativo del d.l. n. 179, la risposta non può che essere in senso affermativo e con riferimento a tutti e tre i procedimenti oggetto di tale intervento. Da un lato, è la stessa legge che espressamente li qualifica come procedure concorsuali (là dove ne preclude l applicazione alle situazioni ed ai debitori soggetti o assoggettabili «a procedure concorsuali diverse da quelle regolate» da essa legge: artt. 6, co. 1 e 7, co. 2; ma si veda anche l art. 31 d.l. n. 179, richiamato retro, 2 sub a). Dall altro, nella loro attuale configurazione essi comportano tutti sia una regolamentazione coattiva dei rapporti creditori-debitore sia l imposizione di vincoli sul patrimonio del debitore.

5 5 Il che ha, poi, una diretta, ed importante, implicazione: che anche nei procedimenti di cui ci stiamo occupando deve considerarsi operante il principio cardine della par condicio creditorum, con tutto quello che allora inevitabilmente ne consegue. 4. Segue. Rapporti con le procedure concorsuali tradizionali. In quanto applicabili solo a soggetti non sottoponibili alle procedure concorsuali tradizionali, i procedimenti (o procedure) disciplinati dalla l. n. 3/2012 si pongono in una posizione di rigida alterità rispetto a quelle. Sembrano chiari, a questo punto, gli effetti (per certi versi dirompenti) che la loro introduzione determina sul piano sistematico generale. Con essa il sistema italiano ha cessato di appartenere al novero dei modelli dualistici puri ed è divenuto sulla scia di altri ordinamenti un modello dualistico misto, connotato dalla compresenza di due sottosistemi nettamente diversi, ma rigorosamente complementari: il sottosistema delle procedure concorsuali tradizionali, che ha come referente soggettivo l area, in sé compatta, degli imprenditori commerciali di non piccole dimensioni e il sottosistema dei procedimenti di composizione o soluzione del sovraindebitamento, che ha come referente soggettivo l area di tutti i soggetti diversi dagli imprenditori commerciali di non piccole dimensioni; un area, quest ultima, composita e frastagliata, che va dal consumatore al piccolo imprenditore, dall imprenditore agricolo al professionista intellettuale, dalle persone fisiche alle società, associazioni, fondazioni, ecc. Peraltro, a questa posizione di rigida alterità si accompagnano notevoli contiguità di disciplina, contiguità che poi spiegano l altrimenti incomprensibile disposto dell art. 12, co. 5, a norma del quale, nell ipotesi che, in pendenza dell esecuzione dell accordo omologato, intervenga il fallimento, il quale risolve l accordo, per un verso, sono sottratti alla revocatoria ex art. 67 l.fall., gli atti, pagamenti ecc. posti in essere in esecuzione dell accordo e, dall altro, sono prededucibili i crediti derivanti da finanziamenti effettuati in esecuzione o in funzione del medesimo accordo omologato. Sotto questo aspetto, la nuova normativa si espone ad un rilievo di vertice. Vale a dire che, una volta deciso sia di abbandonare il modello dualistico puro, sia di introdurre procedimenti di composizione concordata e di liquidazione largamente analoghi alle procedure concorsuali tradizionali ed affidate anch esse all autorità giudiziaria ordinaria (con abbandono totale, allora, della logica deflattiva che aveva ispirato la riforma del ), sarebbe stato il caso di ripensare a fondo l intero assetto complessivo degli strumenti di soluzione delle crisi, riprendendo in considerazione il modello monistico, magari con l articolazione di procedimenti o subprocedimenti specifici per particolari figure di debitori.

6 6 Questo, da un lato, avrebbe consentito di porre finalmente termine a distinzioni divenute ormai prive di senso e palesemente incostituzionali, come quella fra imprese commerciali e imprese agricole. E, dall altro, avrebbe consentito di evitare nuove diversità di trattamento prive a loro volta di giustificazione (e si pensi al diverso regime del concordato preventivo e dell accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento in punto di possibilità per il singolo creditore di contestare la convenienza della soluzione concordataria). II PROCEDURE DI COMPOSIZIONE DELLE CRISI: L ACCORDO 5. Premessa. In ordine alla procedura di accordo la sola, ricordiamo, inizialmente contemplata nella l. n. 3/2012 si impone una notazione preliminare. Pur dopo l incisivo intervento del d.l. n. 179/2012, essa ha conservato il nome originario di «accordo»: tale nome, però, non corrisponde più all effettiva sostanza della figura. Nel sistema originario, al centro della procedura si collocava l accordo, appunto, fra debitore e creditori che (al pari degli accordi di ristrutturazione al quale il legislatore si era chiaramente ispirato) era e rimaneva a tutti gli effetti un vero e proprio accordo di diritto privato, frutto delle adesioni individuali dei singoli creditori ad una proposta contrattuale ed idoneo, secondo le regole generali, a vincolare solo i creditori che vi avessero appunto aderito. Oggi, dopo il d.l. n. 179, la procedura ha conservato un contenuto pattizio, ma con connotati analoghi a quelli del concordato preventivo. Infatti: - non tutti i creditori hanno diritto di esprimersi sulla proposta, essendone privi sia i creditori privilegiati (salvo che rinunzino in tutto o in parte alla garanzia), sia il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta (art. 11, co. 2); - il silenzio dei creditori vale come assenso (art. 11, co.1: «In mancanza [di invio della dichiarazione] si ritiene che abbiano prestato consenso alla proposta nei termini in cui è stata loro comunicata»); - l accordo si ritiene raggiunto, ai fini dell omologazione, quando la proposta consegua il consenso dei creditori che rappresentino la maggioranza, nella misura del 60%, dei crediti ammessi ad esprimersi sulla proposta (art. 11, co. 2); - l accordo, una volta omologato, è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità della proposta e del decreto (art. 12, co. 3). Si può quindi continuare ad usare il nomen di accordo, purché si abbia ben presente che si tratta di una species appartenente al genere concordati e non a quello contratti (dal che deriva, fra l altro, la tendenziale non applicabilità ad esso della disciplina generale dei contratti).

7 7 6. La proposta di accordo ed il piano. La procedura prende avvio con la presentazione da parte del debitore di una proposta di accordo. a) Tale proposta per la predisposizione della quale il debitore sembrerebbe doversi avvalere, fin da subito, dell ausilio di uno degli appositi organismi di composizione della crisi, di cui all art. 15 (sul punto v. anche infra, 24) deve prevedere «la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante la cessione dei crediti futuri» (così l art. 8, co. 1, che riprende la formulazione degli artt. 124, co. 2 e 160, co. 1, l.fall.) e deve essere accompagnata da un apposito piano. La legge rimette all autonomia del debitore le scelte in ordine al contenuto dell accordo e del piano, che quindi, da un lato, può essere il più vario e, dall altro, può avere come obiettivo, nel caso che il debitore sia un imprenditore, sia il salvataggio sia la liquidazione dell impresa. Il piano, comunque, deve in ogni caso: - assicurare il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili (art. 7, co. 1), per tali dovendosi intendere i crediti di cui all art. 545 c.p.c. (crediti alimentari, ecc.); - prevedere le scadenze e le modalità di pagamento dei creditori «anche se suddivisi in classi», le eventuali garanzie rilasciate per l adempimento dei debiti, le modalità per l eventuale liquidazione dei beni (ancora art. 7, co. 1, dove la precisazione che per i tributi di pertinenza dell Unione europea, per l IVA e per le ritenute operate e non versate il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento). Il piano può inoltre prevedere: - che i crediti muniti di privilegio, pegno, ipoteca possano non essere soddisfatti integralmente, allorchè ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile avuto riguardo al valore di mercato attribuibile al bene oggetto della garanzia come attestato dall organismo di composizione della crisi (sempre art. 7, co. 1, che riprende le previsioni degli artt. 124, co. 3 e 160, co. 2 l.fall.); - nel caso di proposta di accordo con la continuazione dell attività di impresa, «una moratoria fino ad un anno dall omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione» [art. 8, co. 4, che riprende il nuovo art. 186-bis, co. 2, lett. c), l.fall.]; - l affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore che dovrà essere un professionista dotato dei requisiti per la nomina a curatore previsti dall art. 28 l.fall. e che dovrà essere nominato dal giudice per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori (ancora art. 7, co. 1).

8 8 L art. 8, co. 3 stabilisce, inoltre, che la proposta può prevedere limitazioni all accesso al mercato del credito al consumo, all utilizzo di strumenti di pagamento elettronico a credito, alla sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari. Infine, nei casi in cui i beni e i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità dell accordo, è necessario l intervento di terzi, i quali debbono sottoscrivere la proposta, che «conferiscano», anche in garanzia, redditi o beni sufficienti per assicurare l attuabilità dell accordo (sempre art. 8, co. 2). b) Ai sensi dell art. 7, co. 2, lett. c) e d), la proposta è inammissibile (oltre che nel caso della mancanza dei requisiti soggettivi di cui si è detto prima, sub 2) quando il debitore: - abbia subito, per cause a lui imputabili, uno dei provvedimenti di cui agli artt. 14 e 14-bis, cioè di annullamento o di risoluzione dell accordo ovvero di revoca e cessazione degli effetti del piano del consumatore [un simile provvedimento deve essere intervenuto oltre cinque anni prima della presentazione della proposta; altrimenti questa ipotesi di inammissibilità resterebbe assorbita dall ipotesi generale di inammissibilità prevista dalla precedente lett. b) e consistente nel fatto in sé di aver fatto ricorso ad uno dei procedimenti disciplinati dalla l. n. 3/2012]; - abbia fornito una documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale [ipotesi che dovrebbe verificarsi raramente, stante l intervento fin dall inizio dell organismo di composizione della crisi, il quale, dovendo attestare la fattibilità del piano (art. 9, co. 2) e, in funzione di ciò, verificare la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nel piano (art. 15, co. 6), ha certamente l onere di accertare, preliminarmente, la completezza e l attendibilità della documentazione che il debitore può fornire: un onere che, nel caso del piano del consumatore, si traduce addirittura nell obbligo di esprimere formalmente un giudizio su tale completezza ed attendibilità (art. 9, co. 3-bis, lett. e)]. 7. Le fasi della procedura. L apertura. Il procedimento si snoda attraverso quattro fasi: la fase dell apertura, con la presentazione, al tribunale ed ai creditori, della proposta di accordo; quella della raccolta delle adesioni a tale proposta da parte dei singoli creditori; la fase dell omologazione da parte del tribunale; la fase dell esecuzione dell accordo. Quanto alla prima fase. a) Il debitore deve depositare la proposta di accordo (presumibilmente in forma di ricorso) presso il tribunale del luogo in cui ha la residenza o la sede principale. Insieme alla proposta (ed al piano) vanno depositati l elenco di tutti i creditori, con l indicazione delle somme dovute, l elenco di tutti i beni del debitore, l elenco degli eventuali atti di disposizione

9 9 compiuti negli ultimi 5 anni, corredati delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e dell attestazione sulla (da intendere, ovviamente, come relazione che attesti la) fattibilità del piano da parte dell organismo di composizione della crisi (il quale, come si è già detto, deve, in funzione di tale attestazione, verificare la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati: art. 15, co. 6); nonché l elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia. A cura dell organismo di composizione della crisi, la proposta, contestualmente al deposito presso il tribunale e comunque non oltre tre giorni, deve essere presentata all agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche presso gli enti locali, competenti sulla base dell ultimo domicilio fiscale del proponente e deve contenere «la ricostruzione della sua posizione fiscale e l indicazione di eventuali contenziosi pendenti». Il debitore che svolge attività d impresa deve depositare altresì le scritture contabili degli ultimi tre anni, insieme con una dichiarazione che ne attesti la conformità all originale. b) Il deposito della proposta determina immediatamente la sospensione, ai soli effetti del concorso, del corso degli interessi convenzionali o legali (in sostanza, la cristallizzazione dei crediti a quella data), salvo che i crediti siano garantiti da ipoteca, pegno o privilegio e nei limiti previsti dagli artt. 2749, 2788 e 2855 c.c. c) Il tribunale, in composizione monocratica, deve preliminarmente accertare la sussistenza dei presupposti e requisiti previsti dagli artt. 7, 8, e 9. Nel contesto di tale accertamento, «può concedere un termine perentorio non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni alla proposta e produrre nuovi documenti» (così, l art. 9, co. 3-ter, che ricalca l art. 162, co. 1, l.fall.). Se l accertamento che, ad avviso di chi scrive, deve comprendere anche la verifica della effettiva sussistenza del presupposto oggettivo della procedura si conclude positivamente, il giudice fissa immediatamente con decreto l udienza, davanti a sé, di omologazione dell accordo. Di tale decreto che si può qualificare come provvedimento di ammissione al procedimento e della proposta del debitore il giudice dispone, a carico dell organismo di composizione della crisi, la comunicazione ai creditori. Tra il giorno del deposito della documentazione di cui all art. 9 e l udienza non devono decorrere più di sessanta giorni; e la comunicazione ai creditori deve avvenire almeno quaranta giorni prima dell udienza. Va sottolineato che, ai sensi dell art. 15, co. 10 e 11, il giudice e, su sua autorizzazione, l organismo di composizione della crisi può fin dalla fase iniziale accedere ai dati contenuti nelle banche dati pubbliche (anagrafe tributaria; centrali rischi, ecc.). d) Il contenuto del decreto è articolato.

10 10 Con esso, infatti, il giudice: - stabilisce idonea forma di pubblicità (che deve essere attuata a cura dell organismo di composizione della crisi, ai sensi dell art. 15, co. 7) della proposta e del decreto, in aggiunta, ove il proponente svolga attività di impresa, alla pubblicazione di essi nel registro delle imprese; - ordina, ove il piano preveda la cessione o l affidamento a terzi di beni immobili o mobili registrati, la trascrizione del decreto, a cura dell organismo, presso gli uffici competenti; - dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono «sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali, né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore»: così l art. 10, co. 2, lett. c), il quale precisa poi che «la sospensione non opera per i titolari di crediti impignorabili» (non sembra che il giudice abbia, sul punto, spazi di discrezionalità, quindi, tale sospensione deve essere sempre concessa). e) Articolati sono anche gli effetti del decreto, che l art. 10, co. 5 espressamente equipara all atto di pignoramento. Da un lato, a decorrere dalla data del decreto e fino all omologazione dell accordo scatta, a carico del debitore, un regime analogo a quello previsto dalla disciplina del concordato preventivo: il debitore può compiere da solo unicamente gli atti di ordinaria amministrazione, mentre per gli atti di straordinaria amministrazione occorre l autorizzazione del giudice, la cui mancanza determina l inefficacia degli atti medesimi rispetto ai creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità del decreto (con la pubblicazione nel registro delle imprese e con gli altri adempimenti pubblicitari stabiliti dal giudice) Dall altro, durante il periodo che va dalla data del decreto fino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano. f) Al subprocedimento di cui stiamo parlando si applicano, nei limiti della compatibilità, le disposizioni sui procedimenti in camera di consiglio (artt. 737 ss. c.p.c.). Avverso i decreti del giudice monocratico può essere proposto reclamo al tribunale in composizione collegiale e del collegio non può far parte il giudice che tali decreti ha pronunciato. 8. Segue. Le adesioni alla proposta. a) Come si è detto, la proposta presentata dal debitore deve essere comunicata ai creditori (insieme al decreto del giudice) a cura dell organismo di composizione della crisi (comunicazione che può avvenire anche per telegramma, per lettera raccomandata, per telefax o per posta elettronica

11 11 certificata). A tale organismo e con ciò si viene alla seconda fase i singoli creditori fanno pervenire (con gli stessi mezzi prima indicati), almeno 10 giorni prima dell udienza di omologazione, dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta. A differenza quindi del concordato preventivo (ma analogamente a quanto si verifica nel concordato fallimentare), non c è, formalmente, alcun «voto» in senso proprio in un apposita adunanza: ci sono solo adesioni individuali ad una proposta. Come si è già detto, - non tutti i creditori hanno diritto di esprimersi sulla proposta, essendone privi sia i creditori privilegiati (salvo che rinunzino in tutto o in parte alla garanzia), sia il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta (art. 11, co. 2); - il silenzio dei creditori vale come assenso (art. 11, co.1: «In mancanza [di invio della dichiarazione] si ritiene che abbiano prestato consenso alla proposta nei termini in cui è stata loro comunicata»); - l accordo si ritiene raggiunto, ai fini dell omologazione, quando la proposta consegua il consenso dei creditori che rappresentino la maggioranza, nella misura del 60%, dei crediti ammessi ad esprimersi sulla proposta (art. 11, co. 2). b) La legge accenna in più punti alla possibilità di modifiche della proposta di accordo, destinate evidentemente ad aver luogo proprio nella fase di cui ci stiamo occupando. Non è chiaro se e come queste modifiche in itinere debbano essere oggetto di presentazione al giudice. E chiaro invece che l adesione dei creditori deve riguardare la proposta «come eventualmente modificata» (così espressamente l art. 11, co. 1): il che, ovviamente, implica una preventiva comunicazione a tutti i creditori della eventuale modifica ed una reiterazione dell adesione da parte dei creditori che dovessero aver già espresso il loro consenso (o, anche, il dissenso). Tutto questo, peraltro, non è (sarebbe) facilmente conciliabile con la particolare ristrettezza dei termini previsti dalla legge: dopo le modifiche apportate dal d.l. n. 179, l intera fase che stiamo analizzando (compreso quanto si dirà subito appresso) dovrebbe completarsi entro 60 giorni dalla data (non del decreto di ammissione del giudice, ma addirittura) del deposito della documentazione di cui all art. 9 da parte del debitore. c) Se è raggiunto l accordo con la maggioranza stabilita, l organismo di composizione della crisi, ai sensi dell art. 12, co. 1: - trasmette a tutti i creditori una relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale necessaria, allegando il testo dell accordo;

12 12 - riceve le eventuali contestazioni che i creditori possono sollevare nei dieci giorni successivi al ricevimento della relazione; - trasmette al giudice, ai fini dell omologazione, la relazione, allegando le contestazioni ricevute, nonché un attestazione definitiva sulla fattibilità del piano (che si differenzia dalla attestazione da allegare alla proposta per il fatto che deve tenere conto sia di eventuali fatti sopravvenuti sia delle contestazioni dei creditori). Si è già accennato prima alla particolare ristrettezza dei termini previsti dalla legge. Con riguardo agli adempimenti di cui si è appena detto, sorge il dubbio che il legislatore (dell ottobre 2012) non abbia saputo neppure calcolare bene i tempi. Il termine entro il quale i creditori debbono inviare le loro dichiarazioni è di dieci giorni prima dell udienza di omologazione: non si vede come potrebbe l organismo di composizione, in questo brevissimo arco di tempo, provvedere a tutte le incombenze poste a suo carico; e, ancor meno, come si potrebbe far rientrare in tale arco di tempo i dieci giorni che la legge concede ai creditori, a far data dal ricevimento della relazione dell organismo, per comunicare al medesimo le loro eventuali contestazioni! d) La legge nulla dice in ordine all ipotesi che l accordo venga raggiunto, ma con una percentuale inferiore a quella prevista. E evidente che in tale eventualità il procedimento dovrà chiudersi: l organismo dovrà riferirne immediatamente al giudice, al quale spetterà provvedere, presumibilmente con la revoca del decreto di ammissione. Dato ciò, le previsioni dell art. 11, co. 3 e 4, secondo le quali l accordo non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso e non determina la novazione delle obbligazioni, salvo che sia diversamente stabilito, sembrerebbero da riferire, propriamente, all accordo omologato (e quindi avrebbero dovuto trovare più corretta collocazione nell art. 12). e) Abbastanza confuso è il regime delle contestazioni, da intendere in quanto destinate ad essere decise dal giudice in sede di omologazione come opposizioni all omologazione. Innanzi tutto, quanto ai legittimati: da un lato, con riferimento alle contestazioni in genere, l art. 12, co. 1, parla puramente e semplicemente di «creditori»; dall altro, con riferimento specificamente alla contestazione della convenienza, l art. 12, co. 2 attribuisce esplicitamente la legittimazione ai creditori non aderenti all accordo, ai creditori esclusi e a «qualunque altro interessato». Al riguardo, si deve osservare che la legittimazione è, di norma, riconosciuta in funzione dell interesse e quindi può spettare, nel nostro caso, solo a chi abbia un interesse contrario all omologazione. E quindi da ritenere che la regola posta dal co. 2 valga in realtà per tutte le contestazioni (fermo restando, peraltro, che non è facile capire quali siano i creditori esclusi né quali soggetti, diversi dai creditori, possano considerarsi interessati ).

13 13 In secondo luogo, quanto al possibile oggetto delle contestazioni, sicuro essendo soltanto che è possibile la contestazione in punto di convenienza dell accordo per i singoli creditori. E da ritenere comunque che le contestazioni possano riguardare tutti i profili, procedimentali e sostanziali, della vicenda, dalla sussistenza dei presupposti per l accesso al procedimento alla non fattibilità del piano, dalla quantificazione dei crediti alla legittimazione al voto. 9. Segue. L omologazione dell accordo. A. Veniamo alla fase dell omologazione. a) Qui va preliminarmente richiamato l art. 10, co. 3, per il quale «All udienza [di omologazione] il giudice, accertata la presenza di iniziative o atti in frode dei creditori, dispone la revoca del decreto di cui al comma 1 [del medesimo art. 10] e ordina la cancellazione della trascrizione dello stesso, nonché la cessazione di ogni altra pubblicità disposta». Stando a questa disposizione che riecheggia l art. 173 l.fall. e che si trova incongruamente collocata nell ambito della disciplina della fase di apertura del procedimento, anziché di quella della fase di omologazione il giudice, prima di procedere all accertamento dei presupposti dell omologazione, deve verificare (eventualmente anche è da ritenere su segnalazione dell organismo di composizione della crisi o di creditori) se siano state assunte dal debitore iniziative o compiuti atti in frode ai creditori: ove la verifica abbia esito positivo, deve senz altro disporsi (come, appunto, nel meccanismo dell art. 173 l.fall.) la revoca del decreto di ammissione al procedimento, che ovviamente preclude la strada dell omologazione. E il caso di sottolineare che questa previsione è (ancora una volta incongruamente) doppiata da quanto stabilisce l art. 11, co. 5, per il quale «L accordo è ( ) revocato se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori», da riferire, a questo punto, essenzialmente a comportamenti tenuti dal debitore dopo l omologazione. b) L oggetto proprio del giudizio di omologazione va individuato nell accertamento dell esistenza dei presupposti e delle condizioni alle quali la legge subordina l omologazione, cioè il raggiungimento della percentuale del 60% e la fattibilità del piano. Si tratta di un oggetto necessario, nel senso che il giudice deve comunque pronunziarsi su di esso pur se non siano proposte contestazioni e che resta sempre lo stesso, indipendentemente dalle contestazioni, che tale oggetto potranno eventualmente arricchire. Rilievo centrale assume anche qui come nelle soluzioni concordatarie disciplinate dalla legge fallimentare la fattibilità del piano e la sua idoneità ad assicurare il pagamento integrale dei crediti impignorabili e dei crediti fiscali di cui all art. 7, co. 1 (idoneità espressamente richiamata nell art. 12, co. 2): è da ritenere che, sul punto, il giudice, per un verso, possa vagliare anche la correttezza e l adeguatezza dell attestazione definitiva

14 14 da parte dell organismo di composizione della crisi e, per altro verso, disporre accertamenti e chiedere chiarimenti. Soluzione chiara ed in linea con i principi generali viene data al problema della valutabilità, in sede di omologazione, della convenienza dell accordo per i creditori. Come si è già accennato, l art. 12, co. 2, consente al singolo creditore dissenziente o escluso (e addirittura ad ogni altro interessato) di contestare l accordo sotto il profilo appunto della convenienza, stabilendo che, in questo caso, il giudice concede l omologazione dell accordo «se ritiene che il credito può essere soddisfatto dall esecuzione dello stesso in misura non inferiore all alternativa liquidatoria disciplinata» dalla medesima l. n. 3/2012. Con il che il legislatore dell ottobre 2012 si è discostato dalla linea da esso stesso adottata pochi mesi prima in materia di opposizione all omologazione del concordato preventivo per motivi di convenienza, con la assurda previsione di due distinti criteri di legittimazione a seconda della presenza o meno delle classi e, in questa seconda ipotesi, di attribuzione della legittimazione ai soli creditori che rappresentino il 20% dei crediti ammessi al voto. c) Il subprocedimento di omologazione che si svolge anch esso in camera di consiglio ed è governato dagli artt. 737 ss. c.p.c. si conclude con un provvedimento con cui il tribunale omologa oppure nega l omologazione. Il provvedimento deve essere comunicato e pubblicato nelle stesse forme previste per la comunicazione e pubblicazione del decreto di ammissione al procedimento. Contro di esso è possibile reclamo al tribunale in composizione collegiale. d) Ai sensi dell art. 12, co. 3-bis che ricalca l art. 181 l.fall., in materia di concordato preventivo «L omologazione deve intervenire nel termine di sei mesi dalla presentazione della proposta». Si pone, naturalmente, il consueto problema se tale termine debba essere ritenuto perentorio o no: problema da risolvere, ad avviso di chi scrive, nel primo senso, in considerazione anche dei tempi strettissimi imposti e lo si è visto al procedimento. B. Importante e delicato è il tema degli effetti dell accordo omologato. a) Il primo e più importante effetto dell omologazione è quello di rendere efficace, cioè vincolante l accordo, in tutte le sue articolazioni, sia nei confronti del debitore sia nei confronti, ai sensi del già ricordato art. 12, co. 3, di tutti i creditori, non importa se assenzienti o meno, anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità del decreto di ammissione. b) Lo stesso art. 12, co. 3 prevede un ulteriore effetto: il blocco delle azioni esecutive da parte dei creditori per causa o titolo posteriore al momento di cui sopra sui «beni oggetto del piano» (e quindi, è da ritenere, anche sui beni eventualmente conferiti da terzi, ai sensi dell art. 8, co. 2). La disposizione non precisa la durata del blocco : questo significa che esso, in principio, sarebbe destinato a permanere fino alla completa esecuzione del piano.

15 15 E il caso di ricordare che il blocco delle azioni esecutive da parte dei creditori anteriori disposto dal giudice ex art. 10, co. 2 cessa, invece, quando diventa definitivo il decreto di omologazione. c) A seguito dell omologazione (ed anche questo può essere considerato un effetto della medesima) si produce una conseguenza molto importante: la inefficacia dei pagamenti e degli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell accordo: art. 13, ult. co. [si può aggiungere che l effettuazione di pagamenti non previsti dal piano comporta anche una sanzione penale, ai sensi dell art. 16, lett. d)]. 10. Segue. L esecuzione dell accordo omologato. a) La fase dell esecuzione dell accordo omologato, disciplinata dall art. 13, vede, di nuovo, l intervento dell organismo di composizione. Questo organismo, infatti: - propone al giudice la nomina di un liquidatore (che deve avere sempre i requisiti di cui all art. 28) se prevista nell accordo (come consente ricordiamo l art. 7, co. 1, dove peraltro si parla di un gestore ) o se necessaria in relazione all utilizzazione, per il soddisfacimento dei creditori, di beni sottoposti a pignoramento; - provvede a risolvere le eventuali difficoltà insorte nell esecuzione dell accordo; - vigila sull esatto adempimento del medesimo, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarità. Compete al giudice, in questa fase: - la nomina e sostituzione del liquidatore; - la decisione sulle contestazioni che abbiano ad oggetto la violazione di diritti soggettivi; - sospendere, con decreto motivato, l esecuzione dell accordo qualora ricorrano gravi e giustificati motivi; - sentito il liquidatore e verificata la conformità dell «atto dispositivo» all accordo e al piano, anche con riferimento alla possibilità di pagamento dei crediti impignorabili e degli altri crediti di cui all art. 7, co. 1, autorizzare «lo svincolo delle somme» ed ordinare la cancellazione «della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo, ivi compresa la trascrizione del decreto di cui agli art. 10, co. 1 e 12-bis, co. 3 e la cessazione di ogni altra forma di pubblicità» (art. 13, co. 3). Quest ultima previsione era (nella versione originaria) e resta (dopo l intervento dell ultima legge) abbastanza criptica, in tutte le sue parti. Comunque, l esplicito riferimento, oggi, alla cancellazione anche della trascrizione del decreto di ammissione e alla cessazione di ogni altra forma di pubblicità (che dovrebbe includere anche la pubblicazione nel registro delle imprese)

16 16 consente di ritenere che questo provvedimento segni la fine della fase di esecuzione e, quindi, dell intero procedimento, sulla falsariga allora di quanto disposto dall art. 136, co. 3, l.fall. in materia di concordato fallimentare. E che pertanto il giudice, nell ordinare la suddetta cancellazione, debba preliminarmente accertare la completa esecuzione dell accordo medesimo. b) Ai sensi dell art. 13, co. 4-bis, «I crediti sorti in occasione o in funzione di uno dei procedimenti previsti nella presente sezione sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti». La disposizione che ricalca l art. 111 l.fall. può evidentemente trovare applicazione solo là dove il procedimento preveda l affidamento del patrimonio ad un liquidatore, per la liquidazione del medesimo e la distribuzione del ricavato fra i creditori. In tutti gli altri casi, i crediti sorti durante il procedimento, se opponibili ai creditori anteriori, debbono essere puramente e semplicemente soddisfatti per intero e alla scadenza. c) Tanto lapidaria quanto di non agevole interpretazione è la previsione del co. 4-ter sempre dell art. 13, per il quale, quando l esecuzione dell accordo diventa impossibile per ragioni non imputabili al debitore, quest ultimo, con l ausilio dell organismo di composizione della crisi, può modificare la proposta «e si applicano le disposizioni di cui» al 2, relative appunto all accordo. La norma sembra comunque ispirata alla volontà di conservare al debitore, nell ipotesi in questione, la possibilità di tentare ancora una volta la strada dell accordo, evitando, da un lato, la possibilità di risoluzione (v. successivo) e, dall altro, che si determini la causa di inammissibilità della nuova proposta ai sensi dell art. 7, co. 2, lett. b). La proposta modificata dovrà naturalmente ripercorrere tutto l itinerario previsto, a partire dal deposito al tribunale. 11. Profili patologici. Molto articolata, per non dire frammentata, è la disciplina dei profili patologici dell accordo che stiamo esaminando. a) Innanzi tutto, l art. 14 regola, sulla falsariga di quanto disposto in materia di concordato preventivo, l annullamento e la risoluzione dell accordo. Così: - l accordo può essere annullato dal tribunale su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con il debitore, quando è stato dolosamente, o con colpa grave, aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti, restando preclusa qualsiasi altra azione di annullamento, comprese, è da ritenere, quelle per eventuali vizi della proposta del debitore o dell adesione di singoli creditori; il ricorso deve

17 17 essere presentato entro sei mesi dalla scoperta delle manipolazioni del passivo o dell attivo e comunque non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l ultimo adempimento previsto dall accordo; - se il proponente non adempie regolarmente agli obblighi derivanti dall accordo, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l esecuzione dell accordo diviene impossibile per cause non imputabili al debitore, ciascun creditore può chiedere al tribunale «entro sei mesi dalla scoperta» (previsione di non facile interpretazione) e comunque entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l ultimo adempimento, la risoluzione dell accordo. Va ricordato che, nell ipotesi in cui l esecuzione dell accordo divenga impossibile per cause non imputabili al debitore, quest ultimo può modificare la proposta (v. precedente). b) L art. 12, co. 4, detta una disciplina particolare per il mancato pagamento dei crediti impignorabili e di quelli di cui all art. 7, co. 1, terzo periodo (relativi a tributi costituenti risorse proprie dell Unione europea, all IVA e a ritenute operate e non versate). Questo mancato pagamento non costituisce, sembra di poter ritenere, causa di risoluzione: per tale ipotesi è contemplato un semplice accertamento da parte del tribunale, al quale consegue analogamente alla risoluzione il venir meno dell obbligatorietà dell accordo per i creditori in questione e del blocco delle azioni esecutive. c) Anche il mancato integrale pagamento (entro novanta giorni dalle scadenze previste) di quanto dovuto secondo il piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie ha una disciplina particolare (art. 11, co. 5, che sembra peraltro incongruamente doppiare, in parte, la previsione di cui al punto precedente). Questo inadempimento infatti comporta, non la risoluzione ma, la cessazione di diritto degli effetti dell accordo (qui è stato mutuato il meccanismo sanzionatorio previsto dall art. 182-ter l.fall., dove però esso opera con riguardo alla sola transazione fiscale conclusa nell ambito di un accordo di ristrutturazione, mentre nel nostro caso opera con riguardo all intero accordo). d) Si è già ricordata (retro, 9) la previsione dell art. 11, co. 5, per il quale «L accordo è ( ) revocato se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori», da riferire essenzialmente a comportamenti tenuti dal debitore dopo l omologazione. e) In base all art. 14, co. 4, l annullamento e la risoluzione non pregiudicano i diritti acquisiti dai terzi in buona fede. E dubbio se la disposizione che riproduce la regola degli artt e 1458 c.c. sia applicabile anche ai creditori per i pagamenti ricevuti. f) Infine. L art. 12, co. 5, primo periodo stabilisce perentoriamente che «la sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l accordo».

18 18 Questa previsione merita qualche precisazione. Innanzi tutto, l eventualità che dopo l omologazione e nel corso dell esecuzione dell accordo il debitore venga dichiarato fallito è da ricondurre, più che all ipotesi di errori nell accertamento del presupposto della «non fallibilità», all ipotesi che medio tempore quel presupposto sia venuto meno, per effetto, per esempio, del superamento delle soglie di cui all art. 1, co. 2, l.fall.; oppure, del fallimento della società di cui il debitore ammesso all accordo è socio illimitatamente responsabile. In quest ultimo caso, infatti, l automaticità del fallimento in estensione del socio, ex art. 147 l.fall., sembrerebbe non lasciare alcuna alternativa alla risoluzione, anch essa automatica, dell accordo. In secondo luogo, l espressa previsione della risoluzione, se implica chiaramente una valutazione, da parte del legislatore, in termini di strutturale incompatibilità fra la procedura fallimentare e l esecuzione dell accordo, non impedisce affatto che l esistenza in sé di un accordo omologato possa e debba essere oggetto di apprezzamento in sede di procedimento per la dichiarazione di fallimento e che, con riferimento a questo contesto, possa riproporsi quanto si tende a ritenere a proposito degli accordi di ristrutturazione e della loro idoneità, una volta omologati, a far considerare non più sussistente il presupposto oggettivo del fallimento dato dall insolvenza. Si è già richiamato retro, 4 il disposto della seconda parte dell art. 12, co. 5, per il quale, nell ipotesi appunto di fallimento del debitore nel corso dell esecuzione dell accordo, per un verso, sono sottratti alla revocatoria ex art. 67 l.fall., gli atti, pagamenti ecc. posti in essere in esecuzione dell accordo e, dall altro, sono prededucibili i crediti derivanti da finanziamenti effettuati in esecuzione o in funzione del medesimo accordo omologato: disposto evidentemente ispirato alle previsioni degli artt. 67, co. 3 e 111, co. 2, l. fall. e giustificabile, come si è detto a suo luogo, con le rilevanti affinità strutturali fra l accordo di cui stiamo trattando ed il concordato preventivo. III PROCEDURE DI COMPOSIZIONE DELLE CRISI: IL PIANO DEL CONSUMATORE 12. Premessa. Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento, il consumatore può oltre che avanzare una proposta di accordo ai sensi delle disposizioni esaminate nella precedente sezione «proporre un piano fondato sulle previsioni di cui all art. 7, co. 1 e avente il contenuto di cui all art. 8»: così l art. 6, co. 1, incongruamente doppiato dall art. 7, co. 1-bis. Si tratta di una procedura largamente affine a quella dell accordo con i creditori e in effetti governata, per molta parte, dalle stesse regole. La differenza fondamentale fra le due procedure sta in ciò che in quella riservata al consumatore manca una qualsiasi forma di accordo con i creditori e tutto ruota intorno ad un atto unilaterale del debitore, il piano appunto, che si configura come

19 19 oggetto di una proposta (di ristrutturazione dei debiti e di soddisfacimento dei crediti) rivolta al tribunale, al quale (soltanto) compete approvarla attraverso l omologazione. 13. La proposta di piano e la relazione dell organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento. Per consumatore, ai fini che qui interessano, si deve intendere come già visto ai sensi dell art. 6, co. 2, lett. b) «il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta». Questo criterio di qualificazione che richiama quello contenuto nell art. 18 cod. cons. è solo apparentemente inequivoco. E chiaro che il legislatore ha inteso riferirsi al titolo delle obbligazioni che hanno determinato il sovraindebitamento: il fatto è però che, rispetto ad un debitore che svolga anche attività di impresa o attività professionale, non è possibile isolare una situazione di sovraindebitamento con riferimento alle sole obbligazioni estranee all attività imprenditoriale o professionale, tale situazione (così come, del resto, lo stato di insolvenza) sussistendo e dovendo essere accertata con riguardo al complesso delle obbligazioni assunte dal debitore ed all intero patrimonio di questo. Ciò precisato e ricordato che anche con riferimento a questa procedura debbono sussistere i presupposti o requisiti previsti per l accordo (sul piano soggettivo: non essere assoggettato o assoggettabile a procedure concorsuali diverse da quelle contemplate dalla legge in oggetto; non aver fatto ricorso, nei cinque anni anteriori, ai procedimenti contemplati da tale legge; sul piano oggettivo: la situazione di sovraindebitamento), va sottolineato, innanzi tutto, che anche il consumatore deve avvalersi dell ausilio degli organismi di composizione delle crisi; che il contenuto della proposta di piano resta esattamente quello della proposta e del piano di cui si è detto retro, al 6; che anche il piano del consumatore può prevedere una moratoria fino ad un anno dall omologazione per il pagamento dei creditori privilegiati; che la proposta del consumatore va depositata presso il tribunale del luogo di residenza del medesimo e presentata a cura dell organismo di composizione delle crisi agli uffici fiscali; che anche il deposito della proposta del consumatore produce la sospensione del corso degli interessi di cui all art. 9, co. 3-quater. Va rilevato, poi, che alla proposta di piano del consumatore oltre ai documenti di cui all art. 9, co. 2, fra cui l attestazione della fattibilità del piano (retro, 6) deve essere allegata, ai sensi dell art. 9, co. 3-bis, una relazione particolareggiata dell organismo di composizione della crisi, che deve contenere: «a) l indicazione delle cause dell indebitamento e della diligenza impiegata dal consumatore nell assumere volontariamente le obbligazioni;

20 20 b) l esposizione delle ragioni dell incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte; c) il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni; d) l indicazione della eventuale esistenza di atti impugnati dai creditori; e) il giudizio sulla completezza ed attendibilità della documentazione depositata dal consumatore a corredo della proposta, nonché sulla probabile convenienza del piano». Questa disposizione che riecheggia l art. 172 l.fall., dove si prevede che il commissario giudiziale nel concordato preventivo debba redigere una «relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore»; che contiene proposizioni di non agevole comprensione (per esempio: non si comprende in che cosa possa concretarsi il c.d. resoconto sulla solvibilità); che doppia talvolta altre prescrizioni [la previsione di cui alla prima parte della lett. e) si sovrappone incongruamente a quanto stabilisce l art. 15, co. 6, per il quale l organismo di composizione delle crisi verifica la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati] regola uno snodo fondamentale della procedura. Infatti è proprio (e solo) sulla base di tale relazione che il giudice, in sede di omologazione, potrà, da un lato, accertare la meritevolezza del consumatore e, dall altro, verificare la convenienza della proposta per i creditori (su entrambi i profili v. infra, 15). 14. L ammissione alla procedura. Il subprocedimento che si apre a seguito del deposito della proposta di piano del consumatore e che è regolato dall art. 12-bis, co. 1 e 2, segue linee in parte identiche a quelle già viste trattando della procedura di accordo. a) Anche qui il tribunale, in composizione monocratica, deve preliminarmente accertare la sussistenza dei presupposti e requisiti previsti dagli artt. 7, 8, e 9. Anche qui, nel contesto di tale accertamento, «può concedere un termine perentorio non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni alla proposta e produrre nuovi documenti» (art. 9, co. 3-ter). A differenza invece di quanto si verifica nella procedura relativa all accordo, qui il giudice provvede immediatamente a verificare l assenza di atti in frode ai creditori. Se l accertamento e la verifica si concludono positivamente, il giudice fissa immediatamente con decreto l udienza, davanti a sé, di omologazione del piano. Di tale decreto che di nuovo si può qualificare come provvedimento di ammissione al procedimento e della proposta del debitore il giudice dispone, a carico dell organismo di composizione della crisi, la comunicazione a tutti i creditori. Tra il giorno del deposito della documentazione di cui all art. 9 e l udienza non devono decorrere più di sessanta giorni; e la comunicazione ai creditori deve avvenire almeno trenta giorni prima dell udienza.

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