Diritto sanzionatorio del lavoro

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1 Diritto sanzionatorio del lavoro Dott. Avv. PIERLUIGI RAUSEI Centro Studi Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Centro Studi Marco Biagi dell'università di Modena e Reggio Emilia Comitato Scientifico Fondazione Studi Consulenti del Lavoro Dispensa n. 5 Illeciti amministrativi e sanzioni in materia di lavoro: principi generali. Il sistema sanzionatorio relativo all instaurazione dei rapporti di lavoro

2 1. L illecito amministrativo Il sistema generale del diritto punitivo in materia di lavoro si è progressivamente articolato in una sorta di doppio binario, rappresentato dai due sottosistemi del diritto penale (in senso stretto) e del cosiddetto diritto penale amministrativo. Tale ultimo sistema sanzionatorio, di cui qui ci si occupa, comprende le norme che stabiliscono obblighi o divieti per la violazione dei quali sono comminate agli autori sanzioni di tipo amministrativo. Il diritto penale amministrativo è stato particolarmente valorizzato dal legislatore del lavoro, che nell ultimo ventennio ha fatto un larghissimo impiego della sanzione (pecuniaria) amministrativa: sia prevedendola ab origine per determinate fattispecie di illecito, sia in fase di depenalizzazione, vale a dire in sede di trasformazione delle ipotesi meno gravi di reati contravvenzionali in corrispondenti illeciti amministrativi. La normativa fondamentale in materia di illeciti amministrativi, ovvero di diritto penale amministrativo, è contenuta nella legge 24 novembre 1981, n. 689, recante modifiche al sistema penale, che, procedendo ad una generale depenalizzazione dei reati puniti con la sola pena della multa o dell ammenda (eccettuati quelli previsti dal codice penale e da talune leggi speciali), ha inteso introdurre nell ordinamento un insieme articolato di nuovi principi, destinati a regolare in modo organico e coerente, sia sotto il profilo sostanziale che sotto quello procedimentale (e poi processuale), la materia dell illecito originariamente amministrativo ovvero depenalizzato. Ferma restando la piena autonomia, anche dogmatica, dell illecito amministrativo (desumibile da parecchi indicatori, fra i quali spicca la tipologia e la natura degli interessi e dei beni giuridici protetti), sul piano della disciplina positiva, l illecito amministrativo è contraddistinto da talune regole che risultano parametrate su analoghe previsioni di diritto penale, mentre, su altro fronte, sono previste norme del tutto incompatibili con la disciplina penalistica (si pensi, ad esempio, al regime della solidarietà). Andando nello specifico delle previsioni normative contenute nella legge n. 689/1981, si evidenzia anzitutto che la stessa elabora un sistema di principi applicabili alla generalità degli illeciti puniti con la sanzione amministrativa di una somma di danaro. L ambito di applicazione della normativa in esame (art. 12 legge n. 689/1981), in materia di lavoro e di legislazione sociale, dunque, è oggettivamente circoscritto alle violazioni il cui autore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria, sia che si tratti di illeciti in origine amministrativi, sia che si tratti di violazioni solo successivamente depenalizzate, il cui accertamento e la cui contestazione, con relativa irrogazione delle sanzioni, compete al personale ispettivo e agli organi di vigilanza di cui all art. 6 del D.Lgs. n. 124/ Principio di legalità L art. 1 della legge n. 689/1981 sancisce espressamente il principio di legalità: Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione. Si tratta del duplice riconoscimento dei principi della riserva di legge (anche se il termine legge, a differenza di quanto accade nel diritto penale, va interpretato in senso estensivo, cfr. Corte cost. n. 250 del 3 giugno 1992) e della irretroattività, che nel sistema dell illecito amministrativo sembra essere assoluta, comprensiva anche delle leggi più favorevoli: il medesimo art. 1, infatti, prosegue affermando che le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati. Viene in tal modo sancito esplicitamente il principio del tempus regit actum, ragion per cui in questa materia vi è l obbligo, posto in capo al legislatore, della determinatezza e della tassatività della fattispecie di illecito amministrativo, col conseguente divieto di analogia in malam partem.

3 1.2. Capacità di intendere di volere In base all art. 2, comma 1, della legge n. 689/1981: Non può essere assoggettato a sanzioni amministrative chi, al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i diciotto anni e non aveva, in base ai criteri indicati nel codice penale, la capacità di intendere e di volere, salvo che lo stato di incapacità non derivi da sua colpa o sia stato da lui preordinato. La norma è di chiara matrice penalistica, ma il rigido riferimento ai diciotto anni di età del soggetto agente esclude in radice la possibilità di fare ricorso alla capacità naturale (art. 98 cod. pen.), che, invece, con riguardo agli illeciti penali, consente di individuare anche per i soggetti tra i 14 ed i 18 anni una responsabilità penale, ne consegue che per i soggetti non maggiorenni la responsabilità amministrativa è sempre esclusa. Sotto altro profilo, poiché la disposizione menziona soltanto la mancanza della capacità di intendere e di volere, la cd. semimputabilità non ha qui rilevanza. Il secondo comma dell art. 2 introduce, inoltre, un ipotesi che ben si può definire di culpa in vigilando, che deriva indirettamente dal modello civilistico (art cod. civ.), per cui risponde della violazione accertata chi era tenuto alla sorveglianza dell incapace, salvo che non provi di non aver potuto impedire il fatto, ovvero ad eccezione dei casi nei quali lo stato di incapacità deriva da colpa del trasgressore o sia stato comunque dallo stesso preordinato Rimproverabilità soggettiva Sempre di ispirazione penalistica è l art. 3 della legge n. 689/1981 disciplinante l elemento soggettivo dell illecito, stabilendo che: Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa. Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore non è determinato da sua colpa. Il contenuto normativo corrisponde sostanzialmente a quello di cui all'art. 42, comma 4, del codice penale in materia di contravvenzioni. Anche nell illecito amministrativo, dunque, è indifferente che la condotta antidoverosa risulti dolosa o colposa, tuttavia è necessaria almeno la colpa. Quanto alla rilevanza dell errore la norma distingue fra errore sul precetto, che è totalmente irrilevante, ed errore sul fatto, che invece scusa l autore della violazione amministrativa quando non è colposo: tale tipo di errore può derivare da un errore di fatto o da un errore su una legge diversa da quella che stabilisce l illecito o su norma da questa richiamata Cause di giustificazione Nell art. 4 della legge n. 689/1981 si trovano poi specifiche cause che giustificano la commissione dell illecito, per cui: Non risponde delle violazioni amministrative chi ha commesso il fatto nell'adempimento del dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima, ovvero in stato di necessità o di legittima difesa. Se la violazione è commessa per ordine dell'autorità, della stessa risponde il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine. L adempimento di un dovere (o l esercizio di una funzione), la legittima difesa e lo stato di necessità rappresentano un portato tipicamente penalistico, trasposto nel sistema penale amministrativo. Quanto, invece, all ordine illegittimo della pubblica autorità qui è prevista la sola responsabilità amministrativa del pubblico ufficiale che ha impartito l ordine. Si tenga, però, presente che la maggior parte degli autori ritengono che l esecutore materiale dell ordine illegittimo possa comunque essere ritenuto responsabile della violazione amministrativa conseguente, a titolo di concorso colposo per errore colposo, in ragione delle previsioni contenute negli artt. 5 e 3, commi 1 e 2. 3

4 1.5. Concorso di persone L art. 5 della legge n. 689/1981 afferma: Quando più persone concorrono in una violazione amministrativa, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta, salvi che sia diversamente stabilito dalla legge. Viene stabilita una forma di responsabilità concorrente che ripete la disciplina penalistica del concorso di persone nel reato (art. 110 cod. pen.): il concorso potrà essere sia colposo che doloso, trattandosi di illeciti puniti indifferentemente a titolo di colpa o di dolo Obbligazione solidale La legge generale sull illecito amministrativo introduce, all art. 6, un obbligazione solidale per la sanzione pecuniaria amministrativa, che risulta di matrice decisamente civilistica. Sono responsabili in solido con l autore dell illecito: a) il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l'usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento; b) la persona rivestita della autorità o incaricata della direzione o vigilanza sull'incapace di intendere e di volere per l'illecito da lui commesso, salvo la prova di non aver potuto impedire il fatto; c) la persona giuridica, l'ente privo di personalità giuridica o, comunque, l'imprenditore per gli illeciti commessi dal rappresentante o dal dipendente. L ultimo comma del medesimo art. 6 concede, in tutti e tre i casi, al soggetto che ha pagato a titolo di obbligato solidale il diritto di ottenere il regresso per l intera somma dal soggetto che sia stato individuato quale effettivo autore della violazione amministrativa sanzionata. L adozione dello schema civilistico della solidarietà, mostra anzitutto che, in materia di lavoro, la ditta, l impresa, la società o gli altri soci non direttamente responsabili in una società di fatto o di persone, non sono chiamati, quali responsabili (in solido), a rispondere dell illecito, ma soltanto a garantire civilmente il credito sanzionatorio vantato dallo Stato, per il tramite dell organo di vigilanza (sulla struttura peculiare del vincolo di solidarietà espresso dall art. 6 della legge di depenalizzazione, sussidiario rispetto alla responsabilità diretta del trasgressore, cfr. in giurisprudenza: Cass. Civ., 29 novembre 1989, n. 5212). Non si ha, dunque, alcuna forma di corresponsabilizzazione delle persone giuridiche o, in generale, degli enti collettivi, ribadendo la concezione penalistica del societas delinquere non potest, anche in materia di illeciti amministrativi (sulla responsabilità amministrativa degli enti collettivi all esito di illeciti penali commessi dai singoli responsabili persone fisiche, si veda anche il D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, recante Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300 ) Intrasmissibilità agli eredi Al contrario, con l art. 7, la legge n. 689/1981 deroga alla regola generale, nel campo civilistico e amministrativo, e si riporta al principio penalistico della responsabilità personale, sancendo la non trasmissibilità agli eredi della obbligazione di pagare la pena pecuniaria. Sul punto, in merito al comportamento da adottare nei confronti dei soggetti obbligati in solido, nelle ipotesi in cui si verifica il decesso del trasgressore, obbligato principale al pagamento delle sanzioni pecuniarie amministrative irrogate, occorre evidenziare il recentissimo orientamento manifestato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con nota n. 146 del 4 febbraio 2004, secondo cui la morte dell autore della violazione determina non soltanto l intrasmissibilità ai suoi eredi della obbligazione di pagare la somma dovuta per la sanzione irrogata, ma altresì l estinzione dell obbligazione a carico dell obbligato solidale individuato (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 6 marzo 2000, n. 2501; Cass. Civ., Sez. I, 2 marzo 1994, n. 2064). 4

5 1.8. Concorso di illeciti, illecito continuato e reiterazione Riguardo all ipotesi del concorso di illeciti, l art. 8, comma 1, della legge n. 689/1981 ripete la formula prevista dall art. 81, comma 1, cod. pen. per il concorso formale di reati, disponendo che: Salvo che sia stabilito diversamente dalla legge, chi con un azione o un omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo. Nella norma vengono rappresentate due distinte situazioni: a) il soggetto che con una stessa azione od omissione viola più disposizioni; b) il soggetto che con una stessa azione od omissione viola più volte la stessa disposizione. In entrambi i casi opera il cumulo giuridico, per cui al trasgressore viene irrogata la sanzione prevista per la sanzione più grave aumentata fino al triplo. In realtà tale ipotesi, che dovrebbe trovare applicazione già in fase di contestazione/notificazione di illecito amministrativo, non sempre trova operatività nell ambito delle leggi sul lavoro: ad esempio, sebbene in presenza di più violazioni della stessa norma, a seguito di una sola condotta omissiva da parte dell agente, in caso di omessa comunicazione al centro per l impiego dell assunzione dei lavoratori o di omessa consegna della dichiarazione di assunzione, il legislatore (art. 19, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 276/2003) prevede una diversa quantificazione della sanzione pecuniaria amministrativa, in base al numero dei lavoratori interessati dalla violazione. L art. 8, commi 2 e 3 della legge n. 689/1981 prevede l ipotesi del cumulo giuridico delle sanzioni in caso di continuazione soltanto per le violazioni amministrative stabilite in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria. In effetti, il legislatore stabilisce che nel caso in cui un soggetto abbia commesso, con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno, posto in essere in violazione di norme che stabiliscono sanzioni amministrative, più violazioni della stessa o di diverse norme in materia di assistenza o previdenza obbligatoria, anche in tempi diversi, l autore degli illeciti amministrativi soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata fino al triplo. L art. 8 bis della legge n. 689/1981, introdotto dall art. 94 del D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, prevede l istituto della reiterazione negli illeciti amministrativi. La norma stabilisce che tale ipotesi ricorre quando nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un altra violazione della stessa indole oppure quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con un unico provvedimento esecutivo. La reiterazione, dunque, nel sistema penale amministrativo, risulta delimitata temporalmente (arco di 5 anni) e oggettivamente (omogeneità delle violazioni). La norma prevede poi che si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con il medesimo provvedimento esecutivo. Non rilevano, ai fini della reiterazione, le violazioni commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria (art. 8bis, comma 4). Quanto agli effetti, inoltre, il legislatore fa rinvio alle singole norme sanzionatorie disponendo che: la reiterazione determina gli effetti che la legge espressamente stabilisce. L art. 8 bis disciplina, infine, i casi in cui gli effetti della reiterazione non operano, sono sospesi o vengono comunque a cessare: a) la reiterazione non opera nel caso di pagamento in misura ridotta; b) la reiterazione è sospesa per i casi in cui non sia ancora divenuto definitivo il provvedimento con il quale è stata accertata la precedente violazione; c) gli effetti della reiterazione cessano se il provvedimento che accerta la precedente violazione viene annullato Il calcolo della sanzione Sotto il profilo della commisurazione delle sanzioni amministrative pecuniarie va segnalato che qualora il trasgressore non abbia estinto il procedimento sanzionatorio per altra via (ottemperando alla diffida obbligatoria e pagando la sanzione ridottissima ex art. 13 D.Lgs. n. 124/2004 o pagando la sanzione in misura ridotta ex art. 16 della legge n. 689/1981) l art. 11 della legge n. 689/1981 stabilisce che: Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo 5

6 ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per la eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche. Questa disposizione rappresenta il riferimento normativo dell Ufficio Affari Legali e Contenzioso della Direzione Provinciale del Lavoro per stabilire il quantum debeatur nell ordinanza-ingiunzione che conclude il procedimento sanzionatorio amministrativo avviatosi con l ispezione e con la contestazione/notificazione di illecito amministrativo. 2. La mazi-sanzione sul sommerso A norma del comma 7, lett. a), dell art. 36-bis del DL n. 223/2006, come convertito nella legge n. 248/2006, dal 12 agosto 2006: Ferma restando l applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria è altresì punito con la sanzione amministrativa da euro a euro per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata. Si tratta della integrale sostituzione dell originario art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, nella legge 23 aprile 2002, n. 73 che recitava: Ferma restando l applicazione delle sanzioni previste, l impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o altra documentazione obbligatorie, è altresì punito con la sanzione amministrativa dal 200 al 400 per cento dell importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l inizio dell anno e la data di constatazione della violazione. Fin dall epoca della sua emanazione, la sanzione di cui si discute (oggi totalmente novellata come subito si dirà) venne battezzata maxisanzione, quasi a volerne segnalare la assoluta rilevanza in termini economici per il datore di lavoro che ne venisse colpito Il testo previgente La vecchia maxisanzione, dunque, veniva in essere quando gli organi competenti all accertamento procedevano a riscontrare e a contestare l occupazione di uno o più lavoratori irregolari, laddove il riferimento normativo ai lavoratori dipendenti ha fatto sì che si ritenesse applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria esclusivamente con riguardo ai lavoratori subordinati, con esclusione per i lavoratori occasionali e per i collaboratori a progetto, ad esempio. Nata nel contesto della lotta al lavoro sommerso, di cui alla legge 18 ottobre 2001, n. 383, la sanzione in argomento ha avuto numerosi profili di criticità: - per l oggettività dei parametri di computo per la determinazione del suo ammontare (il riferimento al costo del lavoro, in effetti, finiva per non consentire l individuazione di sicuri connotati giuridici, a causa della provenienza semantica del concetto dalle scienze economiche e fiscali); - per le difficoltà di calcolo della maxisanzione (mancavano certezze circa la tipologia di imponibile retributivo da prendere a riferimento per l aumento da due a quattro volte il totale); - per l applicabilità delle norme di favore per il trasgressore in materia fiscale contenute nel decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (ad esempio con riguardo agli istituti del concorso di violazioni e della continuazione dell illecito di cui all art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997); - per la tipologia di tutela giurisdizionale (in quanto pur trattandosi di sanzione in materia di lavoro essendo formalmente irrogata con provvedimento dell Agenzia delle Entrate era previsto il 6

7 ricorso alla tutela giurisdizionale tributaria, mediante attivazione, in prima istanza, del giudizio dinanzi alle Commissioni tributarie, nel termine di sessanta giorni dalla notifica dell atto). Ma, senza ombra di dubbio, la censura più forte che poteva essere mossa contro la vecchia maxisanzione era quella sulla quale è espressamente intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza n. 144 del 12 aprile 2005, riguardo al riferimento della determinazione dell ammontare della maxisanzione ad un arco temporale generico ed astratto, individuato, per tutte le fattispecie, nel periodo compreso tra l inizio dell anno dell accertamento e la data di accertamento della violazione: il testo censurato e dichiarato non conforme al dettato costituzionale dalla Consulta (nel punto in cui la norma non ammetteva la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare aveva avuto inizio successivamente al primo gennaio dell anno in cui veniva constatata la violazione), in effetti, legava la reazione punitiva e repressiva a fronte dell occupazione irregolare della manodopera (lavoro nero o sommerso) non già alla gravità del comportamento illecito del datore di lavoro, ma al mero momento dell accertamento della violazione da parte degli organismi di vigilanza. Da qui, già nel corso del 2005, a ridosso della pronuncia di incostituzionalità ora riferita, veniva inserita, nell art. 15, comma quarto, del disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri in data 11 marzo 2005 una disposizione che intendeva sostituire, senza buon esito, il testo della maxi-sanzione secondo criteri e parametri del tutto simili a quelli ora in vigore per effetto della legge n. 248/2006 in commento Le caratteristiche della nuova sanzione Ciò premesso si deve, anzitutto, osservare che la nuova maxisanzione rifugge a tutti i profili di criticità che hanno accompagnato il testo previgente: - oggettivo e certo è il parametro di computo per la determinazione dell ammontare della sanzione (la durata del lavoro sommerso); - nessuna difficoltà di calcolo è imputabile al dettato normativo (essendo chiari la base fissa e il coefficiente proporzionale prescelti); - nessun dubbio circa il regime normativo di assoggettamento della fattispecie sanzionatoria (essendo ora ricondotta nell alveo delle competenze della Direzione provinciale del lavoro); - nessuna eccezione subiscono le tipologie del contenzioso amministrativo e giurisdizionale (che sono ora, come per la generalità delle sanzioni amministrative in materia di lavoro, quelle previste dagli artt. 16 e 17 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 e dagli artt. 23 e segg. della legge 24 novembre 1981, n. 689). Procedendo ora con ordine nella disamina del nuovo impianto sanzionatorio, occorre segnalare, preliminarmente, che il nuovo testo dell art. 3, comma 3, del DL n. 12/2002, convertito nella legge n. 73/2002, colpisce direttamente, per la prima volta, con una sanzione amministrativa in materia di lavoro, la condotta illecita dell utilizzo e, quindi, della occupazione non già della assunzione di lavoratori in nero, in quanto non regolarizzati: la natura fiscale-tributaria della previgente sanzione, infatti, consente di apprezzare e annotare l originalità e la novità della odierna maxisanzione che si accompagna (e non si sostituisce) a quelle già previste (pur di ammontare assai inferiore e spesso irrisorio) per la violazione dei diversi obblighi strumentali all assunzione (si pensi alla mancata registrazione dei lavoratori sui libri obbligatori di matricola e paga ovvero alla omessa comunicazione di assunzione ai competenti servizi per l impiego) Gli elementi dell illecito La violazione ora punita dalla nuova maxi-sanzione è profondamente differente nella sostanza, più che nella forma, dalla precedente. L apparato sanzionatorio in commento, infatti, se da un lato seguita a punire l impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, dall altro risulta privo dell attributo che accompagnava nel testo originario la parola lavoratori: dipendenti. Ne deriva, pertanto, che incorre nella maxisanzione non soltanto il datore di lavoro che occupa senza regolarizzarli lavoratori con vincolo di subordinazione, ma anche chi faccia ricorso, senza le obbligatorie registrazioni, ad attività di lavoro autonomo o parasubordinato. 7

8 A ben guardare, in effetti, il riferimento mantenuto dal legislatore alle scritture e alla documentazione obbligatoria, sembra de plano doversi inquadrare, anzitutto, nel contesto di un generale rinvio ai libri obbligatori di paga e di matricola, sui quali, in esecuzione degli obblighi di registrazione di cui agli artt. 20 e segg. del DPR 30 giugno 1965, n. 1124, sono tenuti ad iscrivere i nominativi e le informazioni relative all occupazione dei lavoratori il datore di lavoro per i suoi dipendenti e il committente per i collaboratori coordinati e continuativi, i lavoratori a progetto, i collaboratori occasionali e i mini-collaboratori (art. 5 del DM 30 ottobre 2002 e art. 5 del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38), nonché per gli associati in partecipazione con apporto di lavoro (art. 4, n. 2, DPR n. 1124/1965 per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 15 luglio 1992, n. 332). D altro canto, non si può omettere di segnalare che la norma impone una indagine approfondita al personale ispettivo e agli organi accertatori di cui appresso si dirà: giacché le operazioni investigative non potranno fermarsi alla verifica della omessa iscrizione dei lavoratori trovati intenti al lavoro sui libri di matricola e paga (con speciale riguardo alla sezione presenze), visto il riferimento alla altra documentazione obbligatoria. In questo senso, si dovranno esaminare, ad esempio, le eventuali prove attestanti l avvenuta denuncia nominativa dell assicurato contestualmente all assunzione (invio del codice fiscale del lavoratore all Inail, ai sensi dell art. 14 del D.Lgs. n. 38/2000). La nuova formulazione della norma, dunque, è obiettivamente orientata al contrasto del vero lavoro sommerso, vale a dire di ogni forma di lavoro sostanzialmente sfuggevole agli obblighi di regolarizzazione sanciti dalle leggi vigenti: oggetto della maxisanzione, pertanto, è ogni lavoratore, autonomo o subordinato, che sia del tutto (ed effettivamente) sconosciuto agli organismi ispettivi e di vigilanza, nonché agli enti previdenziali. Da tale osservazione, peraltro, deriva anche la chiara conclusione per cui rimangono estranee all ambito di applicazione della maxisanzione novellata sia le ipotesi di irregolarità nelle registrazioni o nelle comunicazioni obbligatorie (per inesattezza o per incompletezza), sia le ipotesi cosiddette di lavoro grigio, e cioè i casi in cui il lavoratore formalmente registrato come parasubordinato risulti poi, all esito della verifica ispettiva, un vero e proprio dipendente fittiziamente celato nelle pieghe di un rapporto di lavoro autonomo. Quanto, invece, ai bambini lavoratori (e cioè lavoratori minorenni non idonei al lavoro) e ai lavoratori extra-comunitari clandestini (o comunque privi del permesso di soggiorno per motivi di lavoro) occorre ragionare in termini più ampi: se da un lato, in effetti, l adibizione illegale al lavoro di tali soggetti comporta già l applicazione delle previste sanzioni penali, tuttavia, dall altro lato, si deve necessariamente ricostruire la maxisanzione quale ipotesi sanzionatoria aggiuntiva (o, latamente, accessoria) volta a punire non la condotta penalmente rilevante (che sarebbe impedito dal principio del ne bis in idem ), ma piuttosto la più generale (e diversa) fattispecie dell occupazione di lavoratori non regolarizzati o, in questi casi, non regolarizzabili. In questo senso deve essere letto, d altronde, il dato testuale offerto dall incipit della norma ( Ferma restando l applicazione delle sanzioni già previste ). D altra parte, non si può tacere neppure della difficoltà operativa riguardo all accertamento della registrazione nei libri obbligatori, in quanto a fronte della esigua sanzione prevista per la mancata esibizione o per la rimozione dei libri obbligatori di matricola e di paga (50 euro per ciascuna violazione, in misura ridotta ex art. 16 della legge n. 689/1981) è invalsa la prassi, presso la generalità delle aziende in ogni angolo del Paese, a non tenere sul luogo di lavoro detti documenti. Ne deriva, quindi, ma era già effetto perverso del previgente dettato normativo, che l applicazione (mediante contestazione immediata dell illecito amministrativo ex art. 14 della legge n. 689/1981) delle sanzioni previste dall art. 195 del DPR n. 1124/1965 continua a liberare e a rendere esente dalla maxisanzione il datore di lavoro e/o il committente che all atto della esibizione postuma dei libri obbligatori dimostri la registrazione dei lavoratori oggetto di ispezione con le dovute annotazioni. Nelle more di un atteso intervento normativo che produca una ragionevole rideterminazione delle sanzioni per l omessa tenuta e l omessa esibizione dei libri obbligatori di matricola e paga (quello attualmente previsto nel secondo comma dell art. 171 del disegno di legge finanziaria per il 2007 approvato dal Consiglio dei Ministri il 29 settembre 2006, che porterebbe ad una sanzione amministrativa di 4000 euro, nella misura ridotta, per la rimozione di ciascun libro obbligatorio dal luogo di lavoro), unica via d uscita, eventualmente segnalata dal Ministero del lavoro in sede di chiarimenti operativi, appare essere quella di una contestazione della maxisanzione in tutti i casi in cui 8

9 il datore di lavoro ispezionato non sia in grado di dimostrare, per tutta la durata del primo accesso ispettivo, l avvenuta registrazione sui libri obbligatori (o su altra documentazione obbligatoria) dei lavoratori trovati intenti al lavoro, facendo forza, in sede di acquisizione di elementi di prova per l illecito amministrativo rilevato, sulla descrizione puntuale e dettagliata dell attività lavorativa svolta da ciascun lavoratore interessato all atto dell ispezione, sulle dichiarazioni spontanee rilasciate dai lavoratori riguardo alla omessa consegna della dichiarazione di assunzione (che deve contenere i dati della avvenuta registrazione nel libro di matricola in uso) e sul dato obiettivo della indimostrata regolarità da parte del datore di lavoro e/o del professionista che lo assiste (ferma restando la presumibile legittimità di un ulteriore intervento legislativo che ad integrazione dell odierno disposto normativo di cui all art. 3, comma 3, del DL n. 12/2002, convertito nella legge n. 73/2002 stabilisca l operatività di una inversione dell onere della prova in carico al soggetto ispezionato nei casi di accertamento del lavoro sommerso). Minori problemi, d altronde, si avranno nel settore edile (dal 1 ottobre 2006), dove proprio in ragione delle nuove sanzioni e dei nuovi adempimenti obbligatori introdotti dalla stessa legge n. 248/2006, anche l eventuale rimozione dei libri obbligatori dal cantiere non impedirà di verificare la effettività delle annotazioni obbligatorie mediante il registro di cantiere o la tessera di riconoscimento o, prima ancora, attraverso la comunicazione di assunzione anticipata. Il testo dell art. 3, commi terzo, quarto e quinto, del D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, nella L. 23 aprile 2002, n. 73 (in vigore fino all 11 agosto 2006): «3. Ferma restando l applicazione delle sanzioni previste, l impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatorie, è altresì punito con la sanzione amministrativa dal 200 al 400 per cento dell importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l inizio dell anno e la data di constatazione della violazione. 4. Alla constatazione della violazione procedono gli organi preposti ai controlli in materia fiscale, contributiva e del lavoro. 5. Competente all irrogazione della sanzione amministrativa di cui al comma 3 è l Agenzia delle Entrate. Si applicano le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, ad eccezione del comma 2 dell art. 16» Il testo dell art. 3, commi terzo, quarto e quinto, del D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, nella L. 23 aprile 2002, n. 73, come modificato dall art. 36-bis, comma 7, lett. a) e b), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (in vigore dal 12 agosto 2006): «3. Ferma restando l applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria è altresì punito con la sanzione amministrativa da euro a euro per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata. 4. Alla constatazione della violazione procedono gli organi preposti ai controlli in materia fiscale, contributiva e del lavoro. 5. Alla irrogazione della sanzione amministrativa di cui al comma 3 provvede la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente. Nei confronti della sanzione non è ammessa la procedura di diffida di cui all articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124» I chiarimenti operativi delle Circolari Sul punto degli elementi costitutivi dell illecito punito con la nuova maxisanzione, soccorre, in via interpretativa, anzitutto la circolare n. 29/2006 la quale espressamente sancisce che la reazione sanzionatoria in argomento si aggiunge ad ogni ulteriore provvedimento di carattere sanzionatorio legato all utilizzo di manodopera irregolare. La contestazione della maxisanzione, dunque, si accompagna, evidentemente, a quelle relative agli altri adempimenti datoriali obbligatori connessi alla corretta instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato. Per quanto concerne l impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, la circolare ministeriale segnala che la definizione normativa riguarda qualunque tipologia di lavoratore a qualunque titolo e per qualsiasi ragione non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria. Dovendosi, invece, soprassedere all applicazione della maxisanzione nelle ipotesi di lavoro in elusione (cd. lavoro grigio ), e cioè in tutti i casi in cui la prestazione lavorativa è resa in rapporti di lavoro 9

10 ricondotti a tipologie contrattuali esplicitamente formalizzate (nell esempio offerto in circolare i contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto) che pure occultano rapporti di lavoro subordinato, purché le tipologie contrattuali considerate ancorché fittizie, risultino emergenti dalla documentazione aziendale o da comunicazioni effettuate ad amministrazioni pubbliche (ad es., invio del codice fiscale del lavoratore all Inail, ai sensi dell art. 14 del D.Lgs. n. 38/2000). Sul punto, assai esplicitamente, la circolare n. 111/2006 dell Inps chiarisce che se prima dell entrata in vigore dell art. 36 bis del D.L. n. 223/2006, come convertito dalla legge n. 248/2006, dovevano considerarsi lavoratori in nero ( ) soltanto i lavoratori subordinati, ora devono ritenersi tali anche i parasubordinati, nonché gli autonomi, sconosciuti agli istituti previdenziali. Secondo quanto chiarito ulteriormente dall Inps, dunque, lavoratore in nero è il soggetto (subordinato, parasubordinato, autonomo) che non risulta registrato nei libri paga e matricola regolamentari, ovvero è sconosciuto come lavoratore della ditta ai competenti Servizi per l Impiego o, infine, non risulta iscritto alla relativa gestione previdenziale. Così sarà da considerare in nero anche il lavoratore autonomo che presta attività lavorativa senza essere iscritto alla Camera di Commercio e ai relativi albi di categoria e quindi sconosciuto agli enti previdenziali. Nello stesso identico senso, sul concetto di lavoro nero, anche l Inail nella circolare n. 45/2006. Le tre circolari, d altro canto, tacciono con riguardo ai bambini lavoratori (e cioè lavoratori minorenni non occupabili) e ai lavoratori extracomunitari privi del permesso di soggiorno (per motivi di lavoro). Invero, a fronte del dato letterale offerto dall art. 36-bis, comma 7, lett. a ( Ferma restando l applicazione delle sanzioni già previste ), e in ragione della finalità e dello spirito della legge, si deve ricostruire la nuova maxisanzione, nel senso già indicato nel paragrafo precedente, quale ipotesi sanzionatoria aggiuntiva volta a punire in ogni caso l occupazione di lavoratori non regolarizzati o, come nelle due ipotesi richiamate, non regolarizzabili. Sotto altro profilo, la circolare n. 29/2006 del Ministero tace con riferimento alle difficoltà operative per l accertamento dell impiego irregolare della manodopera a fronte dell abituale rimozione dal luogo di lavoro dei libri obbligatori di matricola e paga di cui si diceva più sopra, se, peraltro, nel settore dell edilizia potrà farsi ricorso alla comunicazione anticipata di assunzione e alla tessera di riconoscimento (o al registro di cantiere), negli altri settori (cui pure la maxisanzione evidentemente opera senza esclusioni) sembra doversi confermare l indirizzo già in precedenza segnalato per cui il personale ispettivo procederà a constatare o a contestare (a seconda che appartenga o meno alla Direzione provinciale del lavoro, per quanto si dirà più oltre) la violazione in argomento in tutti i casi in cui il datore di lavoro ispezionato non dimostri tempestivamente, durante l avvio dell indagine ispettiva, l avvenuta registrazione sui libri obbligatori ovvero la risultanza documentale obiettiva, su qualsivoglia altro documento obbligatorio, dei lavoratori trovati intenti al lavoro. In tal senso non può negarsi efficacia sia alla denuncia nominativa dell assicurato all Inail (in tutti i settori), ma anche ai documenti di cantiere nell edilizia (tessera e registro), limitatamente, ovviamente, alle ipotesi di giuridica possibilità di documentazione dell occupato (si pensi al caso, pure già verificatosi nelle prime esperienze applicative, del tesserino di riconoscimento predisposto e consegnato al lavoratore extracomunitario privo di permesso di soggiorno e dallo stesso indossato: si tratta, in tal caso, di documento ideologicamente falso, perché impossibile nella propria realizzabilità giuridica e, quindi, inidoneo, oggettivamente, ad esonerare dalla irrogazione della maxisanzione ). L ispettore, naturalmente, dovrà comunque far forza, nell acquisire gli elementi di prova per l illecito amministrativo rilevato, sulla descrizione compiuta dell attività lavorativa svolta dai lavoratori interessati, ma anche sulla circostanza della omessa consegna ai medesimi lavoratori irregolari della dichiarazione di assunzione, la quale, come è noto, deve contenere i dati della avvenuta registrazione nel libro di matricola in uso, sul quale a norma dell art. 20, comma 1, n. 1, del D.P.R. n. 1124/1965 i prestatori di lavoro, subordinati e autonomi, devono essere iscritti, nell ordine cronologico della loro assunzione in servizio e prima dell ammissione al lavoro. 10

11 2.4. La determinazione della sanzione Quanto alle modalità di calcolo della sanzione e ai parametri da adottare per esso, la novella legislativa prevede ora una sanzione amministrativa da euro a euro per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. Se, da un lato, deve senza dubbio rilevarsi che si tratta di una sanzione maxi, dall altro occorre altrettanto indubbiamente evidenziarne la conformità alle censure mosse dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 144/2005. In primo luogo, si tratta di una sanzione pecuniaria proporzionale impropria, ovvero a proporzionalità progressiva, dove rilevano due elementi distinti: - una base sanzionatoria stabilita in misura fissa predeterminata dal legislatore (da a euro) - un coefficiente moltiplicatore, rectius di maggiorazione, che varia a seconda delle concrete circostanze di fatto verificatesi nella fattispecie sottoposta ad accertamento (150 euro per giornata di lavoro effettivo). La sicura pesantezza dell importo base che nella misura ridotta di cui all art. 16 della legge n. 689/1981 è pari a 3000 euro (il doppio del minimo edittale) oltre a 50 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo (un terzo della sanzione in misura fissa), sebbene sul punto, come subito si dirà nel prossimo paragrafo, il Ministero del Lavoro abbia inteso esonerare, pur nel silenzio della norma, la maggiorazione dalla oggettiva applicabilità della procedura di conciliazione amministrativa, prevista in via generale per tutte le diverse tipologie di sanzioni amministrative dal menzionato art. 16 della legge generale sugli illeciti amministrativi viene ad essere ulteriormente rafforzata dalla possibilità di incremento dell ammontare complessivo della sanzione derivante, appunto, dall aumento della stessa in proporzione alla durata effettiva del periodo di occupazione dei lavoratori trovati intenti al lavoro senza alcuna regolarizzazione. Se, dunque, la nuova maxi-sanzione non appare meno gravosa della precedente (ed anzi, secondo qualche commentatore, si volge ad essere, in non pochi casi, anche più pesante di quella), è pur vero che aumentano le difficoltà operative per gli organi accertatori, in quanto affinché possa trovare efficace applicazione il coefficiente moltiplicatore anzidetto, sarà necessario che vengano concretamente accertate le giornate di lavoro effettivo svolte in nero da ciascun lavoratore interessato (senza tener conto, quindi, delle giornate festive, delle assenze dal lavoro per qualsiasi motivo, e così via) I chiarimenti operativi delle Circolari Quanto alle modalità di calcolo della maxisanzione, e in specie riguardo ai parametri da adottare per il computo della sanzione pecuniaria da irrogare in concreto, la circolare ministeriale n. 29/2006 chiarisce, nel senso ora indicato, che la prevista sanzione amministrativa da euro a euro per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo, deve suddividersi nei due distinti profili già segnalati: a) la base sanzionatoria prevista in misura fissa e predeterminata dal legislatore (da a euro), la quale deve ritenersi sicuramente ammessa al pagamento nella misura ridotta di cui all art. 16 della legge n. 689/1981, e, in particolare, nella misura pari a 3000 euro (e cioè al doppio del minimo edittale); b) il moltiplicatore fisso, da intendersi come mera maggiorazione della sanzione edittale, il quale fa variare proporzionalmente, in base alla gravità della condotta oggetto di ispezione, l importo complessivo della sanzione pecuniaria da irrogare; per tale coefficiente, tuttavia, come anticipato, la circolare del Ministero sancisce che la maggiorazione in argomento non possa essere considerata riducibile ai sensi dell art. 16 della legge n. 689/1981, ma debba essere ritenuta una forma di aggravio in misura fissa per ciascuna giornata di lavoro. La posizione ministeriale, sul punto, può essere giuridicamente sostenibile, e condivisibile, in vero, limitatamente ad una qualificazione della sanzione di 150 euro per giornata di lavoro effettivo quale vera e propria aggravante e non, invece, come pure la Circolare n. 29/2006 motiva, come mera maggiorazione : giacché se fosse una mera maggiorazione la struttura della norma sanzionatoria 11

12 sarebbe da intendersi del tutto omologa, se non analoga, a quella, in materia di collocamento obbligatorio, contenuta nel primo comma dell art. 15 della legge 12 marzo 1999, n. 68, così come modificato dal DM 12 dicembre 2005 ( sanzione amministrativa del pagamento di una somma di euro 578,43 per ritardato invio del prospetto, maggiorata di euro 28,02 per ogni giorno di ulteriore ritardo ). Quanto poi al codice tributo per l effettuazione del versamento si segnala che con lettera circolare n del 27 settembre 2006, la stessa Direzione generale per l attività ispettiva ha confermato quanto già sostenuto dai primi commentatori, e cioè che il codice cui imputare la maxisanzione è il 741 T, facente riferimento alle somme da attribuirsi all erario in ragione delle violazioni amministrative o penali-amministrative La competenza della DPL Sotto un profilo squisitamente procedurale, peraltro, va rilevato che la lett. b) del medesimo comma 7 dell art. 36-bis del DL n. 223/2006, come convertito nella legge n. 248/2006, sostituendo il testo originario del comma 5, dell art. 3, del DL n. 12/2002, come convertito nella legge n. 73/2002, stabilisce anche che: Alla irrogazione della sanzione amministrativa di cui al comma 3 provvede la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente. Nei confronti della sanzione non è ammessa la procedura di diffida di cui all articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n Anzitutto, ad irrogare la sanzione, a far data dal 12 agosto 2006, non è più l Agenzia delle Entrate, ma la Direzione provinciale del lavoro: se l individuazione della pubblica amministrazione appare consequenziale alla scelta di ricondurre, come già accennato, nell alveo della materia del lavoro e della previdenza sociale, la violazione in argomento (correggendo l opzione previgente che stabiliva, invece, un aggancio alla normativa fiscale e tributaria), la concreta identificazione dell ufficio territorialmente competente andrà operata in ragione del luogo dove sono stati trovati intenti al lavoro i lavoratori interessati (e non quindi in base alla sede legale del soggetto ispezionato). Sul punto di recente è intervenuta l Agenzia delle Entrate con Circolare n. 35/E del 30 maggio 2007 per sostenere che la competenza ad emanare il provvedimento definitivo sulle maxi-sanzioni constatate antecedentemente al 12 agosto 2006 per effetto dell entrata in vigore della legge n. 248/2006 (di conversione del DL n. 223/2006) sarebbe in capo alle Direzioni provinciali del lavoro (sebbene sul punto il Ministero del Lavoro sembrerebbe in procinto di pronunciarsi in modo opposto). Nessuna modifica, peraltro, ha subito il comma 4 dell art. 3 della legge n. 73/2002, che ancora nel testo vigente recita: Alla constatazione della violazione procedono gli organi preposti ai controlli in materia fiscale, contributiva e del lavoro. Ne deriva che tutti gli organismi competenti ad accertare gli illeciti in materia fiscale, previdenziale e del lavoro saranno competenti anche a constatare la nuova maxisanzione e, pertanto, oltre ai servizi ispettivi del Ministero del lavoro, e al Comando per la Tutela del Lavoro dell Arma dei Carabinieri operante nelle sue strutture centrali e periferiche: - gli organi di polizia giudiziaria a competenza generale (Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Carabinieri), - i servizi ispettivi degli enti previdenziali, - i funzionari accertatori dell Agenzia delle Entrate. Competente a ricevere il rapporto di cui all art. 17 della legge n. 689/1981 e, conseguentemente, ad emanare l ordinanza-ingiunzione ai sensi dell art. 18 della stessa legge, è, però, soltanto la Direzione provinciale del lavoro. Da quest ultima annotazione deriva anche una importante riflessione relativa agli strumenti difensivi che possono essere adottati dal trasgressore che si veda irrogata la maxi-sanzione. Infatti, a fronte del 12

13 vecchio ricorso alla Commissione tributaria provinciale, ora si potrà procedere, nel termine di trenta giorni dalla notifica del provvedimento: 1. avverso la contestazione/notificazione di illecito amministrativo: mediante ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro presso la Direzione regionale del lavoro (ai sensi e per gli effetti dell art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004), trattandosi indubbiamente dell ipotesi principe di sussistenza (ad es. la persona presente al lavoro non svolgeva attività lavorativa) o di qualificazione (ad es. la persona presente al lavoro svolgeva regolarmente lavoro autonomo occasionale e non subordinato) di un rapporto di lavoro; mediante presentazione degli scritti difensivi (a norma dell art. 18 della legge n. 689/1981); 2. avverso l ordinanza-ingiunzione: mediante ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro presso la Direzione regionale del lavoro (ex art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004), se vi sono elementi nuovi in fatto o in diritto, giusta quanto chiarito dalla Circolare del Ministero del Lavoro 23 marzo 2006, n. 10; mediante ricorso al Direttore della Direzione regionale del lavoro (ex art. 16 del D.Lgs. n. 124/2004) se si contestano esclusivamente vizi formali o procedurali nella irrogazione della sanzione o nell accertamento dell illecito amministrativo; mediante ricorso in opposizione al Tribunale monocratico (ai sensi degli artt della legge n. 689/1981. Tutto il procedimento amministrativo sanzionatorio, dunque, come si nota, viene ora ad essere totalmente disciplinato dalla legge n. 689/1981, essendo venuto meno il riferimento al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 in materia di violazioni tributarie, con l effetto dirompente, ad aggravio delle sorti del trasgressore, della non applicabilità del meccanismo agevolativo di cui all art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997 (a norma del quale può essere punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione ). Se, inoltre, non sarà più possibile fare ricorso alla conciliazione in via amministrativa mediante il pagamento di una somma pari a un quarto della sanzione irrogata (così previsto per le violazioni tributarie dal D.Lgs. n. 472/1997), si potrà fare però ricorso, come già anticipato sopra, al pagamento in misura ridotta (di cui all art. 16 della legge n. 689/1981) sia pure soltanto per la base fissa in ragione delle precisazioni operate dalla Circolare n. 29/2006 del Ministero (per un importo pari a 3000 euro, oltre alla misura fissa dei 150 euro per ciascuna giornata di effettivo lavoro irregolare). Ancora, la novella legislativa esclude espressamente l applicabilità della diffida obbligatoria di cui all art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004, rendendo impraticabile, quindi, l ipotesi che il datore di lavoro possa essere diffidato a regolarizzare la propria posizione, potendo, conseguentemente all ottemperanza alla diffida, godere del beneficio del pagamento della sanzione nella misura pari al minimo edittale previsto dalla legge. La disapplicazione della diffida obbligatoria, peraltro, potrebbe convincere in termini di prevenzionegenerale dato il messaggio che si accompagna a tale scelta (nessuna tolleranza per il datore di lavoro che occupa manodopera in nero), tuttavia, in termini di prevenzione speciale l applicazione della diffida avrebbe potuto conseguire il non irrilevante effetto di una immediata e tempestiva regolarizzazione dei lavoratori irregolari, pur a fronte di una sanzione comunque non esigua (1.500 euro oltre a 37,50 euro per ciascuna giornata di lavoro). Da ultimo, con riguardo ancora al D.Lgs. n. 124/2004, va evidenziato che la maxisanzione non potrà trovare alcuna applicazione dopo la conclusione favorevole di una conciliazione monocratica (art. 11, D.Lgs. n. 124/2004), non essendosi in presenza di alcun accertamento dal quale possa derivare l imputabilità della violazione sul lavoro sommerso : in effetti, la conciliazione monocratica non dà vita ad alcun accertamento di illeciti o di violazioni e, dunque, manca il presupposto obiettivo per l irrogazione della maxisanzione. 13

14 I chiarimenti operativi delle Circolari La circolare n. 29/2006 fa derivare dal testo del nuovo comma 5 dell art. 3 del D.L. n. 12/2002, convertito nella legge n. 73/2002, come sostituito dalla lett. b) dell art. 36-bis, comma 7, del D.L. n. 223/2006, convertito nella legge n. 248/2006, correttamente, la conclusione secondo la quale competente ad irrogare la maxisanzione, e cioè a contestare/notificare l illecito amministrativo, ai sensi e per gli effetti dell art. 14 della legge n. 689/1981 è soltanto la Direzione provinciale del lavoro. Sebbene alla constatazione della violazione possono procedere tutti gli organi preposti ai controlli in materia fiscale, contributiva e del lavoro (art. 3, comma 4, legge n. 73/2002), unico soggetto istituzionale competente ad irrogare la maxisanzione è, in via esclusiva, l ufficio periferico del Ministero del lavoro. Ne consegue, dunque, che gli altri organismi menzionati dalla norma dovranno e potranno procedere agli accertamenti relativi alla sussistenza dell illecita occupazione di manodopera irregolare, provvedendo alla constatazione della stessa e alla relativa verbalizzazione con puntuale descrizione delle circostanze di fatto e relativa acquisizione delle prove, dovendo poi trasmettere nel più breve tempo possibile gli atti alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio. Così espressamente la circolare Inps n. 111/2006 laddove impone ai funzionari ispettivi dell Istituto che rilevano una condotta punibile con la maxisanzione di procedere alla trasmissione alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio del verbale di accertamento, accompagnata da una esauriente nota illustrativa. Quindi non soltanto dovrà essere trasmesso il verbale, ma lo stesso sarà accompagnato da una nota dell ispettore che la circolare citata qualifica esauriente e che, presumibilmente, dovrà rendicontare l intera vicenda ispettiva da cui trae origine il verbale trasmesso. D altronde, poco oltre, la medesima circolare n. 111/2006 dell Inps finisce per cadere in palese contraddizione affermando che in linea generale resta fermo comunque il principio che la constatazione e la conseguente contestazione della violazione compete agli organi preposti ai controlli in materia fiscale, contributiva e del lavoro : si tratta, evidentemente, di una svista clamorosa giacché netta differenza sostanziale (e formale) vi è fra la constatazione che, appunto, compete a tutti e la successiva contestazione (art. 14 della legge n. 689/1981) che invece spetta ai soli ispettori del lavoro. Corretta, e coerente con le indicazioni ministeriali, è invece la circolare n. 45/2006 dell Inail dove si precisa che alle Direzioni Provinciali del Lavoro compete in via esclusiva sia la contestazione della violazione che l eventuale ordinanza-ingiunzione, mentre nulla cambia circa le competenze degli organi di vigilanza degli enti previdenziali e pertanto gli ispettori devono continuare ad effettuare la constatazione dell illecito, segnalando tempestivamente la stessa alla Direzione Provinciale del Lavoro competente per territorio. Ne deriva che, con tutta probabilità, presumibilmente, la mole dei verbali di constatazione proveniente dagli organi di polizia giudiziaria a competenza generale (Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Carabinieri), dai servizi ispettivi degli enti previdenziali e dai funzionari accertatori dell Agenzia delle entrate potrebbe creare non pochi problemi pratici di organizzazione dei servizi ispettivi delle Direzioni provinciali del lavoro. Problemi, peraltro, che ben potrebbero dissolversi laddove si operasse una scelta organizzativa che coinvolga i responsabili degli Uffici Affari Legali e Contenzioso a supporto della vigilanza, quale personale ispettivo aggiunto, la definizione e l adozione dei provvedimenti sanzionatori fondati sui verbali di ispezione e di accertamento provenienti da altri Enti (e non soltanto con riferimento alla maxisanzione), ai sensi dell art. 10, comma 5, del D.Lgs. n. 124/2004. Se ne ricaverebbe, d altro canto, un significativo recupero di risorse (in termini di unità ispettive da impiegare nella vigilanza operativa) da non sottovalutare a fronte dell invocato e auspicato incremento degli interventi ispettivi nei cantieri edili e nelle attività a rischio. Sempre alla Direzione provinciale del lavoro, secondo gli odierni chiarimenti ministeriali, compete infine l emanazione della successiva ordinanza-ingiunzione o di archiviazione, eventualmente a seguito delle procedure del contenzioso amministrativo di cui si è detto nel paragrafo che precede. 14

15 MAXI-SANZIONE PER LAVORO SOMMERSO Illecito Art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12/2002, convertito, con modif., nella legge n. 73/2002, come modificato dall art. 36-bis, comma 7, DL n. 223/2006, convertito, con modif., nella legge n. 248/2006 Art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12/2002, convertito, con modif., nella legge n. 73/2002 come modificato dall art. 36-bis, comma 7, DL n. 223/2006, convertito, con modif., nella legge n. 248/2006 Per aver impiegato lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie o da altra documentazione obbligatoria amministrativa da euro a euro per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. Diffida (art. 13, D.Lgs. n. 124/2004): non è applicabile, per espressa previsione di legge ridotta (art. 16, legge n. 689/1981): è applicabile solo alla base sanzionatoria ed è pari a 3000 euro, a questa somma si aggiungono 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo Codice tributo (per versamento su Mod. F23): 741 T 3. Le sanzioni sui libri obbligatori Nell ambito della normativa che governa la costituzione e la gestione del rapporto di lavoro, subordinato ma anche autonomo, vi sono disposizioni che fanno obbligo al datore di lavoro di effettuare specifiche registrazioni con riferimento a determinati dati relativi ai singoli rapporti di lavoro. Le principali tipologie di registrazioni obbligatorie di interesse aziendale sono quelle che riguardano i due più importanti libri obbligatori in materia di lavoro: - libro matricola - libro paga. In questa giornata di studio, s intende presentare lo stato dell arte, in chiave operativa, del sistema degli obblighi di istituzione, vidimazione, tenuta, registrazione ed esibizione sui libri obbligatori, così come previsto dalle norme di settore, e cioè dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n e dal Regio decreto 28 agosto 1924, n. 1422, esaminate alla luce delle più recenti prese di posizione del Ministero del Lavoro (Nota n del 22 maggio 2007 e Lettera Circolare del 29 marzo 2007, n. 4024), dell Inail (Nota del 16 dicembre 2004) e dell Inps (Circolare n. 9 del 27 gennaio 2005). La trattazione del tema segue un impostazione schematica, ma anche sistematica, basata sui singoli obblighi che incombono in capo al datore di lavoro, così come specificamente sanzionati, con specifici approfondimenti sui passaggi più significativi per la prassi operativa aziendale Il libro matricola Il libro di matricola è il documento che fornisce al datore di lavoro, al lavoratore e agli organi di vigilanza la fotografia, o per meglio dire la carta di identità, dell azienda e dei singoli rapporti di lavoro in essere presso la stessa. Per effetto delle disposizioni contenute negli artt. 20 e 21 del DPR n. 1124/1965, il libro matricola viene ad assolvere alla funzione essenziale di documentare ad ogni singolo lavoratore lo stato effettivo del proprio rapporto di lavoro e agli organi di vigilanza (in primis gli ispettori del Ministero del lavoro 15

16 nonché degli Istituti previdenziali, a partire da Inail e Inps) lo stato occupazionale dell impresa (il numero dei dipendenti, l inquadramento profes-sionale, i dati anagrafici). Da qui il ragionamento circa la ritenuta superfluità del libro matricola alla luce delle più recenti novità in materia di collocamento, dalla dichiarazione di assunzione omnibus (che contiene tutti i dati inerenti al rapporto di lavoro) alla comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro (per lavoro dipendente e parasubordinato): secondo i sostenitori della non più necessaria istituzione e tenuta del libro in esame, infatti, il complesso degli adempimenti connessi all assunzione del lavoratore è tale da rendere inutile e ripetitiva la registrazione sul libro di matricola. In verità, contrasta con tale argomentazione la reale controllabilità e verificabilità degli obblighi del collocamento menzionati, giacché non esiste ancora quel collegamento telematico e quella rete informatica e informativa che sola consentirebbe agli organismi ispettivi e di vigilanza di verificare immediatamente, fin dal primo accesso ispettivo, i medesimi dati che soltanto il libro matricola, in originale o in copia conforme come si dirà appresso, consente di accertare all istante. Soggetti obbligati In primo luogo occorre disegnare la platea dei soggetti obbligati alla tenuta del libro matricola. In questo senso, va senza dubbio segnalato che la generalità dei datori di lavoro ivi compresi i committenti e gli altri assicuranti è assoggettata agli obblighi di istituzione, tenuta e compilazione del libro obbligatorio di cui trattasi. Fanno eccezione alla regola generale alcune particolari categorie di datori di lavoro, per effetto di speciali disposizioni di legge ovvero di chiarimenti consolidati della prassi amministrativa. Sono, infatti, esonerati dalla tenuta del libro matricola, anzitutto, i titolari di aziende individuali artigiane: - sia nel caso in cui svolgono la propria attività lavorativa da soli, vale a dire senza occupare lavoratori dipendenti né collaboratori: in questo senso, espressamente, dispone l art. 2 della legge 4 ottobre 1966, n. 840, secondo cui, appunto: l obbligo della tenuta dei libri di matricola e di paga, di cui all art. 20 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, non si applica agli artigiani come soggetti assicurati di cui all'art. 4, n. 3, dello stesso decreto presidenziale ; - sia nel caso in cui si avvalgano esclusivamente di soci o di familiari coadiuvanti: in questo senso ha disposto la Circolare Inail n. 70 del 22 luglio 1997, essendo stati assimilati al titolare artigiano, in quanto, come tali, non sono titolari di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato ; ciò a condizione, naturalmente, che l impresa artigiana non occupi in alcuna forma dipendenti, collaboratori coordinati e continuativi a progetto, associati in partecipazione, tirocinanti o agenti di commercio monomandatari e così via. Naturalmente se l azienda non è artigiana l obbligo permane intatto. Si ritiene, inoltre, che debbano essere esonerati dall obbligo di istituzione e tenuta del matricola le ditte individuali del commercio (terziario) che non occupano dipendenti, collaboratori coordinati e continuativi a progetto, associati in partecipazione o simili. Se l azienda è in forma di società di persone il libro obbligatorio dovrà invece essere istituito e tenuto per i soci lavoratori, mentre se trattasi di società di capitali senza dipendenti, il libro matricola andrà istituito per i soci partecipanti, gli amministratori, i collaboratori a progetto e simili. Sono poi esonerati dalla tenuta del libro obbligatorio di matricola quei datori di lavoro che decidono di avvalersi delle modalità di elaborazione e di conservazione dei dati mediante supporti informatici, nel rispetto delle disposizioni e secondo le condizioni dettagliatamente specificate dall art. 3 del DPR 20 aprile 1994, n. 350, secondo quanto da ultimo precisato dallo stesso Ministero del Lavoro con risposta ad interpello 8 febbraio 2007, n. 9, nonché, in precedenza, con Circolare n. 33 del 20 ottobre Parimenti esentate dall obbligo di istituzione e tenuta del libro matricola sono le imprese italiane che occupano presso sedi operative situate all estero lavoratori italiani, per quanto attiene alle prestazioni lavorative rese da detto personale: così il Ministero del Lavoro con Lettera Circolare n del 16 novembre 1991, laddove si è appunto segnalato che: la legge 3 ottobre 1987, n. 398 ( ) ha inteso apprestare la necessaria tutela previdenziale anche nei confronti di lavoratori assunti o trasferiti in Paesi extracomunitari, per cui ferma restando l'obbligatorietà delle forme di assicurazioni sociali ( ) l'estensione di tali 16

17 assicurazioni ai lavoratori di che trattasi non include la specifica normativa che disciplina l'istituzione e la tutela dei libri di matricola e di paga, vigente nel territorio nazionale. Infine, non devono tenere il libro matricola neppure le Pubbliche Amministrazioni, le quali provvedono alle prescritte registrazioni mediante i fogli o cedolini o ruoli di paga, elaborati individualmente per ciascun dipendente pubblico. Istituzione: unicità e pluralità di libri Ai sensi dell art. 20, comma 1, del DPR n. 1124/1965, con riferimento ai datori di lavoro soggetti alle disposizioni sull assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nonché per effetto dell art. 134, comma 1, del R.D. n. 1422/1924, per gli esercenti di aziende o imprese industriali o commerciali non assoggettati a detta assicurazione, è obbligatorio tenere un libro di matricola per la regolare gestione del personale in forza all azienda, con rapporti di lavoro subordinato, ma anche parasubordinato o associativo, come si dirà più oltre. L uso dell articolo un ha fatto per lungo tempo immaginare che il libro matricola potesse non essere obbligatoriamente unico in ciascuna azienda, ma piuttosto sebbene da più parti si ribadisse che il datore di lavoro fosse tenuto ad istituire un solo libro, unico anche in presenza di più posizioni assicurative in ambito aziendale, la prassi amministrativa finiva per acconsentire alla istituzione di distinti libri matricola per categoria professionale di inquadramento (operai, impiegati, dirigenti), ovvero per tipologia di rapporto di lavoro (lavoratori dipendenti, parasubordinati, soci), o ancora per le singole sedi di lavoro distaccate (cantieri, sedi operative). Invero, come sancito con forza dall Inail nella nota 16 dicembre 2004, il libro di matricola deve essere unico in ogni azienda, anche qualora il datore di lavoro risulti titolare di più posizioni assicurative territoriali, svolgendo la propria attività lavorativa in più luoghi di lavoro. D altro canto, al fine di coniugare semplificazione e rispetto della legge, sempre l Inail, nella medesima nota già citata, aveva già segnalato che per assolvere validamente all obbligo della tenuta del libro matricola unico contemporaneamente sui vari luogo di lavoro, il datore di lavoro è obbligato a istituire e tenere nei vari cantieri (fissi o mobili che siano) degli stralci, che possono essere costituiti anche da fotocopie tratte dal libro matricola unico e che devono essere aggiornati contemporaneamente al libro matricola originale. Per essere valide quali stralci, le copie del matricola unico dovranno risultare preventivamente autenticate come conformi all originale. Secondo la Lettera Circolare n. 4024/2007 del Ministero del Lavoro l attestazione di conformità potrà essere resa ( per una maggiore semplificazione sia dei relativi adempimenti, sia dei controlli da parte del personale ispettivo ) proprio nei casi in cui il datore di lavoro: a) opera in diverse, distinte e più o meno distanti, unità produttive; b) opera in base ad una serie di attività di breve durata, quali ad esempio quelle della cantieristica edile o dell impiantistica, che si caratterizzano per una evidente mobilità o per lo svolgersi in sedi con pochi lavoratori, generalmente prive di adeguata attrezzatura amministrativa. Se ricorrono le due ipotesi anzidette, dunque, secondo le recentissime indicazioni ministeriali, l originale del libro matricola potrà essere collocato e tenuto presso la sede legale dell impresa, mentre presso ogni singolo luogo in cui si esegue il lavoro, potrà essere conservata una copia (anche fotostatica e per estratto), dichiarata conforme all originale mediante apposizione, su ogni pagina della copia, di: - data - timbro - firma autografa del soggetto che dichiara la conformità, vale a dire: a) del consulente del lavoro (o di altro professionista abilitato a norma dell art. 1 della legge n. 12/1979), se delegato appositamente alla tenuta dei libri obbligatori presso il proprio studio (art. 5, legge n. 12/1979), previa comunicazione preventiva alla competente Direzione provinciale del lavoro - Servizio Ispezione Lavoro riguardo alle generalità e il recapito del professionista al quale è affidato l incarico di custodire i libri originali; 17

18 b) del datore di lavoro, qualora la gestione e l amministrazione del personale venga operata direttamente da questi, personalmente o per il tramite di propri addetti; la dichiarazione di conformità spetta al datore di lavoro (e non al consulente), anche nei casi in cui, pur affidandosi ad un professionista abilitato per tutti o per alcuni adempimenti della gestione dei rapporti di lavoro, l azienda conserva presso di sé l originale del libro matricola, così precisamente il Ministero del Lavoro nella nota n del 22 maggio Vale la pena rilevare, a questo punto, che nei casi in cui il personale ispettivo rinvenga all atto dell accesso sul luogo di lavoro una copia conforme del libro matricola, con attestazione autentica di conformità da parte del consulente del lavoro o di altro professionista assimilato (art. 1, legge n. 12/1979), gli ispettori procedenti dovranno attenersi alle previsioni normative specifiche dettate dall art. 5 della legge n. 12/1979. In effetti, nella specialità della legge professionale, che disciplina la materia della consulenza del lavoro, l art. 5, comma 4, dispone che il consulente del lavoro e gli altri professionisti sono punibili per non aver esibito e portato in visione il libro matricola originale, conservato e tenuto presso il proprio studio a norma del primo comma dello stesso art. 5, solo qualora siano decorsi 15 giorni e non possano opporre un giustificato motivo ostativo o impeditivo. In tal caso, e cioè quando il consulente del lavoro non ottemperi entro 15 giorni senza giustificato motivo, alla richiesta dell ispettore del lavoro o di altro organo ispettivo, di esibire la documentazione in loro possesso, è soggetto alla sanzione pecuniaria amministrativa da 125 euro a 515 euro, salvo che il professionista risulti recidivo, giacché in tal caso la misura della sanzione si fa più grave e varia da 255 euro a 1030 euro. D altro canto, le caratteristiche oggettive che consentono di fare ricorso ad una copia conforme del libro obbligatorio di lavoro, si presentano all attenzione degli operatori in una serie di casi che pongono oggi e hanno già posto in passato una serie di dubbi circa l obbligatoria sussistenza del libro stesso: - addetti alle pulizie che quotidianamente svolgono le proprie prestazioni presso singoli enti, uffici, aziende; - guardie giurate in piantonamento esterno presso enti pubblici, istituti di credito, privati, con frequenti spostamenti quotidiani; - autotrasportatori che effettuano viaggi interregionali, nazionali e transnazionali; - dipendenti di imprese impiantistiche (elettriche o idrauliche) che intervengono per manutenzioni ordinarie o riparazioni con un impegno lavorativo esterno di poche ore presso ciascun cliente. Se in termini di ragionevolezza può giungersi a sostenere che in tutti questi casi, stante la specialità del lavoro e la peculiarità delle operazioni svolte, le squadre di lavoratori o i singoli dipendenti non dovrebbero essere tenuti a recare con sé ovunque una copia del libro matricola, tuttavia la lettura della norma fornita dall Inail e dal Ministero del Lavoro spinge in senso contrario avendo previsto proprio i connotati tipici di tali prestazioni (breve durata, mancanza di attrezzature amministrative, pochi lavoratori) come requisiti per fare ricorso alla copia conforme del libro matricola tenuto presso la sede aziendale. Resta fermo, peraltro, che, seppure con la esclusiva finalità di andare incontro e risolvere specifiche esigenze organizzative e gestionali dell azienda, il datore di lavoro potrà istituire e tenere sui luoghi di lavoro dei libri matricola settoriali o di filiale, i quali dovranno tuttavia essere sempre e in ogni caso considerati non ufficiali e quindi non potranno essere vidimati dall Istituto, ma dichiarati conformi, nelle modalità anzidette (come copie originali ), al libro matricola unico regolarmente istituito del quale i libri matricola di sede costituiranno dei di cui, anche riportando una numerazione matricolare supplementare riferita alla filiale, eventualmente da indicare in aggiunta al numero di matricola del dipendente (ad esempio: matr. n. 1111/13) ad esclusivo uso dell azienda e dei funzionari addetti alla vigilanza locale. Inoltre, deve essere tenuta presente anche la facoltà riconosciuta dall art. 26, comma 2, DPR n. 1124/1965, al datore di lavoro di essere appositamente autorizzato, per iscritto, dall Inail a tenere una pluralità di libri matricola nei casi di cantieri edili o sedi di lavoro lontane dalla sede principale, dove le lavorazioni hanno il carattere della continuità con obbligo di riepilogo in appositi libri riassuntivi, da tenersi e istituirsi secondo le modalità stabilite dall Istituto. In questo senso rileva, specificamente, il caso delle agenzie di somministrazione di lavoro. 18

19 Come chiarito dall Inail con Nota del 16 dicembre 2004, l obbligo della tenuta del regolamentare libro di matricola è posto a carico delle agenzie per il lavoro autorizzate alla somministrazione, sia per i propri dipendenti e collaboratori diretti, sia per i lavoratori che vengono dalle stesse assunti per essere materialmente inviati a lavorare presso le singole imprese utilizzatrici a mezzo di appositi contratti di somministrazione di lavoro. Secondo l Inail, peraltro: i sistemi di tenuta delle scritture obbligatorie di matricola e di paga di cui esse possono avvalersi, sono di fatto gli stessi che la vigente normativa prevede per tutti gli altri datori di lavoro. D altra parte, va senza dubbio tenuto presente che l organizzazione normale delle agenzie di somministrazione consta di una sede centrale che si occupa della gestione e amministrazione del personale e di singole sedi dislocate sul territorio, le quali sono deputate, in concreto, ad effettuare gli adempimenti relativi alle assunzioni, alle proroghe e alle cessazioni dei rapporti di lavoro dei lavoratori somministrati a livello territoriale. Tale organizzazione materiale, tuttavia, non può sfuggire, quale che sia il sistema di tenuta adottato, secondo la richiamata nota Inail del 16 dicembre 2004, da un lato al rispetto dei termini di legge previsti per le registrazioni dei dati sul libro di matricola e, dall altro, all obbligo di istituire e tenere un unico libro matricola aziendale, che riporti la numerazione matricolare generale da assegnare a tutti i dipendenti dell agenzia. La stessa nota Inail precisava anche che nel caso frequente che il libro matricola generale unico sia tenuto presso la sede centrale, allo scopo di far fronte alle esigenze organizzative aziendali, potranno essere istituiti presso ciascuna agenzia facente parte dell'impresa fornitrice di lavoro tanti altri libri di matricola, comunque non ufficiali e quindi da non vidimare perché rappresenteranno degli stralci del libro matricola unico aziendale, ognuno dei quali potrà riportare una numerazione matricolare supplementare riferita all'agenzia, eventualmente da indicare in aggiunta all'effettivo numero di matricola del lavoratore attribuito in conformità alla numerazione sequenziale e cronologica del libro matricola generale aziendale (ad esempio: matr. n /152). D altro canto, al fine di coniugare semplificazione e rispetto della legge, dapprima l Inail e da ultimo il Ministero del Lavoro hanno segnalato, come si è visto, la possibilità di assolvere all obbligo della tenuta del libro matricola sui vari luogo di lavoro, mediante apposite copie conformi del libro stesso. L agenzia di somministrazione, dunque, potrà tenere il proprio libro matricola unico nella sede legale, e distribuire copie conformi nelle sedi territoriali. D altra parte, si può legittimamente sostenere che poiché il luogo di lavoro in cui prestano la loro attività lavorativa i lavoratori somministrati coincidono con le singole aziende utilizzatrici, le stesse agenzie dovrebbero affidare una copia conforme del libro matricola ai lavoratori inviati in somministrazione, al fine di consentire agli organi di vigilanza l immediata verifica della regolare assunzione degli stessi da parte dell agenzia da cui risultano essere stati somministrati. Sanzioni Con riferimento alla violazione dell obbligo di istituzione, dunque, l odierno regime sanzionatorio stabilisce una sanzione particolarmente onerosa, a voler significare l importanza del libro matricola con riferimento al contrasto al lavoro sommerso e irregolare. La sanzione pecuniaria amministrativa per la violazione dell obbligo di istituzione del libro di matricola, infatti, è ora stabilita dall art. 1, comma 1178, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (in vigore dal 1 gennaio 2007), nella misura da euro 4000 a euro Mentre precedentemente (fino al 31 dicembre 2006) la sanzione era anzitutto differenziata, a seconda che il datore di lavoro fosse o meno soggetto all assicurazione obbligatoria gestita dall Inail: nel primo caso la sanzione era stabilita dall art. 195 del DPR n. 1124/1965 nella somma da euro 25 a euro 154; nel secondo caso era fissata dall art. 142 del RD n. 1422/1924 nella misura da euro 5 a euro 30. Nel senso di un apparato sanzionatorio rivolto ad incentivare percorsi di emersione, a ben vedere, si esprime anche il Ministero del Lavoro nella Lettera Circolare n. 4024/2007, laddove, fra l altro, viene 19

20 chiarito espressamente che la nuova super-sanzione di cui al comma 1178 punisce le ipotesi in cui il datore di lavoro: - risulti del tutto sprovvisto del libro matricola; - abbia messo in uso un libro matricola (o anche un libro riassuntivo) non vidimato dall Istituto previdenziale; - abbia in uso un libro matricola che non è stato dichiarato conforme all originale da parte del consulente del lavoro, da altro professionista abilitato o dallo stesso datore di lavoro. In verità le tre ipotesi esemplificative non appaiono così chiare come si potrebbe pensare ad una prima superficiale lettura. Se per la prima datore di lavoro privo di libro e per la seconda fattispecie datore di lavoro con libro non vidimato dagli Istituti previdenziali non ricorre nessuna difficoltà di carattere ermeneutico, infatti, quanto alla terza datore di lavoro con libro non dichiarato conforme si deve interpretare nel giusto senso il chiarimento operativo dettato dalla Direzione generale per l attività ispettiva, come operato più di recente dalla stessa con Nota n del 22 maggio Si avrà, dunque, una omessa istituzione del libro matricola allorquando il datore di lavoro presenti sul luogo di lavoro o abbia comunque in uso una copia di un libro matricola di fatto inesistente perché mai istituito e, perciò, non dichiarato conforme. Nello stesso senso, inoltre, si avrà una omessa istituzione se risulta essere stata dichiarata conforme la copia di un libro matricola non istituito. D altra parte, se l ispettore troverà nella sede operativa un libro, in originale o in copia, comunque privo di vidimazione, ma sia messo nelle condizioni di accertare l esistenza, altrove del documento originale vidimato, e cioè presso la sede legale della ditta o presso una delle altre sedi o unità operative o, ancora, presso lo studio del consulente del lavoro, non si avrà alcuna illecita mancanza di istituzione del libro matricola, ma, piuttosto, o una omessa esibizione o una rimozione temporanea dello stesso. Quanto alla diffida obbligatoria (art. 13, D.Lgs. n. 124/2004) l istituto non è più applicabile per espressa previsione di legge, mentre erano diffidabili le inosservanze compiute fino al 31 dicembre 2006 (cfr. Circolare Ministero del Lavoro 23 marzo 2006, n. 9). Infine, va rilevato che dopo l abolizione delle sanzioni amministrative relative a violazioni in materia di previdenza e assistenza obbligatorie consistenti nell omissione totale o parziale del versamento di contributi o premi o dalle quali comunque derivi l omissione totale o parziale del versamento di contributi o premi, determinata dall art. 116, comma 12 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, la sanzionabilità degli illeciti riguardanti il libro di matricola è legata alla non incidenza degli stessi sui debiti previdenziali del datore di lavoro trasgressore. A questo fine, condivisibilmente, la Lettera Circolare del 29 marzo 2007 ha precisato che dovendosi considerare la valenza autonoma dell istituzione del libro matricola, e la finalità precipua di fornire evidenza e certezza pubblica alla costituzione e alla gestione dei rapporti di lavoro posti in essere nell azienda, non può ritenersi configurabile alcuna connessione con i profili di eventuale inadempimento contributivo riferito ai lavoratori occupati. Ne consegue che l illecito amministrativo di omessa istituzione del libro matricola deve essere sempre contestato anche in presenza di irregolarità legate a fenomeni di evasione o omissione contributiva. Da ultimo, si tenga presente che l illecito di omessa istituzione del libro obbligatorio ha natura sicuramente istantanea (peraltro con effetti permanenti): la natura della violazione, pertanto, fa sì che la sanzione segue, necessariamente, l insorgenza dell obbligo. In questo senso precisamente la Nota del 22 maggio 2007 del Ministero del lavoro, pertanto se l obbligo consiste nella necessaria istituzione (e vidimazione) prima della messa in uso (e cioè prima della occupazione di un dipendente o di altro lavoratore soggetto a registrazione sul matricola), dovrà trovare concreta applicazione la sanzione pecuniaria amministrativa in vigore al momento della commissione dell illecito: di conseguenza, la nuova super sanzione da 4000 a euro troverà spazio operativo in materia di illecita istituzione soltanto nei casi in cui l obbligo della messa in uso del libro è materialmente sorto a decorrere dal 1 gennaio

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