Provincia di Roma Assessorato alle Politiche Agricole e Ambientali Dipartimento V, Servizio 4 "Geologico"

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1 Provincia di Roma Assessorato alle Politiche Agricole e Ambientali Dipartimento V, Servizio 4 "Geologico" RELAZIONE FINALE Firenze, Marzo 2013

2 INDICE 1. PREMESSA DATI DI BASE E PROGETTO GIS CARTA GEOLOGICA Premessa Inquadramento geomorfologico dell'area di studio Inquadramento geostrutturale dell'area di studio Le unità geologiche affioranti CARTA LITOTECNICA LAYER COPERTURE LAYER FRANE E LAYER PUNTI INSTABILI Premessa Modo operativo Censimento dei fenomeni franosi Layer punti stabili ANALISI DELLA SUSCETTIBILITÀ Presupposti metodologici Metodologia operativa SERIE STORICHE DELLA PIOVOSITÀ STUDIO DELLA SISMICITÀ STORICA Introduzione Sismicità remota Storie sismiche locali INDAGINE STORICO-ARCHIVISTICA Analisi storica dei dissesti Relazione tra dissesti e piovosità Relazione tra dissesti e sismicità CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA

3 1. PREMESSA L oggetto del contratto è la realizzazione di una cartografia della suscettibilità da frana, con creazione di una banca dati e di cartografie tematiche in formato vettoriale, secondo una metodologia già definita e sperimentata, di una porzione del territorio della Provincia di Roma, della superficie di 90 Km 2, interessante in varie proporzioni parte dei territori dei comuni di Agosta, Anticoli Corrado, Castel Madama, Ciciliano, Mandela, Marano Equo, Rocca Canterano, Roviano, Sambuci, San Polo dei Cavalieri, Saracinesco e Vicovaro. (Figg. 1.1 e 1.2) Il presente contratto è l ultimo in ordine di tempo di una serie di progetti, dei quali uno fu affidato nel a Geomap Srl in ATI con Agristudio Srl di Firenze, volti a realizzare una cartografia delle suscettibilità da frana dell intero territorio provinciale e iniziati con il progetto pilota realizzato dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'università Roma Tre, tra il 2006 e il 2007, del quale tutti i successivi hanno seguito l impostazione metodologica. Lo studio ha avuto inizio alla data di stipula del contratto e termina con la consegna di questa relazione finale. Una relazione intermedia, prevista dal contratto a sei mesi dalla stipula, è stata presentata in data 21 Settembre 2012 ed ha riguardato le attività svolte fino ad allora: raccolta ed analisi dei dati esistenti, realizzazione di una carta geologica preliminare alla scala 1: secondo le norme CARG, derivazione di una carta litotecnica dalla carta geologica, fotointerpretazione dei fenomeni franosi per la creazione del layer frane. Successivamente è stata svolta l attività di rilievo sul terreno per il completamento della carta geologica e per il controllo e caratterizzazione dei fenomeni franosi. In particolare il lavoro sul terreno ha avuto lo scopo di controllare tutti i fenomeni franosi rilevati per fotointerpretazione e quelli segnalati in base ai dati d'archivio, ma non riconosciuti sulle fotografie aeree, oltre che individuare eventuali fenomeni di nuova formazione o altre situazioni particolari. Inoltre, durante i rilievi in campagna sono state compilate le schede-frana ed è stata raccolta una documentazione fotografica. 2. DATI DI BASE E PROGETTO GIS Sia i risultati del progetto pilota realizzato dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'università Roma Tre nel , che quelli del progetto Geomap-Agristudio del , sono stati presentati sotto forma di un progetto GIS, denominato "franarisk_rm" e "Franarisk_rm_2_apr09" rispettivamente. Questi progetti sono stati il modello per il progetto analogo costruito per il presente studio e denominato "Franarisk_rm_2012". Gran parte dei dati e materiali necessari per lo studio ci sono stati forniti dalla Provincia di Roma, direttamente dal Dipartimento V, Geologico, oppure su richiesta di questo, dal Dipartimento VI, Sistema Informativo Geografico: Carta Tecnica Regionale in formato raster a scala 1:5000; Foto aeree del volo 2002 Terra Italy a colori, fotogrammi stereoscopici in formato.ecw; Ortofoto AIMA 1996 in bianco e nero; Ortofoto 2005 Terra Italy, a colori; Curve di livello vettoriali da IGM; 3

4 Limiti amministrativi comunali; Rete viaria provinciale in formato vettoriale; Carta dell uso del suolo del 2003 alla scala 1:25.000, Regione Lazio Progetto CUS; Coperture dei dissesti e delle fasce fluviali dei PAI dell Autorità di Bacino del Tevere; Dissesti catasto; Limiti bacini idrografici, da Ventriglia. Fig. 1.1 Inquadramento dell area di studio nell ambito del territorio provinciale e rispetto ai due progetti precedenti ( Università Roma Tre, Geomap- Agristudio ) Fig. 1.2 Territori comunali interessati dallo studio 4

5 Altri dati erano già in nostro possesso, in quanto acquisiti in occasione del progetto realizzato nel e ottenuti dal websit della Provincia di Roma, dall archivio IFFI, dall archivio dati SIRDIS dell'area Difesa del Suolo della Regione Lazio. Per tutti questi archivi si è provveduto a verificare ed acquisire gli eventuali aggiornamenti. Sono stati inoltre raccolti, dal nostro personale, i dati su dissesti e relazioni geologiche, direttamente dall archivio del Servizio Geologico Provinciale. 3. CARTA GEOLOGICA 3.1 PREMESSA In occasione del progetto da noi realizzato nel , raggiungemmo un accordo con il Dipartimento di Scienze Geologiche dell'università Roma Tre, che ci permise di accedere ai dati dei loro rilevamenti effettuati alla scala 1: nel quadro del progetto CARG per il foglio 375, Tivoli. Per la parte dell area di studio che rientra nel foglio 375, quindi, sono stati utilizzati quei dati con solamente un controllo speditivo sul terreno e alcune modifiche che riguardano i terreni di copertura. Per le altre parti della zona, siamo partiti dai dati esistenti più recenti e affidabili, in particolare: - per la parte rientrante nei fogli 367, Tagliacozzo e 376, Subiaco, si è fatto riferimento ai fogli alla scala 1: editi dal Servizio Geologico, rispettivamente nel 1993 e 1998, nella fase precedente al progetto CARG. - per la parte rientrante nel foglio 366, Palombara Sabina, ancora in corso di rilevamento per il progetto CARG, siamo partiti dalla Carta geologica fornitaci dal Servizio Geologico Provinciale, risultante da una compilazione di rilevamenti alla scala 1: Ambedue queste serie di dati sono state sottoposte ad un attenta analisi critica, consistente soprattutto nello studio delle legende, in maniera da correlare le unità mappate in questi documenti con la nomenclatura CARG del foglio 375 e attribuire loro le sigle relative. Dove la correlazione non era possibile, sono state mantenute le unità originali. Le correlazioni sono state controllate sul terreno, di modo che la legenda risultante per la nostra carta geologica rappresenta una successione omogenea e coerente, adeguata alle norme CARG. In particolare, durante i controlli sul terreno sono stati dettagliati i limiti formazionali e sono stati introdotti alcuni affioramenti che non esistevano sulle carte preesistenti: due placche residue della formazione UMNa (Sintema di Mandela) sulla maggiore delle quali è fondato l antico nucleo dell omonimo centro, un piccolo affioramento della formazione vulcanica TDC (Unità di Tor de Cenci) situato in prossimità del tracciato autostradale, circa 500 metri a SSW di Vicovaro. Una seconda operazione è stata quella di adattare i limiti delle unità mappate alla base topografica CTR, attraverso la fotointerpretazione e controlli mirati sul terreno, in modo da migliorare il dettaglio del tracciato dei limiti ed eventualmente introdurre delle divisioni all interno delle unità, in coerenza con le unità CARG del foglio 375. In particolare, per quanto riguarda i depositi recenti e i terreni di copertura, relativamente ai conoidi e agli accumuli di frana, sono stati riportati sulla carta geologica gli affioramenti come rilevati per il layer frane. 5

6 3.2 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO DELL'AREA DI STUDIO La metà occidentale dell area di studio è costituita dai Monti di Castel Madama e da quella settentrionale dei Monti Prenestini, ed è separata fisicamente dalla metà orientale, costituita dai rilievi settentrionali dei Monti Ruffi, dalla valle del Torrente Fiumicino. Questo torrente, il cui corso rettilineo è evidentemente controllato da motivi tettonico-strutturali, è il principale affluente di sinistra del Fiume Aniene, ma il suo bacino idrografico solo in minima parte rientra nell area analizzata. I Monti di Castel Madama e i Monti Prenestini sono generalmente costituiti da rilievi collinari, con altitudini massime inferiori a 800 metri, la cui morfologia si presenta piuttosto blanda e con assenza di brusche rotture di pendio, anche se localmente possono esistere versanti con acclività abbastanza elevata. I Monti Ruffi sono invece caratterizzati da quote mediamente più elevate, che possono arrivare a superare i 1200 metri, e da forme morfologiche generalmente mosse e talvolta aspre, come brusche rotture di pendio e versanti molto acclivi, fino alla presenza di scarpate sub-verticali, specialmente nelle litologie a comportamento più rigido, e versanti molto incisi per azione delle acque meteoriche nelle formazioni a comportamento meno competente o plastico. In ambedue i suddetti casi le forme morfologiche sono molto favorite ed accentuate dagli effetti della tettonica disgiuntiva. I predetti rilievi sono delimitati dal corso del Fiume Aniene, il cui orientamento iniziale NNW appare anch esso evidentemente controllato dalla struttura tettonica. Successivamente, tra Roviano e Vicovaro, il corso assume una forma arcuata, per disporsi successivamente secondo una direzione NE-SW circa rettilinea, delimitando così i versanti orientali dei Monti Ruffi, successivamente la loro terminazione settentrionale ed infine i rilievi dei Monti di Castel Madama. Il Fiume Aniene è caratterizzato da un corso meandriforme incassato nei suoi depositi alluvionali, localmente anche abbastanza ampi. Queste aree, assieme alle più modeste superfici dei depositi alluvionali ed eluvio-colluviali del Torrente Licenza e del Fosso dello Scolo (zona di Colle Passero), oltre a quelle dei depositi di travertino e di alcuni depositi vulcanici nella zona di Castel Madama, costituiscono le uniche aree pianeggianti o pochissimo acclivi dell intera area di studio. Nella zona situata a nord del corso del Fiume Aniene, in particolare in quella più ampia che è compresa tra San Polo dei Cavalieri e Vicovaro e dove affiora il substrato mesozoico rappresentato dalla serie sedimentaria Calcare Massiccio-Scaglia, prevale una morfologia piuttosto monotona perché caratterizzata da forme dei rilievi rotondeggianti e versanti con acclività costante. La sola evidente eccezione è rappresentata da una rottura di pendio coincidente con la fascia di affioramento delle Marne a Fucoidi per le loro caratteristiche litologiche che più facilmente si prestano all azione erosiva. Nell ambito dell intera area esistono vari fenomeni dovuti all azione della gravità, che si manifestano con varie tipologie, dimensioni e densità, dipendenti dalle caratteristiche litologiche delle coperture e del substrato, di cui verrà trattato in maniera specifica nel Capitolo INQUADRAMENTO GEOSTRUTTURALE DELL'AREA DI STUDIO L area oggetto del presente lavoro è occupata dalle propaggini più occidentali della catena neogenica a pieghe e sovrascorrimenti dell Appennino centrale, qui affiorante, ad ovest nei Monti di Castel Madama, Monti Lucretili orientali ed estremo settore settentrionale dei Monti Prenestini e ad est nei Monti Ruffi. Questo settore di catena è caratterizzato dall affioramento di una successione stratigrafica nota come Successione Sabina, costituita da termini calcareo-silico-marnosi, 6

7 che risulta interessata, a partire dal Lias medio, da frequenti apporti detritici grossolani provenienti dallo smantellamento della piattaforma carbonatica laziale-abruzzese. I depositi della successione si sono accumulati durante il Meso-Cenozoico, nel dominio di transizione tra la piattaforma carbonatica suddetta e il bacino pelagico umbro-marchigiano-sabino. I litotipi in facies di piattaforma carbonatica rappresentano i resti della soglia occidentale della piattaforma carbonat i- ca laziale-abruzzese coinvolta nel sistema orogenico dell Appennino centrale durante il quale, nel Miocene, avviene la deposizione dei sedimenti terrigeni silicoclastici di avanfossa, a sedimentazione torbiditica, che affiorano nei settori morfologicamente più depressi lungo il bordo orientale dell area esaminata (Parotto & Praturlon, 1975). A tali termini seguono, discordanti, i depositi sedimentari post-orogeni clastici del ciclo marino plio-pleistocenico, le coperture vulcaniche e i depositi alluvionali del Quaternario. Lungo il corso dell Aniene, a nord di Marano Equo dove la valle si allarga notevolmente fino all altezza di Anticoli-Roviano, sono presenti alluvioni lacustri e fluviali con spessori di circa 20 metri a testimonianza di una fase di stasi nell attività erosiva operata dall Aniene stesso e dai suoi affluenti, probabilmente favorita da un momentaneo sbarramento operato più a valle sul fiume. Dal punto di vista dell assetto tettonico sono state distinte in letteratura varie unità tettoniche (Bollati et alii, 2011, 2012), sulla base della loro posizione strutturale e dello stile deformativo, nonché delle variazioni di assetto stratigrafico. Quella che interessa maggiormente l area d indagine comprende elementi del substrato meso-cenozoico dei Monti di Castel Madama, Monti Prenestini settentrionali e Monti Ruffi, caratterizzati da ampie pieghe a piano assiale subverticale, con andamenti N-S e NNW-SSE transpressivi destri e raggi di curvatura variabili dall ordine delle centinaia di metri fino al chilometro. L unità in oggetto è strutturalmente la più bassa tra quelle in cui è organizzato il Dominio Sabino ed è limitata al letto dalla fascia di deformazione a pieghe e sovrascorrimenti, nota in letteratura come Linea Olevano-Antrodoco, allungata in direzione compresa tra N-S e NNW-SSE e causa appunto del sovrascorrimento delle unità terziarie sabine su quelle mesozoiche della piattaforma laziale-abruzzese. Le unità dei Monti Prenestini, limitate esclusivamente all area sud-occidentale dello studio in oggetto, mostrano una complessa situazione deformativa nel loro settore di raccordo con i Monti Ruffi, in corrispondenza delle strutture di Ciciliano, dove sono riconoscibili scaglie tettoniche costituite generalmente dalla porzione più alta dei Calcari a Briozoi e/o dalla parte basale dell Unità argilloso-marnosa. D altra parte anche tutto il settore ad ovest di Ciciliano risulta interessato da importanti elementi strutturali che dislocano trasversalmente e/o interrompono bruscamente i vari litotipi affioranti, creando articolate strutture tettoniche. Fra questi riveste particolare importanza la faglia normale, ad andamento circa E-W, che costituisce la terminazione settentrionale dell ampia anticlinale ad andamento NNW-SSE caratterizzante la struttura principale dei Monti Prenestini (Cipollari & Cosentino, 1992). La faglia ribassa i carbonati cretacei, portando nuovamente in affioramento i depositi miocenici del Membro di Guadagnolo, che costituisce gli affioramenti prevalenti dei Monti di Castel Madama. Fra l altro in questo settore è proprio la valle del Fosso Empiglione che divide i Monti di Castel Madama dai Monti Prenestini. I Monti Ruffi sono costituiti prevalentemente da terreni cenozoici calcarenitici e calcareomarnosi, deposti in un area di transizione tra il margine della piattaforma carbonatica lazialeabruzzese e gli ambienti di mare aperto umbro-sabini. I depositi cenozoici più antichi sono rappresentati dalla Formazione di Guadagnalo (SPT), del Miocene inferiore, costituita da un alternanza di marne e calcareniti organogene predominanti verso l alto. Al di sopra si rinviene l unità dei Calcari a Briozoi (CBZ), calcareniti bioclastiche intercalate a sottili livelli terrigeni che rappresentano il prodotto della sedimentazione di materiali provenienti dalle zone di piatta- 7

8 forma carbonatica. Su questi affioramenti biocalcarenitici si sono sviluppati gli abitati di Saracinesco e Anticoli Corrado. Dopo la fluttuazione del livello del mare che ha portato alla sedimentazione del Calcare a Briozoi si assiste ad una generale subsidenza che ha determinato nuovamente condizioni di mare aperto con successiva sedimentazione delle Marne a Orbulina (UAM), del Tortoniano, con spessore medio intorno ai 20 metri. Affioramenti di questa successione, ben riconoscibili lungo un allineamento NW-SE (versante orientale di Monte Licino-Le Prata-Fonte Lupo-Rocca di Mezzo), risultano coinvolti nella loro porzione più settentrionale da intensi effetti disgiuntivi (faglie e sovrascorrimenti) che ne disarticolano la geometria. In continuità di sedimentazione sulle Marne a Orbulina si depositano le torbiditi arenaceesilicoclastiche tortoniane (UAP), tramite un passaggio abbastanza graduale, con progressiva diminuzione delle faune e spessore intorno ai 500 metri. Segue una fase compressiva databile al Messiniano, con interruzione degli afflussi di materiali silicoclastici, ed infine si ha l emersione dell intera struttura, con erosione dei rilievi e colmamento delle depressioni ad opera dei materiali granulari derivati, originando estesi detriti di falda ai piedi delle dorsali. Particolare rilevanza assumono i conoidi formatisi in corrispondenza del cambiamento di pendenza dei fossi che scendono dai rilievi carbonatici verso le valli del Torrente Fiumicino e la valle del Fiume Aniene I rilievi di Marano Equo ed Agosta rappresentano blocchi residui del margine suddetto, costituiti da biocalcareniti e biocalciruditi saccaroidi (C) di età cretacea, ad elevato grado di fratturazione. Dal punto di vista strutturale, i Monti Ruffi sono costituiti da una serie di scaglie tettoniche ad andamento NNW-SSE ed immersione generalmente a sud, tra loro parzialmente sovrascorse verso i quadranti orientale e nord-orientale durante la fase compressiva sopra citata. Ciò ha generato un significativo sviluppo di dorsali la cui morfologia risulta controllata dall assetto strutturale, con evidenti contatti anomali tra i diversi litotipi affioranti. Lungo il loro versante orientale si sviluppa il proseguimento della Linea Olevano-Antrodoco, evidenziato in particolare dalla verticalizzazione delle giaciture sul versante nord-orientale della dorsale de Il Monte e dall affioramento dell Unità argilloso-marnosa messiniana al piede della stessa; qui si assiste, infatti, all importante accavallamento a vergenza orientale delle calcareniti a Briozoi (Langhiano- Tortoniano) sui depositi silicoclastici del complesso torbiditico alto-miocenico laziale-abruzzese dell alta valle del Fiume Aniene, per lo più coperto da detrito di versante ma ben osservabile a sud di Rocca Canterano, ove immerge a sud-ovest con inclinazioni di In questo tratto si assiste fra l altro ad un importante dislocazione trasversale del principale fronte di accavallamento realizzata da una faglia a direzione circa E-W sub-verticale, che interrompe bruscamente verso sud gli affioramenti calcarei. La situazione strutturale risulta molto meno articolata dal punto di vista tettonico per quanto riguarda i Monti di Castel Madama, dove affiorano quasi esclusivamente i depositi cenozoici più antichi, rappresentati dalla Formazione di Guadagnolo (Miocene inferiore), già citata a proposito dei Monti Ruffi. Di rilievo un importante fronte di sovrascorrimento che si sviluppa in posizione pressoché mediana lungo la dorsale montuosa, dalla valle dell Aniene a nord fino a quella dell Empiglione a sud. L estremo settore nord-occidentale dell area in esame, costituito dalla dorsale monoclinalica Monte Arcaro-Monte Ara Grande sulla quale è ubicato l abitato di S. Polo dei Cavalieri e delimitato a sud dalla valle del Fiume Aniene, è interessato da litotipi appartenenti al substrato mesocenozoico dei Monti Lucretili orientali. La successione stratigrafica qui affiorante, che comprende i termini della Successione Sabina (Calcare massiccio, Corniola e calcari selciferi, Rosso 8

9 ammonitico, Calcari detritici a Posidonia, Maiolica, Marne a Fucoidi, Scaglia rossa e Scaglia bianca, Scaglia cinerea detritica), è interessata da un intensa attività tettonica che dà origine, alla mesoscala, a serie di pieghe parallele piuttosto ravvicinate ad andamento NE-SW, ben evidenziate dalle numerose opposte giaciture rilevate sul terreno. Tali strutture, allineate secondo un ampia fascia di deformazione plicativa che produce notevoli ispessimenti di alcune formazioni (Maiolica e Scaglia cinerea), risultano essere pieghe parassite decametriche sviluppate lungo il fianco sud-orientale di un anticlinale chilometrica che da un andamento N-S al di fuori dell area d indagine, in questo settore subisce una deviazione assumendo un andamento NE-SW con vergenza verso SE. Oltre che alla mesoscala, sugli affioramenti specialmente della Formazione della Maiolica si osserva un elevata densità di piccole pieghe decimetriche che rendono ancora più complicato il riconoscimento dell assetto regionale della sequenza mesozoica. Questo settore risulta inoltre interessato da un sistema di faglie ad andamento NE-SW, come si è potuto verificare dalla ricognizione in campagna di intense fasce di rocce cataclasate che si sviluppano lungo questi allineamenti. Nell area di studio, i depositi legati all attività vulcanica dei Colli Albani affiorano estesamente sui versanti settentrionali del tratto orientale della valle del Fiume Aniene, mentre solo pochi lembi si rilevano su quelli meridionali. L attività vulcanica, iniziata circa 600 ka (De Rita et alii, 1995) e protrattasi fino all Olocene come attività freatica associata al maar di Albano (Funiciello et alii, 2003), è costituita da vari apparati eruttivi, o litosomi. Nel caso in esame affiorano soltanto i prodotti appartenenti al Litosoma Vulcano Laziale, essenzialmente costituiti da pozzolane nere e rosse che ricoprono le coltri ben più estese dell Unità di Tor de Cenci, rappresentate da depositi piroclastici massivi. Depositi continentali di ambiente fluviale e più limitatamente lacustre del Pleistocene medio- Olocene sono presenti lungo tutta la valle dell Aniene e dell Empiglione, mentre i travertini (di Bagni di Tivoli) sono limitati al versante settentrionale dell Aniene in corrispondenza dell abitato di Vicovaro, dove raggiungono spessori importanti. 3.4 LE UNITÀ GEOLOGICHE AFFIORANTI La Carta Geologica riporta le seguenti serie di dati: le unità formazionali, uniformate alla nomenclatura CARG stabilita per il foglio 1:50.000, 375 (Tivoli), i dati giaciturali riguardanti la stratificazione, provenienti dalla cartografia esistente e dai nostri rilievi originali sul terreno, i dati tettonici, faglie e fratture. Le unità formazionali presenti nell area di studio sono le seguenti, dalla più recente alla più ant i- ca, con le relative sigle che compaiono sulla carta geologica allegata e con le descrizioni tratte dai documenti di origine, integrate dalla osservazioni di terreno (la legenda sintetica della carta è riportata nella tabella 3.1) DEPOSITI RECENTI E TERRENI DI COPERTURA h - depositi antropici. Depositi eterogenei dovuti all accumulo e allo spostamento dei materiali per rilevati stradali, ferroviari, terrapieni, colmate. Olocene. SFTbb depositi alluvionali in evoluzione. Depositi siltoso-sabbiosi e siltoso-argillosi delle piane alluvionali. Olocene. 9

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11 at alluvioni antiche terrazzate. Olocene. dla depositi limo-argillosi in facies palustre e/o lacustre. Olocene. conoide. Depositi medio-grossolani dei conoidi fluviali e detritici. Olocene. z accumuli di frana. Depositi eterogenei, sciolti o a bassa coesione. Olocene. SFTa - depositi di versante. Coperture di materiale a granulometria fine (limi, sabbie e ghiaie), con rari frammenti litoidi grossolani, in aree di versante, prodotte da processi di trasporto limitato. Pleistocene superiore Olocene. SFTb2 - depositi eluvio-colluviali. Coperture di materiale a granulometria fine (limi e sabbie), con rari frammenti grossolani di natura calcarea, prodotte da processi di alterazione; terreni residuali e terre rosse. Pleistocene superiore Olocene. TBTa - travertino (unità dei Bagni di Tivoli). Deposito carbonatico litoide, affiorante prevalentemente nella valle dell Aniene. Pleistocene superiore Olocene. LITOSOMA VULCANO LAZIALE. PNR - Pozzolane nere. Deposito piroclastico di colore nero, massivo e caotico, semicoerente, a matrice cineritica grossolana, nella quale sono dispersi scorie, litici lavici, piroclastici, olocristallini e rari sedimentari termometamorfosati di dimensioni fino a 15 cm e cristalli di leucite e clinopirosseno. Pleistocene medio. RED - Pozzolane rosse. Deposito piroclastico massivo e caotico, da viola a grigio scuro, semicoerente, a matrice cineritica grossolana, e abbondante scheletro composto da scorie rosse, litici lavici, sedimentari termometamorfosati e olocristallini di dimensioni fino a 20 cm, e cristalli di leucite, clinopirosseno e biotite. Pleistocene medio. KKA - Unità di Casale del Cavaliere. Alternanze di livelli a granulometria da cineritico-fine a cineritico-grossolana, più raramente lapillosi, con scorie e litici lavici; fra i cristalli è prevalente la leucite, con pirosseno e biotite subordinati. Pleistocene medio. PTI - Unità del Palatino. Deposito piroclastico da coerente a semicoerente, massivo e caotico, a matrice cineritica grigio-nerastra composta da vetro juvenile, analcime, clinopirosseno e mica. Lo scheletro è composto da scorie grigie o nere, porfiriche, e clasti centimetrici di lava. Pleistocene medio. TDC - Unità di Tor de Cenci. Deposito piroclastico, grigio-giallastro, cineritico, da massivo e caotico a stratificato, con lapilli accrezionari di cenere sia nella matrice che in livelli stratificati. Lo scheletro è composto da pomici e litici lavici centimetrici, cristalli di leucite analcimizzata, clinopirosseno e biotite. Pleistocene medio. VCL - Formazione di Le Vallicelle. Alternanze di pomici bianche e livelli a granulometria da cineritico-fine a grossolana, fino a lapillosa, con tracce evidenti di rimaneggiamento. Le pomici sono porfiriche con cristalli di pirosseno. Sono organizzate in bancate decimetriche con intercalazioni di cineriti bianche, debolmente laminate, in cui sono presenti pomici bianche e in misura inferiore litici lavici, scorie e cristalli di pirosseno. Pleistocene medio. 11

12 DEPOSITI SEDIMENTARI POSTOROGENI. RNM - Conglomerati di Colle Ramanna. Alternanza di banchi conglomeratici, eterometrici e poligenici, a grado variabile di cementazione e classazione. Ambiente fluviale e di conoide alluvionale. Pleistocene medio? UMNa - Sintema di Mandela (litofacies conglomeratica). Depositi conglomeratici poligenici, a matrice arenitica, con intercalazioni sabbioso-limose, di aspetto massivo. Ambiente fluviale. Pliocene superiore? SUBSTRATO MESO-CENOZOICO (MONTI DI CASTEL MADAMA E LUCRETILI). SPT1b - Unità Spongolitica - Membro di Guadagnolo (litofacies marnosa). Marne argillososiltose grigie ed ocra, spesso bioturbate, e marne calcaree grigie in strati di cm, con foraminiferi planctonici, radiolari e spicole di poriferi. Intercalazioni irregolari di calcareniti e calciruditi bioclastiche avana in banchi spessi fino ad oltre 1 metro, contenenti frequenti foraminiferi bentonici rimaneggiati. Miocene inferiore-medio (Burdigaliano - Langhiano). SPT1a - Unità Spongolitica - Membro di Guadagnolo (litofacies calcarenitica). Alternanze di calcareniti fini e medie, in bancate irregolari, talora gradate, di colore avana e nocciola, con punti di ossidazione di colore rosso, marne e marne calcaree di colore grigio, giallastro e avana in strati decimetrici. Presenza di fenomeni da deformazione sinsedimentaria. La parte bassa è caratterizzata da calcari bio-litoclastici a macroforaminiferi ( brecciole a Lepidocycline, Miogypsine e Amphistegina sp.), e marne calcaree compatte con foraminiferi planctonici. Miocene inferiore (Burdigaliano). CFR2 - Membro delle Calcareniti a Miogypsine e Lepidocycline. Calcareniti e calciruditi bioclastiche di colore avana e nocciola, talora rosato, disposte in strati e banchi di spessore variabile da 20 cm a 1 m, ricche in macroforaminiferi (Lepidocycline, Miogypsinoides e Miogypsina), e subordinate marne calcaree grigiastre e verdognole, generalmente nodulari e bioturbate, associate a pebbly calcarenites o pebbly mudstones ; presenti noduli di selce grigiastra, bruna e nocciola, particolarmente frequenti nella porzione inferiore. Nella porzione superiore si individuano livelli di calcilutiti avana chiaro a foraminiferi planctonici. Oligocene superiore- Miocene inferiore (Chattiano - Aquitaniano). CDZ - Scaglia cinerea detritica. Marne e marne argillose grigio-verdastre in pacchi di strati decimetrici, cui si alternano frequentemente calcareniti e calciruditi bioclastiche ( brecciole ), talora gradate, contenenti abbondanti foraminiferi bentonici rimaneggiati, sovente isorientati, in strati spessi fino a 60 cm, e calcari marnosi grigi e biancastri in strati di cm, localmente con piccoli noduli di selce, contenenti foraminiferi planctonici. Eocene superiore Oligocene superiore (Priaboniano - Chattiano). SC - Scaglia (scaglia rossa, scaglia bianca). Calcari marnosi bianchi, rosati e rossi, a frattura concoide, talora ben stratificati, con liste e noduli di selce rossa, grigia e nerastra. Nella scaglia rossa sono presenti, inoltre, calciruditi e calcareniti spesso laminate, di colore biancastro e grigio, in strati di spessore anche metrico. Contengono foraminiferi planctonici e Radiolari nei litotipi lutitici e calcareo-marnosi, foraminiferi bentonici in quelli più grossolani. Cretaceo superiore (Albiano sup. - Turoniano). FUC - Marne a Fucoidi. Marne e marne argillose rosate, verdoline e grigio chiaro, con orizzonti marnoso-argillosi grigio-nerastri (black shales), in strati sottili di 5-6 cm; marne calcaree e calcari marnosi biancastri, verdolini e grigio chiaro, con rari noduli di selce nera e bruna, in strati di 12

13 10-20 cm. Contengono foraminiferi planctonici, Radiolari, impronte di Chondrites. Cretaceo inferiore (Aptiano - Albiano). MAI Maiolica. Calcari micritici bianchi, grigi e giallini, a frattura concoide, ben stratificati, con selce policroma in liste e noduli. La potenza degli strati varia da 10 a 100 cm. Intercalazioni di brecce calcaree medio-grossolane e calcareniti avana in strati spessi da 30 cm fino a 2 m, talora a geometria lenticolare. Localmente, verso il tetto, marne argillose verdastre, spesse da 5 a 30 cm. Fossili: rari Aptici, Radiolari, Calpionellidi. Giurassico superiore Cretaceo inferiore (Titoniano - Barremiano). DPO - Calcari detritici a Posidonia. Calcareniti e calciruditi oolitiche e litoclastiche nocciola, in bancate spesse 1-3 m, talora con base erosiva, contenenti selce in liste e noduli, spessi fino a 40 cm. Rare alternanze di calcareniti fini e micriti con selce. Contengono Protopeneroplis striata nelle porzioni oolitiche, mentre nelle litofacies più fini sono presenti gusci di Lamellibranchi pelagici (Posidonia sp.) e Radiolari. Giurassico medio (Baiociano Batoniano). RSA Rosso ammonitico. Calcari marnosi nodulari rossastri, marne calcaree e argille rosse e verdastre, talora con abbondanti ammoniti. Giurassico inferiore (Aaleniano Toarciano) COK Corniola e calcari selciferi. Alternanze di biomicriti marnose grigie, biomicriti con selce e biomicriti da finemente a grossolanamente bioclastiche, con intercalazioni di calcari clastici e bioclastici e, talora, marne argillose. Giurassico inferiore (Pliensbachiano Sinemuriano). MAS Calcare massiccio. Calcari bianchi, ceroidi, subcristallini e cristallini, in grosse bancate, calcari avana finemente detritici, calcari oolitici e calcari brecciati rossastri. Giurassico inferiore (Sinemuriano Hettangiano). SUBSTRATO MESO-CENOZOICO (MONTI RUFFI E PRENESTINI). UAPd Associazione arenaceo-pelitica. Arenarie medio-fini, grigie e giallastre, in strati da sottilissimi a spessi con subordinate peliti grigio scure al tetto. Miocene superiore (Tortoniano- Messiniano). UAPc - Complesso torbiditico altomiocenico laziale-abruzzese (litofacies arenacea). Arenarie in strati da spessi a molto spessi o massicci, con frequenti fenomeni di amalgamazione. Miocene superiore (Tortoniano). UAPb - Complesso torbiditico altomiocenico laziale-abruzzese (litofacies arenaceo-pelitica). Arenarie in strati da spessi a molto spessi alternati a livelli pelitici subordinati. Miocene superiore (Tortoniano). UAM3 - Unità argilloso-marnosa (Membro delle argille a Orbulina). Marne e marne calcaree, con bioturbazioni, di colore grigio e giallastro nella porzione basale; presenza, a luoghi, di glauconite. Marne argillose di colore grigio-bruno, ricche in foraminiferi planctonici (Orbulina spp.), nella porzione superiore. Talora nella porzione inferiore si riscontrano laminazioni centimetriche. Miocene superiore (Tortoniano). UAM1 - Unità argilloso-marnosa (Membro delle marne calcaree). Calcareniti e subordinate calciruditi fini, lito-bioclastiche, con abbondante glauconite e noduli fosfatici, color marrone e verdastro. Ricche di foraminiferi planctonici. Miocene medio (Tortoniano). UaO Mane calcaree e calcari marnosi grigi. Associazione di una litofacies marnosa e una litofacies biocalcarenitica in strati sottili e con frattura prismatica, spesso con granuli di glauconite. Miocene medio (Serravalliano p.p.) 13

14 CBZ3 - Unità dei calcari a Briozoi e Litotamni (Calcareniti a Briozoi). Calcareniti e calciruditi di colore grigio-biancastro, avana e marrone, con abbondanti frammenti di Briozoi (prevalenti nella porzione inferiore), frammenti di echinodermi, foraminiferi bentonici e frammenti di litotamni (comuni nella porzione superiore). A luoghi, verso l alto sono presenti intercalazioni di calcareniti fini avana chiaro con comuni foraminiferi planctonici. Miocene medio superiore? (Serravalliano - Tortoniano?). CBZ2 - Unità dei calcari a Briozoi e Litotamni (Calcareniti a punti rossi). Calcareniti e subordinate calciruditi prevalentemente bioclastiche (la frazione bioclastica è simile a CBZ 3 : frammenti di litotamni, briozoi, echinodermi, bivalvi, ditrupe e serpulidi, associati a foraminiferi bentonici e planctonici) in strati piano-paralleli con spessori da 10 cm a 30 cm, con punti di ossidazione di colore rosso. Rare intercalazioni marnose molto sottili (spessori da millimetrici a centimetrici). Caratteristica la presenza di livelli con frequenti noduli di selce di colore bruno e grigio. Localmente si assiste allo sviluppo di stratificazione incrociata a basso angolo. Miocene medio (Serravalliano). CFR1c - Membro delle Calcareniti a Nummuliti (litofacies marnosa). Alternanze di marne, calcari marnosi e marne argillose di colore grigio-verdastro, giallastro e avana, ricche in foraminiferi planctonici (globigerinidi, spesso di grossa taglia), disposte in strati da centimetrici (talora foliati) a decimetrici, localmente nodulari o fortemente bioturbati; presenti livelli di selce marrone, bruna e nocciola, raramente grigiastra. Si intercalano frequenti livelli di calciruditi e calcareniti bio-litoclastiche e lito-bioclastiche gradate, ricche in macroforaminiferi (piccole nummuliti e lepidocycline), in strati e bancate, spesso canalizzate. Verso la porzione inferiore dell unità, nonché spostandosi verso il settore meridionale, si riscontra un aumento dei livelli più grossolani e detritici con sviluppo di calciruditi ad elementi plurimetrici (prevalenti i calcari di piattaforma carbonatica cretacea). A più altezze si riscontra la presenza di pebbly mudstones e calciruditi ad elementi ben arrotondati in matrice marnosa. Comuni i fenomeni da deformazione sindeposizionale. Oligocene (Rupeliano - Chattiano). CFR1b - Membro delle Calcareniti a Nummuliti (litofacies calcarenitica). Calcareniti e calciruditi a macroforaminiferi (nummuliti e discocycline prevalenti), in strati e banchi di spessore medio compreso tra 25 e 60 cm, talora rappresentando il litotipo esclusivo, con noduli di selce più biancastra e grigiastra. Sono presenti intercalazioni di calcari micritici in strati da centimetrici a decimetrici, di colore avana chiaro e nocciola, con selce in lenti e noduli. Nella parte alta prevalgono marne e marne calcaree con foraminiferi planctonici; sempre presenti gli intervalli calciruditici bioclastici. Eocene superiore - Oligocene inferiore (Priaboniano - Rupeliano). SCZ2b - Unità della scaglia detritica, Membro superiore (litofacies calcareniticocalcilutitica). Calcareniti avana, nocciola e biancastre, bio-litoclastiche e bioclastiche, spesso gradate, e calciruditi lito-bioclastiche bianche e avana, a luoghi ricche in macroforaminiferi. Si intercalano calcilutiti, calcari marnosi e marne calcaree, di colore avana chiaro, nocciola e verdognolo, in strati sottili e medi con liste e noduli di selce grigia chiara, talora rossastra, e microfauna a foraminiferi planctonici. Eocene (Ypresiano - Priaboniano). SCZ2c - Unità della scaglia detritica, Membro superiore (litofacies calciruditica). Calciruditi e calcareniti bioclastiche biancastre cristalline in strati spessi, sovente con brecce. Caratterizzata da abbondanti risedimenti grossolani con sviluppo di vere e proprie megabrecce a base fortemente erosiva (gli elementi litoclastici coinvolti sono rappresentati prevalentemente da calcari di piattaforma carbonatica cretacea). Il biodetrito grossolano è rappresentato da frammenti di rudiste, coralli ed echinodermi. Eocene inferiore (Ypresiano). 14

15 C Calcare saccaroide ad orbitoidi. Calcareniti e calciruditi biancastre ad orbitoidi, frammenti di rudiste e di echinodermi, ricristallizzate e talora dolomitizzate, in strati medi e spessi e con intercalazioni di calcilutiti. Cretaceo superiore (Campaniano Maastrichtiano). SCZ1 - Unità della scaglia detritica, Membro inferiore. Micriti (calcilutiti), talora leggermente marnose, di colore bianco e avana chiaro, ben stratificate in strati da sottili a medi, con microfauna a foraminiferi planctonici (globotruncane) e subordinati livelli ricchi in calcisphaerulidi; frequenti livelli con selce in liste e noduli di colore grigio, avana e nocciola. Intercalazioni frequenti di calcareniti e calciruditi (rare le megabrecce) lito-bioclastiche e bio-litoclastiche gradate, con abbondanti frammenti di rudiste e inoceramidi associati a foraminiferi bentonici (rimaneggiati dalla piattaforma) e plantonici. Nella parte alta prevalgono le calcareniti gradate in strati di cm. Cretaceo superiore (Turoniano - Campaniano). 4. CARTA LITOTECNICA La legenda della carta litotecnica è stata elaborata a partire dalle descrizioni delle unità geologiche, supportate da osservazioni di campagna, seguendo i criteri adottati in occasione del progetto Geomap-Agristudio del e dal progetto pilota del Dipartimento di Scienze Geologiche dell'università Roma Tre del Le unità della Carta geologica, definite con criteri bio-litostratigrafici coerentemente alle specifiche del Progetto CARG, sono state accorpate in unità litotecniche omogenee, in base alle loro caratteristiche di comportamento meccanico. Le unità così definite, con la caratterizzazione litotecnica e la loro corrispondenza con le unità formazionali della Carta geologica, sono descritte nelle tabelle 4.1, 4.2 e 4.3, per i tre grandi tipi di unità che affiorano nell'area di studio: depositi recenti e terreni di copertura, unità vulcaniche, unità sedimentarie. Tab depositi recenti, terreni di copertura, depositi sedimentari postorogeni caratteristiche delle unità litotecniche e loro corrispondenza con le unità geologiche unità litotecnica (h) deposito antropico a alluvioni (d) detriti c colluvioni/eluvioni z frana (lc) deposito lacustre t travertini Cg conglomerati descrizione deposito eterogeneo sciolto deposito limososabbioso inconsolidato deposito eterogeneo sciolto deposito limosoargilloso-sabbioso terre sciolte deposito limososabbioso comportamento granulare granulare duttile granulare granulare duttile terre sciolte granulare duttile unità geologica (sigle Carta geologica) h - depositi antropici SFT bb - depositi alluvionali at alluvioni antiche terrazzate, depositi lacustri SFT a depositi di versante conoide SFT b2 depositi eluvio-colluviali z accumuli di frana da terrosi a litoide rigido TBTa travertini conglomerati grossolani più o meno cementati da litoide a granulare dla depositi limo-argillosi in facies palustre o lacustre RNM Conglomerati di Colle Ramanna UMNa Sistema di Mandela (facies conglomeratica) 15

16 Tab unità vulcaniche caratteristiche delle unità litotecniche e loro corrispondenza con le unità geologiche unità litotecnica Poz piroclastico, Pozzolane (Pcl) piroclastico, ceneri e lapilli Pt piroclastico, tufo litoide (Pcs) piroclastico, ceneri e scorie descrizione granulare, granulometria mal classata, grossolana in matrice cineritica da litoide a granulare, mai coesivo litoide per zeolitizzazione, densità 1,6-1,8 da granulare a coesivo, secondo il grado di alterazione degli strati comportamento granulare rigido granulare rigido da granulare a coesivo unità geologica (sigle Carta geologica) PNR Pozzolane nere RED Pozzolane rosse KKA Unità di Casale del Cavaliere PTI Unità del Palatino TDC Unità di Tor de' Cenci VCL Formazione di Le Vallicelle Tab unità sedimentarie caratteristiche delle unità litotecniche e loro corrispondenza con le unità geologiche unità litotecnica Ca calcareniti e calcari Mca marne e calcareniti descrizione comportamento unità geologica (sigle Carta geologica) litoide, fratturato rigido CFR2 Membro delle Calcareniti a Miogypsine e Lepidocycline MAS Calcare massiccio CBZ3, CBZ2 Unità dei calcari a Briozoi e Litotamni CFR1b Membro delle Calcareniti a Nummuliti, litofacies calcarenitica SCZ2b, SCZ2c Unità della Scaglia detritica, membro superiore C Calcare saccaroide ad orbitoidi litoide alternanza SPT1a Unità Spongolitica Membro di Guadagnolo, rigido e duttile litofacies calcarenitica CDZ Scaglia cinerea detritica CFR1c Membro delle Calcareniti a Nummuliti, litofacies marnosa Cs calcari stratificati MC marne e calcari (MP) marne e peliti Ar arenarie con intercalazioni pelitiche litoide, fratturato rigido SC Scaglia rossa, Scaglia bianca MAI Maiolica DPO Calcari detritici a Posidonia RSA Rocco ammonitico COK Corniola e calcari selciferi litoide, alternanza rigido e duttile SCZ1 Unità della Scaglia detritica, membro inferiore SPT 1b -- Unità spongolitica, membro di Guadagnolo, litofacies marnosa FUC Marne a fucoidi UAM1 Unità argilloso-marnosa, Membro delle marne calcaree UaO Marne calcaree e calcari marnosi grigi litoide duttile UAM3 Unità argilloso-marnosa, Membro delle argille a Orbulina litoide alternanza rigido e duttile UAPd Associazione arenaceo-pelitica UAPc Complesso torbiditico altomiocenico lazialeabruzzese, litofacies arenacea UAPb Complesso torbiditico altomiocenico lazialeabruzzese, litofacies arenaceo-pelitica 16

17 Dal punto di vista del peso che le unità litotecniche avranno nel processo di definizione della suscettibilità da frana, questo dipende anche dalla quantità ed estensione degli affioramenti. Per questa ragione, nelle tabelle qui sopra, questa caratteristica è stata segnalata con il modo in cui la sigla è scritta: Le unità la cui sigla è in carattere grassetto, presentano affioramenti estesi e diffusi, Le unità la cui sigla è in carattere normale, presentano affioramenti estesi solo localmente, Le unità la cui sigla è fra parentesi, presentano affioramenti trascurabili. 5. LAYER COPERTURE Il layer coperture è in realtà costituito da due layer diversi. Un layer di poligoni, dove sono stati riportati tutti gli affioramenti dei depositi cartografati sulla Carta litotecnica come corpi litologici distinti, ossia le unità con sigla h, a, d, c, lc, z. Si tratta quindi di depositi antropici, alluvionali e lacustri, depositi di versante, conoidi ed accumuli di frana, coltri eluviali e colluviali. A questi sono stati aggiunti i poligoni costituiti dai canali di transito delle frane per colata, all'interno dei quali si è riscontrata la presenza di una sottile copertura detritica e quelli all'interno dei quali sono stati rilevati fenomeni di soliflusso, evidentemente innescati su di una coltre, seppure sottile, di copertura, anche se non cartografata come tale sulla carta litotecnica. Un layer di punti, provenienti dalle osservazioni di terreno, in corrispondenza dei quali è stata osservata la presenza di copertura, non cartografabile e/o di spessore inferiore a 2 metri. Si tratta di quelle aree dove nella Carta geologica è affiorante il substrato e che quindi compaiono nella banca dati come dati puntuali legati ai punti di osservazione sul terreno. La tabella associata al file riporta il numero progressivo del punto, gli spessori minimi e massimi stimati. Per quanto riguarda questo tipo di coperture, si possono fare le seguenti considerazioni. Nelle zone occupate dalle unità litotecniche del litosoma vulcano laziale, che nell'area di studio sono in genere poco estese ed hanno in gran parte un assetto orizzontale, le coperture derivanti dal loro disfacimento sono prevalentemente di origine eluviale e di composizione da argillosa a sabbioso-argillosa, dipendente prevalentemente dal grado di alterazione del tipo litologico da cui derivano. Nella parte dove affiorano le unità dei substrati meso-cenozoici le caratteristiche delle coperture variano in funzione della loro litologia. In pratica, le unità geologiche/litotecniche che hanno una maggior estensione e che possono dare origine a delle coperture di una qualche rilevanza, sono distinguibili in quattro diversi gruppi per i quali si possono descrivere di massima le seguenti caratteristiche. Calcareniti e calcari (Ca) del substrato cenozoico dei Monti Ruffi e Prenestini (Unità dei Calcari a Briozoi e Litotamni CBZ3): le coperture sono caratterizzate da numerosi clasti di dimensioni centimetriche in matrice sabbiosa calcarea, talora rossastra. Esse raggiungono raramente il metro di spessore e sono completamente assenti nelle zone dove gli affioramenti presentano una forte acclività. In questa distinzione rientra anche la formazione del Calcare massiccio, MAS del substrato mesozoico dei Monti di Castel Madama. Marne e calcareniti (MCa) del substrato cenozoico dei Monti di Castel Madama (Unità Spongolitica, Membro di Guadagnolo SPT1b): le coperture hanno di norma spessore inferiore a 1,5 m e sono caratterizzate da livelli clastici alternati ad altri a forte componente argilloso-siltosa, secondo la maggiore o minore presenza di intercalazioni marnose nel substrato. 17

18 Nelle zone a minore pendenza prevalgono le coperture di tipo eluviale costituite da depositi sabbioso-argillosi. Calcari stratificati (Cs) del substrato mesozoico dei Monti di Castel Madama (dalla Corniola COK alla Scaglia SC): la serie si presenta generalmente coperta da una coltre pressoché costante, ma generalmente poco potente e con ispessimenti in corrispondenza di fratture beanti, costituita da un elevata percentuale di elementi litoidi di dimensioni centimetriche immersi in una matrice sabbioso-limosa calcarea. Arenarie con intercalazioni pelitiche (Ar) del substrato cenozoico dei Monti Ruffi e Prenestini (Complessi torbiditici con litofacies arenaceo-pelitica UAPb ed arenacea UAPc): per la loro predisposizione ad essere facilmente alterate dagli agenti esogeni, specialmente se intensamente fratturate, si presentano molto spesso con coperture sabbioso-siltose e talora argillose anche su estese superfici, ma con spessore piuttosto limitato. Le valutazioni riferite a molte aree sono frequentemente abbastanza costanti, ma in altre possono oscillare entro un ampia gamma di valori. Questo fatto accade soprattutto in corrispondenza di zone situate su substrati costituiti da alternanze di litotipi a comportamento rigido-plastico, che secondo i casi sono soggetti ad un diverso grado di alterazione, o su rocce prevalentemente calcaree frammentate da sistemi di fratture e interessate da processi di dissoluzione chimica. Da notare che ampie fasce dei terreni sedimentari affiorano in zone con rilievo anche molto accentuato, come nei versanti orientali dei Monti Ruffi, dove la permanenza di coperture con elevato spessore risulta pressoché difficile sui versanti più acclivi, che spesso sono stati coinvolti in movimenti franosi anche di grandi dimensioni. 6. LAYER FRANE E LAYER PUNTI INSTABILI. 6.1 PREMESSA Questo paragrafo, che riprende l'analogo paragrafo del capitolo 5 della Relazione Finale del progetto pilota (Dipartimento di Scienze Geologiche dell'università Roma Tre, ), è stato riportato integralmente qui di seguito per facilitare la comprensione della scelta della procedura adottata nella realizzazione dell'analisi della suscettibilità da frana. Le frane rappresentano uno dei fenomeni naturali più calamitosi attivi sul territorio nazionale, essendo ogni anno causa di danni per persone e beni. Secondo quanto riportato dal Catalogo AVI, realizzato a cura del CNR-GNDCI, sono almeno gli eventi franosi che hanno interessato il territorio nazionale nel periodo intercorrente fra il 1918 e il Di questi, hanno compromesso la totalità del bene oggetto del danno, mentre hanno provocato vittime o feriti. É per questo motivo che gli organi amministrativi centrali e locali si stanno sempre più dotando di strumenti normativi, a partire dalla Legge 183/89 per giungere alla Legge 267/98, volti ad ottenere un più razionale utilizzo del territorio, mediante l acquisizione di conoscenze di base, derivanti dalla mappatura dei processi di versante e delle loro interazioni con insediamenti urbani ed altre infrastrutture. L area in esame non è certo immune da questo tipo di fenomeni che evidenziano vari livelli di rischio cui sono soggette diverse porzioni di territorio. Il Decreto Legislativo 180 dell 11 giugno 1998 (cosiddetto Decreto Sarno), convertito successivamente nella Legge 267/98, precedentemente enunciata, prevede che le Autorità di Bacino Nazionali, Interregionali e Regionali, adottino i Piani Stralcio per l Assetto Idrogeologico, già previsti dalla Legge 183/89 (Legge Quadro) sulla Difesa del Suolo, in maniera urgente entro il 30 giugno 1999; i Piani suddetti devono contenere la perimetrazione delle aree a rischio frana e al- 18

19 luvione, al fine di prevedere opportune misure di salvaguardia. Questa procedura è sostanzialmente confermata dal Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 (Testo Unico sull'ambiente). Il principale criterio suggerito per la perimetrazione delle aree a rischio è l individuazione delle zone in cui la maggiore vulnerabilità del territorio si lega a maggiori pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale ; i criteri tecnici con cui i Piani Stralcio devono essere redatti sono contenuti negli Atti di Indirizzo e Coordinamento che accompagnano la Legge 267/98 (DPCM 29/09/98) (Piano Straordinario). Nei suddetti Atti di Indirizzo e Coordinamento, ove è espressamente individuata una metodologia per valutare i livelli di rischio in quattro classi, viene esplicitamente enunciato quanto segue: ( ) la pericolosità ( ) può essere realizzata attraverso metodologie capaci di calcolare la probabilità di accadimento in aree mai interessate in epoca storica ( ). Tuttavia i limiti temporali ( ) consentono di assumere quale elemento essenziale per l individuazione del livello di pericolosità, la localizzazione ( ) di eventi del passato ( ). Da quanto enunciato appare evidente la sensibilità del Legislatore sulla necessità di valutare il rischio connesso ai fenomeni di neoformazione che però in prima istanza viene rimandato ad una seconda fase, considerando come prioritario il censimento dei fenomeni in atto o del passato. Un approccio di tale tipo, pur valido per i fenomeni franosi di riattivazione, non è idoneo per l identificazione di aree soggette a fenomeni di prima generazione. Risulta però evidente che per una corretta pianificazione territoriale è necessario disporre sia di un accurato censimento dei fenomeni avvenuti sia, almeno, di una previsione spaziale (suscettibilità) che consenta di valutare quali aree possano essere interessate nel futuro da frane e da quali tipologie di frane. Nel presente lavoro viene applicata una metodologia idonea sia a valutare l evoluzione spaziale dei fenomeni in essere, sia ad individuare le aree predisposte alla genesi di fenomeni di neo-formazione per le diverse tipologie di frana che interessano l area di studio. 6.2 MODO OPERATIVO Per dare un quadro aggiornato della situazione di stabilità dei versanti ed arrivare alla caratterizzazione della suscettibilità da frana dell'area di studio, che è lo scopo ultimo di questo studio, si è seguita la metodologia elaborata per il progetto pilota realizzato dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'università Roma Tre, con alcune modifiche, legate soprattutto alla diversità delle condizioni geologiche e geomorfologiche di alcune porzioni dell'area di studio. Come prima operazione si è proceduto ad acquisire ed inserire nella banca dati gli archivi dei dati esistenti, in particolare quelli fornitici dal Servizio Geologico Provinciale (che comprendevano anche quelli dell'autorità di Bacino del Tevere e dell'inventario IFFI), in parte già contenuti nel progetto "franarisk_rm", integrati dai dati dell'archivio SIRDIS regionale, e i dati provenienti dalle specifiche relazioni selezionate e raccolte da nostro personale presso l archivio del Servizio Geologico Provinciale, relative ad interventi non censiti in altre banche dati. Questi dati sono stati georeferenziati sulle CTR e presi in considerazione come elementi di confronto per indirizzare la fotointerpretazione ed i successivi controlli sul terreno. La fotointerpretazione dei fenomeni franosi è stata eseguita su tutta l'area di studio utilizzando le fotografie aeree stereoscopiche a colori del 2002, unico documento disponibile analizzabile in visione stereoscopica. L interpretazione della copertura fotografica è servita inizialmente per realizzare una prima stesura della carta delle frane (allegata al rapporto di progresso a sei mesi dalla stipula del contratto), e successivamente, per la sua completa revisione dopo aver effettuato il controllo di verifica direttamente in campagna. In questa seconda fase, naturalmente, sono stati 19

20 introdotti anche i numerosi nuovi elementi raccolti che hanno permesso di aggiornare i contenuti del documento. Il layer frane è stato costruito digitalizzando e inserendo in banca dati tutti gli elementi costitutivi dei fenomeni franosi rilevati, areali, lineari e puntuali, con riferimento alle CTR. Ciascun tipo di fenomeno è stato classificato secondo le cinque tipologie previste dal metodo: crolli e ribaltamenti, scorrimenti rotazionali, scorrimenti traslativi, colate lente e colate rapide. A questi cinque tipi, già presenti nel progetto pilota, come già fu fatto nel progetto Geomap-Agristudio del , è stato aggiunto un altro tipo, definito come area interessata da deformazioni superficiali lente (soliflusso), perché questa tipologia è presente in maniera piuttosto estesa in alcune zone dell'area di studio. Gli elementi lineari e areali rappresentati, ove riconoscibili, sono costituiti da corona, nicchia, canale di transito, materiale ribassato, materiale d'accumulo. Per tutti è stato indicato lo stato, se attivo o quiescente. Il layer dei punti instabili è stato costruito marcando, per i fenomeni areali e per le corone isolate, il punto a quota più alta del coronamento, mentre tutti i fenomeni puntiformi sono stati considerati punti instabili tal quali. A tutti gli elementi mappati sono stati associati i codici dei dissesti presenti nelle diverse banche dati preesistenti, dovunque è stato possibile stabilire una corrispondenza o anche una correlazione genetica. 6.3 CENSIMENTO DEI FENOMENI FRANOSI. Il censimento dei fenomeni franosi, realizzato secondo la procedura illustrata al punto precedente, ha portato alla preparazione del layer frane e di una serie di 20 schede rappresentative dei fenomeni più tipici osservati nell area di studio, schede che sono state inserite all'interno del progetto "Franarisk_rm_2012". Tipologie di frana La classificazione riprende quanto già definito nel progetto pilota originale, con alcune varianti che erano già state applicate nello studio dell area relativa al contratto Geomap-Agristudio del Le descrizioni che seguono si riferiscono alle tipologie dei fenomeni gravitativi rilevati nell intera area analizzata, le quali sono da considerarsi di carattere generale, perché sono basate sul meccanismo che ha prodotto il fenomeno senza tener conto della natura dei materiali coinvolti e delle loro varie e diverse litologie. Di fatto, quasi tutto il territorio analizzato è costituito da tipi di rocce sedimentarie variamente stratificate, ad eccezione di una sua piccola porzione situata sul margine occidentale dell area di studio (zona di Castel Madama), ove affiorano prodotti vulcanici e piroclastici La morfologia di questo secondo ambiente geologico è caratterizzata da aree di plateau con pendenza nulla o molto bassa, con margini acclivi o prossimi alla verticale dipendenti dall erosione fluviale, mentre, nel prevalente ambiente sedimentario, i versanti si presentano sempre caratterizzati da un acclività da media ad elevata, localmente fino a verticale in corrispondenza di certi affioramenti di rocce massicce o di situazioni tettoniche particolari. Di conseguenza, a causa dei diversi rapporti tra l inclinazione della stratificazione e quella del pendio, delle differenze di litologia e delle condizioni strutturali, sia plicative che disgiuntive, esistono in quest ambito condizioni più favorevoli al verificarsi di fenomeni gravitativi spontanei, spesso caratterizzati da fenomeni anche di grandi dimensioni e da forme evolutive talora piuttosto complesse. 20

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