CAPITOLO TIPOLOGIE DEGLI ELASTOMERI. Sinossi

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1 CAPITOLO TIPOLOGIE DEGLI ELASTOMERI Sinossi I n questo capitolo viene presa in esame una classe di materiali polimerici caratterizzati da una proprietà comune, cioè di comportarsi come materiali iperelastici e che quindi possono essere sottoposti ad allungamenti reversibili molto elevati, generalmente superiori a due volte la lunghezza iniziale, prima di giungere a rottura. I materiali plastici sono stati distinti in termoplastici e termoindurenti sulla base del loro comportamento a temperature relativamente elevate o della loro struttura reticolata o meno. Esistono elastomeri appartenenti sia alla classe dei termoplastici che dei termoindurenti; in questo secondo caso, tuttavia, il grado di reticolazione è molto limitato, così che un reale indurimento non avviene, anche se non è comunque possibile portare il materiale allo stato di fuso viscoso, lavorabile. Per queste caratteristiche gli elastomeri vengono spesso considerati una classe di polimeri a sé. Come discusso nel Cap. 21, le proprietà meccaniche dei polimeri, ed in particolare la resistenza e la rigidezza, sono associate a fattori strutturali quali la cristallinità, il peso molecolare, la rigidezza delle catene, la mobilità intra e intermolecolare. Gli elastomeri sono in genere amorfi, con poche interazioni forti intermolecolari e presentano molecole altamente flessibili. Lo stiro del materiale provoca un facile movimento relativo e sgrovigliamento delle molecole, che continuano ad allungarsi per effetto di debole sollecitazione fino a che queste raggiungono una situazione di allineamento quasi completo. La rimozione della sollecitazione consente il ritorno delle molecole alla conformazione riaggomitolata e aggrovigliata casuale iniziale con recupero pressoché totale della deformazione. Figura Comportamento meccanico di un elastomero sottoposto a stiro uniassiale e variazione della sua conformazione molecolare Perché questo sia possibile, la struttura non deve consentire scorrimento totale tra le molecole, ma solamente svolgimento e scorrimento relativo locale tra G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 1 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

2 porzioni di catene polimeriche. La Figura 23.1 illustra schematicamente la relazione tra comportamento meccanico e deformazione molecolare. In questo capitolo vengono richiamati i concetti alla base delle relazioni tra struttura molecolare delle gomme e comportamento elastomerico; vengono quindi presentati i principali tipi di elastomeri, con riferimento a quelli di maggiore interesse per le applicazioni aerospaziali Origine termodinamica e molecolare dell'elasticità delle gomme entre dal punto di vista fenomenologico, il M comportamento meccanico delle gomme può essere rappresentato mediante leggi costitutive iperelastiche (vedi Cap. 22), dal punto di vista termodinamico, la tendenza delle molecole degli elastomeri a riprendere la configurazione originaria di molecole raggomitolate, dopo essere state deformate, può essere descritta con riferimento alle variazioni entropiche nel materiale. Ricordando che in un sistema termodinamico l'entropia è una misura del grado di disordine, la situazione di materiale non deformato corrisponde ad uno stato di elevata entropia in quanto le molecole possono assumere configurazioni altamente casuali (gomitolo statistico). Quando una forza esterna viene applicata, la deformazione corrispondente limita il numero di possibili configurazioni delle molecole e l'entropia diminuisce. La rimozione della forza esterna e la naturale tendenza ad assumere condizioni di massima entropia generano il richiamo del materiale verso la forma originaria. Per un elastomero in cui le rotazioni intorno ai legami sono libere, le conformazioni assunte sono il risultato di movimenti casuali di tipo browniano; è quindi possibile definire una relazione tra variazione di entropia, forza applicata e allungamento corrispondente: f = (-T S)/ r dove f è la forza di richiamo, r è la lunghezza, T e S sono rispettivamente la temperatura e l'entropia totale del sistema. La forza corrispondente è solitamente bassa, così che le gomme presentano rigidezza molto limitata. La Figura 23.2 mostra l'andamento qualitativo dell'entropia in un elastomero sottoposto a stiro. In condizioni di stiro uniassiale, viene definito il modulo ( f* ) di un elastomero come rapporto tra sforzo nominale applicato e ( -1/ 2 ) dove è il rapporto di stiro (lunghezza/lunghezza iniziale); è legato alla temperatura e alla struttura molecolare dalla seguente relazione: f* = f/[a 0 ( - -2 )] = FkT/V 0 dove F è un parametro che dipende dalla struttura topologica del reticolo (densità di reticolazione, numero di catene unite nei punti di reticolo, numero di catene effettivamente appartenenti al reticolo, ecc.), k è la costante di Boltzmann, T la temperatura assoluta, A 0 e V 0 sono la sezione e il volume nominale dell elastomero. Va osservato che, fintanto che la rotazione intorno ai legami in catena è libera, la forza di richiamo, e di conseguenza il modulo, risultano essenzialmente indipendenti dalla natura chimica delle catene e dal tipo di legami in catena. Nella realtà, restrizioni alle rotazioni libere, indotte da impedimenti sterici e interazioni intercatena, possono variare in modo anche importante l effettivo valore della rigidezza della gomma. Figura 23.2 Variazione dell'entropia di un elastomero sottoposto a stiro uniassiale. Gli elastomeri mostrano generalmente capacità di recupero anche delle deformazioni di compressione. Quando il materiale è sottoposto a compressione, le molecole vengono forzate in uno stato di maggiore ordine rispetto a quello del gomitolo statistico. Anche in questo caso, quindi l'entropia diminuisce e la rimozione della compressione provoca il ritorno del materiale a configurazioni di massima entropia. Un polimero può risultare elastomerico a temperatura ambiente, ma rigido e fragile a bassa temperatura. La perdita del comportamento elastomerico è associato alla capacità delle molecole di subire scorrimenti relativi tra loro e movimenti a lungo raggio. Questo è possibile al di sopra della temperatura di transizione vetrosa, che rappresenta quindi un limite inferiore per l'impiego dell'elastomero come tale. Possono, quindi, essere considerati gomme o elastomeri, polimeri aventi Tg inferiore alla temperatura ambiente (o di utilizzo). Nelle gomme reticolate (vulcanizzate) la presenza di vincoli tra le catene ne riduce la mobilità, rendendo la gomma più rigida, meno deformabile, con Tg più elevata. I punti di reticolazione devono quindi essere pochi, sufficienti da impedire lo scorrimento viscoso del materiale, ma al contempo tali da consentire ampia mobilità ai tratti di catena tra due punti di vincolo. La maggior parte delle gomme vulcanizzate presenta circa un centinaio di unità atomiche tra punti di reticolazione G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 2 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

3 contigui (il termine vulcanizzazione indica il processo di reticolazione condotto mediante l impiego di zolfo come reticolante). La presenza dei crosslinks riduce la deformazione a creep, impedisce la fusione e limita la massima deformazione raggiungibile. L'aumento del grado di reticolazione aumenta la durezza e il modulo della gomma, la sua Tg e ne riduce la deformabilità. rigidezza, fino a perdere le caratteristiche elastomeriche Gomma naturale, gomme alifatiche sintetiche, gomme resistenti agli oli li elastomeri alifatici sono le gomme più diffuse. G A questo gruppo appartengono la gomma naturale, ottenuta a partire dal caucciù, e gomme sintetiche di largo impiego. La gomma naturale, estratta dalla pianta di Hevea braziliensis, è stata impiegata fin da prima della sua scoperta da parte del mondo occidentale nel 16 secolo. Il processo di estrazione porta ad ottenere una emulsione acquosa di componenti polimerici insolubili, il lattice. Con la rimozione della componente acquosa si ottiene la gomma naturale cruda, che ha trovato ampia applicazione nell impermeabilizzazione di tessuti e calzature, palle da gioco, gomme per cancellare, etc. Questo materiale è costituito da cis-poliisoprene ad alto peso molecolare, la cui struttura molecolare è mostrata in Figura 23.3 e si differenzia dalla struttura trans- (tipica della gutta percha) per la diversa simmetria dei gruppi CH 3 legati alla catena principale. La configurazione cis conferisce una elevata flessibilità alle molecole, diversamente dalla configurazione trans, che invece permette la formazione di una fase cristallina rigida; la gutta percha risulta sensibilmente più rigida e meno deformabile della gomma da Hevea. La gomma cruda, tuttavia presenta rammollimento e scorrimento ad alta temperatura. Nel 1837 Charles Goodyear presentò il brevetto della gomma vulcanizzata: egli aveva scoperto casualmente che cuocendo la gomma naturale in presenza di zolfo la stabilità ad alta temperatura veniva sensibilmente migliorata, consentendone l uso in innumerevoli applicazioni, da pneumatici a guarnizioni e sigillanti, da tessuti impermeabili a suole per calzature, ecc. Successivamente si chiarì che lo zolfo forma ponti di reticolazione tra le diverse molecole di poliisoprene, rendendolo termoindurente. Oggi si usa spesso definire vulcanizzazione la reticolazione della gomma, anche quando non viene fatto uso di zolfo, ma di altri agenti reticolanti. La gomma naturale resta altamente deformabile anche dopo vulcanizzazione, potendo raggiungere allungamenti anche superiori a 10 volte la lunghezza iniziale. L alta deformabilità è accompagnata anche da ottima resistenza a trazione, a strappo, a fatica, ad abrasione. Aumentando il contenuto di zolfo (o altro reticolante) e il tempo di vulcanizzazione, la reticolazione continua portando a riduzione della deformabilità e aumento della durezza e della b a Figura 23.3 Struttura molecolare del cis-poliisoprene (gomma naturale) (a) e del trans- poliisoprene (gutta percha) (b) La forte richiesta di gomma durante le guerre mondiali e le difficoltà di approvvigionamento in tempo bellico hanno spinto la ricerca verso la sintesi di gomme artificiali con caratteristiche simili al poliisoprene naturale. Solo l impiego di catalizzatori Ziegler-Natta, sviluppati negli anni 50, ha consentito la produzione di poliisoprene sintetico con contenuto cis fino al 90 % in grado di sostituire la gomma naturale in molte applicazioni. Nel frattempo sono state sintetizzate diverse gomme sintetiche con utili caratteristiche. La gomma butilica (IIR), sviluppata negli anni per vulcanizzazione del poliisobutene (o del suo copolimero con isoprene), è in genere meno deformabile e più rigida del poliisoprene e del polibutadiene, ma presenta buona impermeabilità ai gas, capacità di smorzamento di vibrazioni, resistenza a ossidazione; trova applicazione in camere d aria, tubazioni per alte temperature, sistemi antivibranti. La vulcanizzazione del polibutadiene conduce ad una gomma (butadiene rubber, BR) con minore resistenza a trazione e a strappo, rispetto a poliisoprene, ma con minore costo, maggiore flessibilità a basse temperature, buona adesione ai metalli, compatibilità con altri polimeri. Il polibutadiene, tal quale o modificato, viene spesso additivato ad altri polimeri (resine epossidiche, nylon, policarbonato, stirene, ecc.) per conferire tenacità e flessibilità soprattutto alle basse temperature. La copolimerizzazione di butadiene con stirene porta alle gomme SBR (butadiene-styrene rubber). La presenza di gruppi stirenici conferisce alla gomma maggiore resistenza e rigidezza rispetto al solo polibutadiene, con proprietà modulabili in funzione del contenuto di stirene. Copolimeri stirene butadiene, con aggiunta di acrilonitrile, sono alla base dell ABS, che è dotato di ottima tenacità grazie alla presenza della fase elastomerica. Gomme SBR trovano applicazioni in pneumatici, guarnizioni, isolamenti termici, superfici di attrito, adesivi. G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 3 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

4 Le gomme fin qui citate hanno in generale scarsa resistenza a idrocarburi e presentano facile rigonfiamento e degradazione se esposte a oli o combustibili. Gomme resistenti ai lubrificanti e ad ossidazione sono ottenute per copolimerizzazione del polibutadiene con acrilonitrile (gomme nitriliche, NBR); trovano applicazione soprattutto in guarnizioni, membrane, rivestimenti, cinghie di trasmissione. Il cloroprene (CR) o neoprene possiede un atomo di cloro sull unità monomerica della catena. In questo caso la vulcanizzazione non viene effettuata con zolfo, ma mediante ossidi di magnesio e zinco. È dotato di ottima resistenza agli idrocarburi, è autoestinguente e presenta resistenza e rigidezza superiori a polibutadiene e gomma naturale. Viene impiegato in tubazioni e articoli tecnici a contatto con oli e combustibili, tessuti gommati non infiammabili, rivestimenti di cavi elettrici. La Tabella 23.1 riassume alcune caratteristiche delle gomme descritte. Tabella 23.1 Caratteristiche di alcuni materiali elastomerici naturali e di sintesi Nome comune Gomma naturale Resistenza trazione (MPa) Allungamento (%) Resistenza agli oli Temperatura impiego ( C) SBR (Buna-S) Isoprene Gomma nitrilica (Buna-N) Neoprene scarsa scarsa scarsa ottima buona -50/+80-50/+80-50/+80-50/ /+90 Molti elastomeri di largo impiego appartengono alla classe dei poliuretani. Questi costituiscono una famiglia di polimeri estremamente versatili, con caratteristiche variabili da quelle di resine termoindurenti a quelle di polimeri termoplastici rigidi, a quelle di gomme reticolate, a quelle di elastomeri termoplastici, in funzione della struttura molecolare, della composizione e della densità di reticolazione. Negli elastomeri poliuretanici termoindurenti, la reticolazione è ottenuta con formulazioni contenenti molecole polifunzionali (con possibilità di formare 3 o più legami) che portano a gomme termoindurenti con diversa rigidezza e deformabilità in funzione della densità di reticolazione. Oltre alla grande variabilità di prestazioni ottenibili, i poliuretani sono caratterizzati da alte velocità di reazione, che consentono di ottenere manufatti in tempi estremamente rapidi. I prodotti in gomma sono spesso il risultato di formulazioni complesse composte da molti additivi funzionali o di processo diversi (mescole), che possono includere reticolanti, acceleranti di reazione, lubrificanti, antiossidanti, antistatici, cariche, coloranti, ecc. Molto spesso tra questi additivi è presente il nerofumo, costituito da particelle di dimensioni nanometriche di carbonio, altamente porose, ottenute in processi di combustione di idrocarburi. Il nerofumo ha diverse funzioni nella mescola: è una carica rigida che conferisce alla gomma maggiore durezza e, allo stesso tempo, ne aumenta resistenza e allungamento; inoltre, bloccando la penetrazione in profondità delle radiazioni UV, riduce l ossidazione e l invecchiamento ambientale Gomme termoplastiche elle gomme termoplastiche, come nelle gomme N reticolate, il comportamento elastomerico è il risultato dell alta flessibilità delle catene polimeriche. Tra queste, tuttavia, non sono presenti punti di reticolazione; questo consente al materiale di essere riscaldato fino allo stato di fluido viscoso e processato come i comuni materiali termoplastici. In genere le gomme termoplastiche sono costituite da copolimeri o terpolimeri non cristallini, comunemente di natura alifatica, in cui lunghe porzioni di molecole flessibili sono intervallate da gruppi molecolari in grado di associarsi con legami reversibili (cluster) e formare fasi separate, rigide, che agiscono da vincoli tra le diverse catene; tali gruppi sono spesso situati in posizione terminale nella molecola. La Figura 23.4 mostra schematicamente la struttura di una gomma termoplastica. Figura Struttura di una gomma termoplastica butadiene-stirene A fronte di una facile processabilità, gli elastomeri termoplastici possiedono in generale minore stabilità termica e prestazioni meccaniche rispetto alle gomme vulcanizzate. Gomme etilene-propilene (EPR) possiedono resistenza ad ossidazione e a sostanze aggressive (acidi e alcali) superiori rispetto alla gomma naturale, ma minori G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 4 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

5 prestazioni meccaniche, resistenza a idrocarburi e scarsa compatibilità con altri elastomeri. Nelle gomme etilene-propilene-diene (EPDM), la presenza di doppi legami in gruppi laterali permette ancora una eventuale vulcanizzazione e riduce la sensibilità ad invecchiamento e ossidazione, consentendo migliori prestazioni a caldo. Le gomme poliuretaniche termoplastiche, diversamente da quelle termoindurenti, sono costituite da molecole lineari flessibili (solitamente a base polietere) legate da domini rigidi formati dai gruppi isocianati. Altri elastomeri termoplastici di tipo poliestere, poliammidico, stirenico vengono ottenuti per copolimerizzazione o blending di polimeri diversi. In tutte queste gomme la lunghezza delle catene, il rapporto tra domini rigidi e catene elastomeriche e la flessibilità delle molecole determinano la rigidezza e il modulo. La Tabella 23.2 riporta alcune caratteristiche indicative di gomme termoplastiche. Tabella 23.2 Caratteristiche di alcune gomme termoplastiche EPR EPDM PUR Stireniche (SBS/SEBS) Resistenza a trazione (MPa) Allungamento (%) Durezza Shore (A) Temperature di -50/150-50/120-50/140-75/ 100 impiego ( C) Tg ( C) / Elastomeri per applicazioni speciali li elastomeri fluorurati, come i polimeri fluorurati G in generale, possiedono molte caratteristiche peculiari che li rendono particolarmente adatti in molte applicazioni critiche. Nei polimeri fluorurati, alcuni o tutti gli atomi di idrogeno nella molecola sono sostituiti da atomi di fluoro. I fluoroelastomeri sono generalmente copolimeri del fluoruro di vinilidene con altri monomeri completamente o parzialmente fluorurati, come ad esempio il tetrafluoro etilene. Ne risultano molecole strutturalmente analoghe alle gomme poliolefiniche (EPR, EPDM), con alcune caratteristiche simili, quali l assenza di cristallinità e le proprietà meccaniche; tuttavia la presenza di fluoro consente di mantenere le caratteristiche elastomeriche anche ad alta temperatura, fino a oltre C, e conferisce resistenza a sostanze corrosive, anche a caldo, quali fluidi lubrificanti, acidi minerali, idrocarburi, ozono. Tra gli elastomeri fluorurati commerciali di maggiore diffusione ed applicazione va citata la famiglia dei (DuPont). Gomme fluorurate presentano ottima resistenza alle radiazioni, al vuoto e al fuoco. Allo stesso tempo mantengono alta flessibilità anche a temperature criogeniche. Nonostante il costo piuttosto elevato, elastomeri fluorurati trovano ampie applicazioni come guarnizioni e sigillature, tubazioni e rivestimenti resistenti ad ambienti corrosivi, membrane e diaframmi, isolamenti e tessuti gommati in campo industriale, aeronautico e spaziale, in tutte quelle situazioni di estrema criticità ambientale che non consentono agevole e frequente manutenzione e sostituzione dei componenti. Una particolare caratteristica dei polimeri fluorurati in generale è il basso coefficiente di attrito, che rende questi polimeri unici per molte applicazioni. I siliconi rappresentano una famiglia di polimeri caratterizzati da una struttura polimerica non basata principalmente da legami tra atomi di carbonio, ma basata sulla presenza di atomi di silicio in catena. Il silicio appartiene allo stesso gruppo del carbonio, nella tavola periodica, e pertanto possiede alcune similitudini chimiche con questo, in particolare la possibilità di formare quattro legami covalenti. Le maggiori dimensioni dell atomo di silicio, peraltro, rendono i legami particolarmente flessibili e liberi nella rotazione. I polimeri siliconici vengono ottenuti a partire da monomeri silanici mediante reazioni non riconducibili alle tipiche reazioni di addizione o condensazione dei polimeri a base carbonio, che conducono alla formazione di polisilossani (siliconi) caratterizzati da catene principali con atomi di silicio e ossigeno alternati tra loro (Figura 23.5), con gruppi laterali diversi nelle diverse tipologie di gomme, che conferiscono caratteristiche specifiche di fluidità (oli siliconici), di idrorepellenza, di bassa tensione superficiale, di resistenza termica, di compatibilità a fluidi organici, ecc. Figura 23.5 Unità monomerica di un tipico elastomero siliconico (polidimetil silossano PDMS) I siliconi elastomerici possiedono pesi molecolari elevati e possibilità di reticolare. In genere, le gomme siliconiche vengono anche additivate con silice per incrementarne la durezza. Polimeri a più alto peso molecolare e densità di reticolazione formano resine siliconiche da stampaggio (non elastomeriche). Tra le caratteristiche di grande interesse delle gomme siliconiche vi sono l idrofobicità, la stabilità termica, la resistenza ad ossidazione, l inerzia ad agenti chimici, le G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 5 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

6 proprietà dielettriche, la permeabilità ai gas, la resistenza al fuoco. Di particolare rilievo per le gomme siliconiche sono la bassissima Tg, che rende questi elastomeri unici per le applicazioni sia a temperature elevate (fino a oltre 300 C in condizioni di uso continuo) che a temperature criogeniche estreme (anche inferiore a -120 C) oltre che la trasparenza e insensibilità alle radiazioni UV. Inoltre, molte gomme siliconiche possono essere portate a reticolazione a temperatura ambiente (room temperature vulcanization, RTV), con effetti di ritiro molto bassi o nulli; questa caratteristica le rende di grande interesse per la produzione di stampi e modelli di grande precisione e fedeltà di riproduzione. Oltre ad applicazioni di comune impiego quali sigillanti, rivestimenti, componenti isolanti termici ed elettrici, adesivi, le gomme siliconiche trovano utilizzo in campo biomedico per protesi, strumenti e modelli. In campo aerospaziale, gomme siliconiche vengono applicate ampiamente per tubazioni, membrane, guarnizioni e componenti resistenti alle alte/basse temperature e ai liquidi di servizio. Adesivi e gomme siliconiche sono impiegati per l incollaggio di protezioni termiche e sistemi di sigillatura in veicoli spaziali, per giunti flessibili esposti a radiazioni ed alto vuoto. La Tabella 23.3 riporta le caratteristiche generali di alcuni elastomeri per applicazioni speciali fluorurati e siliconici. [4] Flinn R.A., Troian P.K., Engineering Materials and Their Applications 4 a ed. J. Wiley and Sons, 1995 Tabella 23.3 Caratteristiche di alcune gomme per applicazioni speciali Fluorurate Siliconiche ) Resistenza a trazione (MPa) Allungamento (%) Durezza Shore (A) Temperature di -40/ /300 (*) impiego ( C) Tg ( C) (*) anche oltre 1000 C per brevi periodi Bibliografia [1] Askeland, D.R., The Science and Engineering of Materials 3 a ed. Chapman and Hall, 1996 [2] Brent Strong A., Plastics - Materials and Processing Prentice-Hall, 1996 [3] Bruckner S., Allegra G., Pegoraro M., La Mantia F.P., Scienza e tecnologia dei materiali polimerici EdiSES, 2007 G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 6 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

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