Studio statico di giacimento

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1 4.5 Studio statico di giacimento Introduzione La definizione del modello statico della roccia serbatoio (reservoir) rappresenta probabilmente la fase più importante di uno studio di giacimento, sia per la molteplicità di attività che essa comprende, sia per l impatto sui risultati finali. Poiché la capacità produttiva di un giacimento dipende, come è noto, dalle caratteristiche geometrico-strutturali e petrofisiche del reservoir, la disponibilità di un modello statico rappresentativo è una condizione essenziale per la successiva fase di modellizzazione dinamica. Nell ambito di uno studio statico di giacimento si possono tipicamente identificare quattro fasi principali, alle quali partecipano gli specialisti delle differenti discipline (Cosentino, 2001). Modellizzazione strutturale. Consiste nella ricostruzione dell assetto geometrico-strutturale del giacimento, cioè nella definizione della mappa del tetto (top) strutturale e dell insieme di faglie che lo interessano. Questa fase di lavoro viene realizzata integrando le interpretazioni dei rilievi geofisici con i dati dei pozzi disponibili. Modellizzazione stratigrafica. Riguarda la definizione di uno schema stratigrafico riconoscibile dai dati dei pozzi, che rappresenta la base per le correlazioni pozzo a pozzo. I dati utilizzabili in questo caso sono tipicamente i diagrammi (logs) elettrici, acustici e radioattivi registrati nei pozzi e le carote disponibili, integrati eventualmente con dati provenienti da studi specialistici e con le informazioni di produzione. Modellizzazione litologica. Consiste nella definizione di un certo numero di tipi litologici (facies elementari) per il reservoir in oggetto, che vengono caratterizzati da un punto di vista litologico vero e proprio, sedimentologico e petrofisico. Questa classificazione in facies rappresenta una conveniente maniera di sintetizzare le caratteristiche geologiche di un reservoir, soprattutto ai fini di una successiva modellizzazione tridimensionale. Modellizzazione petrofisica. Consiste nell interpretazione quantitativa dei log di pozzo, ai fini della determinazione di alcune delle caratteristiche petrofisiche fondamentali della roccia serbatoio, quali porosità, saturazione in acqua e permeabilità. I dati di carota rappresentano la base essenziale per la taratura dei processi interpretativi. I risultati di queste fasi di lavoro vanno integrati fra loro, in un contesto bi- (2D) o tridimensionale (3D), a costituire quello che potremmo chiamare il modello geologico integrato del giacimento, il quale rappresenta da un lato il riferimento per il calcolo della quantità degli idrocarburi in posto e dall altro la base per l inizializzazione del modello dinamico. Nei prossimi paragrafi verranno illustrate con maggior dettaglio queste fasi di lavoro Modello strutturale La costruzione del modello strutturale di giacimento consiste fondamentalmente nella definizione della mappa del tetto strutturale e nell interpretazione dell insieme di faglie che interessano il giacimento stesso. Tradizionalmente, questa fase di studio viene sviluppata nell ambito della geofisica, in quanto i rilievi sismici rappresentano senza dubbio il mezzo migliore per visualizzare le strutture del sottosuolo e inferire da ciò un modello geometrico del giacimento. Altri contributi possono venire da studi specialistici quali studi tettonici regionali e, per quanto riguarda la distribuzione delle faglie, dai dati dinamici disponibili (pressioni, prove e dati di produzione). La definizione del tetto strutturale del giacimento consiste nell identificazione della struttura geometrica di base della trappola di idrocarburi. Ci si riferisce in VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO 553

2 CARATTERISTICHE DEI GIACIMENTI E RELATIVI STUDI questo caso ai limiti esterni del giacimento, in quanto la struttura interna viene considerata in relazione al modello stratigrafico del reservoir (v. oltre). Nella maggior parte dei casi, la mappa del tetto strutturale del giacimento viene definita sulla base di un interpretazione geofisica di dati 2D o 3D. In quest ultimo caso, il più frequente, il geofisico interpreta orizzonti significativi in un blocco sismico in funzione dei tempi, e genera un insieme di dati (x, y, t) che rappresentano la base per la successiva fase di gridding, ovvero la generazione di una superficie che rappresenta la mappa in tempi dell orizzonte considerato. Questa mappa in tempi viene successivamente convertita in profondità attraverso opportune leggi di velocità delle onde sismiche, calcolate sulla base delle caratteristiche delle formazioni sovrastanti il reservoir. Esistono varie tecniche per realizzare questa conversione, alcune delle quali molto sofisticate, e la scelta di quella più adeguata dipende dalla complessità geologica e dalle risorse umane, tecnologiche e finanziarie disponibili. In ogni caso, comunque, la mappa risultante viene assestata ai dati di pozzo. In alcuni casi, la mappa del tetto strutturale può essere generata unicamente sulla base dei dati di pozzo disponibili e con l aiuto dei dati derivanti dal rilievo geologico di superficie, se il giacimento si trova in una zona con affioramenti di formazioni geologiche. Ciò avviene in assenza di un rilievo sismico, oppure quando la quantità di pozzi disponibili sia tale da fornire un adeguata copertura della struttura. In casi come questi, il miglioramento della qualità della mappa del tetto risultante da un interpretazione sismica non giustifica il lavoro supplementare insito nell interpretazione stessa, dovuto soprattutto ai problemi di calibrazione di un elevato numero di pozzi. L interpretazione dell insieme di faglie che interessano il reservoir ha un impatto notevole sulle caratteristiche produttive di un giacimento, e in particolare sul piano di sviluppo più appropriato da adottare. A parità di volume di idrocarburi in posto, il numero di pozzi richiesto sarà infatti maggiore nei casi di giacimenti caratterizzati da faglie che isolano blocchi indipendenti o parzialmente indipendenti dal punto di vista dei fluidi contenuti. Nel caso di giacimenti in acque profonde (per esempio, nel Golfo del Messico, in Africa occidentale, ecc.), il numero di pozzi ha spesso un impatto essenziale nella valutazione dei progetti di sviluppo e, di conseguenza, una accurata valutazione delle faglie e delle loro caratteristiche può risultare determinante. La definizione dell insieme di faglie di un giacimento si basa, in generale, su quattro tipi di tecniche che portano a dati che vanno poi integrati fra loro. Inconsistenze di correlazione. La presenza di faglie può a volte essere riconosciuta nei dati di pozzo sulla base di inconsistenze nello schema di correlazione. Tipicamente, per esempio, la profondità di un orizzonte in un pozzo può rivelarsi troppo alta o troppo bassa rispetto alla profondità attesa, dal che si può dedurre la possibile presenza di una faglia. In passato, quando la disponibilità di rilievi sismici 3D era molto minore di oggi, questa tecnica consentiva di identificare e di ubicare con buona approssimazione solo le faglie maggiori. Evidenze di pozzo. La presenza di faglie nel pozzo può essere generalmente accertata attraverso l analisi della sequenza stratigrafica. Sequenze geologiche mancanti rivelano la presenza di faglie dirette, mentre sequenze ripetute indicano la presenza di faglie inverse. Prove geofisiche. Il dato geofisico rappresenta la principale fonte di informazioni sulla presenza di faglie, in virtù del fatto che, a differenza delle due tecniche precedenti, esso investiga anche le parti di reservoir lontane dai pozzi. La presenza di faglie può essere evidenziata attraverso l identificazione di discontinuità nel segnale sismico. Ciò è applicabile sia ai dati relativi a rilievi sismici di superficie, sia ai dati registrati nelle operazioni di sismica di pozzo (VSP, crosswell seismic). Inoltre, il lavoro di interpretazione può essere effettuato sia nel modo tradizionale, mappando un orizzonte geologico riflettente, sia utilizzando gli attributi sismici (dip, azimuth, ampiezza, ecc.). Prove dinamiche di pozzo. La presenza di faglie può essere messa in evidenza attraverso l interpretazione delle prove dinamiche di pozzo (v. cap. 4.4), nei casi in cui le faglie eventualmente presenti abbiano un impatto sul flusso dei fluidi e quindi sugli andamenti delle pressioni nel tempo. Un adeguata integrazione di questo tipo di informazioni permette, nella maggior parte dei casi, una ricostruzione sufficientemente accurata della rete di faglie che interessa il giacimento in oggetto. Tuttavia, questa operazione di integrazione va fatta tenendo in considerazione una serie di fattori che possono risultare decisivi per la qualità del risultato finale. Un primo fattore è legato al grado di dettaglio che si vuole raggiungere nell interpretazione. Nella maggior parte dei casi questo grado di dettaglio dipende più dagli strumenti a disposizione che dai reali obiettivi dello studio. Un geofisico infatti tende spesso a inserire nella sua interpretazione tutte quelle discontinuità che sono identificabili dal rilievo sismico, indipendentemente dal fatto che tali discontinuità abbiano o no un impatto sul flusso dei fluidi. Il risultato è che spesso, nella fase di simulazione dinamica, l ingegnere di giacimento deve provvedere a una semplificazione, mantenendo solo quelle faglie che risultano avere un impatto significativo sui risultati del modello di simulazione. Faglie più corte della dimensione media delle celle del modello, per esempio, possono essere sicuramente trascurate. Ne deriva che il grado di dettaglio di un interpretazione geofisica deve andare di pari passo con le esigenze globali dello studio, andando poi discusso e definito con gli altri componenti del gruppo di lavoro. 554 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

3 STUDIO STATICO DI GIACIMENTO Un altro fattore è connesso alla trasmissibilità idraulica delle faglie. Nell ambito di uno studio di giacimento, infatti, si è interessati solamente a quelle faglie che hanno un comportamento sigillante (sealing) o, in alternativa, che sono più trasmissive rispetto alla roccia serbatoio. Faglie che non hanno un impatto sul flusso dei fluidi, al contrario, possono essere trascurate. Da questo punto di vista è importante sottolineare che le prove geofisiche offrono la possibilità di ubicare con relativa esattezza le faglie nello spazio, ma non danno indicazioni sull effetto sealing delle stesse. Viceversa, le prove dinamiche di pozzo permettono di quantificare l impatto delle faglie sul flusso dei fluidi, ma non consentono di ubicarle con precisione nello spazio. Risulta quindi chiaro che le due tecniche sono complementari e che un adeguata integrazione consente un miglioramento dei risultati finali. Ricostruire la rete di faglie che interessa un giacimento è quindi un attività complessa, che richiede la combinazione di dati differenti per tipo, qualità e scala di riferimento. La qualità della ricostruzione finale viene generalmente messa alla prova nella fase di validazione del modello di simulazione (v. cap. 4.6), dove si cerca di ricostruire la storia passata di produzione del giacimento (history match). In questa fase è possibile che emerga la necessità di rivedere l interpretazione iniziale, e da questo punto di vista tale fase di lavoro assume un carattere iterativo, volto a raffinare progressivamente le assunzioni iniziali. Va da sé comunque che ogni modifica deve essere fatta consultando il geologo/geofisico che ha realizzato il lavoro, in modo da mantenere la necessaria coerenza geologico-strutturale del modello. Il modello strutturale di un giacimento deriva dalla combinazione dei risultati ottenuti nella fase di definizione del tetto strutturale e nella fase di interpretazione della rete di faglie. In un contesto bidimensionale (2D) ciò si concretizza semplicemente in una mappa in profondità assestata ai pozzi, con la sovrapposizione delle tracce delle faglie dove queste intercettano il tetto strutturale. A completamento del modello, inteso come architettura esterna del giacimento, vi è inoltre una mappa della base (bottom), derivata con lo stesso metodo. Negli ultimi anni tuttavia si è assistito alla progressiva affermazione di software che consentono la modellizzazione tridimensionale (3D) delle strutture del sottosuolo e che rappresentano ormai l approccio più diffuso nel settore. I vantaggi di queste tecniche 3D sono collegati principalmente alla possibilità di modellizzare strutture complesse (per esempio, faglie inverse) altrimenti impossibili da trattare con le tradizionali tecniche a due dimensioni, basate sulla mappatura di superfici che rappresentano i parametri geometrici e petrofisici di giacimento, nonché alla loro rapidità e facilità d uso. Le procedure che consentono di costruire un modello strutturale tridimensionale di giacimento variano a fig. 1. Esempio di modellizzazione strutturale 3D di un giacimento (per cortesia di L. Cosentino). seconda delle applicazioni considerate, ma in generale è possibile identificare le seguenti fasi. Modellizzazione delle faglie principali. Queste faglie sono quelle che delimitano i blocchi principali che costituiscono il giacimento. I piani di faglia sono in questo caso modellizzati in modo esplicito come superfici, e definiscono a loro volta i limiti dei principali blocchi del modello tridimensionale. Costruzione delle superfici geologiche. All interno di ogni blocco principale si generano delle superfici parametriche che rappresentano i principali orizzonti geologici, tipicamente i top e bottom delle sequenze principali. Queste superfici devono essere coerenti con le profondità rilevate in tutti i pozzi disponibili. Modellizzazione delle faglie minori. Sono le faglie che, pur avendo un influenza sulla dinamica dei fluidi, hanno uno scarso impatto sulla geometria generale del giacimento. Queste faglie dislocano localmente le superfici geologiche. La fig. 1 mostra un esempio di modellizzazione strutturale tridimensionale di un giacimento: sono chiaramente visibili le faglie principali, le superfici e le faglie minori. È chiaro che strutture di questa complessità non potrebbero essere modellizzate utilizzando i metodi tradizionali di mappatura bidimensionale Modello stratigrafico La creazione del modello stratigrafico rappresenta senza dubbio uno dei compiti più tradizionali del geologo di giacimento, che deve eseguire la correlazione pozzo a pozzo con l obiettivo di definire gli orizzonti stratigrafici che delimitano le principali sequenze geologiche VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO 555

4 CARATTERISTICHE DEI GIACIMENTI E RELATIVI STUDI all interno della formazione mineralizzata. Questo compito è di importanza fondamentale per l accuratezza globale dello studio, perché il flusso dei fluidi è largamente condizionato dalla geometria interna del reservoir. È quindi importante dedicare a questa fase del progetto le risorse necessarie, sia in termini di risorse umane e tecnologiche sia in termini di tempo, per una accurata ricostruzione del modello. Le difficoltà che si riscontrano in questa fase dello studio di giacimento sono legate principalmente all ambiente deposizionale nel quale si può inquadrare il reservoir in oggetto. In alcuni casi infatti, quando le sequenze sedimentarie presentano una notevole estensione laterale, le correlazioni tra pozzi possono risultare relativamente semplici. Sono questi, per esempio, i casi delle aree di piattaforma, sia a sedimentazione terrigena sia carbonatica, dominate dai fenomeni di marea. Un esempio estremo di correlabilità è offerto dalle facies distali di alcuni complessi torbiditici di mare profondo, come avviene in diversi campi del Mare Adriatico, dove è possibile correlare con sicurezza eventi individuali dello spessore di pochi centimetri anche fra pozzi distanti tra loro vari chilometri. Tali esempi sono tuttavia eccezionali. Nella maggior parte dei casi infatti, l estensione laterale dei corpi sedimentari è molto minore, e in molti casi, purtroppo, è anche inferiore alla distanza media tra i pozzi. È questo il caso della maggior parte delle formazioni geologiche continentali e di transizione, come complessi alluvionali, fluviali e deltizi, dove la ricostruzione della geometria interna del giacimento può rivelarsi estremamente complessa e rappresentare una sfida spesso insormontabile per il geologo di giacimento. In questi casi, come verrà illustrato nel seguito, l integrazione delle diverse discipline che concorrono allo studio di giacimento può rivelarsi decisiva per migliorare l accuratezza del risultato finale. Tecniche di correlazione I dati di base utilizzati per le correlazioni pozzo a pozzo sono i diagrammi registrati (log) in foro scoperto o tubato e le carote. Questi dati vengono utilizzati per creare sezioni e correlazioni stratigrafiche, in profondità reale o rispetto a un livello di riferimento, attraverso le quali è possibile in generale identificare le linee corrispondenti a variazioni geologiche di interesse. La fig. 2 illustra un esempio classico di sezione geologica tra due pozzi, dove si evidenziano i log utilizzati per la correlazione stessa. Come è stato già accennato, in molti casi il rischio di generare correlazioni spurie può essere elevato, e il geologo di giacimento deve scegliere attentamente le metodologie da adottare in modo da minimizzare gli errori possibili. In questo senso, una delle tecniche migliori è la stratigrafia sequenziale che costituisce un approccio relativamente nuovo, la cui apparizione ufficiale può essere fissata al 1977 (Vail et al., 1977). Si tratta di un sistema di tipo cronostratigrafico basato sull ipotesi che la deposizione dei corpi sedimentari sia regolata dall effetto combinato dei cambiamenti del livello del mare (fenomeni eustatici), di sedimentazione, di subsidenza e di tettonica. Su queste basi è possibile identificare, all interno di un unità geologica, sequenze di vario ordine gerarchico, le quali sono separate da limiti di sequenza che rappresentano discontinuità (unconformities) o superfici di fig. 2. Esempio di correlazione tra pozzi (per cortesia di L. Cosentino). 556 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

5 STUDIO STATICO DI GIACIMENTO massima inondazione. Queste superfici sono i livelli di riferimento (markers) più importanti che un geologo di giacimento possa reperire nei profili di pozzo. La corretta identificazione di queste unità consente la generazione di un architettura cronostratigrafica di grande dettaglio che si rivela particolarmente adatta agli studi di giacimento, poiché esiste nella maggior parte dei casi uno stretto legame tra unità cronostratigrafiche e flusso dei fluidi. Questo legame non necessariamente esiste considerando le tradizionali unità di tipo litostratigrafico (ovvero correlando fra loro, per esempio, i tetti delle unità arenacee). Nei casi in cui l applicazione della stratigrafia sequenziale non sia possibile o non dia i risultati sperati è possibile ricorrere a correlazioni basate sulle proprietà idrauliche dei corpi sedimentari. Questo approccio tende così a definire delle unità di flusso (flow units o hydraulic units) che non necessariamente coincidono con le unità geologiche, ma che possono essere considerate omogenee da un punto di vista dinamico. Una delle metodologie classiche per la definizione di unità di flusso è descritta in Amaefule et al. (1993). Validazione dello schema stratigrafico Una volta definito lo schema correlativo di riferimento, è buona norma corroborarne l accuratezza attraverso l uso di altri tipi di tecniche e di dati, che possono dare informazioni utili in questo senso. Biostratigrafia e palinologia. I campioni di roccia disponibili (carote o detriti di perforazione) vengono spesso analizzati con lo scopo di studiare le associazioni micropaleontologiche e/o palinologiche (spore e pollini). Questi dati possono in alcuni casi aiutare a confermare lo schema stratigrafico. Occorre tuttavia verificare la coerenza tra cronostratigrafia e biostratigrafia e, nel caso dei detriti di perforazione, considerare la limitata risoluzione verticale del dato. Dati di pressione. I dati di pressione statica disponibili, e soprattutto i dati di pressione raccolti in pozzo con strumenti tipo WFT (Wireline Formation Tester), forniscono informazioni molto significative sulla continuità e connettività dei diversi corpi sedimentari. Infatti, in assenza di discontinuità di tipo strutturale (per esempio, faglie), le pressioni misurate in pozzi diversi nelle stesse sequenze geologiche dovrebbero essere simili. Se questo non si verifica, potrebbero esistere problemi di correlazione. Dati di produzione. All interno di un unità geologica continua deve potersi osservare un equilibrio termodinamico, al quale corrispondono precise caratteristiche dei fluidi prodotti in superficie (rapporto gas-olio e densità dell olio). La presenza di anomalie in tali caratteristiche può essere legata a problemi correlativi. Ovviamente, in questi casi è necessario anzitutto poter escludere problemi di pozzo (per esempio, cementazioni difettose). Dati di perforazione. La velocità di perforazione (Rate Of Penetration, ROP) può fornire utili informazioni circa la sequenza stratigrafica attraversata. Spesso infatti le differenti unità geologiche presentano una differente resistenza all avanzamento dello scalpello. In questi casi, i dati provenienti dal cantiere di perforazione possono essere usati per verificare la coerenza delle correlazioni disponibili. Va da sé che questa lista di tecniche non vuole né può essere esaustiva, perché ogni studio di giacimento possiede dati e informazioni peculiari, che possono essere sfruttati per le varie fasi dello studio stesso. È quindi responsabilità del geologo di giacimento verificare tutte le opportunità esistenti e utilizzarle nel modo migliore. Costruzione di un modello stratigrafico Gli orizzonti stratigrafici definiti ai pozzi attraverso la fase di correlazione vengono successivamente collegati fra loro attraverso la costruzione di superfici, che nel loro insieme costituiscono quello che potremmo chiamare il modello stratigrafico del giacimento. Tale modello si concretizza in una serie di mappe di spessore dei singoli orizzonti geologici, compresi entro le superfici limite, superiore e inferiore, del giacimento. La costruzione di queste mappe viene fatta normalmente utilizzando appositi programmi di mappatura tramite computer (computer mapping). Anche nel caso della modellizzazione stratigrafica tuttavia, l approccio tridimensionale è quello ormai più comunemente utilizzato dai geologi di giacimento. In questo caso, dopo aver costruito l architettura esterna del giacimento secondo la procedura descritta nel paragrafo precedente, si procede alla definizione della geometria interna, ossia alla creazione di quell insieme di superfici comprese fra il tetto e la base del giacimento che rappresentano i limiti delle sequenze geologiche che si è scelto di correlare. In generale, come è già stato sottolineato, queste superfici delimitano delle unità di flusso indipendenti fra loro. fig. 3. Esempio di modellizzazione stratigrafica 3D (per cortesia di L. Cosentino). VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO 557

6 CARATTERISTICHE DEI GIACIMENTI E RELATIVI STUDI La procedura specifica che permette la costruzione di questo schema stratigrafico dipende ovviamente dalle applicazioni utilizzate. In generale comunque è possibile modellizzare tutte le possibili geometrie sedimentarie (superfici conformi e di erosione, pinch-out, onlap, toplap, downlap, ecc.) e arrivare a riprodurre fedelmente lo schema deposizionale considerato. La fig. 3 illustra un esempio di modellizzazione stratigrafica tridimensionale, dove è possibile apprezzare le differenti geometrie deposizionali delle varie unità sedimentarie. Si osservi in particolare la geometria di tipo onlap dell unità inferiore sulla zona di alto strutturale Modello litologico La modellizzazione strutturale e stratigrafica discussa nei paragrafi precedenti costituisce nel suo insieme la architettura di riferimento del reservoir. La fase successiva di uno studio di giacimento consiste nella definizione della distribuzione spaziale delle caratteristiche petrofisiche della roccia serbatoio. Nel gergo della modellizzazione geologica tridimensionale quest operazione viene spesso definita come il riempimento, o la popolazione del modello di giacimento. In linea generale, è possibile realizzare questa operazione attraverso opportune funzioni, di tipo deterministico o stocastico, che consentono di generare delle distribuzioni spaziali bi- o tridimensionali delle caratteristiche di interesse, quali, per esempio, la porosità e la permeabilità, direttamente a partire dai dati di pozzo. Tuttavia, quest operazione risulta spesso di difficile realizzazione, poiché la continuità laterale e verticale di tali parametri di giacimento è in genere incerta, e la modellizzazione deve essere fatta assumendo a priori delle funzioni di continuità e di regolarità spaziale che non necessariamente corrispondono alla realtà. Ciò è specialmente vero per parametri come la permeabilità, la cui continuità spaziale è generalmente molto inferiore alla distanza media tra i punti di controllo disponibili (i pozzi). Per questo motivo, quando si lavora in tre dimensioni, è spesso preferibile costruire preliminarmente un modello litologico del giacimento, cioè un modello basato sull identificazione e sulla caratterizzazione di un certo numero di facies elementari, tipiche del giacimento in esame. Tali facies vengono identificate per mezzo dei dati acquisiti nei pozzi attraverso specifici criteri classificativi, e successivamente distribuite all interno del modello strutturale-stratigrafico tridimensionale utilizzando speciali algoritmi. Il principale vantaggio di quest approccio è che risulta in generale molto più semplice realizzare la distribuzione spaziale delle facies elementari, piuttosto che dei parametri della roccia serbatoio, in quanto per le facies tale distribuzione si basa su criteri geologici ben precisi, che dipendono dall ambiente sedimentario considerato. La distribuzione dei parametri petrofisici viene quindi realizzata successivamente, e si appoggia sul modello litologico realizzato. L idea in questo caso è che le caratteristiche petrofisiche del reservoir si possano considerare intimamente legate alle facies litologiche. Il concetto di facies si rivela particolarmente adatto per gli studi di giacimento. Infatti, una volta create e caratterizzate le facies attraverso l integrazione dei dati dei log, delle carote e quando possibile dei dati sismici, tale sistema classificativo può essere utilizzato in diverse fasi dello studio, fra le quali si possono ricordare le seguenti. Modellizzazione tridimensionale. Le facies possono essere utilizzate come mattoni di base per la creazione di modelli geologici tridimensionali, normalmente attraverso l utilizzo di algoritmi di tipo stocastico. Come abbiamo già detto, questa è l utilizzazione più tipica del concetto di facies. Interpretazione quantitativa dei log. È possibile associare a ogni facies, o gruppi di facies, un tipico modello interpretativo, per esempio in termini mineralogici (densità di matrice), di esponente di saturazione o fattore di cementazione. Definizione delle facies tipo (rock types). Nonostante non sia possibile effettuare un cambiamento di scala (upscaling) diretto sulle facies per la fase di simulazione (trattandosi di un parametro discreto), la loro distribuzione può essere usata come riferimento qualitativo nel modello dinamico per l assegnazione delle funzioni di saturazione (pressione capillare e permeabilità relativa). Questa fase viene comunemente chiamata di definizione delle rock types. È quindi evidente che la scala ridotta della modellizzazione geologica tridimensionale che descrive e caratterizza le facies può essere utilizzata in differenti fasi dello studio e in differenti contesti. La facies può essere quindi considerata come lo strumento più idoneo per trasferire l informazione geologica in senso lato attraverso le varie fasi dello studio fino al modello di simulazione, garantendo la consistenza del flusso di lavoro. Da questo punto di vista è significativo che il concetto di facies rappresenti anche un conveniente linguaggio comune per tutti gli esperti coinvolti nello studio. Da un punto di vista pratico, il modello litologico di un reservoir si costruisce integrando una rappresentazione ideale del giacimento (modello sedimentologico), una fase di classificazione (definizione delle facies) e una fase di distribuzione spaziale (modellizzazione tridimensionale). Modello sedimentologico Il modello sedimentologico/deposizionale del giacimento costituisce la base della modellizzazione litologica e viene definito in due fasi principali: la descrizione e la classificazione delle singole unità litologiche (litotipi) che costituiscono la roccia serbatoio, da realizzarsi sulle 558 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

7 STUDIO STATICO DI GIACIMENTO carote disponibili; e la definizione di un modello deposizionale, che definisce l ambiente di sedimentazione (fluviale, deltizio, marino, ecc.). Questo modello consente anche di ipotizzare le geometrie e le dimensioni dei corpi geologici, informazioni che verranno utilizzate nella fase di modellizzazione tridimensionale. Classificazione delle facies Le facies possono essere considerate i mattoni di base del modello litologico di giacimento. Possono essere definite in vari modi, il più semplice dei quali prevede l applicazione di valori di soglia (cut-off ) alle curve log registrate in pozzo. Per esempio, una semplice classificazione sabbie-argille può essere realizzata identificando un valore di soglia nella curva del gamma ray log (registrazione dell attività gamma emessa dalla roccia in funzione della profondità). Più in generale, una classificazione in facies si ottiene attraverso un processo più complesso, che prevede la selezione delle curve log più idonee, l identificazione di un certo numero di pozzi di riferimento (cioè i pozzi carotati e con log di buona qualità) e l applicazione di algoritmi statistici tipo cluster analysis o processi più complessi basati sulle reti neurali. Su queste basi, per ogni pozzo di riferimento viene generata una colonna litologica dove ogni intervallo di profondità è associato a una facies specifica (log facies). Il processo è iterativo e tende a identificare il numero ottimale di facies utili a descrivere la roccia serbatoio nel grado di dettaglio richiesto. Successivamente, queste log facies vengono comparate con i dati delle carote disponibili e caratterizzate da un punto di vista litologico e petrofisico. In sostanza, a ogni log facies vengono associate tipiche descrizioni litologiche e valori (medi e/o distribuzioni statistiche) di parametri petrofisici. Il dettaglio e l accuratezza di questa fase di caratterizzazione ovviamente dipendono dal numero e dalla qualità dei log utilizzati. Nei casi di pozzi vecchi, con limitata disponibilità di log (per esempio, log elettrici di potenziale spontaneo e/o di resistività), il processo classificativo risulterà sommario e la fase di caratterizzazione si limiterà a un semplice riconoscimento litologico tipo sabbie/silt/argille, con limitata risoluzione verticale. Viceversa, nei casi in cui vi sia la disponibilità di log di più recente generazione (per esempio, del tipo density/neutron, PEF, sonic e NMR), le facies derivanti dal processo di classificazione potranno essere caratterizzate in modo più completo, associando per esempio a ognuna di esse non solo le caratteristiche litologiche più evidenti, ma anche dei precisi valori petrofisici (porosità, permeabilità, comportamento capillare, comprimibilità, fattore di cementazione, esponente di saturazione, ecc.). In una fase finale, la classificazione definita sui pozzi di riferimento viene poi estesa a tutti gli altri pozzi del giacimento attraverso un processo di aggregazione statistica. Questa fase consente di ottenere colonne litostratigrafiche in termini di facies per tutti i pozzi del giacimento in esame. Distribuzione tridimensionale delle facies Le distribuzioni delle facies nello spazio in tre dimensioni vengono usualmente ottenute attraverso l applicazione di algoritmi di tipo stocastico, utilizzando come base il modello stratigrafico tridimensionale (v. sopra). Tali algoritmi, che verranno discussi più in dettaglio nel seguito, consentono di generare dei modelli geologici estremamente realistici, condizionati a tutti i dati disponibili (geofisica, dati di log e carote, talvolta anche dati dinamici). La fig. 4 mostra un esempio di questo tipo fig. 4. Esempio di modellizzazione stocastica di facies (per cortesia di L. Cosentino). VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO 559

8 CARATTERISTICHE DEI GIACIMENTI E RELATIVI STUDI di modelli, dove si può apprezzare il grado di dettaglio ottenibile in studi geologici che possono ormai essere considerati di routine. Questi modelli utilizzano infatti un numero elevatissimo di celle elementari, spesso dell ordine delle decine di milioni, e consentono quindi una rappresentazione estremamente dettagliata del modello geologico reale del giacimento. In una fase successiva, a valle di un operazione di semplificazione e riduzione del numero di celle (upscaling), questi modelli geologici (in termini di caratteristiche petrofisiche della roccia serbatoio) vengono inseriti all interno del modello dinamico per la simulazione del comportamento produttivo del giacimento Modello petrofisico Il flusso dei fluidi di giacimento ha luogo in un reticolo interconnesso di spazi porosi all interno della roccia serbatoio. Le caratteristiche del reticolo definiscono la quantità di fluidi presenti, la loro distribuzione relativa e la facilità con la quale essi possono fluire verso i pozzi di produzione. Le proprietà di questo sistema poroso sono legate alle caratteristiche (mineralogiche, granulometriche e di tessitura) delle particelle solide che lo delimitano, le quali a loro volta sono funzione dell ambiente di deposizione originario e dei processi postsedimentari (diagenesi, cementazione, dissoluzione, fratturazione) che possono aver interessato la roccia dopo la sua formazione. Lo studio quantitativo dello spazio poroso della roccia serbatoio viene affrontato in petrofisica, disciplina che gioca un ruolo fondamentale nell economia di uno studio di giacimento, perché getta le basi per la descrizione dinamica del flusso dei fluidi e quindi del comportamento (osservato o previsto) dei pozzi di produzione. Per questo motivo è essenziale dedicare a questa fase tutto il tempo e le risorse necessarie, sia in termini di raccolta e analisi dei dati (includendo le esperienze di laboratorio su carote), sia in termini di interpretazione, ai fini della generazione di un modello petrofisico rappresentativo del giacimento in oggetto. Questo paragrafo è organizzato in due parti: la prima è dedicata all interpretazione petrofisica in senso stretto, cioè alla valutazione quantitativa delle proprietà di giacimento nei pozzi. Verranno trattati in particolare i parametri di maggior rilevanza (porosità, saturazione in acqua e permeabilità), che costituiscono una tipica interpretazione petrofisica di pozzo, e verrà discusso il problema della determinazione del valore di soglia (cutoff) da applicare ai parametri petrofisici per ricavare il net pay del giacimento in esame, ovvero lo spessore di roccia che realmente contribuisce alla produzione. La seconda parte è dedicata alla distribuzione all interno fig. 5. Esempio di interpretazione petrofisica di pozzo (per cortesia di L. Cosentino). del giacimento dei parametri petrofisici calcolati ai pozzi, trattando separatamente i casi 2D e 3D. Verranno descritte le principali tecniche deterministiche e stocastiche utilizzabili a questo scopo. Interpretazione petrofisica di pozzo La classica interpretazione petrofisica consiste nella generazione, per ogni pozzo del giacimento, di una serie di profili verticali delle principali proprietà del sistema poroso della roccia serbatoio, quali porosità, saturazione in acqua e permeabilità. In aggiunta, tale analisi fornisce un interpretazione mineralogica più o meno sofisticata della parte solida del sistema, cioè della roccia serbatoio vera e propria. La fig. 5 mostra un esempio tipico di interpretazione petrofisica, dove si possono osservare i risultati in termini di parametri petrofisici e mineralogici. Sia le proprietà del sistema poroso sia la composizione della parte solida possono essere analizzate e misurate direttamente su carote. In questo caso i risultati possono essere generalmente considerati piuttosto accurati, perlomeno nei casi in cui le porzioni carotate siano effettivamente rappresentative della roccia serbatoio. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, le carote ricoprono solamente una porzione limitata rispetto alla totalità degli intervalli attraversati dai pozzi; di conseguenza, l interpretazione petrofisica viene normalmente realizzata utilizzando i log disponibili, mentre le carote vengono usate per la calibrazione degli algoritmi interpretativi e 560 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

9 STUDIO STATICO DI GIACIMENTO per il controllo dei risultati. Di seguito vengono illustrati brevemente i principali parametri petrofisici e le tecniche utilizzate per la loro determinazione, che già sono state descritte nel capitolo 4.1. Porosità La determinazione della porosità (v. capp. 1.3 e 4.1) può essere in generale considerata come la fase meno complessa dell interpretazione petrofisica. Si tratta tuttavia di una fase molto importante, perché definisce, in ultima analisi, la quantità di idrocarburi presenti in giacimento. La porosità viene misurata in laboratorio su campioni di roccia di dimensioni lineari generalmente limitate (1 1,5 pollici), utilizzando tecniche che prevedono l estrazione di fluidi o, al contrario, l introduzione di fluidi nel sistema poroso del campione. Queste tecniche, in uso ormai da più di 40 anni, forniscono in generale valori abbastanza accurati e possono essere applicate anche in condizioni di temperatura e pressione corrispondenti a quelle iniziali del giacimento. I problemi di questo tipo di misure, quando esistono, dipendono dalla rappresentatività dei campioni di roccia. Un tipico esempio è fornito dalla misurazione della porosità secondaria, che essendo legata a fenomeni genetici di intensità spazialmente molto irregolare, può non essere affatto rappresentativa delle condizioni medie di giacimento. In questo senso, la porosità di rocce fratturate o interessate da intensi fenomeni di dissoluzione e/o cementazione possono essere di difficile determinazione. Un altro esempio di scarsa rappresentatività è offerto da rocce di tipo conglomeratico, nelle quali la distribuzione del sistema poroso risulta molto irregolare, perlomeno alla scala della carota. I metodi più frequentemente utilizzati per la determinazione della porosità sono comunque quelli basati sull interpretazione dei log registrati nel pozzo. L interpretazione quantitativa della porosità riveste un significato particolare nell ambito degli studi di giacimento, nei casi nei quali la determinazione del volume poroso del giacimento può rivelarsi estremamente complessa. È il caso, per esempio, di vecchi giacimenti, con pochi dati di scarsa qualità e risoluzione; di giacimenti carbonatici, caratterizzati da prevalente porosità di tipo secondario; e, infine, di giacimenti fratturati, per i quali gli strumenti di pozzo possono a volte rivelarsi assolutamente inadeguati a un calcolo quantitativo della porosità. In tutti questi casi è indispensabile integrare la normale interpretazione petrofisica, basata sui dati di log e carote, con tutte le tecniche, statiche e dinamiche, che possano dare indicazioni anche indirette sul volume poroso del giacimento. Questo processo di integrazione può dare un contributo fondamentale alla valutazione del volume poroso del giacimento e alla comprensione della sua distribuzione spaziale. Saturazione in acqua Il sistema poroso della roccia serbatoio è riempito di fluidi, tipicamente acqua e idrocarburi. La distribuzione relativa di queste fasi fluide all interno dello spazio poroso dipende da una serie di fattori legati alle proprietà chimico-fisiche della roccia e dei fluidi stessi, nonché alle interazioni roccia-fluido (bagnabilità, o wettability, della roccia). La determinazione delle condizioni di saturazione della roccia serbatoio rappresenta una delle fasi più importanti di uno studio di giacimento, in quanto influenza non solo il calcolo della quantità degli idrocarburi in posto, ma anche la determinazione della meccanica dei fluidi, cioè in ultima analisi della produttività dei pozzi. Si tratta per di più di una fase complessa, che non di rado comporta notevoli incertezze nella costruzione finale del modello integrato di giacimento. La saturazione in acqua di una roccia, come la porosità, può essere misurata su carote o sulla base dei log. Misure significative di saturazione in acqua possono essere ottenute in laboratorio a partire dai dati di estrazione tipo Dean-Stark su campioni allo stato nativo, perlomeno nei casi in cui l invasione del filtrato di fango sia limitata e quando l espansione della fase gassosa non determini un importante cambiamento delle condizioni iniziali di saturazione del campione. Spesso, utilizzando opportune tecniche di carotaggio e fanghi di perforazione poco invasivi a base d olio, è possibile ottenere dati di notevole accuratezza, almeno nelle zone del giacimento lontane dalla zona di transizione chiamata anche frangia capillare. Un esempio di indagine sistematica di questo tipo, realizzata sul campo di Prudhoe Bay, in Alaska, è descritta in McCoy et al. (1997). La saturazione in acqua di una roccia può essere determinata anche a partire da misure di pressione capillare, basandosi sul fatto che proprio le forze capillari sono responsabili della reciproca distribuzione di acqua e idrocarburi all interno dello spazio poroso. La saturazione in acqua per lo studio dei giacimenti viene comunque soprattutto misurata sulla base dei log di pozzo registrati in foro scoperto, e in particolare dei log elettrici di tipo resistivo/induttivo, utilizzando comunemente la famosa equazione di Archie, pubblicata per la prima volta nel 1942 (Archie, 1942). In foro tubato, invece, la saturazione in acqua può essere misurata utilizzando dati ottenuti con strumenti di tipo pulsed neutron, i quali hanno il vantaggio di poter essere registrati anche attraverso il tubino di produzione e con il pozzo in erogazione. Questi strumenti vengono spesso utilizzati nell ambito di campagne sistematiche di monitoraggio dell evoluzione delle condizioni di saturazione dei giacimenti, e rappresentano quindi delle fonti di informazione estremamente interessanti per uno studio di giacimento. Per esempio, la possibilità di seguire l avanzamento dei contatti olio-acqua o gas-acqua VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO 561

10 CARATTERISTICHE DEI GIACIMENTI E RELATIVI STUDI nelle varie zone del giacimento in funzione del tempo, non solo consente l ottimizzazione della gestione operativa del campo, ma fornisce anche delle informazioni essenziali per calibrare i risultati del modello di giacimento. Permeabilità La permeabilità (v. cap. 4.1) costituisce senza dubbio il parametro petrofisico più importante di un giacimento, dal quale dipendono la produttività dei pozzi e la capacità del reservoir di alimentare le zone drenate, quindi, in ultima istanza, la possibilità da parte del giacimento di sostenere per tempi sufficientemente lunghi portate di livello economico. D altro canto, è anche il parametro di più difficile determinazione. Si tratta infatti di una proprietà misurabile direttamente solo su carote, mentre attraverso i log si possono di solito ottenere solamente delle stime approssimative. Inoltre, la permeabilità è caratterizzata nella maggior parte dei casi da un elevatissima variabilità spaziale, che ne rende difficile la stima anche in zone limitrofe ai punti di misura disponibili. La determinazione della permeabilità è quindi una fase importante e complessa dello studio di giacimento, che richiede l integrazione di tutti i dati disponibili e di conseguenza una notevole sinergia tra gli ingegneri e i geologi del gruppo di lavoro. La stima della permeabilità di un giacimento viene fatta, nella maggior parte dei casi, sulla base dei dati da carote disponibili, possibilmente calibrati sui risultati delle interpretazioni delle prove di erogazione di pozzo, quando esistono. Questo approccio può talora dare dei risultati accettabili, ma in realtà è molto comune che nella successiva fase di simulazione dinamica l ingegnere di giacimento sia costretto a modificare profondamente la distribuzione dei valori di permeabilità all interno del modello di simulazione, per poter riprodurre il comportamento produttivo osservato nei pozzi. Tale necessità indica chiaramente un inadeguata determinazione iniziale della permeabilità. Il metodo migliore per definire in modo soddisfacente la distribuzione iniziale dei valori di permeabilità consiste senza dubbio nell integrazione delle varie fonti che possono dare, in modo diretto o indiretto, indicazioni su tale proprietà. Tali fonti sono in numero maggiore di quello che solitamente si è portati a ritenere, e in molti casi questo processo di integrazione porta a generare modelli di permeabilità piuttosto accurati, che si rivelano adeguati nella fase di simulazione. Di seguito, vengono brevemente ricordate alcune delle tecniche disponibili che forniscono informazioni sulla permeabilità del giacimento. Ognuna di queste tecniche fornisce indicazioni che si riferiscono a un certo volume di supporto (cioè a una scala di riferimento), a certe condizioni di saturazione (quindi di permeabilità assoluta o relativa) e a certe condizioni di misura (in situ o laboratorio). Nel processo di integrazione dei dati è necessario quindi operare una normalizzazione che tenga in considerazione queste differenze. Analisi di carote La permeabilità assoluta può essere misurata in laboratorio su campioni di carota di varie dimensioni. Tali misure, che rappresentano la sola fonte di dati di tipo diretto, possono essere riferite sia a condizioni di laboratorio sia di giacimento. I dati misurati vengono poi corretti per tenere conto del cosiddetto effetto Klinkenberg (gas slippage) dovuto a fuga di gas dal giacimento e degli effetti di carico geostatico (overburden). Il punto più critico di questo tipo di dati è il volume di supporto estremamente piccolo, che rende spesso le misure poco rappresentative del giacimento nel suo complesso. Analisi con minipermeametro La permeabilità può essere misurata molto rapidamente e con sufficiente accuratezza in laboratorio mediante uno strumento detto minipermeametro. Il confronto con le normali misure ottenute da carote in condizioni ambiente mostra spesso un buon accordo fra i due tipi di dati. L interesse di questo tipo di misure è legato alla possibilità di identificare eterogeneità a piccola scala. Il punto critico anche in questo caso è rappresentato dal volume di investigazione, che risulta ancora minore rispetto ai normali campioni di carota. Inoltre, le misure si riferiscono solamente alle condizioni di laboratorio. Interpretazione di prove di pozzo La permeabilità di una formazione può essere stimata (v. cap. 4.4) attraverso l interpretazione delle prove condotte ai pozzi (erogazione e risalita della pressione, prove di iniettività e di interferenza, ecc.). Queste interpretazioni forniscono dei valori di permeabilità effettiva all idrocarburo in condizioni di giacimento, e si riferiscono a un volume di supporto molto maggiore rispetto a tutte le altre tecniche. In presenza di dati di pressione di buona qualità, le prove di pozzo consentono di stimare la permeabilità media del giacimento con notevole accuratezza. Log di produzione (PLT) Questi strumenti vengono normalmente utilizzati per il monitoraggio dei pozzi (v. cap. 6.1), tuttavia nei casi in cui si disponga di una prova di produzione è possibile utilizzare i dati PLT (Production Logging Tool) per calcolare un profilo di permeabilità al pozzo (Mezghani et al., 2000). Questi dati si riferiscono alla permeabilità effettiva all idrocarburo in condizioni di giacimento, e rappresentano in generale un interessante punto di contatto fra le stime dinamiche derivanti dall interpretazione delle prove di pozzo e le stime statiche ottenibili per esempio 562 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

11 STUDIO STATICO DI GIACIMENTO tab. 1. Caratteristiche dei vari metodi impiegati Metodo Scala Pressione e Temperatura Saturazione Misura Analisi carote Macro Ambiente/In situ Assoluta Diretta Minipermeametro Micro Ambiente Assoluta Diretta Prove di pozzo Mega In situ Relativa Indiretta PLT Mega In situ Relativa Indiretta WFT Macro In situ Relativa Indiretta NMR Macro In situ Assoluta Indiretta Regressioni Macro In situ Assoluta Indiretta Equazioni empiriche Macro In situ Assoluta Indiretta Reti neurali Macro In situ Assoluta Indiretta sulla base dei dati dei log. È necessario tuttavia fare attenzione ai possibili danneggiamenti subiti dalla formazione geologica (skin) nell intorno del pozzo. Wireline Formation Testing (WFT) Si tratta di un test che misura le pressioni di formazione a intervalli di profondità predeterminati, realizzando brevi fasi di erogazione e di risalita della pressione. Queste fasi vengono interpretate in modo analogo a una prova di produzione, per ricavarne delle stime di permeabilità. I valori ottenuti possono in questo caso essere considerati di permeabilità relativa ai fluidi presenti nella zona invasa, in condizioni di pressione e temperatura di giacimento. Log di risonanza magnetica nucleare (NMR) Gli strumenti di risonanza magnetica nucleare rappresentano il solo mezzo per ottenere un profilo verticale continuo di permeabilità nel pozzo. La permeabilità viene calcolata attraverso equazioni basate sul tempo di rilassamento protonico e i risultati ottenuti possono essere piuttosto accurati, soprattutto quando sia possibile calibrare alcuni dei parametri di input su misure realizzate su campioni di carota in laboratorio. Correlazioni petrofisiche La permeabilità viene spesso misurata utilizzando la correlazione con la porosità, sulla base delle misure su carote (Nelson, 1994). Tale metodo tuttavia tende a generare profili di permeabilità più regolari rispetto alla realtà, ed esistono varie tecniche di elaborazione statistica dei dati che consentono di preservare almeno in parte l eterogeneità della distribuzione originale della permeabilità. Tra queste, si possono menzionare le regressioni per facies litologiche individuali e le regressioni lineari multiple (Wendt et al., 1986). Equazioni empiriche Esistono in letteratura diverse equazioni empiriche per la stima della permeabilità a partire da altri parametri petrofisici conosciuti. In alcuni casi particolari, queste equazioni possono fornire risultati abbastanza accettabili, ma è sempre buona norma verificare i risultati sulla base dei dati delle carote disponibili. Reti neurali Si tratta di una metodologia recente, che consente di generare profili di permeabilità a partire dai log o da altri profili petrofisici. L aspetto più interessante di questa metodologia (Mohaghegh e Ameri, 1996) è che le stime ottenute rappresentano correttamente il grado originale di eterogeneità del dato misurato e i risultati non risentono, come avviene per quelli ottenuti con i metodi statistici, dell effetto di smoothing. Particolare attenzione va posta nel processo di addestramento preliminare (training) delle reti neurali, che richiede dei dati di calibrazione adeguati, in mancanza dei quali i risultati ottenuti possono essere fuorvianti. In tab. 1 sono riportate le caratteristiche relative ai vari metodi. Il processo di integrazione dei dati derivanti dalle diverse tecniche permette spesso di generare dei modelli affidabili di permeabilità, che rispecchiano sia gli aspetti statici sia quelli dinamici di tale proprietà. In ultima analisi, ciò consente di migliorare e abbreviare il processo di validazione (history matching) del modello di simulazione dinamica e quindi di ottimizzare la qualità e la tempistica dello studio di giacimento. Determinazione del net pay Il net pay (spessore pagante) di un giacimento rappresenta quella porzione di roccia che effettivamente contribuisce alla produzione. Questo valore è calcolato attraverso appropriati valori di soglia (cut-off) che vengono applicati ai parametri petrofisici. Nonostante la semplicità della definizione possa far pensare il contrario, il cut-off è senz altro uno dei concetti più controversi all interno della comunità dei geologi e degli ingegneri di giacimento, a causa della mancanza di una metodologia chiara e condivisa per la sua definizione. Ciò risulta evidente anche dalla scarsità della letteratura su questo tema, nonostante la determinazione del net pay sia un passo praticamente ineludibile in ogni studio di giacimento (Worthington e Cosentino, 2003). VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO 563

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