Viaggio all inferno e ritorno di Diana Santini
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- Emanuele Gattini
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1 Viaggio all inferno e ritorno di iana Santini ue settimane in Giappone dopo lo tsunami e dopo il disastro nucleare di Fukushima. Giorno per giorno, il diario tenuto dall inviata di east. Con molte annotazioni inedite rispetto a quanto è stato detto e scritto. 15 marzo L antefatto L a notte arriva presto se si corre a cinquecento chilometri all ora in direzione dell Oriente. isciplinati, dopo avere trangugiato la cena preriscaldata servita dalle hostess del volo Londra-Tokyo BA005, i miei compagni di viaggio, tutti giapponesi, posizionano i cuscinetti e si calano sugli occhi le mascherine per ripararsi dalla luce. iecimila metri più in basso dorme la distesa sconfinata della Siberia. Quattro giorni fa un terremoto di violenza inaudita e uno tsunami ancor più apocalittico hanno sconquassato il Nord del Paese. Il bilancio delle vittime è ancora provvisorio, potrebbero essere migliaia, malgrado questo sia il Paese con le misure antisismiche più avanzate al mondo. C è pure un piccolo imprevisto: in una centrale nucleare affacciata sull oceano, a qualche centinaio di chilometri da Tokyo, a causa del sisma, sistemi di raffredda- Arahama: si recuperano i pescherecci, alcuni sono stati spinti dallo tsunami a quasi due chilometri dalla costa. La riapertura dei settori legati alla pesca è indispensabile per ricostruire le economie locali: circa il 90% per cento dei 29mila pescherecci delle prefetture di Iwate, Miyagi e Fukushima, sono inutilizzabili. Minamisoma: controllo dei permessi da parte della polizia al posto di blocco della no entry zone. numero 36. giugno
2 Giappone: è stato come ripiombare nel marzo Il mio primo terremoto uando il sole sorge da un orizzonte che sembra infinito l aereo sta ancora sorvolando la Cina. Un esplosione atomica di luce bianca inonda il cuscino di nuvole appoggiato sulla Terra, qualche migliaio di metri più sotto. a una decina di ore non ho notizie Q del mondo. Esisterà ancora? Atterro in una bella mattina tersa, c è il vento, ai bordi della pista un po di neve ammonticchiata. Nel frattempo vengo a sapere che due dei sei reattori della centrale sono esplosi. Un alta colonna di fumo nero si innalza verso il cielo. Una catastrofe, o forse no. Nella sala arrivi di Narita, l aeroporto di Tokyo, tutto sembra scorrere con la consueta armoniosa frenesia. Alla biglietteria degli autobus un impiegata mi sta spiegando a gesti da quale banchina devo partire in direzione del centro. Poi, all improvviso, resta come pietrificata. La incoraggio a proseguire, resta immobile. I vetri prendono a tintinnare: prima ancora di capire che cosa stia succedendo mi si stringe lo stomaco, le ginocchia si fanno molli. Il terremoto, il mio primo terremoto. Nel giro di una quindicina di secondi tutto torna alla normalità. Le valigie riprendono la loro corsa su rotelle al seguito di indaffarati uomini d affari. Anche l impiegata del- 74. east. europe and asia strategies la biglietteria si scongela. A Tokyo la pioggia è radioattiva: mi consiglia di comprare un ombrello, per precauzione. La piattaforma da cui parte l autobus è la numero marzo Arigato, konnichiwa ul terrazzo al sesto piano i vasi dei fiori rotolano da tutte le parti, le sedie sono ribaltate in un angolo. C è un gran vento, e non è una buona notizia. Spira da nord e impregna l aria della capitale del nemico invisibile, le radiazioni. In metropolitana è un tripudio di mascherine bianche, ma nessuno ammette che è per proteggersi dai miasmi della centrale di Fukushima. Ufficialmente le indossano per proteggersi dai pollini: è quasi primavera, meglio non farsi cogliere impreparati dai semini volanti. Tokyo è sicura, recita come un mantra la tv nazionale giapponese, che dal giorno del terremoto trasmette in di- S A SINISTRA Uomini della 10^ divisione SOTTO La stazione ferroviaria di Osaka. delle Jieitai, le Forze di autodifesa, A ESTRA La polizia intenta nella prefettura di Miyagi. ai controlli d accesso all area di Arahama. retta da uno studio luccicante, al centro del quale troneggia un plastico della centrale di Fukushima aiichi, con le vaschette di raffreddamento di un azzurro luminoso e i vessel argentati. Ogni dieci minuti una piccola interruzione: trenta secondi di pubblicità-progresso per sensibilizzare i telespettatori alla solidarietà in questa difficile circostanza. Nello spot i pupazzetti colorati si prendono per mano e saltellano sotto un arcobaleno stilizzato: «Arigato, arigato, konnichiwa, konnichiwa», cantano in coro con vocine infantili. Grazie, e buongiorno a lei! 18 marzo Prepararsi all evacuazione a Fukushima arrivano notizie confuse, contraddittorie. Si avverte una tensione strisciante, in vari modi dissimulata. Nel corso della notte alcune nuove esplosioni negli edifici che ospitano i reat- mento sono danneggiati, la temperatura nei reattori sta crescendo e si temono fuoriuscite radioattive. La cabina dell aereo resta avvolta in una penombra silenziosa, i miei vicini di poltrona dormono immobili. Le vacanze sono finite, è ora di tornare a casa. In fondo non c è nulla di cui preoccuparsi, la situazione è sotto controllo, ripeteva rassicurante un responsabile della compagnia che gestisce la centrale dagli schermi ultrapiatti delle tv nella sala d attesa dell aeroporto di Heathrow prima del decollo. numero 36. giugno
3 tori hanno convinto le ambasciate straniere a ordinare l evacuazione dei propri cittadini dalla capitale. E non sono solo gli stranieri a partire. Sullo Shinkansen delle 8.00, in partenza dalla stazione centrale di Tokyo e diretto a Osaka, non c è un posto libero. Al binario le famiglie aspettano in file tanto precise e composte da sembrare disegnate col righello, che il treno superveloce apra le sue porte. Hanno con sé cumuli di valigie, la gabbietta del canarino, il nonno: partono per stare via quanto più possono. ai finestrini le colline spolverate di neve brillano sotto il sole. A Osaka, invece, il cielo è basso e pesante, fa caldo. Trovare una stanza libera è un impresa: alla fine mi accomodo in una sorta di albergo a ore, il tassista mi lancia un occhiata equivoca quando gli scrivo l indirizzo su un foglietto. C è pure chi dalla stazione fa rotta direttamente sull aeroporto. In effetti, cinquecento chilometri in più o in meno, in caso di autentico disastro, farebbero poca differenza. 19 marzo istanza psicologica ai rubinetti della capitale ha preso a scorrere acqua radioattiva, la concentrazione di iodio 131 e cesio 137 è superiore alla soglia di sicurezza fissata per i bambini piccoli. Nei supermercati del centro gli scaffali delle acque minerali, liscia e gassata, si svuotano a una velocità impressionante. Osaka, invece, si gode indisturbata le prime avvisaglie di una primavera tardiva. Qualche ciliegio è già fiorito, capannelli di persone si accalcano per fotografare i boccioli col telefonino. Il contrasto con la tensione che si respira a solo qualche centinaio di chilometri di distanza non potrebbe essere più stridente. I ristoranti espongono in vetrina riproduzioni in plastica dei piatti del menu. Alla sera le vie del centro di questa brutta metropoli, disordinata ed estesa, si riempiono di adolescenti che sfoggiano variopinte acconciature. Gli 800 chilometri scarsi che separano la città da Fukushima funzionano come un potente ansiolitico: il disastro nucleare sembra un eventualità remota, le macerie di Sendai una tragedia altrui. 20 marzo Gempatsu iranai rovarli non è facile, nel brulichio di famigliole a spasso nel parco di Ueno, uno dei più grandi di Tokyo, di domenica pomeriggio. Poi, dietro un T gruppo di ragazzi che reinterpretano Grease intorno a uno stereo con la musica a tutto volume, eccoli, gli attivisti antinucleari. È il primo corteo contro le centrali dopo i danneggiamenti agli impianti di Fukushima, e uno dei rarissimi nella storia recente giapponese. I manifestanti sono un migliaio, chiamati in piazza da un piccolo sindacato maoista, molti, in verità per gli standard nipponici. Tanto più che le previsioni del tempo prevedevano pioggia per oggi, una circostanza poco salutare, considerate tutte quelle nocive particelle radioattive sospese nell atmosfera. opo un incomprensibile numero di giri in tondo in un angolo del parco il corteo sfila, stretto tra imponenti cordoni di poliziotti e gli sguardi incuriositi dei passanti intenti a fare shopping, per la centralissima Shibuya. «Gempatsu iranai», scandiscono in coro, non vogliamo il nucleare. C è anche una delegazione venuta da Hiroshima, lì dove l uomo ha pagato il suo prezzo più alto all atomo. E poi gli studenti e i disoccupati. E perfino un cane tutto infiocchettato. Il corteo procede un po a singhiozzo, è vero, perché quando il semaforo è rosso il serpentone si immobilizza per non ostruire il traffico automobilistico. Ma la soddisfazione generale è evidente. 21 marzo Elogio della pazienza N on che la verdura sia il piatto forte della tradizione culinaria giapponese, ma la sospensione della distribuzione di vegetali a foglia larga provenienti dalle quattro prefetture più vicine alla centrale in ebollizione, psicologicamente è un colpo. Richiama alla mente Chernobyl, un incubo fattosi archetipo e metro di misura per il presente. In realtà la situazione a Fukushima è sostanzialmente stazionaria e a parte qualche parola amara, qualche fugace concessione ad azioni irrazionali (come riempire la credenza di latte a lunga conservazione), la città continua a mettere in scena ogni giorno la sua studiata normalissima quotidianità, fatta di metropolitane affollate e cortesie reciproche. Se già poteva essere vero prima, ancora di più in questi giorni sospesi sembra di assistere a un balletto disperato. Ma anche a un grande spettacolo di pazienza, di ostinazione e di coraggio. «Andarmene via? Non è possibile», mi dice una giovane impiegata che incontro in un ristorante di Akihabara. «Se si ferma To- kyo, si ferma il Giappone. Adesso dobbiamo resistere, prima di tutto alla paura». 22 marzo Operazione risparmio energetico «T i ho preparato un bagno caldo». Yoko mi accoglie sorridendo nella sua villetta di Kichijoji, periferia ovest di Tokyo, un delizioso suburbio maniacalmente ortogonale. La casa, che affaccia su una stradina affiancata da marciapiedi, è circondata da un verde ordinato. «Ora vorrai fare un bagno», insiste. Tra i vari imperativi nazionali di questi giorni, quello che consiglia di fare almeno tre docce al giorno per lavare via gli atomini radioattivi con cui si può essere entrati in contatto è uno dei più pervasivi. Yoko lo segue alla lettera: capisco che il suo è qualcosa più di un invito e mi piego all esigenza dell igiene antinucleare. Un altro fronte della mobilitazione diffusa riguarda il risparmio energetico. Con la centrale di Fukushima fuori uso e molte altre spente dal giorno del terremoto, la società elettrica fatica a soddisfare l enorme fabbisogno energetico della capitale. Si rischia, titolano a otto colonne i maggiori quotidiani, il blackout generalizzato. E così tutti cercano di fare la propria parte. Il gioco preferito di Teo e Meo, i figli Yoko, che hanno solo sette anni, consiste nel seguirmi e fare a gara a spegnere le luci che io dimentico accese. A investirli del compito di vigilare strenuamente contro ogni forma di spreco di corrente è stata la maestra. Lo Yomiuri online pubblicava, invece, questa mattina le istruzioni per cucinare il riso senza la pentola elettrica, un operazione che in molti non hanno mai fatto, qui. Le scale mobili delle metropolitane sono spente e tra i sarariman che arrancano a piedi per dieci piani verso la luce si respira quell ostinazione paziente di cui parlavo prima. La città è buia, dai grandi magazzini di elettronica agli uffici pubblici si spegne tutto quel che si può: schermi, lampioni, pubblicità. Shibuya, già tempio metropolitano dell abuso di lumen, sembra un anonimo incrocio di periferia. 21 marzo Verso Nord S eduta all alba davanti al finestrino della monorotaia che mi sta conducendo in aeroporto, mi lascio distrarre dal moto lento delle chiatte nei canali. Tra poche ore sarò nel Tohoku, su al Nord, dove tut- to è successo. Mi sento un po fuori luogo, tutta intabarrata in uno sciarpone di lana e con ai piedi gli stivaletti da neve comprati per l occasione. Ma le mie precauzioni non si dimostreranno eccessive: a Yamagata la temperatura è di parecchi gradi sotto lo zero. La meta di oggi è Sendai, la città dove, sulla spiaggia, sono stati trovati, già il giorno successivo allo tsunami, i corpi di migliaia di persone. Il porto è un cimitero buio di macchine abbandonate, le portiere spalancate, come esplose. Le uniche tracce di vita sono costituite dai mezzi della polizia e del soccorso stradale, che tappano in modo del tutto provvisorio le voragini che si sono aperte qua e là nell asfalto. Per il resto, solo corvi che passeggiano indisturbati per le strade deserte, tra resti di quelli che, con una buona dose di immaginazione, si intuisce fossero edifici, hangar, depositi. La radio, tutte le radio, diffondono ogni ora le comunicazioni di servizio: classificazione dei danni, distribuzione di acqua e generi di prima necessità, numeri di emergenza. Poi, sotto una nevicata commovente, ma comunque un pochino radioattiva, parte la canzone diventata simbolo del disastro, una sorta di E se domani giapponese: Fukushima I love you dice Fukushima I need you. 21 marzo Tremate tremate L e scosse di assestamento sono talmente frequenti, qui, che si perde il conto. Quante stanotte? Tre, quattro, non ricordo. I futon attutiscono i colpi, trasformano quell ondeggiare scomposto della terra in un rollio da bonaccia. La colazione a base di riso e funghi in agrodolce rende il tutto ancora più surreale. Sono arrivata ieri sera a Ichinoseki. Questa è una delle zone in cui il terremoto e lo tsunami dell 11 marzo scorso hanno fatto più danni. La città funge un po da centro di coordinamento dei soccorsi per i disastrati paesini della costa, a una cinquantina di chilometri di distanza. Gli sfollati, qui, sono decine di migliaia. La mobilitazione è generale e permanente e dappertutto è un via vai di volontari e operatori arrivati da tutto il Paese. Sulle strade si vedono quasi solo mezzi di soccorso e camionette dell esercito. Passo il pomeriggio a fare la coda per la benzina. È razionata, non se ne possono avere più di venti litri a testa. E anche per quelli, bisogna solo sperare che la pompa 76. east. europe and asia strategies numero 36. giugno
4 non si svuoti prima del proprio turno. Vedo un vecchietto infilarsi da una stradina laterale, scavalcando almeno una sessantina di macchine già in coda. Ci scambiamo un sorriso complice, mi commuovo un poco pensando a come l emergenza abbia aperto una piccola breccia anche nel sovrumano senso di onestà giapponese. 25 marzo Kesennuma C amminando in direzione del porto, a Kesennuma, l odore si fa via via più acre, il fango depositato sulle strade più spesso. ietro una curva, infine, lo sfacelo. Centinaia di case rase al suolo, l acqua di mare raccolta in larghe pozze nere, i gabbiani che gridano, le barche scaraventate sul molo. È un paesaggio così doloroso che fa tremare le mani. Il mare a Kesennuma è entrato dalla strada principale. L onda, alta undici metri, ha prima squassato quella tavola piatta che è di solito il mare in questa baia lunga e stretta, poi ha inghiottito il porticciolo, infine si è infilata tra le case per diverse centinaia di metri. Ha preso a correre sempre più forte, rovesciando tutto ciò che incontrava sul suo cammino: le macchine, i lampioni, i distributori delle bibite, i mercati, le case. Quando ormai le strade erano ridotte a fiumi di detriti, il mare è tornato da dove era venuto. Nel fango rimangono una macchina da cucire, una teiera, una macchinina giocattolo incastrata nel cartoccio di lamiere di un automobile vera, quotidiani zuppi, scarpe, cuscini, mobili, ante, vestiti, tatami. I sopravvissuti approfittano di uno spiraglio di sole per andare a recuperare qualcosa in quel che resta delle loro case. Entrano scavalcando le macerie, escono trionfanti con un sacchetto di plastica in mano. Poi, all ora di pranzo, si mettono in fila per il pasto caldo davanti alla cucina del centro di raccolta. Salutano, spiegano, ci ringra- ziano di essere venuti fin lì, scusandosi quasi del tour dell orrore che abbiamo appena fatto in città. Le lacrime si confondono nel brodo caldo degli spaghetti alla trippa con uova crude, che mi concedo a un baracchino sulla via del ritorno. 26 marzo Rikuzen-Takata mattina presto. A Rikuzen-Takata, davanti al nuovissimo edificio che funge da municipio È quello di prima è stato scaraventato dalla furia del mare a un centinaio di metri di distanza dalla sua posizione originaria e se ne sta lì accartocciato contro un altura c è una fila ordinatissima di persone. Sono in coda da un po : stamattina apre l ufficio in cui depositare le richieste per gli alloggi temporanei in costruzione. Cubetti di legno nascosti dietro una collina, sì, ma pur sempre qualcosa di più simile a una casa che non la grande palestra della scuola elementare. La ricostruzione, quella vera, qui è un miraggio lontano, per certi versi irrealizzabile. L onda nera non ha risparmiato che una manciata di palazzi, che spuntano solitari da uno sconfinato ground zero, per chilometri e chilometri quadrati. ove fossero le case, gli isolati, i parcheggi, lo si capisce solo dal reticolo geometrico delle strade, già tutte ripulite e agibili. ue postini, spediti qui da Osaka con la divisa di ordinanza, frugano con una mazza da baseball nella melma. Cercano corrispondenza, mai spedita o spedita e mai arrivata. Chi trova oggetti che possano avere un qualche valore affettivo li estrae dal fango e li deposita davanti a quella che, da vari indizi, si immagina fosse una casa: fotografie, libri, statuette. Il resto è cibo per le ruspe: sollevano mucchi di detriti, li rimescolano. Ogni tanto, tra un asse marcio e un automobile, spunta un corpo. Con gesti ormai esperti, i soccorritori lo caricano su un furgone e A SINISTRA Ad Arahama si stima che ci vorranno almeno 3 anni per rimuovere i detriti accumulati lungo le coste devastate. A ESTRA Supestiti ricoverati nella scuola elementare di Watari, nella prefettura di Miyagi. 78. east. europe and asia strategies numero 36. giugno
5 cancellano il nome dalla lista dei dispersi. Nell onsen dell albergo grandi vasche costruite sulle sorgenti di acqua bollente che spuntano un po dappertutto in Giappone cerco di lavare via un po di disperazione. Una signora giapponese cerca di intavolare un improbabile conversazione. Finisce che cantiamo in coro a squarciagola O sole mio, tutte nude tra i vetri appannati dai vapori, mentre fuori inizia un altra volta a nevicare. 27 marzo Fukushima nanmin N ella palestra che sorge al centro del parco di Yamagata sono alloggiate una cinquantina di persone. Sono tornata qui in città per restituire l auto noleggiata: mentre discuto con l impiegata dell agenzia mi rubano la macchina fotografica dal cruscotto. Non vorrei che stessimo esagerando con queste deroghe all onestà nipponica In città vivono una buona parte di coloro che sono stati evacuati dalle immediate vicinanze della centrale di Fukushima: chi nella palestra, chi nello stadio, chi in prefettura, chi nelle scuole chiuse. Lasciare casa, per chissà dove e per chissà quanto, non è stata una scelta facile e neppure troppo facilitata. Al di là delle auto della polizia che giravano con gli altoparlanti intimando di chiudere le finestre, mi raccontano, non hanno avuto molto: non un viaggio pagato, non una destinazione certa né un pieno di benzina assicurato. entro la palestra il campo di basket è stato trasformato in un piccolissimo quartiere, in cui ogni famiglia occupa un quadrato di quattro metri di lato. Al soffitto basso sono appesi gli stendini per la biancheria, i bambini giocano a nascondino tra le valigie e gli scatoloni. L odore dolciastro del gasolio delle stufe si mescola a quello del tè che fuma nei bollitori. 28 marzo Signori, il plutonio L a novità di oggi è il plutonio. Ne sono state rinvenute tracce in ben cinque punti dell impianto di Fukushima, scopro comprando una copia del Japan Times al mio arrivo a Tokyo, in un alba chiarissima. Il pullmann notturno sostitutivo della linea ferroviaria interrotta mi scarica a Shibuya. Mentre, assonnata, tento di non calpestare le decine di senzatetto che dormono nei corridoi della stazione della metropolitana, scavo nella memoria alla ricerca di informazioni su questo nuovo nemico polverizzato nell aria. Più che mai radioattivo, ma comunque pesante, mi dico, e dunque poco volatile: improbabile che sia arrivato fin qui. Quotidianamente i giornali pubblicano le rilevazioni di sostanze radioattive nell aria, provincia per provincia, città per città. Viste sulla mappa sono una serie di cerchi concentrici che hanno al centro Fukushima. Nella capitale i valori sono in calo e comunque i più sembrano non occuparsene troppo. Se è negli scaffali vuol dire che è sicuro, mi dice con naturalezza una signora brandendo un mazzo di spinaci durante un improvvisata sessione di interviste in un supermercato di Ueno. «Ma chi controlla?», chiedo io in inglese al ragazzo etiope che studia giapponese e che si è offerto di farmi da interprete, il quale a sua volta rigira la domanda in un giapponese elementare a un ragazzo di Tokyo, che pone la domanda alle signore intente a fare la spesa. Il sospetto che qualcosa si perda in questa babele improvvisata davanti al banco dei surgelati è forte. La signora ride: non è questa una cosa che la riguardi. 29 marzo Miracoli postali a quando sono tornata dal Nord non sogno che terremoti: terrificanti, quotidiani, a volte perfino piacevoli. C è un camion che tutte le notti parte dalla strada davanti a casa alle 3.00 spaccate e accende il motore nel silenzio della periferia addormentata. Ogni volta sussulto. A svegliarmi stamattina, invece, è stato il postino. Mi recapita un pacco dal Tohoku: è il caricabatterie del computer che avevo dimenticato in un rifugio per sfollati a Yamagata. al numero di telefono che gli avevo lasciato sono risaliti all indirizzo e ieri pomeriggio me l hanno spedito. E così, in un Paese che si vorrebbe in ginocchio, un gruppo di rifugiati scampati alla catastrofe nucleare trova il tempo e la voglia di andare in posta a spedire un plico a una distratta signorina italiana che non ha fatto altro che tempestarli di domande per un intero pomeriggio. E quel plico, in meno di dodici ore, percorre quasi mille chilometri e arriva a destinazione nelle mani di un postino gentile, che rifiuta cortesemente un caffè mentre mi informa che la spedizione è stata pagata dal mittente. 80. east. europe and asia strategies numero 36. giugno
6 Chiamo il centro di accoglienza per rifugiati di Yamagata per ringraziare e finisce che sono loro a ringraziarmi per la telefonata. 30 marzo Fukushima Fifties all incidente alla centrale sono passati, oggi, venti giorni. Era iniziata come una corsa contro il tempo, si sta rivelando un disastro al rallentatore. Tra un paio di giorni sarò di nuovo in Italia e ho la sensazione di lasciare tutto come l ho trovato. Le operazioni di raffreddamento dei reattori sono in corso, nonostante lavorare all interno degli impianti sia ormai pericolosissimo, per l alta concentrazione di radiazioni accumulatesi. Gli eroi di Fukushima, gli operai al lavoro per la messa in sicurezza della centrale già diventati un icona popolare di abnegazione e sacrificio, cadono uno dopo l altro. Quelli gravemente contaminati sono ormai una trentina. E anche gli altri, ormai, sono qualche centinaio: all inizio non erano che cinquanta, e non se la passano molto meglio. Non hanno abbastanza da mangiare, si è scoperto, dormono tutti insieme al freddo in una sala conferenze, non sono informati sui rischi che corrono. Confronto la versione stilizzata degli eroi nei rassicuranti spot governativi con le facce pallide degli operai contaminati sdraiati in un letto d ospedale. Viste da qui le radiazioni non sono che numeri dietro uno zero e a una virgola: scoprire che uccidono davvero restituisce al dramma la sua dimensione intimamente umana. 31 marzo Addio I l tempio della dea Kannon è una nuvola di incensi e di preghiere. Ho deciso di venire qui, stamattina, a salutare il Giappone, alla vigilia della partenza. Tanti dei negozietti di souvenir sono chiusi e in questo, che è uno dei luoghi più turistici della città, non passa uno straniero per tutta la mattina. Il tempio, comunque, è affollatissimo, le cassette delle offerte risuonano in continuazione delle monetine depositate dentro dai visitatori. Certe obese carpe koi sgomitano per conquistarsi i posti migliori ai lati dei ponticelli sul laghetto, nella speranza di intercettare le briciole che lanciano loro i fedeli. Mi fermo a un baracchino per una zuppa fumante di grassini di manzo in salsa piccante. omani inizia l hanami, la festa della fioritura dei ciliegi. Mi dispiace non poterci essere east. europe and asia strategies
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