HANS KOLLOHFF. LA FORMA CLASSICA DELL INVOLUCRO MURARIO ANTONIO FRAGALÀ, ADRIANA PEPE, LUCIA GILIBERTO

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1 HANS KOLLOHFF. LA FORMA CLASSICA DELL INVOLUCRO MURARIO

2 NIVERSITÀ DEGLI STUDI MEDITERRANEA DI REGGIO CALABRIA

3 INDICE 1. LA FACIES DELL EDIFICIO 2. SCHERMO VS MURO 2.1. IL LINGUAGGIO CLASSICO DELL INVOLUCRO MURARIO 2.2. L EMULAZIONE DELL ORDINE NELL INVOLUCRO MURARIO 3. LA MODELLAZIONE PLASTICO-RETICOLARE 4. LA FORMA SCULTOREA

4 1. LA FACIES DELL EDIFICIO La dissoluzione del muro tradizionale nella sua qualità di struttura portante, avvenuta in epoca moderna, ha prodotto la scissione tra due sistemi: quello strutturale e quello rappresentativo dell'edificio. A partire dall'inizio dell'ottocento, il concetto del rivestire per nobilitare e proteggere le nuove costruzioni non ha potuto prescindere dalla nuova istanza della verità di strutture e materiali e ciò ha comportato una riflessione sulla natura del rapporto tra rivestimento e costruzione. Il rapporto di connessione tra la forma tecnica e la forma rappresentativa della costruzione, tra la concezione tecnico-statica dell'edificio e la logica tettonica-espressiva adottata per la costruzione della facies dell'edificio, ha indotto a una irriducibile opposizione e una sempre più radicale separazione tra la struttura e il suo rivestimento; le differenti forme dell'involucro, oscillano tra gli estremi del mascherare e del rivelare la costruzione. Questa alternativa, già espressa nella distinzione tra "Bekleidung" e "Verkleidung", ha in Gottfried Semper e Eugène Viollet-Le-Duc (attraverso i testi Der Stil e Entretiens sur l'architecture), i principali artefici nella definizione di due linee teoriche di riferimento nella cultura architettonica della modernità. L'involucro, nei nuovi edifici, può essere concepito come schermo, mascherando la forma costruttiva del telaio strutturale; può invece, in sintonia al principio viollet-le-duchiano di verità, ancora rappresentarla; se in un caso, data la natura a-tettonica della parete-schermo, l'involucro tende a esaltare gli effetti immateriali e di leggerezza, nell'altro caso, esso mira a costruirsi come muro, teso a rappresentarne i caratteri di massività e solidità. Non possiamo poi neanche escludere una coincidenza tra struttura con la facciata dell'edificio: il telaio costruttivo può anche essere in "vista", con tamponamenti interstrutturali, vetrati-trasparenti o opachi- murari, e non rivestito. Una idea di pensare alla costruzione, in questo caso, ponendosi l'obiettivo, per usare le parole di Mies van der Rohe, di "portarla alla espressione esatta". Un dibattito che continua ormai da un secolo, un arco temporale nel quale l'involucro architettonico si carica sempre più di nuove valenze espressive ed estetiche e si vede accrescere quel fenomeno mediatico e di mercato che delega all'aspetto esterno dell'edificio il suo valore architettonico. Su tale fenomeno ha certo influito il mutato orizzonte sociale e tecnico: le dinamiche evolutive dei processi di progettazione e costruzione dell'architettura, le questione legate al sistema economico e produttivo di nuovi materiali, l'aumento delle esigenze di prestazioni energetiche e ambientali del sistema edilizio; ma rischia di relegare il ruolo dell'architetto in un ambito troppo ristretto. Il progettista più ricercato sembra sempre più essere una archistar, cui demandare il compito di firmare un involucro troppo spesso indifferente alla struttura dell'edificio. La questione della continuità-discontinuità della facciata dell'edificio in relail

5 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI MEDITERRANEA DI REGGIO CALABRIA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA * A.A. 2010/2011. CORSO DI LAUREA QUINQUENNALE A CICLO UNICO.