LA DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA

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1 LA DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA PROF.SSA FRANCESCA MITE

2 Indice 1 IL REATO DI DIFFAMAZIONE: PROFILI GENERALI, ELEMENTI OGGETTIVI E SOGGETTIVI LE AGGRAVANTI DEL REATO DI DIFFAMAZIONE. LA DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA CIRCOSTANZE CHE ESCLUDONO LA PUNIBILITÀ DELL OFFESA ALLA REPUTAZIONE IL CONSENSO DELL AVENTE DIRITTO L ESERCIZIO DEL DIRITTO. IL DIRITTO DI CRONACA, DI CRITICA, DI SATIRA. PRESUPPOSTI E AMBITO DI APPLICAZIONE NELL INTERPRETAZIONE GIURISPRUDENZIALE BIBLIOGRAFIA di 23

3 1 Il reato di diffamazione: profili generali, elementi oggettivi e soggettivi Gli elementi costitutivi oggettivi del reato di diffamazione sono due. Più precisamente secondo quanto previsto dall art. 595 c.p commette il reato di diffamazione chiunque in assenza della persona offesa, 1 offende l altrui reputazione 2 comunicando con più persone. La pena prevista è quella della reclusione fino ad un anno e della multa fino a 1032,91 1. Preliminarmente è doveroso distinguere il reato de quo rispetto ad altri delitti che pure ledono l onore. Il riferimento è, innanzitutto, al reato di ingiuria previsto e punito dall art. 584 c.p. ai sensi del quale chiunque offende l onore o il decoro di una persona presente, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 516,46 2. È evidente la differenza tra le due forme di reato: in caso di diffamazione, nel momento in cui vengono diffuse le dichiarazioni ritenute lesive della reputazione di un individuo, egli è assente e la comunicazione avviene alla presenza di terzi, laddove nel caso di ingiuria vengono sì offesi pur sempre l onore e il decoro di una persona ma quando questa è presente al momento dell offesa. 1 La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale. Al reato previsto in questo comma si applica, ora, la pena pecuniaria della multa da euro 258 a euro o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da dieci giorni a tre mesi, ai sensi di quanto disposto dall articolo 52, comma 2, lettera a), D.Lgs. 28 agosto 2000, n (Tale disposizione si applica a decorrere dal 2 gennaio 2002, ai sensi di quanto disposto dall art. 65 dello stesso D.Lgs. n. 274 del 2000, come modificato dall art. 1, D.L. 2 aprile 2001, n. 91, convertito in legge, con modificazioni, dall art. 1, L. 3 maggio 2001, n. 163). 2 La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale. Al reato previsto in questo comma si applica, ora, la pena pecuniaria della multa da euro 258 a euro 2.582, ai sensi di quanto disposto dall articolo 52, comma 2, lettera a), D.Lgs. 28 agosto 2000, n (Tale disposizione si applica a decorrere dal 2 gennaio 2002, ai sensi di quanto disposto dall art. 65 dello stesso D.Lgs. n. 274 del 2000, come modificato dall art. 1, D.L. 2 aprile 2001, n. 91, convertito in legge, con modificazioni, dall art. 1, L. 3 maggio 2001, n. 163). 3 di 23

4 A titolo meramente esaustivo, va precisato che dall ingiuria e dalla diffamazione si distingue anche il reato di calunnia previsto e punito dall art. 368 c.p., che si configura quando taluno, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all Autorità giudiziaria o ad altra Autorità che abbia l obbligo di riferire all Autorità giudiziaria, incolpa di un reato una persona che egli sa essere innocente, oppure simula a carico di una persona le tracce di un reato. Per il reato di calunnia la pena prevista è quella della reclusione da due a sei anni, salvo i casi di aggravante 3. Tornando alla diffamazione, la prima caratteristica strutturale di tale tipo di reato, è come si diceva, l offesa all altrui reputazione. Emerge, quindi che il bene giuridico che con la previsione del reato di diffamazione il Legislatore ha inteso tutelare è la cd. reputazione, per tale intendendosi in generale e secondo l interpretazione giurisprudenziale, la stima diffusa nell ambiente sociale, l opinione e la considerazione di cui ciascuno gode nel contesto sociale e dei rapporti personali o professionali. Più precisamente e secondo l interpretazione giurisprudenziale essa va intesa come riflesso oggettivo dell onore e del decoro rappresentando «il senso della dignità personale nell opinione degli altri, un sentimento limitato dall idea di ciò che, per la comune opinione, è socialmente esigibile da tutti in un dato momento storico» 4. Insomma, ciò che il Legislatore ha inteso punire è, evidentemente, l attacco all altrui personalità morale. Altra interessante definizione del bene giuridico reputazione si rinviene in una pronuncia di merito, che la vuole tutelata «tanto come stima che una persona si è conquistata presso gli altri, quanto come rispetto sociale minimo cui ogni persona ha diritto indipendentemente dalla buona o cattiva fama che derivi dalla sua condotta» 5. 3 La pena è aumentata se s incolpa taluno di un reato pel quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un altra pena più grave. La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all ergastolo; e si applica la pena dell ergastolo, se dal fatto deriva una condanna alla pena di morte [c.c. 463, n. 3]. La giurisprudenza ha chiarito che non è necessario che sia iniziato un procedimento penale a carico della persona offesa dal reato, essendo sufficiente la mera potenzialità che un tale procedimento si avvii. 4 Cass. pen. Sez. V, 28/02/1995, n Trib. Roma, 14 giugno 1990, in Cass. Pen., 1994, 2549, «La configurabilità del reato di diffamazione non dipende dalla esistenza di una reputazione più o meno favorevole di cui l offeso gode nella considerazione altrui, perchè l ordinamento giuridico tutela l onore e la dignità della persona al di là del merito del soggetto passivo del reato. 4 di 23

5 Ma come e quanto deve essere leso il bene reputazione affinchè posa configurarsi il reato della diffamazione? Se da un lato dottrina 6 e giurisprudenza ritengano unanimemente che valgano ad integrare offesa non soltanto l uso di espressioni non vere, ma anche di quelle allusive, sottintese, suggestionanti, (come si avrà modo di vedere quando si parlerà più avanti della diffamazione a mezzo stampa), dall altro sempre la giurisprudenza 7 ha precisato che per poter ledere la reputazione di un soggetto le affermazioni allusive devono essere capaci di modificare in negativo l opinione che il gruppo sociale ha di quel soggetto. Infine, alla tutela della reputazione ben può aggiungersi quella relativa all immagine della persona interessata, laddove le notizie diffamatorie siano, come possono essere, diffuse non già o non solo con il mezzo dello scritto (articolo di giornale o altro tipo di pubblicazione), ma attraverso la pubblicazione di fotografie. Il secondo elemento costitutivo del reato è costituito dalla comunicazione con più persone, per il cui tramite si realizza quella divulgazione che è una delle caratteristiche strutturali del reato in oggetto. La giurisprudenza ha chiarito che si configura la comunicazione con più persone anche laddove le notizie diffamatorie, lesive dell onore e della reputazione altrui, siano diffuse alla presenza di due sole persone tra le quali non vanno tuttavia compresi gli eventuali concorrenti nel reato (ovvero anche di una sola persona 8, ma con tali modalità che detta notizia sicuramente venga a conoscenza di altri). Pertanto anche colui che ha riportato condanne per gravissimi delitti può essere soggetto passivo di diffamazione essendo la reputazione tutelata anche come rispetto sociale minimo cui ogni persona ha diritto, come tale, indipendentemente dalla buona o cattiva fama». 6 S. Sica V. Zeno Zencovich, Manuale di diritto dell informazione e della comunicazione, Cedam, 2012, pg Trib. Roma, 15/02/1993 Foro It., 1994, I, 1236 La lesione del diritto alla reputazione attiene al momento critico del giudizio che i consociati daranno a seguito della divulgazione di una determinata raffigurazione, che comprometta non solo la verità, ma anche, e soprattutto, il valore della persona (nella specie, è stato escluso che potesse produrre un tale pregiudizio l attribuzione della paternità di attività investigative, estranee ai suoi compiti istituzionali ad un magistrato collaboratore dell alto commissario antimafia). 8 Cass. pen. Sez. V, , n (rv ), in CED Cassazione, Già Cass. pen. Sez. V, 21/07/2004, n , secondo la quale «In tema di diffamazione commessa mediante scritti (art. 595 c.p.), sussiste il requisito della 5 di 23

6 Sempre in riferimento alla comunicazione con almeno due persone, è opinione prevalente in dottrina e in giurisprudenza che la comunicazione diffamatoria possa essere rivolta a soggetti diversi anche in tempi differenti, consumandosi in tal caso il reato nel momento della comunicazione alla seconda persona, facendosi, quindi, coincidere il momento consumativo del reato con l ultima comunicazione in senso cronologico. La diffamazione dunque, è un reato istantaneo che si consuma con la comunicazione con più persone lesiva della reputazione 9, anche se la comunicazione e/o la percezione da parte di costoro del messaggio non siano contemporanee alla trasmissione e contestuali tra di loro, ben potendo i destinatari trovarsi persino a grande distanza gli uni dagli altri, ovvero dall agente 10. Ebbene, precisati gli elementi costitutivi del reato di diffamazione sotto il profilo oggettivo, occorre soffermarsi ora sul profilo soggettivo. Ai fini della configurabilità della fattispecie di reato in esame, per consolidato e unanime indirizzo giurisprudenziale 11, non è richiesto l animus diffamandi, inteso quale volontà di ledere l altrui comunicazione con più persone, necessario per integrare il reato, anche quando le espressioni offensive siano comunicate ad una sola persona ma destinate ad essere riferite almeno ad un altra persona, che ne abbia poi effettiva conoscenza. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ritenuto sussistente il requisito della "comunicazione con più persone" in una lettera inviata dal Presidente del Tribunale ad un Presidente della Corte di appello - nella quale si esprimevano valutazioni offensive nei confronti di due sostituti dello stesso tribunale - la quale ancorché inviata in doppia busta chiusa con la dicitura "riservata personale", conteneva la sollecitazione di inoltrare tale comunicazione ad altra Autorità, inoltro poi effettivamente avvenuto)», in Riv. Polizia, 2005, Cass. pen., 17/02/1989, in Giust. Pen., La Suprema Corte, in un caso di diffamazione posta in essere attraverso Internet, ha affermato come il reato si consumi al momento della ricezione del messaggio diffamatorio da parte di terzi rispetto all agente ed alla persona offesa, trattandosi di un reato di evento non fisico ma, per così dire, psicologico, consistente nella percezione da parte del terzo dell espressione offensiva (Cass. pen., sez. V, 17 novembre 2000, n «in quanto reato di evento, la diffamazione si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l espressione ingiuriosa».). La dottrina, invece, ritiene che si tratti di un reato di pericolo, non richiedendosi un effettivo pregiudizio per la reputazione del soggetto passivo. In tal senso Antolisei, Manuale di diritto penale, Parte spec., Dei delitti contro la persona, Milano, 1999, Per tutti, Cass. pen. Sez. V, 16/02/2011, n , in Massima redazionale, di 23

7 reputazione, ritenendosi sufficiente il dolo generico 12, la volontà, cioè, di usare espressioni diffamatorie con la consapevolezza della loro attitudine offensiva dell altrui reputazione. L utilizzo di espressioni autonomamente e manifestamente offensive, tali cioè, da offendere e ledere, con il loro significato univoco, la dignità della persona basta a configurare l elemento psicologico del dolo, senza che occorra procedere ad una particolare dimostrazione o indagine sulla sua presenza o meno, prescindendosi del tutto dai motivi e dall animus nocendi vel iniuriandi. Altro aspetto importante da sottolineare in materia di diffamazione è che, salvo casi estremamente particolari, il colpevole del reato non è ammesso a provare, a sua discolpa, la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa. Ciò significa che non vale ad escludere il reato in questione la circostanza che il fatto offensivo sia vero o già noto per altra via. 12 Tra l altro anche nella forma del dolo eventuale, con l accettazione del rischio della realizzazione di fatti diffamatori, nel rispetto di un consolidato orientamento giurisprudenziale, per tutti, Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 2007, n , in Mass. Giur. It., di 23

8 2 Le aggravanti del reato di diffamazione. La diffamazione a mezzo stampa Per il reato di diffamazione, il codice penale prevede all art. 595, due aggravanti: 1. L attribuzione di un fatto determinato 2. L utilizzo del mezzo della stampa Più precisamente, se l offesa consiste nell attribuzione di un fatto determinato 13, cioè si offende l altrui reputazione facendo riferimento ad un episodio preciso e specifico, la pena è raddoppiata rispetto alla fattispecie base, prevedendosi la reclusione fino a due anni, ovvero la multa fino a 2.065,00 euro 14 ; se l offesa è recata col mezzo della stampa, di cui si dirà di seguito, (giornali, televisione, altri mezzi di informazione) o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (tipo la rete Internet), ovvero in atto pubblico, è prevista la pena della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516,00 euro. Se l offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o 13 I giudici di legittimità hanno precisato che «Per fatto determinato, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all art. 595, 2 comma c. p., s intende il fatto concretamente individuabile mediante l indicazione dell azione o delle azioni che si affermano essere stata commesse da qualcuno e non la generica attribuzione di qualità o di attività disonoranti; fatto determinato, in altri termini, è il fatto sufficientemente delineato nel suo carattere e nei suoi elementi essenziali in modo che ne derivi quell aspetto di più agevole credibilità come fatto reale, produttivo di quel maggiore pregiudizio alla reputazione, nel quale si concreta la ratio della suddetta aggravante (nella specie: è stata esclusa la circostanza di cui all art. 595, 2 comma c. p. nell attribuzione della qualifica di non accompagnata dall indicazione di circostanze concrete, quali il tempo e l ammontare della esportazione)», Cass. pen. Sez. V, 09/05/1985, in Riv. Pen., 1986, La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale. Al reato previsto in questo comma si applica, ora, la pena pecuniaria della multa da euro 258 a euro o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da dieci giorni a tre mesi, ai sensi di quanto disposto dall articolo 52, comma 2, lettera a), D.Lgs. 28 agosto 2000, n (Tale disposizione si applica a decorrere dal 2 gennaio 2002, ai sensi di quanto disposto dall art. 65 dello stesso D.Lgs. n. 274 del 2000, come modificato dall art. 1, D.L. 2 aprile 2001, n. 91, convertito in legge, con modificazioni, dall art. 1, L. 3 maggio 2001, n. 163). Tale aggravio di pena si spiega con il fatto che attribuendo ad un soggetto un fatto determinato si ingenera nel destinatario una maggiore impressione di attendibilità delle circostanze narrate rispetto a quelle raccontate in modo vago, ipotetico o allusivo. Il maggior pregiudizio per la vittima giustifica, quindi, la più severa sanzione per l autore del reato. 8 di 23

9 giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate. Ebbene, tale seconda forma di aggravante prevista dal codice penale, ci conduce all argomento oggetto del presente lavoro, ovvero alla diffamazione a mezzo stampa. L utilizzo della stampa per diffamare una persona rappresenta, dunque, un aggravante del reato di diffamazione in considerazione della particolare attitudine diffusiva del mezzo adoperato e del potere di persuasione psicologica e di orientamento d opinione che la stampa possiede e che rende più incisiva la diffamazione e determina, quindi, un maggior danno. E dunque, in un contesto in cui l evolversi della coscienza sociale è continua e la diffusione di mezzi di comunicazione di massa è sempre maggiore, si pone il problema di individuare il ruolo e i limiti dell informazione potenzialmente lesiva dell altrui reputazione, al fine di contemperare i diritti del singolo con l esigenza della diffusione di notizie di interesse pubblico 15. È da dire, peraltro, che per costante indirizzo dottrinario 16 e giurisprudenziale 17, allorché la diffamazione sia compiuta con il mezzo della stampa, l elemento della pluralità e, cioè, della comunicazione con più persone, ex art. 595 c. p., si può ritenere in re ipsa, per il fatto stesso della pubblicazione e della diffusione del mezzo usato, che si rivolge ad un numero cospicuo ed indeterminato di persone. Attenta dottrina ha al riguardo evidenziato la differenza di tale aggravante codicistica (l uso della stampa), rispetto all altra aggravante prevista dalla Legge sulla stampa (legge n. 47/48) che all art. 13 pure prevede una pena maggiore ove venga attribuito un fatto determinato con il mezzo della stampa, stabilendo che: «nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, consistente nell'attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni e quella della multa non inferiore a euro 258». In particolare, «mentre il codice prevede l aggravante ove la diffamazione venga effettuata con il mezzo della stampa o di qualsiasi altro mezzo di pubblicità, la legge sulla stampa prevede l ipotesi delittuosa di cui all art. 13 unicamente ove la diffamazione avvenga con il mezzo della stampa così come rigidamente individuata dall art. 1 della 15 D. Chindemi, Diffamazione a mezzo stampa (radio televisione internet), Giuffrè editore, S. Sica V. Zeno Zencovich, ibidem, pg Cass. 14 giugno 1988, in Riv. Pen., 1990, pg.189, nella specie relativa al rigetto di ricorso, l imputato aveva sostenuto che la diffamazione doveva essere considerata non a mezzo stampa, ma semplice, per il fatto che solo poche persone avrebbero identificato la persona offesa. 9 di 23

10 stessa legge, non interpretabile analogicamente o estensivamente in quanto legge prevedente una sanzione penale» 18. Quanto, poi, alle differenze tra le due aggravanti codicistiche, l attribuzione di un fatto determinato e l utilizzo della stampa, nel primo caso, l aggravante del fatto determinato ha la sua ragion d'essere nella maggiore attendibilità che solitamente manifesta la rappresentazione di un fatto storicamente determinato, in grado di realizzare una più efficace lesione dell'altrui reputazione, per la capacità di ingenerare nel lettore un maggior convincimento circa l'attendibilità delle circostanze narrate rispetto a quelle riportate in modo vago, ipotetico, meramente allusivo o insinuatorio. Nella seconda ipotesi, oltre all'aggravante dell'attribuzione di un fatto determinato, ai sensi del combinato disposto dell'art. 595, comma 3, c.p. e dell'art. 13 l.s., la diffamazione è aggravata quando la propagazione della comunicazione offensiva avvenga a mezzo della stampa: difatti, in questa fattispecie, il danno subito dalla persona offesa ha una diversa e maggiore portata, dovuta alla più penetrante incisività della diffamazione realizzatasi grazie alla forte capacità diffusiva del mezzo utilizzato. Passando all esame del profilo materiale del reato di diffamazione a mezzo stampa, proviamo ad indagare sui soggetti attivi e passivi del reato de quo. Soggetto attivo del reato di diffamazione a mezzo stampa può essere chiunque non essendo richiesti particolari requisiti. È chiaro che esso è, innanzitutto, l autore dello scritto dal contenuto diffamatorio, tenendo sempre presente che nel campo del diritto penale vige il principio della responsabilità personale. Tuttavia, ai sensi dell art. 57 c.p. 19, nonché della normativa sulla stampa 20 come accennato, è responsabile anche il direttore del periodico: a titolo di concorso (quando pur consapevole della potenzialità offensiva delle espressioni utilizzate nell articolo, ne abbia, ugualmente autorizzato la pubblicazione) ovvero per fatto proprio (se l evento lesivo, pur non essendo voluto dal direttore, non si sarebbe verificato se avesse impiegato la dovuta diligenza nel 18 Così S. Sica V. Zeno Zencovich, ibidem, pg c.p. art. 57. Reati commessi col mezzo della stampa periodica Salva la responsabilità dell autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo 20 L. 8 febbraio 1948, n. 47, Disposizioni sulla stampa, in Gazz. Uff. 20 febbraio 1948, n. 43, meglio nota come legge sulla stampa, l.s. 10 di 23

11 controllare gli scritti destinati alla pubblicazione). La condotta omissiva del direttore responsabile del giornale, prevista e punita dall art. 57 c.p., consiste nel non aver attivato i dovuti controlli per evitare che col mezzo della stampa e sul giornale in questione- si ledesse dolosamente la reputazione di terze persone. Non solo, ai sensi dell art. 57-bis c.p 21, le disposizioni di cui all art. 57 c.p., si applicano, nel caso di stampa non periodica, all editore, se l autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se l editore non è indicato o non è imputabile; ciò in quanto si tratta di soggetti tenuti ad esercitare sul contenuto del periodico il controllo necessario ad impedire che con il mezzo della pubblicazione siano commessi reati. Inoltre, per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato, il proprietario della pubblicazione e l editore 22. Quanto al soggetto passivo, cioè al diffamato (presunto), possono assumere la veste di soggetti passivi del delitto in questione oltre che le persone fisiche, le persone giuridiche e gli enti collettivi (ad es. società, associazioni, fondazioni, partiti etc.) 23. Naturalmente, la diffamazione può riguardare soggetti non più in vita e, in tal caso, legittimato a difendere il diritto sarà l erede o il congiunto della persona offesa. Per la sussistenza del delitto di diffamazione, l individuazione dell effettivo destinatario dell'offesa è condizione essenziale ed imprescindibile per attribuire a tale offesa rilevanza giuridico-penale, tuttavia ai fini della configurabilità del reato è irrilevante l indicazione nominativa del diffamato, ben potendosi questa desumere da riferimenti inequivoci a fatti e circostanze di notoria conoscenza, attribuibili ad un determinato soggetto; più precisamente, la persona cui è diretta l offesa, seppur non necessariamente indicata nominativamente, deve essere individuabile agevolmente e con certezza c.p. art. 57-bis. Reati commessi col mezzo della stampa non periodica. Nel caso di stampa non periodica, le disposizioni di cui al precedente articolo si applicano all editore, se l autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se l editore non è indicato o non è imputabile- 22 LEGGE 8 febbraio 1948, n. 4711, recante Disposizioni sulla stampa, pubblicata nella Gazz. Uff. 20 febbraio 1948, n. 43. Art. 11. Responsabilità civile. Per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l editore. 23 G.Battaglini, Capacità passive di diffamazione nelle collettività, in Riv.dir.sport.,1949, n3-4, 92; in giurisprudenza Cass , n È sufficiente che l offeso sia identificabile, cioè individuabile in maniera univoca, per esclusione, in via induttiva. Cass. pen. Sez. V, 07/05/1992, in Mass. Cass. Pen., 1992, fasc.11, di 23

12 E così, l'individuazione del diffamato in mancanza di indicazione nominativa, può dedursi, in termini di affidabile certezza, dalla stessa prospettazione oggettiva dell'offesa, quale si evince anche dal contesto in cui è inserita o ancora l individuazione del diffamato può avvenire per esclusione in via induttiva, tra una categoria di persone. Non può, invece, aversi diffamazione nel caso in cui vengano pronunciate o scritte espressioni offensive nei confronti di una o più persone appartenenti ad una determinata categoria, anche se numericamente limitata, se le persone cui le frasi si riferiscono non siano precisamente individuabili. È doveroso precisare, infine, che la diffamazione a mezzo stampa rappresenta non solo un ipotesi di reato a tutela dell altrui reputazione (artt.595 e ss. c.p.), ma anche un illecito civile, che impone al responsabile del fatto l obbligo di risarcire il danno. In particolare, nel caso del reato di diffamazione l'art. 185 c.p. prevede il risarcimento del danno patrimoniale e danno non patrimoniale. Inoltre, l'art. 12 della l. 8 febbraio 1948 n. 47 prevede, oltre al risarcimento previsto dall'art. 185 c.p., un'ulteriore somma a titolo di riparazione che non costituisce una duplicazione delle voci di danno risarcibili, ma che integra un'ipotesi eccezionale di pena pecuniaria privata. 12 di 23

13 3 Circostanze che escludono la punibilità dell offesa alla reputazione Al fine di poter correttamente inquadrare la situazione normativa che stiamo esaminando è doveroso evidenziare peraltro che, in presenza di determinate condizioni, pur laddove si sia consumata la lesione all altrui reputazione divulgando fatti e notizie, gli autori del reato non sono punibili. Si parla in tal caso delle cd. cause di esclusione della punibilità che possono sinteticamente ricondursi a: 1. Consenso dell avente diritto 2. Esercizio di un diritto 3. Provocazione 4. Ritorsione In particolare ci soffermeremo sulle prime due cause di non punibilità, con particolare riferimento a quella relativa all esercizio del diritto che più spesso è invocata nelle cause diffamatorie Il consenso dell avente diritto Quanto al consenso del titolare del diritto (nel caso de quo del diritto alla reputazione), cioè della persona a cui i fatti diffamatori si riferiscono, occorre partire dall art. 50 c.p., in base al quale «non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne». Se, dunque, per restare sulla diffamazione a mezzo stampa, la divulgazione di fatti o foto 26 lesive della reputazione, avviene con l assenso della persona interessata, l autore dell illecito non è punibile. È stato evidenziato al riguardo come tale esimente venga spesso invocata da fotografi che dopo aver ritratto un personaggio noto e venduto per la pubblicazione le fotografie offensive, si 25 In tal senso S. Sica V. Zeno Zencovich, ibidem, pg Ricordiamo, infatti che le notizie diffamatorie possono essere diffuse sia con il mezzo dello scritto, articolo di giornale o altro tipo di pubblicazione, sia attraverso la pubblicazione di fotografie e, in tale ultimo caso, alla tutela della reputazione si aggiunge quella relativa all immagine della persona interessata. 13 di 23

14 difendano eccependo la circostanza che, essendo nota la qualità di fotografo e, quindi, potendo immaginare il futuro uso delle foto, la persona avrebbe implicitamente acconsentito, ragione per cui il reato così commesso non sarebbe punibile 27. A ben vedere la giurisprudenza 28 ha precisato che perchè possa essere invocato il consenso del titolare del diritto quale causa di non punibilità, deve essere stato prestato un consenso valido e definitivo quanto all oggetto della condotta illecita, alle sue modalità di estrinsecazione, alla collocazione storico - temporale della lesione del diritto. Stessa efficacia esimente è data dal consenso putativo che ricorre nel caso in cui, in base alle circostanze, sussista una ragionevole persuasione per l agente di operare con il consenso della persona che può validamente disporre del diritto. Quanto alla diffamazione a mezzo stampa, il consenso alla divulgazione dei fatti offensivi è, dunque, ammissibile solo in relazione ad un fatto specifico e concreto e ad un ambito di utilizzazione ben definito e non anche in relazione a fattispecie future L esercizio del diritto. Il diritto di cronaca, di critica, di satira. Presupposti e ambito di applicazione nell interpretazione giurisprudenziale L art. 51 c.p. 29 stabilisce che «L esercizio di un diritto o l adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità». La ratio di tale norma risiede nel principio di non contraddizione per cui se l ordinamento riconosce al cittadino un certo diritto non sarebbe ragionevole, poi, che lo punisse nel momento in cui tale diritto va ad esercitare (purchè ciò avvenga nel rispetto dell ordinamento giuridico, cioè correttamente). 27 In tal senso M. Prosperi, in 28 Cass. pen. Sez. VI, 04/07/1991, Riv. Pen. economia, c.p. art. 51. Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere. L esercizio di un diritto o l adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità. Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale [c.p. 357] che ha dato l ordine. Risponde del reato altresì chi ha eseguito l ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo. Non è punibile chi esegue l ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell ordine. 14 di 23

15 Ora, posto che nel diritto di libera manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost. vi rientra anche il diritto di cronaca giornalistica, di critica e di satira, è da dire che tendenzialmente la pubblicazione di fatti e notizie di ogni tipo ben può essere ricondotta all esercizio del diritto di cronaca quale specie, appunto, della libertà di manifestazione del pensiero e al contempo del diritto - dovere di informare da parte dei giornalisti. È di tutta evidenza, allora, come anche nella fattispecie del reato di diffamazione a mezzo stampa, possa assumere particolare rilevanza l esimente dell esercizio del diritto con particolare riferimento proprio all esercizio del diritto di cronaca, (ma anche di critica e di satira). Il diritto di cronaca e di critica sono infatti esplicazioni della libertà di diffondere attraverso la stampa notizie e commenti, anche lesivi della reputazione. In linea di principio, chi divulga fatti e notizie diffamatorie nell esercizio del diritto di cronaca non dovrebbe, quindi, essere punibile. Tuttavia è da dire che l esercizio del diritto di cronaca intanto vale ad escludere la punibilità della offesa alla reputazione, in quanto tale diritto sia correttamente esercitato, in quanto, cioè, non travalichi i limiti imposti dall ordinamento e dal rispetto dei diritti altrui, non sconfini, cioè, nell abuso del diritto che rende comunque punibile l autore del fatto. Sempre in materia di esercizio del diritto di cronaca è opportuno richiamare anche l art. 59 c.p. 30 secondo il quale se chi commette il fatto ritiene, per errore, che esistano circostanze di esclusione della pena (quale è l esercizio del diritto di cronaca), queste sono sempre valutate a favore di lui. È quello che, in termini giuridici, costituisce il cd. esercizio putativo del diritto di cronaca, per cui non è punibile chi commette il fatto diffamatorio anche se credeva per errore di esercitare un diritto c.p. art. 59. Circostanze non conosciute o erroneamente supposte. Le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore dell agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti. Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa. Se l agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o attenuanti, queste non sono valutate contro o a favore di lui. Se l agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. 31 Per chiarire, si pensi al caso in cui il cronista ritiene vero un fatto per avere effettivamente compiuto serie verifiche in merito, ma pur avendo diligentemente adempiuto il dovere di controllo della fonte della notizia, abbia una percezione erronea della realtà e racconti fatti effettivamente non rispondenti al vero. In questo caso il giornalista crede in buona fede di esercitare nei giusti limiti il proprio diritto di cronaca e, pertanto, risulterà non punibile. 15 di 23

16 Anche per la esimente dell esercizio del diritto di cronaca è la giurisprudenza a fissare precisi canoni nel rispetto dei quali esso può considerarsi prevalente rispetto all onore e alla reputazione altrui e in presenza dei quali la diffusione di notizie lesive dell altrui sfera personale può farsi rientrare nella legittima espressione del diritto di manifestazione del pensiero. Più precisamente, vi è legittimo esercizio del diritto di cronaca, secondo la Cassazione 32 soltanto quando vengano rispettate le seguenti condizioni: a) la verità delle notizie (oggettiva o anche soltanto putativa 33, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca); b) la continenza, la correttezza formale dell esposizione, cioè il rispetto dei requisiti minimi di forma che debbono caratterizzare la cronaca ed anche la critica, evitando termini esclusivamente insultanti. L esposizione, cioè, deve essere corretta, in modo che siano evitate gratuite aggressioni all altrui reputazione anche con riferimento alle modalità espressive e al tenore sintattico c) la cd. pertinenza 34, la sussistenza, cioè, di un interesse pubblico all informazione, alla conoscenza del fatto, definita anche come utilità sociale. È importante, in ogni caso, che l informazione venga mantenuta nei giusti limiti della più serena obiettività. Quale, allora, il principio elaborato dalla Corte di Cassazione? Quello secondo il quale il diritto di cronaca non esime di per sé dal rispetto dell altrui reputazione e riservatezza, ma intanto giustifica intromissioni, pur lesive, nella sfera privata dei cittadini in quando esse possano contribuire alla formazione di una pubblica opinione su fatti oggettivamente rilevanti per la collettività. Ebbene, con particolare riguardo requisito della verità, si tratta di definire un concetto complesso e i cui limiti difficilmente possono essere delineati in maniera precisa, tuttavia la giurisprudenza ha tentato di delinearne il contenuto in numerose pronunce Cass. civ. Sez. III, , n (rv ), in Mass. Giur. It., 2006 CED Cassazione, 2006 Nuova Giur. Civ., 2007, 7, 1 33 La Corte di Cassazione sostiene, in particolare, che la verità putativa del fatto, distinta dalla verosimiglianza, ricorre quando il giornalista dimostri in giudizio l involontarietà dell errore, l avvenuto controllo professionale della fonte e l attendibilità della stessa, ritenendo non sufficiente il semplice affidamento in buona fede sulla fonte della notizia. In presenza di tali presupposti, il giornalista non è punito e la scriminante viene comunque valutata a suo favore, ai sensi dell art. 59, comma IV, c.p. 34 Cass. civ., sez. III, 15 dicembre 2004, n ; Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 2001, n ; Cass. civ., 18 ottobre 1984, n di 23

17 Quanto alla verità delle notizie, non vi è dubbio che pur non potendosi richiedere al giornalista la verità assoluta 36 egli abbia il preciso obbligo di verificare l attendibilità della fonte della notizia 37 ma anche quello di accertare e rispettare la verità sostanziale dei fatti narrati, oggetto della notizia. Il giornalista è, quindi, tenuto ad una particolare diligenza e ad esaminare, controllare e verificare il contenuto del suo articolo o servizio, al fine di vincere ogni ragionevole dubbio. In questo modo può non incorrere nella condanna per diffamazione a mezzo stampa, anche se poi i fatti non si rivelino veri 38. Ed infatti, ai fini dell esonero da responsabilità del giornalista, vale anche cd. verità putativa, quella cioè che ricorre laddove la narrazione del fatto non sia conforme al vero al momento della pubblicazione ma è frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca. Nel settore della cronaca giudiziaria, ad esempio, la giurisprudenza ha affermato che essa deve essere accertata alla stregua di quanto conosciuto o conoscibile dal giornalista alla data di pubblicazione dell articolo e non certo all esito finale del relativo giudizio penale, avvenuto ad esempio anni dopo 39. Tuttavia, in presenza di documenti ufficiali di una pubblica amministrazione o dell autorità giudiziaria, documenti, quindi, della cui veridicità non può dubitarsi, l attendibilità della fonte sussiste ed è sufficiente a scriminare il giornalista 40. Altro delicato profilo relativo al requisito della verità, attiene ai fatti dichiarati da altri, oggettivamente offensivi e riportati dal giornalista nell articolo. Compie il di diffamazione a mezzo stampa il giornalista che riporti esattamente virgolettate le dichiarazioni offensive di altri o può invocare la esimente del diritto di cronaca? Ebbene, la giurisprudenza 41 ha statuito che la condotta del giornalista che, pubblicando il testo di un intervista, vi riporti, anche se "alla lettera", dichiarazioni del soggetto intervistato di contenuto oggettivamente lesivo dell altrui reputazione, non è scriminata dall esercizio del diritto di cronaca, 35 Per una precisa ed esaustiva dinamica delle più importanti pronunce sul tema, sapientemente commentata, si rinvia a V. Falcone, Diffamazione a mezzo stampa e diritto di cronaca nella giurisprudenza, 2008 in ww.diritto.it 36 In tal senso S. Sica V. Zeno Zencovich, ibidem, pg Cass. pen., sez. un., 23 ottobre 1984, n. 8959, Non esistono, inoltre, fonti informative privilegiate ed è dovere del cronista esaminare, controllare e verificare i fatti oggetto della sua narrazione. 38 Cassazione penale, sez. V, 11 marzo 2005, n in D&G - Dir. e giust. 2005, Cassazione civile, sez. III, 31 marzo 2006, n in Resp. civ. e prev. 2006, Cassazione civile, sez. III, 4 febbraio 2005, n in Giust. civ. Mass. 2005, Cass. pen., sez. un., 30 maggio 2001, n , in CED Cassazione, 2001«Il cronista non può essere considerato responsabile delle dichiarazioni di contenuto ingiurioso o diffamatorio riportate fedelmente in un intervista condotta in modo imparziale se, per la qualità dei soggetti coinvolti, la materia della discussione o per il più generale contesto, l intervista rivesta notevoli profili d interesse pubblico all informazione». 17 di 23

18 in quanto al giornalista stesso incombe pur sempre il dovere di controllare la veridicità delle circostanze e la continenza delle espressioni riferite. Tuttavia, la medesima condotta è da ritenere penalmente lecita, quando il fatto in sè dell intervista, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, alla materia in discussione e al più generale contesto in cui le dichiarazioni sono rese, presenti profili di interesse pubblico all informazione tali da prevalere sulla posizione soggettiva del singolo e da giustificare l esercizio del diritto di cronaca, l individuazione dei cui presupposti è riservata alla valutazione del giudice di merito che, se sorretta da adeguata e logica motivazione sfugge al sindacato di legittimità. Emerge come, nell interpretazione giurisprudenziale, quella che vale ad esimere da responsabilità il giornalista è la cd. verità oggettiva della notizia potendo essere intesa sotto un duplice significato: sia come verità del fatto oggetto della notizia, sia come verità della notizia in sé, indipendentemente dalla veridicità del suo contenuto 42, in quanto rientra nel compito informativo della stampa riferire che una determinata notizia circola pubblicamente. Il fatto riferito può non essere affatto vero e ciò, tuttavia, non esclude che può essere ben vero e risaputo che lo si racconti, costituendo così, di per se stesso, un fatto così rilevante nella vita pubblica che la stampa verrebbe certamente meno al suo compito informativo se lo tacesse, anche se ovviamente ha il dovere, in questo caso, contestualmente alla sua comunicazione e non successivamente, in sede di giudizio, di mettere bene in evidenza che la verità asserita non si estende al contenuto del racconto, ma si limita a registrare il fatto storico, in sé considerato, che una determinata notizia circola pubblicamente nonché di riferirne anche le fonti di propalazione per le doverose, conseguenti assunzioni delle rispettive responsabilità. Il diritto di cronaca, infatti, presuppone la fedeltà dell informazione, cioè l esatta rappresentazione del fatto percepito dal cronista, il quale deve curare di rendere inequivoco al destinatario della comunicazione il tipo di percezione, se relativa al contenuto della notizia o alla notizia in sé come fatto storico, ed inoltre se diretta ovvero indiretta, derivandone in tale seconda ipotesi il debito riscontro di fatti, comportamenti e situazioni per attribuire attendibilità alla notizia così percepita e poi divulgata Cass. civ., 12/12/1988, n. 6737, in Dir. Informazione e Informatica, Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2002, n in Mass. Giur. It., 2002, Arch. Civ., 2003, (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva condannato il giornalista che non si era limitato a dare la notizia dei fatti rivelati da un pentito a carico di un magistrato, ma vi aveva aggiunto altre circostanze, oggettivamente false, aventi la capacità di accreditare presso il pubblico un'impressione di veridicità dei fatti oggetto delle rivelazioni del pentito). 18 di 23

19 Nell intento di bilanciare il diritto di cronaca con la tutela della personalità, la Corte di Cassazione nella medesima sentenza in cui ha cristallizzato gli elementi in presenza dei quali il giornalista può invocare l esimente del diritto di cronaca 44, ha precisato che la verità dei fatti non è rispettata se si tratta di mezza verità, o verità incompleta che può essere equiparata alla notizia falsa 45. Quanto all altro requisito necessario per poter invocare il legittimo esercizio del diritto di cronaca, ovvero l interesse pubblico che suscita un determinato fatto o la persona coinvolta nell avvenimento riportato nell articolo e che va anche sotto l espressione utilità sociale o pertinenza, è stato affermato in giurisprudenza che il diritto di cronaca giustifica intromissioni nella sfera privata dei cittadini solo quando possano contribuire alla formazione di una pubblica opinione su fatti oggettivamente rilevanti per la collettività. Più precisamente, «Un corretto esercizio del diritto di cronaca impone al giornalista di verificare la sussistenza di un interesse pubblico alla conoscenza di fatti dai quali potrebbe discendere una lesione dell altrui reputazione, prestigio o decoro. Tale interesse può dunque ritenersi sussistente solo nel caso in cui la diffusione di notizie inerenti alle vicende private di persone impegnate nella vita politica o sociale consentano di conoscere elementi di valutazione della personalità o della moralità di chi deve godere della fiducia dei cittadini. Per contro, la mera curiosità del pubblico non consentirà una lecita diffusione di notizie sull altrui vita privata» 46. In tema di cronaca giudiziaria, ad esempio, l interesse pubblico a conoscere una dichiarazione resa nel processo e raccolta dal giornalista, deriva dall interesse che l opinione pubblica nutre nei confronti di quella vicenda giudiziaria 47. In tal senso, rispetto ad un procedimento penale 44 «L esercizio del diritto di stampa (cioè la libertà di diffondere attraverso la stampa notizie e commenti), è legittimo, allorché concorrano le tre condizioni a) dell utilità sociale dell informazione; b) della verità (oggettiva o anche soltanto putativa, purché, in quest ultimo caso, frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) dei fatti esposti; c) della forma civile dell esposizione dei fatti e della loro valutazione, che non deve mai eccedere lo scopo informativo da conseguire ed essere improntata a serena obiettività, almeno da escludere ogni preconcetto intento denigratorio e, in ogni caso, rispettosa di quel minimo di dignità cui ha pur sempre diritto anche la più riprovevole delle persone, sì da non essere mai consentita l offesa triviale o irridente i più umani sentimenti». 45 La giurisprudenza ha precisato la differenza tra verità putativa e la mezza verità o verità incompleta che deve esser del tutto equiparata alla notizia falsa, in quanto più pericolosa della esposizione di singoli fatti falsi per la più chiara assunzione di responsabilità che comporta, rispettivamente, riferire o sentire riferito a sé un fatto preciso falso, piuttosto che un fatto vero sì ma incompleto. 46 Cassazione penale, sez. V, 09 ottobre 2007, n , in Diritto & Giustizia Cassazione civile, sez. III, 6 marzo 2008 n in 19 di 23

20 coinvolgente magistrati in vicende corruttive, la Cassazione ha riconosciuto l interesse sociale alla diffusione della notizia, sul presupposto della rilevanza del tema della corretta amministrazione della giustizia e della stessa sua credibilità tra i consociati 48. Sempre sulla configurabilità dell interesse pubblico, altro arresto giurisprudenziale ha ritenuto di ravvisarlo nell interesse al racconto anche quando non si tratti di interesse della generalità dei cittadini, ma della categoria di soggetti ai quali la pubblicazione di stampa si indirizza 49. In ogni caso, come hanno precisato i giudici di legittimità, l attitudine della notizia a soddisfare una oggettiva esigenza di informazione pubblica non va confusa, con il mero interesse che il pubblico, per pura curiosità può avere alla conoscenza di particolari attinenti alla sfera della vita privata di un determinato soggetto, specie quando questo non sia persona investita di cariche pubbliche o comunque dotata di rilievo pubblico 50. Quanto, infine alla cd. continenza espressiva, terzo elemento del cd. triangolo delle esimenti essa, come si diceva, è integrata dalla correttezza formale del linguaggio e delle espressioni usate dal giornalista 51. In dottrina 52 sono state individuate diverse fattispecie cui ricondurre i diversi tipi di espressione che superano il limite della continenza e, quindi, le condotte che il giornalista non deve assumere se intende invocare l esimente dell esercizio del diritto di cronaca. Innanzitutto il giornalista non deve compiere insinuazioni attraverso l uso delle virgolette o ricorrendo al cd. sottinteso sapiente, tale da indurre a far leggere fra le righe una verità non detta del tutto, come quando si utilizzano espressioni vaghe o allusive che possono indurre il lettore a 48 Cassazione penale, sez. V, 9 luglio 2004, n in D&G - Dir. e giust. 2004, f. 36, Cassazione civile, sez. III, 18 ottobre 2005, n in Giust. civ. Mass. 2005, 7/8. 50 Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che potesse trovare giustificazione la diffusione di notizie e commenti ironici relativi ad una presunta relazione extraconiugale tra un uomo ed una donna, sua inquilina, nella cui abitazione egli era stato trovato morto (Cassazione penale, sez. V, 04 ottobre 2007, n , in CED Cass. pen. 2008, ). 51 È pur vero tuttavia, come è stato opportunamente precisato in giurisprudenza, che la correttezza formale dell esposizione non implica che la notizia debba essere riportata nella sua forma narrativa più elementare, dal momento che, soprattutto quando la divulgazione avviene per il tramite dei mass-media, deve considerarsi lecito che la notizia venga accompagnata da altre informazioni, sempre che non siano immaginarie, ma utili alla migliore comprensione della notizia medesima da parte dei lettori, in quanto solo in tal modo il diritto di cronaca trova una sua valida giustificazione Cassazione civile, sez. III, 18 aprile 2006, n in Giust. civ. Mass. 2006, S. Sica V. Zeno Zencovich, ibidem, pg di 23

21 travisare il vero senso del fatto narrato; né deve fare velate allusioni utilizzando frasi del tipo non si può escludere che... in assenza di alcun serio indizio. Ancora, per restare nel limite della continenza, il giornalista non deve compiere accostamenti suggestionanti, ad esempio accostando a notizie vere, notizie non contestualizzate tali da provocare una falsa percezione della realtà ovvero utilizzare toni sproporzionatamente scandalizzati o sdegnati, specie nei titoli 53, ponendo eccessiva enfasi e drammatizzando alcuni particolari della notizia. La continenza espositiva tuttavia va rapportata alla oggettiva verità o meno dei fatti attribuiti alla persona offesa. E così, ad esempio, è lecito riferire o commentare una notizia con termini anche particolarmente severi ed aspri, quando questi siano comunque adeguati a rendere al lettore l idea della gravità di un fatto realmente accaduto, specie nell ipotesi in cui questo presenti profili di rilevante interesse pubblico 54. Diversamente, anche se il fatto riferito è vero, il giornalista può essere condannato per diffamazione a mezzo stampa, se la sua esposizione avviene in modo unilaterale, con riferimento ad altre vicende collegate ad esso arbitrariamente e con una presentazione complessiva sproporzionata alla sua importanza, tanto da travalicare lo stesso scopo informativo 55 Solo se sussistono gli elementi di cui sopra (verità dei fatti, interesse pubblico prevalente, correttezza e continenza della forma espositiva) il diritto di cronaca può ritenersi correttamente esercitato ed il giornalista che offende la reputazione altrui non è punibile. È chiaro, tuttavia, che tali limiti devono necessariamente ampliarsi in ipotesi di esercizio del diritto di critica, tutelato anch esso dall art. 21 Cost. insieme a quello di satira. Attraverso la critica, infatti, si esprime una opinione e si esprimono evidentemente dei giudizi che naturalmente non possono essere obiettivi. Tuttavia, come è stato opportunamente ammonito in dottrina 56, il favor riservato al diritto di critica non può equivalere ad assenza di regole né trascendere a totale discrezionalità per il giornalista. È pur vero infatti che, come il diritto di cronaca, anche quello di critica deve essere contemperato con i diritti costituzionalmente tutelati della persona e in particolare con l interesse individuale alla 53 Ai fini della valutazione della continenza, che onera il giornalista ad una presentazione misurata della notizia, la giurisprudenza dà autonomo rilievo al titolo di un articolo giornalistico rispetto al testo. Cassazione civile, sez. III, 23 luglio 2003, n in Giust. civ. Mass Cassazione penale, sez. V, 20 aprile 2005, n in Riv. Pen. 2005, Cassazione civile, sez. III, 18 aprile 2006, n in Giust. civ. Mass. 2006, 4 56 S. Sica V. Zeno Zencovich, ibidem,, pg di 23

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