Provincia di Prato PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE PROPOSTE GESTIONALI. Pag. 1 di 43

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1 Provincia di Prato PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE PROPOSTE GESTIONALI Pag. 1 di 43

2 Premessa pag. 3 Definizione di comprensorio omogeneo e proposta di Ambito Territoriale di Caccia pag. 3 Territorio destinato a protezione della fauna selvatica -Analisi attuazione pag. 5 precedente piano faunistico venatorio e proposte di nuove costituzioni Oasi di protezione e zone di protezione pag. 6 Riserve naturali pag. 8 Aree protette di interesse locale (ANPIL) pag. 8 Patrimonio agricolo e forestale regionale (demanio) pag. 8 Zone di ripopolamento e cattura pag. 9 Fondi chiusi pag. 12 Aree sottratte alla caccia programmata pag. 12 Centri pubblici per la produzione della selvaggina pag. 13 Valutazione sugli istituti faunistici venatori costituiti da privati, associazioni o enti pag. 13 Aziende faunistico-venatorie, aziende agri-turistico venatorie e centri privati di pag. 13 riproduzione della fauna selvatica Aree per l allenamento, l addestramento e le gare dei cani pag. 15 Zone di rispetto venatorio pag. 16 Tutela della fauna migratrice: valichi montani e zone dove non sono collocabili pag. 17 gli appostamenti fissi Linee di indirizzo per la gestione della fauna selvatica pag. 19 Gestione ungulati pag. 20 Cinghiale pag. 20 Capriolo pag. 24 Cervo pag. 28 Daino pag. 32 Criteri per le aree protette (relativamente al sovrappopolamento di ungulati) pag. 33 Gestione piccola fauna stanziale pag. 33 Gestione fauna migratoria pag. 34 Specie predatrici pag. 35 Il lupo pag. 35 Sicurezza nell esercizio venatorio e nelle operazioni di controllo faunistico pag. 36 Danni alle colture agrarie pag. 37 Deroghe ai termini di apertura e chiusura della caccia pag. 39 Individuazione di interventi e protocolli di attuazione dei miglioramenti ambientalipag. 40 Vigilanza venatoria pag. 41 Soccorso fauna selvatica pag. 41 Determinazione percentuali istituti faunistico venatori e aree interdette alla caccia pag. 43 Tabella riassuntiva istituti Piano Faunistico Venatorio Provinciale pag. 43 Tabella riassuntiva istituti Piano Faunistico Venatorio Provinciale pag. 43 Allegati: 1) Piano Poliennale di Gestione del cervo appenninico redatto dalla Commissione Tecnica Interregionale ACATER Centrale. 2) n. 7 cartografie degli istituti faunistici e delle aree vocate del PFVP Pag. 2 di 43

3 PREMESSA L articolo 8 della L.R. 3/94 stabilisce che le Province, nel rispetto del PRAF e degli atti normativi e di pianificazione vigenti approvano il piano faunistico venatorio provinciale entro 180 giorni dall approvazione del PRAF e lo trasmettono alla competente struttura della Giunta regionale che provvede a verificarne la conformità. Fermo restando l obiettivo generale di tutela e conservazione delle fauna selvatica omeoterma sul territorio come espressamente previsto dalla L.R. 3/1994, di recepimento della legge 157/1992, e dato atto che è la legge stessa che definisce e disciplina gran parte delle attività necessarie per l ordinaria gestione faunistica del territorio agricolo forestale si elencano le finalità proprie del PRAF relativamente al settore faunistico venatorio: 1) Destinazione differenziata del territorio agricolo forestale regionale. Sulla base della situazione esistente sul territorio provinciale occorre garantire il rispetto delle percentuali di territorio previste dalla legge per la protezione della fauna e per la gestione privata dell attività venatoria. E quindi necessario analizzare ed applicare alla propria realtà territoriale i criteri orientativi contenuti nel PRAF a cui riferirsi per gli istituti faunistici a protezione della fauna, per l autorizzazione degli istituti faunistico venatori a gestione privata e per l organizzazione del territorio caccia programmata. 2) Obiettivi gestionali faunistici e faunistico venatori. Tali obiettivi sono finalizzati a garantire la conservazione, l incremento e la coesistenza della fauna con le attività antropiche presenti sul territorio mediante la riqualificazione ambientale e l esercizio venatorio. Per quanto riguarda la gestione degli ungulati saranno individuate le aree vocate alla presenza del cinghiale e degli altri ungulati e definiti obiettivi gestionali generali finalizzati a garantire il raggiungimento e il mantenimento delle densità di ungulati. 3) Criteri e modalità per il monitoraggio della fauna. Verranno impostate le attività di monitoraggio e stima della fauna selvatica presente sulla base di metodologie scientificamente testate e uniformi sul territorio regionale in modo da avere dati sulle consistenze faunistiche misurabili e confrontabili. 4) Criteri e modalità per la prevenzione e per il risarcimento danni. Saranno definite modalità di prevenzione dei danni e di eventuale risarcimento degli stessi in favore degli imprenditori agricoli per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate sui fondi. DEFINIZIONE DEL COMPRENSORIO OMOGENEO E DI AMBITO TERRITORIALE DI CACCIA (A.T.C.) Secondo quanto disposto dalla L.R. 3/94 il piano faunistico-venatorio deve essere articolato per comprensori omogenei nei quali realizzare la destinazione differenziata del territorio. Per l individuazione dei comprensori omogenei nella Provincia di Prato, in considerazione della limitata estensione del territorio, si ritiene opportuno e funzionale individuare un unico comprensorio che racchiuda tutta la superficie provinciale, su cui organizzare e predisporre la pianificazione faunistico-venatoria, inserito assieme ad una frazione del territorio provinciale di Firenze nell Ambito Territoriale di Caccia Firenze 4. Tale scelta peraltro era già stata operata nella predisposizione del precedente piano faunistico venatorio e recepita positivamente dalla Regione Toscana. Tale comprensorio, tenuto conto della delibera della Giunta Regionale n. 262 del 02/04/2012, che ha fissato l'estensione la superficie agro- forestale dei Comuni di ciascuna Provincia, presenta una estensione di ,00 ha. Pag. 3 di 43

4 PROVINCIA COMUNE Area Comune (ha) SAF Comune (ha) PO CANTAGALLO PO CARMIGNANO PO MONTEMURLO PO POGGIO A CAIANO PO PRATO PO VAIANO PO VERNIO TOTALI PROVINCIALI Criteri per la gestione del territorio a caccia programmata Il territorio della Provincia di Prato risulta interamente inserito nell Ambito Territoriale di Caccia Firenze 4 congiuntamente ad una quota di territorio della Provincia di Firenze. L art. 11 comma 8 della L.R. 3/94 prevede che la costituzione dei Comitati di Gestione e la relativa gestione sia attribuita alla Provincia maggiormente interessata territorialmente pertanto i criteri in oggetto (e di seguito riportati), preventivamente condivisi, risultano inseriti all interno del PFPV della Provincia di Firenze e sono pertanto validi anche per il territorio provinciale di Prato. Nel periodo di applicazione del presente piano, nell esercizio delle proprie prerogative di vigilanza, controllo e direttiva nei confronti dei Comitati di gestione degli ATC questa Amministrazione si adopererà affinché: 1) siano rispettate, sempre e conformemente su tutto il territorio regionale, le disposizioni normative vigenti in materia di accesso agli ATC, in particolare deve essere garantita l iscrizione a tutti i cacciatori richiedenti fino al limite di saturazione determinato sulla base dell indice di densità venatoria; 2) siano implementate al massimo le misure di prevenzione dei danni causati dalla fauna selvatica alle coltivazioni agricole; 3) siano utilizzate al massimo le possibilità previste dalla normativa per la valorizzazione economica del patrimonio faunistico presente sul territorio, anche attraverso la cessione di una quota parte dei capi di cervidi e bovidi abbattibili anche a cacciatori non iscritti; 4) sia ridotta progressivamente la spesa per il funzionamento degli ATC, provvedendo, ove possibile, ad unificare a livello provinciale sedi e servizi tecnici. Annualmente la Provincia provvede ad apposite verifiche dell andamento delle spese dell ATC; 5) siano implementate forme di gestione associata per l acquisto di beni e servizi. In termini di riduzione delle spese di gestione questa Amministrazione continuerà a mettere a disposizione del ATC un apposito locale provinciale per il servizio di sportello organizzato a Prato, senza oneri a carico della medesima ATC. CACCIATORI RESIDENTI In riferimento al numero dei cacciatori residenti a livello provinciale si riporta di seguito l andamento del numero di tesserini venatori rilasciati nel periodo dal 1990 al 2012: Pag. 4 di 43

5 9000 Andamento rilascio tesserini venatori nel periodo PRATO CARMIGNANO CANTAGALLO POGGIO A CAIANO MONTEMURLO VERNIO VAIANO TOTALE Num. tesserini rilasciati Stagioni venatorie TERRITORIO DESTINATO A PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA ANALISI ATTUAZIONE PRECEDENTE PIANO FAUNISTICO VENATORIO E PROPOSTE DI NUOVE COSTITUZIONI Nella definizione della percentuale di territorio da destinare alla protezione della fauna, individuata dall art. 10 della Legge 157/92 e successivamente recepito all art. 9 comma 4 lett. a) della L.R. Pag. 5 di 43

6 3/94, la Provincia può discrezionalmente optare per un valore compreso tra il 20 ed il 30 per cento della superficie agro silvo pastorale. Le risultanze dell applicazione del precedente piano faunistico provinciale hanno avuto come conseguenza la costituzione di territori di cui al precedente paragrafo per una percentuale pari al 20,81 della superficie agro silvo pastorale. Al fine della individuazione della percentuale di territorio da destinare alla protezione della fauna, con il presente piano, devono essere fatte alcune considerazioni. Il territorio della Provincia è caratterizzato da un elevata antropizzazione, con la sola eccezione della parte alta del valle del Bisenzio peraltro occupata per la quasi totalità da boschi. Le conseguenze dirette dell elevato numero di cittadini residenti sono la notevole densità di soggetti che esercitano l attività venatoria e la grande estensione di centri abitati e di infrastrutture ad essi legati (strade, ferrovie, aree a verde pubblico, impianti sportivi, ecc.). Considerando che la L.R. 3/94 all art. 33 commi 1 e 2 prevede, doverosamente, la presenza di aree di divieto di caccia nelle immediate vicinanze delle strutture frequentate dalle persone in maniera temporanea o permanente, ne consegue che la Provincia di Prato risulta penalizzata rispetto ad altre Amministrazioni della Toscana dotate di maggior estensione di territorio agro silvo pastorale ed una minore quantità, in proporzione, di infrastrutture legate alla popolazione residente ed alle aree industriali. Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, si ritiene opportuno non modificare sostanzialmente la percentuale di territorio provinciale da destinare alla protezione della fauna.. Sulla base del nuovo calcolo della S.A.F., che ammonta ad ha in luogo del precedente dato pari a , la percentuale provinciale di territorio in divieto di caccia si modificherà dal precedente 22,59% al nuovo 22,07%. Il quadro dei territori posti in divieto di caccia a protezione della fauna, e le relative percentuali, risultano rinvenibili nelle tabelle in riepilogative riportate al termine del presente documento. PREMESSA OASI DI PROTEZIONE E ZONE DI PROTEZIONE Le oasi di protezione, di cui all art. 15 della L.R. 3/94, rappresentano delle aree idonee al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica migratrice, oltre che all insediamento ed all incremento delle popolazioni di specie stanziali. Esse rappresentano inoltre uno strumento di valorizzazione, di difesa e di eventuale ripristino degli elementi naturali del paesaggio. Gli indirizzi regionali per la programmazione faunistico venatoria individuano nei territori di proprietà demaniale e nel sistema regionale delle aree protette i territori da privilegiare per la costituzione delle oasi. Le zone di protezione, di cui all art. 14 della L.R. 3/94, si configurano invece come istituti con precise finalità di tutela dell avifauna migratrice, da collocare lungo le rotte di migrazione segnalate dall ISPRA. La conservazione di un'area deve essere intesa come mantenimento e miglioramento delle caratteristiche ambientali che permettono l'esistenza di un determinato popolamento animale. Occorre tenere presente che l'oasi o la zona di protezione sono istituti di intrinseco significato naturalistico. La protezione e gestione di una o più specie di particolare interesse per il loro valore biologico non può che essere visto nell'ambito della conservazione della intera biocenosi e quindi in chiave ecologica. Da un punto di vista strettamente scientifico, le strutture di protezione possono rappresentare un valido contributo quali aree campione in cui studiare la dinamica naturale delle diverse popolazioni in assenza di prelievo venatorio, al fine di effettuare utili confronti con zone dove è consentito l'esercizio della caccia o la cattura a fini di ripopolamento. Pag. 6 di 43

7 In base alle risultanze dell attuazione del P.F.V.P. al momento attuale sul territorio della Provincia di Prato sono presenti i seguenti istituti: Num. Prog. ZONE DI PROTEZIONE Area (ha) 1 Iavello 10 2 Piana di Prato Schignano 385 Totale 1015 DIAGNOSI In ordine alla valutazione della efficacia ed efficienza nel raggiungimento degli obiettivi prefissi delle zone in oggetto possiamo effettuare le seguenti considerazioni: - per l istituto faunistico di cui al punto 3) è stato riscontrato che la destinazione d uso estremamente varia del territorio agro-forestale sia da considerarsi idoneo presupposto alla presenza sia di fauna stanziale sia di fauna migratoria; - per l istituto faunistico di cui al punto 2), pur essendo presente una elevata concentrazione di superfici urbanizzate ci troviamo in presenza di aree limitrofe al perimetro costituite da zone coltivate con prevalenza di coltivazioni di cereali e proteoleaginose e con piccole aree intercalate costituite da coltivazioni di olivo, vite, prati, colture ortive, sia da considerarsi idoneo presupposto alla presenza della fauna; CRITERI PER L ISTITUZIONE E LA GESTIONE DELLE ZONE E OASI DI PROTEZIONE E necessario far sì che assolvano al meglio le finalità conservative previste dalla legge attraverso appositi interventi di miglioramento ambientale e adeguati censimenti delle specie selvatiche presenti. PROPOSTE La scelta dei territori da destinare ad oasi o a zona di protezione e la loro estensione è stata subordinata alla valutazione della qualità e delle peculiarità dell'ambiente, nonchè delle esigenze ecologiche proprie delle specie che si intendono proteggere. Alla luce di quanto detto in merito alla diagnosi si propone la conferma integrale dell istituto faunistico di cui al punto 3). In riferimento alla zona di cui al punto 2) si prevede, al fine di una maggiore integrazione degli istituti faunistici in oggetto nel contesto del territorio destinato alla caccia programmata nonché al fine di perseguire l incremento della fauna stanziale, di ampliare l attuale perimetrazione inserendo un totale di 50 ha, come da cartografia allegata, in Comune di Prato nella località Campostino. In riferimento alla zona di cui al punto 1) si prevede la restituzione all attività venatoria di tutta la superficie, pari a 10 ha. Si prevede altresì, al fine di consentire una gestione faunistica più compiuta nonché di effettuare catture, di scorporare una quota di territorio pari a ha 110 dalla Zona di Protezione Piana di Prato a favore della Z.R.V. Monteferrato, di nuova istituzione, il tutto ricadente nel Comune di Prato. Tale modifica comporterà un riassetto delle superfici dei due istituti ma non implicherà alcuna variazione nel totale della superficie provinciale destinata a protezione della fauna essendo la ZRV Monteferrato superiore a 150 ha. Si prevede inoltre di creare la Zona di Protezione Bogaia nei Comuni di Prato e Poggio a Caiano, nella località Bogaia per una superficie di ha 120 attualmente territorio a caccia programmata. Pag. 7 di 43

8 Pertanto la nuova situazione delle zone di protezione ed oasi di protezione risulta la seguente: Num. Prog. ZONE DI PROTEZIONE Area (ha) 1 Piana di Prato Schignano Bogaia 120 Totale 1065 RISERVE NATURALI In attuazione della L.R. 49/95 è stata istituita, con Deliberazione del Consiglio Provinciale n. 45 del 13/05/98, su proposta del Settore Assetto del Territorio, la Riserva Naturale Acquerino- Cantagallo nel Comune di Cantagallo, che, in base alla Deliberazione C.R.T. n. 154 del 23/11/04 risulta della superficie di ha 1867 costituiti da ha 1515 del complesso demaniale Acquerino- Luogomano-Iavello e per ha 352 da terreni di proprietà privata. La Riserva Naturale predetta, pur non essendo un istituto faunistico previsto espressamente dalla L.R. 3/94, concorre a formare la quota di territorio da destinare alla salvaguardia della fauna selvatica prevista dalla L. 157/92. AREE NATURALI PROTETTE DI INTERESSE LOCALE (ANPIL) In base alle risultanze dell attuazione del P.F.V.P. al momento attuale sul territorio della Provincia di Prato sono presenti i seguenti istituti: Num. Prog. Aree Naturali Protette di Interesse Locale (ANPIL) Area a divieto caccia (ha) Area cacciabile (ha)area totale (ha) Area totale (ha) 1 Alto Carigiola e Monte Delle Scalette Monteferrato Cascine di Tavola Pietramarina Artimino Totale La creazione delle ANPIL predette, realizzate in attuazione della L.R. 49/95, non ha comportato la creazione di nuove zone in divieto di caccia e i territori che risultano attualmente non cacciabili sono quelli di cui alle aree poste in divieto da norme inerenti la L.R. 3/94: SUPERFICI SOTTRATTE ALL ESERCIZIO VENATORIO PER EFFETTO DELLA SOLA PRESENZA DELLA PROPRIETÀ DEMANIALE. Attualmente sul territorio della Provincia di Prato sono presenti i seguenti complessi demaniali: Pag. 8 di 43

9 Num. Prog. Area demaniale non compresa in altre zone a divieto di caccia Area (ha) 1 Faggi di Iavello 211 Totale 211 Il complesso demaniale Acquerino-Luogomano è inserito quasi per la sua totalità all interno della Riserva Naturale Acquerino-Cantagallo ad eccezione della superficie di 211 ha di cui alla predetta tabella. ZONE DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA PREMESSA Le zone di ripopolamento e cattura si configurano come porzioni di territorio destinate alla riproduzione allo stato naturale di soggetti appartenenti a popolazioni di uccelli e mammiferi di specie stanziali, ed al loro irradiamento nelle aree circostanti. La normativa individua, per questo istituto faunistico, precisi compiti ed in particolare quello di provvedere alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento. Si tratta dunque di strutture che rivestono notevole importanza in quanto utilizzate dalla Amministrazione Provinciale per produrre selvaggina allo stato naturale al fine della sua immissione nel territorio cacciabile o all'interno di ambiti protetti. Il fine prevalente delle zone di ripopolamento è dunque quello di incrementare la produttività, in particolare, delle specie lepre e fagiano. Non si può comunque disconoscere il ruolo di salvaguardia che viene svolto nei confronti dell'avifauna migratoria. Nello stilare un bilancio del ruolo svolto da questo tipo di istituto faunistico vi è da considerare anche lo sfruttamento a fini venatori della selvaggina che si irradia nel territorio limitrofo ai confini della zona. In base alle risultanze dell applicazione del P.F.V.P. al momento attuale sul territorio della Provincia di Prato sono presenti i seguenti istituti: Num. Prog. ZONE DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA Area (ha) 1 Carteano Cotone Elzana Monteferrato Valiano Villanova 543 Totale 3125 DIAGNOSI Si riporta, per ogni singola zona, una breve valutazione delle stesse: CARTEANO Pag. 9 di 43

10 Tale istituto faunistico sorge nelle immediate vicinanze del centro cittadino di Prato e rispetto alle altre zone, è evidente la notevole presenza di aree urbane e di bosco (fattori negativi per la fauna), accanto ad una buona presenza di aree cespugliate, presenti in quota. La fascia ad altitudine più bassa è prevalentemente coltivata ad olivi, e quindi più favorevole alla fauna in indirizzo. COTONE L uso del suolo in questa zona vede prevalere il bosco, per il 70%, ed ha ridottissime aree urbanizzate. Nelle aree coltivate prevale l oliveta e vi sono alcune aree destinate a seminativo, occupate da colture a perdere a scopo faunistico. L area è risultata idonea all incremento della lepre mentre ha presentato notevoli limiti oggettivi alla gestione del fagiano. ELZANA Da un punto di vista quantitativo, questa è la zona con caratteristiche ambientali migliori. In particolare, la bassa percentuale di bosco e l'alta proporzione di aree coltivate la rendono adatta a varie specie caratteristiche della fauna toscana di interesse venatorio. La presenza delle aree urbane è inferiore alla media per le ZRC della provincia, mentre elementi positivi (coltivi e, soprattutto, vigne) sono abbastanza ben rappresentati. MONTEFERRATO Questa ZRC è ampiamente dominata dal bosco (anche se piuttosto rado a causa delle caratteristiche pedologiche), che copre, con varie tipologie, ben più della metà del territorio. Altro fattore negativo è costituito dalle aree nude a substrato roccioso, sia naturali (litosuoli) che, soprattutto, artificiali (cave). Questa è la zona con la più bassa presenza di aree urbane; è anche l'unica in cui la coltura dell'olivo non sia dominante. Complessivamente, le aree coltivate sono quindi molto limitate, pari al 24%, e rappresentate principalmente da seminativi, pari al 15%, in proporzione più alta rispetto alle altre ZRC. VALIANO In questa zona il bosco non copre superfici eccessive, e soprattutto non è presente in grandi appezzamenti contigui, mentre ben oltre la metà del territorio è coltivato (58% principalmente a oliveto, come in altre zone, ma anche a seminativo e vigna). Complessivamente, la zona è caratterizzata da una discreta variabilità ambientale e quindi da condizioni favorevoli al mantenimento di buone popolazioni di fauna in indirizzo. VILLANOVA Le aree più adeguate per la piccola selvaggina (oliveti e seminativi) coprono il 40% del territorio. Anche la diversità vegetazionale è piuttosto elevata. D altra parte, la presenza di aree boschive, insieme all'assenza di vigne, è un fattore che non consente di ottenere densità ottimali di molte specie di interesse venatorio, quali il fagiano e la lepre, su tutta la superficie. La zona risulta essere tra le più attive in riferimento agli interventi di miglioramento ambientale legate alle caratteristiche naturali del territorio, con buon grado di conduzione dei terreni inclusi. CRITERI PER L ISTITUZIONE E LA GESTIONE DELLE ZRC Nel quadro generale di difficoltà della fauna stanziale non ungulata e di alcune specie di fauna migratoria, è necessario riqualificare gli istituiti faunistici pubblici volti a garantire la conservazione e l incremento faunistico delle specie. Una particolare attenzione deve essere riservata alla tutela delle specie, anche cacciabili, con popolazioni individuate in stato di declino. Con riferimento ad ogni ZRC istituita sul territorio occorre individuare una o più specie target sulle quali concentrare le azioni mirate all incremento riproduttivo. Relativamente alla/e specie target dell istituto dovranno essere predeterminati e costantemente monitorati i livelli di densità obiettivo specifici per l area. Pag. 10 di 43

11 PROPOSTE La gestione ordinaria delle Zone è stata realizzata avvalendosi, tramite la stipula di un apposita convenzione, della collaborazione del Comitato di Gestione dell Ambito Territoriale di Caccia competente per territorio quale soggetto demandato al coordinamento della realizzazione degli interventi ed al raccordo tra i soggetti che operano all interno delle Z.R.C. (cacciatori, agricoltori, volontari delle Associazioni Venatorie, ecc.) e l Amministrazione Provinciale. Tale convenzione è stata realizzata con lo scopo di operare in favore di uno snellimento delle procedure amministrative relative all effettuazione delle spese poiché è stata data all A.T.C. autonomia organizzativa sulle procedure per attuare quanto previsto nei piani annuali di gestione, preventivamente approvati dalla Provincia, disponendo che le somme necessarie siano trasferite all A.T.C. in fase di rendicontazione della spesa a scadenze intermedie durante tutto l arco dell esercizio finanziario. Inoltre la suddetta convenzione ha avuto tra i propri obiettivi anche quello di incrementare e migliorare la collaborazione tra la Provincia ed il Comitato di Gestione dell Ambito Territoriale di Caccia competente per territorio al fine di ottimizzare gli sforzi di entrambi i soggetti nella direzione della gestione congiunta del territorio dal punto di vista faunistico-venatorio. In base alla predetta convenzione l A.T.C. competente per territorio ha provveduto alla realizzazione di censimenti finalizzati alla determinazione della consistenza delle specie in indirizzo produttivo per poter effettuare una corretta programmazione delle catture. Per quanto riguarda le lepri il metodo di censimento risultato più idoneo, per semplicità di attuazione e di utilizzazione dei dati, risulta essere quello notturno lungo percorsi lineari (applicato nelle zone dove si ha una predominanza di aree boscate o fittamente cespugliate) effettuato con l ausilio di una potente sorgente luminosa lungo un percorso prestabilito o su superfici circolari o semicircolari, individuando e contando gli animali. L'entità degli avvistamenti consentirà di confermare o meglio di integrare le impressioni scaturite dalle osservazioni diurne tramite censimento in battuta. Per quanto riguarda il censimento del fagiano la tecnica attuata è quella tramite battuta nel periodo di fine estate. La necessità di effettuare queste operazioni deriva dal fatto che all'interno di ciascuna zona di ripopolamento e cattura occorre programmare i prelievi. Tale programmazione dei prelievi dovrà tendere a non ridurre in maniera eccessiva la densità della popolazione. Inoltre la pianificazione del prelievo deve essere programmata in modo da non squilibrare troppo il rapporto tra i sessi cercando di mantenerlo intorno al valore di 1:1. Per la lepre e fagiano si ritiene che il tasso di cattura debba variare fra il 20 ed il 30 % del numero di animali presenti nella zona al termine del periodo riproduttivo. Per quanto riguarda l'immissione di nuovi soggetti queste andranno attentamente programmate commisurando tale azione alla capacità portante del territorio. Per quanto riguarda infine la presenza di specie concorrenti e/o predatrici rispetto a quelle in indirizzo quali il cinghiale, la volpe, i corvidi, ecc., è evidente che una loro eccessiva densità rappresenta una forte limitazione per le specie che si desidera produrre e che pertanto dovranno essere sottoposte a limitazione secondo le modalità di cui all art. 37 della L.R. 3/94. Riguardo l assetto futuro delle zone di ripopolamento e cattura della Provincia, sulla base della valutazione degli istituti attualmente presenti, si ritiene di dover procedere alla riconferma delle zone denominate Elzana, Villanova, Cotone e Carteano, poste nei comuni di Carmignano, Cantagallo, Vaiano e Prato, prevedendo di concordare con l ATC la creazione di nuove ZRV superiori a 150ha e l effettuazione di modifiche alle ZRC, secondo il seguente schema: Pag. 11 di 43

12 - ZRC Monteferrato: trasformazione dell intera area in ZRV denominata Monteferrato al fine di poter eseguire la caccia di selezione in riferimento alla elevata incidenza di ungulati che, per la conformazione del territorio che vede aree boscate confinanti con oliveti e vigneti ed aree densamente abitate fa ritenere opportuna una gestione faunistica che preveda l esecuzione di abbattimenti di dette specie; - ZRV Monteferrato (di nuova istituzione): aggiunta di una porzione di territorio nel Comune di Prato in prossimità della Casa Circondariale per una superficie di circa ha 110, attualmente posta in divieto di caccia ed inserita nella Zona di Protezione denominata Piana di Prato al fine di consentire una gestione faunistica più compiuta nonché di effettuavi catture. Tale modifica comporterà un riassetto delle superfici dei due istituti ma non implicherà alcuna variazione nel totale della superficie provinciale destinata a protezione della fauna in quanto l area verrà inserita in una ZRV superiore a 150 ha; - ZRC Valiano: aggiunta di una porzione di territorio nel Comune di Montemurlo in prossimità delle località Fornacelle e Popolesco per una superficie di circa ha 120, attualmente cacciabile, al fine di consentire una gestione faunistica più compiuta nonché di effettuavi catture; - ZRC Valiano: riduzione di una porzione di territorio nel Comune di Montemurlo a nord della Via Montalese per una superficie di circa ha 410 trasformando tale area in ZRV denominata Castello al fine di poter eseguire la caccia di selezione in riferimento alla elevata incidenza di ungulati che, per la conformazione del territorio che vede aree boscate (ricadenti nelle aree vocate alle specie capriolo e cervo) confinanti con oliveti e vigneti ed aree densamente abitate fa ritenere opportuna una gestione faunistica che preveda l esecuzione di abbattimenti di dette specie; Si prevede altresì di operare nella direzione del rinnovo della convenzione con l A.T.C. competente per territorio ai fini della gestione delle zone di ripopolamento e cattura presenti sul territorio provinciale. Pertanto la nuova situazione delle zone di ripopolamento e cattura risulta la seguente: Num. Prog. ZONE DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA Area (ha) 1 Carteano Cotone Elzana Valiano Villanova 543 Totale 2256 ALTRE SUPERFICI SOTTOPOSTE A DIVIETO DI CACCIA (ART.25 E FONDI CHIUSI). Attualmente sul territorio della Provincia di Prato sono presenti le seguenti aree: I fondi chiusi, di misura superiore a 3 ha, di cui è stata comunicata la costituzione a questa Amministrazione, nonché le aree sottratte alla caccia programmata risultano essere quelli di seguito elencati: Num. Prog. FONDI CHIUSI E FONDI SOTTRATTI AI SENSI DELL ART. 25 L.R. 3/94 Descr. Area (ha) 1 Cascine di Tavola F chiuso San Gaudenzio F chiuso 6 3 Casa le Selve F chiuso 21 Pag. 12 di 43

13 4 Butia F chiuso 11 5 La Villa F chiuso 4 6 Villa Vittoria F sottratto 8 7 Il Poggiolino F chiuso 6 8 Gricigliana F chiuso 8 Totale 304 CENTRI PUBBLICI PER LA PRODUZIONE DELLA SELVAGGINA Sul territorio della Provincia di Prato non risulta presente alcun istituto di tale tipologia. VALUTAZIONE SUGLI ISTITUTI FAUNISTICO VENATORI COSTITUITI DA PRIVATI, ASSOCIAZIONI OD ENTI AZIENDE FAUNISTICO-VENATORIE, AZIENDE AGRI-TURISTICO VENATORIE E CENTRI PRIVATI DI RIPRODUZIONE DI FAUNA SELVATICA PREMESSA La L.R. 3/94 prevede che possano essere istituite aziende faunistico venatorie finalizzate al miglioramento degli ambienti naturali, al mantenimento ed all organizzazione, ai fini dell incremento della fauna selvatica e dell irradiamento nel territorio circostante. Le aziende agrituristico-venatorie sono finalizzate al recupero ed alla valorizzazione delle aree agricole, in particolare di quelle montane e svantaggiate, attraverso l organizzazione dell attività venatoria. I prelievi venatori all interno delle aziende suddette sono effettuati sulla base di piani di assestamento e prelievo elaborati dalle stesse aziende nell osservanza di quanto disposto dagli indirizzi regionali di programmazione faunistico-venatoria. I centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale sono aree destinate alla riproduzione della fauna in indirizzo produttivo ai fini della cattura da parte del titolare e della successiva cessione. La L.R. 3/94 individua la percentuale massima del territorio agro-silvo-pastorale da destinarsi alle aziende suddette per un massimo del 15%, con la specificazione che la superficie complessiva dei centri privati di riproduzione della fauna selvatica non può superare l 1%. In riferimento agli istituti prima descritti nella Provincia di Prato sono presenti quelli di seguito elencati: Num. Prog. AZIENDE FAUNISTICO-VENATORIE Area (ha) 1 Artimino 461 Totale 461 pari all'1,54 % della superficie agro-silvo-pastorale Criteri per il rilascio di autorizzazioni per AFV Pag. 13 di 43

14 Si prevede di accogliere la richiesta di rinnovo della AFV Artimino, che ha presentato regolare domanda. CRITERI PER L AUTORIZZAZIONE DELLE AZIENDE FAUNISTICO VENATORIE Le dimensioni delle AFV devono essere adeguate alla realizzazione dei programmi di conservazione e ripristino ambientale autorizzati dalla Provincia. Il piano annuale di prelievo non deve compromettere le presenze faunistiche dell azienda ed in particolare deve salvaguardare la presenza minima di riproduttori delle specie in indirizzo al termine della stagione venatoria Le domande di nuove AFV non presenti nella precedente programmazione saranno esaminate successivamente all approvazione del presente PFVP e saranno autorizzate in aree idonee, per caratteristiche ambientali e per dimensioni, all incremento e all irradiamento delle specie di indirizzo e con ridotta presenza di aree boscate. Le autorizzazioni avranno scadenza contestualmente alla scadenza del presente PFVP. Risulta presentata, in data 22/05/2013, una richiesta per l istituzione di una nuova AFV nel Comune di Montemurlo in località Iavello per una estensione di circa 382 ha.. Tale richiesta sarà esaminata successivamente all approvazione del presente PFVP. CRITERI PER L AUTORIZZAZIONE DELLE AZIENDE AGRITURISTICO VENATORIE Le dimensioni delle AAV devono essere adeguate al perseguimento degli obiettivi previsti nel programma di ripristino ambientale e nel piano economico di gestione. In relazione alle diverse realtà locali e con riferimento a tutti gli istituti a gestione privata, devono essere previsti metodi di valutazione del raggiungimento degli obiettivi gestionali programmati. I parametri e i dati minimi da monitorare, anche al fine della valutazione del raggiungimento degli obiettivi gestionali propri dell istituto, sono i seguenti: 1) area e collocazione dell istituto anche rispetto ad altri istituti faunistici e faunistico venatori; 2) densità faunistiche (distinte per specie con indicazione del numero assoluto e della media per ha. di superficie); 3) prelievi e catture effettuate (distinte per specie con indicazione del numero assoluto e della media per ha. di superficie); 4) miglioramenti ambientali effettuati (tipologia, estensione e % su area); 5) controllo faunistico realizzato su specie ungulate, predatrici e concorrenti (specie, numero assoluto e % su area); 6) immissioni effettuate (distinte per specie con indicazione del numero assoluto e della media per ha. di superficie); 7) danni alle colture agricole registrati nel raggio di 200 mt. dai confini (specie responsabile, coltura interessata, quantità di prodotto danneggiato e stima economica). 8) permessi rilasciati (numero assoluto e in rapporto all estensione dell istituto); 9) n. giornate effettuate alla migratoria; 10) n. giornate effettuate alla stanziale; 11) n. giornate effettuate al cinghiale; 12) n. giornate effettuate a cervidi e bovidi. Pag. 14 di 43

15 PREMESSA AREE PER L ALLENAMENTO, L ADDESTRAMENTO E LE GARE DEI CANI Le aree suddette si configurano come istituti destinati a soddisfare le esigenze della cinofilia sportiva. Tali aree sono destinate all'addestramento, all'allenamento e allo svolgimento delle gare dei cani da caccia su selvaggina naturale o proveniente da allevamento. A seconda della loro tipologia è previsto o meno l'abbattimento di fauna selvatica. La percentuale massima di superficie agro-silvo-pastorale provinciale da destinare a questo tipo di istituti, secondo quanto disposto dalla L.R. 3/94, è pari al 2% di cui fino allo 0,5% per aree che prevedono l'abbattimento dei selvatici. Le zone addestramento cani possono essere gestite sia da privati sia da associazioni. Le modalità ed i tempi per l utilizzo delle aree per l addestramento, l allenamento e le gare dei cani sono riportate nel Regolamento di gestione delle aree per l addestramento, l allenamento e le gare dei cani approvato con Deliberazione del Consiglio Provinciale n. 77 del 18/07/2001. Le aree prima descritte esistenti nella Provincia di Prato sono quelle di seguito elencate: Num. Prog. AREE ADDESTRAMENTO CANI Area (ha) 1 Spazzavento 56 2 Bonechi (con abbattimento) 7 3 Le Caldene 17 4 Gricigliana 28 5 S. Stefano 10 6 Giraldi 2 Totale 120 pari allo 0,40 % della superficie agro-silvo-pastorale di cui lo 0,02 % con abbattimento Criteri per il rilascio di autorizzazioni per le aree per l addestramento, l allenamento e le gare dei cani Si prevede di riconfermare le AAC presenti nella precedente programmazione. Le domande di nuove AAC non presenti nella precedente programmazione saranno esaminate successivamente all approvazione del presente PFVP e saranno autorizzate in aree idonee, per caratteristiche ambientali e fino al raggiungimento della percentuale massima del territorio provinciale prevista dalla legge. Le autorizzazioni avranno scadenza contestualmente alla scadenza del presente PFVP. Risultano presentate le seguenti richieste per l istituzione di nuove AAC: - richiesta in data 29/04/2013 per l istituzione di una AAC con abbattimento nel Comune di Montemurlo in località Fonte a Guzzano per una estensione di circa 63 ha; - richiesta in data 03/06/2013 per l istituzione di una AAC senza abbattimento nel Comune di Montemurlo per una estensione di circa 150 ha; Tali richieste saranno esaminate successivamente all approvazione del presente PFVP. Pag. 15 di 43

16 ZONE DI RISPETTO VENATORIO inferiori a 150 ettari Le zone di rispetto venatorio sono aree istituite dalla Provincia su richiesta del Comitato di Gestione dell A.T.C. competente per territorio e sono finalizzate al raggiungimento, da parte dell A.T.C. stessa, dei programmi di attività disciplinati dall art. 17 bis della L.R. 3/94. Attualmente in Provincia di Prato sono presenti le seguenti zone di rispetto venatorio: Num. Prog. ZONE DI RISPETTO VENATORIO Area (ha) 1 Fattoria di Iavello 57 2 Mulinaccio 28 3 Le Fornaci 72 4 Scaldagrillo 7 5 Sasso Nero 12 Totale 176 L art. 17 bis della L.R. 3/94 prevede che le zone di rispetto venatorio rientrino nella quota di territorio di cui all art. 6 comma 5 della medesima legge qualora abbiano durata pari a quella del Piano Faunistico Venatorio Provinciale nonchè superficie pari ad almeno ha 150. Le predette zone, essendo inferiori alla superficie minima di 150 ettari, non sono inserite nel computo delle aree poste a protezione della fauna. In riferimento a tali istituti faunistici si prevede di concordare con l ATC la creazione di una nuova ZRV denominata ZRV Le Capanne in Comune di Cantagallo in località Gricigliana di una superficie di ha 60 circa. ZONE DI RISPETTO VENATORIO superiori a 150 ettari Sul territorio della Provincia di Prato non erano state costituite, nella precedente programmazione, ZRV superiori a 150 ettari. In riferimento a tali istituti faunistici si prevede di concordare con l ATC la creazione di nuove ZRV superiori a 150ha, secondo il seguente schema: - ZRV Monteferrato: derivante dalla trasformazione dell intera ZRC denominata Monteferrato in ZRV al fine di poter eseguire la caccia di selezione in riferimento alla elevata incidenza di ungulati che, per la conformazione del territorio che vede aree boscate confinanti con oliveti e vigneti ed aree densamente abitate fa ritenere opportuna una gestione faunistica che preveda l esecuzione di abbattimenti di dette specie; - ZRV Monteferrato (di nuova istituzione): aggiunta di una porzione di territorio nel Comune di Prato in prossimità della Casa Circondariale per una superficie di circa ha 110, attualmente posta in divieto di caccia ed inserita nella Zona di Protezione denominata Piana di Prato al fine di consentire una gestione faunistica più compiuta nonché di effettuavi catture; - ZRV Castello: riduzione di una porzione di territorio della ZRC Valiano nel Comune di Montemurlo a nord della Via Montalese per una superficie di circa ha 410 trasformando tale area in ZRV denominata Castello al fine di poter eseguire la caccia di selezione in riferimento alla elevata incidenza di ungulati che, per la conformazione del territorio che vede aree boscate Pag. 16 di 43

17 confinanti con oliveti e vigneti ed aree densamente abitate fa ritenere opportuna una gestione faunistica che preveda l esecuzione di abbattimenti di dette specie. Tali nuove ZRV avendo una superficie superiore ad ha 150 vengono inserite nel computo del territorio destinato a protezione della fauna e pertanto non comporteranno modifiche alle superfici attualmente in divieto di caccia. Si prevede altresì di attivare produrre relative all effettuazione di catture di lepre e fagiano all interno delle predette ZRV di nuova istituzione trattandosi di istituti di elevata ampiezza nei quali l irradiamento naturale non risulta sufficiente a garantire l idonea propagazione della selvaggina. Si riporta di seguito il nuovo assetto provinciale previsto per le ZRV superiori a 150 ha: Num. Prog. ZONE DI RISPETTO VENATORIO Area (ha) 1 Monteferrato Castello 410 Totale 1099 Georeferenziazione La Provincia di Prato provvederà a trasmettere, al Settore Sistema informativo territoriale e ambientale, gli elaborati cartografici relativi al proprio Piano faunistico venatorio redatti in formato digitale e georeferenziati secondo le specifiche tecniche approvate con Decreto Dirigenziale n del 24 marzo TUTELA DELLA FAUNA MIGRATRICE: VALICHI MONTANI E ZONE DOVE SONO COLLOCABILI GLI APPOSTAMENTI FISSI Nel territorio della Provincia di Prato non è stato individuato, dalla Giunta Regionale della Toscana, alcun valico montano nel quale precludere l attività venatoria. In merito alle aree dove non è possibile la collocazione degli appostamenti fissi, ai sensi di quanto disposto negli indirizzi regionali di programmazione faunistico-venatoria, la Provincia di Prato aveva individuato con il precedente piano faunistico una fascia di 250 metri in destra e 250 metri in sinistra dalla linea di spartiacque che a partire dal confine della Riserva Naturale Acquerino- Cantagallo, in prossimità del valico della Rasa, raggiunge la località Tabernacolo, il tutto nel Comune di Cantagallo. Tale area di interdizione verrà confermata con l approvazione del presente piano. Si prevede inoltre l istituzione di una nuova area dove non è possibile la collocazione di nuovi appostamenti fissi in una fascia di 500 metri in sinistra del crinale tra le località La Casa Rossa e Monte Cantagrilli, il tutto nel Comune di Prato, per una estensione di circa metri. Tenuto conto della consistenza del numero di appostamenti fissi autorizzati nella stagione venatoria 2011/2012 pari a n. 304 unità e della consistenza esistente nel 2005, anno di redazione del precedente piano faunistico, pari a n. 238 unità, si prende atto del notevole aumento del numero di autorizzazioni rilasciate che risulta essere aumentato del 22%. Il Regolamento di attuazione della L.R. 3/94 approvato con D.P.G.R. 33/R/2011 prevede quale limitazione alla costituzione di appostamenti fissi il numero di quelli rilasciati con riferimento all annata venatoria 1989/90 che risulta pari a n. 620, con la conseguenza di avere disponibilità al rilascio di ulteriori n. 316 appostamenti fissi. Pag. 17 di 43

18 Si riportano di seguito i grafici relativi all andamento del numero totale degli appostamenti fissi rilasciati nel periodo nonché la relativa ripartizione per tipologia del numero medio degli appostamenti rilasciati nel medesimo periodo. Numero totale appostamenti nel periodo Num. totale appostamenti Anni Valore medio numero appostamenti fissi nel periodo Ripartizione percentuale per tipologia 3% 2% 0% minuta selvaggina colombaccio palmipedi e trampolieri 95% appostamenti fissi senza richiami vivi Pag. 18 di 43

19 Alla luce di quanto sopra esposto non si ritiene di dover vincolare ulteriori porzioni di territorio quali aree dove non è consentita la collocazione di appostamenti fissi vista la notevole disponibilità per il rilascio di ulteriori autorizzazioni. LINEE DI INDIRIZZO PER LA GESTIONE DELLA FAUNA SELVATICA Immissioni Analisi Le immissioni di selvaggina stanziale effettuate sul territorio provinciale nel corso della precedente programmazione faunistico venatoria riguardano tre specie: fagiano, lepre e pernice. L andamento delle immissioni nel periodo è quello riportato nel grafico seguente: Andamento fauna selvatica immessa nel periodo fagiano pernice lepre Numero capi immessi Anni La specie maggiormente immessa risulta essere il fagiano e la ripartizione percentuale tra specie del valore medio del periodo risulta essere così rappresentata: Pag. 19 di 43

20 Valore medio immissioni fauna selvatica nel periodo Ripartizione percentuale per specie 11% 8% fagiano pernice lepre 81% Proposte gestionali Per il fagiano le immissioni di soggetti di allevamento vengono correntemente realizzate tramite l utilizzo di voliere di ambientamento collocate nel territorio cacciabile o nelle zone di rispetto venatorio. Per la lepre le immissioni di soggetti di allevamento risultano assolutamente marginali in quanto la produzione delle zone di ripopolamento e cattura garantisce un quantitativo di lepri sufficiente a ripopolare il territorio provinciale. La consistenza maggiore si riscontra all interno delle zone di ripopolamento e cattura e nelle zone ad esse limitrofe. Per il periodo di programmazione del presente Piano non sono previste immissioni di selvaggina di allevamento all interno delle zone di ripopolamento e cattura. Analisi GESTIONE UNGULATI Cinghiale Il cinghiale negli ultimi decenni ha notevolmente ampliato il proprio areale distributivo e attualmente rappresenta, assieme al capriolo, l ungulato più diffuso nella Provincia di Prato. I cinghiali utilizzano risorse alimentari estremamente varie, ma spesso disperse, e traggono vantaggio nel muoversi in gruppi numerosi. Questa specie, onnivora per eccellenza, è in grado di modificare la propria dieta in funzione delle disponibilità trofiche offerte dai vari ambienti, inoltre le richieste energetiche quotidiane variano in funzione dell età, delle condizioni fisiologiche e del periodo dell anno. Pag. 20 di 43

21 L areale potenziale del cinghiale si può intendere quasi illimitato in quanto si possono escludere di fatto solo le pianure più intensamente coltivate e largamente prive di zone di rifugio. L attuale normativa prevede che le Provincie individuino l area, definita vocata, destinata al prelievo venatorio del cinghiale tramite caccia in battuta, con individuazione di una densità obiettivo che per il territorio provinciale è stata fissata in 1,3 capi/100 ha per l area vocata e in eradicazione per l area non vocata. Al termine del previgente Piano faunistico Venatorio Provinciale l area vocata al cinghiale era corrispondente a Ha Con l approvazione della presente programmazione si provvede alla variazione di una parte dell area vocata nel territorio comunale dei Comuni di Carmignano e Montemurlo, andando a definire la nuova area vocata al cinghiale a livello provinciale per un totale di Ha Il territorio vocato viene gestito, con l ausilio dell A.T.C., tramite l effettuazione di interventi di gestione e con la ripartizione in distretti e zone di caccia ai fini dell esecuzione del prelievo. Le predette caratteristiche del cinghiale hanno avuto come conseguenza, nel corso degli anni, di espandere l areale di distribuzione della specie e di creare, in talune situazioni, difficoltà legate ai danni provocati dalla massiccia presenza degli stessi cinghiali. La tipologia dei danni può essere sintetizzata nelle due categorie principali dei danni alle colture agrarie e/o strutture e dei danni alla restante fauna selvatica presente sul territorio. Per quanto concerne i danni alle colture abbiamo assistito ad un andamento altalenante degli indennizzi erogati collegato, nella realtà pratese caratterizzata da un elevata frammentazione della proprietà fondiaria, a segnalazione di danni arrecati su superfici di ridottissima entità (orti familiari, pertinenze di abitazioni e ricoveri per animali domestici) che, pur provocando disagio a livello sociale, non danno luogo a richieste di indennizzo danni, anche a causa della mancanza della qualifica di agricoltore professionale e pertanto sono scarsamente rilevabili ai fini della pianificazione degli interventi di gestione. Nelle operazioni di prevenzione dei danni alle colture agrarie rivesto un ruolo rilevante le squadre di caccia al cinghiale in battuta che intervengono presso gli agricoltori fornendo materiali per la suddetta prevenzione e collaborando direttamente a realizzarle. Per ciò che concerne i danni provocati alla restante fauna selvatica (in special modo fagiano e lepre) possiamo dire che questi si esplicano maggiormente all interno delle zone destinate alla salvaguardia della fauna (zone di ripopolamento e cattura, zone di protezione, ecc.). Tali danni si manifestano sia come predazione delle nascite della fauna minore stanziale sia come competizione verso l offerta alimentare presente nelle stesse zone in conseguenza ai miglioramenti ambientali effettuati dai comitati di gestione degli istituti. L A.T.C. competente per territorio, in collaborazione con i cacciatori coinvolti nella gestione dell area vocata al cinghiale realizza, per ogni anno, censimenti finalizzati a stabilire quale sia l andamento della riproduzione, la consistenza e la struttura della popolazione in modo da poter programmare un corretto piano di assestamento e prelievo a carico della popolazione esistente nell area. Nelle tabelle seguenti vengono riportati i dati relativi alla gestione faunistico venatoria del cinghiale all interno delle aree vocate per tale specie, pari a ettari a fronte di una superficie massima vocabile alla specie fissata in ettari , negli anni dal 2000 al Pag. 21 di 43

22 Cacciatori operanti nella gestione nel periodo Num. cacciatori Anni Cinghiali abbattuti nel periodo Num. Capi Anni Pag. 22 di 43

23 Percentuali di realizzazione dei piani di prelievo su Cinghiale nel periodo Percentuali 160% 140% 120% 100% 80% 60% 40% 20% 0% Anni Nella successiva tabella viene mostrata la superficie dei vari distretti individuati per la stagione venatoria , nel corso della quale 12 squadre hanno partecipato alla caccia al cinghiale, suddivise in 5 distretti della estensione complessiva di ha , per un totale di 885 cacciatori e capi prelevati: Num. Prog. DISTRETTI CACCIA AL CINGHIALE IN BATTUTA Area (ha) Num. squadre Vernio La Rasa Basso Bisenzio Monte Cagnani La Medicea Totali Metodi di monitoraggio I sistemi di monitoraggio da applicare alla specie cinghiale sono quelli indicati nel PRAF e prevedono, oltre all analisi dei carnieri (indici cinegetici sopra descritti) e la valutazione di indicatori di impatto (andamento delle richieste danni), la mappatura delle braccate o battute nei primi giorni utili di caccia, con riportati i numeri dei cinghiali abbattuti, feriti e scappati, rapportata all estensione territoriale della battuta effettuata. E consigliabile inoltre per questa specie l adozione, se disponibile, dei dati delle battute per aree campione effettuate per il capriolo e relativi al cinghiale, e la tecnica del trappolaggio fotografico presso punti di alimentazione temporanei all uopo autorizzati in deroga al divieto generale di foraggiamento del cinghiale. Pag. 23 di 43

24 Proposte gestionali Le attività gestionali tenderanno al perseguimento dei seguenti obiettivi/azioni: 1) raggiungimento e mantenimento delle densità obiettivo individuate per la specie ai sensi dell art. 28bis della L.R. 3/94; 2) individuazione di azioni tese al miglioramento delle condizioni di sicurezza durante la caccia al cinghiale ed all incremento della realizzazione dei piani di abbattimento approvati; 3) incremento delle azioni di prevenzione dei danni da cinghiale attraverso interventi diretti (quali recinzioni elettriche, dissuasori, ecc.), interventi indiretti (quali i miglioramenti ambientali da realizzare in aree idonee e i foraggiamenti da autorizzare esclusivamente in casi particolari). In riferimento all art. 28bis della L.R. 3/94, il quale prevede che le Province individuino densità obiettivo da mantenere con l attuazione di piani di gestione e prelievo nonché di controllo, si da atto che le densità stabilite dalla Provincia di Prato sono pari a 1,3 capi/100ha in area vocata e tendente a zero in area non vocata, in linea con le previsioni del PRAF. Preme ribadire che per area vocata alla specie si intende la zona nella quale il cinghiale rappresenta un importante risorsa faunistico-venatoria e dove, attraverso l attività venatoria, si persegue il mantenimento delle popolazioni di cinghiale a livelli di densità compatibili con le caratteristiche ambientali e con le attività antropiche; l area non vocata è, al contrario, l area dove il cinghiale va eradicato, poiché la sua presenza non risulta compatibile con le attività agricole e con la salvaguardia di ecosistemi particolarmente favorevoli alla piccola selvaggina e all avifauna stanziale e migratoria, ed a questo scopo si prevede di proseguire con la realizzazione di abbattimenti di controllo ai sensi dell art. 37 della L.R. 3/94 specificando che, qualora siano ritrovati cinghiali feriti in territori ed in periodi in cui siano attivi piani di abbattimento e/o di controllo si disporrà l abbattimento degli stessi così come previsto nel PRAF Le attività gestionali predette saranno svolte tenendo conto delle indicazioni contenute nel Regolamento di gestione faunistico-venatoria degli ungulati approvato con Deliberazione C.P. n. 39 del 04/07/2012. Analisi Capriolo Il capriolo è in grado di colonizzare una grande varietà di ambienti che vanno dalla foresta fino all aperta campagna, anche se l ambiente originariamente più adatto è rappresentato da bosco di latifoglie. Per la specie è molto importante la presenza di ambienti di transizione tra il bosco ed i campi o aree di pianura coltivate e tale specie risulta distribuito in tutte le aree boscate presenti nella valle del Bisenzio. Il grado di socialità del capriolo è variabile nel corso dell anno essendo strettamente legato alla stagionalità ed al ciclo biologico annuale della specie. L attuale normativa prevede che le Provincie individuino l area, definita vocata, destinata al prelievo venatorio del capriolo tramite caccia di selezione, con individuazione di una densità obiettivo che per il territorio provinciale è stata fissata in 8 capi/100 ha per l area vocata e <8 capi/100 ha per l area non vocata. La stesura dei piani dovrà tenere conto della struttura e della dinamica delle popolazioni basata su stime, censimenti e conoscenza del numero di animali suddiviso per classi di età. Pag. 24 di 43

25 Il piano di assestamento rappresenta quindi un modello orientativo con cui si programmano, su di un determinato territorio, le presenze nelle diverse classi di età. Il piano di abbattimento rappresenta invece lo strumento pratico mediante il quale vengono attuate le indicazioni fornite da quello di assestamento. Sulla base di questo si programmano i prelievi che per questa specie devono assolutamente essere di tipo selettivo. La Provincia di Prato attua, fino a partire dalla stagione venatoria 1995/96, piani annuali di assestamento e prelievo, tramite il ricorso a cacciatori appositamente abilitati con corsi di formazione tecnica. I censimenti ed i piani sono attuati con l ausilio dell A.T.C. competente per territorio. Al termine dell attuazione del Piano la superficie della zona vocata al capriolo risulta essere pari ad ha , mentre quella destinata all esercizio del prelievo risulta pari a ha Nelle tabelle seguenti vengono riportati i dati relativi alla gestione faunistico venatoria del capriolo all interno delle aree vocate per tale specie negli anni dal 2000 al 2011 Caprioli stimati nel periodo Num. Capi Anni Pag. 25 di 43

26 Caprioli abbattuti nel periodo Num. Capi Anni Percentuali di realizzazione dei piani di prelievo su Capriolo nel periodo Percentuali 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Anni Pag. 26 di 43

27 Cacciatori operanti nella gestione nel periodo Num. cacciatori Anni Nella successiva tabella viene mostrata la superficie dei vari distretti individuati per la stagione venatoria , nel corso della quale 198 cacciatori hanno partecipato alla caccia al capriolo, suddivisi in 9 distretti della estensione complessiva di ha , per un totale di 307 capi prelevati: Num. Prog. DISTRETTI CACCIA AL CAPRIOLO Num. Area (ha) cacciatori isccritti La Rasa Gavigno Cavarzano Sasseta Migliana Vernio Montemurlo La Foresta Calvana Rio Buti Totali Metodi di monitoraggio I sistemi di monitoraggio da applicare alla specie capriolo sono quelli indicati nel PRAF che prevede i seguenti metodi comparativi, alternativi o mutuamente sostitutivi: Come indicato nel rapporto finale del progetto Verifica ed innovazione dei metodi di censimento del capriolo promosso dalla Regione Toscana (ex A.R.S.I.A) i metodi più idonei per la stima del capriolo sono le battute per aree campione in aree con prevalenza di bosco ed i conteggi da punti fissi con mappaggio in aree con scarsa diffusione di bosco (< 50 %); il metodo del conteggio delle feci (pellet group count) può essere adottato come metodo di controllo da parte di personale specializzato. Pag. 27 di 43

28 Si prevede inoltre di utilizzare come indici cinegetici per la verifica dei trend annuali delle popolazioni alcuni indicatori quali il numero di capi prelevati, la densità di abbattimento (n capi prelevati/km²) e lo sforzo di caccia (n giornate di caccia/capo prelevato). Proposte gestionali Le attività gestionali tenderanno al perseguimento dei seguenti obiettivi/azioni: 1) la conservazione delle popolazioni di capriolo ed il mantenimento delle caratteristiche di struttura di popolazione attraverso l attuazione di piani di assestamento e prelievo annuali, redatti dall A.T.C. FI4, in linea con le densità obiettivo stabilite; 2) l adozione di interventi di controllo numerico e di limitazione degli areali di distribuzione nelle aree dove si verificassero le condizioni di cui all art. 37 della L.R. 3/94; 3) la definizione ed il monitoraggio nel tempo dei parametri di popolazione del capriolo, oltre che nel territorio dei distretti, anche negli istituti faunistici del PFVP, da realizzarsi con i metodi indicati nel PRAF nella sezione Monitoraggio degli Ungulati. In riferimento all art. 28bis della L.R. 3/94, il quale prevede che le Province individuino densità obiettivo da mantenere con l attuazione di piani di gestione e prelievo nonché di controllo, si da atto che le densità stabilite dalla Provincia di Prato sono pari a 8 capi/100ha in area vocata e <8 capi/100ha tendente a zero in area non vocata, in linea con le previsioni del PRAF. Ai fini del mantenimento delle densità predette potranno essere realizzati, qualora ne ricorrano le condizioni, abbattimenti di controllo ai sensi dell art. 37 della L.R. 3/94 specificando che, qualora siano ritrovati caprioli feriti in territori ed in periodi in cui siano attivi piani di abbattimento e/o di controllo si disporrà l abbattimento degli stessi così come previsto nel PRAF Le attività gestionali predette saranno svolte tenendo conto delle indicazioni contenute nel Regolamento di gestione faunistico-venatoria degli ungulati approvato con Deliberazione C.P. n. 39 del 04/07/2012. Analisi Cervo appenninico Il cervo è una specie estremamente adattabile in grado di vivere anche in ambienti molto diversi da quelli originari. Gli ambienti prediletti da questa specie sono i boschi disetanei con ricco sottobosco, con notevole sviluppo del bordo forestale e che abbiano comunque ampie radure all interno e siano confinanti con zone coltivate. Le sue caratteristiche sociali lo portano ad avere un comportamento generalmente gregario ed a eseguire notevoli spostamenti stagionali all interno del proprio areale di distribuzione. La gestione di questi cervidi, intesa come conservazione di popolazioni ben strutturate in relazione alle potenzialità del territorio, non può prescindere da un'approfondita conoscenza della biologia di queste specie nonchè dei complessi rapporti esistenti tra questi e l'ambiente in cui essi vivono. Per una gestione il più proficua possibile bisogna considerare molteplici fattori diversi tra loro, dalle valutazioni della vocazionalità del territorio, ai censimenti, ai miglioramenti ambientali ed ai prelievi venatori. Pag. 28 di 43

29 Basilare per gestire queste specie è la predisposizione di piani di assestamento il cui obiettivo finale sta nello stabilire il numero di capi che devono essere presenti sul territorio in base all'offerta alimentare dell'ambiente, nonchè in relazione all'entità della competizione intraspecifica. Solo in questo modo sarà possibile effettuare un efficace controllo delle popolazioni prevedendo al tempo stesso un razionale prelievo venatorio. La stesura dei piani dovrà tenere conto della struttura e della dinamica delle popolazioni basata su stime, censimenti e conoscenza del numero di animali suddiviso per classi di età. Il piano di assestamento rappresenta quindi un modello orientativo con cui si programmano, su di un determinato territorio, le presenze nelle diverse classi di età. Il piano di abbattimento rappresenta invece lo strumento pratico mediante il quale vengono attuate le indicazioni fornite da quello di assestamento. Sulla base di questo si programmano i prelievi che per questa specie devono assolutamente essere di tipo selettivo. Oltre al prelievo organizzato si riscontra anche una diminuzione numerica degli esemplari presenti causata da incidenti stradali e attività di bracconaggio, che, per la natura del territorio, trova difficoltà ad essere contrastata con interventi di prevenzione e repressione da parte degli addetti alla vigilanza. Per una corretta gestione faunistico- venatoria del cervo appenninico, finalizzata alla conservazione, mantenimento demografico e miglioramento dell ambiente dell areale di diffusione, è stata istituita, in conseguenza dell approvazione dell accordo interregionale tra la Toscana e l Emilia-Romagna, una Commissione Tecnica affiancata da una Commissione di Coordinamento aventi rispettivamente compiti di predisposizione dei piani poliennali di gestione, del programma annuale operativo e del regolamento faunistico-venatorio per la prima e di verifica e controllo per la seconda. La Provincia di Prato risulta aver già abilitato un cospicuo numero di cacciatori di selezione per la specie cervo tramite l espletamento di corsi tecnici di formazione, l ultimo dei quali risulta eseguito nel 2010, ed organizza i prelievi selettivi, di concerto con le Province di Pistoia, Firenze e Bologna e con la collaborazione dell A.T.C. competente per territorio, a partire dalla stagione venatoria 2000/2001. I dati relativi ai censimenti del 2011 hanno rilevato una leggera flessione della popolazione sull areale complessivo di distribuzione. L evoluzione della dinamica della popolazione sarà monitorata a cura della Commissione Tecnica e saranno adottate le iniziative al fine di non creare squilibri nella popolazione o riduzioni eccessive della consistenza. Al termine dell attuazione del Piano la superficie della zona vocata al cervo risulta essere pari ad ha , mentre quella destinata all esercizio del prelievo risulta pari a ha Nelle tabelle seguenti vengono riportati i dati relativi alla gestione faunistico venatoria del cervo appenninico negli anni dal 2000 al 2011 Pag. 29 di 43

30 Cervi stimati nel periodo Num. Capi Anni Cervi abbattuti nel periodo Num. Capi Anni Pag. 30 di 43

31 Percentuali di realizzazione dei piani di prelievo su Cervo nel periodo % 100% Percentuali 80% 60% 40% 20% 0% Anni Cacciatori operanti nella gestione nel periodo Num. cacciatori Anni Metodi di monitoraggio I sistemi di monitoraggio da applicare alla specie cervo sono quelli indicati nel PRAF e prevedono il conteggio dei maschi in bramito nel periodo autunnale e valutazione della struttura della Pag. 31 di 43

32 popolazione; conteggio da punti fissi con mappaggio nel periodo primaverile (primo verde). Si prevede inoltre di utilizzare come indici cinegetici per la verifica dei trend annuali delle popolazioni alcuni indicatori quali il numero di capi prelevati, la densità di abbattimento (n capi prelevati/km²) e lo sforzo di caccia (n giornate di caccia/capo prelevato). Proposte gestionali In riferimento alla gestione del cervo appenninico si fa riferimento al Piano Poliennale di Gestione (PPG) redatto dalla Commissione Tecnica ACATER Centrale e approvato dalla Commissione di Coordinamento, allegato al presente Piano. Le attività gestionali predette saranno svolte tenendo conto delle indicazioni contenute nel Regolamento di gestione faunistico-venatoria degli ungulati approvato con Deliberazione C.P. n. 39 del 04/07/2012. Analisi Daino Il daino a livello provinciale risulta costituito da un gruppo di circa capi, insediato nei Comuni di Montemurlo e Prato, che è stato originato dalla fuga da recinti di allevamento. Per questa popolazione si sta già operando con la finalità dell eradicazione, in quanto fauna non autoctona, utilizzando la modalità del prelievo operato da cacciatori di selezione in possesso della abilitazione su daino, senza limitazioni numeriche, nel rispetto dei periodi biologici idonei, e si prevede di proseguire con le stesse modalità per il periodo di programmazione prossimo. In riferimento all art. 28bis della L.R. 3/94, il quale prevede che le Province individuino densità obiettivo da mantenere con l attuazione di piani di gestione e prelievo nonché di controllo, si da atto che la finalità stabilita dalla Provincia di Prato, essendo l intero territorio provinciale non vocato, è quella della eradicazione. Metodi di monitoraggio Trattandosi di specie alloctona per la quale è in corso l eradicazione non sono previsti metodi di monitoraggio. Proposte gestionali Si prevede di proseguire con gli interventi finalizzati all eradicazione su tutto il territorio provinciale. Le attività gestionali predette saranno svolte tenendo conto delle indicazioni contenute nel Regolamento di gestione faunistico-venatoria degli ungulati approvato con Deliberazione C.P. n. 39 del 04/07/2012. Pag. 32 di 43

33 CRITERI PER LE AREE PROTETTE (relativamente al tema del sovrappopolamento di cinghiali e altri ungulati) Saranno adottate le prescrizioni contenute nel PRAF al fine di garantire il raggiungimento di un equilibrio interspecifico locale. In particolare i piani di gestione dovranno garantire l equilibrio interspecifico locale e considerare gli effettivi danneggiamenti alle colture che si sono verificati all interno dell area protetta e nei territori limitrofi. Nel piano di gestione e prelievo degli ungulati di cui all articolo 28 bis della l.r. 3/1994 verranno indicate le modalità e i tempi di intervento nelle aree protette in cui non risulteranno rispettate le densità sostenibili di ungulati. Analisi GESTIONE PICCOLA FAUNA STANZIALE Il fagiano essendo una specie dotata di grande plasticità ecologica è in grado di adattarsi a svariate tipologie di habitat. Le condizioni migliori per la presenza della specie in oggetto si ritrovano in ambienti pianeggianti e collinari configurati come aree coltivate alternate ad incolti, cespugli, e piccoli boschi nelle quali si può riscontrare la presenza di coltivazioni di cereali autunno-vernini, granoturco e leguminose foraggere. La presenza di tali aree risulta luogo idoneo per la nidificazione e la ricerca di rifugi oltre che per il nutrimento. Questa specie trova i limiti più grossi alla sua diffusione nella eccessiva presenza di specie predatrici quali i corvidi nel periodo della nidificazione, la volpe ed i gatti e cani randagi. Altro freno all aumento numerico è costituito, specie all interno delle zone di ripopolamento e cattura dove la densità dei nidi è maggiore, dal danneggiamento provocato durante lo sfalcio dei prati. La lepre presenta una discreta adattabilità ai diversi ambienti presenti, prediligendo comunque le aree nelle quali vi sia un agricoltura tradizionale in quanto la disponibilità alimentare è continua nell arco dell anno. Non trascurabili sono le sempre maggiori difficoltà che le popolazioni di lepre incontrano a mantenere il possesso degli habitat in quanto questi stanno diventando sempre più inospitali sia per l abbandono del tradizionale sistema di coltivazione e della presenza di attività pastorali sia per il progressivo ricorso alla meccanizzazione nelle pratiche agricole. Metodi di monitoraggio Per il fagiano, starna e pernice rossa si prevede di adottare uno o più dei seguenti metodi di censimento: conta dei riproduttori in periodo invernale e/o primaverile attraverso indici di presenza relativi, conteggi assoluti da punti fissi o mappaggio delle coppie in comportamento riproduttivo in periodo primaverile, e censimenti in battuta su aree campione nel periodo post-riproduttivo. Per la lepre si prevede di adottare uno o più dei seguenti metodi di censimento: stima di densità e presenze assolute attraverso censimenti notturni con il faro in periodo autunnale e invernale e censimenti in battuta su aree campione nel periodo post-riproduttivo. Proposte gestionali Nel periodo di applicazione del presente piano verranno intraprese azioni, in collaborazione con l ATC, per coinvolgere le imprese agricole nelle attività gestionali in modo da creare sinergie sul Pag. 33 di 43

34 territorio favorevoli alla fauna selvatica e coerenti alla natura multifunzionale della moderna impresa agricola. In questa ottica è opportuno avvalersi delle opportunità che derivano dall applicazione sul territorio della PAC, del PSR e della normativa vigente come per esempio le forme di razionalizzazione del prelievo venatorio e la possibilità di stipulare convenzioni direttamente con gli imprenditori agricoli per servizi di rilevanza ambientale. Si ritiene anche opportuno incentivare, con la collaborazione dell ATC Fi4 e delle Associazioni Venatorie, la realizzazione di nuove aree da utilizzare per l irradiamento della lepre e del fagiano nei territori circostanti, attraverso la realizzazione di strutture di ambientamento,nonchè il miglioramento di quelle esistenti. Analisi GESTIONE FAUNA MIGRATORIA In tutto il territorio, fra le specie più comuni come nidificanti, ritroviamo il Merlo, il Tordo Bottaccio, il Fringuello, il Passero, lo Storno, lo Scricciolo, il Pettirosso, il Codirosso, il Cardellino, la Cinciarella, la Capinera, ecc. Alle specie stanziali ed alle popolazioni residenti si aggiungono, durante il periodo del passo autunnale e primaverile, soggetti provenienti dal Nord- Europa e numerose altre specie migratrici. Riferimento specifico richiede la gestione dello storno che risulta specie non cacciabile e presente in maniera massiccia in tutta l area di pianura e collina e causa di danni alle colture agrarie in particolare a carico dei vigneti, oliveti e frutteti causando ingenti danni economici. Inoltre è presente una zona umida nella piana di Prato che rappresenta una risorsa importante sotto il profilo naturalistico, paesaggistico ed idrogeologico. In ordine all aspetto naturalistico le zone umide hanno una grande importanza sia per la presenza di un elevato numero di specie per unità di superficie, dovuta alla notevole e varia produzione primaria, sia per particolari biocenosi che si instaurano, caratterizzate da adattamenti biologici di notevole interesse. Dal punto di vista idrogeologico l importanza delle zone umide consiste nella possibilità di sfruttamento ai fini della regimazione delle acque in caso di piogge persistenti. Metodi di monitoraggio Per la fauna migratoria si ritiene utile promuovere azioni di conteggio o monitoraggio dell avifauna migratoria e in particolare delle specie di anatidi, dei turdidi, dello storno, del colombaccio e della beccaccia, facendo riferimento alle metodologie suggerite dall ISPRA nelle proprie pubblicazioni tecniche o alle metodologie applicate dal COT (Centro Ornitologico Toscano). Proposte gestionali Ai fini di una corretta gestione della fauna migratrice occorre approfondire il più possibile la conoscenza dei flussi migratori, attivare a livello provinciale adeguate strategie di miglioramento ambientale negli istituti faunistici pubblici nonché all interno delle Zone di Rispetto Venatorio e valutare i dati di monitoraggio dei prelievi risultanti dalla lettura dei tesserini venatori. In merito alle aree dove non è possibile la collocazione degli appostamenti fissi, ai sensi di quanto disposto negli indirizzi regionali di programmazione faunistico-venatoria, la Provincia di Prato aveva individuato con il precedente piano faunistico una fascia di 250 metri in destra e 250 metri in sinistra dalla linea di spartiacque che a partire dal confine della Riserva Naturale Acquerino- Pag. 34 di 43

35 Cantagallo, in prossimità del valico della Rasa, raggiunge la località Tabernacolo, il tutto nel Comune di Cantagallo. Tale area di interdizione verrà confermata con l approvazione del presente piano. Analisi SPECIE PREDATRICI IL LUPO Il Lupo rappresenta il più importante predatore selvatico dei nostri ecosistemi e risulta presente sui crinali appenninici della Val di Bisenzio. Ai sensi della L.157/92 il lupo rientra tra le specie particolarmente protette. Il conflitto con il settore zootecnico Il lupo, fino alla seconda metà degli anni 90, si concentrava nelle zone prossime al crinale appenninico mentre nei primi anni 2000 si è assistito ad una crescita del fenomeno, sia da un punto di vista numerico che geografico, con casi di attacco anche nelle zone prossimali ai centri abitati di tutta la provincia e incidenza sul patrocinio zootecnico rilevante. La normativa relativa ai danni al settore zootecnico è stata modificata nel 2006 (Legge regionale 4 febbraio 2005 n. 26, Tutela del patrimonio zootecnico soggetto a predazione ) e non prevede più un indennizzo dei danni da predatori erogato dagli Enti locali ma introduce un contributo agli allevatori per dotarsi di assicurazioni per fronteggiare il fenomeno della predazione da lupo, attraverso il CODIPRA (Consorzio Difesa produzioni Agricole Toscana). Vengono mantenuti, nell ambito dei finanziamenti concessi attraverso la normativa citata ed il PSR, aiuti per la realizzazione o l acquisto di opere e strumenti di prevenzione, come recinzioni, sistemi di videosorveglianza, cani, adeguamento di stalle ed ovili. Interventi gestionali Se per quanto riguarda il contesto appenninico la specie non crea problemi, ed anzi contribuisce positivamente ad un controllo selettivo delle popolazioni di Ungulati selvatici, la presenza del predatore in ambiente collinare, vallivo e periurbano ha creato forti disagi e malumori che si sono concretizzati in richieste formali di intervento da parte dell Amministrazione, avanzati da cittadini, allevatori e dalle Associazioni di categoria del settore agricolo. Per quanto riguarda i possibili interventi gestionali di contenimento della specie finalizzati a ridurre il conflitto con il settore zootecnico, è da considerare che questi non possono al momento essere intrapresi, proprio per lo status giuridico della specie. Interventi attivi come gli abbattimenti potrebbero essere effettuati solo in deroga alla Convenzione di Berna, quindi a fronte di un iter autorizzativo molto complesso, già tentato con insuccesso da parte di altre Regioni; azioni di traslocazione di individui problematici pongono meno problemi autorizzativi, ma sono di difficile attuazione vista la mancanza di aree sufficientemente vaste e isolate dove rilasciare gli individui catturati, e discutibili sotto il profilo dell efficacia e dei costi. Una considerazione specifica deve essere rivolta al problema dell ibridazione tra lupo e cane che appare come un fenomeno molto diffuso in grado di creare sciami ibridi. Sarà necessario approfondire le conoscenze e definire degli interventi in linea con le direttive nazionali che verranno fornite a questa Amministrazione dagli enti preposti. Fra le altre specie predatrici più comuni vanno segnalati la volpe e i corvidi. In particolare la volpe risulta essere presente nella quasi totalità del territorio provinciale a causa della versatilità nelle sue abitudini alimentari non specializzate e nella capacità di trovare rifugio ovunque. Pag. 35 di 43

36 Le aree molto varie con zone boscate fittamente frammiste a pascoli sono di solito quelle dove si trovano le densità più alte, pur considerando la tendenza attuale della volpe ad alimentarsi presso i luoghi di stoccaggio dei rifiuti urbani che quindi vedono un innalzamento della densità di questa specie. Per quanto riguarda i corvidi si riscontra la notevole presenza di cornacchie grigie, che, per la loro natura di specie onnivora con tendenza a predare piccoli vertebrati e uova, ha creato problemi alla riproduzione naturale, in particolar modo, del fagiano. La massima concentrazione di individui viene comunque riscontrata, come per la volpe, nei luoghi di stoccaggio dei rifiuti urbani. All interno delle zone di ripopolamento e cattura, al fine di salvaguardare la riproduzione delle specie in indirizzo, sono stati realizzati interventi di controllo di volpe e cornacchia grigia. Metodi di monitoraggio Per la volpe si prevede di adottare i seguenti metodi di monitoraggio: stima di densità e presenze assolute attraverso censimenti notturni con il faro nelle ZRC e ZRV e Istituti Privati e conteggio delle tane occupate e attive dal punto di vista della riproduzione. Per i corvidi (cornacchia grigia e gazza) si prevede di adottare i seguenti metodi di monitoraggio: nelle ZRC e ZRV stima delle coppie riproduttive presenti attraverso il conteggio assoluto o relativo dei nidi attivi in periodo primaverile e censimenti a vista invernali su percorsi o da punti fissi; Per quanto attiene al lupo è necessario implementare azioni di verifica numerica delle popolazioni presenti nel territorio provinciale attraverso metodi di rilevamento diretto (risposte a richiami registrati, analisi genetiche degli escrementi e fototrappolaggio) o indiretto (avvistamenti da parte di cacciatori di selezione o squadre di caccia al cinghiale, episodi di predazione). Criteri gestionali per i selvatici diversi dagli ungulati Oltre all esubero degli ungulati sono da affrontare con decisione i problemi determinati dall eccessiva presenza di predatori (cani randagi e lupi) e di altre specie dannose (storni, piccioni, etc). Il piccione di città, presente in maniera uniforme in tutta l area di pianura e collina, è una specie il cui impatto ambientale interessa diversi aspetti della vita sociale, sia in ambito rurale che urbano, comportando danni alle colture agrarie e danni di natura igienico-sanitaria, e per il quale sono stati messi in atto interventi di controllo finalizzati alla salvaguardia delle colture agrarie. Per quanto riguarda il piccione si prevede di proseguire con gli interventi di contenimento numerico. Nella piana di Prato sono anche presenti popolazioni di nutria, specie alloctona ed invasiva, che troviamo insediata nei principali corsi d acqua (Bisenzio, Ombrone, ecc.) e che con le loro tane causano danni a alle opere idrauliche e alle colture agricole che vengono usate come alimento. In riferimento alla nutria verrà valutata l opportunità di procedere all adozione di un piano di controllo legato alla salvaguardia delle opere idrauliche e delle coltivazioni agrarie. SICUREZZA NELL ESERCIZIO VENATORIO E NELLE OPERAZIONI DI CONTROLLO FAUNISTICO La tutela della sicurezza dei cacciatori e degli altri fruitori del territorio deve essere sempre obiettivo prioritario della pubblica amministrazione. Nel corso dell attuazione del presente piano sarà garantita ai cacciatori idonea informazione e vigilanza affinché sia rispettato l obbligo di utilizzare indumenti ad alta visibilità. Pag. 36 di 43

37 Le norme di sicurezza per lo svolgimento della caccia e del controllo numerico degli ungulati sono state inserite nel Regolamento di gestione faunistico-venatoria degli ungulati approvato con Deliberazione C.P. n. 39 del 04/07/2012. DANNI ALLE COLTURE AGRARIE Il problema dei danni arrecati dalla selvaggina alle produzioni agricole è sicuramente un fenomeno che sta diventando sempre più grave e di difficile soluzione. In Provincia di Prato, grazie anche alle caratteristiche del territorio ed alla ridotta estensione delle colture agricole, i danni, come valore complessivo, risultano abbastanza contenuti, risultando, come desumibile dalla tabella successiva, pari allo 0,83 % del valore medio per il periodo quale rapporto tra l importo di quelli liquidati sul territorio provinciale e quelli dell intera regione. Dalla analisi dei dati risulta che vi è stato un picco nella quantificazione dei danni nel corso del 2008 pari a e con una media del periodo di , con preponderanza dei danneggiamenti causati in primis dalla specie cervo appenninico (pari al 36,2%), seguito dalla specie cinghiale che si attesta al 23,6%. Si rileva altresì che gli importi indennizzati negli ultimi tre anni sono risultati inferiori alla media del periodo indicato anche in relazione all attuazione di interventi di prevenzione operati dalla ATC Fi 4 e dalle squadre di caccia al cinghiale in battuta nonché dall effettuazione degli abbattimenti di controllo sia nelle aree vocate che in quelle non vocate che hanno permesso complessivamente di contenere il fenomeno dei danni stessi. Il grafico che segue riporta l andamento dell indennizzo dei danni sul territorio provinciale nel periodo : Danni alle colture agrarie nel periodo Importo in Anni Si riportano di seguito i dati relativi al raffronto tra il totale regionale ed il totale del territorio provinciale dei danni alle colture agrarie, nonché i relativi valori medi del periodo : Pag. 37 di 43

38 Territorio media Regione toscana Prato % Prato/Reg ione toscana 0,65 0,63 0,70 1,54 0,90 0,54 0,83 Si riportano di seguito i dati relativi al totale dei danni sul territorio provinciale nel periodo suddivisi per singola specie, nonché i relativi valori medi e le percentuali di dannosità, sia in forma di tabella che di grafico: specie media % dannosità per specie capriolo ,0% cervo ,2% cinghiale ,6% daino ,4% Ungulati ,7% n.d. fagiano ,7% istrice ,7% lepre ,1% tasso ,2% columbidi ,8% Corvidi ,2% merlo ,5% passero ,6% storno ,9% Avifauna n.d. Totali per anno ,6% % Pag. 38 di 43

39 Valore medio danni alle colture agrarie nel periodo Ripartizione percentuale per specie 2% 0% cinghiale 5% 1% capriolo 4% 1% cervo fagiano 1% 10% 24% istrice 0% lepre 0% tasso ungulati n.d. 3% columbidi 10% 4% corvidi merlo 35% passero storno avifauna n.d. daino Proposte gestionali In riferimento alle modalità ed ai criteri relativi alle procedure di accertamento e liquidazione del risarcimento danni alle colture agrarie e di realizzazione degli interventi di prevenzione si ritiene opportuno recepire integralmente le indicazioni riportate nel PRAF nella sezione Criteri e modalità per la prevenzione e per il risarcimento danni in favore degli imprenditori agricoli per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate sui fondi, richiedendo altresì l applicazione delle medesime procedure all A.T.C. Firenze 4 per il territorio della Provincia di Prato in essa inserito, provvedendo in tale contesto a gestire la banca dati georeferenziati prevista dal PRAF. In riferimento ai danni da ungulati causati a carico di agricoltori non professionali i Comuni potranno raccogliere segnalazioni per acquisire maggiore conoscenza del fenomeno stesso. DEROGHE AI TERMINI DI APERTURA E DI CHIUSURA DELLA CACCIA Si richiede, per l intero territorio provinciale, l applicazione dell art. 18 comma 2 della L. 157/92 e dell art. 8 comma 5 della L.R. 3/94 in riferimento alla deroga ai termini di apertura e chiusura della caccia alle seguenti specie: Tortora (Streptopelia Turtur), Colombaccio, Merlo, Ghiandaia, Cornacchia Grigia, Alzavola, Marzaiola e Germano Reale. Pag. 39 di 43

40 INDIVIDUAZIONE DI INTERVENTI E PROTOCOLLI DI ATTUAZIONE DEI MIGLIORAMENTI AMBIENTALI Dal punto di vista faunistico la capacità ricettiva di un territorio è il risultato di una serie di caratteristiche ambientali intrinseche capaci di sostenere un determinato numero di soggetti appartenenti alle diverse specie selvatiche. Uno degli obiettivi del piano faunistico venatorio è quello di favorire l'incremento della presenza della selvaggina attraverso il recupero ed il ripristino di ecosistemi degradati. Lo scopo dei miglioramenti ambientali è quello di indurre un generalizzato incremento della diversità e della densità delle zoocenosi che perduri il più a lungo possibile. L'attuale legislazione nazionale, regionale e comunitaria offre possibilità di intervento per la diffusione dei miglioramenti ambientali a fini faunistici. In particolare la L.R. 3/94 prevede che le Province possano finanziare, attraverso l utilizzo dell apposito fondo regionale, interventi di miglioramento ambientale per tramite dei Comitati di Gestione degli A.T.C.. In questa ottica la Provincia di Prato trasferisce annualmente, così come previsto dall art. 48 della L.R. 3/94, il finanziamento regionale suddetto al Comitato di Gestione dell A.T.C. competente per territorio, approvando preventivamente le tipologie di intervento finanziabili che sono riconducibili ai seguenti punti: 1) mantenimento e/o ripristino degli elementi fissi del paesaggio: siepi, fasce di arbusti, frangivento, vecchie sistemazioni agricole, laghetti, ecc.; 2) semina di colture a perdere e/o rinuncia alla raccolta di coltivazioni idonee all'alimentazione della fauna selvatica su appezzamenti inferiori ad 1 ha; 3) incremento e/o conservazione delle superfici ad incolto poste in ambienti ad agricoltura intensiva, 4) predisposizione di punti di alimentazione e di abbeverata da rifornire nei periodi di maggiore carenza idrica od alimentare (ad eccezione di interventi mirati per la specie cinghiale); 5) modificazione dei sistemi di coltivazione, attraverso una maggiore frammentazione degli appezzamenti e delle colture, ripristino o adozione di rotazioni colturali con cereali autunno vernini e foraggere, ricorso a lavorazioni minime del terreno ed a tecniche di agricoltura biologica; 6) ripulitura di prati e pascoli da essenze erbacee infestanti e non appetite dalla selvaggina su appezzamenti di superficie non superiore a 3 ha; 7) riduzione dell'impiego dei fitofarmaci più dannosi alla fauna selvatica, astensione dalle irrorazioni delle tare aziendali, dei fossati, dei ciglioni, delle scoline, dei frangivento, dei boschetti, dei confini tra una coltura ed un'altra, per una larghezza da 4 a 6 m; 8) posticipazione dello sfalcio o dell'eventuale sovescio della vegetazione spontanea presente nelle tare aziendali e nei terreni ritirati dalla produzione a dopo la metà di luglio; 9) posticipazione dell'aratura o dell'interramento delle stoppie con eliminazione della bruciatura delle medesime; 10) adozione di misure salvaguardia della fauna selvatica durante le operazioni di sfalcio e di raccolta dei foraggi, di mietitura dei cereali (adozione di barre d involo e taglio ad iniziare dal centro dell'appezzamento); 11) predisposizione di fasce permanenti di vegetazione erbacea od arbustiva (20-30 m.) come separazione tra aree coltivate intensivamente e bacini idrici naturali od artificiali. Il finanziamento dei suddetti interventi non dovrà riguardare progetti relativi ad aziende faunisticovenatorie, aree addestramento cani, aziende agrituristico venatorie, centri privati di riproduzione di fauna selvatica in quanto istituti soggetti a gestione privata. Pag. 40 di 43

41 VIGILANZA VENATORIA La vigilanza in materia di fauna selvatica e caccia è ampiamente regolamentata dalle leggi di settore. Per competenza la Polizia Provinciale è il corpo deputato allo svolgimento del servizio di vigilanza e controllo ai sensi dell art. 51 L.R. 3/94. La norma prevede anche che la vigilanza possa essere esercitata, oltre che da tutti gli agenti di polizia giudiziaria, anche da guardie giurate venatorie volontarie (dell associazionismo venatorio, agricolo e ambientalista) di cui all art. 52 L.R. 3/94, dalle GAV (Guardie Ambientali Volontarie ai sensi della L.R. 7/98) e dalle Guardie Giurate Volontarie (GGV). Oltre alle attività di vigilanza e controllo sul territorio cacciabile e negli istituti faunistici, alla Polizia Provinciale sono demandate anche le attività di controllo e abbattimento di fauna selvatica ai sensi dell art. 37 L.R. 3/94. La Polizia Provinciale si avvale di numerose GGV e GAV, come previsto dalla normativa; negli istituti privati (AFV, AATV, CPRFS e ZAC) operano le Guardie Particolari Giurate alle dipendenze dell istituto. Nelle tabelle seguenti sono riportati i dati relativi alla vigilanza venatoria per gli anni dal 2008 al 2012: Numero di addetti Polizia Provinciale GGV GAV Totali Servizi vigilanza volontaria effettuati GGV nd GAV nd Totali Sanzioni irrogate Sanzioni amministrative Sanzioni penali Sanzioni nd accessorie penali Totali SOCCORSO FAUNA SELVATICA L ambito di operatività degli interventi di soccorso è limitato al campo di applicazione della L. 157/1992, ovvero alle specie di fauna selvatica omeoterma. L attività di soccorso della fauna selvatica omeoterma, derivante dalle competenze attribuite alle Province dalla L.R. 3/94, costituisce Pag. 41 di 43

42 un elemento operativo che si inserisce nel contesto degli interventi e delle funzioni previste dalla stessa norma, aventi come finalità la conservazione delle popolazioni delle specie oggetto di tutela. Una considerazione preventiva all organizzazione del soccorso fauna riguarda lo stabilire il concetto di fauna selvatica in difficoltà o in condizioni di inabilità. Tutte le specie animali selvatiche che vivono in libertà, nell ambiente naturale, sono in grado di condurre vita autonoma e autosufficiente, e svolgono normalmente tutte quelle funzioni biologiche che gli sono proprie, quali il muoversi, il procurarsi il cibo, il riprodursi ecc. Qualsiasi condizione o situazione che comprometta o alteri in misura variabile e in maniera reversibile o permanente questa capacità, mette l animale selvatico in condizioni di difficoltà o di inabilità. L intervento di soccorso si dovrà attivare nei casi in cui, per ragioni connesse alle condizioni fisiche (animale ferito o malato) o legate a circostanze esterne che ne limitino le funzioni biologiche (animali in difficoltà: es. intrappolati in recinzioni, canali ed invasi, ecc ), l animale non sia in grado di tornare autonomamente alla propria vita autosufficiente nell ambiente naturale. Occorre rilevare che i fattori suscettibili di provocare uno stato di difficoltà della fauna, tale da comprometterne la sopravvivenza, possono talora essere ascrivibili a cause naturali, piuttosto che indotte in modo più o meno diretto da azioni od opere di origine antropica. Per quanto possa essere concretamente problematico risalire alla reale causa dello stato di difficoltà dell animale in fase di attivazione degli interventi di soccorso, occorre comunque sottolineare in linea di principio che una certa parte di tali situazioni siano ascrivibili a normali processi ecologici, che si traducono in una dinamica di popolazione caratterizzata da una quota fisiologica di mortalità naturale. E opportuno fare chiarezza su alcuni aspetti all origine di frequenti equivoci circa il presunto stato di difficoltà degli animali, che è spesso all origine di un numero talora esorbitante di segnalazioni ed attivazioni inappropriate del meccanismo di soccorso. Può capitare, infatti, di imbattersi in situazioni di apparente difficoltà o inabilità da parte di un selvatico, oppure in condizioni transitorie di questo tipo, che si risolvono spontaneamente senza bisogno d intervento da parte del soccorritore, o quando addirittura l intervento di quest ultimo potrebbe risultare deleterio. Esempi tipici a questo riguardo possono essere i ritrovamenti di soggetti in giovanissima età (nidiacei o cuccioli) i quali, spesso pur essendo in condizioni di potenziale pericolo, sono comunque sotto il controllo dei genitori e pertanto è sconsigliato il loro prelievo. Per i cuccioli o nidiacei si interviene quindi solo dopo aver verificato la perdita delle cure parentali mediante un periodo di osservazione a distanza, oppure se feriti od in pericolo imminente accertato. A tale proposito è necessario proseguire l attività di informazione del pubblico volta ad indirizzare la cittadinanza verso un approccio corretto nei confronti della fauna selvatica ed a scongiurare comportamenti che possano rivelarsi inutili, se non addirittura dannosi, per la sopravvivenza degli animali; senza dimenticare che il prelievo da parte di privati di uova, nidi, neonati e adulti di fauna selvatica, che non siano evidentemente esposti a grave minaccia, costituisce un atto illegale. In concreto a livello provinciale il servizio si esplica tramite la messa a disposizione di un numero telefonico della Provincia appositamente dedicato a ricevere le segnalazioni relative al ritrovamento di fauna selvatica in difficoltà sul territorio della Provincia di Prato, che viene gestito dal personale provinciale in collaborazione con Guardie Volontarie e Associazioni Ambientaliste. Successivamente alla valutazione circa la necessità dell intervento viene fatto ricorso ai medici veterinari aderenti ad una apposita convenzione stipulata con l Ordine dei Medici Veterinari di Firenze e Prato, in base alla quale l'ordine provvede a inviare, su base mensile, l'elenco dei professionisti disponibili agli interventi che si rendono necessari, i quali ricevono dai cittadini eventuali animali trovati in difficoltà. Qualora i soggetti soccorsi richiedano, oltre alla valutazione e trattamento operato dai Veterinari in fase di primo soccorso, ulteriori cure vengono indirizzati al centro di riabilitazione, che allo stato attuale è il CRUMA (Centro recupero uccelli marini acquatici) con sede in Via delle Sorgenti a Livorno, aderente alla LIPU Lega Italiana Protezione Uccelli. Pag. 42 di 43

43 DETERMINAZIONE PERCENTUALI ISTITUTI FAUNISTICO VENATORI E AREE INTERDETTE ALLA CACCIA Al termine del periodo di programmazione del Piano Faunistico Venatorio Provinciale la ripartizione percentuale degli istituti faunistici individuati dalla L.R. 3/94 era quella di seguito riportata: Piano Faunistico Venatorio Stato finale di attuazione sigla istituto in Superficie in % su SAF divieto di caccia descrizione divieto ZRC zone di ripopolamento e cattura ,95 OASI oasi 0 0,00 ZP zone di protezione art. 14 L.R. 3/ ,49 ZRV sup 150 ha zone di rispetto venatorio di estensione superiore a 150 ha 0 0,00 PN parco nazionale 0 0,00 PP parco provinciale 0 0,00 PR parco regionale 0 0,00 RN riserva nazionale 0 0,00 RP riserva provinciale ,42 ART25 e fc e altri divieti articolo 25 L.R. 3/ ,00 DEM demanio (in divieto di caccia), eccetto quello già incluso in altri istituti a divieto di caccia 211 0,73 CPS centri produzione fauna (pubblici e privati) 0 0,00 TOTALE SUPERFICI IN DIVIETO ,59 SAF provinciale La nuova programmazione del Piano Faunistico Venatorio Provinciale è quella di seguito riportata: Piano Faunistico Venatorio sigla istituto in Superficie in % su SAF divieto di caccia descrizione divieto ZRC zone di ripopolamento e cattura ,52 OASI oasi 0 0,00 ZP zone di protezione art. 14 L.R. 3/ ,55 ZRV sup 150 ha zone di rispetto venatorio di estensione superiore a 150 ha ,66 PN parco nazionale 0 0,00 PP parco provinciale 0 0,00 PR parco regionale 0 0,00 RN riserva nazionale 0 0,00 RP riserva provinciale ,22 ART25 e fc e altri divieti articolo 25 L.R. 3/ ,01 DEM demanio (in divieto di caccia), eccetto quello già incluso in altri istituti a divieto di caccia 211 0,70 CPS centri produzione fauna (pubblici e privati) 0 0,00 TOTALE SUPERFICI IN DIVIETO ,67 SAF provinciale Pag. 43 di 43

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51 COMPRENSORI O A.C.A.T.E. PI ANO POLI ENNALE DI GESTI ONE DEL CERVO A cura della Commissione Tecnica I nterregionale

52 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. PI ANO POLI ENNALE DI GESTI ONE DEL CERVO Proposta tecnica Autori: Stefano Mattioli, Michele Viliani, Sandro Nicoloso e Francesco Riga Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.2 di pag. 30

53 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. Immagine di copertina di: Andrea Dal Pian Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.3 di pag. 30

54 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. I ndice 1 PREMESSA PI ANO POLI ENNALE DI GESTI ONE COMPRENSORI O ACATE Obbiettivi della gestione Riferimenti normativi Organi di Gestione del Comprensorio ACATE Individuazione dell areale di gestione del cervo ACATE Distribuzione della popolazione Provincia di Bologna Provincia di Firenze Provincia di Prato Provincia di Pistoia Consistenza numerica e densità Areali riproduttivi Mantenimento habitat Uso dello spazio Monitoraggio animali morti per cause diverse I nvestimenti stradali Bracconaggio I NTERVENTI DI RETTI E I NDI RETTI Monitoraggio della popolazione Monitoraggio degli areali Monitoraggio delle consistenze minime accertate Monitoraggio dello sforzo di caccia Monitoraggio degli investimenti stradali Monitoraggio dei capi morti per altre cause Monitoraggio dei danni Monitoraggio biometrico Monitoraggio sanitario Ricerca scientifica Cattura e marcatura Catture e traslocazioni Miglioramenti ambientali Prevenzione dei danni RAPPORTI TRA I SOGGETTI ORGANI ZZAZI ONE DELLA GESTI ONE FAUNI STI CO-VENATORI A Assegnazione dei capi Titolari dell abbattimento Distrettualizzazione Figure gestionali: titoli e ruolo Calendario venatorio Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.4 di pag. 30

55 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. 1 Premessa Il Comprensorio ACATE ha rappresentato la prima esperienza italiana in cui la gestione del cervo ha preso in considerazione la popolazione nel suo insieme, nonostante l areale occupato interessasse diverse amministrazioni e con diversi obbiettivi gestionali: due regioni, quattro province, quattro ATC, due aree protette regionali oltre a diverse aziende a gestione privata. Garantire ad ognuno dei soggetti coinvolti nella gestione il rispetto delle proprie competenze e ruoli, oltre a non venire meno ai principi di legame del cacciatore con il territorio, ha rappresentato una sfida difficile e nello stesso tempo importante nel panorama della gestione faunistico-venatoria del cervo in Italia. Insostituibile il ruolo dell Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, oggi ISPRA, che ha garantito la regia di una operazione complessa sia dal punto di vista amministrativo che dal punto di vista tecnico. Uno dei punti di forza più importanti è stato rappresentato dalle due Commissioni che hanno sorretto l istituzione prima e la gestione poi del Comprensorio: la Commissione di Coordinamento e la Commissione Tecnica. La prima formata da un rappresentante di tutti gli enti che a vario titolo concorrono alla gestione, supportata dalla seconda per gli aspetti squisitamente tecnici. La prima fase di lavoro ha richiesto uno sforzo operativo da parte di tutti i soggetti coinvolti molto grande, in primo luogo per la stesura di un regolamento unico per tutto l areale, nella consapevolezza che le consuetudini locali non sempre erano facilmente raccordabili in un unico progetto gestionale. Un altro elemento di grossa novità, ma non certamente secondario in ordine di importanza, è stata l integrazione delle esigenze delle diverse componenti sociali che vivono sul territorio, con particolare riferimento alle problematiche che il cervo determina sulle attività antropiche. I principali strumenti gestionali previsti dal Regolamento, recepito in modo indipendente dalle due regioni per ovvi motivi, sono due: il Piano Poliennale di Gestione e il Programma annuale di Gestione. Questi due strumenti, al pari di quanto avviene per i Piani Faunistici Provinciali, contengono rispettivamente le linee guida a medio termine della gestione per un periodo di 5 anni, e gli strumenti per il perseguimento degli obbiettivi stabiliti. Il tutto secondo un principio sancito dal protocollo d intesa stipulato dalle due regioni alla nascita del comprensorio: la conservazione nel tempo ed il mantenimento delle caratteristiche naturali in termini di struttura demografica delle popolazioni di cervo dell'appennino Tosco-Emiliano. A distanza di nove anni dall avvio della gestione i risultati sono più che evidenti, quasi capi prelevati (dato aggiornato alla stagione venatoria ) mediante prelievo selettivo per classi di sesso ed età, stabilizzazione delle densità e riduzione locale delle stesse laddove necessario, monitoraggio unitario della popolazione, raccolta di misure biometriche e Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.5 di pag. 30

56 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. e studio della fertilità solo per citare i principali. Il modello gestionale del Comprensorio ACATE rappresenta attualmente un punto di riferimento per diverse realtà, anche alla luce delle nuove conoscenze acquisite con recenti autorevoli studi sulla mobilità del cervo nell arco delle stagioni: è parere unanime che il vecchio modello gestionale delle Alpi mutuato da quello del capriolo basato sulle Riserve Comunali di caccia non è applicabile al cervo. L esperienza maturata ha permesso anche di acquisire una serie di informazioni che hanno portato attualmente alla riscrittura dei nuovi regolamenti regionali, già approvati dalla Regione Emilia Romagna e dalla Regione Toscana. Il nuovo approccio prevede che vengano mantenuti all interno dei regolamenti le azioni più importanti per la gestione unitaria della specie, che vengono oggi estese a tutte le popolazioni di cervo presenti sul territorio delle due regioni, lasciando agli altri strumenti gestionale, con particolare riferimento al Piano Poliennale, il compito di definire nel dettaglio le strategie gestionali specifiche di ogni singola popolazione in virtù delle sue peculiarità. Questo elemento di novità permetterà di seguire con maggiore attenzione le singole realtà gestionali in funzione delle esigenze specifiche che dovranno tenere conto in linea prioritaria dello status evolutivo della popolazione, delle problematiche legate all impatto alle attività antropiche oltre che alle consuetudini gestionali degli ATC coinvolti, il tutto naturalmente senza trascurare l obbiettivo gestionale comune. Il presente documento contiene pertanto, oltre agli obbiettivi gestionali del medio periodo, anche tutti gli elementi di cui sono stati spogliati i Regolamenti Regionali, ma che continuano a rappresentare i punti di forza caratteristici della gestione unitaria del Comprensorio ACATE. Al fine di richiamare l attenzione sui contenuti del Piano poliennale di gestione del Programma Annuale si riporta integralmente i punti dei regolamenti approvati dalle Regioni Emilia-Romagna e Toscana sulla gestione del cervo appenninico; tali articoli, pur apparentemente diversi per numero progressivo e articolazione, hanno i medesimi contenuti. Regolamento per la gestione del cervo Regione Toscana Art. 6 Strumenti di gestione delle popolazioni 1. Gli strumenti di gestione delle popolazioni di cervo appenninico sono il piano poliennale di gestione e il programma annuale operativo. 2. Il piano poliennale di gestione è lo strumento di programmazione per la gestione faunistico-venatoria nell ambito di ciascun comprensorio. Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.6 di pag. 30

57 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. 3. Il programma annuale operativo è lo strumento che indica le attività gestionali necessarie per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano poliennale di gestione. Art. 7 Piano poliennale di gestione 1. La gestione faunistico-venatoria della popolazione di cervo nell'ambito di ciascun comprensorio si realizza con l'attuazione di un piano poliennale di gestione. 2. Nel piano poliennale di gestione sono definiti: a) gli obiettivi della gestione a breve, medio e lungo termine finalizzati alla conservazione della specie in un rapporto di compatibilità con le attività agro-silvo-pastorali; b) gli interventi diretti ed indiretti da realizzarsi sulla popolazione in rapporto con il territorio ospite; c) l'organizzazione della gestione faunistica e venatoria nel comprensorio tenuto conto dei regolamenti provinciali. Art. 8 Programma annuale operativo 1. La commissione tecnica, sulla base dei contenuti del piano poliennale di gestione e della relazione annuale relativa all attività svolta, tenuto conto degli obiettivi raggiunti e delle problematiche riscontrate, propone il programma annuale operativo alla commissione di coordinamento che ne valuta la corrispondenza al piano poliennale di gestione. 2. Il programma annuale operativo contiene: a) l'individuazione cartografica e l'aggiornamento dell areale riproduttivo e annuale della popolazione; b) l'individuazione dei distretti di gestione, delle zone e sub-zone di prelievo, suddivisi per singola provincia e di dimensione sub-provinciale; c) le attività necessarie alla valutazione della consistenza e della struttura della popolazione; d) il programma delle analisi previste per valutare le condizioni sanitarie e le caratteristiche biometriche della popolazione; e) i tempi e i metodi di raccolta dei dati inerenti l'impatto della specie sulle attività antropiche ivi compresi i dati relativi agli incidenti stradali; f) l'organizzazione della gestione faunistico-venatoria dei distretti di gestione; g) la definizione cartografica e progettuale degli interventi previsti di miglioramento ambientale e di prevenzione dei danni alle produzioni agricole; h) l'eventuale piano di prelievo venatorio; i) gli eventuali interventi di cattura. Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.7 di pag. 30

58 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. 3. Nel programma annuale operativo vengono individuati, d intesa con gli ATC, i soggetti responsabili delle attività previste nonché definiti le modalità e i tempi per la realizzazione delle attività stesse. Regolamento per la gestione degli ungulati Regione Emilia Romagna Articolo 9 Strumenti di gestione delle popolazioni di cervo 1. La gestione faunistico-venatoria della popolazione di cervo nell'ambito di ciascun comprensorio si realizza con l'attuazione di un Piano poliennale di gestione, proposto dalla Commissione tecnica sulla base delle indicazioni fornite dalla Commissione di coordinamento. Tale Piano è parte integrante del Piano faunistico-venatorio di ciascuna delle Province coinvolte nella gestione. 2. Nel Piano poliennale di gestione devono essere definiti: a) gli obiettivi della gestione a breve, medio e lungo termine finalizzati alla conservazione della specie in un rapporto di compatibilità con le attività agrosilvo-pastorali; b) gli interventi diretti ed indiretti da realizzarsi sulla popolazione in rapporto con il territorio ospite; c) l'organizzazione della gestione faunistico-venatoria del cervo nel comprensorio. 3. La Commissione tecnica, sulla base dei contenuti di una relazione annuale relativa all attività svolta, agli obiettivi raggiunti e alle problematiche riscontrate, propone alla Commissione di coordinamento un Programma annuale operativo, che costituisce lo strumento di attuazione delle attività gestionali necessarie per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano poliennale di gestione. 4. Il Programma annuale operativo, che viene approvato dalle Province, contiene: a) l'individuazione cartografica e l'aggiornamento degli areali riproduttivo e annuale della popolazione; b) l'individuazione dei distretti di gestione, delle zone e sub-zone di prelievo, suddivisi per singola Provincia (dimensione sub-provinciale); c) le attività necessarie alla valutazione della consistenza e della struttura della popolazione; d) il programma delle analisi previste per valutare le condizioni sanitarie e le caratteristiche biometriche della popolazione; Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.8 di pag. 30

59 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. e) i tempi e i metodi di raccolta dei dati inerenti l'impatto della specie sulle attività antropiche; f) l'organizzazione della gestione faunistico-venatoria dei distretti di gestione; g) la definizione cartografica e progettuale degli interventi previsti di miglioramento ambientale e di prevenzione dei danni alle produzioni agricole; h) l'eventuale piano di prelievo venatorio; i) gli eventuali interventi di cattura. 5. Nel Programma annuale vengono definiti inoltre i soggetti responsabili delle attività di cui sopra nonché le modalità e i tempi per la realizzazione delle stesse. Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.9 di pag. 30

60 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. 2 Piano Poliennale di Gestione Comprensorio ACATE 2.1 Obbiettivi della gestione La gestione della popolazione del cervo del Comprensorio ACATE deve essere realizzata secondo il principio della conservazione della specie nel tempo ed il mantenimento delle caratteristiche naturali in termini di struttura demografica. Su scala locale può essere prevista l eradicazione della specie qualora vengano ravvisate particolari condizioni per le quali la presenza del cervo non è compatibile con le attività antropiche presenti (aree non idonee alla specie). L eventuale eradicazione, o drastica riduzione, deve essere applicata mediante attività venatoria svolta dai cacciatori abilitati al prelievo selettivo del cervo secondo piani precisi, anche senza ripartizione in classi di sesso e di età (deve comunque essere rispettato il principio del prelievo per tempi biologici, evitando l abbattimento delle femmine nel periodo agosto-dicembre); il perseguimento degli obbiettivi di cui sopra deve essere ripartito in più anni secondo un piano specifico (comunque entro il periodo di validità del piano poliennale). L eventuale piano di eradicazione su scala locale, deve essere definito all interno del Programma Annuale di Gestione predisposto dalle singole amministrazioni Provinciali, e deve essere sottoposto a parere vincolante da parte dell ISPRA e della CCI. Dovranno essere in particolare specificati i tempi e le modalità di prelievo, oltre alle motivazioni oggettive che supportano l intervento (carte dei danni, investimenti stradali, ecc ). I capi prelevati in controllo devono, qualora l area di intervento rientri all interno delle aree storiche tradizionali di prelievo, rientrare tra quelli del piano assegnato annualmente ai singoli ATC; i piani eventualmente attivati all esterno delle aree di cui sopra, o comunque nelle aree non vocate definite dai Piani Faunistici Provinciali, possono essere effettuati al di fuori dei capi assegnati. 2.2 Riferimenti normativi I riferimenti normativi che regolano la gestione del cervo nel Comprensorio ACATE sono: L.N. n. 157 del 1992 e successive modifiche ed integrazioni; leggi regionali di recepimento della L.N. n. 157 del 1992 e successive modifiche ed integrazioni; regolamenti regionali delle regioni Toscana ed Emilia Romagna per la gestione degli ungulati e del cervo (R.R. NR 1 del 2008-D.P.G.R /R del 2008); Piano poliennale di Gestione del Comprensorio ACATE; Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.10 di pag. 30

61 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. Programma annuale di gestione del Comprensorio ACATE; regolamenti provinciali di recepimento dei regolamenti regionali di cui al punto precedente; regolamenti di recepimento da parte degli Ambiti Territoriali di caccia dei regolamenti di cui ai punti precedenti. Le infrazioni e gli inadempimenti dei suddetti regolamenti e normative, costituiscono elementi di valutazione per la definizione delle graduatorie di merito, fatte salve le sanzioni penali ed amministrative che derivano da illeciti in materia venatoria, dei quali può essere comunque tenuto conto per eventuali sanzioni disciplinari o di esclusione dagli abbattimenti per uno o più anni. 2.3 Organi di Gestione del Comprensorio ACATE Per la stesura e approvazione dei documenti gestionali, oltre alla verifica del rispetto degli stessi, viene individuato quale organo gestionale la Commissione di Coordinamento I nterregionale. Fanno parte della Commissione Interregionale di Coordinamento, da qui in avanti chiamata CCI, le seguenti figure: 1 rappresentante della Regione Toscana ed 1 rappresentante della Regione Emilia Romagna; 1 rappresentante per ognuna delle Provincie di Bologna, Firenze, Prato e Pistoia; 1 rappresentante per il Parco Regionale dei Laghi di Suviana e Brasimone; 1 rappresentante per il Parco Storico di Monte Sole; 1 rappresentante per gli Ambiti Territoriali di Caccia di Bologna 2 e Bologna 3, Firenze 4 e Pistoia 16; I rappresentanti, al fine di garantire la massima continuità operativa, rimangono in carica per l intero periodo di validità del Piano Poliennale, fatte salve le sostituzioni che derivano da problemi istituzionali. La CCI si riunisce periodicamente per l approvazione dei documenti e la verifica del rispetto degli obbiettivi gestionali. Per ogni seduta deve essere redatto apposito verbale. La CCI, si avvale della consulenza di una Commissione Tecnica I nterregionale composta da un tecnico per ognuna delle Province appartenenti al Comprensorio. I tecnici che compongono la CTI devono avere un curriculum adeguato all impegno previsto con particolare riferimento a pregresse esperienze nella gestione di popolazioni di cervo; il Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.11 di pag. 30

62 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. curriculum deve essere valutato dall ISPRA e approvato dalla CCI. Per le Provincie di Firenze e Prato, che hanno un unico ATC interessato alla gestione, il tecnico può essere unico. I tecnici, nominati dalle province con apposito decreto, rimangono in carica per l intero periodo di validità del Piano Poliennale, fatte salve eventuali sostituzioni che derivano da motivi istituzionali. La CTI nomina un suo coordinatore e si riunisce periodicamente per predisporre i documenti gestionali, organizzare la gestione dal punto di vista tecnico e analizzare i risultati della gestione. Per ogni seduta deve essere redatto apposito verbale. Annualmente la CTI fornisce alla CCI un resoconto annuale della gestione, e predispone un documento finale al termine del periodo di validità del Piano Poliennale. 2.4 I ndividuazione dell areale di gestione del cervo ACATE La gestione del cervo del Comprensorio ACATE per il periodo di validità del Piano Poliennale di Gestione interessa l intera Provincia di Bologna, l intera Provincia di Pistoia, l intera Provincia di Prato e la porzione nord-occidentale della Provincia di Firenze individuata con le zone n. 1 e 2 del Distretto del cervo (vedi Monitoraggi della popolazione del cervo della Provincia di Firenze anni 2007 e 2008 M. Viliani). Per le Provincie di Bologna, Prato e Pistoia si intende tutta la porzione di territorio attualmente interessata dalla presenza del cervo, e dalle eventuali espansioni che il cervo potrà avere nel prossimo periodo di validità del Piano Poliennale; per la Provincia di Firenze si intende tutta la porzione di territorio compresa nelle zone 1 e 2 e le eventuali espansioni che il cervo potrà avere nel prossimo periodo di validità del Piano Poliennale a sud degli stessi al confine con la Provincia di Prato e ad est con la popolazione orientale del cervo delle Foreste Casentinesi. Nella tavola 2.1 è possibile visualizzare l areale di gestione del Comprensorio ACATE per il periodo considerato. Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.12 di pag. 30

63 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. Tavola 2.1: inquadramento generale dell ambito di applicazione del PPG del Comprensorio ACATE Sempre per fornire un inquadramento dell areale di applicazione del Piano Poliennale di Gestione (PPG) del Comprensorio ACATE, nella tavola 2.2 è possibile visualizzare l areale del cervo aggiornato al 2008, pari a chilometri quadrati. Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.13 di pag. 30

64 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. Tavola 2.2: areale distributivo del cervo del Comprensorio ACATE aggiornato al Distribuzione della popolazione La pianificazione dell espansione territoriale del cervo all interno delle province del Comprensorio ACATE potrà essere favorita in alcune direttrici ma dovrà essere ostacolata in altre. In particolare dovrà essere favorita l espansione della popolazione lungo la dorsale appenninica e in quelle zone dove la presenza può rappresentare un arricchimento delle biocenosi senza interferire in modo marcato con le attività antropiche. L espansione dovrà essere favorita mediante piani di prelievo conservativi e con percentuali al disotto dell incremento utile annuo, mentre nelle aree in cui la presenza del cervo dovrà essere disincentivata, sarà possibile applicare piani di prelievo non conservativi; sarà opportuno prevedere fasce cuscinetto dove applicare piani di prelievo conservativi mirati a stabilizzare le Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.14 di pag. 30

65 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. le consistenze mediante prelievi pari all incremento utile annuo stimato. Di seguito il dettaglio per le diverse realtà territoriali Provincia di Bologna In base all analisi di idoneità ambientale agro-forestale contenuta nella Carta delle Vocazioni Faunistiche della Regione Emilia-Romagna e in linea con gli indirizzi del Piano Faunistico-Venatorio Provinciale vigente, in Provincia di Bologna il cervo potrà espandere il proprio areale in tutta la porzione sud occidentale caratterizzata da ambiente montuoso (in direzione del Parco Regionale del Corno alle Scale); potrà inoltre occupare la porzione sudorientale verso nord nella fascia sub-montana. Deve essere disincentivata l espansione verso nord al di sotto del piano alto-collinare, per la presenza di colture di pregio Provincia di Firenze In Provincia di Firenze potrà verificarsi l espansione della specie lungo la dorsale appenninica fino a congiungersi con la popolazione delle Foreste Casentinesi (zona 4 e zona 5 del distretto del cervo di Firenze) Provincia di Prato In Provincia di Prato potrà verificarsi l espansione della specie sui monti della Calvana; verso sud deve essere disincentivata l espansione al di sotto del piano collinare Provincia di Pistoia In Provincia di Pistoia potrà essere favorita l espansione della specie a occidente fino al confine con la Provincia di Lucca; verso sud deve essere disincentivata l espansione al di sotto del piano collinare. Dovrà essere disincentivata l espansione nell area del Montalbano. 2.6 Consistenza numerica e densità La biologia del cervo, ed in particolare l elevata mobilità nel corso delle stagioni ed in funzione delle disponibilità trofiche, rendono di fatto impossibile definire densità obbiettivo, in quanto questo parametro può raggiungere temporalmente e localmente valori molto elevati anche in presenza di consistenze numeriche ridotte di cervo. L obbiettivo a medio termine, nel periodo di validità del PPG, sarà quello di ridurre la popolazione in modo tale da minimizzare le conflittualità potenziali tra attività economiche e cervo; tale obbiettivo di contenimento dovrà essere differenziato a seconda delle aree tenendo in attenta considerazione le problematiche legate al conflitto cervo-attività Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.15 di pag. 30

66 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. antropiche, ma complessivamente sull intero areale non si dovrà scendere sotto una densità di 1,5 capi ogni 100 ha. Su scala subprovinciale, comunque su superfici continue di dimensioni mai inferiori ai ha, sarà possibile fissare obbiettivi specifici a seconda dell idoneità ambientale e del rischio di impatto con le attività antropiche. Le aree a densità obiettivo omogenea devono essere disposte secondo più piani altitudinali in modo da comprendere i possibili spostamenti stagionali dei cervi. Per la Provincia di Bologna il Piano Faunistico-Venatorio prevede una razionalizzazione delle presenze del cervo sul territorio secondo il grado di sostenibilità economica e sociale. Il piano prevede di modulare le presenze secondo quattro fasce a diversa consistenze obiettivo: una fascia relativamente più alta nel settore di alta e medioalta montagna, una fascia intermedia nel settore di medio-bassa montagna e una più bassa nel settore di bassa montagna e alta collina; a queste si aggiunge una fascia basso-collinare in prossimità delle aree urbanizzate e con colture specializzate (vigneti, frutteti) in cui il Piano non ammette presenze stabili del cervo. Questa riorganizzazione delle presenze attraverso fasce altitudinali va naturalmente intesa non in senso letterale: sarebbe impossibile mantenere intervalli di densità gradualmente più bassi in una specie molto mobile con spostamenti altitudinali ad ampio raggio. La semplificazione gestionale deve servire a guidare le pressioni di prelievo per zona secondo modalità congrue con l idoneità ambientale e la tollerabilità economica. I piani di prelievo del cervo devono cioè essere modulati in modo da ricalibrare le presenze secondo il grado di naturalità del territorio, con l obiettivo di rendere il cervo più tollerato di quanto non sia attualmente. Per la provincia di Pistoia il Piano Faunistico Venatorio attualmente in vigore non prevede la presenza del cervo al di sotto della fascia collinare ed in particolare nelle aree in cui si concentra l attività di floro-vivaismo, pertanto in quelle aree potranno essere previsti piani di eradicazione della specie qualora venga rilevata la presenza anche solo occasionale della specie. Nelle aree a maggiore vocazionalità agricole, dovranno essere concentrati i prelievi in modo da ridurre localmente le consistenze. Per la Provincia di Prato dovrà essere limitata la presenza nelle nei territori collinari in presenza di coltivazioni specializzate ad olivo che hanno riscontrato negli anni passati i maggiori danni al patrimonio agricolo. In tali aree i prelievi dovranno essere più incisivi allo scopo di ridurre localmente la presenza e le consistenze. Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.16 di pag. 30

67 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. 2.7 Areali riproduttivi La salvaguardia degli areali riproduttivi è fondamentale per la conservazione della popolazione. La protezione dei quartieri di bramito periferici è poi un elemento importante per favorire una distribuzione meno concentrata e impattante degli animali nella delicata fase riproduttiva. Pertanto nell ambito di validità del PPG dovranno essere cartografati accuratamente tutti gli areali riproduttivi al fine di pianificare gli interventi mirati al loro monitoraggio ed alla loro salvaguardia mediante interventi di mitigazione del disturbo antropico oltre che venatorio. In particolare dovranno essere definiti calendari venatori che non permettano il prelievo del cervo all interno dei quartieri riproduttivi nel picco della stagione riproduttiva ed in particolare dal 15 di settembre fino al 5 di ottobre. In aree protette interessate da aree tradizionali di parto o di bramito dovranno essere studiati sistemi per alleggerire il disturbo umano durante il culmine delle nascite e degli amori. Nella tavola 2.3 è possibile visualizzare l areale riproduttivo del cervo aggiornato al Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.17 di pag. 30

68 Piano Poliennale di Gestione del cervo nel Comprensorio A.C.A.T.E. Tavola 2.3: areale riproduttivo e distributivo del cervo del Comprensorio ACATE aggiornato al 2008 Per i due areali disgiunti della fascia collinare della Provincia di Bologna, si specifica che la maglia che indica attività riproduttiva ha il solo scopo di evidenziare che è stata rilevata la presenza di maschi adulti, ma che, come avviene spesso in condizioni da bassa densità, non è stata riscontrata attività di bramito. Ciò naturalmente non significa che in quell area non ci possano essere stati accoppiamenti. 2.8 Mantenimento habitat La concentrazione di cervi che talvolta si osserva in aree a vocazione agricola, deriva in parte dalla mancanza per il cervo di aree aperte poste nelle zone montane. Infatti il cervo, grazie alle sue grandi capacità di spostamento, può sfruttare le risorse trofiche in diversi momenti dell anno in funzione della loro disponibilità nelle diverse aree del Comprensorio. Comprensorio ACATE a cura della CTI - Elab.01 - Rev.01 Pag.18 di pag. 30

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