Indice. Diritto penale militare. 2 di 22

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1 INSEGNAMENTO DI DIRITTO PENALE MILITARE LEZIONE VI IL DIRITTO INTERNAZIONALE PENALE PROF. FRANCESCO BACCARO

2 Indice 1 Nozione di diritto internazionale penale e dei crimini internazionali Principi generali del diritto internazionale penale e l istituzione di tribunali internazionali ad hoc La corte penale internazionale L avvio del procedimento e lo svolgimento del processo dinanzi alla corte penale internazionale L esecuzione del diritto penale internazionale in riferimento alle pronunce emesse dalla corte penale internazionale Conclusioni di 22

3 1 Nozione di diritto internazionale penale e dei crimini internazionali Il diritto internazionale penale consiste in un complesso di norme del diritto internazionale generale che perseguono penalmente i responsabili dei fatti che turbano l ordine pubblico internazionale e che vanno a configurare i così detti crimini contro il diritto delle genti, con l affidamento della relativa competenza ad un autorità giudicante sovranazionale. Le fonti del diritto internazionale penale sono ravvisabili nelle convenzioni, nella consuetudine e nei principi generali, ed, al riguardo, proprio attraverso tali fonti che si individuano i crimini internazionali, gli elementi costitutivi della responsabilità unitamente alle procedure giurisdizionali. Prima di andare avanti con la trattazione del diritto internazionale penale, è opportuno precisare che detto diritto non debba essere confuso con il diritto penale internazionale, ovverosia con il complesso di norme di diritto pubblico interno, con cui uno Stato risolve le problematiche che hanno a che fare con elementi di estraneità. Tali elementi di estraneità ricorrono allorquando il responsabile di un reato e/o la vittima hanno nazionalità straniera, oppure qualora il fatto criminoso sia commesso all estero. Tutte queste ipotesi sono disciplinate dalle predette norme di diritto penale internazionale. Dette norme hanno quindi la finalità di delimitare l efficacia spaziale della legge penale nazionale in ragione di un attività di collaborazione in materia penale tra gli Stati e delle convenzioni internazionali che vigono tra gli Stati stessi. A quest ultimo proposito assume particolare rilevanza l art. 10 della Carta Costituzionale, laddove è previsto l automatico adattamento del diritto interno al diritto internazionale generale. Per quel che riguarda il nostro Ordinamento, il principio che sta alla base della limitazione dell efficacia spaziale della legge penale nazionale è quello di territorialità, definito anche temperato a causa delle deroghe all uopo apportate. Per il predetto principio di territorialità assumono particolare rilevanza gli artt. 6, comma 1, 3, comma 1, del codice penale ordinario, nonché l art. 28 delle disposizioni in generale. Ai sensi dell art. 6, comma 1, è previsto che chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana. 3 di 22

4 L art. 3, comma 1, dispone pure in tal senso, posto che in forza del quale è previsto che la legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale. Lo stesso dicasi per l art. 28 citato, laddove è, infatti, previsto che le leggi penali e quelle di polizia e di sicurezza pubblica obbligano tutti coloro che si trovano nel territorio dello Stato. Ebbene fatta questa doverosa precisazione, si cercherà ora fare un elenco di quelli che possono essere i crimini internazionali. In dottrina 1, alla luce delle fonti del diritto internazionale, detti crimini vengono così elencati: 1) i crimini contro la pace, ovverosia quelle condotte che, ad esempio, attentano al bene ed alla sicurezza internazionale, come la guerra di aggressione, l impiego e/o la preparazione della forza contro un altro Stato, l annessione violenta di territori stranieri, nonché altre condotte di tal genere; 2) i crimini di guerra, ovverosia quelle condotte che si pongono in contrasto con le leggi e gli usi della guerra. Al riguardo, assumono rilevanza le così dette regole da seguirsi in combattimento, le quali trovano la loro principale fonte nelle Convenzioni dell Aja del , nonché le regole preposte alla protezione delle popolazioni civili, le quali trovano la loro principale fonte nelle quattro Convezioni Umanitarie di Ginevra del 1949; 3) i crimini contro l umanità, ovverosia quelle condotte lesive dei diritti umani fondamentali, come ad, esempio, il genocidio. Al riguardo, dopo le esperienze naziste e staliniane ed altre analoghe, tale crimine fu riconosciuto dalla Convenzione sulla prevenzione e repressione del genocidio del 1948, la quale impose agli Stati contraenti di perseguire detto reato qualora posto in essere nei confronti dei gruppi etnici, religiosi e nazionalistici e, non invece, verso i gruppi politici o sociali. Ciò ha portato ad una serie di impunità le condotte di aggressione poste in essere nei confronti dei gruppi dissidenti del Bangla-Desh, Uganda, ecc. Siffatte lacune sono state in parte colmate con le convenzioni successive e con lo Statuto della Corte Penale Internazionale adottato con la Conferenza diplomatica di Roma conclusasi il 17 luglio Mantovani, diritto penale parte generale Padova, 2005, pag di 22

5 Va rilevato che tutte le predette Convenzioni impongono un obbligo per gli Stati di reprimere i crimini ivi previsti, senza però prevedere sanzioni penali. Molti Stati hanno, a loro volta, emanato apposite leggi interne per dare la relativa attuazione. Ad esempio, per la Convenzione sul genocidio su menzionata, lo Stato italiano ha emanata la legge n. 962 del 09 ottobre Ai sensi dell art. 1 di tale legge, rubricato atti diretti a commettere genocidio, è previsto: Chiunque, al fine di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale, commette atti diretti a cagionare lesioni personali gravi a persone appartenenti al gruppo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni. Chiunque, al fine di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale, commette atti diretti a cagionare la morte o lesioni personali gravissime a persone appartenenti al gruppo, è punito con la reclusione da ventiquattro a trenta anni. La stessa pena si applica a chi, allo stesso fine, sottopone persone appartenenti al gruppo a condizioni di vita tali da determinare la distruzione fisica, totale o parziale del gruppo stesso. 5 di 22

6 2 Principi generali del diritto internazionale penale e l istituzione di Tribunali internazionali ad hoc Come per il diritto penale militare di pace e di guerra, anche il diritto internazionale penale è rimasto ai margini del sapere scientifico. Al riguardo, gli studiosi del diritto si sono interessati ogniqualvolta gli organi di giustizia internazionale han dovuto applicare tale diritto. Gli Statuti istitutivi dei vati Tribunali Internazionali, come ad esempio quelli di Norimberga, di Tokio, per la ex Jugoslavia e per il Ruanda, contenevano poche disposizioni a carattere generale riguardanti la responsabilità individuale, l obbedienza agli ordini dei superiori, il mancato impedimento della condotta dei subordinati e l immunità dei capi di Stato, e, pertanto, per tutti gli altri istituti giuridici, si sarebbe dovuto fare riferimento alle Convenzioni internazionali ed, altresì, alla legislazione dei vari Stati, con tutte le conseguenze che potevano scaturire dalle divergenze esistente tra le predette legislazioni. Prima della istituzione dei Tribunali penali internazionali, che per loro natura hanno carattere sovranazionale, per la repressione dei crimini di diritto internazionale umanitario, erano competenti gli organi giudiziari dei singoli Stati. Pertanto, per quel che riguardava lo Stato italiano, assumeva rilevanza il titolo IV del libro III del c.p.m.g. contenenti le norme disciplinante i reati contro le leggi e gli usi della guerra. Tale norme venivano applicate, per l appunto, dal Tribunale militare sempreché fossero in vigore per essere stato dichiarato lo stato di guerra. A questo proposito, è stato rilevato innanzi che, prima della recente modifica dell art. 165 del c.p.m.g., per l applicazione di tali norme fosse necessario che il c.p.m.g. fosse in vigore e, quindi, che ci fosse stata la dichiarazione dello stato di guerra così come previsto ai sensi dell art. 3 del codice stesso, con tutte le limitazioni di tutela che da una siffatta situazione di eccezionalità potessero scaturire. Tuttavia, con l evoluzione della normativa internazionale, sono stati istituiti i Tribunali internazionali penali. L istituzione di un Tribunale internazionale penale ha costituito sicuramente un qualcosa di non poco conto, in quanto, in questo modo, si ha la possibilità di perseguire quei crimini anche nel caso in cui lo Stato competente per perseguirli e reprimerli dovesse restare inerte. 6 di 22

7 Il primo processo compiuto da un Tribunale Internazionale Penale nella storia dell umanità fu quello di Norimberga. Il Processo di Norimberga è il nome comunemente usato per due distinti gruppi di processi ai nazisti coinvolti nella seconda guerra mondiale e nella Shoah. Tale processi si celebrarono nella città tedesca di Norimberga (Nürnberg) dal 20 novembre 1945 al 1 ottobre 1946 nel Palazzo di Giustizia di Norimberga. Il primo di questi processi fu per i principali criminali di guerra davanti al Tribunale militare internazionale (IMT), che giudicò ventiquattro dei più importanti capi nazisti catturati, mentre il secondo si tenne per i criminali di guerra inferiori. La decisione di porre a processo i principali esponenti dell'asse fu presa ancor prima della cessazione della guerra, tant è che dal 18 ottobre al 11 novembre del 1943 si svolse a Mosca la terza conferenza tripartita di Mosca, con la presenza dei tre ministri degli esteri dell'alleanza, Cordell Hull, Anthony Eden e Vyacheslav Molotov, laddove fu stilato un primo elenco degli uomini politici che avrebbero dovuto essere processati in caso di vittoria dell'alleanza. Durante la predetta conferenza, i tre capi della coalizione, Winston Churchill, Franklin Delano Roosevelt e Stalin, assunsero l impegno che, al termine della guerra, i criminali nazisti avrebbero dovuto essere processati secondo le leggi del paese nel quale i crimini fossero stati commessi, talchè si decise per una sorta di punibilità nazionale. Tuttavia, nella successiva Conferenza di Teheran, svoltasi dal 28 novembre al 1 dicembre dello stesso anno 1943, venne superato il concetto della punibilità nazionale. Durante gli incontri della conferenza di Teheran (1943), e delle successive che si tennero in quel periodo, i tre capi della coalizione su menzioni si accordarono sulle modalità da seguire i responsabili dei crimini di guerra commessi durante la seconda guerra mondiale. Nel contempo, anche la Francia riuscì a guadagnarsi un posto all'interno del tribunale militare internazionale. Pertanto, si può dire che il Tribunale internazionale penale in discorso fu costituito dalle quattro potenze vincitrici della seconda guerra mondiale: Francia, Gran Bretagna, Unione Sovietica e Stati Uniti. 7 di 22

8 Le discussioni per dare forma al processo contro i criminali nazisti - per decidere, cioè, i compiti del Tribunale e stabilire regole di organizzazione e di funzionamento di esso - si svolsero a Londra nel mese di luglio del Gli accordi raggiunti a Londra fra le quattro Potenze furono formalizzati in un atto, rimasto nella storia come la Carta di Londra (8 agosto 1945). Tale Carta indicava la natura del processo penale che sarebbe stato celebrato, le competenze ed i poteri del Tribunale, i principali capi d accusa e le linee generali della procedura. Ognuna delle quattro nazioni giudicanti fornì, a sua volta, un giudice, un sostituto ed i procuratori. Al riguardo, era quindi evidente che si trattava di un tribunale non precostiuito, stante la sua istituzione successivamente alla commissione dei reati e, peraltro, da parte delle nazioni nemiche a quella cui appartenevano gli imputati, talchè vi furono non poche perplessità sulla imparzialità della giuria proprio perché sarebbe fisiologicamente prevalso il bisogno di vendetta ed, in proposito, come si sa, dove c è vendetta non c è giustizia. Non mancarono, infatti, i rilievi degli Avvocati difensori degli imputati nel senso della inammissibilità delle leggi retroattive penale in virtù del principio nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali ed, altresì, nel senso che i vincitori non avessero il diritto di processare i vinti. I Giudici respinsero tutte le obiezioni in tal senso, con la motivazione che i crimini di guerra, i crimini contro l umanità, nonché i crimini contro la pace, contemplati nella carta di Londra su citata, erano da considerarsi violazione di leggi internazionali già esistenti, stante la loro disciplina nelle Convenzioni dell Aja ed in quelle di Ginevra innanzi citate. Successivamente, dopo circa 40 anni di inattività dei Tribunali Internazionali penali, e dopo l impunità delle guerre di aggressione ed i crimini di guerra contro l umanità avvenute nel frattempo, nel 1993, con la risoluzione adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che poi ne costituisce lo statuto, è stato istituito un Tribunale internazionale penale per giudicare le gravi violazioni del diritto umanitario, i crimini di genocidio ed i crimini contro l Umanità commessi nei territori della ex Jugoslavia dal 1991 in poi. Il Tribunale è una Corte ad-hoc istituita il 25 maggio 1993 con la risoluzione 827 del Consiglio di Sicurezza dell ONU ed è situata all'aia, nei Paesi Bassi. È la prima corte per crimini di 8 di 22

9 guerra costituita in Europa dalla seconda guerra mondiale e, più precisamente, è chiamata a giudicare gli eventi avvenuti in 3 differenti conflitti: in Croazia ( ), in Bosnia Erzegovina ( ) e in Kosovo ( ). Codesta autorità giudiziaria ha la competenza per le gravi infrazioni alla Convenzione di Ginevra del 1949 (ex art. 2 dello Statuto), per i crimini contro l'umanità (ex art. 3 dello Statuto), per il genocidio (ex art. 4 dello Statuto)e per le violazioni delle consuetudini e delle leggi di guerra (ex art. 5 dello Statuto) ed, al riguardo, può processare solamente persone singole, quindi nessuno Stato, partito politico o organizzazione ricade sotto la sua giurisdizione, con l applicazione della pena massima applicabile dell'ergastolo. Per i citati crimini su cui il Tribunale giudica nello specifico in riferimento alle gravi infrazioni alle Convenzioni di Ginevra del 1949 sul diritto di guerra, assume rilevanza l art. 2 dello Statuto, laddove è previsto che il Tribunale internazionale è abilitato ad incriminare le persone che commettono o danno l ordine di commettere delle infrazioni gravi alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, vale a dire i seguenti atti diretti contro delle persone o dei beni protetti ai sensi della Convenzione di Ginevra pertinente: a) l omicidio volontario; b) la tortura o i trattamenti inumani, compresi gli esperimenti biologici; c) il fatto di causare intenzionalmente delle grandi sofferenze o di attentare gravemente all integrità fisica o alla salute; d) la distruzione e l appropriazione di beni non giustificate dalle necessità militari ed eseguite su grande scala in maniera illecita ed arbitraria; e) il fatto di costringere un prigioniero di guerra o un civile a servire nelle forze armate della potenza nemica; f) il fatto di privare un prigioniero di guerra o un civile del diritto di essere giudicato regolarmente ed imparzialmente; g) l espulsione o il trasferimento illegale di un civile o la sua detenzione illegale; h)la presa di civili in ostaggio; Ai sensi dell art. 3 dello Statuto, rubricato le violazioni delle leggi o costumi di guerra, il Tribunale internazionale è competente ad incriminare le persone che commettono delle violazioni delle leggi o costumi di guerra. Queste violazioni comprendono: a) l impiego di armi tossiche o di altre armi concepite per causare delle sofferenze inutili; b) la distruzione senza motivo delle città e dei villaggi o la devastazione che non giustificano delle esigenze militari; c) l attacco o il bombardamento, con qualsiasi mezzo, di città, villaggi, abitazioni o edifici non difesi; d) il 9 di 22

10 sequestro, la distruzione o il danneggiamento deliberato di edifici consacrati alla religione, alla beneficenza, all insegnamento, alle arti e alle scienze, a monumenti storici, ad opere d arte e ad opere di carattere scientifico; e) il saccheggio di beni pubblici o privati; ai sensi dell art. 4, rubricato Genocidio, il Tribunale internazionale è competente ad incriminare le persone che abbiano commesso genocidio. Per genocidio si intende uno qualsiasi degli atti seguenti, commessi nell intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come: a) omicidio dei membri di un gruppo; b) offesa grave all integrità fisica o mentale dei membri di un gruppo; c) sottomissione intenzionale del gruppo a delle condizioni di esistenza che debbano portare alla sua distruzione fisica totale o parziale; d) misure tendenti a impedire le nascite in seno al gruppo; e) trasferimento forzato di bambini del gruppo ad un altro gruppo. Al riguardo, saranno puniti i seguenti atti: a) il genocidio; b) l accordo al fine di commettere il genocidio; c) l istigazione diretta e pubblica a commettere il genocidio; d) il tentativo di genocidio; e) la complicità nel genocidio. Infine, ai sensi dell art. 5, rubricato crimini contro l'umanità, il Tribunale internazionale è abilitato a giudicare le persone presunte responsabili dei seguenti crimini qualora siano stati commessi nel corso di un conflitto armato, di carattere internazionale o interno, e diretti contro una qualsiasi popolazione: a) omicidio; b) sterminio; c) riduzione in schiavitù; d) espulsione; e) imprigionamento; f) tortura; g) stupro; h) persecuzione per ragioni politiche, razziali e religiose; i) altri atti inumani. Il Tribunale internazionale penale de quo è composto da Giudici indipendenti nominati dall Assemblea generale dell ONU, fra le persone, designati dai singoli Stati, che hanno determinati requisiti. I suoi organi funzionali sono le Camere giudicanti, la Cancelleria e la Procura. La Procura, entro il 31 dicembre 2004, avrebbe dovuto terminare le indagini, mentre, entro il 2008 tutti i primi gradi per poi chiudere tutto entro il 2010, tranne che per Ante Gotovina, Ratko Mladić e Radovan Karadžić. La procedura da seguirsi per tutto il procedimento davanti al Tribunale Internazionale trova disciplina in maniera dettagliata in un apposito Regolamento definito di procedura e di prova ed 10 di 22

11 approvato ai sensi dell art. 15 dello Statuto ed entrato in vigore il 14 marzo 1994 e poi più volte emendato negli anni. Se siffatto Regolamento di procedura e prova costituisce un vero e proprio codice di procedura penale per il giudizio davanti al Tribunale Internazionale, alcune norme di principio vengono già fissate dallo Statuto del Tribunale. L art. 15 dello statuto prevede, infatti, che i Giudici del Tribunale internazionale adotteranno un regolamento che disciplinerà la fase preliminare all udienza, i ricorsi, l ammissione delle prove, la protezione delle vittime e dei testimoni e altre questioni appropriate. Lo Stato italiano, con il decreto legge n. 544 del 1993, convertito con la legge n. 120 del 1994, ha adottato una serie di disposizioni per coordinare l attività dell autorità giudiziaria italiana già iniziata in ordine ai procedimenti pendenti in materia dei delitti commessi dai militari italiani nella ex Jugoslavia. In questi casi, ai sensi del d.l. citato, ed in linea con l art. 9 dello Statuto, il Giudice italiano competente deve emettere sentenza di non doversi procedere, rimettendo gli atti al Tribunale Internazionale allorchè quest ultimo formuli richiesta in tal senso. Tuttavia, ai sensi dell art. 4 del d.l. in parola, il Tribunale penale italiano può riaprire il procedimento penale predetto in caso di dichiarazione di incompetenza da parte del Tribunale internazionale. Inoltre, il Tribunale italiano non può giudicare nei confronti di chi è stato già giudicato dal Tribunale internazionale per lo stesso fatto, ciò ai dell art. 5 del d.l. Ed, ancora, sempre il d.l. in argomento, ai sensi dell art. 7, prevede il riconoscimento della sentenza del Tribunale internazionale, ciò anche ai fini dell esecuzione della pena nello Stato italiano. Infine, non potevano mancare le disposizioni che prevedono una forma di cooperazione tra le due autorità giudiziarie in argomento, come ad esempio la consegna degli imputati e l eventuale emissione dei provvedimenti cautelari quando richiesto. Orbene, svolti alcuni cenni in ordine ai Tribunali Internazionali ad hoc, si può ora spostare l attenzione sulle successive evoluzioni normative in ordine al diritto internazionale penale. 11 di 22

12 3 La Corte penale internazionale La situazione delineatasi con l adozione della risoluzione ONU innanzi citata si è perfezionata ancor di più con l adozione, sempre da parte delle Nazioni Unite, dello Statuto della Corte Penale Internazionale, il quale, seppur vincolante solo per gli Stati firmatari dello Statuto stesso, contiene una normativa più dettagliata e completa rispetto al passato. Tale ulteriore Statuto è stato adottato dalla Conferenza Diplomatica dei Plenipotenziari delle Nazioni Unite il 17 luglio 1998 a Roma e, successivamente, ratificato dallo Stato italiano con la legge di ratifica ed esecuzione del 12 luglio 1999 n. 232 ed entrato poi in vigore il 01 luglio L entrata in vigore era subordinata, ai sensi dell art. 126 dello Statuto, ad un numero minimo di ratifiche da parte degli Stati firmatari pari a 60 e, più precisamente, dopo 60 giorni il raggiungimento di tale numero minimo. Ad oggi è stato ratificato da poco più di 100 Stati. La Corte ha sede all Aja ed è composta dalla Presidenza, dalle Camere (preliminare, di prima istanza e d appello) (ex art. 39 dello Statuto), dall Ufficio del Procuratore (ex art. 42 dello Statuto) e dalla (Cancelleria ex art. 43 dello Statuto). Con tale Statuto, è stata innanzitutto delineata la competenza giurisdizionale della Corte, nel senso che la stessa può giudicare solo nei confronti di coloro che hanno commesso i crimini di cui all art. 5 dello Statuto dopo la sua entrata in vigore e sempreché appartengano agli Stati che fan parte dello Statuto. Tuttavia, ai sensi dell art. 11, può anche giudicare nei confronti degli appartenenti ad uno Stato che diviene parte dello Statuto de quo successivamente alla sua l'entrata in vigore. Inoltre, il potere giurisdizionale si può estendere nei confronti degli Stati che non fan parte dello Statuto, in quanto, ai sensi dell art. 12, comma 3, con dichiarazione depositata in Cancelleria della Corte, possono accettare la competenza della Corte stessa sul crimine di cui trattasi. Lo Stato accettante, conseguentemente, coopera con la Corte senza ritardo e senza eccezioni, in conformità al capitolo IX dello statuto. In questo caso, il potere giurisdizionale dell Corte riguarderà solo crimini commessi dopo l'entrata in vigore del presente Statuto nei confronti di tale Stato, a meno che lo Stato stesso non renda una dichiarazione ai sensi dell'articolo 12. Altra peculiarità dello Statuto è ravvisabile nel fatto che siano stati elencati e definiti i crimini internazionali (ex artt. 6-8 dello Statuto), talchè le condotte di genocidio, i crimini contro 12 di 22

13 l umanità, nonché i crimini di guerra; inoltre, è stato sancito il principio di legalità-tassatività (ex artt dello Statuto) dei crimini unitamente a quello delle pene, con la possibilità di ricondurre nell alveo dei crimini per il diritto internazionale solo le condotte ivi contemplate; ed, ancora, sono stati sanciti i principi di irretroattività delle norme sfavorevoli al reo ed, invece, di retroattività (ex art. 24 dello Statuto) per quelle favorevoli. In tale Statuto, come nei precedenti, si fa riferimento ad una responsabilità individuale e non degli Stati, cosicchè anche a livello di diritto internazionale penale vige il principio generale secondo cui la responsabilità è personale. Quanto agli elementi costitutivi, oggettivo e soggettivo, dei crimini internazionali, va rilevato che, per quel che riguarda il primo, si hanno condotte commissive ed omissive. Queste ultime sarebbero configurabili, ad esempio, allorchè un superiore gerarchico non impedisca ad un inferiore di commettere un crimine. Per quanto riguarda, invece, l elemento soggettivo, assume rilevanza l art. 30 dello Statuto, laddove non si fa riferimento alla colpa, ma solo al dolo intenzionale ed eventuale. Tale seconda forma di manifestazione della volontà del reo è configurabile allorquando il soggetto agente, pur non volendo la conseguenza della sua azione e/o omissione, accetti il rischio del verificarsi dell evento. Si fa l esempio del soggetto che ponga in essere un azione per l abbattimento di un aereo straniero, il quale così facendo non può non accettare il rischio di una guerra. Inoltre, nello Statuto in parola, agli artt. 31 e ss., sono previste le cause scriminanti e scusanti della legittima difesa e del soccorso difensivo, dello stato di necessità e del soccorso di necessità, scriminanti, ovviamente, di difficile applicazione per i crimini di genocidio e contro l umanità. Al riguardo, lo Statuto fa un riferimento all ordine gerarchico di un Governo o di un superiore gerarchico, prevedendo la possibilità della configurabilità della scriminante in caso di ignoranza della illegittimità dell ordine stesso, ignoranza inammissibile allorchè l ordine sia manifestamente illegittimo. Ai sensi dell art. 33 dello Statuto, l ordine di genocidio, unitamente ad ogni crimine contro l umanità, è da considerarsi manifestamente illegittimo. Nello Statuto, all art. 32, è prevista come causa di esclusione della responsabilità l errore di fatto e di diritto che faccia venire meno il dolo, comprensivo di quello eventuale, dal momento che i crimini in argomento non sono punibili a titolo di colpa. Ed, ancora, ai sensi dell art. 31, un altra causa di esclusione della responsabilità è ravvisabile nella malattia o nella deficienza mentale, nonché nell intossicazione involontaria. 13 di 22

14 Un altra norma della Statuto di particolare rilevanza è l art. 27, laddove è sancita l irrilevanza delle qualifiche soggettive ufficiali, nel senso che la Corte Penale Internazionale non deve essere vincolata alle immunità processuali previste dai vari Stati e dal diritto Internazionale. Lo Statuto ha anche dato il suo contributo circa le sanzioni penali applicabili, prevedendo, al riguardo, l ergastolo e la reclusione non superiore a 30 anni, con l eventuale aggiunta di una multa e della confisca dei profitti e cose provenienti dal crimine. Tuttavia, va rilevato che non è stato affrontato il problema dell esecuzione delle pene unitamente a quello alle misure alternative alla reclusione. Un altro principio generale previsto dallo Statuto, all art. 29, è l imprescrittibilità dei crimini internazionali. 14 di 22

15 4 L avvio del procedimento e lo svolgimento del processo dinanzi alla Corte penale internazionale Per quanto riguarda la procedibilità della Corte, assume rilevanza l art 13 dello Statuto, ai sensi del quale la Corte può esercitare il proprio potere giurisdizionale sui crimini su citati allorché uno Stato Parte e/o il Consiglio di Sicurezza segnalino al Procuratore situazioni in cui i predetti crimini appaiono essere commessi e semprechè, al riguardo, il Procuratore abbia aperto un inchiesta sulla base di siffatte segnalazioni. Pertanto, il Procuratore potrà iniziare un inchiesta di sua iniziativa (ex art.15) o su deferimento del caso da parte di uno Stato (ex art.14), ma in tali casi la giurisdizione della Corte sarà possibile (ex art. 12) se lo Stato sul cui territorio è stato commesso il crimine, ovvero lo Stato di nazionalità dell'accusato, od anche entrambi, siano parti dello Statuto. A tal riguardo, bisogna però tener conto del disposto di una norma transitoria (art.124 dello Statuto), ai sensi della quale è attribuita a ciascuno Stato Parte il diritto di dichiarare di non accettare, per un periodo di sette anni dall'entrata in vigore dello Statuto, la competenza della Corte per i crimini di guerra commessi sul proprio territorio o addebitati a propri cittadini. Rilevato ciò, si può continuare ad esaminare l attività del Procuratore. Ai sensi dell art. 15 dello Statuto, il Procuratore, assunte le informazioni necessarie, se ritiene che un crimine possa essere commesso, presenta alla Camera Preliminare una richiesta di autorizzazione alle indagini, unitamente a tutti gli elementi fino a quel momento raccolti. La Camera Preliminare, a sua volta, dopo aver esaminato la richiesta e gli elementi giustificativi che l'accompagnano, se ritiene che l'inizio delle indagini sia giustificato, e che il caso ricada nella competenza della Corte, dà la sua autorizzazione senza pregiudizio per le successive decisioni della Corte in materia di competenza e di procedibilità. Per contro, se dovesse pronunciarsi negativamente, il Procuratore potrà presentare, in un secondo momento, una successiva richiesta fondata su fatti e/o elementi di prova nuovi. Se, invece, il Procuratore dovesse ritenere che le informazioni fornite non siano sufficienti a giustificare l'inizio delle indagini, ne informa coloro che le hanno fornite. Il Procuratore potrà riprendere in esame la vicenda qualora dovessero essere emergere fatti e/o elementi di prova nuovi. 15 di 22

16 Peraltro, il Procuratore potrà avviare una indagine anche su richiesta del Consiglio di Sicurezza ai sensi del cap.vii della Carta delle Nazioni Unite (minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale). In tal caso, ai sensi dell art. 13 dello Statuto, non sarà richiesta alcuna condizione per l'esercizio della giurisdizione della Corte. In caso di esercizio dell azione penale, la Corte, ai sensi dell art. 18 dello Statuto, può dichiarare l improcedibilità del caso qualora su di esso si sia già attività l Autorità giudiziaria avente, in proposito, la giurisdizione; ed, ancora, se detta Autorità, dopo aver condotto le indagini, sia addivenuta alla decisione di non procedere nei confronti della persona interessata, semprechè che la decisione non costituisca il risultato del rifiuto o dell'incapacità dello Stato di procedere correttamente; ed, inoltre, allorchè la persona interessata sia già stata giudicata per la condotta oggetto della denunzia ed, altresì, il fatto non sia di gravità sufficiente da giustificare ulteriori azioni da parte della Corte. Nel solco dell anzidetta complementarità della legislazione internazionale rispetto a quella interna, si inserisce il principio del ne bis in idem, peraltro con due eccezioni, entrambe riferite a casi di processi svolti dinnanzi a giurisdizioni diverse da quella della Corte: la prima (ex art. 20, comma 3, lett. a dello Statuto), ove il processo sia meramente servito a sottrarre l'accusato alla sua responsabilità penale per crimini di competenza della Corte; la seconda (ex art. 20, comma 3, lett. b), qualora il processo sia stato svolto in modo non indipendente o non imparziale e in maniera incompatibile con la volontà di giudicare in modo effettivo. Ai sensi dell art. 18 dello Statuto, nell ipotesi in cui non sia stato uno Stato parte a segnalare la situazione in cui possa essersi verificato il crimine, il Procuratore informa tutti gli Stati Parte e quegli Stati che, in considerazione delle informazioni disponibili, sarebbero ordinariamente forniti di giurisdizione sui crimini in oggetto. Al che, qualora uno Stato ritenga di avere, in proposito, la propria giurisdizione può informare la Corte del fatto che stia conducendo o che abbia condotto indagini su propri cittadini e/o su altri soggetti rientranti nella propria giurisdizione in relazione ad atti criminali che possono essere costitutivi dei crimini in argomento. Conseguentemente, il Procuratore sospende le proprie indagini in favore di quelle condotte dallo Stato, a meno che la Camera Preliminare, su richiesta del Procuratore, non decida di autorizzare le indagini. Tuttavia, la sospensione delle indagini del Procuratore in favore di quelle condotte dallo Stato può essere riesaminata dal Procuratore stesso trascorsi sei mesi dalla data della sua adozione, 16 di 22

17 o in qualunque momento, qualora si sia verificato un rilevante mutamento delle circostanze per motivi attinenti al rifiuto o all'incapacità dello Stato di condurre le indagini. Lo Stato interessato ed il Procuratore possono proporre impugnazione avanti la Camera d'appello contro la decisione adottata dalla Camera preliminare. Il Procuratore, in caso di sospensione delle indagini per gli anzidetti motivi, può, comunque, richiedere che lo Stato interessato lo informi periodicamente sugli sviluppi del procedimento penale instaurato. Inoltre, può richiedere alla Camera Preliminare l'autorizzazione a compiere gli atti di indagine necessari allo scopo di preservare le prove, qualora si presenti una opportunità irripetibile di raccogliere importanti d'elementi di prova e/o sussista un rilevante rischio che tali elementi di prova possano successivamente non essere disponibili. Ai sensi dell articolo 19 dello Statuto, è previsto che tutte le questioni pregiudiziali sulla competenza della Corte siano accertate e decise dalla Corte stessa, ciò prima o nel momento iniziale del processo, e fermo restando la validità degli atti compiuti fino a quel momento. Infine, va segnalata un ulteriore norma che assume particolare rilevanza, ovverosia l art. 16 dello Statuto, laddove è previsto che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, adottando una risoluzione, possa chiedere alla Corte che le indagini iniziate e/o l esercizio dell azione penale vengano sospesi per un periodo di 12 mesi e che tale richiesta possa essere rinnovata decorso siffatto periodo. E, quindi, evidente che il Consiglio di Sicurezza delle N.U. abbia un potere di veto al riguardo, con conseguente venir meno dell autonomia della Corte. Orbene, una volta attivato il procedimento, e conclusa la fase istruttoria, il Procuratore, che ritiene di poter sostenere l accusa in giudizio, rimetterà l esito delle indagini alla Camera preliminare della Corte, la quale valuterà se sottoporre il caso alla Camera di prima istanza. In caso positivo, inizierà il processo vero e proprio che si svolgerà dinanzi alla predetta Camera giudicante di prima istanza della Corte, laddove il Procuratore dovrà sostenere la relativa accusa. Il prefato processo è disciplinato nella parte n. 6 dello Statuto, dagli artt. 62 e ss. ed, al riguardo, si può dire che ivi sono riscontrabili molti principi previsti per un giusto processo. Sono riscontrabili per l imputato, ad esempio, i principi della presunzione di innocenza, dell accertamento della responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio perché possa essere condannato l imputato, dell onere della prova in capo all accusa (ex art. 66); ed, ancora, quelli di essere presente al processo, di esaminare i testimoni a carico e discarico alle stesse condizioni, di non essere costretto a testimoniare contro se stesso, di rimanere in silenzio senza che ciò possa 17 di 22

18 essere valutato per determinare la colpevolezza, di far dichiarazioni spontanee senza prestar giuramento (ex art. 67), nonché di fornire ogni mezzo di prova a discarico (ex art. 64). Ed, ancora, di ricorrere in appello avverso la sentenza pronunciata dalla Corte oppure di chiederne la revisione, adicendo la Camera d appello della Corte (artt. 82 e ss.) e, più precisamente, la Divisione di appello che decide, per l appunto, sui ricorsi in secondo grado ed emette sentenze definitive. 18 di 22

19 5 L esecuzione del diritto penale internazionale in riferimento alle pronunce emesse dalla Corte penale internazionale Per quanto riguarda l esecuzione del diritto internazionale penale, lo Statuto della Corte penale internazionale prevede il sistema di esecuzione diretta parziale, in virtù del quale l organo giudicante necessita della cooperazione degli stati per l arresto e la consegna delle persone accusate, per l assistenza giudiziale all uopo necessarie, nonché per l esecuzione delle sentenze e, quindi, delle pene. Tale cooperazione degli Stati con la Corte è previsto ai sensi degli artt. 86 e ss. dello Statuto. Da qui deriva, che la Corte possa rivolgere richieste di cooperazione agli Stati parti (ex art.87), per via diplomatica o attraverso altri canali indicati dagli Stati medesimi, redatte in una lingua ufficiale dello Stato richiesto e in una delle lingue di lavoro della Corte. E' previsto che le richieste di cooperazione possano essere rivolte anche a Stati non parti. L'inottemperanza a richieste di cooperazione è portata a conoscenza dell'assemblea degli Stati Parti o del Consiglio di Sicurezza, se la Corte è stata adita da quest'ultimo. Gli Stati parti devono predisporre nel loro ordinamento nazionale procedure appropriate (ex art. 88) per la realizzazione delle forme di cooperazione. Una particolare disciplina è prevista per le richieste della Corte di arresto e consegna di persone (ex art.89), ivi comprese modalità concernenti il loro transito attraverso il territorio degli Stati parte. Lo Statuto correttamente prevede richieste di "consegna", non di estradizione, trattandosi non di rapporto tra due Stati, ma tra uno Stato ed un Organo sovranazionale. Nel caso di richieste concorrenti (ad esempio, richiesta di consegna di una persona da parte della Corte e domanda di estradizione da parte di un altro Stato) per lo stesso reato (ex art.90), lo Statuto stabilisce, in linea generale e in presenza di determinati requisiti, la priorità della Corte. Tutte le richieste di arresto e di consegna (ex art.91) devono essere redatte per iscritto e corredate da documenti giustificativi. Nelle more di presentazione di tali richieste, la Corte, in caso di emergenza, può chiedere il fermo (ex art.92) del ricercato. Altre forme di cooperazione, volte soprattutto all'acquisizione di elementi di prova e al compimento di atti giudiziari, sono dettagliatamente elencate (ex art.93), prevedendosi che lo Stato 19 di 22

20 Parte richiesto, ove intenda respingere la richiesta di cooperazione a norma dell'art.72 (documenti o notizie inerenti alla difesa o sicurezza nazionale), debba comunicarne senza indugio le ragioni alla Corte o al Procuratore. Tra le principali forme di cooperazione, l'interrogatorio di persone indagate, il temporaneo trasferimento di persone detenute, l'ispezione di luoghi, l'esecuzione di perizie, di perquisizioni e di confische. La richiesta di altre forme di cooperazione deve essere, normalmente, formulata per iscritto e debitamente documentata (ex art.96). In caso di difficoltà riscontrate in ordine al soddisfacimento della richiesta di cooperazione, lo Stato Parte avvia consultazioni con la Corte (ex art.97) per risolvere il problema. Sono fatti salvi gli obblighi, secondo il diritto internazionale, in materia di immunità degli Stati o di immunità diplomatica di una persona o di beni dello Stato (ex art. 98). La richiesta di cooperazione è soddisfatta nel modo indicato nella richiesta medesima, a meno che non sia in contrasto con la legislazione dello Stato interessato (ex art. 99). Sono altresì disciplinati casi di esecuzione di atti da parte del Procuratore direttamente sul territorio dello Stato interessato, previa consultazione con lo stesso. In riferimento poi all esecuzione delle pene detentive inflitte dalla Corte, le stesse sono scontate in uno Stato prescelto dalla Corte stessa, tra una lista di Stati dichiaratisi disponibili (ex art. 103), ovvero, in mancanza, in un istituto penitenziario dello Stato ospitante (ex art.103, comma 4 ). Al riguardo, va rilevato che, in qualsiasi momento, la Corte, di ufficio o a richiesta del condannato, può disporre il trasferimento nella prigione di altro Stato (ex art.104). La pena detentiva è vincolante per tutti gli Stati Parti, nel senso che non può essere in alcun caso modificata (ex art. 105). La Corte esercita il controllo sull'esecuzione della pena (ex art. 106), che deve essere conforme alle regole convenzionali internazionali generalmente riconosciute. Terminata l'espiazione della pena, il condannato che non sia cittadino dello Stato di detenzione, tenuto conto dei desideri espressi, può, se autorizzato, ivi permanere, o essere trasferito in altro Stato che accetti di accoglierlo (ex art. 107). Lo Stato incaricato dell'esecuzione non può perseguire, né estradare il detenuto per comportamenti anteriori al suo trasferimento nel medesimo Stato, se non per espressa autorizzazione della Corte (ex art. 108). 20 di 22

21 Gli Stati Parti curano l'esecuzione delle sanzioni pecuniarie e delle misure di confisca ordinate dalla Corte (ex art. 109), ed, al riguardo, sono trasferiti alla Corte i beni o i proventi ottenuti. La Corte ha competenza esclusiva in ordine ad eventuali riduzioni di pena, concedibili se il condannato ne ha scontato i 2/3, o 25 anni di reclusione nel caso di condanna all'ergastolo (ex art.110), rimanendo lo Stato incaricato responsabile della sola esecuzione di questa. In caso di evasione del detenuto, lo Stato incaricato dell'esecuzione dovrà richiedere allo Stato di soggiorno dell'evaso la consegna dello stesso, sulla base degli accordi internazionali vigenti tra i due Stati, ovvero, in mancanza, su sollecitazione della Corte (ex art. 111). 21 di 22

22 6 Conclusioni Per quanto precede, è quindi evidente che l istituzione di Organo giurisdizionale permanente, come la Corte penale internazionale, unitamente al relativo articolato Statuto che, oltre a disciplinare l intero procedimento, prevede i principi per un giusto processo, non possa non rappresentare un tassello importante per il perseguimento della legalità internazionale e della pace fra i popoli. Tale Statuto può essere considerato un codice penale e di procedura penale internazionale. La punizione dei criminali di guerra in virtù dei principi previsti dallo Statuto della Corte non potrà non garantire una giustizia penale internazionale imparziale che valga per i vincitori e vinti. Tuttavia, qualche limitazione resterebbe ancora, stante la previsione di un diritto di veto da parte del Consiglio di Sicurezza delle N.U. sull attività investigativa e/o giurisdizionale della Corte, ciò ai sensi dell art. 16 dello statuto, laddove è, per l appunto, previsto che nessuna indagine e nessun procedimento penale possono essere iniziati o proseguiti ai sensi del presente Statuto per il periodo di dodici mesi successivo alla data in cui il Consiglio di Sicurezza, con risoluzione adottata ai sensi del Capitolo VIII della Carta delle Nazioni Unite, ne abbia fatto richiesta alla Corte; tale richiesta può essere rinnovata dal Consiglio con le stesse modalità. In conclusione, al di là di questa limitazione di non poco conto per un Autorità giudiziaria, peraltro di livello internazionale, non si può prendere atto degli sforzi delle Nazioni Unite e dei passi avanti che in materia si son fatti rispetto ai primi Tribunali internazionali di Norimberga e Tokio. E, quindi, auspicabile che si continui per questa strada con l evoluzione in senso positivo della giustizia internazionale e, soprattutto, con il coinvolgimento di quanti più Stati possibili affinchè possa ancor di più aumentare l impegno per avere una legalità internazionale ed una pace duratura tra i popoli. 22 di 22

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