CASSAZIONE, Sez. trib., Pres. Adamo, Est. Valitutti - Sent. n. 8998, del 21 gennaio 2014, dep. il 18 aprile 2014.
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- Giorgiana Antonucci
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1 CASSAZIONE, Sez. trib., Pres. Adamo, Est. Valitutti - Sent. n. 8998, del 21 gennaio 2014, dep. il 18 aprile 2014 Ritenuto in fatto 1. In data , la società Immobiliare Renier s.r.l. proponeva istanza di rimborso, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3, lett. c), del credito IVA per l anno 2000, relativo a spese per lavori su beni di terzi, che la contribuente riteneva assimilabili alle spese per l acquisto di beni ammortizzabili, ai sensi della disposizione succitata. Con provvedimento del , l Amministrazione finanziaria - dopo che il Concessionario della riscossione aveva già erogato la somma richiesta in conto fiscale, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-bis - dichiarava non sussistenti i presupposti per il diritto al rimborso, che - pertanto - denegava, pur non contestando l esistenza dell eccedenza detraibile L Ufficio notificava, quindi, alla predetta società, un successivo atto di contestazione con il quale applicava le sanzioni conseguenti al diniego del diritto al rimborso, ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art Entrambi i provvedimenti venivano impugnato dalla contribuente dinanzi alla CTP di Treviso, che accoglieva il ricorso. 3. L appello avverso detta sentenza, proposto dall Agenzia delle Entrate veniva, del pari, rigettato dalla CTR del Veneto, con sentenza n. 21/33/07, depositata il , con la quale il giudice di seconde cure riteneva che il diniego di rimborso, in quanto privo di adeguata motivazione, fosse da reputarsi illegittimo, con conseguente nullità anche del successivo atto di contestazione. 4. Per la cassazione della sentenza n. 21/33/07 ha, pertanto, proposto ricorso l Agenzia delle Entrate affidato a due motivi. La contribuente non ha svolto attività difensiva. Considerato in diritto 1. Con i due motivi di ricorso - che, per la loro palese connessione, vanno esaminati congiuntamente - l Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, art c.c., e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, in relazione all art. 360 c.p.c., n. 3, nonché l insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all art. 360 c.p.c., n Avrebbe, invero, errato la CTR - a parere della ricorrente - nel ritenere carente di motivazione, e perciò illegittimo, il provvedimento di diniego di rimborso, atto prodromico al successivo provvedimento di contestazione delle sanzioni, nonché gravata
2 l Amministrazione finanziaria dell onere di provare i fatti da cui risulta la pretesa di non effettuare il rimborso richiesto. Per contro, ad avviso dell Agenzia delle Entrate, l obbligo di motivazione previsto per gli atti dell Amministrazione finanziaria dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, sussisterebbe per quei soli provvedimenti con i quali l Amministrazione medesima eserciti una pretesa impositiva, e non anche per gli atti con i quali l Ufficio disconosca un diritto al rimborso prospettato dal contribuente. In tale ultimo caso, infatti, ad avviso della ricorrente, il provvedimento negativo non potrebbe essere annullato per vizi di forma, dal momento che il giudizio che consegue alla sua impugnativa avrebbe sempre e solo ad oggetto, non già l atto, bensì il rapporto, ovverosia l esistenza o meno, del diritto al rimborso La CTR, inoltre, secondo l Agenzia delle Entrate, non avrebbe in alcun modo esposto - di qui la censura di insufficiente motivazione - le ragioni per le quali non abbia ritenuto sufficiente, nella specie, la motivazione del diniego di rimborso, effettuata dall Ufficio mediante l indicazione della carenza dei presupposti di legge per l operatività del diritto al rimborso azionato dalla contribuente. 2. Le censure sono fondate Va - per vero - osservato al riguardo che, in via generale, la L. n. 212 del 2000, art. 7, che - non a caso richiama il disposto dell art. 241/90 sulla motivazione dei provvedimenti amministrativi, costituenti, in quanto tali, esercizio di una potestà - sancisce l obbligo di motivazione per tutti gli atti dell Amministrazione finanziaria costituenti esercizio della potestà impositiva. E siffatto obbligo viene ribadito in sede di disciplina delle singole imposte, in relazione alle quali l insussistenza di una motivazione, che evidenzi le ragioni della pretesa avanzata dall Amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente, viene sanzionata dal legislatore con la nullità dell atto (cfr. D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, rispettivamente in materia di imposte dirette e di IVA) In tali provvedimenti, costituenti esplicazione del potere impositivo, l indicazione delle ragioni di fatto e di diritto, con la quale si attua l obbligo di motivazione, risponde, in verità, ad una duplice finalità. La prima - ancorata al principio di legalità dell azione amministrativa autoritativa, espresso dall art. 97 Cost. - é quella di assicurare il rispetto delle regole sulla formazione del convincimento dell Ufficio, in relazione all acquisizione e alla valutazione degli elementi che giustifichino l emissione dell atto impositivo. La seconda - che risponde alle esigenze più specificamente garantistiche a favore del contribuente, desumibili dal combinato disposto degli artt. 3, 23 e 53 Cost. - è incentrata sulla possibilità per il contribuente di valutare la fondatezza delle ragioni
3 dell Amministrazione e, quindi, di sindacarne la legittimità attraverso una motivata impugnazione dell atto La pregnanza dell obbligo di motivazione, in relazione agli atti impositivi, si giustifica, peraltro, - com è del tutto evidente - con la natura di atti di esercizio di una pretesa autoritativa dell Amministrazione finanziaria, che li contraddistingue. Ne deriva un duplice corollario. Il primo, è che l obbligo di indicare rigorosamente nell atto, a pena di nullità, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell Ufficio, esclude che si possa differire ad una fase successiva l esplicitazione delle ragioni della pretesa tributaria (Cass /12). Il secondo, è che incombe sull Amministrazione finanziaria - come questa Corte ha più volte affermato (cfr. ex plurimis, Cass /12; 8136/12; 2908/13) - l onere di provare in giudizio la fondatezza della pretesa tributaria azionata; per il che, se l Ufficio non adempie tale onere probatorio, l accertamento, seppure motivato nell ambito del procedimento amministrativo, sarà considerato infondato nella sede processuale Il problema dell obbligo di motivazione si pone, per converso, in maniera del tutto diversa per quanto concerne l esercizio, da parte del contribuente, del diritto alla restituzione dell importo relativo ad un imposta che assume indebitamente versata. Il rimborso di imposta da, invero, origine ad un rapporto giuridico nel quale - con una netta inversione dei ruoli rispetto allo schema para-digmatico del rapporto tributario - è il contribuente a rivestire il ruolo attivo, assumendo nei confronti dell Erario la posizione di creditore di una determinata somma di denaro, per il fatto di avergliela in precedenza versata. Nelle ipotesi in cui - come nel caso concreto - detto credito nasca per effetto di un pagamento non dovuto, dunque, il divieto di arricchirsi indebitamente in danno di altri - costituente un principio generale dell ordinamento, compreso il diritto tributario, e pure a prescindere dall esistenza in esso di una norma specifica come quella dell art c.c. - comporta, infatti, un obbligo di restituzione a carico dell Ufficio. Quest ultimo viene, di conseguenza a rivestire nel rapporto - al contrario di quanto accade in quello impositivo, o in sede di riscossione, o nel rapporto sanzionato-rio - il ruolo passivo che pertiene al debitore nel rapporto giuridico ordinario Se ne deve necessariamente inferire che, al pari del c.d. silenzio rifiuto, il provvedimento espresso reiettivo dell istanza di rimborso del contribuente - non a caso accomunato al primo in sede di disciplina degli atti impugnabili in giudizio (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma, lett. g) - non può in alcun modo rivestire la valenza, sia sul piano formale che su quello sostanziale, di un provvedimento impositivo. E ciò non può non avere rilevanti ricadute anche sul tema - in discussione in questa sede - dell obbligo di
4 motivazione del provvedimento di diniego di restituzione dell imposta, che il contribuente assuma indebitamente versata Solo nei provvedimenti costituenti esercizio della potestà impositiva (o di quella di riscossione o sanzionatoria), invero, la motivazione dell atto - come previsto da espresse disposizioni di legge (L. n. 212 del 2000, art. 7, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56) - non può che essere esaustiva, essendo l Amministrazione, parte attiva del rapporto in qualità di creditore, tenuta ad esplicitare le ragioni in fatto ed in diritto della pretesa azionata, anche in vista di una possibile impugnativa giurisdizionale dell atto da parte del contribuente. E difatti - come dianzi detto - anche in sede giurisdizionale l Ufficio assume il ruolo di attore in senso formale e sostanziale, ed è tenuto ad adempiere il relativo onere probatorio Per converso, nel rapporto - a ruoli invertiti - che si instaura tra Amministrazione e contribuente per effetto della domanda di rimborso da questi proposta, alla motivazione del provvedimento di rigetto non può attribuirsi siffatto carattere di esaustività, giacchè in tale rapporto l Ufficio assume il ruolo passivo di colui che resiste alla pretesa creditoria del contribuente, e non è - pertanto - gravato dall onere di motivare compiutamente le proprie ragioni. Per il che, è evidente che in siffatta ipotesi deve ritenersi sufficiente ed adeguata una motivazione del diniego di rimborso che delinei gli aspetti essenziali delle ragioni del provvedimento, anche limitandosi ad affermare l insussistenza dei presupposti di legge per operare il rimborso richiesto (cfr., in termini, Cass /10) Questa Corte ha, di conseguenza, più volte avuto modo di precisare, al riguardo, che ove nella controversia instaurata dal contribuente si discuta del rigetto di un istanza di rimborso di un tributo, l Amministrazione finanziaria ben può prospettare argomentazioni giuridiche ulteriori rispetto a quelle che hanno formato la motivazione di rigetto della istanza in sede amministrativa. La posizione dell Ufficio, che si difende rispetto all impugnazione del rigetto di una istanza di rimborso, è - difatti - diversa rispetto a quella dell Ufficio che abbia esplicitato una pretesa impugnata dal contribuente, come un avviso di accertamento o di liquidazione o il provvedimento d irrogazione di una sanzione, nel quale ultimo caso l oggetto del contendere è delimitato in via assoluta dall atto impugnato. Nel caso dell istanza di rimborso reietta, invece, è il contribuente ad essere attore sostanziale nel giudizio di rimborso e, pertanto, l Amministrazione ha la facoltà di controdeduzione in giudizio, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, purchè nell ambito oggettivo della controversia (cfr. Cass /04; /04; 10797/10; 29613/11). E tale onere probatorio incombente sul contribuente non può - di certo - essere adempiuto, come è accaduto nel caso concreto, con la mera esposizione della propria pretesa restitutoria nella dichiarazione presentata in relazione alle imposte dirette o all IVA,
5 giacchè il credito fiscale non nasce da questa, bensì dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo previsto dalla legge (Cass /12) Orbene, con specifico riferimento al caso - ricorrente nella specie - della richiesta di rimborso proposta dal contribuente, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, questa Corte ha già avuto modo di affermare che il provvedimento con cui l amministrazione finanziaria neghi il diritto del contribuente al rimborso dell eccedenza detraibile, regolato dalla disposizione suindicata, per insussistenza dei fatti costitutivi del diritto indicati nella norma stessa, senza contestare l esistenza di un eccedenza d imposta dovuta, non ha, neppure sostanzialmente, natura di avviso di accertamento, che presuppone necessariamente una pretesa tributaria nuova dell Ufficio (Cass. 194/04). Ne consegue che l atto non deve avere una motivazione simile a quella prevista, dalle specifiche disposizioni di legge suesposte, per gli atti costituenti esercizio della potestà impositiva Nel caso di specie, il diniego - trascritto nel ricorso dall Agenzia delle Entrate - reca la seguente dicitura: dall esame della dichiarazione non risulta la sussistenza del presupposto indicato per la facoltà di richiedere il rimborso così come stabilito dal D.P.R. 633, art. 30, commi 2 e 3. Per cui l indicazione espressa nell atto della carenza dei presupposti di legge per l esercizio del diritto di rimborso, senza che, peraltro, sia stata contestata l esistenza dell eccedenza detraibile, per le ragioni in precedenza svolte vale, senz altro, ad escludere, al contrario di quanto - peraltro immotivatamente - opinato dal giudice di seconde cure, la nullità dell atto in parola, e - di conseguenza - la nullità del successivo ed accessorio atto di contestazione delle sanzioni. 3. Per tali motivi, pertanto, le censure in esame devono essere accolte. 4. L accoglimento del ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la Corte, nell esercizio del potere di decisione nel merito di cui all art. 384 c.p.c., comma 2, rigetta il ricorso introduttivo della società contribuente. 5. Le spese del presente grado del giudizio vanno poste a carico dell intimata soccombente, nella misura di cui in dispositivo. Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei gradi di merito. La Corte Suprema di Cassazione; P.Q.M. accoglie il ricorso; cassa l impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente; condanna l intimata al rimborso delle spese del presente
6 giudizio, che liquida in Euro 5.000,00, oltre alle spese prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito
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