Le cento Pasqualine. (Un viaggio nel gusto dal 1912) Testi di SEVERINO COLOMBO Fotografie di ANTONIO CASTELLANI - WALTER MEREGALLI

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1 Le cento Pasqualine (Un viaggio nel gusto dal 1912) Testi di SEVERINO COLOMBO Fotografie di ANTONIO CASTELLANI - WALTER MEREGALLI

2 A tutta la mia famiglia, ai miei figli Gabriele e Tommaso. Con l augurio che qualsiasi cosa vorranno fare da grandi, la facciano sempre con tanta passione e serietà. Riccardo Schiavi

3 Le cento Pasqualine (Un viaggio nel gusto dal 1912) DA UN IDEA DI RICCARDO ED ELENA SCHIAVI Progetto Grafico e Art Direction Walter Meregalli Copertina AA.VV. Testi Severino Colombo Curatore Editoriale Elena Schiavi Fotografie Antonio Castellani - Walter Meregalli Riferimenti web lapasqualina.it castellani.name waltermeregalli.it - waltermeregallifoto.com studiotm.org Stampato in Italia presso Arti Grafiche Turati - Desio (MI) Finito di stampare nel luglio 2012 TUTTI I DIRITTI RISERVATI - è vietata la riproduzione parziale o totale della presente opera senza l autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti d autore Crediti immagini: Foto di Antonio Castellani pg. 8 - pgg. 12/13 - pg pgg. 22/23 - pgg. 24/25 - pgg. 32/33 - pgg. 34/35 - pgg. 36/37 - pgg. 38/39 - pg pgg. 48/49 - pgg. 50/51 - pg pgg. 60/61 pgg. 62/63 - pgg. 70/71 - pgg. 72/73 - pgg. 86/87 - pg.88 - pg pg pgg. 100/101 - pgg. 102/103 - pgg. 104/105 - pgg. 106/107 - pg pgg. 146/147 pgg. 148/149 - pg pg pgg. 172/173 - pg pgg. 176/177 - pgg.184/185 - pgg. 186/187 - pgg. 188/189 - pgg. 196/197 - pgg. 198/199 - pg. 209 pgg. 212/213 - pgg. 216/217 Foto di Walter Meregalli pg. III - pgg. 10/11 - pg pgg. 28/29 - pg pg pg.55 - pg pg pg pgg. 78/79 - pg pgg. 82/83 - pg pg pg pgg. 118/119 pg pgg. 122/123 - pg pgg. 126/127 - pg pg pgg. 152/153 - pg pg pgg. 158/159 - pg pg pg pg. 191 pgg. 192/193 - pg pg pg pg pg pg pg pg. 223 Foto archivio personale famiglia Schiavi e famiglia Preda pg. 2 - pg. 5 - pg. 7 - pg pg pg pg pg pg pg pg pg. 142 I- PROLOGO 1 - PIERO E PASQUALINA (dove scopriamo che tutto nasce da un sogno) 22 - IL LATTE - Scheda ingredienti (per dirla tutta, un alimento galattico) 26 - IL PASTORE DI API (Andrea Paternoster) 32 - IL MIELE - Scheda ingredienti (cibo degli dei) 36 - UOVA, BURRO, FARINA - Scheda ingredienti (protagonisti assoluti di ogni ricetta) 41 - TELEVISIONE E GELATO (dove cambiano le mode ma non i gusti) 70 - LE CILIEGIE - Scheda ingredienti (come si suol dire, una tira l altra) 74 - LO GNOMO DELLE CASTAGNE (Raffaele Corrado) 80 - IL MOLTIPLICATORE DI FRUTTI (Romano Micheletti) 86 - MANDORLE E NOCCIOLE - Scheda ingredienti (streghe, fate e tanta salute) 91 - NON SI SCHERZA CON NONNO LUIGI (dove il carattere burbero nasconde il cuore vero) IL FRATELLO DEI LIMONI (Luigi Aceto) L' ACCADEMICO DELLE MANDORLE (Pasquale Campobasso) LA ROSA (dove ci imbattiamo in un vulcano) IL PISTACCHIO - Scheda ingredienti (l oro verde) IL SOMELIER DELLE NOCCIOLE (Emanuele Canaparo) IL PERSONAL TRAINER DELLE MUCCHE (Ivan Avogadro) QUESTA È CASA MIA (dove scopriamo i veri ingredienti) LA LIQUIRIZIA - Scheda ingredienti (la dolce radice ricca di misteri e proprietà) IL CUSTODE DELLA LIQUIRIZIA (Fortunato Amarelli) I LIMONI - Scheda ingredienti (trombe d oro della solarità) MOTO PERPETUO (dove non si finisce mai di imparare)

4 Alcuni momenti salienti Il Ristoro Cacciatori diventa Bar dei Tennis Preda PIERO DAINA e PASQUALINA LOCATELLI si sposano e aprono il Ristoro Cacciatori Pasqualina LUIGI PREDA e LINA LOCATELLI si sposano LUIGI e LINA si trasferiscono ad Almenno dove vivono con i loro figli EDDA, ABELE, PIERO, ROSA, TINA, FRANCO, MARINELLA sopra il locale di ZIA PASQUALINA LUIGI costruisce i campi da tennis ROSA si sposa con ALBERTO. Avranno due figli: RICCARDO e ELENA FRANCO, con la moglie LISETTA, ristruttura il locale che torna al nome originale: La Pasqualina RICCARDO subentra agli zii nella gestione del locale LA PASQUALINA apre a Bergamo LA PASQUALINA compie 100 anni e apre a Porto Cervo LINA e LUIGI prendono in gestione dalla zia il locale

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6 Un viaggio nel gusto dal 1912 PROLOGO C era una volta... Non può che iniziare come una favola la storia di un luogo come la Pasqualina dove si sono intrecciati i destini di molte generazioni, di tante persone e di una sola famiglia. Una favola che inizia esattamente un secolo fa, nel 1912, quando la Pasqualina era il nome di una persona, prima ancora che di un luogo. E che continua ancora oggi, che Pasqualina è il nome di un luogo, con dietro molte persone. I

7 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 Primo fra tutti Riccardo, bisnipote della fondatrice, che dalla metà degli anni Novanta ha preso in mano il locale - allora una trattoria, oggi una pasticceria - e l ha fatto crescere. In un secolo molto è cambiato: il luogo, il paesaggio attorno, le persone, gli obiettivi e le aspettative. A restare identici sono i valori che per cento anni hanno tenuto insieme una famiglia. Passati da una generazione all altra. Quasi entrati nel Dna di chiunque - e sono molti - abbia fatto qualcosa per mantenere in vita e alimentare un sogno. Dopo un secolo è sempre la stessa storia che si ripete: quella di chi, con determinazione e sudore, entusiasmo e fatica, rende fertile un terreno perché possano crescere frutti genuini e perché questi frutti - come è nella natura di chi fa il ristoratore - possano essere goduti, gustati e apprezzati da altri. Riccardo ha seminato qualcosa ogni giorno in questi ultimi diciassette anni; lo stesso hanno fatto altri prima del suo arrivo. Ora che i frutti stanno crescendo vuole conoscerne le radici, appropriarsi di un passato che già gli appartiene e che, quasi senza saperlo, aveva dentro. È lui il motore di questa storia, ma non è lui il protagonista, ciò a cui tutto ruota attorno è un luogo. Riccardo Schiavi, nella Pasqualina di Bergamo. II III

8 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 PIERO E PASQUALINA (dove scopriamo che tutto nasce da un sogno) IV 1

9 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 PIERO E PASQUALINA Pasqualina - anzi zia Pasqualina oggi nel ricordo di nipoti e bisnipoti - era allora una bella ragazza, bionda con gli occhi verdi. Una bellezza genuina da far perdere la testa agli uomini del piccolo paese della Bergamasca, Almenno San Bartolomeo, dove inizia questa storia. E proprio questo accadde a Piero. Il giovane, con alle spalle il diploma di scuola media commerciale, aveva fatto fortuna all estero, in Argentina. Non è chiaro se fosse partito già accarezzando il sogno di metter su famiglia con Pasqualina o se il colpo di fulmine avvenne al ritorno a casa. Piero e Pasqualina il giorno delle nozze. 2 3

10 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 «Piero era innamoratissimo. È lui l artefice di tutto. Ha costruito un sogno e l ha dedicato alla ragazza di cui era innamorato» Ma, tutto sommato, poco importa. Conta che, da Piero a Riccardo, quella della Pasqualina, a guardarla da fuori, è un avventura fatta di mille partenze e di altrettanti ritorni. E conta che con i soldi guadagnati lontano da casa Piero compra un terreno alle porte del paese, che dobbiamo immaginare allora come un luogo in aperta campagna. Quasi un paradiso incontaminato. Non solo due cuori e una capanna, come dice il proverbio, ma qualcosa di molto più solido e duraturo: un edificio che è sia casa sia luogo di lavoro, attorno i campi che con i loro frutti sono la base dell economia domestica. La prima Pasqualina è un atto d amore. «Piero era innamoratissimo. È lui l artefice di tutto. Ha costruito un sogno e l ha dedicato alla ragazza di cui era innamorato» racconta la nipote Marinella. È lei la guida - la prima - in questo lungo viaggio nel passato della famiglia. Nata in una famiglia di nove fratelli, Marinella fu affidata dalla madre alla cure dei nonni. Piero e Pasqualina erano i prozii di Marinella che, non avendo avuto bambini, avevano già cresciuto Carolina. «Avevano cresciuto mia mamma Carolina, Lina; e Un atto d amore lo si può ritrovare anche in un documento notarile. Nella pagina accanto, l atto di acquisto della proprietà di Almenno San Bartolomeo, datato 3 giugno 1912 e depositato presso il notaio Camillo Dolci. 4 5

11 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 poi mia mamma, sempre per non lasciarli soli, mi affidò alle loro cure». Mamma Lina si era sistemata non molto lontano, a Brembate, con la famiglia («La strada era sterrata e ricordo che mio padre mi portava da una casa all altra in motoretta, un Galletto»). Marinella, classe 1944, dagli zii trascorre l infanzia e la giovinezza: «una vita serena e spensierata fino ai 18 anni - sottolinea - piena di bei momenti». Dello zio Piero, Marinella ha un ricordo dolce. Di una persona speciale, molto affettuosa, un uomo semplice e di buon cuore: «uno con cui era impossibile non andare d accordo». Una leggera balbuzie lo rendeva ancora più simpatico agli occhi della nipotina. Ne prendeva sempre le difese quando, per qualche motivo, la zia la rimproverava; sempre disposto a coprire le sue marachelle. Avendo la passione per la caccia, talvolta portava la piccola Marinella con sé nei boschi, nonostante sapesse come sarebbe andata a finire. «Non volevo che catturasse gli uccellini e lui mi accontentava, ma per non tornare a mani vuote prima di rientrare andava a comprarne due sporte da un amico cacciatore». Almenno San Bartolomeo in tre cartoline dei primi del

12 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal «Le brioches le fate voi?». Fino a un paio d anni fa una domanda del genere, pur fatta senza malizia né cattive intenzioni, era il modo per mettere a disagio Riccardo. Perché, da persona schietta e abituata a dire la verità, era costretto ad ammettere che: no, le brioches non erano farina del suo sacco. «Dare questa risposta, lo confesso, mi faceva soffrire» dice Riccardo. È anche per questo che ha deciso di comprare una sfogliatrice, anzi la Ferrari delle sfogliatrici. «È la migliore al mondo». Così alla domanda «Le brioches le fate voi?» la risposta è cambiata: sì, ora sono made in Pasqualina: «La macchina può sfornare cinquemila brioches al giorno» spiega con orgoglio. E aggiunge: «Ma ne produciamo tremila a settimana. Solo per noi». È una scelta per difendere e salvaguardare l unicità del prodotto. «Le nostre brioches si trovano solo da noi». La filosofia alla base di questo episodio è la stessa che Riccardo ha già messo in atto per altri prodotti di punta della pasticceria come il gelato e il cioccolato. «L obiettivo - spiega - è arrivare a produrre tutto da noi, in casa». Che è una novità, ma per uno strano destino di corsi e ricorsi storici era proprio ciò che accadeva già alle origini della Pasqualina «Le nostre brioches si trovano solo da noi». 8 9

13 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 Il laboratorio: il motore, il cuore della Pasqualina di oggi. Un momento della preparazione dei Pasqualini, biscotti fatti soltanto con ingredienti naturali

14 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal

15 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal Va bene l amore, ma di cosa vivevano Piero e Pasqualina? Nei primi anni di attività la destinazione d uso del locale era varia: ristorazione, mescita di vino e produzione di alimenti. Nasce così, con un nome quasi obbligato e una dedica ad personam, il Ristoro Cacciatori Pasqualina che, passato indenne attraverso due guerre, ampliato e ristrutturato è tutt ora sede della pasticceria che porta quella dedica nel nome. L immagine della trattoria come si presentava agli occhi dell avventore affiora vivida e poetica: «era un luogo magico e incantato». A far da cornice all edificio - nello spazio oggi occupato dai capannoni di famiglia e in quello dove saranno collocati per alcuni decenni i tre campi da tennis - era una distesa di vigneti. Un Paradiso verde che faceva somigliare la Lombardia di allora alla Toscana di oggi. Completavano il quadro da giardino di delizie un frutteto, un pollaio, collocato sul retro nell aia aperta della trattoria, e un campo di girasoli. All interno la sala era allora molto semplice e spartana: un bancone, di dimensioni ridotte rispetto a quello attuale, dava il benvenuto all ingresso; davanti ad esso erano posizionati alcuni tavoli per mangiare, dove clienti abituali si intrattenevano giocando a carte. «Era un luogo magico e incantato. Lì la sera lo zio Piero mi raccontava storie fantasiose» 14 15

16 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 Spiccava un enorme camino dentro il quale ci si poteva sedere per scaldarsi nella stagione fredda, «lì la sera lo zio Piero mi raccontava storie fantasiose». All avvenenza la padrona di casa univa altre virtù: innanzitutto era un ottima cuoca. La ristorazione aveva il suo punto di forza in piatti della tradizione popolare, una cucina povera e di sostanza, che oggi è tornata di moda. Nel menù della trattoria non mancavano mai trippa («che veniva servita in tazza»), faraona e selvaggina, rigorosamente accompagnate da polenta. Zia Pasqualina era ligia al dovere dell accoglienza: «Alle sei di mattina quando arrivavano i primi clienti era già in piedi». A decenni di distanza le abitudini non sono davvero cambiate di molto: oggi tocca ad Alberto, il padre di Riccardo, aprire ogni giorno la pasticceria all alba e viziare i primi clienti con brioches appena sfornate. Della mescita di vino era restata testimonianza nelle grandi botti ritrovate negli anni Sessanta in cantina. Ma l aspetto più interessante, in chiave prospettica, è legato alla produzione propria di alimenti che, iniziata fin dai primi anni, è continuata fino almeno alla metà degli anni Cinquanta. «Ogni giorno un contadino della zona portava il latte fresco con cui la zia Pasqualina faceva burro e taleggio che poi vendeva». Lo spazio adibito alla lavorazione era adiacente all osteria; una sala oggi recuperata nella nuova Pasqualina. Allora era zona vietata ai non addetti ai lavori e forse proprio per questo meta di furtive In una foto del 1898, Pasqualina, in piedi a sinistra, è ritratta con la madre Maria, seduta al centro, le quattro sorelle, Caterina, Maria, Carolina, Anna e il fratello Pasquale

17 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 scorribande della piccola Marinella: «C era un odore molto forte, ma entrarci valeva sempre la pena. Di nascosto andavo a mangiare la panna che si formava sul latte». e commerciale, si ritrovavano nel loro piccolo anche alla Pasqualina di allora: «si allestivano tavoli all aperto, c erano musica, balli e canti». Era l occasione per gare di imitazione del canto degli uccelli, a bocca libera o con zufoli, strumento nella cui Già all epoca uno dei momenti più attesi dell anno era, a metà agosto, la Fiera degli Uccelli nel paese limitrofo di Almenno San Salvatore. La tradizione, tutt ora viva, fu istituita nel 1934 per dare spazio e riscontro ad una attività praticata in tutte le cascine del luogo, l allevamento degli uccelli da richiamo, utilizzati nei capanni e nei roccoli della Lombardia e del Veneto. Come a dire che accanto all aspetto folcloristico legato all uccellagione ce ne era anche un altro, economico, che negli anni era cresciuto e che trovava compiuta espressione in una sagra di grande richiamo, un evento talmente popolare per il territorio che c è ancora adesso chi colleziona le cartoline dell epoca con scritte del tenore Polenta noa, ùsei de passada, ì de butiglia; l è ona paciada! (ovvero polenta appena fatta, uccelli di passo e vino di bottiglia; che bella mangiata ). Ma la sagra era anche, si direbbe oggi, una fiera di settore in cui convenivano addetti ai lavori da provincie e regioni vicine. Entrambi gli aspetti, folcloristico costruzione erano famosi gli artigiani della Valle Imagna. L evento, allora, aveva il carattere di una festa popolare: Zia Pasqualina, che aveva il senso degli affari, in quell occasione chiedeva alla giovane nipote di stare sulla soglia dell osteria: «le prime volte non comprendevo perché. Poi ho capito, era per attirare clienti». Consapevole della sua bellezza e con un pizzico di vanità civettuola tutta femminile Pasqualina amava essere al centro dell attenzione, ricevere sguardi di spasimanti, che poi con carattere fermo sapeva tenere a distanza. Il suo profilo si rispecchia alla perfezione in un aneddoto ricordato dalla nipote: «Avevo sedici anni e un cliente entrando mi guardò, poi si rivolse alla zia e le disse che ero proprio una bella ragazza». Poteva finire lì, invece, Pasqualina, per non concedere alla nipote la soddisfazione di aver ricevuto un complimento, rispose all avventore: «se trova bella Marinella, non ha visto le sue sorelle!». Il colpo basso fu però ricambiato alla prima occasione. «C era un odore molto forte, ma entrarci valeva sempre la pena. Di nascosto andavo a mangiare la panna che si formava sul latte»

18 Le cento Pasqualine Venuta a conoscenza di un vecchio spasimante della zia, Marinella le giocò un brutto tiro. «In paese abitava un signore che da sempre era invaghito di mia zia, tanto da averne un ritratto in casa. Pensando proprio a lui le dissi che lo avevo incontrato per caso e che mi aveva fatto dei gran complimenti gli ricordavo qualcuno, disse. Raccontai poi alla zia che - saputo che ero la nipote della Pasqualina - mi disse che ero ancora più bella di lei da giovane!». Anche stavolta però la spuntò la zia che sbottò in un commento lapidario: «Si vede che non si ricorda come ero». In ogni caso Marinella non svelò mai alla zia il suo piccolo segreto. Nel 1952 la scomparsa dello zio Piero segna la fine di un epoca. La zia Pasqualina ora, nella gestione del locale, si fa aiutare da Carolina, mamma di Marinella, e da suo marito Luigi. Di lì a poco si trasferiranno nei locali sopra l osteria con la numerosa famiglia. Le cose alla Pasqualina stavano per cambiare Alcuni schizzi relativi al Ristoro Cacciatori Pasqualina, quella che poi sarebbe diventata La Pasqualina. In una foto degli anni 50, Pasqualina Locatelli si affaccia da una finestra sopra il suo locale

19 Le cento Pasqualine Ingredienti e materie prime. Tra storia e curiosità. Il Latte 22

20 Un viaggio nel gusto dal 1912 Il Latte (per dirla tutta, un alimento galattico) Il latte è da sempre simbolo di vitalità. Nel sapere popolare gli vengono attribuite capacità quasi universali di restaurare forza vitale e gioventù: rimedio per il raffreddore, antidoto ai veleni, cura di bellezza. È un alimento primordiale, il primo di cui tutti i mammiferi si nutrano, ed è preposto alla crescita. La mitologia Greca associa il latte ai misteri dell universo. Zeus desiderava che il proprio figlio illegittimo Eracle, nato dall unione con una mortale e perciò egli stesso mortale, succhiasse il latte dal seno di sua moglie. Era per acquisire la vita eterna. Furtivamente, di notte, il padre degli dei mise il bimbo sul petto di Era dormiente. La dea però se ne accorse e lo scacciò. Uno schizzo di latte bagnò il cielo nero, che da allora è striato di bianco. Si originò così la Via Lattea, la nostra galassia: gli ammassi di stelle si indicano con un termine che deriva direttamente dalla parola greca gala, cioè latte. Gli antichi greci non erano gli unici a formulare fantasie siderali sull origine di questo alimento fondamentale. Italo Calvino nelle Cosmicomiche (1965) immagina che anticamente gli esseri umani salissero sulla Luna per raccogliere latte dai suoi crateri. Il latte lunare di Calvino è un alimento «molto denso, come una specie di ricotta. Si formava negli interstizi tra scaglia e scaglia per la fermentazione di diversi corpi e sostanze di provenienza terrestre». Anche se le sostanze di cui lo scrittore fa un lungo elenco sono del tutto improbabili, il suo rimane un delicato omaggio fantascientifico alle reali ricchezze del latte, che contiene praticamente tutti i principi nutritivi necessari all alimentazione umana: proteine, grassi, zuccheri, vitamine (A, B2, B12) e sali minerali (calcio, fosforo, zinco, potassio e sodio). Insomma, un cibo galattico. 25

21 Piccole grandi storie, sogni, passioni e altro ancora. il pastore di api 26 27

22 Andrea Paternoster 46 anni «Ogni anno a primavera mi crescono le ali e le antenne, ogni anno divento un ape». Rivela con tono serio, convincente, Andrea Paternoster. «Solo così riesco a guardare il mondo dal loro punto di vista, dall alto». Dietro questa metamorfosi c è la storia di una famiglia nelle cui vene da oltre novant anni scorre il miele: «Quando hai un nonno che ti ha regalato nome e cognome e che ti ha fatto conoscere il mondo delle api hai il destino segnato; lo è stato ieri per mio padre, lo è oggi per me e forse lo sarà domani per le mie figlie»

23 GUARDO I PRATI COME LI GUARDEREBBERO LE MIE API Di suo Andrea - 46 anni, creatore del marchio d eccellenza Mieli Thun - ci ha aggiunto l orgoglio con cui svolge questo mestiere - «fare qualcosa che sia bello da raccontare ai propri figli» - e la sintonia, profonda e totale, con la natura. «Essere apicoltore significa avere un contatto diretto con il mondo vegetale: conoscere le fioriture, la meteorologia, l orografia del territorio». Il suo è un lavoro nomade e poetico: come un pastore porta a spasso il gregge di api. «Sono gli unici animali che mentre si nutrono non distruggono ma anzi donano la vita perché impollinano il fiore. Ape, nella mia testa, è una parola che fa rima con vita». Andrea non si accontenta di produrre miele in Trentino, in Val di Non, ma viaggia dalle Alpi al Meridione, in cerca dei pascoli migliori. «Quando trovo un posto adatto, lascio le api vuote a inizio fioritura e dopo dieci giorni, prima che cominci la successiva, le riprendo». Così il miele che produce non è solo monofloreale, cioè da una sola specie di fiore o albero, ma addirittura da monofioritura, legato a una singola fioritura, in un determinato posto. «L idea è venuta dal vino - spiega - Per ogni piatto c è un vino diverso e appropriato, perché non poteva essere lo stesso con il miele?». Con cura maniacale Andrea è andato anche oltre: «il miele di quintessenza», una sorta di cru, si direbbe in enologia, «prodotto solo con nettare raccolto al culmine della fioritura; le possibilità di contaminazione con altri nettari sono ridotte al minimo». Il sogno che sta realizzando l ha chiamato Rinascimento del miele significa «riportarlo al ruolo originario di prodotto nobile dell alimentazione». Due le strade: la valorizzazione della biodiversità - «delle circa 18 mila specie vegetali dell Europa, quasi la metà, 8 mila, sono presenti in Italia» e la diffusione della cultura del miele - «è molto di più di un medicamento per i mesi piovosi o di un toccasana per il mal di gola e altri malanni». In questo percorso non è solo: ha trovato la collaborazione, oltre che delle api, di botteghe, ristoratori, chef e pasticceri che ne dimostrano la versatilità in cucina e nell alimentazione quotidiana

24 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 Ingredienti e materie prime. Tra storia e curiosità. Il miele 32 33

25 Un viaggio nel gusto dal 1912 Il miele (cibo degli dei) Veniva chiamato Cibo degli Dei e mai nome fu più meritato. La storia del miele è intrecciata a leggende, miti e racconti che si perdono nel passato millenario. Fu usato nell antico culto di Mitra, celebrato dai filosofi, ne parlava la Bibbia: miele selvatico e cavallette il menù di Giovanni il Battista nel deserto. Gli Egizi ne mettevano alcuni vasi nelle tombe accanto ai defunti, perché rendesse più dolce l ultimo viaggio, dopo avere addolcito la vita. Per secoli - fino alla scoperta dell America che segnò la massiccia diffusione della canna da zucchero - aveva in esclusiva la virtù di rendere più dolce la vita. Ma i suoi usi spaziano da quello alimentare a quello rituale; Greci e Romani ne scoprirono il valore curativo ed estetico. A Sparta era usato perfino nell imbalsamazione dei sovrani. Pare che il matematico Pitagora, vissuto nel VI secolo a.c., si nutrisse solo di quello. Mica male come regime alimentare visti i risultati geniali raggiunti: ancora oggi sui banchi di scuola si studia il suo teorema. E a proposito di calcoli: quanto dovrebbe volare e quanti fiori dovrebbe visitare una singola ape per produrre 1 kg di miele? Le cifre sono da capogiro: l insetto dovrebbe compiere 60 mila viaggi di andata e ritorno dall arnia per un totale di 150mila km ovvero quattro volte il giro della terra; e fare 82 milioni di passaggi da un fiore all altro per raccoglierne il nettare. Il tutto in 50 giorni che è la durata del ciclo vitale delle api operaie (la regina può vivere invece fino a 5 anni). Per loro fortuna le api non lavorano da sole ma in squadra. Un alveare di 30mila api ogni giorno visita in media 225mila tra fiori e piante: vale a dire che per 1 kg di miele bastano 2 milioni e settecento viaggi

26 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 Ingredienti e materie prime. Tra storia e curiosità. uova, burro, farina 36 37

27 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 uova, burro e farina (protagonisti assoluti di ogni ricetta) I tre ingredienti insieme sono l ABC della pasticceria, l equivalente in poesia della rima baciata cuore-amore o per dirla con un ritornello pop di qualche anno fa, sono come Sole Cuore Amore. Insomma uova, burro e farina sono qualcosa senza cui il sentimento non lievita e neppure la torta. Impossibile sapere chi per primo abbia deciso di farli incontrare. Infine, a completare la triade c è il burro, alimento ricco di vitamine che si ottiene dalla Le uova sono simbolo di vita, ma anche un alimento presente sulle tavole di tutto il mondo. Nell antichità già gli Egiziani e poi i Greci allevavano galline, mentre i Cartaginesi preveferivano mettere in tavola uova di struzzo. È nato prima l uovo o la gallina? L enigma è destinato a rimanere senza soluzione. Meglio allora cambiare domanda: viene prima l uovo o la farina? In un diagramma evolutivo l uovo sta all uomo cacciatore, come la farina all uomo coltivatore. Nella storia dell alimentazione vince l uovo, ma in cucina non è così: senza una montagnetta di farina in cui adagiare le uova è impossibile fare un impasto! La farina si ottiene macinando lavorazione della crema di latte ovvero dalla panna. Pare che la sua storia risalga ad almeno duemila anni prima di Cristo, e che in origine non fosse usato come alimento ma nella cosmesi, nella cura del corpo e in medicina come unguento. Asia, Europa o Mediterraneo, quale che sia patria del burro, si doveva comunque trattare di una regione settentrionale: il processo attraverso cui si forma il burro (detto burrificazione) richiede una temperatura non superiore ai 15 gradi. In Italia, per legge, quando si parla di burro si intende un prodotto di latte vaccino, ma esiste anche di capra e all estero di yak. Per un chilo di burro occorrono circa 25 kg di latte. cereali - soprattutto grano, ma anche mais, segale, riso o miglio - e altri prodotti come legumi (ceci, piselli, fagioli, soia), fecole (patate, castagne, tapioca). Ogni farina ha caratteristiche diverse, ma tutte sanno soddisfare il palato. Meglio, invece, tenersi alla larga dalla farina fossile, fatta con i gusci di alghe: fu usata da Alfred Nobel come ingrediente per la dinamite. Quello che insieme i tre amici possono fare in cucina lo raccontano manuali ed enciclopedie e lo confermano le pance dei golosi. Del resto, ogni ricetta che li vede protagonisti riesce gustosa, forse perchè la bontà è scritta dentro i loro nomi: BUrro uova farina

28 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 TELEVISIONE E GELATO (dove cambiano le mode ma non i gusti) 40 41

29 Un viaggio nel gusto dal 1912 TELEVISIONE E GELATO «Con l animo profondamente commosso diamo il seguente triste annuncio: il Sommo Pontefice Giovanni XXIII è morto». Ad Almenno San Bartolomeo la notizia della scomparsa del papa bergamasco - era nato nel 1881 in un paese non lontano da lì, a Sotto il Monte - arriva il 3 giugno 1963 attraverso la televisione. Con lo stesso mezzo erano arrivate quattro anni prima, nel 1958, le immagini della sua elezione al soglio pontificio in quello che, secondo il critico televisivo Aldo Grasso, fu il primo media-event italiano. La Rai aveva iniziato le proprie trasmissioni nel Allora erano pochissimi a possedere un apparecchio; gli abbonati erano circa 88mila e il 42 43

30 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 A seguire sul piccolo schermo la notizia della morte del Papa BUono c era più o meno tutto il paese La rivoluzione, nel 95, è iniziata con il gelato. Spiega Riccardo: «Il fatto è che la gente guarda prima il colore: il verde è per il pistacchio, anche se poi il sapore nella maggior parte dei casi non ha nulla a che fare con il gusto vero costo medio di un televisore si aggirava sulle 250mila lire. La visione era pubblica, collettiva e condivisa e avveniva il più delle volte in luoghi di ritrovo o in esercizi commerciali: bar, latterie, trattorie. In quegli anni il Ristoro Cacciatori Pasqualina non era certo l unica osteria del paese, ma era l unica con un apparecchio televisivo. A seguire sul piccolo schermo la notizia della morte di Papa Giovanni XXIII nel locale c era più o meno tutto il paese. E il pienone si ripeterà qualche mese dopo, nel novembre dello stesso anno, per le immagini dell attentato a Kennedy. Più che su novità e potenzialità del mezzo vale qui la pena di soffermarsi sulla scelta di una realtà periferica e di paese, quale era la Pasqualina negli anni Cinquanta, di possedere un televisore. A posteriori, è la dimostrazione della lungimiranza di chi allora teneva le redini del locale. Investire su quello che allora era l ultimo ritrovato della tecnica non è altro che la capacità di cogliere cambiamenti in atto nella società e di intuire, prima di altri, mode e tendenze di successo. Le stesse virtù che vanno riconosciute a chi la Pasqualina la guida cinquant anni dopo. del frutto». Così fin da subito si è dato una regola: «se è pistacchio deve sapere di pistacchio». Semplice da dire, meno da mettere in pratica perché significava puntare innanzitutto sulla qualità del prodotto. Per tenere fede al proposito il suo gelato era fatto con i pistacchi di Bronte ben prima che, nel 2009, l Unione Europea conferisse al prodotto l etichetta DOP (Denominazione di Origine Protetta), facendolo conoscere e diventare quasi di moda. «All inizio - racconta - in molti erano diffidenti perché il gelato non era del colore verde cui erano abituati e dopo averlo assaggiato alcuni si stupivano che sapesse davvero di pistacchio». Il pistacchio è il fiore all occhiello della Pasqualina. O meglio uno dei fiori all occhiello, perché negli anni si sono aggiunti menta («che da noi è bianca perché è fatta non con coloranti ma a partire dalle foglie»), zabaione e castagna. Mai sentito parlare di Calizzano? La materia prima per il gelato alla castagna della Pasqualina viene da quella località della Val Bormida. «Questo gusto ce l abbiamo in pochi: noi e qualche gelateria nei dintorni di Calizzano» dice con orgoglio Riccardo. Per ora! - viene da aggiungere - Visto come è andata con i pistacchi di Bronte

31 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal Lo stesso anno di Papa Giovanni XXIII muore anche Pasqualina, dopo essere stata per oltre mezzo secolo l anima del locale. L osteria passa in mano alla nipote Lina che da qualche anno con il marito Luigi aveva affiancato Pasqualina nella gestione quotidiana. Nel locale c era la tv, come ricordato, e già sul finire degli anni Cinquanta in molti si ritrovavano lì per seguire le puntate del popolare quiz Lascia o raddoppia?. «Le donne si portavano da casa le sedie - aggiunge Donatella - e a turno gli uomini la legna per il camino con cui si riscaldava la sala». Donatella, per tutti Tella, è la figlia della balia che crescerà Riccardo e come una sorella per lui; abitava a un passo dalla trattoria. È sempre stata una di famiglia, la sua vita è ruotata (e continua tutt ora a ruotare) attorno alla Pasqualina. «Si pagavano cinque lire per poter assistere alle trasmissioni» aggiunge Manuela, figlia maggiore di Edda, una delle 3 sorelle di Marinella, primogenita di Lina e Luigi. Anche le loro vite sono strettamente legate a questo luogo. Edda proprio in quegli anni apre nei locali adiacenti alla trattoria - dove oggi è stata ricavata una saletta - un negozio di parrucchiera. Non ci sono molte notizie al riguardo, ma di una cosa Manuela è certa: «era il primo negozio del genere, in paese». La rivoluzione è iniziata nel se è pistacchio, deve sapere di pistacchio

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34 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal «Un bravo ristoratore deve essere davanti agli altri; un passo in più dei concorrenti, mezzo passo sui clienti, per anticipare i cambiamenti di gusto» parola di Riccardo. A 27 anni, quando prende in mano la Pasqualina ha le idee chiare: «dal primo giorno ho iniziato a investire sulla qualità del prodotto». Ma la prima cosa da far quadrare erano i conti: «la sera, quando chiudevo il locale, mi mettevo a un tavolo e provavo a capire dove volevo andare e come fare per arrivarci». Si trattava, per cominciare, di trovare i soldi da investire nella produzione. «Mi addormentavo a tarda notte, quand era già l alba». È il periodo in cui Riccardo con piccole idee che colgono perfettamente le nuove esigenze del momento allarga il giro dei clienti. «Nei week end si lavorava bene, ma volevo che ci fosse gente anche durante la settimana così ho preso contatto con una ditta che produce giochi da tavolo e me li sono fatti mandare». Negli anni Novanta la Pasqualina vestita da ludoteca funziona a pieno regime sette giorni su sette. Sempre per venire incontro alle mode (e agli appetiti notturni) di un pubblico giovane, Riccardo lancia lo spuntino di mezzanotte: brioches fresche e pane appena sfornato. La cosa già funzionava in grandi città, ma in un piccolo paese era una novità assoluta. Superate di slancio le difficoltà del periodo iniziale ( I primi sei mesi sono stati i più duri ) Riccardo può finalmente cominciare a investire sul prodotto: il gelato, innanzitutto, che finora era prodotto da un laboratorio artigianale esterno. «Non bastava, volevo che il mio gelato fosse unico e solo nostro»

35 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 Per garantire l alta qualità c era un solo modo: seguire la lavorazione in tutte le fasi. «D ora in poi il gelato ce lo facciamo noi» più o meno con queste parole Riccardo ha comunicato la novità allo staff della Pasqualina. Per fare spazio a mantecatori e pastorizzatori ha chiesto e ottenuto dallo zio Abele un pezzo del capannone adiacente, divenuto un laboratorio. Da allora la formula del «d ora in poi facciamo da noi» i collaboratori di Riccardo se la sono sentita dire più di una volta: per il cioccolato come per le brioches. E pure, per un altro primato del locale: la preparazione di infusi e tè in foglie. Per la degustazione del tè è stata creata una apposita sala; la stessa che mezzo secolo prima aveva ospitato il negozio di parrucchiera della zia Edda. Anni 60. Già dalla fine degli anni Cinquanata, poi nel decennio successivo, la Pasqualina - nel senso della trattoria al piano di sotto, ma pure del mondo di affetti e relazioni familiari, al piano di sopra - ruota attorno a Lina e Luigi. Marinella in proposito riferisce di una felice mescolanza dei due piani, il privato e il pubblico, che rimarrà una costante anche nei successivi decenni. Di quando «alla fine dell inverno dalle stanze di sopra si portavano al pian terreno i materassi che nella sala della trattoria venivano aperti per cardare la lana» oppure delle volte che a locale chiuso «noi delle generazioni più giovani mettevamo su i dischi e l osteria diventava una sala da ballo»

36 Un viaggio nel gusto dal 1912 I figli davano una mano pure dietro il bancone e in cucina, prima di sposarsi e prendere, lavorativamente, altre strade. Tra questi anche Rosa, mamma di Riccardo, che già allora si muoveva con il piglio del comando. È lei a rinnovare l immagine del vecchio Ristoro Cacciatori, senza tradirne lo spirito: il locale mantiene il carattere di un ritrovo semplice e alla mano, ma con l aggiunta di un impronta più moderna e al passo con i tempi. Vale in proposito l introduzione di un cocktail come lo Skiwasser (succo di limone, sciroppo di lampone e soda). Anche qui, un idea semplice ed efficace. La novità ebbe un immediato successo anche perché faceva sentire i clienti della Pasqualina al pari di quelli dei ritrovi montani più in dell epoca. Sul piglio di Rosa ricorda Tella: «Ero la più piccola, facevo un po di tutto. Rosa era molto esigente passavo le mattinate a lucidare le mele da mettere sulla tavola. Mi sembrava di essere Ceneretola. Guai se non luccicavano a dovere». Lina e Rosa, mamma e figlia, erano diverse per carattere, molto legate anche se spesso in disaccordo. In una cosa erano simili: l attenzione e la professionalità con cui svolgevano il lavoro. «A loro non scappava niente» sintetizza in maniera efficace il nipote Luigi, figlio di Abele. Nonna Lina nel ritratto del nipote, pure cresciuto alla Pasqualina (il padre aveva un attività imprenditoriale nei terreni attigui alla trattoria) appare così: «Era un ottima cuoca, aveva il senso del commercio ed era una persona molto generosa; La Pasqualina - nel senso della trattoria al piano di sotto, ma pure del mondo di affetti e relazioni familiari, al piano di sopra - ruota attorno a Lina e Luigi

37 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 divideva sempre il cibo che rimaneva dopo la chiusura serale con chi restava in cucina». Era una donna semplice e di buon carattere: «in tanti anni non l ho mai vista una volta arrabbiata e neppure alzare la voce con noi bambini». A sostegno dell atteggiamento solare ed estroverso di nonna Lina, la figlia Marinella rievoca un buffo episodio avvenuto intorno alla metà degli anni Sessanta: un giorno entra in trattoria un forestiero. Un distinto signore di Milano che stava andando in Valle Imagna per trovare una donna, una vedova, con cui magari metter su famiglia. Un bicchiere di vino, poi un altro e un altro ancora e il cliente cambia idea e rivolgendosi a Lina: «Quasi quasi anziché salire in valle aspetto lei. Che ne dice?» e lei, con piglio ironico e divertito risponde: «Ma certo! Perché no? Ma passi stasera dopo le sette e mezzo.» E alla domanda dello sconosciuto sul perché dovesse attendere quell ora, la risposta arriva tempestiva: «vorrei chiedere a mio marito e ai miei sette figli se sono contenti». Al che il corteggiatore si dilegua all istante. Da allora la formula del «d ora in poi facciamo da noi» i collaboratori di Riccardo se la sono sentita dire più di una volta 58 59

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40 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 In quegli anni - siamo dopo la metà degli anni Sessanta - i cambiamenti non riguardano solo l interno e il piano abitazioni, che viene ampliato per soddisfare le nuove esigenze di chi ci vive, ma soprattutto e in maniera più evidente l esterno. I lavori riguardano la realizzazione di un dehor e di un campo da bocce, nell area antistante il locale. Sul retro dove oggi c è il parcheggio, c erano già un orto e un frutteto, viene ora creata una serra che garantisce frutta e verdura, prodotti genuini e di stagione. Altro che chilometro zero oggi tanto di moda, lì la distanza dal campo al piatto era solo di qualche metro. A praticarlo erano, per tradizione, persone della buona società; le stesse che giravano intorno all esclusivo Golf Club Bergamo l Albenza nato nel 1961 sempre ad Almenno San Bartolomeo. I campi della Pasqualina li fece costruire nonno Luigi, innanzitutto, come gesto d affetto: perché i figli, Abele e Franco in particolare, potessero coltivare la passione per questo sport. Forse fu questo il motivo per cui, pur richiamando una clientela chic, la Pasqualina non divenne mai ritrovo esclusivo, mantenendo invece sempre il profilo di un ambiente familiare e popolare. Accanto a queste modifiche, funzionali al miglioramento dell attività di ristoro, arriva un altra importante novità, che con il passato della Pasqualina sembra avere assai poco a che fare. L atterraggio di tre astronavi nei terreni limitrofi, sempre di proprietà di famiglia. Così dovevano apparire i tre campi da tennis in terra battuta, così lontani - almeno sulla carta - dalla storia e dal mood di una provincia come la Bergamasca, famosa per l operosità dei suoi abitanti più che per le occasioni di svago. A maggior ragione, se si trattava di divertimenti da cittadini, da ricconi un po snob, come agli occhi di chi viveva in un paese poteva apparire il tennis allora. Che Luigi e Lina avessero intuito anche le potenzialità economiche legate a questa nuova attività sportiva è probabile. L Italia sospinta dal boom economico stava cambiando abitudini e costumi sociali; di riflesso uno sport considerato elitario come il tennis stava acquistando popolarità. Alla Pasqualina la racchetta raccoglieva proseliti anche tra i giovani soprattutto di città, che nel tennis vedevano un divertimento alla moda e di tendenza. Così è per Alberto, un giovane di Bergamo, che proprio con una compagnia di amici in quegli anni inizia a frequentare i campi di Almenno. Altro che chilometro zero oggi tanto di moda, lì la distanza dal campo al piatto era solo di qualche metro

41 Le cento Pasqualine Che il tennis rientri a pieno titolo tra i primati della Pasqualina non ci sono dubbi, anzi è forse il più bizzarro «Galeotto fu il tennis» dice oggi Alberto, papà di Riccardo, che tra una partita e l altra conosce Rosa, la ragazza che di lì qualche anno sarebbe diventata sua moglie. Che il tennis rientri a pieno titolo tra i primati della Pasqualina non ci sono dubbi, anzi è forse il più bizzarro: oltre ai due campi da gioco all aperto viene costruito il primo campo coperto della provincia di Bergamo. Quello del tennis sembrava un vezzo destinato a durare solo qualche stagione, sarà invece una scelta che segnerà nei decenni successivi il destino della Pasqualina. Per adesso, però, è ancora la trattoria il centro del mondo alla Pasqualina, quanto a giri d affari e relazioni familiari. Genitori e figli sono tutti lì quando nel 1968, nel mezzo di un pranzo arriva una notizia drammatica. «Mamma Lina era come se se lo sentisse che qualcosa non andava. Era agitata e inquieta» racconta Marinella, la voce ancora turbata al ricordo, nonostante siano passati più di quarant anni. È lei a rispondere alla chiamata dell ospedale e a riferire la notizia ai familiari: Edda in ospedale per il parto, è morta mettendo al mondo la terza figlia. Aveva quarant anni. Nella pagina accanto alcuni istanti di vita famigliare e del tennis: Ugo Tognazzi che presenzia alla premiazione del torneo a lui dedicato Pignatta d oro ; Lisetta sorride ritratta tra i fratelli Preda; Rosa e Alberto all uscita dalla chiesa il giorno del loro matrimonio

42 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 Dai semi gettati nei campi (da tennis) crescono, infatti, i primi frutti: nel 1968 nasce Riccardo, primogenito di Rosa e Alberto. «Quel lutto ha cambiato la nostra storia. Ha cancellato in un attimo tutte le cose belle che avevamo costruito negli anni». Ancora più toccanti le parole della figlia Manuela: «Quando ho sentito suonare le campane a morto, ho capito subito che erano per la mamma anche se mi avevano detto soltanto che non stava bene». Per la famiglia, che era sempre stata molto unita, è un colpo duro, durissimo. Difficile in questo stato d animo mandare avanti un esercizio commerciale, impossibile guardare lontano e mettere energie ed entusiasmo nel lavoro. Il clima del ristorante cambiò, non c era la voglia di fare. È il periodo più buio della Pasqualina, ma anche quello in cui si intravedono timidi segnali di rinascita. Dai semi gettati nei campi (da tennis) crescono, infatti, i primi frutti: nel 1968 nasce Riccardo, primogenito di Rosa e Alberto; l anno dopo Lisetta e Franco, pure conosciutisi sulla terra rossa, si sposano. Rosa e Riccardo in uno dei numerosi momenti passati sulla terra rossa. In quegli anni seconda casa di tutta la famiglia

43 Le cento Pasqualine Un viaggio nel gusto dal 1912 Ingredienti e materie prime. Tra storia e curiosità. le ciliegie 70 71

44 Le cento Pasqualine Come ben riflette la simbologia biblica del paradiso terrestre, la frutta sarebbe un cibo per esseri superiori. Per la medicina rinascimentale, la vicinanza al cielo dei frutti che crescono sui rami era indice che erano prodotti adatti agli stomaci delicati dei nobili, mentre i frutti della terra, come tuberi e radici, erano quelli adatti agli stomaci forti dei poveri, che invece di ciliegie, Le ciliegie (come si suol dire, una tira l altra) pesche e albicocche dovevano nutrirsi di rape, patate e cipolle. Macchiarsi del peccato di aspirare a un cibo proibito può costare caro, come ben sappiamo, perché il frutto può portarsi dietro ospiti striscianti e indesiderati. Tornando sulla terra, il folklore ha elaborato una serie di proverbi per metterci in guardia da certi pericoli. All inizio L accesso democratico alla frutta è più recente di quanto si pensi. All inizio del XX secolo il consumo pro capite di frutta fresca era solo di 33 Kg. Fino alla prima guerra mondiale, nei ricettari popolari si trovano ben pochi dolci preparati con la frutta fresca. Negli anni Novanta il consumo è quadruplicato. A differenza di altri prodotti della natura altrettanto semplici, la frutta è sempre stata riservata alle classi sociali altolocate. dell estate, si dice, è meglio astenersi dal consumare ciliegie, perché a San Vito le sarièse ga el marìo, recita un proverbio veneto. San Vito cade il 15 giugno. Il marìo, il marito, che in Toscana chiamano confidenzialmente Gigi e in Piemonte Giuanìn, non è certo minaccioso come il serpente di Adamo ed Eva, ma di certo a nessuno piace condividere le proprie ciliegie con il classico bacarozzo. Anche se il fatto che anche lui le apprezzi è indubbiamente indice della loro divina bontà

45 Piccole grandi storie, sogni, passioni e altro ancora. Lo gnomo delle castagne 74 75

46 RAFFAELE corrado 200 anni «Mi presento, sono Raffaele dell azienda le Giaire di Calizzano e ho duecento anni. Sono uno gnomo». Cosa fa una creatura dei boschi per campare, al giorno d oggi? «Affumica castagne». Raffaele scherza, ma non troppo. Le sue castagne sono davvero un prodotto da favola. Nei boschi di Calizzano e Murialdo nell entroterra savonese, in autunno si levano piccoli fumi. Inequivocabile presenza degli gnomi locali, ossia i membri dell associazione locale dei produttori di castagne che hanno riportato in vita antiche pratiche, diventando un presidio Slow Food. Da queste parti con i castagni si fa tutto. Non si butta niente, spiega Raffaele: «quando in autunno cadono i ricci, noi li raccogliamo con metodo antico, ancora a mano, con pinze di legno di castagno che si chiamano drizzere. Sembrano dei ferri di cavallo schiacciati. Cosa fa una creatura dei boschi per campare, oggi? Affumica castagne Li prepariamo durante l estate: tagliamo dei rametti di castagno, li mettiamo a bagno, li pieghiamo piano piano, così diventano elastici». Raccolti i frutti senza rimetterci le dita, li si porta al teccio, una casetta fatta di legno di castagno dalle fondamenta al comignolo. «Il tetto è di scandole, rettangoli di legno di castagno di 40 per 20 cm. È molto resistente, perché le scandole contengono tannino che le rende immuni alla marcescenza. Sovrapponendole una all altra 76 77

47 per il 40%, una parte rimane all asciutto, così il tetto può essere rigovernato rovesciandolo: lo si gira e lo si riusa. Alla fine del ciclo, lo si trasforma in legna da ardere». Il teccio è un essicatoio. All interno c è un soppalco a due metri dal soffitto, la graia. Le castagne, rigorosamente della varietà locale detta Gabbina, o Gabbiana, vengono sparse qui sopra, mentre sotto si accende un fuoco che attraversa il tavolato e le asciuga. La graia è di castagno, ça va sans dire. A questo punto comincia la vera fatica gnomesca, per la quale ci vogliono arti magiche: «la fiamma non deve essere troppo alta, devono salire solo il fumo e il calore. La temperatura all interno non deve alzarsi di più di Questo procedimento dura 60 giorni e ci deve essere sempre qualcuno di noi che alimenta il fuoco, o lo calma. Si cerca di mantenere la brace. Per soffocare il fuoco se è troppo alto si usa la buccia delle castagne raccolte l anno prima, che si chiama pula, come quella del grano. Il suo profumo sale e conferisce un aroma affumicato alle nostre castagne». Dopo due mesi di trattamento sono pronte per essere lavorate: macinate al mulino per fare la farina, oppure diventano l ingrediente di uno squisito e rarissimo gelato di castagne essiccate. «Una volta si davano ai bambini come caramelle, perché si sciolgono in bocca» ricorda Raffaele. «Ma era tanti, tanti anni fa»

48 Piccole grandi storie, sogni, passioni e altro ancora. il moltiplicatore di frutti 80 81

49 ROmano Micheletti 52 anni Romano Micheletti di Bolgare, nei pressi di Bergamo, è appassionato di giardinaggio. Un giorno del 1982 decide di coltivare da sè delle mele. Sogna dei frutti rossi e succosi come quelli di Biancaneve. Entra in un vivaio e chiede un albero che produca mele Stark, le sue preferite. Lo pianta in giardino. Dopo due anni di amorose cure, il melo produce i primi frutti, che si rivelano essere tutt altra varietà. «Porca miseria!» esclama Romano, «com è che chiedo una cosa e me ne danno un altra?»

50 Nasce così l idea di un frutteto in cui ognuno possa scegliere personalmente la varietà di frutti che preferisce. Perché le mele non sono tutte uguali, e neanche i nostri palati. Nei tre decenni che sono seguiti, Romano si è dedicato allo sviluppo di un modello di frutticultura innovativo. «L idea era realizzare un frutteto per poter far entrare la gente. Significava uscire dagli schemi classici, nella scelta delle varietà ma anche nella forma delle piante, che devono essere accessibili da terra, il più basse possibili». Comincia nel 1996 con un ceraseto. Ha un tale successo che presto ne nascono altri, perché il primo non riesce a soddisfare tutte le richieste. L idea di Romano, che oggi ha 52 anni, ha prodotto diversi risultati degni di nota. varietà di frutti: «le pesche Rosa del West, Glo Haven, Maria Bianca; le albicocche Tonda di Costigliole, Valleggia ligure, Valeria della Val Venosta, Reale d Imola, Boccuccia Spinosa, Pellecchiella e Portici del Vesuvio...» e via di seguito. Terzo. Romano è riuscito a trasformare il suo hobby in un lavoro redditizio, in un settore che era in piena crisi: ignorando tutte le consuetudini del mercato, che imponevano prezzi bassi per frutta sempre più standardizzata; saltando i grossisti e rivolgendosi direttamente alle papille gustative dei consumatori; aggiungendo, compresa nel prezzo, l esperienza irripetibile di scegliersi il proprio frutto staccandolo da un ramo. Infine Romano ha contagiato con il suo esempio diversi colleghi, che hanno iniziato a investire nel settore e coltivare ciliegie, pesche, albicocche e kiwi. Si è creata così una rete di dieci coltivatori che sembra di stare in paradiso, con la differenza che se qui cogli una mela, nessuno ti caccia seguono il suo modello, garantendo la stessa qualità nei loro frutteti. Ai clienti sembra di stare in paradiso. Con la differenza che qui, se cogli le mele, non solo non ti caccia nessuno, ma puoi anche ritornare. Magari per le ciliegie. Innanzitutto i suoi frutti hanno sapore. Sono buoni. Pare una banalità, ma quando nello spazio di pochi filari si possono assaggiare una quarantina di diverse varietà di ciliegie, il reparto frutta del supermercato appare subito un luogo triste e monotono. Un secondo risultato è il contributo notevole alla preservazione della biodiversità. Romano snocciola litanie suadenti sulle sue 84 85

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