Rivista scientifica di Diritto Processuale Civile ISSN Pubblicazione del La Nuova Procedura Civile, 5, 2016.

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1 Rivista scientifica di Diritto Processuale Civile ISSN Pubblicazione del La Nuova Procedura Civile, 5, 2016 Editrice Comitato scientifico: Simone ALECCI (Magistrato) - Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza)- Mauro BOVE (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) Costanzo Mario CEA (Magistrato, Presidente di sezione) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Caterina CHIARAVALLOTI (Presidente di Tribunale) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) Mirella DELIA (Magistrato) - Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Magistrato, Ufficio massimario presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) Francesco FIMMANO (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) Mariacarla GIORGETTI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA (Magistrato) - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) Roberto MARTINO (Professore ordinario di diritto processuale civile, Preside Facoltà Giurisprudenza) Francesca PROIETTI (Magistrato) Serafino RUSCICA (Consigliere parlamentare, Senato della Repubblica) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO (Presidente di Corte di Appello) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato, Vice Capo dell Ufficio legislativo finanze del Ministro dell economia e delle finanze) Antonella STILO (Consigliere Corte di Appello) - Antonio VALITUTTI (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato, componente laico C.S.M.). Opposizione a decreto ingiuntivo: no all assegnazione di termini ex art. 183, comma VI, c.p.c. se il thema decidendum e il thema probandum non necessitino di alcuna puntualizzazione o articolazione Allorquando, da un lato, le contestazioni relative alla fondatezza della domanda monitoria si risolvano in profili inerenti la sussistenza dei presupposti per l'emissione del decreto medesimo e l idoneità della documentazione allegata al ricorso per decreto ingiuntivo e, dall altro, la parte opposta abbia già fornito in sede monitoria (o fornisca in sede di opposizione) documentazione idonea a confutare le avverse contestazioni, senza che tale documentazione sia oggetto di formale disconoscimento, il thema decidendum (delimitato dallo stesso tenore dell'opposizione) ed il thema probandum non necessitino di alcuna puntualizzazione o articolazione, allora, conseguentemente, risulta l'assegnazione di termini ex art. 183, comma VI, c.p.c. non solo meramente ultronea, ma direttamente confliggente con il canone costituzionale della ragionevole durata del processo, alla cui sorveglianza il tribunale deve costantemente sovraintendere. Tribunale di Monza, sentenza del , n omissis Senza svolgere attività istruttoria il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, rinviava per la discussione ex art. 281-sexies c.p.c. all'odierna udienza, e decide ora

2 dando lettura della presente sentenza con motivazione contestuale ex art. 281-sexies c.p.c., la quale costituisce parte integrante del verbale d'udienza. Sull'opposizione L'opposizione è infondata e va respinta. Parte attrice ha contestato la domanda monitoria, imperniando le proprie difese sulla inidoneità delle fatture e dell'estratto autentico notarile a costituire piena prova nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. In effetti, costante giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. II, 10/10/2011, n ; Cass. civ., Sez. VI, 11/03/2011, n. 5915; Cass. civ., 21/10/2010, n ; Cass. civ., Sez. III, 03/03/2009, n. 5071) ha stabilito che le fatture commerciali non accettate, pur essendo prove idonee ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo, non integrano di per sè la piena prova del credito in esse indicato e non determinano neppure alcuna inversione dell'onere probatorio nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, come in ogni giudizio di cognizione. Ne consegue che, quando il preteso debitore muove contestazioni sull'an o sul quantum debeatur, le fatture non valgono a dimostrare l'esistenza del credito, nè, tanto meno, la sua liquidità ed esigibilità. Parimenti valore di piena prova non può essere attribuito neppure all'estratto autentico del libro IVA, in quanto esso svolge solo una funzione di documentazione ai fini del debito fiscale, ma non ha alcuna rilevanza probatoria nel rapporto di debito e di credito oggetto di registrazione (cfr. Cassazione civile sez. II, 3 marzo 1994, n. 2108). 5915; Cass. civ., Sez. III, 03/03/2009, n. 5071; Cass. civ., Sez. II, 11/05/2007, n ; Cass. civ., Sez. II, 08/06/2004, n ). Tuttavia, va sottolineato che: sin dalla fase monitoria parte convenuta opposta ha fornito idonea prova della esistenza, liquidità ed esigibilità del proprio credito, producendo sia le fatture sia i documenti di trasporto che attestano il regolare invio della merce, consistente in imballaggi, (cfr. documenti contenuti nel fascicolo monitorio) per la quale è stato chiesto il pagamento. l'opponente non ha disconosciuto le sottoscrizioni ivi apposte nè promosso procedimento di verificazione della scrittura o chiesto la produzione degli originali, si è limitato ad affermare la illeggibilità delle sottoscrizioni; parte opponente non ha espressamente contestato il ricevimento della merce; Il mastrino di sottoconto riferito alla International sasa prodotto dalla stessa opponente (doc. 10) attesta rapporti commerciali di lunga durata con numerose consegne ripartite nell'anno, di importi analoghi a quelli delle fatture azionate in sede monitoria risalenti al 2007; nel mastrino citato sono riportate tutte le fatture azionate in sede monitoria, con eccezione della n. ddddddper ,70; la sussistenza di rapporti commerciali fra le parti con regolari ordinativi, anche nelle date di riferimento delle fatture, risulta confermato anche dalla missiva prodotta dalla opponente sub doc. 3, nella quale si legge tra l'altro che in data 2 aprile 2014 International Paper ha chiesto e preteso la consegna di n. 4 assegni per un importo complessivo di ,78 pena la sospensione della consegna degli imballaggi sss considerata la campagna agrumaria in corso e la nostra impossibilità, per ovvi motivi, di poterci approvvigionare diversamente; pertanto ci siamo visti costretti ad adempiere a quanto perentoriamente impostoci anche se in dispregio degli accordi e condizioni di pagamento usuali che ben si possono evincere in tutte le transazioni degli anni precedenti. Gli assegni citati pacificamente non erano a copertura delle fatture azionate in sede monitoria (nella quale non sono stati prodotti, tant'è vero che l'ingiunzione è stata emessa senza formula esecutiva), bensì di altra fattura, n. 3132/2014. Gli assegni sono stati prodotti al fine di fondare la domanda riconvenzionale, di cui al punto successivo. Ciò vale a superare le deduzioni svolte dall'opponente in citazione, in quanto i documenti prodotti dimostrano che la merce per la quale è stato chiesto il pagamento è stata tutta integralmente consegnata e che non è stato domandato il pagamento di merce non inviata. Infatti, la contestazione riguarda il mero ricevimento delle fatture peraltro inverosimile alla luce della documentazione di cui sopra - e non

3 della merce, analiticamente elencata nei DDT sottoscritti, e non è stata chiesta la verificazione delle sottoscrizioni nè proposta querela di falso. La sussistenza di rapporti commerciali e di un rapporto di fornitura che, almeno nell'anno di riferimento, era esclusivo risulta dalla documentazione sopra richiamata. Queste constatazione valgono a superare del tutto l'opposizione, che nulla di concreto, in realtà ha dedotto, essendosi limitata a muovere contestazioni talmente generiche da sfiorare la nullità dell'atto di citazione. Invero, il tribunale deve osservare come l'opposizione si sia esaurita nell'anodina contestazione del valore probatorio generale delle fatture e della documentazione allegata al ricorso per decreto ingiuntivo, senza in alcun modo scendere in una contestazione concreta sui fatti allegati dall'opposta, ed in particolare dell'avvenuta ordinazione e consegna della merce. Ciò vale anche a spiegare perchè il tribunale non abbia ritenuto neppure di concedere il termini ex art. 183, comma VI, c.p.c. pur richiesti. È invero da ritenersi che, allorquando: - le contestazioni relative alla fondatezza della domanda monitoria si risolvano (come nel caso di specie) in profili inerenti la sussistenza dei presupposti per l'emissione del decreto medesimo e la idoneità della documentazione allegata al ricorso per decreto ingiuntivo; e - la parte opposta abbia già fornito in sede monitoria, o fornisca in sede di opposizione documentazione idonea a confutare le avverse contestazioni, senza che tale documentazione sia oggetto di formale disconoscimento; il thema decidendum (delimitato dallo stesso tenore dell'opposizione) ed il thema probandum non necessitino di alcuna puntualizzazione o articolazione, risultando, conseguentemente, l'assegnazione di termini ex art. 183, comma VI, c.p.c. 183, comma VI, c.p.c. non solo meramente ultronea, ma direttamente confliggente con il canone costituzionale della ragionevole durata del processo, alla cui sorveglianza il Tribunale deve costantemente sovraintendere. È quindi apparso opportuno procedere alla discussione immediata della controversia, la cui prosecuzione avrebbe comportato il solo maturare di costi inutili. Per ulteriore garanzia del diritto di difesa, anche con riguardo alla domanda riconvenzionale, è stato concesso termine alle parti per il deposito di note conclusive ed eventuale ulteriore documentazione, prima dell'udienza di discussione. L'opposizione deve quindi essere respinta ed il decreto opposto deve essere conseguentemente confermato. Sulla domanda riconvenzionale. Non dissimili le considerazioni in ordine alla deduzione inerente la domanda riconvenzionale. Parte opponente, riconosciuta l'assenza di provvista per i due assegni consegnati alla opposta a copertura di fattura estranea al presente giudizio ed anzi prodotto la documentazione bancaria di addebito per assegno impagato (docc. 6 e 7) ha affermato di avere versato la necessaria provvista a coprire gli importi dovuti, soddisfacendo integralmente la pretesa creditoria dell'opposta ma non ha prodotto prova documentale del completo pagamento, del capitale e delle sanzioni, nemmeno nel termine concesso successivo alla prima udienza, per cui non ha dato prova dell'antigiuridicità del diniego da parte dell'opposta a rilasciare quietanza liberatoria. La richiesta di consegna di assegni a garanzia di future consegne è pienamente lecita e, alla luce della complessiva situazione debitoria come risultante dagli atti di causa, comprensibile. Come lecito è il loro incasso, essendo stati emessi a fronte di fatture. Non vi è alcuna prova dell'avvenuto adempimento integrale di quanto dovuto in relazione alla scopertura degli assegni, per cui non vi è prova della antigiuridicità della mancata emissione di quietanza liberatoria.

4 Parte opponente ha invece prodotto l'eloquente missiva del Credito Siciliano in data 19 settembre 2014, invocata quale titolo per la domanda risarcitoria, avente ad oggetto il conto corrente intestato alla medesima presentante un Fido accordato Euro 0 Utilizzato ,96. Testualmente: vi notifichiamo l'avvenuta escussione del pegno concesso a garanzia della posizione in oggetto, per un controvalore di complessivi ,10. In conseguenza di quanto precede, il conto corrente presenta, ad oggi, un saldo debitore di ,96 Vi invitiamo a ripianare la posizione entro 10 gior Data l'entità dei debiti, in rapporto all'entità del credito portato dai due assegni in questione ( ,57 ciascuno) non vi è prova del rapporto di causalità fra la scopertura degli assegni e la riscossione del pegno e la cessazione della linea di credito. In conclusione, parte opposta non può ritenersi responsabile del dissesto di parte opponente, per avere chiesto e preteso il pagamento di assegni di valore pari a circa un decimo dell'esposizione debitoria complessiva. Devono quindi venire rigettate anche le domande riconvenzionali dell'opponente, rimaste anch'esse del tutto sfornite di conferma probatoria. Sulla domanda ex art. 96 c.p.c. Ai sensi del novellato articolo 96 comma 3 c.p.c., in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata. Per espressa scelta normativa, la pronuncia può essere effettuata d'ufficio e non ha limite nella determinazione dell'importo della condanna, come invece era previsto nell'art. 385 c.p.c. ora abrogato. Appare preferibile l'orientamento secondo cui la pronuncia non abbisogna della preventiva instaurazione del contraddittorio ex art. 101 c.p.c., essendo un posterius e non un prius logico della decisione di merito (in questi termini cfr. anche Trib. Piacenza 15/11/2011 n. 855/2011 e ord. 22/11/2010; per la giurisprudenza di questo Tribunale, cfr. Trib. Reggio Emilia nn. 729/2012 e 712/2012). Tre sono le principali questioni sulle quali non si è formata un'univoca posizione interpretativa, e sono quelle relative alla natura della norma, al suo ambito di applicazione ed all'entità della condanna. In particolare, è discusso se, per procedere alla condanna ai sensi del terzo comma, sia o meno richiesta l'esistenza di un danno di controparte; se siano o meno richiesti i requisiti della lite temeraria di male fede e colpa grave, previsti dal primo comma dello stesso articolo 96; ed infine quali siano i parametri che devono guidare la discrezionalità del giudice nel quantificare l'importo della condanna. Ciò posto, con riferimento alla prima tematica della natura della norma, questo Giudice aderisce all'orientamento largamente condiviso nella giurisprudenza di merito, secondo cui l'articolo 96 comma 3 c.p.c. introduce nell'ordinamento una forma di danno punitivo per scoraggiare l'abuso del processo e preservare la funzionalità del sistema Giustizia deflazionando il contenzioso ingiustificato (cfr. Trib. Reggio Emilia nn. 729/2012 e 712/2012; Trib. Varese 23/2/2012; Trib. Piacenza 15/11/2011 n. 855/2011, 7/12/2010, ord. 22/11/2010; Trib. Milano ord. 29/8/2009. In questi esatti termini, sia pure come obiter dictum, anche Cass. n /2010, e, per la giurisprudenza amministrativa, Cons. Stato n. 1209/2012). Risulta conseguentemente esclusa la necessità di un danno di controparte. Con riferimento invece alla tematica dell'elemento soggettivo richiesto in capo al destinatario della condanna, pare a questo Giudice che possa essere seguita la tesi più garantista, che postula comunque la presenza del requisito della malafede o della colpa grave, non già della sola colpa lieve od addirittura della mera soccombenza (così Trib. Piacenza 15/11/2011 n. 855/2011, 7/12/2010, ord. 22/11/2010; Trib. S Maria Capua a Vetere 26/9/2011; Trib. Reggio Emilia nn. 729/2012 e 712/2012). Sotto il profilo strettamente letterale, va osservato che la norma è stata introdotta come comma 3 del già esistente art. 96 c.p.c., dettato proprio in tema di lite

5 temeraria in quanto connotata dall'avere agito con malafede o colpa grave; e tale inserimento nel medesimo articolo rende ragionevole ritenere che il requisito soggettivo del primo comma debba reggere anche la fattispecie del terzo comma. Da un punto di vista logico-sistematico, poi, la natura sanzionatoria della norma non può che presupporre, a pena di irrazionalità del sistema, un profilo di censura nel comportamento del destinatario della condanna, ciò che appunto deriva dal suo elemento soggettivo di dolo o colpa grave. La terza ed ultima problematica riguarda invece l'entità della sanzione monetaria, atteso che, come detto, la norma non prevede limiti edittali. Probabilmente, la soluzione più ragionevole ed utile ad orientare la discrezionalità del giudice è quella che utilizza il parametro delle spese di lite. Quanto al parametro che deve guidare la concreta scelta dell'ammontare, se si aderisce alla tesi, qui condivisa, della natura sanzionatoria della pronuncia, esso deve essere quello della gravità dell'abuso processuale. Infatti, gli altri parametri possibili - quali ad esempio il valore della controversia, la natura della prestazione e l'entità del danno, richiamati anche dall'art. 614-bis c.p.c. in tema di astreintes paiono volti più alla quantificazione del danno che alla quantificazione di una sanzione (Cfr. sentenza Tribunale Reggio Emilia, 25/9/2012, est. dott. Gddd dalla cui ampia ed articolata motivazione si sono colti ampli stralci). Nella fattispecie in esame si ravvisano tutti i presupposti per la pronuncia ex art. 96 comma 3 c.p.c. In particolare: l'articolo 96 comma 3 c.p.c. è ratione temporis applicabile, posto che la causa è stata introdotta dopo l'entrata in vigore della L. n. 69/2009; l'opposizione si è rivelata meramente dilatoria e strumentale, non avendo parte opponente prodotto o allegato alcunchè, nemmeno nel termine all'uopo concesso, a sostegno della richiesta di revoca dell'ingiunzione ed avendo anzi depositato documentazione dalla quale si ricava l'avvenuto ricevimento delle fatture e l'esistenza di frequenti ed esclusivi ordinativi di merce. La provvisoria esecutività è stata concessa in prima udienza. In quanto alla misura della sanzione, applicati i criteri sopra descritti, appare equa la determinazione nella misura di 1/2 delle spese processuali. Sulle spese legali Le spese legali seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, con misura contenuta in considerazione della assenza di fase istruttoria e della forma semplificata della fase decisoria. pqm Il Tribunale di Monza, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede: respinge l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo dddd per l'effetto; conferma e dichiara esecutivo il decreto stesso; respinge le domande riconvenzionali proposte da ddd nei confronti di ddd condannadddd. al pagamento in favore di I. della somma di 3.000,00 ex art. 96 c.p.c.; condanna A. dddpagamento in favore di I. delle spese processuali che liquida in 6.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, I.V.A. (ove non recuperabile in virtù del regime fiscale di cui gode la parte) e C.P.A. Sentenza per legge esecutiva. Sentenza resa ex art. 281-sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti e deposito telematico immediato. N.D.R.: per approfondimenti di veda anche Cassazione civile, sezione terza, sentenza del , n. 4767, con nota di ALECCI e LUDOVICI.

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