MESSINA XI-XII SECC.: PRIMI DATI DI STORIA URBANA DALLO SCAVO DEL MUNICIPIO di GIACOMO SCIBONA
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1 MESSINA XI-XII SECC.: PRIMI DATI DI STORIA URBANA DALLO SCAVO DEL MUNICIPIO di GIACOMO SCIBONA Lo scavo del cortile centrale del Municipio di Messina (Palazzo Zanca) fu avviato nel 1976 dalla Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale di Siracusa in seguito alla scoperta di cospicue strutture edilizie romano-imperiali portate in luce dallo sbancamento effettuato per la costruzione di un palazzetto per uffici (VOZA 1976). L esplorazione venne poi ripresa nel 1988 dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Messina istituita l anno precedente, con una prima perizia di spesa preparata nel 1985 da quella di Siracusa, e proseguita poi con propri finanziamenti (SCIBONA 1992). La consistenza delle strutture messe fortunosamente in luce nello angolo sud-est evidenziava un tipo di edilizia monumentale, pubblica, testimoniata dalla presenza di un criptoportico a doppia navata, con copertura sicuramente a botte su massicci pilastri rettangolari, molto probabilmente nello schema di ambulationes che formavano peristili in aree pubbliche (SCIBONA 2001). Era d altra parte ben evidente, nelle sezioni est ed sud rimaste a vista fin dal 1976, la successione di diversi livelli di terreno accompagnati, sul lato sud, subito sotto la pavimentazione del cortile, da una vera e propria sequenza stratigrafica edilizia costituita (SCIBONA 1986), dall alto verso il basso, da strutture murarie medievali in pietrame (orientate est-ovest), accompagnate da materiali ceramici di XI-XII sec., direttamente impiantate (area B VII-VIII) su quelle laterizie del criptoportico romano (est-nord-est/ovest-sud-ovest). La costruzione di quest ultimo aveva a sua volta tranciato una precedente struttura edilizia (nord-sud) di cui rimane, alla base della sezione E, all altezza del portico, un basso muro a doppio paramento di blocchetti di calcare. Alla luce di questa scoperta anche i pochissimi dati, scultorei ed epigrafici (ORSI 1920), raccolti e presentati al Soprintendente Paolo Orsi in modo, per dir così, iperbolicamente selettivo nel 1916, durante lo scavo degli ampi cavi di fondazione di Palazzo Zanca, vengono a trovare una loro specifica coerenza nel carattere pubblico di questa zona della città in età imperiale. La ricchezza archeologica di questo insieme consigliava così di allargare preliminarmente lo scavo a tutta l area, anche in considerazione della circostanza che, trovandosi il portico in asse all unico ingresso rotabile del cortile, una esplorazione iniziale di queste strutture avrebbe comportato la chiusura del transito, anche pedonale, per gli stessi futuri cantieri di scavo. Questo è il motivo per cui ancora oggi (2003) i resti del portico, alti talora fino a poco meno di due metri, non sono stati ancora scavati. L esplorazione sistematica del cortile ha rivelato una realtà archeologica non meno sorprendente e complessa di quella presente nell angolo sud-est in quanto, subito sotto la pavimentazione (Fig. 1), lo scavo ha delineato quello che appariva essere un frammento della città crollata con il terremoto del Nei giorni in cui su Storia della Città si pubblicava (ARICÒ 1988) la pianta di Arena (1783) raffrontata a quella della Messina pre-1908 e a quella della città attuale (Piano Borzì), veniva ben presto riconosciuto nelle strutture messe in luce nell area centrale del cortile, quel tratto del Vico della Neve (Fig. 2) (orientato all incirca nord-sud) compreso tra l incrocio con la Via della Neve (a nord) e la Via del Forno Scoperto (a sud) (SCIBONA 2001). Ma quelli che, in prima evidenza (Fig. 3), sembravano gli stessi dati urbani cancellati dal terremoto e sostituiti dal disegno della città di Borzì, si svelavano inseriti in un terreno che con l avanzare dell indagine rivelava essere un deposito archeologico la cui lettura appariva a prima vista complicata, ricco com era di materiali di XII-XV sec. e, nell area del Vico della Neve, di battuti stratificati, riconducibili al XII secolo. D altronde anche gli spiccati edilizi dei due isolati che si affacciano sul Vico ove si escludano due pozzi quadrangolari in muratura che hanno restituito pochi frammenti di terraglie inglesi di XIX sec. non mostravano caratteristiche in qualche modo attribuibili ad una fase edilizia conclusa con il Tutt altro! Il piano d impianto degli ambienti, colmati da butti di vario tipo, con materiali di XII-XIII (alfa), di XIII-XV (eta) (SCIBONA, FIORILLA, MANGANO 2001), di XIV (zeta), della metà del XVIII (gamma: interruzione d uso con forte incendio), ecc., veniva a trovarsi tra m 1,50-1 di profondità rispetto ai livelli stradali di XII sec. incontrati per primi sul Vico della Neve. Questo piano peraltro è rappresentato da un poderoso nucleo cementizio d età imperiale, non sappiamo quanto esteso verso ovest, da considerare obliterato, forse anche nel suo punto più alto (zeta), sino alla ripresa di frequentazione dell area, tra fine XI e XII secolo. In realtà i due isolati che prospettano da est e da ovest sul Vico risultano formati dalla aggregazione, determinata dalla maglia viaria, di ambienti di vario tipo: alcuni, abbastanza ampi in cui potrebbero riconoscersi dei cortili; due ipogeici, già voltati a botte, uno dei quali (eta) prof. oltre m 3,50, destinati alla conservazione di derrate particolari (la neve?); case monocellulari, che potremmo conoscere meglio, sicuramente solarate, rasate ma anche smantellate ad est, oltre il livello stradale di fine XII sec., dai cantieri di Palazzo Zanca del 1916 e È un tipo di edilizia parcellizzata, finora conosciuta dalle fonti (PENET 1998, p. 22) che, come mostra lo scavo, cresceva su se stessa, sovrapponendo, affiancando, trasformando resti di spiccati in fondazioni di realtà edilizie che andavano rovinando per crolli, incendi, eventi sismici compresi tra il 1169 e il 1783, azzerando i volumi. Eventi di questo tipo costringevano a scendere per far ricominciare daccapo. Si ponevano nuove fondazioni, a volte non si cancellavano del tutto le tracce delle precedenti, rispettando sempre la sede stradale, facendo cantiere dallo interno degli isolati (ambb. gamma-delta-eta), lavorando in proprietà privata senza ostacolare l uso dello spazio viario, pubblico ma anche angusto, fortunatamente alla fine così non disturbando i più antichi livelli e battuti stratificati a noi pervenuti nel Vico. Alla loro base sono ancora affiorate altre strutture romano-imperiali, come le precedenti, orientate est-nord-est. Immerse in terra argillosa, venne a depositarsi su di esse un livello alluvionale di sabbie e ghiaiette giallastre sciolte, coperto da una prima crosta dura, un battuto! È la fase, molto lunga, che segue la distruzione ed obliterazione delle strutture edilizie imperiali, con materiali ceramici della stessa epoca ma sporadici, fluitati, illeggibili, trascinati lì da altri contesti, da innumerevoli episodi alluvionali: è il piano irregolare di una strada larga poco meno di 3 m, la prima fase del superiore Vico della Neve. È percorsa lateralmente ad est da un canale naturale, configuratosi sotto un rialzo occupato dai resti di una povera struttura in pietrame, forse una stalla visto che ad essa è connessa una canaletta in framm. di cotto, larga e piatta, propria per liquami, in pendenza verso il canale stradale. Questa canaletta è poi tranciata, a m 0,90 del suo sviluppo, dalla prima delle due fasi della fondazione dell amb. lambda il cui impianto venne ad ampliare così di circa 1 m la larghezza di quello che sarà il Vico della Neve, da allora fino al Sullo stesso margine in cui insiste la stalla, più a sud, le impronte di una serie di buchi per paletti di legno (diam. cm 12-15; prof. conservata fino a cm 20 circa) evidenziano la presenza di una recinzione-staccionata mentre tra questa e la stalla il margine è sottolineato e chiuso da pietroni fluviali infissi a coltello lungo la stessa linea (che è quella della prima strada) anche se discontinuamente. 504
2 Fig. 1 Fig. 3 Fig. 4 Fig. 2 Ancora più a sud, ma stavolta sul lato ovest, due gradini in muratura, il superiore coperto in parte da una larga fondazione, sicuramente post-medievale, di calcestruzzo, che scende dal nostro livello zero, sono quel che rimane di una casa, rialzata appunto di due gradini sul piano di questa prima fase del Vico. Questi ed altri elementi, tra cui a me sembra molto significativa la morfologia articolata a dossi, irregolari, di un livello di terreno sabbioso, ricoperto da uno straterello di calce, raggiunto nello scavo dell ambiente theta (scavo sospeso), sembrerebbero connotare un ambiente periferico, di tipo rurale, forse già razionalizzato dal tracciato della strada inferiore e quindi inglobato nel disegno della rete viaria dell impianto stradale definitivo. Prima di considerare il senso topografico e le implicanze che questo insieme di dati racchiudono per la storia urbana di Messina, è necessario presentare, sia pur fugacemente, alcuni elementi relativi alla formazione e ai contenuti del deposito che copre il tracciato del Vico. Esso è costituito (Fig. 4) da una infinita serie di butti, di immondezze domestiche (decine di migliaia di resti ossei di animali, di frammenti ceramici, di tegolame e sterri) variamente stratificati in un terreno alluvionale di sabbie e ghiaiette che ha innalzato il livello della strada, con una progressione altimetricamente segnata da croste, irregolari nello spessore e nello sviluppo ma costantemente orizzontali, in cui balza subito evidente la moltiplicazione dei materiali dal basso verso l alto, a riprova di una sempre più intensa antropizzazione dell area. Anche a non voler attribuire la valenza di battuti d uso, il loro intrinseco significato stratigrafico di sequenze sigillanti, e quindi di elementi decisivi per una cronologia relativa dei materiali racchiusi, è indubbiamente pregnante. Per quanto riguarda questi ultimi basterà intanto presentare le grandi linee di cinque contesti, tre di primi battuti (livello superiore) e due rispettivamente di terzo e quinto battuto (livello medio-inferiore), scelti a documentare punti diversamente dislocati nel deposito del Vico della Neve, sia nel suo sviluppo lineare che in profondità (SCIBONA 2003 c.s.). LIVELLO SUPERIORE Punto a. λ µ: livello zero (Tavv. I-II) Elementi caratterizzanti sembrano essere il fr. di anfora (n. 1) tipo Zisa (ARDIZZONE 1999, p. 24 tipo C1/D2) del XII sec. confrontabile con tipi di Brucato di XI-XII (MACCARI-POISSON 1984 Pl. 15, a e pp. 271 e 378: tipi 4C e 4E); così pure la scodella bizantina greca (n. 10) riferibile al Medallion Style della Painted Incised Sgraffito Ware della metà del XII sec. (MORGAN 1942, p. 159 e ). Non molto dopo quest ultimo periodo, dovrebbe collocarsi l olletta invetriata in verde (n. 5) in pasta chiara, di area siculo-maghrebina sicuramente vicina all esemplare del Museo Sacro Vaticano (GABRIELI, SCERRATO 1979, fig. 497), mentre gli ampi bacini carenati (nn. 6-7) forse altrove fuori uso rappresenterebbero una produzione locale in via di esaurimento verso la metà del XII, quan- 505
3 Fig. 7 Fig. 5 Fig. 8 tipo maghrebino, per lo più decorata da bande verdi marginate in bruno (n. 8) (MOLINARI 1995, p. 121). a. θ sud: 1 battuto (Tavv. IV-V-VI) Fig. 6 do comincia a diffondersi la scodella a larga tesa, invetriata e decorata a segmenti e punti verdi su ingobbio (n. 9). La sua produzione, e non soltanto essa, potrebbe essere direttamente dipendente dalla presenza in Messina degli artigiani greci deportati da Corinto, Tebe, ecc., dopo i saccheggi effettuati da Ruggero II nel in territorio greco (CHALANDON 1907, II, pp e ; fonti in KISLINGER 2001, p. 131). La scodella a punti verdi, che tanta fortuna (FIORILLA 2001) ebbe a Messina tra XII e XIII sec., aveva a sua volta soppiantato quella a calotta, con orlo ingrossato, di Anche in questo punto la presenza (n. 15) della produzione corinzia bizantina del Medallion Style-Incised Sgraffito, della metà del XII, fornisce un elemento di riferimento ai materiali associati. Si tratta di bacini e scodelle a calotta, a tesa breve e piana anche in presenza di labbro ingrossato (nn. 19, 22). Un solco piano è generalmente presente sotto l orlo che presenta modanatura semplice (nn. 17, 18, 19, 21, 22). Come nel precedente contesto (n. 9) anche qui abbiamo una scodella invetriata a larga tesa (n. 25) forse su ingobbio, una olletta da fuoco (n. 27) e un anfora a scanalature (n. 26). È presente un grande catino tronco-conico ad ampie solcature decorate (n. 29), una lucerna a vasca aperta, invetriata, con presa a linguetta orizzontale sull orlo (n. 28), due teglie da focaccia o pane àzzimo (nn ) che nulla hanno in comune con i testi da pane (RICCI 1990, p. 217), trovando invece riscontro a Brucato, sia pure in contesto di XIII (MACCARI-POISSON 1984, pp ). a. ξ ΙΕ: 1 battuto (Tavv. VIII-IX-X) Più che la scodella bizantina (n. 50), la cui produzione è da determinare, o i due framm. di anfore dipinte in rosso (nn. 3536), gli elementi caratterizzanti questo punto della strada sono dati dai framm. di vasellame domestico, bacini e scodelle invetriate a calotta (nn ), numerosi e ripetitivi, riferibili ad un periodo compreso forse entro il terzo quarto del XII sec. 506
4 Tav. 1 Tav. 2 Tav. 3 Tav. 4 Tav. 5 Tav. 6 Tav
5 Tav. 9 Tav. 8 Tav. 10 LIVELLO MEDIO-INFERIORE a. θ sud: 3 battuto, ter (Tavv. VII) Se la stratigrafia del deposito segnata dalle croste dei battuti ha un qualche significato di successione cronologica, questo 3 battuto ter, interessante per le novità restituite, potrebbe essere datato proprio verso la metà del XII secolo, rispetto al 1 battuto θ sud (sopra presentato) proiettato con la sporadica presenza della scodella a larga tesa (n. 25) forse ingobbiata, verso la seconda metà del secolo. In questo 3 battuto ritroviamo l anfora a scanalature (n. 32); una pentola cilindrica (n. 33) in ceramica da fuoco, quasi un albarello, con doppio listello poggia-coperchio, interno ed esterno; una tapadera, coperchio da fuoco tronco-conico rovesciato con presa interna (n. 34), forma nota a Cartagine e poi nella Spagna musulmana di XI-XII sec. (BAZZANA 1984, pp ), a Costantinopoli (HAYES 1992, pp. 14, 27, 163, 170), a Roma (RICCI 1990, p. 233), dove è ben presente anche una produzione in ceramica comune come coperchio d anfora fino ai primi del XV sec. (ROMEI 1990, pp. 273, 286). a. µ ν. 5 battuto (Tav. III) Due scodelle a tesa breve e piana (nn ) di XIprimi XII sec., assieme ad un piatto corinzio bizantino con figura di tonno, del Free Style Incised Sgraffito (MORGAN 1942, pp ) (fine point sgraffito Group: VON WARTBURG 2001, passim) databile dall XI (PAPANIKOLA- BAKIRTZI 1992, p. 23) lungo i primi decenni del XII sec., assieme alla profondità di giacitura, resa certa dalla integrità stratigrafica dei battuti superiori e corrispondente alla prima fase della strada, forniscono i parametri cronologici dell originario impianto edilizio del Vico che in questo tratto almeno, nasce direttamente sul livello di distruzione-abbandono delle strutture romano-imperiali. *** È evidente che un analisi sistematica estesa all insieme dei contesti qui fugacemente esemplificati arricchirà i dati obiettivi, darà modo di precisare quanto acquisito, e di individuare nuovi problemi e, fors anche, nuove ipotesi per vecchi problemi. Pur non potendo escludere eventuali sporadiche presenze ancora da documentare, penso che difficilmente l impianto di questo tratto urbano potrà essere retrodatato. L interpretazione dei dati, poi, non riesce a problematicizzare quelli che si presentano, a mio giudizio, come degli assoluti punti fermi: 1 la coincidenza, anzitutto, del disegno delle strade e dei blocchi edilizi messi in luce dallo scavo (Fig. 7) con quelli della città crollata nel 1908 (Figg. 5-6). Una coincidenza che, confermata dalla minuta parcellizzazione catastale, sembra naturalmente rimandare al tipo di edilizia monocellulare, solarata, documentata dallo scavo. Se le variazioni riscontrate nella larghezza delle strade medievali (a livello superiore il Vico della Neve è di un metro più largo a nord) non trovano confronti precisi nel catastale 1:500, ciò si deve al carattere riduttivo, semplificativo di questo tipo di cartografia. La coincidenza planimetrica viene però ribadita dalla presenza di due pozzi (p3 e p4), allineati all interno dei muri perimetrali di facciata dell isolato ovest. Ricordo che nel fondo di essi sono stati raccolti pochissimi frammenti di terraglie di XIX sec., epoca alla quale dovrebbero risalire per il tipo di muratura esibita. Ambedue sembrano comunque posteriori alla ricostruzione seguita al terremoto del 1783 e non è da escludere che quelle stesse terraglie possano essere pertinenti agli sterri del 1908 di cui erano esclusivamente colmi. 2 lo iato, quindi, presentatosi come livello alluvionale sciolto e sterile, esistente tra le strutture edilizie romane, 508
6 sicuramente già fuori uso nel VI-VII sec., e la quota d impianto del vero e proprio palinsesto edilizio e stradale il cui disegno (Figg. 5, 6) permane fino al la datazione dell inizio della formazione del deposito archeologico del Vico della Neve (materiali e strutture) tra la fine dell XI-inizi XII sec. La combinazione di questi tre punti ci costringe a vedere nei blocchi edilizi indicati (Figg. 7-5) e in quelli analoghi (Fig. 6) che, con sviluppi variamente trapezoidali, coprono razionalmente la fascia urbana occidentale compresa, da N a S, tra i torrenti Boccetta e Portalegni, quell abitato difeso da (mura con) torri, iniziato dal Gran Conte nel 1082 sumptibus pluribus apparatis, undecumque terrarum artificiosis caementariis conductis e portato avanti brevi tempore assieme ad una turrim et propugnaculum immense altitudinis mirifico opere (MA- LATERRA III, XXXII), molto probabilmente un sistema fortificatorio che inglobando per tutta la sua altezza (circa 100 m s.l.m.) l altura di Matagrifone, naturalmente incombente da ovest sulla piana, doveva moltiplicare in verticale l altezza di una torre-dongione che controllava da nord tutta la città. Essa raccoglieva la linea delle mura settentrionali che chiudevano la valle del Boccetta, e li dirigeva lungo il mammellone che, piegando ad ovest e sud-ovest, inglobava le alture di Torre Vittoria e della Caperrina. Nella toponomastica messinese, documentata negli strumenti giuridici greci e latini di XII-XIII sec., questo abitato viene rispettivamente indicato come neokastron e nova urbs, topograficamente distinta dalla vetus (GUILLOU 1963, pp ; MÉNAGER 1963, pp , ; PENET 1998, pp. 88, 95, 102, 106, 123, 305, 506, 517). Le grandi linee di una sua interpretazione urbanistica possiamo cogliere in una incisione di XVI sec., come pure in una delle lastre di bronzo del monumento a don Giovanni d Austria (1572), come suggerito nel 1953 da Roberto Calandra (CALANDRA 1953, p. 10 fig. 2). La tessitura regolare dello sviluppo urbano (nova urbs) si sovrappone su tutta la fascia ovest al tratto più interno della zona portuale, resa ad andamento irregolare, semicircolare (urbs vetus) (Fig. 8). L evidenza archeologica conferma che le opere avviate da Ruggero negli anni 80 dell XI sec. (MALATERRA cit.) hanno comportato al di là degli aspetti militari, la realizzazione di un disegno urbano reso possibile principalmente dalla disponibilità della piana compresa tra l ansa del torrente di S. Filippo il Piccolo, presso cui fu edificata alla fine del XII sec. la grande fabbrica del Duomo, e il torrente Boccetta a nord. Essa non era stata più occupata o urbanizzata dopo l età imperiale. Le occasioni di verifica archeologica su tutta l area ovest della città sono ormai rare ed improbabili. Bisognerà partire da una opportuna analisi del catastale della città distrutta, quanto più possibile confortata dai dati archeologici già acquisiti, qualora disponibili. L archeologia urbana di Messina rivendica con questo ai Normanni, costruttori di castelli ma anche, di lì a poco, creatori del Regnum, quella che sembra essere la prima ampia pianificazione urbana da loro realizzata in una visione globale dell esercizio del potere, lasciata in eredità agli Svevi e allo Stato moderno. RINGRAZIAMENTI Ringrazio Rocco Burgio per la realizzazione delle Tavv ABBREVIAZIONI ARDIZZONE F. 1999, Le anfore recuperate sopra le volte del palazzo della Zisa e la produzione di ceramica comune a Palermo tra la fine dell XI ed il XII secolo, «MEFRM», 111, Roma, pp ARICÒ N. (ed.) 1988, Cartografia di un terremoto, Messina 1783, in Storia della città, 45, Milano. BAZZANA A. 1984, Typologie et fonction du mobilier céramique d une alquería musulmane à Valence aux XIe et XIIe siècles: Santa Fede Oliva, in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale (Siena-Faenza 8-13 ottobre 1984), Firenze 1986, pp CALANDRA R. 1953, Lineamenti d urbanistica messinese dalle origini alla metà del 500, Messina. CHALANDON F. 1907, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, Tome Second, Paris, pp e FIORILLA S. 2001, Primi dati sulla produzione e la circolazione ceramica tra XII e XV secolo a Messina, in SCIBONA, FIORIL- LA, MANGANO GABRIELI F., SCERRATO U (1985), Gli Arabi in Italia, Milano. GUILLOU A. 1963, Les actes grecs de S. Maria di Messina, (XI- XIV s.) Palermo. HAYES J.W. 1992, The Pottery, Excavations at Saraçhane in Istanbul, Princeton. KISLINGER E. 2001, Regionalgeschichte als Quellenproblem. Die Chronik von Monembasia und das sizilianische Demenna (Tabula Imperii Byzantini, herausg. von J. Koder, Bd. 8), Wien. 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SCIBONA G., FIORILLA S., MANGANO G = SCIBONA G., Nuovi dati sulla città romana e medievale nell area del Municipio di Messina; FIORILLA S., Primi dati sulla produzione e la circolazione ceramica fra XII e XV secolo a Messina; MANGANO G., I resti faunistici degli ambienti alfa ed eta del Palazzo Municipale, in G.M. BACCI, G. TIGANO (a cura di), Da Zancle a Messina, Messina, pp VON WARTBURG M.L. 2001, Bowls and Birds: Some Middle Byzantine Glazed Bowls from Swiss Private Collections, in MO- SAIC. Festschrift for A.H.S. Megaw, ed. by J. Herrin, M. Mullett and C. Otten-Froux, «British Schools at Athens», Studies 8, Athens, pp VOZA G. 1976, L attività della Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale, «Kokalos», XXII-XXIII, p
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