Infortunio: le condizioni per la rendita ai superstiti - Sent. Cass. n /2014

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1 Infortunio: le condizioni per la rendita ai superstiti - Sent. Cass. n /2014 Organo: CASSAZIONE CIVILE - SEZIONE VI LAVORO Numero atto: SENTENZA N DEL 9 SETTEMBRE 2014 Sintesi : Il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore degli ascendenti superstiti presuppone la vivenza a carico, la quale è provata quando ricorrano contestualmente due condizioni: la prima, il pregresso efficiente concorso del lavoratore deceduto al mantenimento degli ascendenti mediante aiuti economici; la seconda, la mancanza per gli ascendenti di autonomi e sufficienti mezzi di sussistenza. In quest'ultima condizione va considerato il reddito del coniuge che richiede la suddetta rendita. Autore : ING. MARIO SCOLA IL CASO La Corte d'appello ha accolto l'appello proposto dall'inail e, in riforma della sentenza del Tribunale, ha rigettato la domanda della ricorrente, volta ad ottenere il riconoscimento della rendita nella qualità di ascendente superstite del proprio figlio, deceduto a seguito di infermità contratta in servizio. Avverso detta sentenza propone ricorso per Cassazione la signora, che è stato rigettato, sulla base del principio secondo cui: "il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore degli ascendenti superstiti, D.P.R. n del 1965, ex art. 85, presuppone, ai sensi del successivo art. 106, la cosiddetta "vivenza a carico", la quale è provata quando ricorrano contestualmente due condizioni: a) il pregresso efficiente concorso del lavoratore deceduto al mantenimento degli ascendenti mediante aiuti economici che, per la loro costanza e regolarità, costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sostentamento; b) la mancanza, per gli ascendenti, di autonomi e sufficienti mezzi di sussistenza, concetto, quest'ultimo, che richiama l'espressione "mezzi necessari per vivere" di cui all'art. 38 Cost., comma 1". Nel caso di specie è in discussione il requisito di cui alla lett. b) vale a dire il requisito reddituale. 1

2 IL COMMENTO 1. RENDITA PER INFORTUNIO SUL LAVORO AI SUPERSTITI E D.P.R. 1124/1965 L'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali tutela, innanzitutto, l'evento di massima gravità costituito dalla morte dell'assicurato a causa dell'infortunio o della malattia professionale. In tal caso, è connaturale all'evento protetto che le prestazioni previdenziali vadano a favore non del lavoratore assicurato deceduto, ma dei suoi familiari, i quali dal suo lavoro traevano i mezzi di sopravvivenza o che comunque si giovavano del suo apporto economico al menage familiare. Pertanto già nel regime di indennizzo in capitale era previsto che l'indennità per il caso di morte fosse devoluta a determinate categorie di familiari: i discendenti, gli ascendenti, i collaterali e il coniuge (così menzionati nell'ordine). Introdotto dal R.D. 17 agosto 1935, n il regime di indennizzo in rendita, il suo art. 27 istituì la rendita ai superstiti. Dopo molteplici miglioramenti apportati da vari interventi legislativi, la disciplina attuale è contenuta nell art. 85 del D.P.R. 1124/1965, come modificato dall art. 7, comma 1, della L. 251/1982, il quale disegna una gerarchia di beneficiari, distinguendoli in due categorie: 1. familiari che hanno in ogni caso diritto alla rendita : coniuge, figli fino ai 18 anni e figli inabili di qualsiasi età, 2. superstiti per i quali è richiesto l'ulteriore requisito della vivenza a carico : ascendenti, adottanti, fratelli e sorelle. La distinzione tra le due categorie risiede in più caratteri: 1. i primi sono beneficiari necessari, mentre i secondi solo eventuali, e in via gradata, nell'ipotesi di assenza dei primi; 2. il coniuge ha diritto comunque alla rendita, anche se gode di redditi propri, perché si presume che in ogni caso la morte dell'assicurato danneggi il menage familiare, nel quale i suoi redditi confluivano, mentre per tutti gli altri superstiti si richiede il requisito della vivenza a carico, come definita dall art. 106 del D.P.R. 1124/1965; 3. inoltre per i fratelli e le sorelle è richiesta altresì la convivenza con il defunto, che è cosa diversa dalla vivenza a carico. Poiché la ricorrente è madre del de cujus, si richiede la vivenza a carico. 2

3 L art. 106 del D.P.R. 1124/1965definisce tale nozione nei seguenti termini: "Agli effetti dell'art. 85, la vivenza a carico è provata quando risulti che gli ascendenti si trovino senza mezzi di sussistenza autonomi sufficienti ed al mantenimento di essi concorreva in modo efficiente il defunto". I due presupposti sono entrambi necessari e come due facce dello stesso fenomeno (Cass. civ., 25 agosto 2006 n ). Il livello quantitativo di sussistenza del richiedente non è determinato né per legge, né con direttive amministrative, né attraverso la giurisprudenza di legittimità. 2. ART. 106 DEL D.P.R1124/1965 E MEZZI DI SUSSISTENZA AUTONOMI: ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI La giurisprudenza di legittimità ritiene che l'espressione "mezzi di sussistenza" con cui l art. 106 del D.P.R. 1124/1965 definisce lo stato di vivenza a carico, richiama l'analoga espressione "mezzi necessari per vivere" di cui all art. 38 Cost., comma 1, e non i "mezzi adeguati di vita del lavoratore", di cui al comma 2. Ciò posto, la determinazione in concreto della sufficienza dei mezzi di sussistenza è tipico giudizio di fatto demandato al giudice del merito, il quale può valutare tale sufficienza in relazione al costo della vita, al potere di acquisto della moneta, e agli altri standards sociali del luogo in cui la vicenda si svolge. Non sembra applicabile al caso di specie, data la diversità delle fonti normative e delle nozioni dalle stesse adottate, la giurisprudenza di Cass. civ., 3 luglio 2007 n , la quale, al fine di determinare la nozione di vivenza a carico nella diversa fattispecie della pensione di reversibilità a carico dell'inps in favore di figlio maggiorenne inabile, ha determinato la soglia di autosufficienza (recependo le determinazioni dello stesso Istituto previdenziale) nel limite di reddito previsto per il riconoscimento del diritto a pensione nei confronti degli invalidi civili totali stabilito dall art. 14septies del D.L. 663/1979, convertito, con modificazioni, in L. 33/1980, nel senso che un reddito proprio del figlio inabile inferiore a tale limite configura il requisito della vivenza a carico. La giurisprudenza di legittimità si è viceversa focalizzata sul secondo elemento necessario, il contributo del de cujus ed il rapporto tra questo e i mezzi propri dell'ascendente. Il principio enunciato è che, per quanto riguarda l'apporto del de cujus, non si richiede che il superstite fosse totalmente mantenuto in tutti i suoi bisogni dal lavoratore defunto, ma è indispensabile, e insieme sufficiente, che quest'ultimo abbia contribuito in modo efficiente al suo mantenimento mediante aiuti economici che per la loro costanza e regolarità costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sussistenza (Cass. 18 maggio 2001 n. 6794; Cass. 12 giugno 1998 n. 5910; Cass. 4 marzo 2002 n. 3069; Cass. 28 luglio 2005 n ). E' necessario però sempre l'altro presupposto, quello dell'insufficienza dei mezzi propri di sussistenza. 3

4 IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA Cass. Civ., sez. VI, , n pres. Mammone, rel. Garri SVOLGIMENTO DEL PROCESSO/ MOTIVI DELLA DECISIONE La Corte d'appello di Firenze ha accolto l'appello proposto dall'inail e, in riforma della sentenza del Tribunale di Lucca, ha rigettato la domanda della ricorrente, F.A.E., volta ad ottenere il riconoscimento della rendita nella qualità di ascendente superstite del proprio figlio L.G. deceduto a seguito di infermità contratta in servizio. Avverso detta sentenza propone ricorso per Cassazione la sig.ra F. affidato ad un unico motivo ed ulteriormente illustrato con memoria. L'Inail resiste con controricorso. Tanto premesso, sul motivo di ricorso si osserva quanto segue. La ricorrente lamenta che, in violazione di legge, la Corte di merito avrebbe considerato insussistente la cd. "vivenza a carico", aderendo acriticamente all'orientamento che ritiene rilevante il reddito del coniuge di colei che richiede la rendita. Va premesso, in linea generale, che la rendita ai superstiti, introdotta dal R.D. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 27, è attualmente disciplinata dal T.U. n. 1124, art. 85, come modificato dalla L. 10 maggio 1982, n. 251, art. 7, comma 1, che disegna una gerarchia di beneficiari, distinguendoli in due categorie: familiari che hanno in ogni caso diritto alla rendita (coniuge, figli fino ai 18 anni e figli inabili di qualsiasi età), e superstiti per i quali, come nel caso di specie, è richiesto l'ulteriore requisito della vivenza a carico. L'art. 106 del t.u., poi, dispone che: "Agli effetti dell'art. 85, la vivenza a carico è provata quando risulti che gli ascendenti si trovino senza mezzi di sussistenza autonomi sufficienti ed al mantenimento di essi concorreva in modo efficiente il defunto". La riportata disciplina è stata interpretata da questa Corte nel senso che "il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore degli ascendenti superstiti, D.P.R. n del 1965, ex art. 85, presuppone, ai sensi del successivo art. 106, la cosiddetta "vivenza a carico", la quale è provata quando ricorrano contestualmente due condizioni: a) il pregresso efficiente concorso del lavoratore deceduto al mantenimento degli ascendenti mediante aiuti economici che, per la loro costanza e regolarità, costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sostentamento; b) la mancanza, per gli ascendenti, di autonomi e sufficienti mezzi di sussistenza, concetto, quest'ultimo, che richiama l'espressione "mezzi necessari per vivere" di cui all'art. 38 Cost., comma 1" (Cass. sez. lav. n del 2008). Ciascuno dei due presupposti è condizione necessaria per l'esistenza del diritto. La stessa giurisprudenza di legittimità li ha considerati come "entrambi necessari e come due facce dello stesso fenomeno" (Cass. sez. lav. n /2006). Nel caso di specie è in discussione il requisito di cui alla lett. b) vale a dire il requisito reddituale ed, in particolare, si chiede di accertare se nella nozione di mezzi autonomi e sufficienti di sussistenza debba essere incluso il reddito del coniuge della richiedente. In proposito si osserva che secondo l'indirizzo più recente, oltre che maggioritario, al quale si ritiene di dover dare continuità, la vivenza a carico "sussiste ove l'ascendente medesimo si trovi senza mezzi di sussistenza autonoma ed al suo mantenimento abbia concorso in modo efficiente il discendente defunto; a tal fine occorre considerare anche il reddito del coniuge dell'ascendente che domanda la prestazione previdenziale perchè, anche ove non sia operante il regime di comunione legale tra gli stessi, comunque sussiste l'obbligo di assistenza materiale tra coniugi posto dall'art. 143 c.c." (Cass. n del ; Cass. n del ). Ciò posto va poi rammentato che la valutazione della sufficienza della pensione percepita dal coniuge della ricorrente costituisce un tipico accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità (Cass /2007; Cass /2006). 4

5 La Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei riportati principi ed ha, in fatto, accertato che tenuto conto del reddito del coniuge convivente non ricorrevano nella specie i presupposti di legge per l'attribuzione della chiesta rendita. Alla luce delle esposte considerazioni il ricorso della sig.ra F.A.E. deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura precisata in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 1500,00 per compensi professionali ed in Euro 100,00 per esborsi oltre al 15% per spese forfetarie, Iva e Cpa come per legge. 5

6 Le mie annotazioni : 6

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