I DEPOSITI MIOCENICI DELLA SARDEGNA SETTENTRIONALE: IL BACINO DEL LOGUDORO PREMESSA

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1 I DEPOSITI MIOCENICI DELLA SARDEGNA SETTENTRIONALE: IL BACINO DEL LOGUDORO A. FUNEDDA*, G. OGGIANO** & V. PASCUCCI** * Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Cagliari, Via Trentino 51, Cagliari ** Istituto di Scienze Geologico-Mineralogico, Università di Sassari, Corso Angioy 10, Sassari PREMESSA Gli ultimi anni hanno visto un rinnovato interesse nello studio della geologia dei bacini miocenici della Sardegna settentrionale. Ai lavori condotti a cavallo tra gli anni 70 e 80, che fornivano per la prima volta un quadro della successione vulcano-sedimentaria e un inquadramento tettonico e geodinamico (ASSORGIA et al. 1988; CHERCHI & MONTADERT 1982; CHERCHI & TREMOLIERES 1984, COCOZZA et al. 1974; COULON & DUPUY 1977; PECORINI et al. 1988; POMESANO CHERCHI 1971; SPANO & ASUNIS 1984; TRÉMOLIÈRES et al. 1984, per citare i principali), negli anni 90 si sono aggiunti studi che hanno dapprima fornito nuove chiavi stratigrafiche e strutturali per la lettura delle successioni sedimentarie mioceniche (MARTINI et al. 1992; MAZZEI & OGGIANO 1990) e del loro contenuto paleontologico, nuovi inquadramenti per il ciclo vulcanico interconnesso alla formazione dei bacini (LECCA et al. 1997), una cartografia moderna (CERRI & OGGIANO 2002; FUNEDDA et al. 2000). Quindi i lavori che, analizzando i rapporti tra tettonica e sedimentazione, hanno cercato di fornire un interpretazione evolutivi dei bacini (ASSORGIA et al. 1997; CARMIGNANI, 1996; CASULA et al. 2001, FUNEDDA et al. 2000, OGGIANO et al. 1995). Perciò attualmente sono molte e differenti, in contenuti e punti di vista, le proposte di inquadramento stratigrafico, strutturale ed infine geodinamico che i vari autori propongono, spesso influenzate dalle sensibilità proprie della disciplina studiata studiata (cfr. CARMIGNANI et al. 1995, CARMIGNANI et al. 2001, CA- SULA et al. 2001, LECCA et al. 1997). Quanto esposto di seguito non pretende perciò di marcare un punto definitivo sul quadro geologico-evolutivo dei bacini miocenici della Sardegna settentrionale. Rappresenta invece il contributo al dibattito in corso di un gruppo di ricercatori che si occupa di queste tematiche da circa 15 anni.

2 382 Atti del convegno GeoSed 2003 Figura 1 - Schema geologico della Sardegna settentrionale INQUADRAMENTO REGIONALE Tra l Oligocene superiore ed il Tortoniano (?) Messiniano la Sardegna settentrionale (Fig. 1) è stata sede di un importante tettonica e di una diffusa attività vulcano-sedimentaria che si è manifestata in diversi bacini, in parte coalescenti, ma che si differenziano per essere legati a due differenti orientazioni strutturali e con due differenti, e successive, evoluzioni tettono-sedimentarie. Questi bacini costituiscono quello che viene tradizionalmente definito come Fossa sarda ( Rift Sardo in: CASULA et al. 2001; CHERCHI & MONTADERT, 1982), e interpretata come un lineamento tettonico orientato N-S che attraversa tutta l isola, legato ad

3 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 383 una estensione crostale orientata E-W (CHERCHI & TREMOLIERES, 1984) avvenuta durante la rotazione del Blocco sardo-corso al Oligocene superiore. Secondo un interpretazione più recente (CARMIGNANI et al. 2001, cum bibl.) i bacini miocenici della Sardegna settentrionale sono contraddistinti da due diverse strutturazioni successive: una con fosse orientate prevalentemente N60 (bacini di Chilivani-Berchidda (CB), Anglona, Ottana, di seguito definiti per brevità: Bacini transtensivi aquitaniani) di età Oligocene superiore-aquitaniano ed una con fosse orientate NNW (bacini del Logudoro (LB) e di Porto Torres (PT), di seguito definiti per brevità: Bacini burdigaliani) di età Burdigaliano-Tortoniano (? Messiniano) (Fig. 1). In CHERCHI & MONTADERT (1982) le successioni stratigrafiche appartenenti ai bacini suddetti sono definite rispettivamente come sin-rift la successione oligo-aquitaniana e pos-trift quella burdigaliano-tortoniana. I Bacini transtensivi aquitaniani, occupano principalmente la parte più orientale dell isola, dove trasgrediscono sul basamento ercinico caratterizzato prevalentemente da granitoidi intrusi in metamorfiti di medio e basso grado. Sono impostati in genere in prossimità di releasing bend lungo faglie trascorrenti sinistre orientate circa N60, hanno una caratteristica forma allungata parallela alle faglie principali ed una successione sedimentaria con sedimenti di ambiente prevalentemente continentale, in genere depositi lacustri, con intercalati prodotti vulcanici e vulcanoclastici, alternati a depositi alluvionali e con associati depositi sintettonici in prossimità delle faglie. Talvolta, la successione tipicamente continentale evolve a marina (ad es. bacino di Castelsardo e dell Anglona). Le faglie trascorrenti sinistre di cui sopra sono considerate come il prodotto, nel retropaese sud-europeo, della collisione che ha originato la catena nord-appenninica (CARMIGNANI et al. 1994); sono quindi legate ad un quadro geodinamico compressivo, compatibile con un campo di stress regionale come proposto da PASCI (1997) che in Sardegna settentrionale ha una direzione del s 1 circa N-S e che, solo in corrispondenza di releasing band, genera estensioni N-S (OGGIANO et al. 1995). In alternativa tale estensione N-S, riconosciuta anche da FACENNA et.al (2002) riguarderebbe tutto il Blocco Corso Sardo e potrebbe rappresentare un estensione orogen parallel, analoga a quella riscontrata in altri contesti geodinamici del Pacifico occidentale.. I Bacini burdigaliani sono più recenti, hanno direzione circa NNW ed interessano la parte occidentale della Sardegna settentrionale, dal Golfo dell Asinara a nord fino all altopiano di Campeda a sud. Strutturalmente si configurano come semi-graben con faglie principali su bordi opposti, connessi da zone di taglio prevalentemente trascorrenti ad orientamento EW che trasferiscono la deformazione estensionale da un fianco all altro dei bacini. Questi bacini intersecano chiaramente quelli transtensivi orientati N60 interrompendone sia la continuità di affioramento della successione stratigrafica sia le faglie trascorrenti che li strutturano. Nella successione stratigrafica è possibile distinguere tre sequenze deposizionali (Fig. 2), una (Sequenza1) che va dal Burdigaliano superiore fino al Langhiano ed una (Sequenza 2) che va dal Serravalliano al Tortoniano (?) Messi-

4 384 Atti del convegno GeoSed 2003 Figura 2 - Sezione geologica ideale dei bacini miocenici della Sardegna settentrionale niano, ambedue caratterizzate da un passaggio da depositi clastici di ambiente fluvio-deltizio a depositi carbonatici francamente marini di piattaforma. Infine una terza (Sequenza 3), riferita al Messiniano superiore, di cui rimane testimonianza nella zona a ovest dell abitato di Porto Torres, presso gli impianti industriali di Fiume santo (Scala Erre), caratterizzata da sedimenti clastici grossolani di ambiente fluviale (Figg. 1, 2). Il campo di stress agente durante la formazione dei bacini NNW è supposto con un estensione circa E-W legata alla rotazione del blocco sardo-corso al Burdigaliano superiore-langhiano e contemporanea con l apertura del bacino balearico (VIGLIOTTI & LANGENHEIM, 1995). Questa tettonica estensionale è correlabile con l estensione post-orogenica successiva alla collisione tra la placca sud-europea di cui faceva parte il blocco sardo-corso, e l Adria. BACINI DEL LOGUDORO E DI PORTO TORRES Il bacino del Logudoro è un semi-graben, orientato NNW che si estende, da sud verso nord, dal altopiano di Campeda a sud fino alla zona di Ittiri e Ploaghe a nord; più a settentrione si sviluppa il bacino di Porto Torres di cui è noto il proseguimento a mare (THOMAS & GENNESSEAUX 1986). La strutturazione del bacino del Logudoro avviene tramite una serie di faglie

5 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 385 Figura 3 - Colonne stratigrafiche della successione dei bacini del Logudoro e di Porto Torres dirette che ne identificano il margine occidentale, mentre quello orientale è caratterizzato dalla trasgressione miocenica su un sub-strato costituito prevalentemente dalle vulcaniti aquitaniane-burdigaliane e da sedimenti mesozoici. I sedimenti, procedendo da est verso ovest, mostrano un evoluzione da ambienti prossimali a distali (Figg. 2, 3). Il riempimento è costituito da tre sequenze stratigrafiche principali: la più antica (Seq. 1 in Fig. 3) è una successione sedimentaria costituita alla base da sedimenti clastici grossolani tipici di ambiente di fluvio-delta che passano a calcari litorali e sabbie, seguiti da siltiti e marne arenacee tipiche di ambiente marino più profondo. Questa ha un età che va dal Burdigaliano superiore fino al Langhiano, poggia con rapporti di onlap sulle sottostanti vulcaniti oligo-aquitaniane ed è interrotta superiormente da una superficie erosiva. Su quest ultima giace la seconda sequenza deposizionale (Seq. 2 in Figg. 2, 3), che arriva fino al Tortoniano-(?)Messiniano, costituita da sabbie fluvio-marine alla base e da calcari di piattaforma interna ricchi in alghe (MAZZEI & OGGIANO 1990). Infine si ha la sequenza più giovane (Seq. 3 in Figg. 2, 3) caratterizzata dalla successione clastica di Scala Erre (Messiniano). Tra le prime due sequenze sono evidenti movimenti tettonici che originarono sollevamenti differenziati e, in parte, causarono l erosione dei sedimenti della sequenza sedimentaria più antica e la deposizione di sedimenti silicoclastici d ambiente continentale e transizionale. Le particolari condizioni di affioramento della terza sequenza non permettono per ora un sicuro inquadramento tettonico.

6 386 Atti del convegno GeoSed 2003 Figura 4 - Blocco diagramma schematico dei bacini del Logudoro e di Porto Torres Gli stessi aspetti stratigrafici e strutturali sono evidenti anche nel più settentrionale bacino di Porto Torres, con cui il bacino del Logudoro è collegato tramite una complessa zona di trasferimento, che inverte la geometria dei bacini, così che nel bacino di Porto Torres il bordo lungo il quale è avvenuta la trasgressione è quello occidentale, mentre quello orientale è bordato da faglie dirette che sollevano il substrato vulcanico che costituisce le alture di Osilo (Fig. 4). Questa struttura è in accordo con quella descritta nel suo prolungamento a mare da THOMAS & GENNESSEAUX (1986). I principali sistemi di faglie che sono riconoscibili sono tre: due, ad orientazione rispettivamente NNW e circa E-W, hanno avuto un ruolo importante nell evoluzione tettono-sedimentaria dei bacini, mentre il terzo, orientato circa N-S, è responsabile in parte dell attuale assetto geometrico dell area occupata dai due bacini. Le faglie NNW che strutturano i due bacini non affiorano con continuità (Fig. 1). In genere si configurano come ristrette zone di taglio, più che come singole superfici e, spesso, sono state riattivate a più riprese, sia durante l evoluzione dei bacini miocenici che nel Pliocene. Il secondo sistema di faglie è orientato circa E-W (Fig. 1), ha cinematica prevalentemente diretta ed è in genere ben evidente nella parte occidentale del bacino del Logudoro (Faglia di Ittiri, ecc.), per esempio presso San Maurizio di Ittiri, dove ha sollevato il blocco meridionale portando alla completa erosione della formazione langhiana, cosicché i calcari tortoniani della Sequenza 2 trasgrediscono direttamente il substrato vulcanico oligo-aquitaniano (vedi carta geologica allegata). Lungo i lineamenti tettonici ad andamento meridiano si è in oltre instaurata una zona di trasferimento orientata circa E-W che separa il bacino di Porto Torres a nord da quello del Logudoro a sud e la cui presenza giustifica l opposta direzione di ribaltamento dei due bacini: verso est il primo e verso ovest il secondo (Fig. 4) e la diversa posizione dei depocentri, in particolare della Sequenza 1. Il sistema N-S interessa tutte le successioni affioranti fino ai basalti alcalini plio-pleistocenici, dislocando, in particolare, la parte centrale del bacino. Sempre durante il Plio-Pleistocene si hanno riattivazioni anche dei due sistemi sopra descritti.

7 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 387 LA SUCCESSIONE SEDIMENTARIA La successione sedimentaria del Bacino del Logudoro (vedi carta allegata, FUNEDDA et al., 2000) è cratterizzata dalla presenza di 3 sequenze deposizionali (Seq 1-3) delimitate da discordanze riconoscibili e seguibili alla scala bacinale. Il substrato del bacino è costituito da vulcaniti e vulcanoclastiti di età compresa tra i 23 ed i 17 Ma, all interno si rinvengono livelli di epiclastiti lacustri con selci nerastre (Fig. 3). Sequenza 1 È costituita dal basso verso l alto da depositi continentali (fluviali e di piana alluvionale), deltizi e marini di piattaforma (Fig. 3). I depositi fluviali (Gs e Gl) sono rappresentati da conglomerati canalizzati, amalgamati con strutture tipo cut-and-fill. I clasti sono costituiti principalmente da litotipi provenienti dal basamento ercinico e, subordinatamente, da vulcaniti terziarie. La matrice è costituta da una sabbia medio-grossolana. L ambiente deposizionale è fluviale di tipo braided. I depositi di piana alluvionale (Si) sono costituiti da sabbie medio-fini ed argille-sabbiose giallastre (sabbie inferiori di MAZZEI & OGGIANO, 1990) spesso pedogenizzate nelle quali s intercalano sabbie grossolane e conglomerati fini. Questi ultimi due litotipi sono costituti da grani di quarzo, monzogranito e metamorfiti erciniche. Raramente si osservano anche biotiti clastiche. Le sabbie grossolane sono sia lentiformi (canali) che tabulari (sheet flood). L ambiente deposizionali è di piana alluvionale. I depositi deltizi (Sl) sono costituiti da sabbie grossolane con clasti provenienti dal basamento ercinico, costituti da quarzo e feldspato e matrice argillosa (prevalentemente illite). Presentano un evidente stratificazione incrociata a larga scala (5-10 m) con foreset (immergenti verso quadranti occidentali), bottomset e topset ben sviluppati. Rappresentano un sistema deltizio tipo Gilbert. I depositi continentali e deltizi del bacino del Logudoro sono indicati nella carta allegata (FUNEDDA et al., 2000) con il nome di Formazione di Oppia Nuova (OP) (Fig. 3). Questa formazione presenta in tutto il bacino caratteri simili sia di tessitura sia di strutture sedimentarie, ma diverse direzioni di paleocorrenti (MAR- TINI et al., 1992). Questo lascia supporre che lo sviluppo dei sistemi fluvio-deltizi nell area del Logudoro sia avvenuto in tempi e località leggermente diversi. L età della Formazione di Oppia Nuova è compresa tra il Burdigaliano medio (età delle vulcaniti sottostanti) ed il Burdigaliano superiore (età dei soprastanti depositi marini). I depositi marini di piattaforma sono costituiti da calcari e marne. I primi sono calcari di aspetto nodulare (Ca), calcareniti e calciruditi (C) a grani di quarzo e monzogranito e cemento carbonatici. Diffusi sono i frammenti di fossili di anellidi, bivalvi (Chlamys, Cardium, Ostrea, Venus), gasteropodi (Turritella), echinoidi, rodoliti, macroforaminiferi (Amphistegina e Heterostegina) e tracce fossili dell icnofacies a Skolithos. I carbonati sono organizzati in strati di 5-10 cm

8 388 Atti del convegno GeoSed 2003 Figura 5 - Facies delle Sequenze 1 e 2 e loro sviluppo. Il datum plane è il tetto delle sabbie inferiori (Stage I). La parte sinistra del disegno (Ploaghe-Ossi) è orientata E- W, perpendicolare al margine del bacino, mentre la sinistra (M. Ruio-Mores) è ortogonale. Simboli: a = alghe; C = calcari; S = sabbie d = feldspatiche, q = quarzose, c = carbonatiche, i = inferiori; G = conglomerati, s = sabbiosi, l = litici. I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII = Satge. (da MARTINI et al., 1992) di spessore. Intercalati si rinvengono livelli (fino a tre circa 3 m di spessore) di sabbie medio-fini, localmente, grossolane. Verso ovest lo spessore dei depositi carbonatici aumenta fino a raggiungere il massimo di circa 70 m presso Ittiri (Fig. 3), mentre diminuiscono fino a sparire le intercalazioni sabbiose. I calcari possono essere suddivisi in: A) di piattaforma con canali riempiti da rodoliti e grosse barre a stratificazione incrociata; B) di scarpata con evidenti slump sindeposizionali. Normalmente le calcareniti e le calciruditi segnano la transizione con le unità silicoclastiche. I calcari sono indicati nella carta geologica come Formazione dei Calcari di Mores (Cm) e sono riferiti al Burdigaliano superiore. In MAZZEI & OGGIANO (1990) sono stati indicati con il nome di Calcari inferiori (Fig. 3). I depositi di mare profondo sono costituiti da alternanze di livelli (20-30 cm) di marne-siltose (Mf) e calcari marnosi (Cm). Le marne-siltose sono fortemente bioturbate e ricche di resti fossili: pettinidi (Chlamys, Amusium), ostree, anellidi (Ditrupa), pteropodi, spatangoidi e echinoidi (Echinometra). Le marne sono riferite al Langhiano (MAZZEI & OGGIANO, 1990). I calcari marnosi, generalmente di origine algale, sono cristallini e fossiliferi (principalmente frammenti di molluschi). L ambiente di deposizione è la piattaforma. Le marne ed i calcari marnosi sono indicati nella carta con il nome di Marne di Borutta MB (o unità marnso arenacea) (Fig. 3). La Sequenza 1 è caratterizzata da una transizione, sia verticale sia laterale, da

9 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 389 depositi continentali (conglomerati e sabbie) a marini di piattaforma (carbonati e marne). Internamente a questa si possono riconoscere successioni di margine di bacino (Mores, S. Giovanni, Ploaghe), di margine di piattaforma (Florinas) e di bacino distale (Ploaghe e Florinas) (Fig.5). Margine di bacino La successione è costituita da conglomerati (Gs), sabbie con ben sviluppati grossi foreset (Sl) indicativi di piccoli sistemi deltizi che progradavano in laghi. Queste facies continentali sono gradualmente sostituite dai depositi marini trasgressivi cui segue una potente successione carbonatica (calcareniti, C e calcari marnosi, Cm), la cui discontinuità e variazioni laterali di facies sono da legarsi ad effetti topografici intrabacinali, culminazioni di blocchi tiltati esistenti al momento della deposizione (Fig. 5). Margine della Piattaforma La successione continentale è condensata, le sabbie basali massive e tabulari (S), sono sormontate da calcareniti (C) e da una potente successione di carbonati algali (Ca). Questi passano verso la parte profonda del bacino a delle marne più o meno arenacee (Mf, Burdigaliano superiore-langhiano), mentre verso costa fanno passaggio a calcari marnosi (Cm) (Fig. 5). Bacino distale Alla porzione centrale del bacino sono associate le marne (Mf). Queste costituiscono un apparente successione monotona con strati di vario spessore e grado di cementazione; quest ultimo legato al contenuto variabile in fossili ed alla bioturbazione (Fig. 5). Sequenza 2. È costituita da depositi fluvio-marini (sabbie superiori) e carbonatici di piattaforma (calcari superiori) (Serravalliano-?Tortoniano) (Figg. 2, 3). Depositi fluvio-marini sono costituiti da sabbie medio grossolane (Sqd-Sqc, sabbie superiori) con scarsa matrice argillosa (caolinitico-halloisitica) (10-15 %). I grani sono quasi esclusivamente costituiti da quarzo e feldspato alcalino. Alla base, localmente, sono presenti pochi metri di sabbie siltose nerastre con diffusi resti di vegetali carboniosi. Sono caratterizzate da stratificazione incrociata a larga scala con foreset immergenti verso ovest. Topset e bottomset sono spesso osservabili sui fronti cava. Lo spessore delle sabbie varia da 50 m nell area più occidentale (Florinas) a 250 m nella parte più orientale (Monte Santo) (Fig. 3). In questa parte di bacino sono presenti alcuni livelli (5 m) di calcareniti spesso fossilifere con diffusi echinidi. Le sabbie superiori sono interpretate come un sistema deltizio di tipo Gilbert. L età è attribuita, per correlazione con analoghi depositi della Sardegna merdionale (Arenarie di Pirre), al Serravalliano (FUNEDDA et al., 2000). Nella carta geologica le sabbie sono state cartografate come Sabbie di Florinas (SF) (Fig. 3). Le Sabbie di Florinas per l alto contenuto in quarzo e feldspato

10 390 Atti del convegno GeoSed 2003 sono sfruttate industrialmente per la produzione di ceramica e vetro. Calcari superiori (Cs) (Fig. 3) sono costituiti alla base da sabbie a cemento carbonatici molto bioturbate e numerose tracce fossili di Skolithos e resti di clypeastreidi. Verso l alto le sabbie passano a calcareniti con stratificazione incrociata a larga scala (barre), calcari hermatipici e calciruditi ricche di rodoliti. I fossili sono costituiti da gasteropodi coralli, echinidi, bivalvi, foraminiferi. Alla base i calcari sono generalmente caratterizzati da slumps ed olistoliti. L età dei calcari superiori è riferita al Tortoniano-Messiniano inferiore (POMESANO CHERCHI, 1971) (Figg. 3, 5). Nella carta geologica i calcari sono stati cartografati come Calcari di M. Santo (CS). La Sequenza 2 presenta una successione verticale analoga a quella della Sequenza 1 con sabbie alla base sormontate da carbonati. Solo nella porzione basale della sequenza si riconoscono una parte prossimale, costituta da sistemi deltizi (Gilbert-delta), ed una distale caratterizzata da sabbie di aspetto massivo. Quest ultime sono state interpretate come un deposito di Low Stand Wedge (MARTINI et al., 1992) (Fig. 5). Sequenza 3. I depositi di questa sequenza affiorano unicamente in una stretta fascia compresa tra la Centrale Elettrica di Fiume santo e le Saline di Stintino, a N di Sassari (località Scala Erre) (Figg. 1, 2, 3). E unicamente costituita da alternanze di argille e conglomerati continentali. Le argille sono massicce, non stratificate molto bioturbate e pedogenizzate. Generalmente sono di colore rossastro o giallastro, raramente anche grigio. Dispersi si rinvengono noduli di manganese, frammenti di legno e clasti di dimensioni millimetriche. Occasionalmente sono stati rinvenuti dei paleosuoli. Le argille sono interpretate come depositi di piana alluvionale. I conglomerati sono organizzati sia in lenti di 10 m di lunghezza e 2-3 m di altezza, sia in strati tabulari. Le lenti hanno base erosiva e sono costituite da strati amalgamati con strutture tipo cut and fill. I clasti hanno dimensioni variabili (da pebble a cobble) che tendono a diminuire da SW verso NE Ben sviluppata è l embricazione che indica una provenienza dei clasti da quadranti sud-occidentali (SW). I clasti sono costituti prevalentemente da rocce metamorfiche (quarzo e filladi) appartenti al basamento della Nurra, anche se non sono rari clasti di rocce permiane, analoghe a quelle che affiorano nell area di Cala Viola, o mesozoiche. I conglomerati sono interpretati come depositi fluviali di tipo braided. L età dei depositi della Sequenza 3 sulla base del ritrovamento di resti di Horeopitecus bamboli (pre-molari) e di una fauna a mammiferi analoga a quella di Baccinello in Toscana Merdionale (CORDY & GINESU, 1994), viene riferita Miocene superiore. I depositi della Sequenza 3 possono essere interpretati come il riempimento

11 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 391 Figura 6 - Evoluzione tettono-sedimentaria del bacino del Logudoro (da MARTINI et al., 1992)

12 392 Atti del convegno GeoSed 2003 di una valle sviluppatasi in seguito alla crisi di salinità del Messiniano. L attuale piattaforma continentale Sarda è caratterizzata da numerosi canyons (THOMAS & GENNESSEAUX, 1986) il cui sviluppo è riferito alla drastica caduta del livello del mare del Messiniano. I depositi della Sequenza 3 sono, pertanto, interpretati come del Messiniano superiore-pliocene inferiore basale. EVOLUZIONE SEDIMENATRIA La Sardegna nordoccidentale nel Miocene è caratterizzata dall alternarsi di numerosi cicli trasgressivo-regressivi (Figg. 5, 6). Durante il Burdigaliano superiore-langhiano l innalzamento del livello del mare porta alla deposizione (Sequenza 1) dove, in successione verticale, ai depositi continentali, principalmente costituiti da sabbie (STAGE I), seguono i depositi marini di piattaforma prossimale (calcari algali) e distale (marne) (STAGE II). La caduta del livello del mare del Langhiano superiore e/o Serravalliano inferiore è responsabile della profonda erosione dei depositi della Sequenza 1 e della formazione di un limite di sequenza del tipo 1. In questa fase si sviluppano profonde (100 m) valli incise. Nel conseguente periodo di risalita del livello del mare si deposita la Sequenza 2. Lungo il margine del bacino si sviluppano sistemi deltizi di tipo Gilbert (Ploaghe), mentre al limite della piattaforma (Florinas) si depositano le sabbie quarzoso-feldspatiche che riempiono le valli precedentemente formatisi (Low Stand Wedge) (STAGE III). La nuova trasgressione consente lo sviluppo, durante il Serravalliano, inferiore, di una vasta piattaforma carbonatica (STAGE IV). Le condizioni di High Stand vengono raggiunte nel Tortoniano e, anche se con continue variazioni relative del livello del mare, permangono fino al Messiniano inferiore. Durante l HS si depositano le parasequenze silico-carbonatico (STAGE V) ed i calcari algali (STAGE VI). Non vi sono tracce di depositi evaporitici riferiti alla crisi di salinità del Mediterraneo del Messiniano. E quindi da supporre che la caduta del livello del mare nella Sardegna nord-occidentale sia precedente a questo evento. La nuova caduta del livello del mare porta alla formazione, lungo tutto il margine della piattaforma, di numerose valli incise, la più importante di queste è il Canyon di Castel Sardo a NE del Bacino del Logudoro. Una seconda valle incisa si sviluppa a N di Sassari (Scala Erre). I depositi della Sequenza 3 rappresentano il riempimento sedimentario di questa valle. Il ritrovamento di una fauna a vertebrati confrontabile con quella di Baccinello in Toscana, permette di riferire questi depositi al Messiniano superiore-pliocene inferiore (STAGE VII). Il Vulcanismo Plio-Quaternario (STAGE VIII) copre tutte le sequenze mioceniche.

13 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 393 DESCRIZIONE DEGLI STOPS I GIORNO 0-18 km - Da Alghero si percorre verso N la N.291 in direzione Sassari. Dopo circa 8 km si incontra la necropoli di Anghelu Ruiu e successivamente la Cantina di Sella & Mosca entrambe meritano una visita. Dopo altri 8 km si prenda la nuova strada a 4 corsie che porta a Sassari. Necropoli Di Anghelu Ruiu Situata a poca distanza dal mare, è la più vasta necropoli a domus de janas della Sardegna. Con le sue 36 tombe era cimitero di marinai-metallurgici e di agricoltori. Si presenta divisa sostanzialmente in due zone, una con meno sepolture a nord-ovest e una più densa a sud-est. In loco è esposta una pianta scolpita su una lastra marmorea, utile per identificare le varie tombe. In particolare si segnala la tomba III, con un lungo dromos (corridoio) d ingresso e una serie di stanzette disposte a croce, che fanno pensare a un disegno unitario realizzato in un unico momento. Vi sono ancora camere scavate con forme geometriche nelle tombe XIX, XX bis, XXX. Alle pareti della camera della tomba XX bis si possono notare corna di toro stilizzate che compaiono anche in altri ipogei: sono simboli della forza riproduttrice della natura. Le sepolture erano per lo più di cadaveri inumati, spesso distesi su letti di pietre. La necropoli appartiene al periodo ( a.c.) della cultura detta di Ozieri, ma fu poi riutilizzata in epoche preistoriche successive. I reperti d interesse archeologico estratti dalle tombe sono conservati in parte al Museo archeologico di Cagliari, in parte al Museo Sanna di Sassari. STOP 2.1 (opzionale) (Strada 4 corsie Alghero-Sassari) Il taglio della strada mette in luce un affioramento, purtroppo isolato e mal correlabile con altri del Bacino del Logudoro, di depositi continentali fluviali, basali della Sequenza 1 (Formazione di Oppia Nuova) (PECORINI et al., 1988, correlano questo deposito con quelli del Miocene superiore della Sequenza 3. I rilevamenti svolti nell area e l analisi sia dei clasti sia delle paleocorrenti ci fanno correlare questo affioramento con quelli continentali del Miocene inferiore). L affioramento mostra un grosso corpo conglomeratico lentiforme che taglia dei depositi sabbiosi biancastri all interno dei quali si rinvengono livelli arrossati. La base del livello conglomeratico è erosiva e diminuisce di spessore sia verso NE sia SW. La dimensione dei clasti del conglomerato è variabile dai pebble ai cobble e la matrice è sia sabbiosa sia microconglomeratica. Internamente alle lente si osservano strutture tipo cut and fill. L affioramento mostra una sezione trasversale di uno dei sistemi fluviale di tipo braided che si sono sviluppati nel Burdigaliano medio-superiore nella Sardegna nord-occidentale (Fig. 7).

14 394 Atti del convegno GeoSed 2003 Figura 7 - Sequenza 1 parte basale. Conglomerati canalizzati e depositi di piana alluvionale km - La strada a 4 corsie termina nella SS 131 (Carlo Felice) km - Si prende la Carlo Felice in direzione Cagliari. Si raggiunge Sassari. Sassari Sassari, ubicata al centro della vasta regione a Nord-Ovest della Sardegna, è con i suoi abitanti, la seconda città dell isola. Il nome di Sassari lo troviamo per la prima volta in un antico registro del monastero di San Pietro di Silki, dove in un atto del 1131 è nominato Jordi de Sassaro. Nel 1135 si parla invece della chiesa di Sancti Nicolai de Tathari. Sassari è una città giovane che risale alla fine del Medioevo, ma il suo territorio e il Museo Sanna offrono numerose testimonianze della presenza dell uomo del Neolitico recente: dall imponente ziqqurat di Monte d Accodi edificato verso il 2400 A.C. ai 170 nuraghi e alle vestigia romane del Il Secolo d.c. Nella seconda metà del Xlll secolo Sassari, Comune governato da un podestà, alleato prima con Pisa e in seguito con Genova, contava più di abitanti. Le case costruite all interno delle mura si alternavano con campi e corti, ed erano separate da stradine strette e tortuose. Lungo l asse sud-nord si estendeva la Platha de Cothinas : l attuale Corso Vittorio Emanuele. Nella sua parte centrale, dove oggi è il Teatro Civico, si apriva la piazza del Comune con il Palazzo Comunale. Nel 1294 la città si costituì in libero Comune e promulgò gli Statuti Sassaresi che rappresentavano l organizzazione giuridica, politica ed amministrativa della città. Il passaggio sotto la dominazione aragonese segnò l avvento di un secolo di ribellioni, carestie e pestilenze che spopolarono la città, la quale rifiorì con la pace del 1420 e riconquistò la

15 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 395 sua posizione dominante nel Nord della Sardegna. Il Castello Aragonese del XIV secolo fu demolito alla fine del XIX secolo. L Albergo Cittadino, il Palazzo Comunale nel Corso ed alcune belle dimore nel tratto della Platha, restano comunque testimonianza di quel periodo. Il successivo quarto del XVI secolo vede una marcata influenza delle tendenze italiane nell architettura di Sassari, soprattutto grazie all arrivo dei Gesuiti e all influenza degli architetti militari italiani chiamati in città per costruire le fortificazioni che dovevano proteggere l isola dalle incursioni dei pirati. Vanno ricordate come testimonianze di questo periodo la nascita del Collegio di Studi di San Giuseppe o Studio Generale, che nel 1634 verrà denominato Università di Sassari, prima Università della Sardegna. La Fontana di Rosello, eretta nel in stile tardo-rinascimentale, divenne il simbolo della città e del suo legame alla terra. Dopo la peste del 1652 e fino ai primi decenni del XVIII secolo si assiste ad un vero boom dell edificazione, soprattutto per quanto riguarda gli edifici religiosi ed in particolare della cattedrale di San Nicola. Il passaggio alla dominazione piemontese intorno al 1718 si rifletterà, sull architettura cittadina solo 50 anni dopo. Se ne ritrova testimonianza nel Palazzo Ducale, sede attuale dell Amministrazione cittadina e sulle facciate di altre case aristocratiche. Negli anni seguenti vengono costruiti il Teatro Verdi, il nuovo ospedale, le carceri. Viene creato un sistema di piazze secondo un asse longitudinale che va dalla Piazza Azuni a Piazza d Italia. Intorno al 1870, in Piazza d Italia, sorge il maestoso Palazzo della Provincia e il neo gotico Palazzo Giordano. L edilizia conosce un nuovo rilancio dopo la crisi della fine del XIX secolo, rilancio segnato questa volta dall eclettismo di fine 800 che includeva il neo gotico e l esotico con influenze esterne al pari dell utilizzo di materiali di costruzione insoliti. Un accostamento tra l eleganza e la bizzarria si trova nelle ville art nouveau e la severità degli edifici pubblici (Umberto I) che vedranno, in seguito alla prima guerra mondiale, l espressione della restaurazione e l art dèco incarnarsi nel ritorno alle forme architettoniche dei decenni precedenti e nel razionalismo moderno. In effetti, negli anni 30 del 1900 la crescita demografica va di pari passo con la nuova frenesia di costruzione, dando il via al quartiere residenziale di viale Italia, con case in stile nazionalista ed il quartiere popolare di Monte Rosello, unito alla città dal Ponte dei Fasci, emblema del fascismo Italiano. La trachite locale viene usata a profusione per costruire a ridosso delle carceri il Palazzo di Giustizia, di stile neoclassico, e nella Piazza Conte di Moriana, in stile razionalista, ed altri diversi palazzi. Dopo la seconda Guerra Mondiale la popolazione è pressoché raddoppiata: da agli attuali abitanti(fonte di Sassari. it) km Si supera Sassari e le gallerie di Chighizzu. Subito dopo le gallerie si attraversa una valle le cui pareti sono costituite dai Calcari Superiori. Si lascia la Carlo Felice in direzione di Mores km Si supera l abito di Mores e si continua in direzione Chilivani. Dopo alcune curve si trova il bivio a dx per Foresta Burgos. Stop 2.2 (Mores) Depositi continentali della Sequenza 1. Affioramento dei conglomerati fluviali della Formazione di Oppia Nuova. Nell affioramento sono visibili canali, barre del sistema fluviale di tipo braided Burdigaliano medio-superiore (Fig. 8).

16 396 Atti del convegno GeoSed 2003 Figura 8 - Sequenza 1 parte basale. Canali amalgamati Stop 2.3 Sequenza 1 (Mores) Transizione dai depositi continentali a quelli marini. Dalla base al tetto l affioramento mostra delle sabbie con foreset a larga scala immergenti verso NW, un livello conglomeratico con struttura tipo open-work, un livello di sabbia calcarea con diffusi macrofossili tra i quali particolarmente abbondante è l Anphiope hollandei (FUNEDDA et al., 2000). Al tetto la successione si completa con i calcari inferiori. Figura 9 - Sequenza 1. Transizione dai depositi fluvio-deltizi a quelli di spiaggia a quelli di piattaforma

17 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 397 La sabbie con foreset possono essere interpretate come un piccolo apparato deltizio del tipo Gilbert, i cui topset sono stati rielaborati dalle acque marine ed hanno dato origine ai depositi di spiaggia con i livello conglomeratici open-work. Le condizioni marine franche hanno permesso la deposizione dei calcari inferiori (Calacari di Mores) (Fig. 9) km - Da Mores si prosegue verso nord in direzione di Ardara. Ad Ardara si prende la S. 597 in direzione Sassari (ovest). Dopo circa 11 km si raggiunge il bivio per Ploaghe- Codrongianus-Tempio. Se si prosegue in direzione Sassari, dopo circa 3 km si raggiunge la Basilica della S.S. Trinità di Saccargia. Saccargia: leggenda e storia Sull origine etimologica del toponimo Saccargia, ci sono state tramandate varie ipotesi. La leggenda racconta di una vacca pezzata che ogni giorno veniva da un lontano pascolo per offrire il proprio latte ai frati di un convento e soleva inginocchiarsi sul dorso, in atteggiamento di preghiera, proprio nel luogo in cui ora sorge la chiesa (Fig. 10). Da qui vacca vargia (vacca dal pelo maculato), dal dialetto sa baccarza, poi sa accarza, quindi Saccargia. Peraltro in un capitello del portico antistante il prospetto appare scolpita proprio l immagine di una vacca. Secondo lo Spano l origine era dovuta al vocabolo fenicio sachar che significa luogo chiuso, infatti la fertile vallata è chiusa da ogni parte da un tavolato di rocce vulcaniche. Altri affermano che deriverebbe da sa acarza, ossia vaccheria o luogo delle vacche, tenendo conto della natura del sito, ricco di ottimi terreni per allevare bestiame, riparata com era da un anfiteatro naturale basaltico. Nel cosiddetto Condaghe de s abadia de Sa Santissima Trinidade de Saccargia un documento in sardo logudorese nato da un apografo seicentesco che fu pubblicato in due edizioni a Cagliari e a Sassari nel 1660, si parla di data di ampliamento della Basilica della S.S. Trinità di Saccargia. La chiesa infatti non fu eretta ex novo, ma sulle rovine di un modesto monastero preesistente nell anno 1116 come descritto dal Tola nel suo Codex Diplomaticus Sardiniae. Secondo il Libellus Judicum Turritanorum, in quel tempo nel Giudicato del Logudoro governavano Costantino I di Torres, figlio di Mariano e la sua consorte Marcusa di Gunale, discendente degli Arborea. Entrambi conducevano una vita giusta e da buoni religiosi onoravano la chiesa. Erano però afflitti da un triste destino, i loro figli morivano in tenera età. Decisero perciò, desiderosi di avere un erede, di recarsi a Porto Torres dai tre gloriosi Martiri Turritani - Gavino, Proto e Gianuario - in pellegrinaggio votivo, per pregare il Signore affinché concedesse loro la grazia. Durante il viaggio da Ardara a Porto Torres si fermarono e chiesero asilo ai buoni frati camaldolesi,dunque passarono la notte nell iscia di Saccargia; (iscia= termine dialettale che indica un appezzamento di terreno fertile e umido adatto per l allevamento del bestiame).per volontà della Vergine, in sogno a Marcusa, sarebbe stata loro promessa la grazia di avere un figlio in cambio della costruzione in quel luogo, di una chiesa in onore e gloria della S.S. Trinità e di un monastero per l ordine camaldolese. I due coniugi desiderosi di compiacere la Vergine ne affidarono immediatamente la costruzione ai valorosi maestri pisani mastros pisanos e diedero ai monaci i mezzi per l ampliamento del monastero nonché la fertile vallata; presto dotata di una efficace rete di canali per l irrigazione. Nell anno 1117 secondo il Vico, il giudice e sua moglie vollero consacrare la chiesa sotto il pontificato di Papa Pasquale II che per l occasione comandò che partecipassero

18 398 Atti del convegno GeoSed 2003 Figura 10 - Abbazia della S.S Trinità di Saccargia arcivescovi e vescovi, preti, canonici, priori, abati e religiosi, promettendo speciali indulgenze a coloro che si recavano a visitare la chiesa. Il giudice Costantino e la moglie Marcusa furono allietati dalla nascita di un figlio che chiamarono Gonario, il quale governò nel regno di Torres dopo la morte del padre nel Dal palazzo di Torres, la salma fu trasportata da Itoccor Gambella suo primo consigliere, assieme ai vescovi della provincia turritana e ai Liberi del Logudoro, con tutti gli onori, prima alla corte di Curcas poi a Saccargia dove fu tumulata davanti all altare maggiore sotto lo scranno. Marcusa, rimasta vedova, decise di imbarcarsi per raggiungere Messina dove, fondò un ospedale intitolato a S. Giovanni di oltremare, morendo in pace. La chiesa divenne una delle badie più celebri dei monaci camaldolesi, ed ebbe sempre una posizione preminente essendo i suoi abati i più insigni dell ordine in Sardegna. All inizio del XV secolo, il governo d Aragona allontanò i camaldolesi divenuti indegni per aver perseguito fini terreni e l abadia fu affidata alla conduzione di un abate commendatario. Dal 1820 l Arcivescovo Turritano fu dotato del titolo di priore della basilica e all università di Sassari vennero attribuiti i suoi redditi. Dal 1957 la chiesa è sotto la custodia della parrocchia di Codrongianos (fonte km Al bivio per Ploaghe-Codrongianus-Tempio si lascia la S. 597 e, girando a sx (ovest) si prosegue in direzione Codrongianus. Il lungo rettilineo che porta a Codrongianus è disseminato da cave più o meno grosse. Le cave, per la maggior parte dismesse, erano coltivate per l estrazione della sabbia. Stop 2.4 Cave di Sabbia di Codrongianus (Fig. 11). Oggetto dello stop sono i depositi silico-clastici della Sequenza 1. Le sabbie affioranti nella cava sono a grana medio-grossolana con clasti composti quasi esclusivamente da quarzo e feldspati. La matrice argillosa-illitica, rende la qualità di queste sabbie, per scopi industriali, piuttosto bassa. L affioramento mostra un sistema progradante verso NW con larghi e ben sviluppati forest, bottomset e topset. Il sistema è interpretato come un delta di tipo Gilbert. Del delta sono visibili sia la sezione frontale sia altre trasversali (Fig. 12).

19 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 399 Figura 11 - Gilbert delta nelle sabbie inferiori della Sequenza 1 Figura 12 - Gilbert delta nelle sabbie inferiori della Sequenza 1. Sviluppo di larghi foreset, bottomset e topset km Si raggiunge Codrongianus e si prosegue in direzione di Florinas. Da qui si continua in direzione di Ossi via S. Antonio.

20 400 Atti del convegno GeoSed 2003 Stop 2.5 Sabbie di Florinas. Le sabbie di Florinas costituiscono la base della Sequenza 2. Sono delle sabbie quarzoso-feldspatiche (70 % qtz, 15-20% feldspato alcalino), con una matrice (10-15%) caolinitica. Sono intensamente coltivate ed utilizzate per la produzione di ceramiche e vetri dalla Sarda Silicati del Gruppo Minerali spa (Fig. 13). La cava della Sarda Silicati offre la possibilità di vedere quale sia la struttura delle sabbie. Sono costituite dalla base al tetto da canali molto ampi che passano verso l alto a set di foreset a larga scala immergenti verso NW. I canali sono stati interpretati come dei sistemi fluviali di tipo braided, mentre i corpi progradanti come dei delta di tipo Gilbert (Fig. 14). Il Gruppo Minerali Spa Dieci società per quindici unità produttive, quasi un secolo di cultura estrattiva, 250 addetti e un milione e novecentomila tonnellate di materie prime prodotte. Sono numeri importanti, quelli del Gruppo Minerali, attorno ai quali prende forma un autentica vocazione per l estrazione, il trattamento e la commercializzazione di materie prime destinate alle aziende della ceramica e del vetro. Delle quindici unità produttive presenti, tredici hanno sede sul territorio nazionale, una in India e una in Brasile. Circa 70 miliardi di fatturato, 18 miliardi di investimenti negli ultimi quattro anni. Le cifre sono appena l inizio, ma si possono facilmente intuire le potenzialità, mentre si delinea il futuro di una realtà mineraria sempre più importante. All origine del processo una scelta forte, radicale: grandi giacimenti facilmente accessibili, concessioni di lungo periodo, un trattamento industriale capace di nobilitare materie prime non immediatamente utilizzabili. E la filosofia che Gruppo Minerali ha opposto alla cultura estrattiva classica, fatta di giacimenti con elevata qualità di partenza ma quasi sempre piccoli e di difficile coltivazione. Una cultura che pone al centro del processo produttivo l uomo, affidandogli un ruolo cardine e un posto in primo piano. Un atteggiamento globale volto alla tutela dell ambiente che implica un lungo lavoro di ripristino e riqualificazione del territorio. Il futuro di Gruppo Minerali viene modulato già al presente, attraverso studi ed analisi onde consolidare e sviluppare le linee più promettenti. Questo, unito ad una costante verifica dei parametri e degli obiettivi caratterizzanti la Certficazione ISO 9002, garantisce al Gruppo quantità e qualità, nel tempo. Al centro del processo: l Uomo L uomo, centro e valore nevralgico del processo produttivo di Gruppo Minerali, è chiamato a vivere un ruolo da protagonista, per alimentare uno spirito di collaborazione che diventa subito qualità aggiunta. E un lavoro continuo quello affidato ai tecnici del Centro Ricerche: a loro spetta il controllo puntuale degli standard, il monitoraggio costante, la traduzione degli indirizzi produttivi in costanza delle prestazioni. Un posto in prima fila, dunque, per ottenere i risultati migliori il rispetto e la rivalutazione dell ambiente. Al termine del processo di estrazione, il ripristino ambientale. Una scelta irrinunciabile per attività ad impatto ambientale rilevante anche se non

21 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 401 Figura 13 - La cava delle Sarda Silicati nelle sabbie superiori di Florinas Figura 14 - Sequenza 2. Canali e larghi foreset nelle sabbie superiori di Florinas

22 402 Atti del convegno GeoSed 2003 sempre scontata; un obbligo che Gruppo Minerali interpreta sempre come importante occasione di riqualificazione e rivalutazione del territorio. Si torna allora all opzione di partenza, quella delle coltivazioni ampie e a lungo termine, le sole che consentano piani di recupero brillanti e significativi. Si tratta di un costante lavoro di recupero del suolo utilizzato, nei termini e nell universo culturale della certificazione ISO Progettare il futuro Gruppo Minerali progetta il suo futuro come apertura produttiva e commerciale verso Middle e Far East, sul consolidamento e sullo sviluppo delle tendenze più promettenti. Sotto il profilo tecnologico e strategico, le cifre non lasciano dubbi: una media annua di investimenti pari al 10% del fatturato, per ampliare gli impianti e per nuove iniziative; l obiettivo della Certificazione ISO 9002 per le aziende che ancora non la possiedono; l incessante ricerca di materiale a purezza sempre più elevata anticipando, per quanto possibile, le esigenze future dei clienti. Sarda Silicati S.r.l. Lo stabilimento nasce nel 1990, a Ossi, in provincia di Sassari. Concepito per il trattamento dei grezzi sabbiosi estratti dalla vicina miniera di Florinas. SARDA SILICATI si distingue per la sicura vocazione tecnologica, per la priorità degli obiettivi connessi a una produzione pregiata. Rivolta alle aziende più esigenti, produce sabbie feldspatiche per vetro bianco e cristallino, feldspati per vetreria e ceramica, argille caolinitiche per ceramica. (fonte I Prodotti (Vedi tabelle)

23 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 403

24 404 Atti del convegno GeoSed 2003

25 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 405

26 406 Atti del convegno GeoSed km Dalla Cava della Sarda Silicati si sale al Monte Adde Stop 2.6. (opzionale) Lo stop permette di vedere il passaggio delle sabbie superiori ai calcari superiori. Il passaggio mostra la transizione da depositi deltizi a quelli di spiaggia con laminazione incrociata, di spiaggia sommersa (HCS) ed infine ai carbonati (Fig. 15). Figura 15 - Sequenza 2. Transizione dai depositi silico-clastici di ambiente fluvio-deltizio a quelli di spiagga ed ai carbonati di piattaforma km Si riprende la strada per Florinas e da qui la Carlo Felice fino a Sassari. Da Sassari si prosegue per Alghero.

27 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 407 II GIORNO 0-48 km Da Alghero si ripercorre la S 291 per Sassari. Si prende la Carlo Felice in direzione Cagliari e, dopo circa 6 km (dopo la seconda galleria) si esce in direzione di Ossi. Figura 16 - Panorama della parete di Chighizzu (top della Sequenza 2) Stop 3.1 Panorama sulla parete di Chighizzu (Fig. 16). La spettacolare parete permette di vedere l appoggio in discordanza dei calcari superiori della Sequenza 2 sulle marne della Sequenza 1 e buona parte della successione carbonatica della Sequenza 2. Dal basso verso l alto la successione è caratterizzata (Fig. 17): Figura 17 - La parete di Chighizzu, particolare. Si nota la discordanza tra la Seq 1 e la Seq 2, il livello canalizzato con slumps, la parte sommitale con stratificazione pianoparallela

28 408 Atti del convegno GeoSed 2003 A. Marne regolarmente stratificate; B. Discordanza Langhiano superiore/serravalliano inferiore; C. Calcari (interpretati come depositi di margine e scarpata della piattaforma, MARTINI et al., 1992) con larghi canali e slump. Gli slump sono interpretati come l effetto congiunto di frane sottomarine sul bordo della scarpata e l attività di faglie sinsedimentarie; D. Calcari regolarmente stratificati con rodoliti. Lateralmente si può osservare la struttura a set di parasequenze. Le deboli oscillazioni del livello del mare sono responsabili, oltre che della struttura a parasequenze, della fratturazione della piattaforma e della sua suddivisione in unità leggermente diverse le une dalle altre km Da Ossi si ripercorre la strada verso la Carlo Felice e si prosegue per la strada a tornanti che prende il nome di Scala di Giocca. Stop 3.2 Lungo la strada si possono osservare gli accumuli di rodoliti che riempiono i canali interni ai calcari. Questi depositi sono stati interpretati come di piattaforma prossimale, dove un elevata energia ed acque relativamente basse, potevano dare origine a barre ed ai canali riempiti da rodoliti (Fig. 18). Fig Canale riempito da rodoliti

29 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI km Si ritorna sulla Carlo Felice prendendola in direzione Sassari Porto Torres. Si raggiunge Porto Torres e si prende la strada per Stintino. Dopo circa 13 km si raggiunge la località di Scala Erre. Gli stop 3.3 e 3.4 sono fatti in collaborazione con Mauro Tedde. Stop 3.3 Lo stop è in una grossa cava attiva (Fig. 19) dove sono coltivati i Fig La Cava di Scala Erre, Sequenza 3 livelli di argilla presenti alla base della successione continentale della Sequenza 3. La successione affiorante è composta dalla base da: 1. Argille giallastre e/o rossastre molto pedogenizzate con diffuse impronte di radici, spesso ben conservate (Fig. 20). 2. Alternanze di livelli lentiformi di conglomerati sottili (canali) ricchi in matrice argilloso-sabbiosa ed argille variegate. I canali, spesso sovrapposti, hanno uno spessore variabile da 20 ai 50 cm ed una lunghezza di alcuni metri. Verso la parte alta di questo intervallo i conglomerati diventano più grossolani, presentano strutture tipo cut and fill e le alternanze con le argille sono più regolari (Fig. 20). 3. Conglomerati grossolani organizzati grosse lenti con base nettamente erosiva. Internamente si riconoscono canali amalgamati e struttura tipo cut and fill. L embricazione è sempre evidente ed indica una provenienza dei clasti da SW (Fig. 21). La Sequenza 3 rappresenta il riempimento di una valle fluviale sviluppatasi nel Messiniano ed all interno della quale si era impostato un sistema fluviale di tipo braided.

30 410 Atti del convegno GeoSed 2003 Fig Sequenza 3. Parte basale della sequenza. Argille fortemente pedogenizzate sulle quali si imposta un sistema a canali intrecciati km Da Scala Erre si va in direzione della Centrale Elettrica di Fiume Santo. Stop 3.4 Le argille pedogenizzate della Sequenza 3. L affioramento mostra come l intesa pedogenizzazione delle argille possa a luoghi sviluppare dei suoli (Fig. 22). L affioramento di questo stop è il più vicino al sito paleontologico di Fiume Santo dove sono stati ritrovati i resti (pre-molari) dell Oreopithecus Bambolii e di altri vertebrati tardo Miocenici (CORDY & GINESU, 1994). Fig Canali e barre nella parte sommitale della Sequenza 3

31 A. FUNEDDA, G. OGGIANO, V. PASCUCCI 411 Fig Paleosuoli nella parte basale della Sequenza 3 OREOPITHECUS BAMBOLII Secondo un recente studio di autorevoli paleontologi, una scimmia antropomorfa vissuta ben nove milioni di anni fa sarebbe uno degli antenati dell uomo. L annosa questione sull origine dell umanità trova oggi una nuova e interessante risposta: uno degli antenati dell uomo potrebbe essere Oreopithecus Bambolii, la scimmia antropomorfa vissuta nove milioni di anni fa (Fig. 23). Ad affermare ciò è il recente studio condotto dagli autorevoli paleontologi del Museo di Geologia e Paleontologia di Firenze che hanno analizzato i fossili del primate. I ricercatori Rook, Moyá-Solá e Kohler, del Museo di Geologia e Paleontologia di Firenze, che hanno analizzato i fossili, hanno individuato alcune analogie tra le ossa della mano della scimmia, decisamente piccole rispetto al peso corporeo, e quelle dei primi ominidi. In particolare, la presenza del muscolo che consente di flettere il pollice, muscolo specifico dell uomo, a far ipotizzare che Oreopithecus bambolii possedesse, come i primi ominidi, abilità manipolative. Inoltre, lo scheletro del primate recuperato nel 1958 in una miniera di lignite nella Maremma toscana, mostra la presenza di arti superiori molto sviluppati e di mani grandi e robuste per un probabile adattamento alla brachiazione, ovvero la capacità di utilizzare gli arti superiori per spostarsi nella vegetazione. Nel complesso, la massa corporea è simile a quella Fig. 23 L Oreopithecus bambolii. dell attuale gibbone e porta a dedurre che il primate sia un antenato dell uomo moderno.

32 412 Atti del convegno GeoSed 2003 I l primo esemplare del primate noto in letteratura scientifica con il nome di Oreopithecus bambolii Gervais fu scoperto nella seconda metà del secolo scorso nel giacimento di lignite di Montebamboli (Massa M.ma). Il paleontologo Paul Gervais, in visita in Italia, ebbe il permesso di portare gli interessantissimi campioni a Parigi, dove potette studiarli approfonditamente. Il 6 maggio 1872 egli presentò la prima, dettagliata descrizione di questa specie alla Accademia delle Scienze di Parigi (Fig. 24). Da allora numerosi altri resti fossili di Oreopithecus bambolii sono stati rinvenuti in altre località della Maremma (Acquanera, Baccinello, Casteani, Monte Bamboli, Montemassi e Ribolla) e, recentemente (pre-molari), nei depositi fluviali di Fiume Santo, in Sardegna (Fig. 25). Non è azzardato affermare che l Oreopiteco è oggi uno dei primati fossili meglio conosciuti, rappresentato da numerosi resti scheletrici incompleti e da decine di crani e mandibole relativamente completi. Di tutte le località toscane sopra menzionate, Baccinello risulta la maggiormente conosciuta e studiata, sia sotto il profilo paleontologico che geologico. L impegno e la determinazione personale del Prof. Johannes Hürzeler (Museo di Storia Naturale di Basilea) portò, alla fine degli anni 50, al recupero di un consistente campione di resti fossili del tardo Miocene attribuibili a questa specie. Il ritrovamento certamente più importante e di ampio rilievo internazionale è avvenuto nel 1958, anno in cui la lignite di Baccinello ha restituito uno scheletro quasi completo di un giovane maschio di Oreopiteco, primate vissuto nell area circa 8 milioni di anni fa. Fig I pre-molari di Oreopithecus bambolii trovati a Fiume Santo Fig Disegno dell Oreopithecus bambolii Da allora sono stati rinvenuti in questa zona altri interessanti resti fossili, compresi quelli recentemente descritti dal Dr Lorenzo Rook (Dipartimento di Paleontologia, Università di Firenze), provenienti dalla valle del torrente Tra subbie. (fonte - testo tratto da Le Scienze, n. 369, Maggio 1999). La storia del sito archeologico di Fiume Santo è riportata in

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