GEOLOGIA DELLE PREALPI CARNICHE

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1 GEOLOGIA DELLE PREALPI CARNICHE Pubblicazione n. 44 COMUNE DI UDINE Edizioni del Museo Friulano di Storia Naturale 2000

2 2 In copertina: il versante settentrionale del Monte Caserine e la conca di Senons. Le foto sono di: G.B. Carulli, G. Muscio, F. Podda, M. Ponton, E. Turco. Direzione e Redazione: Carlo Morandini (Direttore) Maria Manuela Giovannelli Giuseppe Muscio Stefania Nardini Museo Friulano di Storia Naturale - Via Grazzano 1, I UDINE tel. 0432/ , fax 0432/ Riproduzione anche parziale vietata. Tutti i diritti riservati.

3 3 Giovanni Battista CARULLI, Andrea COZZI, Giorgio LONGO SALVADOR, Enrico PERNARCIC, Fulvio PODDA, Maurizio PONTON NOTE ILLUSTRATIVE ALLA CARTA GEOLOGICA DELLE PREALPI CARNICHE 1. Premessa La letteratura geologica sulle Prealpi Carniche non è molto ricca di voci. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che questo settore di catena, oltre ad essere caratterizzato da indubbie difficoltà di accesso, di percorribilità e di logistica, ha sempre presentato interesse limitato per i ricercatori, almeno fino a circa metà del 900, a causa di un apparente monotonia geologica. Questo aspetto è stato ancor più esasperato, ma a torto, dalla vicinanza con la ben più famosa geologia delle Alpi Carniche solo apparentemente di richiamo e gratificante per la varietà delle formazioni, la complessità dei loro rapporti, il ricco contenuto paleontologico e il complesso assetto strutturale colà dominante. Lo stesso Gortani, senza dubbio insigne studioso del Paleozoico ma al tempo stesso geologo carnico per eccellenza, dedica alle Prealpi pochi contributi, il più importante dei quali (GORTANI, 1910), utile ai soli fini stratigrafici del presente lavoro, riguarda il Retico, il Lias ed il Giura delle Prealpi dell Arzino. L interesse per questo settore di catena sud-alpina da parte del Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine dell Università di Trieste deriva dai primi rilevamenti dell area inizialmente condotti, una decina di anni addietro, nell ambito di un Contratto di ricerca stipulato fra l allora Istituto di Geologia e Paleontologia dell Università di Trieste e l AGIP s.p.a. (che qui si ringrazia per aver concesso la pubblicazione dei dati geologici) e avente per tema la Ricerca geologica sulla Dolomia di Forni. Più o meno parallelamente, ma specie successivamente a seguito della spinta dei risultati innovativi ottenuti con tale ricerca, i rilevamenti geologici sono proseguiti anche attraverso le tesi di laurea inedite di TURCO (1985), SCAREL (1988), POLONIA (1990), COZZI (1994), PASCOLO (1994), PERNARCIC (1996), MAURO (1996), FUSETTI (1997), PIANO (1998), LOSS (1999), TORRESIN (1999) e RIULINI (1999), nonché con le tesi inedite di Dottorato di Ricerca di PODDA (1998) e di COZZI (1999) e quella in corso di PERNARCIC. Le situazioni geologiche affascinanti qui riscontrate, specie se studiate con una visione ed una interpretazione più moderna di quanto si potesse fare anni addietro, hanno rivelato un quadro fortemente innovativo rispetto allo stato generale delle conoscenze sull area. Tale risultato ci ha convinto che esso fosse degno di essere illustrato, tramite la sia pur ampia sintesi rappresentata dalla Carta geologica delle Prealpi Carniche in scala 1: (sintesi però di rilevamenti effettuati alla scala 1:10.000), non solo alla comunità scientifica ma anche a tutti coloro, studiosi, amministratori, pianificatori, liberi professionisti, semplici appassionati cui sta a cuore la conoscenza e la conseguente gestione e tutela del territorio. 2. Inquadramento geografico Il settore geografico coperto dalla ricerca, che interessa un area di oltre 850 km 2, è ubicato nella porzione nord-occidentale della Regione Friuli- Venezia Giulia e, dal punto di vista amministrativo, si estende principalmente nella provincia di Pordenone, interessando buona parte del suo territorio montano, e in parte in quella di Udine. Orograficamente si sviluppa quasi per intero nelle Prealpi Carniche interessandole quasi totalmente, fatta eccezione per i rilievi pedemon-tani più esterni. Per una piccola parte, a settentrione, l area ricade nelle Alpi Carniche meridionali (o Alpi Tolmezzine). Incidentalmente si ricorda che le Prealpi Carniche, riprendendo la distinzione in unità orografiche del Friuli fatta da MARINELLI (1888), occupano quel settore montano che si estende a Sud dell alto corso del fiume Tagliamento fino ad

4 4 affacciarsi sull alta pianura friulana occidentale. Più precisamente, l area rilevata ha il suo limite settentrionale rappresentato dall alto corso del massimo fiume regionale, quello orientale dato all incirca dalla sponda occidentale del Lago di Cavazzo (o dei Tre Comuni) mentre ad occidente il limite è dato più o meno dal meridiano passante per l abitato di Claut. Il limite meridionale è costituito da una spezzata irregolare, ad andamento longitudinale, congiungente le pendici meridionali del gruppo del M. Resettum, a O, con quelle dei M.ti Cuar-Covria, a E, passando per gli abitati di Andreis e Frisanco ed al piede dei versanti settentrionali dei M.ti Ciaurlec e Pala. Nonostante il termine di Prealpi, apparentemente riduttivo per quanto attiene l altimetria, le quote vanno dai 310 m del fondo valle del Tagliamento, all estremità nord-orientale dell area, ai 2479 m della cima del M. Pramaggiore, con decisa prevalenza delle quote maggiori. Inoltre, la presenza di numerose valli sia longitudinali sia trasversali (con quote di fondo variabili dai 400 agli 800 m circa) e di creste che le delimitano (sviluppate quasi sempre sulle quote dei m) rende il territorio estremamente articolato e con pendenze molto elevate, spesso insu-perabili. A queste difficili condizioni naturali si aggiunge una rete viaria, di accesso e di attraversamento, estremamente ridotta ed una rete di sentieri spesso ormai inesistenti od impercorribili dato l abbandono della montagna. Come riferimenti cartografici l area ricade (estendendosi essenzialmente a cavallo dei due) nei fogli I.G.M. 4c-13 M. Cavallino-Ampezzo e 24 Maniago e, in minima parte, nell estremo sud-occidentale del foglio 14 Pontebba. Le tavolette I.G.M. interessate sono, da O a E e da N a S: Monte Pramaggiore 13 III SO, Forni di Sotto 13 III SE, Ampezzo 13 II SO, Villa Santina 13 II SE, Tolmezzo 14 III SO, Claut 24 IV NO, Forcella Clautana 24 IV NE, Tramonti di Sotto 24 I NO, Pielungo 24 I NE, Andreis 24 IV SE e Maniago 24 I SW. I rilevamenti geologici sono stati eseguiti in scala 1: ed a tale scopo è stata usata come base cartografica la Carta Tecnica Regionale (C.T.R.), edita dalla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, e più precisamente, procedendo da O a E e da N a S, le sue sezioni: Forni di Sopra , Andrazza , Monte Tinisa O31130, Ampezzo , Enemonzo , Villa Santina , Monte Pramaggiore , Vico , Forni di Sotto , Caprizzi , Socchieve-Preone , Verzegnis , Monte Turlon , Monte Caserine Alte , Monte Frascola , Tramonti di Sopra , Pozzis , San Francesco , Claut , Monte Dosaip , Chievolis e Tramonti di Sotto Stato delle conoscenze Come già accennato la bibliografia geologica relativa alle Prealpi Carniche, per i motivi esposti in premessa, non è particolarmente ricca di voci. Di fondamentale importanza per la conoscenza della geologia delle Prealpi Carniche sono due capisaldi della ricerca regionale, cioè le rigorose e precise opere di FERUGLIO (1925; 1929) e di COUSIN (1981), tutte sulle Prealpi Friulane nella loro interezza. Per quanto riguarda la copertura di precedenti rilevamenti geologici di carattere generale si ricordano la I edizione del Foglio 4c-13 M. Cavallino -Ampezzo della Carta Geologica d Italia (GORTANI et al., 1933) e la II edizione dello stesso (AA. VV., 1971), così come le Note illustrative relative a quest ultima, ad opera di BRAGA et al.(1971). Risalgono ben al 1929, invece, il Foglio 24 Maniago della Carta Geologica delle Tre Venezie nonché le Note illustrative, ambedue opera della ZENARI, ed addirittura al 1927 il Foglio Pontebba di GORTANI & DESIO. L interpretazione moderna in chiave strutturale di questi fogli, ma ad una scala alquanto piccola (1: ), si deve rispettivamente a FRASCARI et al. (1981) ed a CAVALLIN (1981). Del 1963, ad opera di SELLI, è lo Schema geologico delle Alpi Carniche e Giulie occidentali, il cui limite meridionale però coincide con quello del F 13 per cui esclude le aree di affioramento che ricadono nei sottostanti F i Maniago e Udine. Di altre carte geologiche, a scala minore, che ricoprano in toto o in parte le aree rilevate nell allegata carta geologica si ricorda quella relativa al territorio compreso fra il T. Arzino ed il T. Meduna (ROSSI et al., 1988), che ricopre un piccolo settore centro meridionale dell area indagata, e quella di FERASIN et al. (1969), anche se limitata alla sua porzione settentrionale A questi ultimi Autori si deve anche il merito di avere per primi affrontato lo studio, sia pur succinto, di quell unità tardo-triassica da essi definita informalmente con il nome di Calcare di Caprizzi, della quale viene affermata l individualità nonché riconosciuta la posizione e la funzione di facies eteropica alla Dolomia Principale. Gli studi petrografici e sedimentologici

5 più approfonditi dell unità e la denominazione più ricorrente, anche se parimenti informale, di Dolomia di Forni spettano invece a MATTAVELLI & RIZZINI (1974) che differenziano sei litofacies nei vari affioramenti studiati fra i quali la classica successione del Rio Seazza a S dell abitato di Preone (Ampezzo). Questa, in precedenza (BRAGA, 1966), ma specie successivamente (CALZAVARA et al., 1981; WILD, 1984; PINNA, 1987; MUSCIO, 1988; DELLA VECCHIA et al., 1989; 1990; DELLA VECCHIA & MUSCIO, 1990; ROGHI et al., 1995), è stata oggetto di fruttuose ricerche paleontologiche conseguenti alla ricchezza delle sue faune. Sempre agli affioramenti di questa classica successione sono dedicati gli studi sedimentologici, stratigrafici e paleontologici di DALLA VECCHIA (1991, 1996). Alla Dolomia di Forni è dedicato il più completo lavoro specifico di CARULLI et al. (1997). Negli anni 90, anche a seguito delle ricerche innescate su questa unità, il gruppo di lavoro del Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine dell Università di Trieste pubblica una serie di contributi sui rapporti fra piattaforma e bacini tardo-triassici (CARULLI et al., 1994; PONTON & PODDA, 1995; CARULLI et al., 1997; COZZI & PODDA, 1997) fino a giungere ad una proposta di evoluzione paleogeografica e paleostrutturale delle Prealpi Carniche settentrionali al passaggio Trias-Giura (PODDA & PONTON, 1997; COZZI et al., 1999) ed alla revisione stratigrafica del Triassico dell intero Sudalpino orientale (CARULLI et al., 1998). Altri lavori sull area sono relativi ad argomenti specifici (GNACCOLINI & MARTINIS, 1974; CARRARO & POLINO, 1976; VENTURINI, 1986; PONTON, 1989; CARULLI & POLONIA, 1992) od a settori molto limitati (CAVALLIN & MARTINIS, 1974; CAVALLIN, 1976) o periferici (LARGAIOLLI & SEMENZA, 1966; PISA, 1972). Per gli altri lavori qui non riportati si rimanda alle citazioni nel testo. 4. La serie dei terreni Nell area rilevata affiora una successione stratigrafica continua che va dal Carnico inferiore al Miocene, oltre alla copertura quaternaria in varie facies. Il quadro stratigrafico è complicato, oltre che dalla intensa tettonizzazione dell area, che porta a numerose ripetizioni delle serie, anche e specialmente dalle complesse eteropie con cui molte delle unità si presentano. Nell area rilevata, in armonia con la distribuzione regionale dei terreni conseguente anche al motivo generale dell assetto strutturale, le diverse unità 5 stratigrafiche presenti sono, grosso modo, distribuite secondo fasce allungate in senso longitudinale e, sempre in linea di massima, via via più recenti (a meno di sovrapposizioni di carattere tettonico) mano a mano che si procede verso Sud. Di seguito vengono descritte le diverse unità affioranti. Calcari scuri, marne, arenarie, dolomie (IR) e gessi (G) I termini più antichi affioranti nell area sono i calcari scuri, marne, arenarie e dolomie del Carnico inferiore. Essi affiorano in lembi isolati lungo l alta Valle del F. Tagliamento presso Forni di Sotto e presso Ponte Avons (con intercalate vulcanoclastiti), a S di Tolmezzo. Seguono i gessi, attribuibili al Carnico superiore-medio, affioranti anch essi nell alta Valle del F. Tagliamento e spesso coperti da depositi quaternari. Sono quasi sempre molto tettonizzati in quanto costituiscono il livello preferenziale di scollamento. Fanno parte della sequenza superiore del Carnico assieme alle dolomie cariate. Dolomie cariate, brecce dolomitiche e marne (DC) Caratteri litologici. Questa unità, facente parte del Gruppo di Raibl di PISA et al. (1980), è costituita da un alternanza molto variata di litologie tipicamente evaporitiche rappresentate in prevalenza da: - dolomie marnose associate a brecce dolomi-tiche, con clasti grigio-giallastri piuttosto friabili che nelle parti dolomitiche più fragili danno origine a vere e proprie dolomie cariate; - marne dolomitiche grigio-giallastre generalmente friabili e farinose, ma talvolta anche molto compatte; - brecce cariate con clasti talora dolomitici talora marnosi per lo più spigolosi di dimensioni medie di 2-5 cm, disposte in masse caotiche di difficile definizione geometrica, associate ad argille e marne nere, verdi e rosso-giallastre. Limiti. L unità poggia sui gessi saccaroidi del Carnico sup. ed è limitata al tetto dalle facies di rampa carbonatica della Formazione del Monticello. Spessore. Essendo presente sempre lungo fasce di intensa tettonizzazione, affiora nell area con spessori reali non valutabili. Tuttavia PISA (1972) stima in circa m lo spessore dei gessi nei dintorni di Forni di Sotto.

6 6 Età. Questa unità, essendo priva di fossili, viene datata sulla base dei rapporti con le altre formazioni. Inizialmente ritenuta genericamente carnica da vari Autori (SELLI, 1963; SEMENZA & LARGAIOLLI, 1966) è stata poi attribuita più specificatamente al Carnico sup. da CARLONI & GHIRETTI (1966) e da PISA (1972). Recentemente sono state effettuate analisi polliniche su alcuni campioni raccolti in Val Silisia al tetto dell unità in esame. Quattro sono risultati sterili mentre un campione presenta bisaccati del gruppo Alisporites sp.(cirilli, com. pers.). L associazione però è molto povera e di conseguenza poco indicativa. Interpretazione paleoambientale. Le dolomie cariate fanno parte di una sequenza tipicamente evaporitica, caratteristica di un ambiente di laguna sovrassalata con circolazione delle acque scarsa o quasi assente. Sensibile doveva essere l evaporazione che permetteva la precipitazione in un primo momento dei solfati che, conseguentemente ad un succedersi regolare di ingressioni marine, venivano ricoperti dalle dolomie marnose sottilmente stratificate. Contemporaneamente queste ultime si frattura-vano originando le caratteristiche brecce vacuolari, come conseguenza probabile di una parziale dissoluzione dei gessi sottostanti ( brecce di collasso di STANTON, 1966) o seguendo un meccanismo di fratturazione idraulica (MASSON, 1972). Formazione del Monticello (M) Caratteri litologici. Questa formazione è stata istituita informalmente da CARULLI et al. (1987), nella Carnia orientale e nelle Alpi e Prealpi Giulie. Successivamente CARULLI et al. (1998), estendono questo termine litostratigrafico anche nel settore delle Prealpi Carniche suggerendone l equivalenza stratigrafica con la Dolomia di Forni inferiore (CARULLI et al., 1994) o Membro inferiore della Dolomia di Forni (CARULLI et al., 1997) data la comune organizzazione interna dei depositi. Nell area delle Prealpi Carniche la Formazione del Monticello è costituita in gran parte da dolomie non laminate e prive di strutture e si caratterizza per il colore tendenzialmente grigio chiaro dei litotipi. La stratificazione è netta, cm di spessore, con giunti di strato piano-paralleli. Subordinatamente sono presenti strati dolomitici potenti cm, caratterizzati da una regolare alternanza di lamine millimetriche chiare e scure per concentrazione differenziata di sostanza organica, talora interrotte da straterelli più chiari, con spessore di 5-20 mm. Nella parte alta dell unità sono presenti livelli stromatolitici che possono costituire successioni di spessore metrico. Ancor più rari sono i livelli dolomitici con noduli e/o lenti di selce nera e le dolomie marnose, nere o brune, fittamente laminate e fissili, presenti per lo più come intercalazioni millimetrico-centimetriche. Nel settore nord-occidentale (Rio di Purone) sono stati ritrovati banconi plurimetrici di megabrecce costituite da grossi clasti di dolomia cristallina grigio scura, in certi casi plurideci-metrici, a spigoli debolmente smussati. Limitati episodi di debris flow sono stati osservati nella successione a NE del M. Verzegnis. Le dolomie affioranti nei settori più meridionali presentano generalmente gli strati con uno spessore dai 20 ai 50 cm, massimo 1 m, sono raramente laminate e poco selcifere. Si segnalano alcune intercalazioni calcaree, fossilifere, alternate a livelli marnosi (molto simili a certe facies del Raibliano). Alla base le dolomie sono intercalate con livelli marnosi inizialmente di circa 30 cm di spessore che poi si vanno riducendo verso l alto fino a scomparire (es. Val Silisia). L unica eccezione è data dall affioramento presso Frasseneit, in Canal Grande di Meduna a O di Tramonti, dove i livelli marnosi si rinvengono fino al passaggio con la sovrastante Dolomia Principale. Limiti. Nel settore meridionale delle Prealpi Carniche la Formazione del Monticello è compresa fra le dolomie cariate e la Dolomia Principale mentre in quello settentrionale è compresa fra le dolomie cariate e la Dolomia di Forni. Spessore. Lo spessore si può valutare mediamente attorno ai m (230 m nella località tipo, nella bassa Val d Aupa in Alpi Giulie). Età. In Val Silisia presso Chiarsuela, ad O del Lago dei Tramonti, la base dell unità è stata datata con buona approssimazione al Carnico sup. in base al seguente contenuto palinologico: Staurosaccites quadrifidus, Cycadopites follicularis, Partitisporites quadruplicis, Patinasporites densus, Granuloperculatipollis rudis (Cirilli, com. pers.). Questo dato trova conferma dagli esami pollinici effettuati alla base della formazione in Val Dogna (ROGHI & DALLA VECCHIA, 1997) e nella zona della Val d Aupa (CA- RULLI et al., 1998); l analisi stabilisce infatti un età corrispondente al Tuvalico (Carnico sup.).

7 Nella zona di Frasseneit, appartenente all unità tettonica immediatamente a N della Val Silisia, è stato possibile invece datare al Norico inf. il tetto della formazione in base alla seguente associazione pollinica: Tsugapollenites pseudomassulae, Corollina sp., Corollina meyeriana, Granuloperculatipollis rudis, Ovalipollis pseudoalatus e bisaccati. Da ciò si può dedurre che il passaggio Carnico-Norico potrebbe collocarsi all interno della Formazione del Monticello. Interpretazione paleoambientale. La Formazione del Monticello rappresenta depositi di mare poco profondo, di ambiente subtidale ristretto, lagunare o localmente intertidale, (CARULLI et al., 1994). CARULLI et al. (1998) la considerano una rampa carbonatica raccordata alla Piattaforma di Trento, con facies detritiche più grossolane a O (PODDA & PONTON, 1997) passanti ad E a facies di laguna più o meno ristretta. I livelli a brecce presenti, in certi settori, alla base della formazione, starebbero ad indicare l inizio di una fase di approfondimento con mobilizzazione locale del sedimento ad opera di faglie di crescita. Dolomia di Forni (DF) Caratteri litologici. La Dolomia di Forni (MAT- TAVELLI & RIZZINI, 1974) è la più importante ed estesa unità bacinale presente nell area. È costituita da dolomie grigio scure, ben stratificate, spesso laminate e gradate, con frequenti intercalazioni marnose e livelli selciferi particolarmente diffusi nella parte inferiore della sequenza. Gli strati, con spessore medio sui cm, presentano all alterazione colore marrone da chiaro a scuro che tende al grigio scuro alla frattura fresca. Sono costituiti da dolomicriti o doloareniti talora gradate. Hanno geometria prevalentemente tabulare, a volte lenticolare, e si alternano a quelli sottili, molto frequenti, costituiti da dolomie grigio scure o brune, fittamente laminate. Le laminazioni, per lo più piano-parallele ma anche incrociate, sono date da alternanze millimetriche di livelli chiari e scuri, ritmici, di tipo varvato, oppure centimetriche a struttura gradata generalmente diretta. Queste strutture testimoniano la deposizione distale di sedimenti carbonatici dovuti a correnti di torbida diluite. Frequenti sono le intercalazioni dolomiticomarnose o argillose ricche di sostanza organica: si presentano in livelli millimetrico-centimetrici, fittamente laminati e fissili, grigio scuri o nerastri, molto fetidi alla percussione. 7 Alla Dolomia di Forni appartengono anche le facies di scarpata (DFs) rappresentate da: - brecce dolomitiche con clasti in Dolomia Principale di dimensioni mediamente centimetricodecimetriche, ma localmente anche metriche (megabrecce), disorganizzate e non classate; - ruditi intra-bioclastiche; - areniti dolomitiche granoclassate organizzate in sequenze torbiditiche, passanti verso l alto a siltiti dolomitiche con laminazioni parallele. Tutte queste litofacies si presentano spesso organizzate in sequenze gradate. Vi si rinvengono caratteristici depositi di debris flow con base erosiva e numerosi livelli di slumping. Le litologie più grossolane e detritiche sono collegate direttamente con i margini progradanti e con le scarpate, tettonicamente più o meno attive, della piattaforma della Dolomia Principale. Intercalati alle facies più propriamente bacinali si ritrovano inoltre: olistoliti di dolomia massiccia di dimensioni anche decametriche; brecce con clasti sia di Dolomia Principale sia di dolomie scure; bioclastiti da grossolane a fini e doloareniti spesso Laminazioni millimetriche nelle dolomie scure in Valle di Preone.

8 8 gradate in corpi di spessore anche notevole, che vanno generalmente assottigliandosi verso le aree più distali (versanti settentrionali dei Monti Verzegnis, Auda e Chiarescons, versante sud-orientale del M. Pramaggiore e pendici del M. Frascola, in Val di Fisar e a N di Claut). Limiti. Il limite con la sottostante Formazione del Monticello è abbastanza rapido, così come quello con i sovrastanti calcari micritici scuri, talora laminati del Calcare di Chiampomano (PONTON & PODDA, 1995), corrispondenti all Unità B di GNACCOLINI & MARTINIS (1974) nel gruppo del M. Verzegnis. Spessore. La Dolomia di Forni in aree di depocentro (Val Seazza, Val Rovadia) raggiunge spessori massimi di m. Età. L età della Dolomia di Forni è Alauniano 2-3, stabilito sulla base dei conodonti. Infatti ne sono stati rinvenuti livelli ricchissimi, ben determinabili appartenenti a Epigondolella slovakensis, Kozur 1972, ed a Epigondolella postera, Hayashi 1968, rinvenuti sia nella parte media delle successioni campionate (Val Poschiedea, Val Seazza) sia in campioni prelevati non in serie (Rio Negro, Caprizzi, Rio Libertan, M. Rua). L età corrisponde alla zona ad Himavavites hogarti e Halorites macer (KRISTYN, in ZAMPFE, 1983). Gli stessi risultati sono stati ottenuti da ROGHI et al. (1995) in due serie, una nel Rio Seazza e una nel Rio Forchiar, rispettivamente sui versanti nord-occidentale e settentrionale del M. Verzegnis. I conodonti sono particolarmente concentrati in alcuni livelli scuri di dolomie laminate e indicherebbero fasi di oscillazione positiva del livello relativo del mare. Per la descrizione dei fossili contenuti nella formazione (pesci, rettili, crostacei, tutte faune solo genericamente indicative del Norico) e su altri aspetti paleontologici della Dolomia di Forni, si veda la nota di MUSCIO (in questo volume). Interpretazione paleoambientale. La Dolomia di Forni rappresenta un ambiente euxinico bacinale, com è dimostrato dall assenza di bioturbazioni e dall abbondanza di sostanza organica. A queste condizioni di anossia del fondo facevano riscontro presso la superficie acque ben ossigenate, favorevoli allo sviluppo delle faune. L energia di fondo era sensibile specie verso i margini e limitata nelle zone distali dei bacini, ove giungevano i detriti più fini, ma tale da consentire la costante presenza di intraclasti di provenienza mista e di bioclasti. Inoltre la presenza di resti vegetali di ambiente continentale (frammenti di coniferali e pollini) dispersi in tutta la successione, è indicatrice di prossimalità ad aree emerse. Per quanto riguarda gli apporti detritici sili-coclastici, il bacino ne riceveva in minima quantità essendo essi limitati a rarissimi ed isolati granuletti di quarzo, di feldspati ed a esilissime lamelle di muscovite. Non esistevano quindi nelle immediate vicinanze estese aree cristalline emerse sottoposte ad erosione. Osservando le geometrie della scarpata della piattaforma, estesa da 1 a 3 km circa, si può ipotizzare che la profondità del bacino nel Norico mediosup. fosse di alcune centinaia di metri ( ). Specie ai margini di questo bacino si riscontrano alti tassi di sedimentazione, che al momento si possono stimare mediamente in circa 300 m/milione di anni durante l Alauniano (Norico medio). Dolomia Principale (DP) Caratteri litologici. Nella sua facies tipica di piattaforma carbonatica la Dolomia Principale presenta la classica sequenza ciclica peritidale descritta da BOSELLINI (1965a; 1967); essa è rappresentata dalla sovrapposizione di dolomie microcristalline, afanitiche a Megalodonti e gasteropodi, e di dolomie laminate a stromatoliti (loferiti, sensu FISCHER, 1964), fenestrae, talora culminanti nella parte alta del ciclo con strutture da disseccamento quali mud cracks e sheet cracks. La tematica deposizionale viene interpretata in chiave shallowing-up, ed è rappresentata da cicli regressivi (BOSELLINI & HARDIE, 1988; HARDIE et al., 1986). Talvolta il passaggio tra un ciclo ed il seguente è marcato da una prolungata esposizione in ambiente subaereo, che smembra il sedimento disseccato proveniente dalle loferiti sottostanti, formando intraclasti; questi vengono rielaborati e vanno a formare un livello di spessore variabile (lag) alla base delle micriti del ciclo successivo. I cicli possono essere incompleti ed in questi casi prevalgono le dolomie subtidali in strati pluridecimetrici-metrici. Talvolta compaiono a tetto ciclo livelli argillitici verdastri con sparsi clasti neri centimetrici poggianti su superficie erosiva. Il margine della piattaforma (DPm) è costituito da dolomie intra-bioclastiche ricche di oncoliti, alghe, mounds stromatolitici e da colonie di ser-

9 pulidi incrostati da porostromata. Gli affioramenti migliori si trovano nella zona del M. Pramaggiore, a S di Forni di Sopra. Una facies particolare presente invece all interno della successione di piattaforma è costituita da dolomie bruno scure o nerastre sottilmente stratificate, da centimetriche a decimetriche, talvolta selcifere, fetide alla percussione, con sottili interstrati marnosi nerastri (DPi). Lo spessore può variare da m (zona Val Silisia, COZZI, 1993) ad almeno 250 (Val d Arzino, PERNARCIC, 1996). Di questi episodi ne parla già MARINELLI (1894) e successivamente FERUGLIO (1925; 1929), GORTANI & DESIO (1927), ZENARI (1929), CERETTI (1965) segnalandoli sia a O che ad E del F. Tagliamento. Sulla loro continuità laterale, sul numero di tali episodi, così come sulla loro attribuzione cronologica c è ancora molta incertezza anche perché la tettonica alpina ha notevolmente sconvolto la situazione paleogeografica originaria. Localmente, al tetto dell unità, compaiono brecce intraformazionali costituite da clasti tabulari di dolomia stromatolitica (DPb). Corpi di brecce di scarpata della Dolomia Principale sul versante orientale del M. Pramaggiore. 9 Limiti. Inferiormente essa poggia sulla Formazione del Monticello, ed è eteropica alla Dolomia di Forni. Al tetto passa al Calcare del Dachstein o ai Calcari Grigi nei settori in cui permangono le facies di piattaforma, mentre nei settori in cui si impostano le condizioni bacinali è sormontata dalla Formazione di Soverzene. Spessore. Gli spessori massimi della Dolomia Principale raggiungono valori vicini ai m. Età. L età della Dolomia Principale è noricoretica. La base, pur con tutti i limiti imposti dalla scarsità di fossili nei terreni carnici, dovrebbe essere grossomodo isocrona. Non altrettanto si può dire per il tetto. Infatti nelle Prealpi Carniche nord-occidentali è sormontata dal Calcare del Dachstein di età retica per la presenza di Triasina hantkeni e di Aulotortus; di conseguenza la Dolomia Principale qui risulta limitata cronostratigraficamente al Norico. Nel settore più meridionale delle Prealpi Carniche invece, nel gruppo del Monte Raut e del Monte Cuar, è sormontata dai Calcari Grigi del Lias inf.-medio, per cui la Dolomia Principale comprende qui anche il Retico, segnando così, al tetto, il passaggio Triassico-Giurassico. Infine, sul bordo occidentale delle Prealpi Carniche, dove la Dolomia Principale è sormontata dalla Formazione di Soverzene, non si può determinare l età del tetto della formazione per mancanza di fossili in entrambe le litofacies. Generalmente in questa zona la si considera norico-retica. Interpretazione paleoambientale. L ambiente di deposizione della Dolomia Principale nella sua facies classica, costituita dal ciclo peritidale, è di laguna e di tidal flat: la sua particolare successione di facies indica che la deposizione è avvenuta a profondità via via inferiori. Un ciclo peritidale è rappresentato dalla successione verticale di tre facies: alla base l unità subtidale o lagunare (di maggiore profondità) seguita dai depositi della fascia intertidale. Il ciclo termina con la deposizione dell unità sopratidale che può presentare caratteristiche di temporanea esposizione subaerea. Come già detto, il ciclo peritidale costituisce quindi un esempio di ciclo regressivo o shallowing-up. Gli episodi delle dolomie scure fittamente stratificate all interno della piattaforma rappresentano un evento limitato nel tempo che ha portato a delle condizioni ambientali tipiche di una laguna

10 10 asfittica, caratterizzata da bassi fondali, a limitata circolazione delle acque. Calcare del Dachstein (D) Caratteri litologici. Il Calcare del Dachstein affiora nelle Prealpi Carniche settentrionali lungo una fascia disposta all incirca E-O, dal M. Verzegnis alla Cima di Ladice. Esso corrisponde al Calcare di Pozzis di FERASIN et al.. (1969), e alla parte basale dell Unità A di GNACCOLINI & MARTINIS (1974) nel gruppo del M. Verzegnis. Litologicamente è costituito da calcari micritici grigio chiaro-nocciola, prevalentemente in grossi banchi o a stratificazione indistinta. Sono osservabili tipiche sequenze cicliche peritidali, simili a quelle della Dolomia Principale, formate da successioni ordinate di intervalli ad intr-aclasti, a Megalodonti, a stromatoliti e da strutture legate a riempimenti di cavità di dissoluzione. Associati troviamo coralli e Dimyodon intusstriatum (GOR- TANI, 1910; GORTANI & DESIO, 1927). Molto spesso si rinvengono grossi esemplari di Megalodonti, alcune decine di metri sopra il passaggio con la Dolomia Principale. Le facies di scarpata, raccordanti la piattaforma con il coevo bacino, hanno una estensione molto ridotta e sono costituite da calcareniti grossolane ricche in grossi gasteropodi, coralli e lamellibranchi. Limiti. Inferiormente poggia sulla Dolomia Principale con passaggio litologico molto graduale. Infatti avviene spesso tramite una alternanza di strati calcarei e dolomitici (detta facies mista ) per uno spessore variabile ma valutabile intorno alla decina di metri. Tendenzialmente poi si nota nel Calcare del Dachstein una maggiore stratificazione ed a volte il passaggio è eviden-ziato morfologicamente dalla presenza di una cengia. Superiormente poggia la Formazione di Soverzene in facies calcarea testimoniante l annegamento della piattaforma retica. Spessore. Lo spessore è estremamente variabile e da un massimo di circa 400 m (M. Verzegnis) si riduce drasticamente (30-50 m) verso O. Età. La presenza dell associazione a Aulotortus e Triasina hantkeni e di Dimyodon intusstriatum permettono di datare la formazione al Retico. Interpretazione paleoambientale. Il Calcare del Dachstein nelle Alpi Calcaree Settentrionali, dove è stato istituito nell omonimo monte a S di Salisburgo, mostra generalmente due facies: quella loferitica con cicli di laguna e tidal flat ad alta energia (FISCHER, 1964) riferiti a lagune aperte e ambienti di retromargine, l altra è quella massiva, con boundstone, riferibile a un complesso di scogliera. Nelle Prealpi Carniche affiora prevalentemente il solo Dachsteinkalk loferitico di piattaforma, mentre il margine si rinviene in limitati affioramenti. Tuttavia sono stati individuati, come già segnalato, affioramenti ricchi di frammenti di coralli, grossi gasteropodi, lamelli-branchi (M. Teglara, M. Verzegnis) che formavano un margine vero e proprio, seppur ridotto, antistante un bacino in cui andava a sedimentare il Calcare di Chiampomano. La Cima di Ladice in Calcare del Dachstein vista da Nord. A destra la fitta stratificazione del Calcare di Soverzene.

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