LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA SUL CASO GOOGLE SPAIN:

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1 LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA SUL CASO GOOGLE SPAIN: PIÙ PROBLEMI CHE SOLUZIONI * di Franco Pizzetti (Professore ordinario di Diritto costituzionale Università di Torino) 10 giugno La decisione della Corte di giustizia del 14 maggio 2014 sul Caso Google Spain, subito passata alle cronache come la sentenza che riconosce il famoso e sempre evocato diritto all oblio, è per un verso certamente assai più importante, per l altro invece molto meno innovativa di quanto si sia detto sinora, soprattutto nei commenti giornalisti. Il vero aspetto innovativo riguarda essenzialmente la qualificazione dell attività dei motori di ricerca ai fini dell applicazione della normativa europea sulla protezione dei dati personali. Da questo punto di vista due sono gli aspetti di particolare importanza: a) il primo, che a giudizio della Corte l attività dei motori di ricerca, ove abbia ad oggetto anche dati personali, deve essere qualificata come trattamento di dati personali ai sensi dell art. 2, lettera b) della direttiva 95/46 CE del Parlamento e del Consiglio del 24 ottobre del 1995 b) il secondo, che il gestore del servizio deve essere considerato come responsabile del trattamento ai sensi del medesimo art. 2 lettera d) Il primo punto, quello relativo alla qualificazione dell attività dei motori di ricerca come trattamento dati, è conforme anche a quanto sostenuto dall avvocato generale Jaaskinen, e di per sé non costituisce una particolare novità, né suscita significative perplessità (cfr. su questo * Articolo richiesto dalla Direzione. federalismi.it Focus TMT n. 1/2014

2 anche Pollicino e Bassani, Bowilng for Columbine. La Corte di giustizia sul caso Google Spain, in Diritto 24, 13 maggio 2014). Più rilevante e più discutibile il secondo punto, quello relativo alla qualificazione del gestore del motore di ricerca come responsabile del trattamento di dati personali. Si tratta di una qualificazione di particolare importanza, perché definire il gestore dei motori di ricerca come responsabile significa caricarlo di tutti gli obblighi tipici di questa figura, a cominciare dalla richiesta del consenso al trattamento ove necessario: aspetto, questo, del quale la Corte non fa cenno se non per dichiarare che il diritto alla cancellazione può fondarsi anche sull esercizio del diritto al ritiro del consenso, anche ai sensi degli art. 7 e 8 della direttiva. L applicazione al gestore di tutti i doveri propri del responsabile del trattamento, apre dunque scenari molteplici e particolarmente complessi, che vanno ben oltre il mero diritto alla cancellazione. Non a caso proprio questo è un punto che ha costituito oggetto di ampia discussione nella riunione del WP29 del 3 e 4 giugno A questi due punti se ne aggiunge un terzo, relativo alla competenza della Corte di giustizia, e in generale della Autorità europee, sul rispetto della normativa europea da parte dei gestori dei motori di ricerca. Punto che riguarda la definizione del concetto di stabilimento di cui all art. 4 lettera a) e che la Corte risolve piuttosto rapidamente affermando che il trattamento deve ritenersi effettuato nel territorio di uno Stato quando il gestore di un motore di ricerca apra in uno Stato membro una succursale o una filiale destinata alla promozione e alla vendita degli spazi pubblicitari proposti da tale motore di ricerca e l attività della quale si dirige agli abitanti di detto Stato membro (cfr. punto 2 del dispositivo). Di questi tre punti, dunque, quello veramente innovativo, e non adeguatamente esplorato della decisione attiene alla qualificazione del gestore del motore come responsabile del trattamento : una qualificazione che, appunto, apre molti più problemi di quanti ne risolva. Non priva di interesse, peraltro, è anche la lettura molto ampia che viene data dell art. 4 lettera a) in riferimento al diritto di stabilimento. Anche questa posizione, se pur meno innovativa, comporta una interpretazione del concetto di stabilimento che è destinata ad avere effetti molto più ampi di quelli relativi all applicazione del diritto alla cancellazione dei dati e in generale del contenuto dell art. 12 lettera b) e dell art. 14 primo comma lettera a) della direttiva. 2

3 Non a caso anche per questo nella già citata riunione del WP29 ci si è interrogati su quale dovrà essere il ruolo delle Autorità nazionali di protezione dati nell assicurare l enforcement relativamente alle conseguenze di quanto affermato in questa decisione. 2. In ordine poi al contenuto specifico della decisione, quello relativo a ciò che un poco sbrigativamente è stato definito diritto all oblio, il ragionamento svolto dalla Corte è allo stesso tempo più semplice e più complesso di quanto possa apparire a prima vista. La Corte muove infatti dalla convinzione che il diritto alla protezione dei dati personali sia un diritto fondamentale, oggi ribadito e qualificato come tale anche dall art. 16 del TUEF e dall art. 8 della Carta dei diritti, entrambi parti integrali del Trattato di Lisbona. Conseguentemente la Corte afferma che tale diritto fondamentale, pur necessariamente da bilanciare con altri eventuali diritti, come sempre avviene quando più diritti possano fra loro confliggere, è destinato a prevalere su altri che non abbiano il medesimo valore e rango. Cosa questa che la Corte stessa dichiara avvenire ove si tratti di applicare le norme di protezione dei dati personali contenuti nella specifica direttiva che a tutt oggi, e in attesa della approvazione del nuovo Regolamento, disciplina la materia. Su questa base la Corte, con una certa rapidità e assertività, afferma che l esercizio di tale diritto fondamentale deve dunque prevalere sia sull interesse economico del gestore del motore di ricerca sia sull interesse del pubblico di accedere all informazione nel caso di una ricerca concernente il nome di una persona (cfr. punto 4 del dispositivo). In questo quadro la Corte di limita a precisare che tuttavia così non sarebbe qualora risultasse, per ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, che l ingerenza nei suoi diritti fondamentali è giustificata dall interesse preponderante del pubblico suddetto ad avere accesso, in virtù dell inclusone summenzionata, all informazione di cui trattasi. Sulla base di questa impalcatura concettuale la Corte afferma poi che, salvo il caso da ultimo richiamato ma troppo sbrigativamente definito, nel quale sussistano ragioni particolari, il bilanciamento tra il diritto fondamentale alla protezione dati e gli altri diritti in gioco implica l applicabilità degli art. 12 lettera b) (diritto alla rettifica, la cancellazione o il congelamento dei dati il cui trattamento non è conforme alle disposizioni della direttiva, in particolare a causa dell uso incompleto o inesatto dei dati) e dell art. 14 primo comma lettera a), secondo il quale Gli Stati, almeno nei casi di cui all art.7, lettere e) e f) (casi nei quali prevale il diritto fondamentale alla protezione dei dati sugli altri diritti in gioco), riconoscono 3

4 il diritto di opporsi in qualunque momento, per motivi preminenti e legittimi, derivanti dalla sua situazione particolare, al trattamento dei dati che la riguardano. Con specifico riferimento poi all oggetto di causa, e al contenuto del ricorso di Mario Costeja Gonzales la Corte, ricostruite le circostanze di fatto e di diritto, dichiara sussistente il diritto del ricorrente a ottenere la cancellazione dei dati che lo riguardano. 3. Così ricostruito il contenuto della sentenza, è evidente che essa è stata letta dai commentatori, e specialmente dai media, ben più che magis quam valeat. La Corte infatti non afferma un generico e generale diritto all oblio rispetto ai dati personali pubblicati dai motori di ricerca, ma si limita a dichiarare in linea di massima prevalente il diritto fondamentale alla protezione dati su altri diritti in gioco rispetto all attività dei motori di ricerca (salvo il caso di circostanze particolari). Fatto questo si limita a dichiarare applicabile il dettato dell art. 12 lettera b) della direttiva che riguarda il diritto alla rettifica e alla cancellazione dei dati. Conseguentemente, atteso il contenuto del ricorso Gonzales dichiara sussistente, nel caso di specie, il diritto alla cancellazione. Nulla a che vedere con un generale diritto all oblio relativo ai dati personali trattati dai motori di ricerca, dunque, ma esplicita applicazione anche all attività di questi della direttiva e delle sue regole. Una linea di ragionamento tanto semplice nella sua catena argomentativa, quanto complessa nelle sue conseguenze. E infatti aperto il tema di quale sia, caso per caso, il coretto bilanciamento tra il diritto fondamentale e gli altri diritti in gioco. Aspetto questo subito rilevato dal WP29, che infatti nella sua riunione del 3 e 4 giugno si è riservato di approfondire ampiamente il tema nella successiva e già programmata seduta di luglio, nella quale ampia attenzione sarà dedicata a questa sentenza. 4. Resta aperto il tema se sia sempre accettabile che l interesse pubblico a conoscere le informazioni contenute sui motori di ricerca, e accessibili attraverso la digitazione del nome o di altre caratteristiche della persona, debba cedere al prevalere del diritto fondamentale dell interessato alla protezione dei suoi dai personali. Resta aperto il tema di quali siano le circostanze particolari che, al di la del carattere pubblico della persona, possano giustificare invece il prevalere del diritto a conoscere. 4

5 Resta aperto, infine, il tema mai esplorato se alla persona pubblica, in assenza della pienezza del diritto relativi alla protezione dei dati personali relativamente alle informazioni che la riguardano, debba almeno essere riconosciuto il diritto alla rettifica e alla correzione di dati dimostratisi falsi o inesistenti, e come i motori di ricerca potrebbero assicurare questi diritti. Un tema che merita di essere esplorato anche tenendo conto dell interesse pubblico a conoscere ogni aspetto della attività di una persona pubblica, e quindi anche di sapere se le notizie rese note a suo tempo siano state poi oggetto di rettifica, o di accertamento di inesattezza, o di insussistenza. 5. Come si vede siamo di fronte a una decisione che sembra davvero un vaso di Pandora. Essa, come è detto nel titolo, apre molti più problemi di quanti apparentemente ne risolva. Un aspetto questo prevedibile e inevitabile di una sentenza che, ancorché piuttosto breve e assertiva, apre tuttavia un orizzonte di ampiezza oggi non definibile: quello che deriva dalla affermazione che i motori di ricerca sono comunque i responsabili dei dati personali trattati. Di fronte a tutto questo non resta che attrezzarsi con pazienza alla lunga discussione che inevitabilmente seguirà a questa decisione, e rispetto alla quale lo schema di ricorso predisposto da Google, e che già ha prodotto ricorsi, appare francamente molto esile e semplicistico. Così esile e semplicistico da giustificare il favore col quale il WP29 ha apprezzato la dichiarazione di Google di volersi adeguare alla sentenza, ma anche l implicito giudizio del medesimo WP29 che ben altri dovranno essere gli strumenti da mettere in campo (cfr, Comunicato stampa del WP29 del 6 giugno 2014). 5

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