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1 Confederazione Nazionale dell Artigianato e della Piccola e Media Impresa Coordinamento regionale delle CNA-Associazioni provinciali della Campania Sede: Avellino, Via Pironti 1/b Tel Fax pec: catcna@cert.cna.it Per conoscenza: Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Prof. Giovanni Pitruzzella protocollo.agcm@pec.agcm.it Giunta Regionale della Campania Presidente: On. Stefano Caldoro seg.presidente@regione.campania.it Consiglio Regionale della Campania Presidente: On. Pietro Foglia dipartimento.legislativo.segreteria@consiglio.regione.campania.it - Presidente Commissione d Inchiesta Anticamorra: On. Angela Cortese commissione.anticamorra.staff@consiglio.regione.campania.it - Presidente V Commissione Consiliare Permanente: Sanità e Servizi Sociali On. Michele Schiano Di Visconte quintacommissione@consiglio.regione.campania.it - Presidente III Commissione Consiliare Permanente Attività Produttive On. Giovanni Baldi terzacommissione@consiglio.regione.campania.it - Presidente I Commissione Consiliare Permanente Affari Istituzionali, Piccoli Comuni On. Angelo Marino col-sez@consiglio.regione.campania.it Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Politiche Comunitarie Sottosegretario : On. Sandro Gozi info@politichecomunitarie.it - Dipartimento per gli Affari Regionali Ministro: On. Maria Carmela Lanzetta segreteria.ministrolanzetta@palazzochigi.ittel Ufficio Territoriale di Governo di - Napoli: Eccellenza Francesco Antonio Musolino protocollo.prefna@pec.interno.it - Salerno: Eccellenza Gerarda Maria Pantalone protocollo.prefsa@pec.interno.it - Caserta: Eccellenza Carmela Pagano protocollo.prefce@pec.interno.it - Avellino: Eccellenza Carlo Sessa protocollo.prefav@pec.interno.it - Benevento: Eccellenza Paola Galeone protocollo.prefbn@pec.interno.it A.N.C.I. Campania Presidente: On. Francesco Paolo Iannuzzi f.iannuzzi@ancicampania.it Gruppi Consiglio Regionale Campania, Parlamentari nazionali della Campania, Comuni capoluogo di Provincia della Campania, Associazioni Datoriali, Sindacati dei Lavoratori, Associazioni dei Consumatori, Associazioni Antiracket. Oggetto: Legge Regionale Campania n. 12/2001 e s.m.i., come modificata dalla L.R. campania n. 7/2013 Rilievi di illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 10, 11, 41, e 117, comma 1 e comma 2, lett. e), l) ed m) della Costituzione. Con la Legge Regionale n. 7 del 25 luglio 2013 la Regione Campania ha apportato modifiche alla Legge Regionale n. 12/2001 Disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie - Alcune delle modifiche introdotte mettono a serio rischio l esistenza di tante piccole imprese del settore, a danno del libero mercato e della libera concorrenza, ma soprattutto a danno dei clienti che vedranno sicuramente lievitare i costi dei servizi funerari per il trasporto delle salme se il mercato sarà lasciato in mano a pochi. Alcune modifiche della normativa, oltre a risultare palesemente illegittime e incostituzionali, in controtendenza con gli orientamenti europei e nazionali, impongono alle imprese di avere in dotazione di organico almeno quattro operatori assunti con contratto di lavoro subordinato e

2 continuativo, creando pregiudizio per molti imprenditori operanti da anni e precludendo la possibilità di apertura di nuove attività. Dalle notizie che ci giungono, sul territorio campano, già si stanno creando accordi, consorzi e altre forme di collaborazioni, palesi o meno, che hanno il solo fine di fare cartello, il solo scopo di eliminare dal mercato i piccoli imprenditori per imporre tariffe che in alcuni casi potrebbero anche più che raddoppiare. Lo spirito della Legge in oggetto non era certo questo. L obiettivo era quello di disporre un testo che ponesse delle regole certe nel settore e creasse servizi sicuri e professionali per i cittadini. Le disposizioni introdotte dovrebbero anche contrastare i fenomeni di infiltrazioni camorristiche, che da sempre interessano tale mercato. L effetto prodotto, però, se la normativa restasse tale, potrebbe essere addirittura contrario. Si fa notare che, per effetto di tale normativa, più dell 80% delle attuali attività funerarie sono a rischio di abbandono del servizio e delle circa 450 presenti sul territorio regionale, nella migliore delle ipotesi, potrebbero restarne meno di 200. Poche sono le attività conformi al testo approvato e, molte di queste, già occupano posizioni dominanti nell intera Regione. Questi pochi hanno da tempo iniziato una attività capillare sul territorio per fagocitare le piccole imprese che, fino ad oggi, tra tante difficoltà, hanno avuto una funzione calmierante per le tariffe dei servizi. La legge regionale 7/2013 appare come lo strumento ad hoc per completare quell azione egemonizzante sempre perseguita ma mai pienamente finalizzata dagli imprenditori che dettano le regole. E solo il caso di evidenziare che in un periodo di crisi come quello attuale, le imprese che hanno maggiore capacità di investimento, soprattutto in termini di assunzione immediata di personale, molto spesso sono quelle che hanno l esigenza di portare in chiaro entrate di dubbia provenienza. Perciò, si rischia di far diventare una misura ideata per la difesa contro la criminalità organizzata una misura che, invece, sicuramente ne favorirà anche i suoi interessi. La stessa Commissione d Inchiesta Anticamorra del Consiglio Regionale della Campania aveva, all unanimità dei voti, approvato un testo di Progetto di Legge che consentiva alle imprese operanti di servirsi di personale per il trasporto delle salme con varie forme di lavoro consentite dalla Legge nazionale, compresi i collaboratori familiari, soci lavoratori, lavoratori intermittenti, creazione di consorzi, ecc.. Nella stesura definitiva della Legge regionale, invece, queste possibilità vengono escluse e, addirittura, sono consentiti solo consorzi tra imprese già in possesso dei requisiti richiesti, quindi solo tra imprese che abbiano le quattro figure assunte con contratto di lavoro subordinato e continuativo. Al fine di valutare la legittimità e la costituzionalità delle disposizioni contenute nella legge regionale in oggetto e per meglio considerare gli effetti possibili derivanti dall applicazione della stessa, la scrivente Associazione ha elaborato, anche con il supporto di esperti tecnici e legali, uno studio/ricerca di valutazione che costituisce la base per la richiesta che con la presente si formalizza. Si vuole sperare che la legge approvata dal Consiglio Regionale sia stato solo il frutto di una superficiale e errata valutazione degli effetti che tale normativa avrebbe prodotto. Pertanto, confidando nella buona fede dei rappresentanti delle forze politiche che all unanimità l hanno approvata, speriamo che le stesse si facciamo promotrici di adeguate iniziative per la sua abrogazione. In assenza di adeguate iniziative politiche da parte della Regione Campania, considerata la gravità della situazione, si chiede a tutti gli Enti/Organismi in indirizzo di voler considerare quanto

3 da noi motivato con minuzioso approfondimento e, se del caso, attivare le procedure necessarie per giungere all abrogazione di quelle norme che, oltre ad apparire palesemente incostituzionali, risultano essere ingiuste e, persino, pericolose. Con l applicazione della Legge Regionale 7/2013, si sta rischiando di legalizzare vecchie pratiche e loschi intenti che, invece, andrebbero combattuti con forza da tutti i soggetti istituzionali della Campania, adottando strumenti adatti e giusti per contrastare le sopraffazioni e il malaffare. Il racket del caro estinto si combatte con misure che mirano a colpire chi questa pratica la esercita, non chi la subisce. Confidando nell interessamento degli Illustri rappresentanti in indirizzo, si coglie l occasione per ribadire immutata fiducia nelle Istituzioni dello Stato da parte della scrivente Confederazione, anche a nome degli operatori della categoria. Avellino, 23 settembre 2014 Con osservanza Per il Coordinamento Regionale (Lucio Fierro) A norma di Legge si richiede comunicazione di decisioni assunte e/o procedimenti attivati, indicando nel sig. Berardino Pesce l incaricato responsabile a seguire il procedimento e per eventuali comunicazioni in merito. Berardino Pesce: presso CNA Avellino Avellino, Via Pironti n. 1/b Tel Fax PEC: catcna@cert.cna.it E mail: berardinopesce@libero.it cell Si allega: STUDIO/RICERCA di valutazione Per il Coordinamento Regionale (Lucio Fierro)

4 Confederazione Nazionale dell Artigianato e della Piccola e Media Impresa Coordinamento regionale delle CNA-Associazioni provinciali della Campania Sede: Avellino, Via Pironti 1/b Tel Fax pec:catcna@cert.cna.it Il D.Lgs. 59/2010 recepimento delladirettiva 2006/123/CE- Relativa ai servizi nel mercato interno effetti sull ordinamento legislativo delle Regioni e sull applicazione da parte dei Comuni con riferimento alla Legge Regionale della Campania n. 12/2001 come modificata dalla L.R. n. 7/2013 (Disciplina di armonizzazione delle attività funerarie) STUDIO DI VALUTAZIONE profili di incostituzionalità della L.R. Campania n. 12/2001 e s.m.i. QUADRO NORMATIVO CONSIDERATO Legge 7/8/1990 n. 241 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 Approvazione del regolamento di polizia mortuaria Circolare Min. Sanità 24 giugno 1993, N. 24 Circolare esplicativa: Regolamento di Polizia Mortuaria, approvato con D.P.R. 285/90 L. R. Campania 24 novembre 2001 n. 12. Disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie Direttiva 2006/123/CE Relativa ai servizi nel mercato interno (c.d. direttiva servizi" ovvero direttiva Bolkenstein) L.R. Campania n Art. 75 Legge finanziaria anno Art.75 - Modifiche e integrazioni alla L.R. 12/2001 D.Lgs n. 59 Recepimento della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno Regolamento Regione Campania 11/2010 del 9/04/2010 Legge n. 122 D.G.R. Campania n. 816 del 26/11/2010 D.L n L n. 148 D.L n L n. 214 D.L n. 1 - L n. 27 D.L n. 5 - L n. 35 D.Lgs. 6 agosto 2012, n. 147 Delibera AGCM AS1055 del 14 giugno 2013 L.R. Campania 25 luglio 2013 n. 7 Interpello Ministero del Lavoro n. 9/2014 del 25 marzo 2014 Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania N. 94 del 9 aprile 2010 Regolamento di attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno; Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica Individuazione dei procedimenti regionali incompatibili con le disposizioni cogenti della c.d. Direttiva Servizi. Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici (c.d. Decreto Salva Italia) Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (c.d. Decreto Cresci Italia) Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, recante attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno Disciplina Servizi Funebri Modifiche e integrazioni alla L.R. 12/2001 (Disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie) Risposta Ministero del Lavoro- Interpello: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 lavoro intermittente R.D. n. 2657/1923 personale delle aziende funebri Elaborazione a cura del Centro Studi e Servizi della CNA Agosto 2014 Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 1

5 Premessa INDICE L ORDINAMENTO NAZIONALE E COMUNITARIO E IL CONFLITTO CON LE REGIONI pag. 3 La L.R. Campania n. 7/2013 pag L evoluzione normativa nazionale e comunitaria in materia di tutela della concorrenza pag Decreto Legislativo n. 59/ Ambito di applicazione pag Le materie escluse dal campo di applicazione del D.Lgs. 59/2010 pag I Principi fondamentali e la Parte prima del D.Lgs. 59/2010 pag La Parte seconda del D.Lgs. 59/2010 e la clausola di cedevolezza pag. 7 2 Le Regioni e l attuazione dell Ordinamento comunitario pag. 7 3 Definizione di impresa funebre nel sistema normativo nazionale pag Illegittima imposizione di esercitare congiuntamente prestazioni e servizi - L.R. 12/2001 e s.m.i. Pag Attività funerarie e applicabilità del D.Lgs. 59/2010 pag La L.R. 12/2001 e s.m.i. nel contesto nazionale e comunitario pag Il D.Lgs. 59/2010 e le disposizioni in tema Autorizzazioni pag Sistemi sostitutivi dei regimi autorizzatori previsti dal D.Lgs. 59/2010 pag Mancata sussistenza di motivi imperativi di interesse generale L.R. 12/2001 pag Applicazione della SCIA in sostituzione del regime autorizzatorio pag Illegittimità e inapplicabilità - Dotazione minima di personale per sedi e filiali L.R. 12/2001 e s.m.i. pag Disposizioni della L.R. Campania 12/2001 e s.m.i. in contrasto con norme statali e comunitarie pag Considerazioni in diritto pag Considerazioni in fatto pag Analisi delle disposizioni dell Allegato A della L.R. 12/2001 e s.m.i. pag Le filiali pag Il piano di contrasto alle norme nazionali e comunitarie della L.R. 7/2013 pag I Comuni tra irregolarità e inadempienze pag Controlli e sanzioni, tra certezze e dimenticanze pag Norme discriminanti e pregiudizievoli per i piccoli imprenditori pag I possibili effetti dell applicazione della L.R. 7/2013 pag Valutazioni politico/sindacali pag Lotta al racket e alle irregolarità: sarà vera lotta? pag I colletti bianchi del settore funebre e la politica distratta pag Il testo approvato dalla commissione Anticamorra e il testo definitivo della L.R. 7/2013 pag. 37 Conclusioni pag. 39 A seguire: riferimenti richiamati Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 2

6 PREMESSA L ORDINAMENTO NAZIONALE E COMUNITARIO E IL CONFLITTO CON LE REGIONI La giurisprudenza costituzionale nei rapporti tra Stato e Regioni. Le questioni di legittimità costituzionale per violazione della competenza statale in materia di tutela della concorrenza e di apertura dei mercati (art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione Nel corso degli ultimi anni il conflitto tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome ha fatto registrare un ulteriore nuovo fronte rappresentato dalla sempre più frequente violazione, da parte delle regioni (e delle province autonome) dei principi comunitari e statali in materia di tutela della concorrenza e del mercato. I vincoli derivanti dal diritto comunitario e le sempre più frequenti leggi statali volte a garantire un effettiva apertura dei mercati hanno reso sempre più angusti gli spazi in cui può inserirsi la regolamentazione regionale con conseguente emersione di conflitti politico-istituzionali in una materia che, ricordiamo, la Costituzione riserva in via esclusiva allo Stato (art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione). Il contrasto istituzionale in materia risulta, almeno in parte, da una eccessiva estensione dell esercizio della potestà legislativa (residuale) in materia di commercio da parte delle Regioni e delle Province autonome. Infatti, nonostante i ripetuti dicta dei giudici costituzionali, in questo campo si registra un sistematico superamento dei limiti alla suddetta potestà legislativa derivanti dal rispetto dei principi in materia di tutela della concorrenza. La Corte costituzionale in più occasioni ha avuto modo di precisare che, nel disciplinare la materia del commercio, le Regioni (e le Province autonome) non possono introdurre disposizioni che riducono le misure (comunitarie e statali) volte ad assicurare l effettiva concorrenza e libertà dei mercati ma, al più, possono introdurre misure pro concorrenziali ulteriori rispetto a quelle fissate a livello comunitario e statale (Corte Costituzionale, sentenze n. 431/2007, n. 160/2009, n. 45/2010 e n. 43/2011). L errata interpretazione, da parte del legislatore regionale, dei limiti derivanti dal doveroso rispetto dei principi comunitari e statali volti a garantire la tutela della concorrenza ed il corretto funzionamento dei mercati hanno indotto la stessa Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella relazione al Parlamento per l anno 2010 a sottolineare che in molti ambiti economici, le normative regionali contrastano con gli interventi nazionali di liberalizzazione e che l esercizio della potestà legislativa esclusiva o concorrente delle Regioni rischia di compromettere l efficacia dei processi di apertura avviati a livello nazionale o, quantomeno, di impedirne una omogenea applicazione nelle diverse aree geografiche del Paese, con effetti discriminatori per le imprese a seconda della localizzazione sul territorio e con grave pregiudizio per lo sviluppo e dell economia nazionale. La delicatezza della problematica e l impatto che le norme regionali, che violano i principi comunitari e statali in materia di tutela della concorrenza e del libero mercato, hanno sull economia e sulla vita quotidiana dei cittadini ha indotto il Governo a fronteggiare con più forza e determinazione un fenomeno che, oltre ad incidere negativamente sullo sviluppo economico del Paese, potrebbe essere foriero di gravi sanzioni comunitarie. Sulla spinta di tali argomentazioni il Governo ha approvato il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 recante Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, il cui art. 4, primo comma, dispone che: La Presidenza del Consiglio dei Ministri accoglie le segnalazioni delle autorità indipendenti aventi ad oggetto restrizioni alla concorrenza e impedimenti al corretto funzionamento dei mercati al fine di predisporre le opportune iniziative di coordinamento amministrativo dell azione dei Ministeri e normative in attuazione degli articoli 41, 117, 120 e 127 della Costituzione. Anche sulla spinta della sopra riportata disposizione negli ultimi anni si è registrato un incremento delle questioni di legittimità costituzionali sollevate dal Governo per violazione, da parte di norme regionali, del parametro costituzionale di cui all art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione. Il fenomeno, già registrato nel corso dell anno 2011 (in 35 casi di impugnativa di leggi regionali si lamentava la violazione dei principi in materia di tutela della concorrenza), ha trovato conferma nel corso del 2012 allorquando sono state sollevate dal Governo n. 48 questioni di legittimità costituzionale aventi come parametro l art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione. ( ) (Fonte: Governo Italiano, Presidenza del Consiglio, Dipartimento per gli affari regionali) Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 3

7 La L.R. Campania n. 7/ Nello scenario di contraddizioni esposto in precedenza si colloca, sicuramente, la Legge Regionale della Campania n. 12 del 24 novembre 2001 (Disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie), così come modificata dalla L.R. n. 7/2013. L evoluzione giurisprudenziale e normativa (statale e comunitaria) degli ultimi anni è andata sempre più a chiarire e definire in modo preciso ed inequivocabile i campi di applicazione in tema di semplificazione e liberalizzazione, tesi a garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità per le imprese e per assicurare ai consumatori finali un livello uniforme di condizioni di accessibilità ai servizi sul territorio nazionale. Nonostante ciò, la Regione Campania, con l approvazione della L.R. n. 7/2013, non solo non ha eliminato eventuali vizi di legittimità della L.R. 12/2001(Disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie), ma, addirittura, ha introdotto una serie di norme che presentano gravi profili di incostituzionalità. Invece di aprire il mercato del servizio funebre in Campania, come gli obiettivi comunitari vorrebbero, la L.R. 7/2013 lo ha reso quasi inaccessibile per nuove imprese e talmente restrittivo e pregiudizievole per le piccole imprese esistenti, mettendo a rischio la sopravvivenza di circa l 80% delle stesse, impossibilitate a fare investimenti per adeguarsi ad una normativa che sembra ideata proprio con il fine di escluderli dal mercato e creare una sorta di oligopolio per pochi prescelti. 1.1) L evoluzione normativa nazionale e comunitaria in materia di tutela della concorrenza Il Decreto legislativo n. 59 del 26/03/2010 ha recepito nell ordinamento nazionale la Direttiva 2006/123CE del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno, approvata dal Parlamento e dal Consiglio europeo, più comunemente conosciuta come Direttiva Servizi. Tale complessa normativa è stato il frutto di un lungo e travagliato iter di approvazione ed ha rappresentato un approdo fondamentale e, per certi versi, rivoluzionario nel processo di semplificazione e liberalizzazione delle attività economiche. Il Decreto legislativo di recepimento della Direttiva servizi ha inserito, soprattutto, elementi innovativi sul sistema autorizzatorio delle attività economiche, con particolare riferimento a quelle di competenza comunale, anche alla luce della Legge 122/2010 che con l art. 49, comma 4bis ha introdotto l istituto della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA). La Direttiva Servizi mirava alla rimozione degli ostacoli che impediscono o rallentano la libera circolazione dei servizi e la loro libera prestazione negli Stati membri. Numerosi sono gli ostacoli che hanno rallentato, e a volte impedito, lo sviluppo del settore dei servizi, prestati in prevalenza da PMI. Fra questi sono state indicate le procedure amministrative ritenute particolarmente gravose e l eterogeneità delle regole di disciplina dei servizi che ha creato incertezza normativa. La Comunità europea ha inteso,quindi, rendere libera anche la circolazione dei servizi, facilitando sia lo stabilimento delle imprese negli Stati membri che le loro prestazioni. Gli obiettivi fondamentali che la Comunità europea si è proposto di realizzare con la Direttiva Servizi sono i seguenti: - la crescita economica ed occupazionale; Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 4

8 - l eliminazione degli ostacoli giuridici ed amministrativi alla libera circolazione e alla libera prestazione di servizi all interno della Comunità; - il rafforzamento dei diritti dei consumatori in quanto utenti dei servizi; - la cooperazione amministrativa e la mutua assistenza fra le Autorità degli Stati membri, ritenute essenziali ai fini del corretto ed efficace funzionamento del mercato interno. 1.2) Decreto Legislativo n. 59/ Ambito di applicazione All art.1, comma 1, il Decreto stabilisce il suo ambito di applicazione che riguarda: qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale.(3) L ambito di applicazione del decreto, per quanto concerne le imprese, è da ricondurre ai servizi prestati da soggetti imprenditori che svolgono l attività ai sensi dell art C.C., dove l economicità è l elemento che caratterizza l organizzazione diretta alla produzione dello scambio di beni e servizi. 1.3) Le materie escluse dal campo di applicazione del D.Lgs. 59/2010 Gli articoli da 2 a 7 del D.Lgs. 59/2010 forniscono una lunga elencazione di attività di servizi sottratte ope legis all applicazione del Decreto. Fra quelle che interessano più da vicino l ambito delle attività economiche di competenza comunale si rilevano: 1. servizi di interesse generale assicurati alla collettività in regime di esclusiva da soggetti pubblici o da soggetti privati, ancorché scelti con procedura di evidenza pubblica, che operino in luogo e sotto controllo di un soggetto pubblico (art. 2, comma 1, lett. c); 2. servizi sanitari e farmaceutici; 3. giochi d azzardo e fortuna comprese le lotterie, le scommesse e le attività delle case da gioco, nonché alla rete di acquisizione del reddito; 4. servizi privati di sicurezza; 5. servizi forniti dai notai. 6. i servizi di trasporto aereo, marittimo, ferroviario e su strada, inclusi i servizi di trasporto urbano, taxi, ambulanza, portuali, di noleggio auto con conducente. Ai fini del decreto, non costituiscono servizi di trasporto quelli di: scuola guida, trasloco, noleggio di veicoli e unità da diporto, pompe funebri, fotografia aerea. (4) Nota (L esclusione dei servizi di trasporto non comprende i servizi che non costituiscono servizi di trasporto, quali i servizi di pompe funebri. Tali attività di servizi beneficiano pertanto delle disposizioni della direttiva servizi e devono rientrare nel campo di applicazione delle misure di recepimento - tratto dal MANUALE PER L ATTUAZIONE DIRETTIVA SERVIZI, pag 12 - servizi nel settore trasporti-) 1.4) I Principi fondamentali e la Parte prima del D.Lgs. 59/2010 Per comprendere appieno la struttura del Decreto e la relazione intercorrente fra la Parte prima (da art. 1 fino art. 43) e la Parte seconda (da art. 44 fino art. 83) del provvedimento è necessario analizzare l art. 1, commi 2, 3 e 4, unitamente all art. 84 (Clausola di cedevolezza). Con il secondo comma (3) il Legislatore delegato chiarisce che le norme della Prima parte del Decreto sono espressione della competenza legislativa esclusiva che l art. 117, comma 2, della Costituzione riserva allo Stato. Infatti, l art. 117 della Costituzione richiama (2): Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 5

9 la tutela della concorrenza ( lett. e) la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (lett. m) La finalità del Decreto, quindi, è quella di garantire la libertà di concorrenza (lett. e), secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità ai servizi su tutto il territorio nazionale (lett. n). Trattandosi di materie di competenza esclusiva dello Stato, non viene riconosciuto, quindi, spazio di intervento derogatorio da parte delle Regioni in sede di recepimento della Direttiva servizi. Il terzo comma (3) richiama le norme fondamentali di riforma - economico sociale della Repubblica ed i principi dell Ordinamento giuridico dello Stato, al fine di porre un limite in ordine all intervento delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano. Con il quarto comma (3) il Legislatore delegato adempie alla disposizione di cui all art. 117, comma 3, ultimo capoverso della Costituzione che stabilisce che nelle materie di competenza concorrente lo Stato fissa i principi fondamentali cui le stesse Regioni devono attenersi. (sotto questa ultima condizione si inquadra la Legge Regionale 12/2001 e s.m.i, in quanto riguardante la tutela della salute, quindi materia di competenza concorrente Il Legislatore delegato chiarisce che anche in questo caso (competenza concorrente) le Regioni esercitano la potestà normativa nel rispetto di principi fondamentali contenuti nelle norme del D.Lgs. 59/2010, cioè nel rispetto della disciplina di cui alla Parte prima del Decreto (da art. 1 fino ad art. 43, assolutamente inderogabile dalla legislazione regionale). Ne consegue che tutta la disciplina della Parte prima del Decreto risulta assolutamente inderogabile dalla legislazione regionale, in quanto: 1. si tratta di regole espressione della competenza esclusiva dello Stato in materia di concorrenza e di determinazione dei livelli inderogabili (vedi comma 2); 2. riguarda norme fondamentali di riforma anche per le Regioni a statuto speciale e le Province (vedi comma 3); 3. introduce principi fondamentali nella legislazione concorrente (vedi comma 4). Fra i principi e le norme inderogabili ricavabili dalla Parte prima del Decreto, i più rilevanti ai fini della diretta incidenza sulla disciplina delle attività economiche sono: - il principio secondo il quale l accesso e l esercizio di attività di servizi costituiscono espressione della libertà di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie (art. 10, comma 1); - le norme sui regimi autorizzatori ( art. 14); (9) - la limitazione del numero dei titoli autorizzatori solo se sussiste un motivo imperativo di interesse generale o per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o alle capacità tecniche disponibili (art. 14, comma 3); - l introduzione di alcuni requisiti, per l accesso e l esercizio di alcune attività, solo in subordine alla sussistenza di un motivo imperativo di interesse generale (artt. 12 e 13);(7) (8) - le norme sulla semplificazione amministrativa - sportello unico (art. 25); Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 6

10 Se ne conclude, quindi, che ai fini della concorrenza e della libertà di esercizio nel mercato interno nazionale, non vi possono essere regole diverse e/o contrastanti tra Regione e Regione né, tantomeno, tra Comune e Comune. Le norme di Enti locali, anche quelle in materia di salute pubblica, non hanno la possibilità di introdurre elementi che possano variare le condizioni di accesso e i sistemi di conduzione di una attività di servizi in regime di applicabilità del D.Lgs. 59/2010, chiarendo che le Regioni, ed anche i Comuni ( sportello per le imprese sul territorio), non hanno alcun margine di discrezionalità per regolamentare, condizionare o limitare in tale materia, ma debbono solo recepire ed applicare la normativa nazionale e comunitaria e, se del caso, disapplicare ed adeguare le norme in contrasto con i dettami della Parte prima del D.Lgs. 59/2010, senza che neppure la clausola di cedevolezza (art. 84) possa consentire di intervenire per introdurre variabili accessorie, in considerazione del fatto che tale clausola (art. 84), come si è analizzato, si applica solo per la Parte seconda del Decreto. 1.5) La Parte seconda del D.Lgs. 59/2010 e la clausola di cedevolezza Nella Parte seconda il Legislatore delegato si è occupato di adeguare alla normativa comunitaria alcuni aspetti della disciplina sia di attività professionali (Titolo primo - artt ) che di attività economiche (Titolo secondo - artt ). Per quanto riguarda l ambito delle attività economiche, l intervento statale risulta poco significativo e parziale perché riguarda soltanto alcuni settori: somministrazione alimenti e bevande (art. 64), esercizi di vicinato (art. 65), spacci interni (art. 66), apparecchi automatici (art. 67), vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione (art. 68), vendita presso il domicilio del consumatore (art. 69), commercio al dettaglio su aree pubbliche (art. 70), attività di acconciatore (art. 77), attività di estetista (art. 78), attività di tinto-lavanderia (art. 79), strutture turistico ricettive (art. 83). Le norme contenute nella Parte seconda sono cedevoli, ai sensi dell art. 84 del Decreto, rubricato, per l appunto, Clausola di cedevolezza, nel senso che rappresentano una disciplina transitoria che lascia progressivamente spazio alla legislazione regionale di attuazione che di volta in volta viene emanata. 2) Le Regioni e l attuazione dell Ordinamento comunitario In merito alla applicazione delle norme comunitarie, non solo va chiarito che le Regioni possono provvedere al recepimento delle Direttive europee in via diretta, ma che le stesse sono tenute al rispetto dei vincoli di derivazione comunitaria, ai sensi dell art.117, primo comma, della Costituzione, che così stabilisce: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto delle Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. (2) La Costituzione, infatti, ha introdotto nell Ordinamento nazionale una garanzia costituzionale all osservanza degli obblighi di origine comunitaria, fissando un vincolo alla potestà legislativa, sia statale che regionale, che non deriva solo in presenza di una specifica fonte di obblighi ma anche dal rispetto dell ordinamento comunitario tot court. Ne consegue, che la legislazione regionale deve essere conforme agli obblighi di fonte comunitaria e le Regioni sono tenute ad osservare i vincoli comunitari pena l illegittimità non solo delle norme di legge difformi, ma anche dei provvedimenti amministrativi adottati in applicazione di norme regionali non adeguate all ordinamento comunitario che risulteranno, pertanto, viziati per illegittimità comunitaria indiretta. Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 7

11 Non solo, vale senza dubbio anche il riferimento all art. 1, comma 1, della L. n. 241/1990, secondo il quale L attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta ( ) dai principi dell ordinamento comunitario. 3) Definizione di impresa funebre nel sistema normativo nazionale L attività funebre non ha, nel nostro Paese, una definizione normativamente definita, essendo la materia disciplinata solo a livello igienico - sanitario (D.P.R. n. 285 del 1990 recante Regolamento di Polizia Mortuaria). Per definirla si deve pertanto ricorrere a norme di carattere generale. Innanzitutto l articolo 2082 del codice civile che definisce imprenditore chi esercita professionalmente un attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. Quella funebre è un impresa che fornisce professionalmente e in forma organizzata una attività prevalentemente ma non esclusivamente di servizio. Il corebusines è infatti rappresentato dall organizzazione del servizio funebre finalizzato alla sepoltura della salma. Per raggiungere l obiettivo sono necessarie attività di genere diverso. Innanzitutto attività di vendita di beni (feretri, imbottitura, zinchi, arredi funebri, ecc.), avremo, inoltre, il noleggio di attrezzature (tavolini per le firme, arredi per l allestimento della camera ardente, ecc.) e il noleggio di mezzi (autofunebre). Fondamentale è, poi, l attività di intermediazione d affari e disbrigo pratiche. Quando si verifica un decesso, i familiari del defunto, o altro conoscente, si rivolgono di norma ad una impresa, incaricandola di agire per loro conto al fine di ottenere dalle pubbliche amministrazioni coinvolte tutte le autorizzazioni di legge necessarie e di organizzare il servizio finalizzato alla sepoltura del defunto secondo le scelte della famiglia stessa. Ciò comporta contatti non solo con pubbliche amministrazioni ma anche con i ministri del culto per il rito funebre religioso, e/o con altre imprese per forniture di beni (es. fiori) o servizi (es. trasporto) che esse possono anche non fornire direttamente. Per svolgere l attività di disbrigo pratiche per conto del richiedente è necessaria, per dottrina e giurisprudenza ormai consolidata, la licenza di pubblica sicurezza per agenzia d affari di cui all articolo 115 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza approvato con R.D. n. 773 del 18 giugno Come si vede, l attività cosiddetta funebre è composta da molteplici voci profondamente differenziate tra loro. La funzione principale dell impresa di onoranze funebri diventa, così, il coordinamento del servizio per la cui definizione concorrono varie attività. Dal punto di vista degli adempimenti amministrativi per lo svolgimento dell attività di onoranza funebre, si può, quindi, affermare che sono indispensabili: 1. L abilitazione di agenzia d affari necessaria per legittimare l attività di intermediazione dell impresa per conto della famiglia del defunto. 2. I requisiti previsti per il settore merceologico non alimentare del D.lgs. n. 114 del 31 marzo 1998 e s.m.i. (c.d. decreto Bersani) sostitutivi dell'ex licenza commerciale, per la vendita di feretri e arredi funebri vari. Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 8

12 3. La certificazione di idoneità sanitaria dei mezzi (auto funebri) e dei locali per la sosta e la sanificazione degli stessi (autorimesse), ai sensi del regolamento di polizia mortuaria (artt. 20 e 21 D.P.R. n. 285/90). Le idoneità sanitarie sono entrambi atti di competenza dell autorità sanitaria. 4. Tutte le prescrizioni generali che interessano le imprese, quali l iscrizione alla Camera di Commercio (CCIAA) nel repertorio economico amministrativo e nel registro delle imprese, la titolarità della partita IVA, la regolare tenuta delle scritture contabili, il rispetto delle norme in materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008), ecc. Quindi, se è difficile ipotizzare l esistenza di un impresa di onoranze funebri senza almeno la licenza di pubblica sicurezza e i requisiti che sostituiscono l ex licenza di commercio, le restanti abilitazioni dipenderanno dall effettiva attività svolta. Il trasporto funebre Non può invece essere classificata come attività di onoranza funebre la sola attività di trasporto della salma a bara chiusa, senza, cioè, intervento nei processi di contatto e trattamento del cadavere (preparazione, vestizione, composizione, trattamento delle salme e confezionamento del feretro) e senza l effettuazione del servizio di disbrigo pratiche. Nel caso di solo trasporto funebre, siamo, piuttosto, in presenza di un'attività di noleggio di soli mezzi (autofunebre) oppure di prestazione di solo personale (operatori addetti al trasporto) oppure di entrambi (autofunebre e operatori addetti al trasporto). Per svolgere l attività di trasporto di una salma, inteso in senso non necessariamente coordinato con l'onoranza funebre, occorrono le necessarie registrazioni presso le Camere di Commercio e il mezzo riconosciuto idoneo dall autorità sanitaria da depositarsi in una idonea rimessa. Tali accertamenti di idoneità, come già detto, sono disciplinati dagli articoli 20 e 21 del D.P.R. n. 285/90 che dispongono: Art. 20: I carri destinati al trasporto dei cadaveri su strada debbono essere internamente rivestiti di lamiera metallica o di altro materiale impermeabile facilmente lavabile o disinfettabile. Detti carri possono essere posti in servizio da parte dei Comuni e dei privati solo dopo che siano stati riconosciuti idonei dalle Unità Sanitarie Locali competenti, che devono controllarne almeno una volta all'anno lo stato di manutenzione. Un apposito registro, dal quale risulti la dichiarazione di idoneità, deve essere conservato sul carro in ogni suo trasferimento per essere, a richiesta, esibito agli organi di vigilanza." Art. 21: Le rimesse di carri funebri devono essere ubicate in località individuate con provvedimento del Sindaco in osservanza delle norme dei regolamenti locali. Esse debbono essere provviste delle attrezzature e dei mezzi per la pulizia e la disinfezione dei carri stessi. Salva l'osservanza delle disposizioni di competenza dell'autorità di pubblica sicurezza e del servizio antincendi, l'idoneità dei locali adibiti a rimessa di carri funebri e delle relative attrezzature è accertata dal coordinatore sanitario dell'unità Sanitaria Locale competente. Una qualunque impresa ai sensi dell'articolo 2082 c.c. può, dunque, con un autofunebre e un autista munito di patente, trasportare una salma per conto di una impresa di onoranza funebre. D altronde, gli articoli 23 e 24 del DPR 285/90 dispongono che l incaricato al trasporto di cadavere deve essere munito di apposita autorizzazione al trasporto della salma rilasciata del sindaco dove è avvenuto il Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 9

13 decesso. A rimuovere ogni dubbio è intervenuta, poi, la circolare interpretativa n. 24/93 del Ministero della Salute, che al punto 5.4 chiarisce la definizione di incaricato al trasporto : CIRCOLARE MINISTERO SANITA' 24 GIUGNO 1993, N. 24 (Regolamento di Polizia Mortuaria, approvato con D.P.R. 285/90: circolare esplicativa - GU Serie Generale n.158 del ) guri2a?atto.datapubblicazionegazzetta= &atto.codiceredazionale=093a3846&elenco30giorni=false Art. 1 punto 5.4. Per incaricato del trasposto della salma di cui al combinato disposto degli articoli 19 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, è da intendersi il dipendente o persona fisica o ditta a ciò commissionata: a. da impresa funebre in possesso congiuntamente delle autorizzazioni al commercio e di pubblica sicurezza di cui all'art. 115 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza; b. da un ente locale che svolge servizio pubblico secondo una delle forme previste dalla legge 8 giugno 1990, n Quindi, se per incaricato al trasporto della salma è da intendersi anche altra ditta commissionata da impresa funebre in possesso congiuntamente delle autorizzazioni al commercio e di pubblica sicurezza, si può sicuramente affermare che l impresa funebre non necessariamente deve contemplare anche l attività di trasporto funebre e che, d inverso, la ditta incaricata al trasporto della salma non necessariamente deve svolgere anche l attività di impresa funebre, intesa, anche, come disbrigo pratiche e vendita di articoli funerari. 3.1)Illegittima imposizione di esercitare congiuntamente prestazioni e servizi - L.R. 12/2001 e s.m.i. Alla luce di quanto esposto in precedenza appare oltremodo illogico e illegittimo il disposto dell art. 1, comma 2, dell Allegato A della L.R. 12/2001 e s. m. i., che recita: L attività funebre consiste nello svolgimento di tutte le prestazioni e i servizi esercitati congiuntamente, di seguito indicati: a. vendita di casse mortuarie e di altri articoli funebri; b. disbrigo delle pratiche amministrative inerenti il decesso; c. preparazione, vestizione, composizione delle salme, confezionamento del feretro e trasporto; d. trasporto della salma, inteso come trasferimento dal luogo del decesso al luogo di osservazione; e. trasporto di cadavere, inteso come trasferimento, dopo il periodo di osservazione, dal luogo del decesso o dal luogo di osservazione al luogo di onoranze, al cimitero o al crematorio, con l utilizzo di personale dipendente e di mezzi di cui all articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 285/1990; f. trattamento di tanatocosmesi o tanatoprassi; g. recupero di cadaveri, su disposizione dell autorità giudiziaria, da luoghi pubblici o privati. La norma regionale impone che per svolgere l attività funebre un impresa deve prestare congiuntamente tutte le prestazioni e i servizi elencati dalla lettera a) alla lettera g). Questa disposizione e in palese violazione al principio di libertà di impresa sancito dall art. 41 della Costituzione, nonché dell art del C.C. e di tutte le disposizioni nazionali e comunitarie in materia di libero esercizio. Un imprenditore può scegliere di fornire solo alcuni tipi di servizi senza erogarne altri. Per intendersi, un impresa funebre può scegliere di svolgere il servizio di disbrigo pratiche, trattamento e vestizione del cadavere, vendita casse e altri articoli funerari, organizzazione del funerale e non svolgere il trasporto funebre o il servizio di trasporto della bara chiusa, che può essere affidato ad altre imprese come chiarito al precedente punto 3). Nota: L imporre all impresa funebre di svolgere congiuntamente tutti i servizi elencati ha il solo scopo di obbligarla al rispetto delle norme sulla dotazione minima di personale e di tutti gli altri vincoli previsti dalla L.R. 12/2001 e s.m.i., che di seguito saranno ampiamente trattati. Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 10

14 3.2) ATTIVITA FUNERARIE E APPLICABILITA DELLE DISPOSIZIONI DEL D.Lgs. 59/2010 In via preliminare è opportuno chiarire che l impresa funebre rientra, sicuramente, nell ambito di applicazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 59/2010 Attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (Direttiva Servizi). L art. 1, comma 1, del D.Lgs. 59/2010 cita: Le disposizioni del presente decreto si applicano a qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale. Inoltre, il predetto decreto negli articoli successivi elenca tutte le attività escluse o ne limitata altre dalle sue disposizioni a precise condizioni. Tra le attività escluse dall applicabilità del Decreto, con l art. 6 il Legislatore delegato tratta espressamente i servizi di trasporto. Avendo escluso dai servizi di trasporto (art. 6, comma 2/d) (4) le pompe funebri e non avendole ricondotte in nessun altro caso di servizi esclusi (vedi punto 1.3), il Legislatore ha voluto, senza lasciare dubbio alcuno, ricomprendere le pompe funebri tra le attività in regime di applicabilità delle disposizioni di cui al D.Lgs 59/2010 e della Direttiva Servizi. 4) La L.R. 12/2001 e s.m.i. nel contesto nazionale e comunitario Per un confronto con il quadro normativo nazionale e comunitario in materia di regime autorizzatorio è opportuno analizzare quanto prevedono alcune norme della L.R. 12/2001.(16) Leggendo in sequenza le norme della Legge Regionale in oggetto, se ne ricava che: 1) E istituito il registro regionale delle imprese funerarie e cimiteriali abilitate all esercizio dai Comuni (Art. 1 comma g art. 7 comma 3). 2) L inclusione nel registro regionale costituisce titolo ad operare nei Comuni della Regione (Art. 7 comma 3bis)(16.1). 3) E interdetta in via definitiva dall attività funebre l impresa che: a. non osserva le prescrizioni previste nell articolo 1, commi 1, 2, 3, 4 e 8, lettere a), b), c) dell allegato A e le disposizioni indicate nell articolo 7, comma 3 ter. b. non è in possesso dell abilitazione all esercizio dell attività funebre rilasciata dal Comune (Art. 8bis comma 5)(16.2). 4) I comuni autorizzano le imprese funebri(art. 8 quater) (16.3). 5) I comuni rilasciano il titolo abilitativo e senza di esso è vietato il servizio funebre alle imprese (Allegato A art. 1 comma 3) (16.4). 6) L abilitazione all esercizio di filiale è rilasciata dal Comune all impresa funebre pubblica o privata, già in possesso di autorizzazione del titolo abilitativo e già iscritta nel registro regionale come indicato nell articolo 7 della legge (Allegato A art. 1 comma 8) (16.4). Innanzitutto è opportuno notare che tutte le disposizioni sopra riportate: il titolo abilitativo, l autorizzazione, l obbligo di iscrizione nel registro regionale per operare in Campania e la dotazioni minima di dipendenti, sono intervenute con l emanazione della L.R. 7/2013, cioè dall agosto del Si ha l impressione che il Legislatore regionale abbia interpretato al contrario i dettami, ormai chiari e consolidati, delle disposizioni nazionali e comunitarie fin qui trattate. Oppure, (questa è l impressione che se ne potrebbe ulteriormente ricavare) il Legislatore regionale, consapevolmente, ha voluto porre un ostacolo Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 11

15 alla liberalizzazione di un mercato che, per effetto di fattori superiori e esterni al territorio e alle istituzioni locali, era avviato alla vera apertura alla concorrenza. Un mercato che in Campania, ma non solo, è sempre stato gestito, controllato e protetto da regole mai scritte ma sempre applicate, legato ad un sistema di conservazione e chiusura con poca competitività. Se così fosse, oltre a riscontrare un sicuro problema di legittimità, potrebbe anche esistere un probabile difetto di legalità che andrebbe accertato e combattuto. Dalla lettura del testo legislativo regionale, così come modificato dalla L.R. 7/2013, oltre ad evidenziarsi una confusione, un intreccio ed un accavallamento di disposizioni tra i vari articoli, posizionate quasi a non voler far ben capire la vera finalità, una cosa viene fuori con chiarezza: in base alla L.R. 12/2001 e s.m.i., in assenza del titolo abilitativo rilasciato dal comune, l impresa non solo non può iniziare l attività ma, se viene accertata e sorpresa a svolgere il servizio, può, finanche, essere interdetta in via definitiva dallo svolgere l attività di onoranze funebri. Cioè, l impresa che inizia l attività in virtù di una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), strumento che consente di iniziare il servizio il giorno stesso della comunicazione (21) (istituto consentito in tutta Italia e in tutta Europa), rischia di essere interdetta in via definitiva dallo svolgere l attività (sic!). In sintesi, ad un sindaco, ad un dirigente o, visto quello che sta già accadendo, anche ad un funzionario di un qualsiasi Comune campano che, sicuramente, sta interpretando in modo parziale ed errato le sole norme regionali, viene assegnato il potere di interdire in via definitiva un esercizio; si badi bene, non perché abbia potuto riscontrare difetti nella documentazione (dichiarazioni mendaci, assenza di pareri igienico-sanitari, abilitazioni della questura, difformità urbanistiche, ecc.- come disposto dal DPR 285/90), ma solo perché l impresa ha correttamente applicato disposizioni legislative di rango superiore a quella regionale (procedura SCIA) (21). Questo ha tutto il sapore di una restrizione minacciosa, illegittima, illegale, discriminante e pericolosa... Inoltre, il registro regionale delle imprese funerarie (precedenti punto 1 e 2) diventa lo strumento per abilitare all esercizio le imprese campane in tutti i comuni della Regione: - L inclusione nel registro regionale delle imprese funerarie e cimiteriali, delle aggregazioni di imprese, abilitate all esercizio dai Comuni, e degli operatori addetti all attività funebre e cimiteriale costituisce titolo ad operare nei Comuni della Regione.- (L.R. 12/2001 s.m.i. art. 7 comma 3bis). La lettura della norma, così come scritta, potrebbe dare luogo a diverse interpretazioni: 1. le imprese abilitate da un Comune campano, quindi iscritte nel registro regionale, possono operare sul territorio regionale; 2. le imprese abilitate da un Comune campano possono operare solo sul territorio regionale (ipotesi che pone condizioni non applicabili in quanto nessuna altra Regione vieta la libertà di stabilimento e esercizio ); 3. le imprese non abilitate da un Comune campano,quindi non iscritte nel registro regionale, non possono operare sul territorio regionale; 4. le imprese non abilitate da un Comune campano, quindi non iscritte nel registro regionale, non possono aprire, sul territorio regionale della Campania, le filiali di cui all Allegato A, art. 1, comma 8, che recita: L abilitazione all esercizio di filiale è rilasciata dal Comune all impresa funebre pubblica o privata, già in possesso di autorizzazione del titolo abilitativo e già iscritta nel registro regionale come indicato nell articolo 7 della legge (a quest ultimo obiettivo si è, probabilmente. ispirato l operato del Legislatore regionale). Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 12

16 Nel dubbio interpretativo, comunque, due presupposti risultano chiari: a) per operare in Campania bisogna essere inseriti in questo registro regionale b) alle imprese che hanno sede fuori regione non è concessa la possibilità di aprire filiali sul territorio della Campania. Questa norma, di fatto, tenta di ricondurre il mercato interno della Regione alle sole imprese autorizzate da un Comune della Campania, in palese violazione di quanto disposto con l art. 34 comma 3/a della Legge 214/2011 (18) ( Sono abrogate le seguenti restrizioni disposte dalle norme vigenti: a) il divieto di esercizio di una attività economica al di fuori di una certa area geografica e l'abilitazione a esercitarla solo all'interno di una determinata area; ) e dei principi generali della Direttiva Servizi, del D.Lgs. 59/2010 e di tutte le altre norme nazionali in materia di liberalizzazione e tutela della concorrenza. In controtendenza alle disposizioni normative superiori, il Legislatore regionale ha deciso, quindi, che la Campania è una sorta di riserva legislativa, fuori dalle leggi e dal territorio nazionale ed europeo. Anche questo sembra il metodo non scritto ma sempre applicato nelle tante vicende legate al fenomeno del caro estinto in Campania. Ritornando al tema autorizzazioni, la normativa regionale, quindi, prevede non solo una richiesta di autorizzazione al Comune, ma che la stessa debba essere certificata dal rilascio del titolo abilitativo del Comune competente. Quindi con un provvedimento espresso, senza il quale all impresa è vietato il servizio funebre. Questa normativa, in pratica, oltre a creare il predetto isolamento territoriale, riporta indietro il contesto legislativo di almeno 24 anni, cioè, a prima dell emanazione della Legge 241/1990, trasponendo la disposizione (acquisizione del titolo abilitante previo inizio attività con obbligo di attesa dello stesso) in uno scenario legislativo oramai inesistente e quindi inapplicabile. Come predetto, gli obblighi sopra descritti, previsti dalla normativa regionale per le attività di impresa funebre, sono stati introdotti solo nell agosto del 2013 con la L.R. 7/2013, quindi dopo l emanazione della Direttiva Servizi e di tutte le normative nazionali in materia di tutela della concorrenza e semplificazione e, addirittura, anche dopo che la Regione Campania stessa si era, ormai da tempo, dotata dei previsti e giusti strumenti applicativi della Direttiva 2006/12/CE: a) REGOLAMENTO 11/2010 del 9/04/2010 (Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania N. 94 del 9 aprile 2010 Regolamento di attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno); b) DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE N. 816 del 26/11/2010, avente ad oggetto: Individuazione, ai sensi dell art. 3 del Regolamento n. 11/2010 Regolamento di attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno dei procedimenti regionali incompatibili con le disposizioni cogenti della C.D. Direttiva Servizi. Orbene, analizzando i provvedimenti della Regione Campania e, soprattutto, le date di emanazione degli stessi, viene fuori lo scenario di incongruenze e di illogicità che di seguito si descrive. 1. Nel 2001 la Regione Campania emana la L.R. 12/2001 che, in linea con i primi ordinamenti comunitari e nazionali degli anni 90 in materia di semplificazione, non disciplina alcunché in Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 13

17 materia di autorizzazioni lasciando, così, facoltà ai comuni di attenersi alle disposizioni nazionali e comunitarie in materia di accesso ed esercizio di attività di servizi. 2. Il 9 aprile 2010, a firma del Presidente pro tempore Bassolino, con D.P.G.R. viene adottato il richiamato regolamento 11/ che, con corretta e giusta procedura, recepisce la Direttiva 2006/123/CE e nello specifico dispone: a. I regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità (art 5 comma 1 Regimi autorizzatori Regolamento 11/2010). b. Per l accesso e l esercizio alle attività di servizi, che ricadono nell ambito di applicazione della Direttiva 2006/123/CE, si applica l articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n prima DIA poi SCIA- (Quindi, la Regione Campania aveva giustamente e correttamente recepito la normativa comunitaria, prevedendo una disapplicazione automatica dei regimi autorizzatori previsti nelle norme regionali). 3. Il 26/11/2010 con Delibera di Giunta Regionale n. 816, la Regione Campania, in attuazione dell art. 3 del predetto Regolamento 11/2010, provvede a disapplicare dalle norme regionali (elencandole) tutti i procedimenti incompatibili con la Direttiva Servizi. Tra i procedimenti incompatibili previsti dalla delibera non ne risulta alcuno afferente alla L.R. 12/2001, per un semplice motivo: alla data del 26/11/2010 la L.R. 12/2001 non contemplava regimi autorizzatori, quindi risultava (all epoca ) non in contrasto con la Direttiva Servizi e con lo stesso Regolamento Regionale 11/2010. Paradossalmente, la predetta legge regionale era più europea allora di oggi. 4. Se nonché, Il 3 luglio 2013 la Regione Campania, non tenendo conto della Direttiva Servizi, del D.Lgs. 59/2010, delle altre leggi nazionali emanate in materia, e, soprattutto, non considerando quanto da essa stessa approvato e regolamentato con i sopracitati atti (Regolamento 11/2010 e Delibera di G.R. 816/2010) approva la L.R. 7/2013. Con tale legge viene introdotto l art 8 quater e tutte le altre norme in tema di Autorizzazioni, oltre ad un altra serie di disposizioni illegittime e incostituzionali che di seguito saranno trattate. Quindi, la L.R. 7/2013, ultimo provvedimento emanato, invece di alleggerire gli adempimenti burocratici, semplificare, tutelare la concorrenza e obbligare all apertura della concorrenza il mercato funerario, ha introdotto meccanismi che hanno già prodotto, e produrranno ancora (se la legge restasse tale) effetti che sono l esatto contrario degli obiettivi prefissati dai Governi nazionali e europei, cioè: appesantimento degli adempimenti burocratici, restrizione della concorrenza, chiusura del mercato alla concorrenza e, di conseguenza, la consegna della gestione del mercato in mano ad un cartello di imprese che sta tentando di fagocitare le piccole imprese già operanti, producendo come effetto il relativo aumento delle tariffe per gli interventi, con grave danno per gli utenti. Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 14

18 4.1) Il D.Lgs. 59/2010 e le disposizioni in tema Autorizzazioni Il Decreto contempla il concetto di regime autorizzatorio che è definito come: qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un autorità competente allo scopo di ottenere un provvedimento formale o un provvedimento implicito relativo all accesso ad un attività di servizio o al suo esercizio; ai fini del presente decreto non costituisce regime autorizzatorio la SCIA di cui all art.19, comma 2, secondo periodo. L art 14, comma 1, del Decreto stabilisce anche che ( ) regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto del principio di non discriminazione, di proporzionalità, nonché delle disposizioni di cui al presente titolo. A sua volta, l art. 17, comma 2, così recita: Qualora sussiste un motivo imperativo di interesse generale, può essere imposto che il procedimento si concluda con l adozione di un provvedimento espresso. Dalla lettura combinata delle citate disposizioni risulta chiaro che il regime autorizzatorio consiste nell imporre ad un soggetto, che intende esercitare un attività di servizi, l onere di richiedere ad una Pubblica Amministrazione il rilascio di un provvedimento formale (espresso) o implicito (tacito). La novità di assoluta rilevanza è rappresentata dal fatto che i regimi autorizzatori non costituiscono più la regola, ma l eccezione - un ipotesi del tutto residuale - in quanto possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalità, nonché delle disposizioni di principio espresse dal Decreto. L argomento è di ampia portata, perché il Decreto opera un capovolgimento dei principi fino ad allora applicati che imponevano, per l esercizio di un attività regolamentata, il rilascio di un titolo autorizzatorio, in via ordinaria e di regola espresso. 4.2) Sistemi sostitutivi dei regimi autorizzatori previsti dal D.Lgs. 59/2010 Chiarito che il principio fondamentale è quello della libertà di intraprendere una attività economica senza la necessità di ottenere dalla Pubblica amministrazione il rilascio di un titolo abilitativo, l imposizione di un regime autorizzatorio diventa, quindi, un ipotesi del tutto residuale, percorribile solo ricorrendo ad un fondato motivo imperativo di interesse generale che ne giustifichi l applicazione. Il sistema ordinario, quindi, è rappresentato dalla SCIA mentre alla Pubblica amministrazione è riservata la gestione della fase successiva alla presentazione dell atto privato, la fase del controllo ex post. 4.3) Mancata sussistenza di motivi imperativi di interesse generale L.R. 12/2001 Nell impianto e nelle finalità della L. R. 12/2001 e s.m.i. non sussistono motivi imperativi di interesse generale, come definiti con l art. 8, comma h, e art. 12 del D.Lgs. 59/2010, necessari per giustificare la previsione di un regime autorizzatorio. Dalla lettura degli articoli 8 (5), 12(7), 13(8), 14(9), 15(10) e 17(11) del D.Lgs. 59/2010, appare con chiarezza che per motivi imperativi di interesse generale non si può intendere una dicitura astratta e indefinita, ma una condizione concreta i cui contenuti debbono essere sottoposti ad un rigoroso vaglio di effettività e di proporzionalità. Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 15

19 Una condizione precisa, definita dall art. 8, comma h(5)del Decreto, propedeutica per consentire al Legislatore di contemplare requisiti particolari nelle norme (vedi artt. 12 e 13) o per mantenere o istituire regimi autorizzatori (vedi art. 14). Inoltre, L art 14 del Decreto chiarisce che: regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalità, nonché delle disposizioni di cui al presente titolo. In merito alle restrizioni all accesso e all esercizio delle attività economiche, risulta utile riportare quanto espresso anche dal Dipartimento Politiche Europee Presidenza del Consiglio dei Ministri (DIRETTIVA SERVIZI Guida all utente - pubblicata nel gennaio 2012)(17) e l articolo 34 della Legge 214/2011 (18). I sopra richiamati riferimenti chiariscono che per inserire in una legge o in un regolamento un requisito restrittivo per l accesso o per l esercizio di una attività economica, bisogna rispettare un iter ben definito. Bisogna acquisire il parere obbligatorio dell Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che si esprime in merito all'esistenza di un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l'ordinamento comunitario, nel rispetto del principio di proporzionalità. Al rispetto di tale adempimento sono assoggettate anche le Regioni (vedi comma 7 Legge 214/2011). (18) Quindi, è chiaro che solo l A.G.C.M. ha la potestà di certificare la sussistenza di un motivo imperativo di interesse generale. Per giunta, nel caso in esame, il Legislatore regionale non ha fatto richiamo ad alcun motivo imperativo di interesse generale (neanche in forma astratta e/o indefinita, neppure nel preambolo della legge)per giustificare la possibilità di introdurre un sistema autorizzatorio o l imposizione di altri requisiti restrittivi. 4.4) Applicazione della SCIA in sostituzione del regime autorizzatorio Pertanto, sulla scorta di quanto in precedenza chiarito e nel rispetto delle disposizioni e delle procedure di cui allalegge 122/2010 art. 49, commi 4bis e 4ter(sostituzione dell art. 19 della Legge 241/1990),(21) nel caso delle imprese funebri, in tema di autorizzazioni, vanno sicuramente applicate le disposizioni di cui al D.Lgs. 59/2010 art. 17, comma 1 secondo periodo: In tutti i casi diversi da quelli di cui all'articolo 14 (regimi autorizzatori) per i quali le norme vigenti, alla data di entrata in vigore del presente comma, prevedono regimi autorizzatori o di dichiarazione di inizio attività, si applica l'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni (S.C.I.A.) (11) 5) Illegittimità e inapplicabilità - Dotazione minima di personale per sedi e filiali L.R. 12/2001 e s.m.i. Le previsioni del rispetto dei requisiti di cui all Allegato A della L.R. 12/2001 e s.m.i. (16.4)(16.5), che prevedono una dotazione minima di personale: - per le filiali un direttore tecnico e due operatori addetti al trasporto (All. A art. 1, comma 8/b (16.4)) - per le sedi un direttore tecnico e quattro operatori addetti al trasporto (All. A art. 1bis, comma 1/d (16.5)) sono palesemente incompatibili con le disposizioni del D.Lgs. 59/2010 e della Direttiva Servizi. L articolo 12 del D.Lgs. 59/2010 (7) chiarisce che solo in subordine alla sussistenza di un motivo imperativo di interesse generale l accesso e l esercizio di una attività di servizi possono essere subordinati al rispetto di alcuni requisiti, tra questi, alla lettera n), riporta: requisiti che stabiliscono un numero minimo di dipendenti. Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 16

20 Per quanto già ampiamente trattato e chiarito al precedente punto 4.3), nel caso in argomento non sussiste un motivo imperativo di interesse generale, ne tantomeno sono state attivate le procedure per il rispetto dell iter previsto dall articolo 13 del D:Lgs. 59/2010(8) (obbligo di notifica alla Commissione europea). Pertanto, la parte della norma regionale che obbliga l impresa funebre a dotarsi di un numero minimo di personale, per le sedi e per le filiali, è in palese contrasto con le disposizioni del D.Lgs. 59/2010 (artt. 12 e 13) e della Direttiva 2006/123/CE, quindi palesemente illegittima e inapplicabile. A maggiore chiarimento, inoltre, è opportuno analizzare anche quanto dispone l art. 15 (19) della Direttiva Servizi, che la stessa Regione Campania aveva recepito con il richiamato Regolamento 11/2010 e la D.G.R. 816/2010. Il predetto art. 15 (comma 4) della Direttiva assegna agli Stati membri la potestà di verificare se il loro ordinamento giuridico subordina l accesso a un attività di servizi o il suo esercizio al rispetto dei requisiti non discriminatori (tra cui requisiti che stabiliscono un numero minimo di dipendenti) e, altresì, con il comma 8 dispone: Gli Stati membri notificano alla Commissione, in fase di progetto, le nuove disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedono i requisiti di cui al paragrafo 6, specificandone le motivazioni. La Commissione comunica tali disposizioni agli altri Stati membri. La notifica non osta a che gli Stati membri adottino le disposizioni in questione. Appare evidente, quindi, che solo lo Stato membro ha la facoltà, seguendo l iter dell art. 13 del D.Lgs. 59/2010, di inserire in leggi dello Stato, o far inserire anche in leggi regionali, disposizioni in merito a requisiti che stabiliscono un numero minimo di dipendenti. Infatti, l art. 13 del D.Lgs. 59/2010 (8) recita: 1. L'efficacia di nuove disposizioni che prevedono i requisiti di cui all'articolo 12, comma 1, e' subordinata alla previa notifica alla Commissione europea. 2. Le autorità competenti (nel nostro caso la Regione Campania) comunicano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie - i progetti di disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedono i requisiti di cui al comma 1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie - notifica alla Commissione europea detti requisiti e ne dà contestuale comunicazione all'autorità competente. Vieppiù, il comma 4 dell art. 1 del D.L. 1/2012 (20) afferma che i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni si adeguino entro il 31 dicembre 2012 ai principi e alle regole di cui ai commi 1, 2 e 3, che prevedono l abrogazione: - di limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso - dell'amministrazione per l'avvio di un'attività economica non giustificati da un interesse generale; - delle norme che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite; - delle disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate e che in particolare impediscono, condizionano o ritardano l'avvio di nuove attività economiche o l'ingresso di nuovi operatori economici ovvero alterano le condizioni di piena concorrenza fra gli operatori economici. Napoli Salerno Caserta Avellino Benevento Pagina 17

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