Diritto dell Unione Europea. Indice
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- Cipriano Costanzo
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1 INSEGNAMENTO DI DIRITTO DELL UNIONE EUROPEA LEZIONE IX LA TUTELA GIURISDIZIONALE NELL ORDINAMENTO COMUNITARIO PROF. GIUSEPPE RUBERTO
2 Indice 1 Il sistema di tutela giurisdizionale comunitario Il ricorso per infrazione (artt TCE) Il ricorso di annullamento (artt TCE) Il ricorso in carenza (artt TCE) Il ricorso per il risarcimento dei danni (artt. 235 e 288 TCE) La competenza in via pregiudiziale della Corte di giustizia (art. 234 TCE) La funzione consultiva della Corte di giustizia di 12
3 1 Il sistema di tutela giurisdizionale comunitario. Il controllo sull esatta applicazione del diritto comunitario è garantito da due tipi di rimedi giurisdizionali: i ricorsi diretti, cioè quelli proposti direttamente alla Corte di giustizia e al Tribunale di primo grado dai soggetti che ne sono legittimati. Essi sono: il ricorso per infrazione, il ricorso di annullamento, il ricorso in carenza, il ricorso per il risarcimento dei danni; i ricorsi indiretti, proposti in via pregiudiziale. 3 di 12
4 2 Il ricorso per infrazione (artt TCE). Il ricorso per infrazione può essere proposto, innanzi alla Corte di giustizia, dalla Commissione o da uno Stato membro nell ipotesi di presunta violazione di obblighi comunitari da parte di uno Stato membro. Il procedimento, disciplinato dagli artt TCE, si articola in due fasi: una fase precontenziosa, diretta a sollecitare lo Stato a porre fine al comportamento illegittimo; una fase contenziosa, che consiste nel ricorso alla Corte avverso lo Stato inadempiente. Quando la procedura è promossa dalla Commissione (art. 226 TCE), questa invia allo Stato una lettera di contestazione, contenente l indicazione dell obbligo comunitario violato, e lo invita a presentare le proprie osservazioni. Qualora dopo questa fase non si pervenga ad un accordo tra Commissione e Stato membro, la Commissione indirizza a quest ultimo un parere motivato, contenente l indicazione delle ragioni di fatto e di diritto che l hanno indotta ad avviare la procedura e l assegnazione allo Stato di un termine entro il quale porre fine alla violazione. Qualora lo Stato non si conformi al parere entro il termine indicato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia. Va rilevato che la motivazione del parere è fondamentale: l assenza o l insufficienza della stessa rende infatti il ricorso irricevibile. Quando la procedura è promossa da uno Stato membro, l art. 227 TCE prevede che lo Stato, prima di adire la Corte, debba rivolgersi alla Commissione la quale pone gli Stati interessati in condizione di presentare in contraddittorio le proprie osservazioni e, successivamente, emette un parere motivato. Solo in seguito all emissione del parere, ovvero quando la Commissione non lo abbia formulato entro tre mesi dalla domanda, lo Stato può adire la Corte di giustizia. La fase contenziosa è disciplinata dall art. 228 TCE, secondo cui, in caso di riconoscimento della violazione di un obbligo derivante dal Trattato da parte di uno Stato membro, <<tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta>>. Quella della Corte è tuttavia una sentenza di mero accertamento. Con essa, infatti, la Corte non indica le misure necessarie per porre fine all infrazione, né adotta sanzioni risarcitorie in caso di inadempimento. 4 di 12
5 Qualora lo Stato non si conformi alla decisione della Corte è pertanto previsto un ulteriore procedimento, azionato dalla Commissione, volto all esecuzione della sentenza. Il procedimento, disciplinato dall art. 228, par. 2, TCE, prevede, anche in questo caso, una fase precontenziosa e una fase contenziosa: la Commissione invita lo Stato inadempiente a presentare le proprie osservazioni, quindi formula un parere motivato in cui precisa in punti sui quali lo Stato non si è conformato alla sentenza della Corte di giustizia e gli assegna un termine per provvedere; qualora lo Stato perseveri nell inottemperanza, la Commissione può adire la Corte, precisando <<l importo della somma forfettaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che consideri adeguato alle circostanze>>; la Corte di giustizia, ove accolga il ricorso della Commissione, può comminare allo Stato inadempiente il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità. 5 di 12
6 3 Il ricorso di annullamento (artt TCE) Il ricorso di annullamento può essere proposto avverso gli atti adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio, gli atti del Consiglio, della Commissione e della BCE che non siano raccomandazioni o pareri, nonché gli atti del Parlamento europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi. I suddetti atti sono illegittimi (e dunque impugnabili con ricorso di annullamento) quando risultano affetti da uno dei seguenti vizi: incompetenza (l atto eccede la competenza dell istituzione comunitaria che lo ha emesso o della Comunità stessa); violazione delle forme sostanziali (l atto difetta di un requisito di forma essenziale); violazione del Trattato o di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione (è un vizio di legittimità residuale, che ricorre quando non sussistono né incompetenza né violazione delle forme sostanziali. Questo vizio attiene anche alla violazione dei principi generali di diritto, tra i quali vanno annoverati, in particolare, i diritti fondamentali enunciati dalla Convenzione europea dei diritti dell uomo); sviamento di potere (con l atto l istituzione persegue uno scopo diverso da quello per il quale il potere gli è stato attribuito). Legittimati a proporre il ricorso sono: - gli Stati membri e le istituzioni comunitarie (Parlamento europeo, Consiglio e Commissione nonché Corte dei conti e BCE), definiti ricorrenti privilegiati poiché, ai fini della proposizione del ricorso, non occorre che abbiano un interesse ad agire o un legame con l atto (ad eccezione della Corte dei conti e della BCE, legittimate ad agire esclusivamente per la salvaguardia delle proprie prerogative); - qualsiasi persona fisica o giuridica <<contro le decisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, la riguardano direttamente ed individualmente>>. Le persone fisiche e giuridiche, definite ricorrenti ordinari, sono dunque legittimate a proporre ricorso solo quando l atto incida direttamente sulla propria sfera giuridica ed abbiano interesse ad impugnarlo, poiché trarrebbero beneficio dal suo annullamento. Secondo la Corte, le Regioni possono proporre ricorso di annullamento alle stesse condizioni delle persone fisiche e giuridiche. 6 di 12
7 La competenza a giudicare sulla legittimità degli atti comunitari spetta alla Corte di giustizia, per i ricorsi proposti dagli Stati membri e dalle istituzioni comunitarie, e al Tribunale di primo grado, per i ricorsi presentati dalle persone fisiche e giuridiche. Il termine per la proposizione del ricorso di annullamento è di due mesi a decorrere, secondo i casi, dalla pubblicazione dell atto (è il caso dei regolamenti e delle direttive, la cui entrata in vigore è subordinata alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell Unione europea), dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza. Una volta decorso il suddetto termine non sarà più possibile contestare la validità dell atto. Un eccezione è prevista dall art. 241 TCE, che ammette l impugnazione dei regolamenti con ricorso di annullamento anche dopo il decorso del termine di due mesi dalla loro pubblicazione (la Corte, peraltro, ha esteso la portata applicativa di questa norma a tutti gli atti delle istituzioni comunitarie che producano effetti analoghi ai regolamenti). Ai sensi dell art. 231 TCE, <<se il ricorso è fondato, la Corte di giustizia dichiara nullo e non avvenuto l atto impugnato>>. La sentenza della Corte ha dunque effetto retroattivo (ex tunc). Tuttavia, per il rispetto dei principi della certezza del diritto e della tutela dell affidamento, la Corte, in caso di annullamento di un regolamento, può stabilire che alcuni effetti prodotti dallo stesso debbano essere considerati come definitivi. 7 di 12
8 4 Il ricorso in carenza (artt TCE). Quando il Trattato impone alle istituzioni comunitarie un obbligo di agire, la sua violazione rende proponibile il c.d. ricorso in carenza. Prima di adire la Corte occorre che l istituzione sia stata preventivamente messa in mora, cioè intimata ad agire, e non abbia preso posizione nel termine di due mesi. In tal caso il ricorso può essere proposto entro un nuovo termine di due mesi. Sono legittimati a ricorrere: gli Stati membri, le istituzioni comunitarie (tra cui la BCE, nei settori che rientrano nella sua competenza) nonché le persone fisiche e giuridiche qualora l atto omesso le riguardi direttamente e non sia una raccomandazione o un parere. Gli Stati membri e le istituzioni comunitarie devono presentare il ricorso alla Corte di giustizia, mentre le persone fisiche e giuridiche sono tenute ad adire preventivamente il Tribunale di primo grado, le cui sentenze sono impugnabili innanzi alla Corte di giustizia soltanto per motivi di diritto. La Corte, con la sentenza che decide il ricorso in carenza, dichiara la sussistenza o meno della violazione. In caso di accertamento della carenza l istituzione interessata è tenuta <<a prendere i provvedimenti che l esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta>> (art. 233, comma 1, TCE). Nell ipotesi in cui dalla violazione discenda una responsabilità extracontrattuale della Comunità, i soggetti legittimati potranno convenire in giudizio l istituzione inadempiente con ricorso per il risarcimento dei danni. 8 di 12
9 5 Il ricorso per il risarcimento dei danni (artt. 235 e 288 TCE). Ai sensi dell art. 288, secondo comma, TCE, in materia di responsabilità extracontrattuale, la Comunità è tenuta a risarcire i danni cagionati dalle sue istituzioni (da intendersi in senso ampio, tale da ricomprendere la BCE, la BEI e qualunque altro organo comunitario) o dai suoi agenti nell esercizio delle loro funzioni 1. La norma precisa che alla responsabilità extracontrattuale della Comunità si applicano i principi generali in materia comuni ai diritti degli Stati membri. Soggetti legittimati a proporre ricorso per il risarcimento dei danni sono gli Stati membri e le persone fisiche e giuridiche (non le istituzioni poiché esse rappresentano la Comunità). Gli Stati membri devono rivolgersi alla Corte di giustizia, le persone fisiche e giuridiche al Tribunale di primo grado, con possibilità di impugnarne la decisione innanzi alla Corte. Affinché sorga una responsabilità extracontrattuale della Comunità (e dunque sia proponibile l azione per risarcimento danni) devono sussistere i seguenti elementi: illiceità del comportamento; imputabilità del comportamento a un istituzione comunitaria o ai suoi agenti; esistenza di un danno reale ed effettivo; nesso di causalità tra comportamento illecito e danno subito dallo Stato o dalla persona. L azione risarcitoria è proponibile anche se la responsabilità discende da un atto illegittimo non impugnato con ricorso in annullamento o da un omissione illegittima non fatta valere con ricorso in carenza. Si tratta dunque di rimedi distinti e autonomi tra loro. Il termine per proporre l azione di risarcimento danni è di cinque anni dal fatto che ha generato il danno, da intendersi come il momento in cui sono venuti in essere tutti gli elementi che fanno sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità. 1 La responsabilità contrattuale della Comunità è invece regolata dalla legge applicabile al contratto in ordine al quale sorge la controversia (art. 288, comma 1, TCE). La giurisdizione, in tal caso, spetta ai giudici nazionali, secondo le regole processuali di ciascuno Stato, a meno che non sia stata stipulata una clausola compromissoria che attribuisca espressamente la competenza alla Corte di giustizia. 9 di 12
10 6 La competenza in via pregiudiziale della Corte di giustizia (art. 234 TCE). Quando, nel corso di un procedimento innanzi ad un giudice nazionale, sorge una questione relativa all interpretazione del Trattato o alla validità o interpretazione degli atti delle istituzioni comunitarie e della BCE, il giudice nazionale, di propria iniziativa o su sollecitazione delle parti, può chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla questione. La valutazione circa la necessità di effettuare il rinvio alla Corte e l individuazione delle questioni da sottoporre alla stessa è dunque di esclusiva competenza del giudice nazionale. Quando il giudice nazionale è un giudice di ultimo grado ha invece l obbligo di rivolgersi alla Corte 2. Il rinvio alla Corte, tuttavia, non è obbligatorio per il giudice di ultima istanza quando la chiarezza della norma non dà adito a dubbi sulla sua corretta interpretazione ovvero quando la Corte si sia già pronunciata sulla medesima questione indicando la corretta interpretazione da dare alla norma. Le decisioni rese in via pregiudiziale dalla Corte 3 hanno lo scopo di assicurare l uniforme interpretazione e applicazione del diritto comunitario da parte dei giudici di tutti gli Stati membri. Va evidenziato che se la questione sollevata attiene alla validità di un atto comunitario i vizi che possono essere fatti valere sono i medesimi previsti per i ricorsi di annullamento. In questi casi il giudice nazionale non potrà mai pronunciare l invalidità dell atto, essendo detta pronuncia di competenza esclusiva della Corte, mentre potrà pronunciarsi sulla validità dell atto senza dover adire necessariamente la Corte. La Corte è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale oltre che sulle disposizioni rientranti nel pilastro comunitario: 2 La ratio di quest obbligo risiede nel fatto che la sentenza interpretativa della norma comunitaria, se emessa da un giudice di ultima istanza, non potrebbe essere più modificata, determinando così il rischio di una disomogenea applicazione del diritto comunitario, poiché altri giudici dello stesso Stato o di uno Stato diverso potrebbero interpretare la norma in maniera differente. 3 L art. 225, par. 3, TCE attribuisce una competenza in via pregiudiziale anche al Tribunale di primo grado affermando che esso <<è competente a conoscere delle questioni pregiudiziali, sottoposte ai sensi dell art. 234, in materie specifiche determinate dallo statuto>>. Il comma successivo dispone che <<il Tribunale di primo grado, ove ritenga che la causa richieda una decisione di principio che potrebbe compromettere l unità o la coerenza del diritto comunitario, può rinviare la causa dinanzi alla Corte di giustizia affinché si pronunci>>. Infine, ai sensi del terzo comma del paragrafo in questione, <<le decisioni emesse dal Tribunale di primo grado su questioni pregiudiziali possono eccezionalmente essere oggetto di riesame da parte della Corte di giustizia, alle condizioni ed entro i limiti 10 di 12
11 - sulle disposizioni del terzo pilastro che sono state comunitarizzate con il Trattato di Amsterdam (immigrazione, visti, asilo: art. 68 TCE); - sull interpretazione o la validità delle decisioni-quadro e delle decisioni e sull interpretazione delle convenzioni relative al pilastro della Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, sempre che la sua giurisdizione sia stata accettata dagli Stati membri (art. 35 TUE). Affinché il giudice nazionale possa effettuare il rinvio alla Corte occorre che egli fornisca una puntuale motivazione circa la necessità e rilevanza della questione di diritto comunitario ai fini della definizione della controversia. La Corte, infatti, si è attribuita la facoltà di valutare se la questione posta sia pertinente ai fini della soluzione della causa pendente innanzi al giudice nazionale e, in caso negativo, di dichiarare il non luogo a provvedere 4. La sentenza con cui la Corte si pronuncia sulla questione pregiudiziale vincola il giudice nazionale che l ha sollevata e, allo stesso tempo, costituisce un precedente giurisprudenziale al quale devono uniformarsi i giudici di tutti gli Stati membri chiamati a decidere una fattispecie analoga. previsti dallo statuto, ove sussistano gravi rischi che l unità o la coerenza del diritto comunitario siano compromesse>>. 4 Quest orientamento è stato assunto dalla Corte in seguito ad un uso improprio del rinvio pregiudiziale da parte dei giudici nazionali i quali, anche su sollecitazione delle parti, talvolta avevano sollevato questioni generali non pertinenti con la controversia. 11 di 12
12 7 La funzione consultiva della Corte di giustizia. La Corte di giustizia esercita una funzione consultiva nei confronti del Parlamento europeo, della Commissione, del Consiglio e degli Stati membri in ordine alla compatibilità con le norme del Trattato degli accordi internazionali di cui è prevista la stipulazione. In particolare, l art. 300, par. 6, TCE dispone che: <<Il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione o uno Stato membro possono domandare il parere della Corte di giustizia circa la compatibilità di un accordo previsto con le disposizioni del presente trattato>>. Qualora la Corte esprima parere negativo, la norma prevede che <<l accodo può entrare in vigore soltanto alle condizioni stabilite dall art. 48 del trattato sull Unione europea>>, cioè seguendo la complessa procedura prevista per la modifica dei Trattati. 12 di 12
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