Paolo Biavati ARGOMENTI DI DIRITTO PROCESSUALE CIVILE
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1 Paolo Biavati ARGOMENTI DI DIRITTO PROCESSUALE CIVILE Aggiornamento n.6 10 ottobre 2012
2 L editore mette a disposizione sul sito nella sezione download i materiali e le schede di aggiornamento riferite alle novità normative e giurisprudenziali successive alla data di pubblicazione. Bononia University Press Via Farini Bologna tel. (+39) fax (+39) info@buponline.com 2011 Bononia University Press I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. ISBN: Progetto di copertina e impaginazione: Irene Sartini Stampa: Tipografia Moderna (Bologna) Prima edizione: settembre 2011
3 Ag g i o r n a m e n t o n.6 AGGIORNAMENTO N ottobre 2012 La riforma della l. 24 marzo 2001, n. 89 (c.d. legge Pinto) 1 L esigenza di riformare la c.d. legge Pinto La l. 24 marzo 2001, n. 89 (c.d. legge Pinto) era stata introdotta dal legislatore per offrire uno strumento di diritto interno volto a conseguire un equa riparazione a coloro che avessero subito la lesione del diritto fondamentale ad ottenere giustizia in un termine ragionevole. Si intendeva evitare la pioggia di ricorsi italiani alla corte di Strasburgo e mostrare la volontà del nostro paese di garantire tutela ai cittadini, mentre ci si sforzava di rendere più efficiente e rapida la giustizia civile (v. Argomento n. 36-III). In pratica, l esito della legge Pinto non si è rivelato positivo. Non soltanto lo Stato ha dovuto erogare somme rilevanti, ma si è dato luogo ad un forte incremento di contenzioso: a tanti processi già incredibilmente lenti, se ne aggiungevano altri, non molto più veloci, tesi a ottenere l equa riparazione per i ritardi dei primi. Le corti d appello, competenti per materia, si sono viste sommergere da una valanga di cause. Non poche voci si erano levate per chiedere, non la modifica, ma la radicale abrogazione della legge Pinto, o, per lo meno, la trasformazione del meccanismo di concessione dell indennità da giurisdizionale ad amministrativo (sia pure con controllo giurisdizionale). Il legislatore non si è spinto a tanto, ma, con l art. 55 della l. n. 134 del 7 agosto 2012, ha innovato in modo profondo il testo della legge, seguendo due principali direttrici. La prima va nel senso di limitare, sul piano sostanziale, le fattispecie di equa riparazione e l entità delle relative indennità; la seconda tende a rendere più arduo il percorso processuale dell istante, adottando in ogni caso un rito con forti connotazioni di sommarietà. 2 I requisiti per l equa riparazione Solo il comma 1 dell art. 2 della l. n. 89 del 2001 resta invariato: rimane vero che chi ha subito un danno, patrimoniale o non patrimoniale, per effetto della violazione dell art. 6 Cedu sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole nella definizione di un processo, ha diritto ad un equa riparazione. Il resto è tutto più o meno incisivamente modificato. E bene notare che ne viene travolta non solo la normazione precedente, ma 1
4 argomenti di diritto processuale civile Paolo Biavati anche grande parte dell ampia giurisprudenza che si era formata prendendo le mosse da quelle norme. In base al comma 2 dell art. 2, il giudice ora deve valutare, oltre alla complessità del caso e al comportamento delle parti e del giudice, anche l oggetto del procedimento e il contegno di ogni altro soggetto chiamato così la norma a concorrervi o a contribuire alla sua definizione. Comincia, poi, una serie di limitazioni, che qui si riferiscono in sintesi. Intanto, vengono fissati per legge tempi di definizione standard dei giudizi, il cui rispetto obbliga a qualificarne ragionevole la durata, con conseguente esclusione del risarcimento. Questi tempi sono di tre anni per il giudizio di primo grado, di due anni per il giudizio di appello e di un anno per il giudizio di legittimità. In ogni caso, si considera rispettato il termine ragionevole se il processo, nelle sue diverse fasi, viene comunque definito in modo irrevocabile entro sei anni dall inizio. Non si computa il tempo in cui il processo è rimasto sospeso o interrotto, né il tempo intercorso fra la pubblicazione di una sentenza e la relativa impugnazione. In nessun caso, poi, è riconosciuta l indennità in una serie di situazioni, tutte connotate da forme di esercizio abusivo della facoltà di difesa. E utile notare come l abuso del processo sia espressamente considerato l altra faccia della medaglia del principio di ragionevole durata. Il nuovo art. 2-bis della l. n. 89 definisce la misura dell indennizzo, che oscilla ora fra i 500 e i 1500 euro per ogni anno (o frazione di anno superiore a sei mesi) di durata del processo eccedente quella ragionevole, così come sopra individuata. La concreta entità dell indennizzo è stabilita tenendo conto di una serie di elementi, quali il comportamento del giudice e delle parti, la natura degli interessi coinvolti e il valore e la rilevanza della causa, da valutarsi anche in relazione alle condizioni personali delle parti. 3 Il procedimento Le novità più significative, però, riguardano il procedimento. Se rimane ferma la competenza per materia e territorio inderogabile della corte d appello, così come attualmente prevista, e vi è una sola modifica rilevante quanto alla individuazione dei ministeri legittimati passivi (scompare la Presidenza del Consiglio, sostituita dal ministro dell economia e delle finanze), tutto il resto è profondamente innovato (v. Argomento n. 36-IV). In primo luogo, l art. 4 della l. n. 89 stabilisce ora che la domanda può (e deve, se la si vuole proporre) essere proposta a pena di decadenza entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva. Non è quindi più possibile avanzare la domanda di equa riparazione in pendenza del procedimento. Non basta. La domanda si propone ora con ricorso (e non più con atto di citazione), con i requisiti generali degli atti di parte previsti dall art. 125 c.p.c., aggravati dall esigenza di depositare copia autentica (e non semplice) di tutti gli atti, i verbali e i provvedimenti del giudizio: un giudizio che, per definizione, deve essere durato più di sei anni. Ne nasce un rito ibrido, simile al procedimento monitorio. La corte d appello in composizione monocratica emette un decreto motivato, che può accogliere, in tutto o in parte, ovvero respingere, la domanda di equa riparazione. Nel primo caso, il provvedimento è immediatamente esecutivo (sebbene il comma 7 ricordi che l erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene nei limiti delle risorse disponibili). Tuttavia, ricorso e decreto devono essere notificati al ministero legittimato passivo (e per esso, all avvocatura dello Stato), 2
5 Ag g i o r n a m e n t o n.6 in copia autentica, entro trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e, se la notificazione non è eseguita, il decreto diventa inefficace e, con disposizione particolarmente punitiva, la domanda (che era appena stata accolta) non può più essere riproposta. Come si vede, se è certamente vero che della legge Pinto i pratici hanno abusato, è anche vero che qui la tutela diventa un autentica corsa ad ostacoli. Nel secondo caso, la domanda respinta a differenza di ciò che accade nel procedimento monitorio non può più essere riproposta. Tuttavia, vi è lo spazio per un opposizione, da proporsi, entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento ovvero dalla sua notificazione, alla medesima corte d appello che ha emesso il decreto. L opposizione è regolata dall art. 5-ter. La corte provvede, nella consueta composizione collegiale, nelle forme del procedimento in camera di consiglio. La norma precisa che del collegio non può fare parte il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato. Se ricorrono gravi motivi, la corte può sospendere l efficacia esecutiva del provvedimento: si noti che anche questa è una disposizione a favore dello Stato, perché sono esecutivi solo i decreti che accolgono la domanda di equa riparazione e condannano lo Stato al pagamento. La corte decide con decreto, immediatamente esecutivo, ricorribile per cassazione. Infine, va segnalata un ultima previsione, tendente a disincentivare i ricorsi: in caso di domanda inammissibile o manifestamente infondata, il giudice (sia in sede monitoria che in sede di opposizione) può condannare il ricorrente incauto a versare una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, e quindi dell erario. Insomma: lo Stato pagherà certo molto meno e forse incasserà qualcosa. 3
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