Criptovalute e corrispettivo nei trasferimenti immobiliari: qualificazioni giuridiche e tecnica redazionale. Michele Manente

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1 Criptovalute e corrispettivo nei trasferimenti immobiliari: qualificazioni giuridiche e tecnica redazionale. Michele Manente Introduzione Il tema che mi è stato assegnato è forse uno dei temi attualmente più dibattuti tra i giuristi che si trovino ad affrontare le tematiche connesse all uso delle criptovalute in ambito contrattuale. Ci si chiede, in particolare, come vada qualificato giuridicamente lo scambio di un bene a fronte di un certo quantitativo di criptovaluta, se come vendita o piuttosto come permuta. La distinzione non è di poco conto, e non soltanto per le implicazioni civilistiche ad essa connesse, ma anche per le possibili implicazioni correlate (pensiamo soprattutto al tema dell antiriciclaggio). Scopo pertanto di questo mio intervento è quello di tentare una prima analisi del fenomeno, per giungere ad individuare quella che ritengo essere la sua qualificazione giuridica più corretta, e quindi da questa ricavare alcune indicazioni operative per il notaio che dovesse essere richiesto di ricevere una transazione (anche immobiliare) con corrispettivo previsto totalmente o parzialmente in criptovaluta. Quale nota metodologica val subito la pena di precisare che l analisi sarà condotta con esplicito riferimento all esempio più notoriamente riconosciuto di criptovaluta, e cioè con riferimento ai bitcoin. Ovviamente non si ignora il fatto che ad inizio 2018 si contino ormai più di criptovalute, ciascuna con le proprie differenze e peculiarità, ma rimane indubbio che i bitcoin restino il più importante esempio attualmente presente sul panorama, se non altro per diffusione e capitalizzazione. Analisi di una transazione in bitcoin Prima di procedere con l analisi più strettamente giuridica, appare opportuno analizzare - per sommi capi - in cosa consista una transazione in criptovaluta e, per fare questo, si prenderà nuovamente come riferimento (semplificandola) la transazione in bitcoin. Essa si fonda su un uso particolarmente intenso dei principi della crittografia asimmetrica che (a sua volta) si basa sull esistenza di una coppia di chiavi di cifratura/decifratura tra loro differenti ma correlate: un messaggio cifrato da una chiave può essere decifrato solo dall altra, e viceversa. In pratica non è possibile utilizzare la stessa chiave per cifrare e al tempo stesso decifrare un messaggio, ma occorre utilizzare entrambe: se una cifra, l altre decifra e viceversa. Questa particolare caratteristica fa sì che sia possibile rendere nota a terzi una delle due chiavi (che prende il nome di chiave pubblica) ed al contempo mantenere riservata l altra (che prende il nome di chiave privata), con ciò ottenendo due meccanismi interessanti: 1) in primo luogo, cifrare un messaggio con una determinata chiave pubblica consente di avere la certezza che esso potrà essere decifrato solo da un unico soggetto: il detentore della corrispondente chiave privata; e 2) in secondo luogo, cifrare un messaggio con una certa chiave privata consentirà a chiunque di leggerlo (perché la chiave pubblica è disponibile per tutti), ma il punto è che tutti sapranno con certezza chi sia stato l autore di quel messaggio: il solo soggetto a disporre della chiave privata con cui è stato cifrato. Si tratta, di fatto, della medesima tecnologia su cui si fonda il funzionamento della firma digitale. E esattamente sulla combinazione dei principi appena illustrati che si fonda anche una transazione in bitcoin. Nel momento in cui un soggetto si connette alla rete bitcoin, aprendo un proprio portafoglio, semplicemente crea all interno di esso un certo numero di coppie di chiavi crittografiche. Di queste, quella privata rimane - ovviamente - segreta e nella esclusiva disponibilità del titolare, che la utilizzerà nel momento in cui egli intenda inviare bitcoin a terzi, mentre quella pubblica viene condivisa con gli altri utenti, i quali possono usarla come 'indirizzo di destinazione' di una transazione (come fosse un codice IBAN). Trasferire un certo quantitativo di bitcoin ad una determinata chiave pubblica significa da un lato rendere noto a tutti il quantitativo trasferito, ma dall altro avere la certezza che solo un soggetto potrà poi spenderli : il titolare della corrispondente chiave privata.

2 E evidente che questo lavoro di verifica delle corrispondenze tra chiavi pubbliche e private dev essere effettuato da qualcuno, soprattutto al fine di evitare che una medesima quantità di bitcoin venga trasferita dallo stesso soggetto, due volte, a due soggetti diversi. Ma, mentre nel sistema tradizionale dei pagamenti questa verifica viene effettuata da una autorità centrale (una banca o un Istituto a ciò deputato), nel sistema delle criptovalute (come spiega l anonimo creatore dei bitcoin - tale Satoshi Nakamoto) ove non esiste alcuna autorità centrale L'unico modo per confermare ( ) una transazione è essere a conoscenza di tutte le transazioni.. Ciò è possibile grazie alla totale trasparenza e pubblicità del registro ove vengono annotate tutte le transazioni (chiamato blockchain ) nel il quale i c.d. miners (nodi minatori) verificano la correttezza delle transazioni in bitcoin attraverso quel procedimento che nei bitcoin viene chiamato 'proof of work' ma che può avvenire con modalità differenti in altre criptovalute. Non è questa la sede per descrivere nel dettaglio questo procedimento, ma ciò che ai nostri fini interessa è che esso non è istantaneo, ma richiede tempo per essere effettuato. Torneremo più tardi su questo aspetto. Si è parlato inoltre di una totale trasparenza e pubblicità del registro che renderebbe tutte le transazioni di bitcoin pubbliche e tracciabili. Ma occorre intendersi sul significato del termine 'tracciabile. In verità, la blockchain tiene traccia unicamente della quantità di bitcoin trasferita e come ho detto prima - delle chiavi crittografiche rispettivamente riconducibili al cedente ed al ricevente, ma nulla può assicurare in ordine alla effettiva riferibilità di tali chiavi ad un soggetto precisamente identificato. Il che significa che, nonostante tali indirizzi di bitcoin siano pubblici e chiunque possa vedere tutte le transazioni che fanno capo ad ogni singolo indirizzo presente nella blockchain, essi costituiscono in sostanza solo una anonima sequenza alfanumerica. Non esiste, insomma, alcun sistema che consenta di collegare con certezza un determinato indirizzo ad un determinato soggetto fisico ben identificato. Nemmeno colui che esegue una transazione in bitcoin può essere assolutamente certo della effettiva titolarità dell indirizzo di destinazione. Chi effettua una transazione in bitcoin, infatti, effettua un trasferimento ad un indirizzo alfanumerico che gli viene comunicato dal destinatario. Ma ciò può solo condurre ad una mera presunzione che detto indirizzo anche appartenga a detto destinatario, poichè in verità la blockchain non assicura alcuna certezza sul punto. I bitcoin sono una valuta? Ricostruito per sommi capi il funzionamento di una transazione in bitcoin (che ricorda dal punto di vista tecnico molto da vicino un bonifico bancario) possiamo ora chiederci se i bitcoin siano o meno una valuta e quindi uno strumento di pagamento. Se partissimo dalla stessa definizione fornita dal loro ideatore, Satoshi Nakamoto, dovremmo definire i bitcoin come Una versione (...) di denaro elettronico (che) consentirebbe di inviare pagamenti online direttamente da una parte all'altra senza passare attraverso un istituto finanziario.. Insomma: nell intenzione degli ideatori si tratta quindi di uno strumento di pagamento vero e proprio e, quindi, di una valuta. I dubbi tuttavia non mancano, anche in considerazione del fatto che talune voci (anche autorevoli es. Mario Draghi) hanno di recente sollevato subbi sulla possibilità di qualificare i bitcoin come una valuta, ed altre hanno addirittura assimilato tali entità immateriali a delle commodity e quindi a beni dal valore tendenzialmente instabile e molto sensibile alla legge della domanda e dell offerta. Ma allora, i bitcoin sono una valuta (e quindi uno strumento di pagamento)? Oppure sono una merce di scambio (suscettibile di essere permutata con altri beni)? In verità il confine è assai labile. La dottrina economica infatti, insegna che il denaro altro non è se non l unico bene che può essere scambiato con qualsiasi altro bene.

3 Il denaro nasce, insomma, proprio come strumento che funge da intermediario negli scambi, la cui funzione è sempre stata quello di superare le limitazioni proprie di un sistema come il baratto attraverso la scissione dello scambio (permutativo) proprio del baratto in due operazioni distinte: in primo luogo la cessione di un bene (o di un servizio) in cambio di un bene intermedio (il denaro), dotato della caratteristica di essere largamente diffuso ed accettato, e quindi l impiego successivo di questo bene intermedio per l acquisto di altri beni o servizi. Questa caratteristica di bene intermedio rappresenta una delle funzioni tipiche (se non la principale) della moneta individuate dai classici: la funzione di mezzo di scambio. Essa, tuttavia, non è l unica caratteristica necessaria di una moneta, posto che in economia si è soliti associare alla funzione di mezzo di scambio della moneta anche quella di riserva di valore. Del resto, se la principale funzione della moneta deve essere quella di mezzo di scambio intermedio nelle contrattazioni, tale ruolo implica anche che una certa quantità di moneta debba essere trattenuta e conservata nel tempo per poterne poi fare successivamente fare uso. Una moneta, quindi, deve saper fungere da mezzo di scambio, ma deve anche essere facilmente conservabile. Occorre riconoscere ai bitcoin (così come a molte altre criptovalute) entrambe queste caratteristiche. Essi sono certamente un mezzo di scambio (essendo nati per questo) astrattamente idoneo a mantenere una riserva di valore (i bitcoin rimangono nel portafoglio virtuale in attesa che il titolare ne disponga la spesa), e ciò appare sufficiente a conferire agli stessi la funzione (e quindi la natura giuridica) di valuta. Certamente non si disconosce il fatto che il loro valore (almeno attualmente) sia assolutamente instabile e soggetto a forti oscillazioni, soprattutto di natura speculativa, tuttavia nemmeno le valute aventi corso legale in taluni Stati sono del tutto esenti da oscillazioni, anche piuttosto importanti. Si pensi al crollo del rublo russo, che nel 2014 si svalutò di oltre il 50% in un anno, o ancora al manat azero che nel 2015 subì una quasi analoga svalutazione. Eppure non per questo cessano di essere considerate valute. I bitcoin e le criptovalute in genere, quindi, a mio avviso potranno quasi certamente essere considerate una valuta rischiosa e magari poco adatta per costituire la base di una economia di mercato di una Nazione, ma pur sempre una valuta. Non trattandosi, ovviamente, di valuta avente corso legale (non essendovi alcuno Stato che - attualmente - abbia conferito ai bitcoin tale qualifica) essa andrà qualificata necessariamente come valuta complementare, che viene definita dalla dottrina economica come un mezzo di scambio accettato ed utilizzato all interno di un gruppo, di una rete, di una comunità per facilitare e favorire lo scambio di merci, la circolazione di beni e servizi all interno di quella rete sociale.. Invero, l assimilazione dei bitcoin ad una valuta vera e propria sta assumendo sempre maggiore seguito. Ne sono esempi: Corte Giustizia UE, sez. V, 22 ottobre 2015, causa C-264/14, la quale - partendo dall assunto che e pacifico che la valuta virtuale «bitcoin» non abbia altre finalita oltre a quella di un mezzo di pagamento e che essa sia accettata a tal fine da alcuni operatori - esclude dall ambito di applicazione dell IVA le "prestazioni di servizi che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unita della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa ; Risoluzione Agenzia Entrate n. 72/E del 2 settembre 2016, la quale - richiamando la pronuncia della Corte Europea sopra citata - ribadisce che le operazioni tramite bitcoin rientrano "tra le operazioni relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio ( ), avendo la funzione di mezzo di pagamento alternativo ai mezzi di pagamento tradizionali.

4 Il Parlamento europeo, che il 19 aprile 2018 ha approvato nuove misure antiriciclaggio e antiterrorismo. Il Parlamento ha stabilito che i prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali e i prestatori di servizi di portafoglio digitale per le valute virtuali dovranno applicare, come già succede per le banche, controlli sistematici e requisiti di verifica sulla propria clientela per porre fine al regime di anonimato associato alle valute virtuali. Anche tali piattaforme e prestatori di servizi dovranno essere registrati, così come i tradizionali cambiavalute. La disciplina applicabile ai bitcoin Se, dunque, ai bitcoin può essere riconosciuta la natura di valuta (ancorchè complementare), allora sarà possibile scorgere anche quella che mi appare essere la più corretta disciplina giuridica da applicare ai trasferimenti di beni effettuati in cambio di bitcoin. Com è noto, infatti, ciò che distingue la permuta dalla compravendita è la presenza caratterizzante - nella seconda - di un prezzo, ossia di un corrispettivo in denaro in funzione di immediato controvalore dei beni ceduti (art c.c.). Ne discende che l obbligazione del pagamento del prezzo di una compravendita costituisce una debito di valuta (Cass. 96/10069), con conseguente applicazione di quanto previsto dagli artt e seguenti c.c. in tema di obbligazioni pecuniarie. Se dunque è vero che il principio di base, posto dall articolo 1277 c.c., prevede che i debiti pecuniari si estinguano con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento ( ), è anche vero che tale principio può essere validamente derogato dalla volontà delle parti, posto che gli artt e 1279 c.c. prendono espressamente in esame il caso in cui sia convenuto il pagamento in una moneta non avente corso legale nello Stato. Tali articoli tuttavia pongono se applicati alle criptovalute - un ulteriore interessante problema. Essi infatti (seppure con talune limitazioni) assicurano comunque al debitore la facoltà di pagare in valuta legale l'obbligazione originariamente prevista in valuta diversa, e ciò facendo riferimento al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento. La domanda allora, diventa la seguente: esiste un valore o tasso di cambio ufficiale dei bitcoin o delle altre criptovalute in generale? L'unica risposta attuale sono gli Exchange. Gli Exchange sono semplicemente delle piattaforme internet attraverso le quali è possibile scambiare le valute virtuali con le monete tradizionali. E possibile per esempio trasformare i bitcoin in euro e viceversa. Sono di fatto gli ordinativi raccolti da queste piattaforme a contribuire a determinare il valore della criptovaluta. Maggiore, infatti, è la domanda di una criptovaluta, maggiore sarà il rialzo del suo valore nel mercato, il tutto secondo le normali logiche della domanda e dell offerta. Sia ben chiaro, tuttavia, che quanto sopra descritto avviene in un ambiente tutt altro che regolamentato ed al cui interno pertanto partecipano operatori talvolta di scarsa affidabilità o, nella migliore delle ipotesi, grandi speculatori. Risale a novembre 2017 la notizia che in Zimbabwe - dopo che i militari avevano assunto il potere con una sorta di colpo di Stato - l acquisto di bitcoin era in quei giorni aumentato esponenzialmente, forse perchè considerato una sorta di bene rifugio, e ciò aveva fatto sì che una locale piattaforma di Exchange chiamata Golix scambiasse bitcoin al valore di oltre ,00 dollari per ciascun BTC,

5 laddove il prezzo medio nel resto del mondo si attestava in quello stesso periodo a circa 7.000,00 dollari. Non esiste, insomma, ad oggi una quotazione ufficiale dei bitcoin, ma solo molteplici quotazioni da parte di numerosi Exchange, i quali contribuiscono in maniera più o meno determinante (sulla base dei loro volumi di scambio) a fissare il valore medio globale. Dobbiamo allora concludere che l assenza di un corso di cambio ufficiale determini l impossibilità di applicare ai bitcoin (ed alle criptovalute in genere) i principi di cui agli arti e seguenti c.c.? La risposta appare negativa. Gia da tempo, infatti, la dottrina (in particolare ASCARELLI, Delle obbligazioni pecuniarie, Bologna-Roma, 1959) ha precisato che è facoltà riconosciuta alle parti quella di derogare convenzionalmente alla disciplina legislativa, sia fissando pattiziamente il corso di cambio, sia individuando in modo autonomo il corso di cambio diverso da quello ufficiale a cui fare riferimento. Indicazioni operative. Alla luce di quanto fin qui esposto, mi pare possibile avviare questa disamina alla conclusione, con alcune indicazioni di tipo più operativo. Ecco che allora, il notaio che dovesse essere richiesto di ricevere una compravendita il cui prezzo sia determinato in tutto o in parte in criptovaluta dovrà, a mio avviso, opportunamente tener conto: 1) dell opportunità di prevedere la possibilità (più o meno vincolata) per il debitore di liberarsi (in via alternativa o facoltativa) dell obbligazione in criptovaluta mediante il pagamento in valuta avente corso legale; se non addirittura preferibile potrebbe apparire redigere l atto con obbligazione principale in valuta legale (Euro), prevedendo la criptovaluta come opzione alternativa o facoltativa; 2) del rischio (strettamente collegato al punto precedente) di mutamento del valore della criptovaluta nel tempo; rischio che sarà maggiore quanto maggiore sarà il lasso di tempo concesso al debitore per estinguere l obbligazione; 3) ma anche del rischio di mutamento del valore della criptovaluta a fronte di un possibile ritardo nell adempimento. Nella gestione delle problematiche connesse al mutamento del valore della criptovaluta nel tempo il notaio dovrà illustrare alle parti le diverse conseguenze (in termini di conservazione del potere d acquisto) tra il prevedere già in atto un tasso di cambio fisso e determinato, ovvero in alternativa nel far riferimento in atto al tasso di cambio tempo per tempo vigente al momento di esecuzione del pagamento. In tale secondo caso sarà opportuno che il notaio inviti le parti a stabilire di comune accordo a quale Exchange fare riferimento per la determinazione del valore della criptovaluta, curando di sceglierne almeno anche uno alternativo per il caso (non impossibile) di sopravvenuta indisponibilità (cioè chiusura) del primo Exchange scelto dalle parti. 4) del tempo materialmente necessario affinché si perfezioni la transazione in criptovaluta. Anche nel caso, infatti, di pagamento contestuale, il notaio dovrà tener conto del fatto che una transazione in criptovaluta in realtà richiede tempo per essere confermata dal sistema. Essa può dirsi definitivamente accettata da esso solo quando viene validata dai miners ; attività questa che può richiedere anche molto tempo. Ad esempio, verso la fine del 2017, in pieno entusiasmo generale per tutte le criptovalute e quindi nel vero e proprio boom registratosi sui volumi di scambio, una transazione in bitcoin pur già dotata di proprio identificativo nella blockchain poteva richiedere anche 4 o 5 ore prima di essere validata dal numero sufficiente di nodi tali da ritenerla definitiva. Il problema a ben vedere, non appare affatto dissimile da quelli che già interessano oggi gli studi notarili allorquando una parte del prezzo venga pagato con un bonifico solamente disposto, ma non

6 ancora accreditato sul conto del beneficiario. Disporre del codice CRO, infatti, (che nel mondo delle criptovalute equivale all identificativo della transazione) non necessariamente significa avere la sicurezza che quella transazione sia andata a buon fine. In simili casi è opportuno che il Notaio chiarisca alle parti le conseguenze dell inserimento di una quietanza in atto pur in assenza di conferma definitiva della transazione in criptovaluta. Ma le indicazioni operative che desidero maggiormente raccomandare non attengono unicamente al momento della stipula, ma anche (e soprattutto) al momento precedente o successivo. Mi riferisco in particolare alle problematiche antiriciclaggio che una transazione in criptovaluta può determinare. Ho già avuto modo di dare notizia dell attenzione che le Istituzioni (anche Comunitarie) stanno ponendo sulle transazioni in criptovalute, ma già oggi gli obblighi di adeguata verifica, prescritti dal D.Lgs n.231/2007 e s.m.i., impongono ai notai (come anche ai commercialisti, avvocati, associazioni di categoria, patronati, ecc.) di procedere all'identificazione del cliente o del titolare effettivo. Il titolare effettivo (è bene ricordarlo) non è (sempre) la persona fisica che sta dinnanzi al notaio, ma è la persona fisica, anche diversa dal cliente, nel cui effettivo interesse l operazione è effettuata. Nell identificare il titolare effettivo, di norma, il notaio, in base all indice di rischio attribuito al cliente e alla sua prudente valutazione, deve procedere decidendo (alternativamente o cumulativamente) di fare propria una dichiarazione in tal senso ottenuta dal cliente, o di effettuare delle autonome verifiche. L uso in una transazione di strumenti di pagamento anonimi, come i bitcoin o le criptovalute, appare a chi scrive condizione sufficiente per invitare il professionista all'estrema prudenza. L aspetto più delicato, infatti, e che forse qui maggiormente interessa, è costituito dalla compatibilità di una transazione in bitcoin (o in altra criptovaluta) con la normativa che disciplina l uso del contate. Com è noto, infatti, l'articolo 49, comma 1 del D.Lgs. 231/2007 (nella sua formulazione vigente) dispone che e vietato il trasferimento di denaro contante effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, siano esse persone fisiche o giuridiche, di importo pari o superiore a 3.000,00 euro. Parimenti è vietato l uso di titoli al portatore. A mio modo di vedere, la natura stessa dei bitcoin (e delle altre criptovalute) nonché la loro modalità di funzionamento, consentirebbero di assimilare tali strumenti di pagamento al contante, ed i relativi portafogli virtuali a titoli al portatore. Del resto così com'è possibile trasferire fondi da un libretto al portatore, non solo prelevandoli da esso per poi versarli a terzi (con conseguente registrazione bancaria nel movimento), ma anche semplicemente consegnando materialmente al destinatario il libretto stesso, così è possibile trasferire dei bitcoin non solo effettuando una transazione (che verrebbe scritta sulla blockchain), ma semplicemente consegnando al destinatario le credenziali per accedere ad un certo portafoglio; in altre parole consegnandogli la titolarità di quella coppia di chiavi asimmetriche che consente di disporre di quei bitcoin. In tal caso, quindi, nessuna registrazione (nemmeno nella blockchain) avverrebbe della transazione effettuata, ma avverrebbe ugualmente il trasferimento di ricchezza'. Nè, a risolvere il problema, varrebbe il tracciamento dell operazione da parte del notaio, posto che, ad avviso di chi scrive, il notaio non può e non deve limitarsi ad esaminare una singola fase dell operazione (e precisamente solo quella che si svolge dinnanzi a sé), ma deve chiedersi se anche le fasi antecedenti e successive dell operazione che egli compie siano intervenute o siano

7 destinate ad intervenire per mezzo o sotto il controllo di altri soggetti parimenti tenuti al rispetto della normativa antiriciclaggio. Se allegare ad un contratto di vendita la fotocopia delle banconote utilizzate per il pagamento (cristallizzando, quindi, il relativo numero di serie) non significa affatto rendere tracciabile un pagamento in contanti, così allora non può ritenersi sufficiente citare gli estremi di registrazione sulla blockchain di una transazione in criptovaluta per poterla definire tracciata'. Insomma, compito del notaio (in quanto baluardo della sicurezza dei traffici giuridici) appare essere anche quello di valutare se l operazione si inserisca del quadro di un flusso economico tracciato (ma nel vero senso della parola) o se i clienti, una volta usciti dallo studio, siano tranquillamente nelle condizioni di alterare (senza alcuna forma di controllo) il risultato economico dell operazione posta in essere. Se questi sono i principi ispiratori della normativa antiriciclaggio, una transazione in bitcoin (o in altre valute) se superiore al noto importo, parrebbe, quantomeno nello spirito della legge, violare la normativa sopra richiamata in tema di limitazione nell uso del contante, con tutti gli obblighi di segnalazione ivi previsti (articolo 51, comma 1 del D.Lgs. 231/2007). Nella speranza di aver offerto un quadro il più possibile completo del fenomeno, concludo e vi ringrazio per l attenzione.