Non solo musulmani: la sfida del nuovo pluralismo religioso

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1 Non solo musulmani: la sfida del nuovo pluralismo religioso Ortodossi, induisti, mormoni, evangelici di origine africana e asiatica, sikh: così la Direzione per gli Affari dei culti ha aggiornato il suo lavoro alla rapida evoluzione della scena religiosa italiana negli ultimi cinquant anni di Giovanna Maria Iurato Ministero dell Interno - Direttore centrale per gli Affari dei culti Gli eccezionali cambiamenti della scena religiosa italiana negli ultimi 50 anni hanno generato una nuova cultura di attenzione e intervento Le attività della Direzione centrale per gli Affari dei culti presso il Dipartimento per le Libertà civili e l Immigrazione del Ministero dell Interno sono strettamente connesse con la storia e l evoluzione dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla cattolica. Le norme contenute nella legislazione sui culti ammessi (Legge 24 giugno 1929, n.1159, Disposizioni sull'esercizio dei culti ammessi nello Stato e sul matrimonio celebrato davanti ai ministri dei culti e R.D. 28 febbraio 1930, n.289) regolano infatti le procedure per il riconoscimento giuridico degli Enti che hanno una specifica finalità confessionale nonché l approvazione della nomina dei ministri di culto ai fini del compimento di atti giuridici con effetti anche per l ordinamento italiano. Ma queste funzioni così delicate, la cui attualità persiste tutt oggi, devono essere declinate tenendo conto del nuovo pluralismo religioso che negli ultimi trent anni ha profondamente mutato il quadro sociale di riferimento, determinando eccezionali cambiamenti della scena religiosa italiana negli ultimi 50 anni. Quando fu concepita la legislazione sui culti ammessi, infatti, il pluralismo religioso italiano si limitava a comprendere poche e ben radicate presenze: i nuclei valdesi un tempo concentrati in alcune valli del Piemonte ma poi attivi anche nel Mezzogiorno e nelle principali città italiane; altri gruppi di evangelici battisti, metodisti, pentecostali, avventisti del settimo giorno che cre- 36

2 scevano soprattutto nel Mezzogiorno; nuclei storici di luterani e ortodossi greci, questi ultimi presenti soprattutto a Venezia e in alcuni centri dell Adriatico, e ancora comunità ortodosse nel meridione, come a Bari, Taranto, Cosenza. La situazione si modifica rapidamente nel dopoguerra, in un quadro costituzionale che pone l accento sulla uguale libertà di tutte le confessioni religiose davanti alla legge e riconosce alle varie confessioni la possibilità di regolare per legge i rapporti con lo Stato sulla base di intese (art.8). In questi anni, esauritasi l ostilità del precedente regime nei confronti di alcuni culti di derivazione americana, si registra la crescita di testimoni di Geova, pentecostali ed evangelici in genere. I programmi di formazione dei ministri del culto tendono a sostenere leadership capaci di relazionarsi con le istituzioni civili La svolta degli anni 80 Ma la svolta più rilevante arriva con i primi anni 80 che, anche a causa dei flussi migratori, determinano l affermarsi in Italia di quello che si usa definire il nuovo pluralismo religioso. Rilevante non solo per ragioni numeriche e quantitative, ma soprattutto per la novità di alcune presenze confessionali. Se il dato più importante oggi riguarda l Islam che in Italia raccoglie una comunità di circa 1,6 milioni di membri, il nuovo pluralismo religioso comprende induisti, buddhisti, gruppi di varie religioni orientali, mormoni, evangelici di origine africana e asiatica, Però, l altra presenza confessionale più rilevante, oltre quella islamica, è costituita dagli ortodossi rumeni, che negli ultimi anni si sono imposti come una delle più numerose confessioni religiose presenti in Italia, forte di circa 1,2 milioni di membri. La confessione ortodossa rumena è stata di recente riconosciuta ai sensi dell articolo 8 della Costituzione e in base alla normativa della Legge 1159/1929. Uno scenario così profondamente mutato ha inciso anche sulle attività della Direzione centrale per gli Affari dei culti che, pur mantenendo i tradizionali compiti istituzionali, ha ritenuto di doversi dare un assetto adeguato a gestire la complessità dei nuovi processi in atto nella scena religiosa nazionale. Ha quindi istituito un Osservatorio che raccoglie dati sulla dinamica del nuovo pluralismo religioso e i soggetti confessionali che la determinano. Al tempo stesso ha varato programmi di formazione inediti e innovativi come quello di formazione dei ministri di culto, teso a sostenere la leadership delle varie comunità religiose nel loro percorso di relazione nei confronti delle istituzioni nazionali e locali. 37

3 L integrazione buona parte dal processo di dialogo e conoscenza reciproca: solo così si possono superare gli oggettivi ostacoli culturali Questi programmi rispondono inoltre a un altra finalità, sempre più importante nella società interculturale, che è quella di promuovere un dialogo interreligioso. Un dialogo che favorisca conoscenza reciproca tra religioni e tradizioni diverse e lontane tra loro e permetta di creare luoghi di incontro tra tutte le confessioni importanti ai fini della coesione sociale, oggi messa in discussione dai fermenti tipici di una società in continua evoluzione. Un caso di studio Va nello stesso senso il rapporto che si è stabilito tra la Direzione e alcune comunità di più recente insediamento quali, ad esempio, i sikh. Si tratta di un gruppo consistente, che alcune ricerche stimano composto da circa 80mila persone, in assoluta maggioranza indiani provenienti dalla regione del Punjab. Vari studi definiscono il loro radicamento in Italia l integrazione buona, caratterizzata da alta propensione al lavoro, forte coesione familiare, disponibilità al dialogo interculturale, riconosciuta generosità nel rispondere agli appelli in occasione di calamità naturali come terremoti o alluvioni. Nonostante tutti questi elementi positivi, però, nel percorso teso al riconoscimento giuridico di questa confessione sono intervenute due criticità: la prima determinata dalla pluralità della leadership che fatica ad esprimersi con una voce unitaria e rappresentativa delle varie comunità locali; la seconda, legata alla tradizione che impone ai maschi della comunità di portare con sé un coltello rituale, il kirpan, sia pure con il divieto religioso di utilizzarlo a scopo offensivo. Sul punto è il caso di segnalare il fatto che sia i rappresentanti dei Sikh, sia le competenti autorità amministrative, cercano di fare in modo che il coltello rituale assuma una conformazione sempre più simbolica proprio per evitare che esso incorra nel divieto normativo di portare armi. Citiamo la vicenda dei sikh come emblematica di un modus operandi della Direzione che si è fatta carico del compito di una mediazione culturale per spiegare ai vertici della comunità che le esigenze di sicurezza e di tutela generale sono più forti della loro necessità rituale di portare con sé il pugnale kirpan. Ne è nato un dialogo che speriamo costruttivo e che, comunque, ha fatto emergere la serietà e il senso di responsabilità con cui le rappresentanze sikh stanno affrontando il problema del riconoscimento giuridico. 38

4 Questo esempio ci porta alle conclusioni. Il nuovo pluralismo religioso ha una rilevanza anche sociale e le comunità di fede finiscono per avere un ruolo primario nella costruzione di percorsi di integrazione e di cittadinanza attiva. Rivestire un ruolo proattivo in questo processo è la sfida che abbiamo di fronte. Alla scoperta delle comunità di fede italiane: l Osservatorio per le politiche religiose Per conoscere la galassia delle tante e diverse comunità di fede presenti nel nostro Paese è stata promossa una rilevazione che ha permesso di costituire un apposito Osservatorio per le politiche religiose in Italia. Il Ministero dell Interno ha indirizzato a tutte le Prefetture due distinte circolari per esplorare la complessità del mondo islamico e degli altri culti di minoranza che formano oggi il variegato quadro del nuovo pluralismo religioso italiano. L Osservatorio non è propriamente un censimento delle comunità religiose presenti sul nostro territorio, ma un invito al dialogo e al confronto rivolto alle confessioni perché si aprano alle istituzioni e si manifestino, mettendo in rilievo le proprie straordinarie potenzialità sociali. La Direzione centrale degli affari dei culti ha predisposto a tal fine una serie di questionari, veicolati attraverso le Prefetture e indirizzati alle comunità di fede. Per effettuare un operazione del genere, senza interferire con l autonomia degli interlocutori e al contempo per consentire alle Prefetture di acquisire dei dati verosimili, è stata avviata un attività di rilevazione con modalità flessibili, in modo da intercettare anche le specificità delle diverse comunità di fede coinvolte e le differenti esigenze delle varie realtà territoriali. Ogni Prefetto ha poi trasmesso al Ministero l esito di queste rilevazioni e i dati sono stati raccolti ed elaborati a livello centrale. Ne è emerso un interessantissimo spaccato dell attuale situazione del pluralismo religioso in Italia, rappresentato sulla base di quello che le diverse comunità aderenti al progetto hanno voluto raccontare. Oltre realtà religiose hanno partecipato all iniziativa, rispondendo all invito del Ministero dell Interno da tutto il territorio nazionale. Sono venute in evidenza innanzi tutto le comunità storicamente presenti: quella ebraica radicata soprattutto in alcune città, come Roma, Milano, Napoli e Venezia; le presenze del 39

5 mondo evangelico nelle sue varie ramificazioni e in particolare nelle nuove componenti pentecostali, la cui proiezione è prevista in aumento nel prossimo futuro; le varie branche dell ortodossia che fanno riferimento per lo più ai Paesi di provenienza, in cui si registra una forte presenza rumena; i testimoni di Geova, presenti e strutturati a livello nazionale. La novità più rilevante che suggerisce di approfondire la riflessione su questo fenomeno è costituita dall aumento nel nostro Paese, anche a seguito dei flussi migratori, di nuove presenze religiose, fra le quali ad esempio il Sikhismo e più in generale le religioni orientali che registrano una certa espansione. Un elemento su cui la Direzione centrale degli affari dei culti ha focalizzato l attenzione è rappresentato inoltre dalla consistente presenza delle comunità musulmane, che da sole rappresentano circa un terzo del totale: emerge peraltro come nella maggioranza dei casi esse si presentano ufficialmente come associazioni culturali o enti no profit, senza valorizzare adeguatamente il profilo religioso che le connota. La conoscenza è certamente fondamentale non solo per vincere la diffidenza e la paura dell altro, ma anche per elaborare strategie efficaci in grado di fornire risposte pertinenti all attuale complessità dei fenomeni. Per effetto del contributo che le diverse comunità di fede hanno voluto offrire aderendo al progetto dell Osservatorio, abbiamo oggi uno strumento di conoscenza che permette di alimentare concretamente il dialogo tra le istituzioni e le confessioni religiose, valorizzando anche profili di coesione sociale e sicurezza che si declinano tanto più efficacemente quanto più queste realtà sono integrate nel tessuto sociale, aperte a una consuetudine di rapporti con lo Stato e alleate delle istituzioni nella prevenzione e nel contrasto di fenomeni di estremismo violento e fondamentalismo religioso. (scheda curata da Alessio Sarais) 40

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