BRUNO FORNARA. Facebook /pages/bruno-fornara/ Mail I CORSI. Il linguaggio cinematografico
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- Agnese Longhi
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1 BRUNO FORNARA Ha fatto studi classici ed è stato insegnante di materie letterarie. Da anni fa il critico cinematografico. Dal 1978 al 2008 è stato presidente della Federazione Italiana Cineforum e direttore editoriale della rivista «Cineforum». Scrive su «FilmTV», «Rockerilla», «La Rivista del Cinematografo» e «Cineforum». Ha scritto Charles Laughton: La morte corre sul fiume e Geografia del cinema: viaggi nella messinscena. Ha lavorato per molti anni al Bergamo Film Meeting. Collabora al Torino Film Festival. Ha lavorato a Ring!, primo festival della critica cinematografica, e al Festival di Alba. Fa parte della commissione selezionatrice della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Dal 1994, insegna cinema alla Scuola Holden di Torino. Facebook /pages/bruno-fornara/ Mail bruno.fornara@gmail.com I CORSI Il linguaggio cinematografico Il cinema è uscito dalla sala buia, suo luogo di nascita, ed è arrivato nelle case, attraverso la televisione e le videocassette. Ma come andare oltre il livello narrativo e il livello tematico quando guardiamo un film? Scopo di questo corso è il presentare alcuni concetti di base per un approccio efficace al linguaggio delle immagini. I temi delle lezioni Entrare nel film, L'immagine cinematografica e la messa in scena, Il segno e il senso, Lo spazio, Il tempo, Il film come costruzione, selezione, finzione indicano un percorso che parte dal rapporto tra lo spettatore e il film; arriva ad analizzare il punto essenziale dello stretto legame che si istituisce tra i segni, i codici linguistici del cinema, ed il senso che essi veicolano; passa ad esaminare i punti chiave del lavoro di messa in scena: l'immagine, lo spazio ed il tempo; approda infine all'universo della narrazione. La narrazione Cosa c'è dentro un film? C'è anzitutto una storia, messa bene in vista. La fortissima impressione di realtà su cui il cinema basa il proprio potere di fascinazione deriva dallo stretto rapporto che lega, dentro il film, gli elementi del linguaggio con gli elementi della narrazione. Ed è la narrazione ad essere posta in primo piano. Ma come è organizzata una storia dentro un film? Qual è il rapporto tra il livello del racconto e quello del linguaggio e della messa in scena? Dallo spessore del testo deriva il piacere dello spettatore detective. Il corso è basato sull'analisi di due film, Il cavaliere della valle solitaria (1952) di George Stevens e La morte corre sul fiume (1955) di Charles Laughton: un western (quasi) classico, scelto come esempio di film di genere che nasconde (e lascia scoprire) sotto la scorza 1
2 dei luoghi canonici molte altre cose; un noir che trapassa nella fiaba e nell'incubo, e che non finisce mai, visione dopo visione, di rilasciare nuovi sensi e di provocare altre sensazioni (d'altra parte, estetica non vuol dire proprio sensazione?). Geografia del cinema 1 La messa in scena trasparente, le attrazioni del montaggio Guardiamo al cinema come a più continenti, i cui confini sono andati fissandosi lungo l'arco di un secolo. In questa immaginaria cartina geografica esploreremo i quattro più grandi continenti (due in questo corso, due in un altro), ad ognuno dei quali corrisponde un'idea di cinema, un'idea di messa in scena. Il continente più esteso è quello della trasparenza, del cinema che nasconde il complesso lavoro linguistico dietro il vetro di una messa in scena che c'è ma non si vede, un modo di far cinema fissato verso gli anni Trenta ad Hollywood. La nostra esplorazione parte dai primi racconti per immagini; fa tappa presso il cinema classico; confronta questa idea dominante di cinema con altre idee, come quella neorealista; giunge infine ad incontrare la trasparenza di oggi. Nell altro continente la messa in scena si vede e come pure il rigoroso principio ispiratore che il montaggio esibito, l'accostamento, lo scontro dei materiali (immagini e suoni) siano le chiavi di volta della messa in scena. Partiamo da Ejzenstein, saltiamo a De Palma, e via fino a Godard e ad altri bei nomi Geografia del cinema 2 Il cinema del piano sequenza, il cinema della fissità Due altre idee di messa in scena: quella che vede nella mobilità dell'occhio e nella continuità dello sguardo il modo più appropriato per creare un mondo e muovercisi dentro; quella che sceglie di guardare al suo mondo con il rigore dell'osservatore lontano, l'eliminazione del movimento, con la moralità giansenista di uno sguardo immobile. Cinema del piano sequenza: è Orson Welles ad aver trasformato il movimento della mdp in una nuova maniera di descrivere il mondo. Ma anche prima di Welles esistevano il piano sequenza e la profondità di campo: Borzage, Murnau, Renoir Dopo Welles vengono Hitchcock, Ophuls, Minnelli, Mizoguchi, Antonioni, i nuovi cinema dagli anni Sessanta in poi e il cinema degli anni Ottanta... Cinema della fissità: il cinema è cominciato qui. La macchina da presa è nata immobile; lo sguardo del cinema si è aperto su una scena fissa, osservata con l'occhio di uno spettatore teatrale. Dalla fissità obbligata degli inizi si è passati alla scelta della fissità e della rarefazione della segmentazione. Chaplin, Keaton e Ford, tra i classici. Rossellini e Ozu, Rohmer, De Oliveira e anche Kubrick e Godard hanno detto la loro... Cinema e Storia Il Novecento italiano visto dal cinema Si può andare a lezione di Storia dai film? Può essere il cinema un documento storico? Come parla di Storia il cinema? A queste domande si cerca di rispondere con l analisi di una serie di film che partono dall inizio del secolo breve e giungono fino agli anni vicini a noi. Ogni film è visto come un documento complesso che ci parla sia del periodo storico in cui sono ambientate le vicende raccontate, sia del periodo storico in cui il film è stato pensato e realizzato. Durante il corso si fa riferimento ad alcuni tra i più bei film italiani, a partire da Senso (1954) di Luchino Visconti, poi La marcia su Roma (1962) di Dino Risi e Vecchia guardia (1935) di Alessandro Blasetti, che raccontano il fascismo dagli anni Sessanta e da dentro il fascismo stesso. I compagni (1963) e La grande guerra (1959) di Mario Monicelli ragionano oltre che sulla Storia anche sulla questione, sempre aperta, dei nostri caratteri nazionali. La Seconda guerra mondiale in Roma città aperta (1945) e Paisà (1946) di Rossellini. Negli anni Cinquanta, il cinema italiano tace quasi del tutto sulla nostra Storia. Alla fine del decennio il cinema si interroga di nuovo sul passato, ancora con il Rossellini di Il generale Della 2
3 Rovere (1959) e poi con il felicissimo ritratto di un italiano (Sordi!) in uno dei punti alti della commedia italiana, Una vita difficile (1962) di Risi. Negli anni Settanta e Ottanta, film come C eravamo tanto amati (1974) di Ettore Scola e La notte di San Lorenzo (1982) dei fratelli Taviani mettono invece in racconto la lontananza, la memoria, addirittura l epos mitico di una guerra di liberazione che è stata anche guerra civile. Cinema e Storia Ma l'italia s'è desta? ( ) Fare Storia e lezione di Storia con il cinema. In che maniera e fino a che punto un film narrativo può diventare testimone di storia e può esserci utile come documento per ricostruire un periodo storico? E come il cinema italiano ha raccontato la nostra Storia tra Ottocento e Novecento? Come i film italiani hanno messo in racconto le nostre storie, le nostre passioni, i nostri vizi? Come hanno rappresentato noi italiani davanti e dentro le vicende storiche? E in che modo i protagonisti della commedia all'italiana, così italiani e così simili a noi, hanno attraversato uno dopo l'altro tutti i disastri della nostra Storia? Si passa da Senso di Visconti, a I compagni e La grande guerra di Monicelli, a La marcia su Roma di Risi. E poi ai film di Rossellini, di De Sica e ai capolavori degli anni del boom economico. Un viaggio nelle immagini che hanno fatto Storia e che parlano di noi. Cinema italiano e storia d'italia ( ) Altri cinquant'anni di Storia italiana. Dal boom dei primi anni Sessanta a oggi. Il cinema continua a raccontare e a raccontarci. Come sempre questo è il suo compito si interroga e ci fa domande. Cosa succede nell'italia che si lascia definitivamente alle spalle la guerra e la ricostruzione? Il paesaggio cambia in fretta, bisogna darsi da fare, velocità, automobili, tv, frigorifero. Il nostro grande cinema dei primi anni Sessanta registra i cambiamenti sociali, culturali, di costume: Fellini, Visconti, Pasolini, Olmi, Bellocchio, Carmelo Bene, Ferreri, Bertolucci. Rosi e Risi. Poi, la contestazione, il movimento, il Sessantotto, gli anni di piombo. Altri registi raccontano. Moretti racconta se stesso, Amelio racconta gli altri, Giordana compendia la Storia di trent'anni in La meglio gioventù (2003). I migliori film degli ultimi anni, nello smarrimento del primo decennio del terzo millennio, si domandano quanto l'italia, così cambiata, continui a restare ferma a un passato che non passa. Quando ricomincerà a muoversi la nostra Storia? O il presente somiglierà ancora e sempre al passato? Ce lo ricorda Martone con Noi credevamo (2010). Che orrore! Sguardi spaventati sul cinema horror Uno dei generi cinematografici più duraturi e amati dal pubblico è senza alcun dubbio l horror, che vive su un singolare paradosso: lo spettatore è impaurito da qualcosa che sa che (forse!) non esiste e, al tempo stesso, questo qualcosa è attraente e affascinante. Attrazione e repulsione stanno alla base dell horror. Il tremendum insieme al fascinans. Popolano questi film creature mostruose che in parte il cinema ha ereditato dalla letteratura romantica e gotica e in parte ha inventato. Quando Dracula e Frankenstein passano al cinema, diventano capostipiti di una lunga tradizione che continua a interrogarsi su alcuni temi appassionanti, tutti legati all idea di confine: dove passa il confine tra morte e vita, tra uomo e animale, tra naturale, innaturale e soprannaturale, tra reale e fantastico? Dal Il gabinetto del dottor Caligari (1922) di Robert Wiene e Nosferatu il vampiro (1922) di F.W. Murnau fino a David Cronenberg con Brood (1979) o La mosca (1986), di questo si interessa l horror: chi siamo e cosa ci portiamo dentro. Dentro di noi c è (anche!) il Male, ci sono il buio e il mistero. Siamo carne, sangue, passioni, tormenti: l horror ci sguazza. 3
4 Comico e commedia: un confronto Prendiamo una commedia ammirevole e poco conosciuta come La signora di mezzanotte (1939), sceneggiata da due mostri sacri della scrittura per il cinema come Billy Wilder e Charles Brackett. Smontiamo questa perfetta macchina di divertimento e osserviamone i pezzi da vicino. Poi mettiamola a confronto con un altro tipo di cinema, il comico, che è imparentato con la commedia ma se ne distacca per vivere in una sua dimensione indipendente. Da una parte, il meccanismo diabolico dell intreccio che dà vita e sapore alla commedia; dall altra, l esercizio funambolico del gag, della sospensione, dell automatismo, della prestazione sospesa che è tipico del comico. La commedia costruisce una storia, un campo di opposizioni. Il comico si cura ben poco della trama e si butta a capofitto nelle situazioni. La commedia porta a risoluzione l intreccio. Il comico vive della gratuità delle sue prestazioni. La commedia si affida anche alla parola. Il comico vive pienamente nei silenzi del cinema muto. La commedia si diverte a rovistare dentro i suoi personaggi. Il comico non ha bisogno di psicologismi. Dalle prime esperienze dei Lumière e di Méliès fino a Woody Allen... Uomini che uccidono Il cinema di guerra 4
5 Gli uomini sono animali che hanno la passione di uccidersi tra loro. Quando lo fanno in piccolo, con un delitto isolato, siamo nel noir cinematografico. Se si ripetono, sempre individualmente, siamo nei film con i serial killer. Se invece lo fanno alla grande, su scala più estesa, fino ai milioni di morti, e con la benedizione e per ordine del potere, allora siamo nelle guerre e nei film di guerra. Guerre che sembrano essere, fin dalla notte dei tempi, fin dagli ominidi di 2001: Odissea nello spazio, uno dei cardini della nostra civiltà. Così in guerra, l'uomo, inteso come maschio, può misurarsi con i suoi simili, sfidarli in duelli singolari, uno contro uno, sotto le mura di Troia, può affrontare l'avversario in una guerra cavalleresca, parodiata nell'armata Brancaleone, o marcire insieme al nemico in una guerra di trincea. Al cinema, il war movie è un genere a parte. Dalla guerra omerica e teicoscopica di Troy, fino alla guerra autodistruttiva di The Hurt Locker, il fascino della battaglia, il dolore per i morti, la disperazione di chi è a casa, la condanna di chi spera nella pace hanno fatto presa su molti registi. Il cinema noir Ombre, delitti e smarrimenti ovvero: l America in un genere Il periodo d oro del cinema noir americano sta tra Il mistero del falco (1941) di John Huston e L infernale Quinlan di (e con) Orson Welles, del Anni e film di atmosfere oscure, delitti da risolvere, detective in caccia, dark ladies, pozzanghere, labirinti metropolitani e angosce esistenziali. Il noir esisteva già prima del 1941 con i film gangsteristici, sugli anni della Depressione, del massacro di San Valentino e di Al Capone. Ma il vero noir classico comincia nel 1941, anno di guerra, con Il mistero del falco. Comincia trasferendo al cinema quel detective che la letteratura di Chandler, Hammett, Goodis, Cain e Woolrich aveva inventato allora. Nasce una serie memorabile di capolavori. Il noir, tra gli anni Quaranta e i Cinquanta, diventa lo specchio scuro delle paure dell America metropolitana. Insieme al western, è il genere che ha portato sullo schermo la Storia (e l inconscio) degli Stati Uniti. Uomini a cavallo Il western La prateria, i cowboy, la mandria. Lo sceriffo, la piccola città, i villains. Lo squadrone dei cavalleggeri, gli indiani, il forte, l'imboscata. La ferrovia, il barbiere, il saloon, la maestrina, la ragazza del saloon, l'eroe solitario. Basta pensare a un western e ci appaiono tanti di quegli scenari. Il western ha riempito per anni il nostro immaginario: poi è scomparso. Oggi non si fanno quasi più western. Perché? Nel western classico, la comunità in pericolo viene salvata dall'eroe che sconfigge i villains o il killer. Nel western di vendetta, è l'eroe solitario che va in cerca del riscatto e, appunto, della vendetta. Nel malinconico western autunnale gli eroi sono vecchi e stanchi e il sole tramonta dietro le montagne così come sono già tramontati tutti i sogni e le speranze. Nel western tutti i grandi registi americani hanno messo in scena le storie e la storia d'america. Possiamo dire oggi che è stato un genere perfetto: perché magnifico, finito, portato a termine, chiuso nella sua perfezione. Capolavori sconosciuti, dimenticati, amati Di genere in genere, in cerca di capolavori. Non conta che siano vecchi, in bianco e nero, con le immagini un po' rigate, come rughe sulla pellicola. Importa che siano grandi film. Film che non si dimenticano. L'ultima risata di Murnau è del 1924, muto, con musica originale di un italiano, Giuseppe Becce. Un vecchio portiere di un albergo di lusso, la Berlino degli anni Venti, la feroce divisione in classi sociali, la livrea gallonata dell'uomo... Solo due didascalie in tutto per un film stupefacente. La felicità (1934) del russo Alexandr Medvedkin è eccentrico, libero, chagalliano, comico, sognante, caustico, popolare, satirico, astratto, naif, inventivo, stilizzato, fiabesco, grottesco... Ai giorni nostri: Werner Herzog ha realizzato tantissimi lavori, molti dei quali bellissimi, rimasti nascosti e poco visti... 5
6 Autori e temi del cinema d oggi Un viaggio dentro il cinema mondiale degli ultimi anni: quello che viene da Paesi lontani, il cinema italiano, il cinema dell Europa in formazione. Ma anche le immagini che vengono dal centro dell impero, dentro quel cinema americano che ancora domina e indirizza il nostro immaginario di spettatori. E poi ci sono le sorprese. Giovani registi la cui apparizione viene salutata con meraviglia. Pellicole dalle tre Cine quella Popolare, Hong Kong e Taiwan e anche dal Giappone. Oppure dal vicino e dal Medio Oriente. Il cinema europeo e il nostro cinema italiano sono impersonati da figure di autori che sanno imporsi per la loro capacità di pensare e per le qualità della loro messinscena. Aki Kaurismaki, Lars Von Trier, Manoel De Oliveira, i fratelli Dardenne, Nanni Moretti, Marco Bellocchio, tanto per dirne qualcuno. Il cinema americano alto ci dice cosa siamo e cosa non siamo, come ci siamo persi nel vuoto, come forse potremo ritrovarci: i Coen, Lynch, Malick, Sean Penn, Tarantino, Van Sant, Eastwood, Michael Mann, Scorsese Insomma, il cinema che si fa e si vede oggi è uno strumento utilissimo per conoscere il mondo (che comprende noi stessi e il nostro mondo interiore) e cercare di capirlo. Almeno un po. Dov è l altro? Cinema, culture, identità, alterità Se c è un protagonista, bisogna che ci sia un antagonista. Il cinema, come tante altre forme di narrazione, racconta storie: ha dunque bisogno di costruire un campo di opposizioni dove ci sia un eroe, un personaggio in cui noi spettatori possiamo identificarci, e l altro, un personaggio che all eroe si oppone. L alterità è quindi da sempre presente nei racconti, anche in quelli cinematografici. Ma cosa succede oggi quando l altro, con la sua diversità culturale, diventa problema universale? Come raccontano i film questo confronto-scontro tra noi e gli altri? Il corso vuole tracciare una mappa, vuole suggerire alcuni percorsi lungo i quali, con l aiuto di molti film, si possa affrontare il tema dell altro, delle culture diverse, del loro rapporto con la nostra identità anch essa sottoposta a continui cambiamenti. E i passi da compiere in questo percorso sono molti: come i film rappresentano gli altri? come gli altri si rappresentano nei loro film? come il cinema, specialmente il cinema fantastico, ha rappresentato l alterità? Cinema dei confini Il cinema si è interrogato spesso sull idea di confine, anche sui suoi confini, il bordo dell inquadratura, il rapporto tra campo e fuoricampo, tra ciò che si mostra e ciò che sta dentro l immagine, nell interiorità di un personaggio per esempio. Tanto che vien da dire che fare cinema è lavorare su un qualche confine. Fare cinema è lavoro di confine. Visibile e invisibile I Lumière e Méliès aprono le due strade lungo le quali il cinema andrà incamminandosi e assegnano loro un nome: realismo e fantastico, il dominio di ciò che c è e quello di ciò che può esserci soltanto al cinema. Ben presto, ci sarà chi vorrà spostare più avanti i termini della questione, ridefinire i confini tra visibile e invisibile. Domande decisive per tutto quel cinema che verrà poi chiamato moderno: si può guardare il visibile in una maniera tale che poi, sullo schermo, si veda l invisibile? come può la macchina da presa guardare azioni e corpi in modo tale per cui, sulla pellicola, restino le tracce di qualcos altro, di qualcosa che gli occhi non avevano visto? Quando si scopre la possibilità di raccontare si comincerà a esplorare la scena con inquadrature di taglio diverso, quando ciò che sta in un inquadratura comincerà a rinviare a ciò che sta nell inquadratura seguente, allora si arriverà a scoprire l importanza di ciò che non si vede, di ciò che c è anche se non viene visto: di ciò che sta fuori dal campo, oltre il bordo dell inquadratura 6
7 Appena prima della parola FINE L'ultima scena, ovvero: come e perché i film finiscono come finiscono... Nel finale di un (buon) film, così come nelle scene iniziali, si condensano un sacco di cose. L'inizio imposta il discorso, mette le basi per ogni successivo sviluppo, porta lo spettatore dentro un luogo narrativo che vive di opposizioni, di sovrapposizioni, di suggestioni. Di linee che poi verranno svolte e arricchite, alcune anche lasciate cadere, altre invece rafforzate e rese portanti nel corpo del film. Al finale, all'ultima scena, sono invece delegati altri compiti, ugualmente fondamentali. Ci sono film che finiscono ricomponendo un paesaggio narrativo che aveva rischiato di sfibrarsi. Film che al contrario si aprono a ventaglio e si perdono in tanti rivoli. Film che, come teoremi, si chiudono su immagini inequivocabili. un bel gruppo di finali di film può renderci spettatori più acuti e arguti... 7
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