Diritto Internazionale Privato. Avv. Giuseppe Santarelli Tonucci & Partners Roma

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1 Diritto Internazionale Privato Avv. Giuseppe Santarelli Tonucci & Partners Roma 1

2 INDICE 2 1) Concetto e funzione del Diritto Internazionale Privato (D.I.P.) 2) D.I.P convenzionale e UE 3) Il sistema italiano di D.I.P. 4) Le fonti di D.I.P. 5) Struttura della norma D.I.P. (qualificazioni e criteri di collegamento) 6) Funzionamento della norma D.I.P. 7) Limiti all applicazione del diritto straniero 8) Le obbligazioni contrattuali nel D.I.P. 9) Diritto processuale civile internazionale

3 CONCETTO E FUNZIONE DEL D.I.P. Per D.I.P. si intende l insieme di norme giuridiche dello Stato destinate a regolare rapporti privatistici che presentano elementi di estraneità rispetto ad esso. In particolare, sono quelle regole con cui uno Stato individua il diritto applicabile alle fattispecie che presentano un collegamento con uno o più Stati esteri, si pensi ad esempio ad un contratto concluso tra soggetti di diversa nazionalità ovvero rapporti personali e patrimoniali tra coniugi di cittadinanza diversa. Le norme di D.I.P. sono disposizioni di diritto interno che hanno valore esclusivamente nell ordinamento a cui appartengono ma disciplinano fatti e rapporti di rilievo internazionale perché collegati ad uno o più Stati. 3

4 CONCETTO E FUNZIONE DEL D.I.P. Appare evidente, dunque, che in tali situazioni si determina un potenziale concorso (c.d. conflitto) tra le norme dei diversi ordinamenti giuridici che appaiono applicabili alla fattispecie. Nell esempio di prima ci si dovrà chiedere quale legge si applicherà al contratto tra due soggetti di nazionalità diversa? Quale legge si applicherà ai rapporti tra due coniugi di nazionalità diversa? 4

5 CONCETTO E FUNZIONE DEL D.I.P. Le norme di D.I.P. sono quelle norme ciascuno Stato risolve, a suo modo, tale conflitto stabilendo in quali casi il rapporto dovrà essere disciplinato dal diritto del proprio ordinamento e in quali, invece, dovranno essere applicate le norme di un diritto straniero. La funzione del D.I.P., quindi, è quella di delimitare l ambito di applicazione del diritto interno e richiamare, se necessario, le norme di diritto straniero. 5

6 DIFFERENZE TERMINOLOGICHE Il D.I.P. si differenzia dal: Diritto internazionale pubblico: in quanto quest ultimo non appartiene al diritto interno e si occupa di regolare i rapporti tra soggetti internazionali (principalmente gli Stati); Diritto penale internazionale: che sono norme di diritto interno atte a regolare le fattispecie criminose connotate da elementi di estraneità (es. traffico internazionale di stupefacenti) e la collaborazione penale processuale tra più Stati. 6

7 DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO CONVENZIONALE E UE Poiché ogni Stato è dotato di un proprio sistema di D.I.P., l eventualità che il medesimo rapporto giuridico possa trovare soluzioni normative differenti all interno di ciascun ordinamento, ha indotto gli stessi Stati a dotarsi di regole uniformi, attraverso la stipulazione di un crescente numero di trattati internazionali (norme di diritto speciale) volti a perseguire lo scopo di favorire l armonia delle soluzioni e ridurre i margini del c.d. forum shopping (la preferenza di promuovere un giudizio in uno Stato che, in base alle sue norme, permette una soluzione più vantaggiosa per l attore). 7

8 DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO CONVENZIONALE E UE Trattati che pongono norme di diritto materiale volte a sostituire quello di cui ciascuno Stato contraente si era dotato (Convenzione di Ginevra del 1931 recante la legge uniforme sugli assegni); Trattati che affiancano al diritto materiale degli Stati contraenti norme materiali uniformi che troveranno applicazione nelle sole fattispecie che presentano elementi di internazionalità (Convenzione di Vienna del 1980 sui contratti di vendita internazionale di merci); Trattati che pongono norme uniformi di D.I.P. (la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale). 8

9 DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO CONVENZIONALE E UE La medesima esigenza di uniformità del D.I.P. è stata percepita anche a livello di Unione Europea che è intervenuta mediante l emanazione dei regolamenti (atti giuridici direttamente applicabili e prevalenti sulla normativa dei singoli Stati membri) in determinati settori, tra cui: - Obbligazioni contrattuali: Regolamento n. 593/2008 del 17 giugno 2008 (c.d. Roma I); - Obbligazioni extracontrattuali: Regolamento n. 864/2007 dell 11 luglio 2007 (c.d. Roma II); - Competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale: Regolamento n. 1215/2012 del 12 dicembre 2012 (c.d. Bruxelles I bis). 9

10 IL SISTEMA ITALIANO DI D.I.P. LEGGE DEL 31 MAGGIO 1995 N. 218 La legge del 31 maggio 1995 n. 218 (Legge di Riforma del sistema italiano di D.I.P.) ha abrogato le precedenti disposizioni di diritto internazionale privato contenute negli artt. da 17 a 31 delle disposizioni preliminari al c.c. e altre disposizioni contenute nel c.c. e nel c.p.c. che disciplinavano i conflitti di legge, di giurisdizione e il riconoscimento delle sentenze straniere. 10

11 IL SISTEMA ITALIANO DI D.I.P. LEGGE DEL 31 MAGGIO 1995 N L art. 1 della L. n. 218/1995 stabilisce che la legge determina l ambito della giurisdizione italiana, pone i criteri per l individuazione del diritto applicabile e disciplina l efficacia delle sentenze e degli atti stranieri. La l. n. 218/1995 è composta da 74 articoli divisi in cinque titoli, come segue: Titolo I: disposizioni generali (artt. 1 e 2); Titolo II: norme che risolvono i conflitti di giurisdizione individuando i casi in cui sussiste la giurisdizione italiana (artt. da 3 a 12); Titolo III: disposizioni relative all individuazione della legge straniera applicabile a varie fattispecie ( Capacità e diritti delle persone fisiche; persone giuridiche; Rapporti di famiglia; Adozione; Protezione degli incapaci e obblighi alimentari; Successioni; Diritti reali; Donazioni; Obbligazioni contrattuali; Obbligazioni non contrattuali ), risolvendo i conflitti di legge (artt. da 13 a 63); Titolo IV: Condizioni e procedure per il riconoscimento e l efficacia delle sentenze e degli atti stranieri (artt. da 64 a 71); Titolo V: Disposizioni transitorie e finali (artt. 72 a 74).

12 LE FONTI DEL D.I.P. Le fonti del D.I.P. si distinguono in: - Fonti interne: la legge 218/1995 (anche gli artt delle preleggi al codice della navigazione e gli artt. 115 e 116 del cod. civ.); - Fonti esterne: D.I.P. convenzionale (e.s. Convenzione di Vienna del 1980 sui contratti di vendita internazionale di merci) D.I.P. UE (e.s. Roma I e Roma II); - Fonti consuetudinarie: è un complesso di regole nate spontaneamente per regolare rapporti che presentano elementi di estraneità tra soggetti operanti in particolari settori commerciali (trasporto e credito). Non si tratta di norme giuridiche ma di usi applicati nella prassi, a cui il diritto non riconosce alcuna valenza in assenza di esplicito richiamo delle parti in un accordo contrattuale. 12

13 GERARCHIA TRA LE FONTI DEL D.I.P. Le norme di D.I.P. convenzionale si pongono, rispetto al diritto interno, in un rapporto di specialità, e sulla base di tale principio le convenzioni internazionali prevalgono in quanto D.I.P. speciale sul D.I.P. di origine nazionale; Il D.I.P. UE, prevale sia sulle norme interne di D.I.P. sia sulle norme di D.I.P. convenzionale nei rapporti tra gli Stati membri dell Unione Europea; Di conseguenza il sistema di D.I.P. interno ha carattere residuale (art. 2 l. 218/1995): l interprete chiamato a risolvere una controversia con elementi di estraneità prima di ricorrere alla disciplina prevista dalla l. 218/1995 deve verificare l esistenza di eventuali convenzioni o regolamenti UE. 13

14 LA STRUTTURA DELLA NORMA DI D.I.P. Esempio art. 51 l. 218/1995: il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali su beni mobili ed immobili sono regolati dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano. Sono due gli elementi in cui si articola una tipica norma D.I.P. il primo descrive in maniera astratta, cioè per categorie, i fatti o i rapporti che intende disciplinare; il secondo è costituito dal criterio di collegamento, ossia dalla circostanza che pone la vicenda in relazione ad uno o più Stati esteri (nell esempio la localizzazione del bene mobile o immobile). 14

15 IL PROBLEMA DELLE QUALIFICAZIONI 15 Il primo elemento strutturale della norma D.I.P. pone il c.d. problema della qualificazione. Tale problema nasce dalla circostanza che le norme di D.I.P. per descrivere le fattispecie che intendono regolare, utilizzano categorie tecnico giuridiche astratte, le quali necessitano, per la loro applicazione, di un inquadramento giuridico, al fine di evitare incertezze interpretative. Ad esempio: l art. 46 l. 218/1995 stabilisce che la successione per causa di morte è regolata dalla legge nazionale del soggetto della cui eredità si tratta. Secondo il nostro ordinamento nella successione si ricomprende anche il diritto della moglie ad ottenere parte dei beni del coniuge defunto, mentre, in alcuni sistemi giuridici tale questione potrebbe essere ricompresa nella categoria dei rapporti patrimoniali tra coniugi che, nel nostro sistema D.I.P., è disciplinata dall art. 30 della l. 218/1995 (che rimanda alla legge nazionale comune dei coniugi e, ove diversa, alla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata).

16 IL PROBLEMA DELLE QUALIFICAZIONI 16 Per risolvere il problema della qualificazione della fattispecie contemplata nella norma D.I.P. sono state elaborate diverse teorie: la qualificazione in base alla lex cause: secondo la quale la qualificazione della fattispecie contemplata deve essere fatta secondo i principi che appartengono all ordinamento richiamato dalla norma interna (critica l individuazione dell ordinamento straniero competente non precede l interpretazione e applicazione della norma di D.I.P. ma ne costituisce il risultato); la qualificazione in base alla comparazione giuridica: la quale postula una analisi comparativa al fine di giungere ad un significato comune per tutti gli ordinamenti coinvolti (critica non è sempre possibile nel caso di istituti che esistono in un ordinamento ma sono sconosciuti in altri, es. il trust); La qualificazione in base alla lex fori: secondo la quale le norme di conflitto in quanto interne devono essere interpretate sulla base dei canoni ermeneutici propri dell ordinamento che le comprende (critica tale teoria comprometterebbe l armonia internazionali delle soluzioni anche in ipotesi di norme D.I.P. identiche caso Bartholo 1889).

17 IL PROBLEMA DELLE QUALIFICAZIONI Al fine di superare le critiche mosse alle precedenti teorie, è stata elaborata la TEORIA DELLA DOPPIA QUALIFICAZIONE, secondo la quale la norma di D.I.P. cui fare riferimento e, quindi, il sistema giuridico estero al quale fa il richiamo, devono essere individuati attraverso due passaggi progressivi: (i) una prima qualificazione da effettuare secondo la lex fori (quindi alla stregua dell ordinamento giuridico nazionale), per poi passare ad (ii) una seconda qualificazione dell istituto della lex cause, affinché venga correttamente interpretato secondo le categorie proprie dell ordinamento giuridico richiamato; Il richiamo all ordinamento straniero non deve essere inteso quale richiamo alla singola norma da applicare, ma all ordinamento stesso nella sua globalità. Alla luce di tale patrimonio giuridico si procede ad una nuova interpretazione, ovvero il giudice italiano si comporta esattamente come se fosse il giudice straniero e applica la legge (straniera ) secondo i propri criteri di interpretazione e applicazione nel tempo. 17

18 IL PROBLEMA DELLE QUALIFICAZIONI La teoria della doppia qualificazione trova espressa previsione nel dettato dell art. 15 legge 218/1995, il quale stabilisce che dopo il richiamo la legge straniera è applicata secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo. 18

19 I CRITERI DI COLLEGAMENTO Il secondo elemento strutturale della norma D.I.P. è costituito dal criterio di collegamento. L espressione criterio di collegamento designa quella circostanza ovvero quel fattore materiale che il legislatore considera idoneo a esprimere un legame di una fattispecie con un determinato ordinamento: collegamento che diventa, quindi, determinante ai fini dell individuazione della legge applicabile. 19

20 I CRITERI DI COLLEGAMENTO 20 I criteri di collegamento possono distinguersi in: SOGGETTIVI E OGGETTIVI a seconda che il criterio si basi sulle qualità personali dei soggetti (es. cittadinanza, residenza e domicilio), ovvero su elementi oggettivi della fattispecie (es. luogo in cui è situato un bene). CRITERI DI FATTO E GIURIDICI a seconda che il criterio si basi su una circostanza di puro fatto (es. il luogo in cui deve essere eseguita l obbligazione) ovvero su un concetto giuridico (es. concetto di domicilio); FISSI E VARIABILI a seconda che l oggetto sia una circostanza insuscettibile di mutare nel tempo (es. il luogo in cui è situato l immobile) ovvero una circostanza suscettibile di mutare nel tempo (es. la cittadinanza); FLESSIBILI E RIGIDI a seconda che favoriscano la ricerca della legge più idonea alla disciplina nel caso concreto comportando un attività interpretativa (es. il luogo in cui la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata) ovvero sono rigidamente e tassativamente indicati dal legislatore (es. cittadinanza).

21 I CRITERI DI COLLEGAMENTO Quando una norma D.I.P. indica più criteri di collegamento si parla di concorso di criteri di collegamento: CONCORSO SUCCESSIVO: quando il rapporto tra i criteri è di sussidiarietà cioè quando il criterio indicato per primo non è in grado di funzionare e ci si rivolge al successivo e così via. Es. in materia di separazione personale (art. 31 l. 218/1995) se il criterio della cittadinanza comune dei coniugi non funziona per la diversità della nazionalità subentra il criterio del luogo in cui la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. 21 CONCORSO ALTERNATIVO: quando il legislatore utilizza una pluralità di criteri che si trovano sullo stesso piano senza alcun ordine di prevalenza (es. in materia di filiazione). In questo caso si sceglie il criterio che designa nel caso concreto la legge più favorevole in funzione del risultato da raggiungere (es. forma del testamento art. 48 l. 218/19955).

22 I CRITERI DI COLLEGAMENTO CONCORSO CUMULATIVO: è in realtà un espressione impropria poiché si tratta formalmente di un criterio di collegamento che finisce di fatto con il coinvolgere contemporaneamente due o più ordinamenti diversi. Così avviene, per esempio, in tema di riconoscimento del figlio quando questi ha nazionalità differente dal soggetto che lo vuole riconoscere (art. 35 l. 218/1995). In tale caso, infatti, vi è un unico criterio di collegamento (quello della cittadinanza) ma, al fine di individuare la legge più favorevole, è necessario coinvolgere (e quindi confrontare) due ordinamenti diversi: quello nazionale del figlio al momento della nascita e quello del soggetto che effettua il riconoscimento. 22

23 FUNZIONAMENTO DELLA NORMA D.I.P. Il risultato pratico della norma D.I.P. è il richiamo ad un determinato ordinamento (c.d. rinvio). Il rinvio trova la sua regolamentazione nell art. 13 l. 218/1995 ed è quel fenomeno per cui un ordinamento attribuisce valore giuridico a norme appartenenti ad un ordinamento diverso. Il rinvio/richiamo ad un ordinamento straniero è da intendersi quale richiamo dell ordinamento nella sua globalità; un rinvio a tutte le norme interne che lo compongono comprese le norme di D.I.P.; Pertanto, potrà accadere che richiamando l ordinamento dello Stato A questi a sua volta, in virtù dell operare delle sue norme D.I.P., richiami l ordinamento dello Stato B. Anche quest ultimo avrà un suo sistema D.I.P., che potrebbe operare un rinvio ad altro ordinamento (c.d. rinvio oltre) ovvero all ordinamento da cui proviene il rinvio (c.d. rinvio indietro). 23

24 FUNZIONAMENTO DELLA NORMA D.I.P. 24 Il caso Forgo 1882: Forgo, cittadino bavarese, si era trasferito in Francia dove aveva trascorso gran parte della sua vita senza mai acquisire legalmente domicilio ed in Francia è deceduto lasciando un ingente patrimonio mobiliare, senza alcun testamento. Apertasi la successione in Francia, i beni del Forgo furono reclamati in forza del diritto bavarese dai parenti collaterali della madre (unici parenti del Forgo). Secondo i giudici francesi la successione doveva essere regolata dalla legge dell ultimo domicilio del defunto: pertanto, poiché Forgo al momento della morte era domiciliato in Francia si sarebbe dovuta applicare la legge francese e di conseguenza attribuire l eredità allo Stato Francese, data l assenza di parenti dotati di vocazione successoria (in quel tempo, il codice civile francese prevedeva a differenza di quello bavarese che gli unici soggetti che potevano succedere al figlio naturale erano esclusivamente fratelli e sorelle e non parenti collaterali). Successivamente, la Corte di Cassazione Francese investita delle questione stabilì che la successione dovesse essere regolata dal diritto Bavarese in quanto Forgo non aveva mai legalmente acquisito il domicilio in Francia. Tuttavia, la Corte proseguì affermando che secondo il diritto bavarese in materia di successione non testamentaria la legge applicabile è quella del luogo in cui i beni mobili si trovano. Per tali motivi, la Corte ha ritenuto che in ragione del richiamo all ordinamento bavarese e del successivo rinvio di questi al diritto francese (rinvio indietro), la questione andava decisa secondo il diritto francese, con la conseguenza che i parenti collaterali della madre di Forgo furono esclusi dalla successione.

25 FUNZIONAMENTO DELLA NORMA D.I.P. 25 La presenza negli ordinamenti stranieri richiamati di norme di D.I.P. possono quindi determinare fenomeni di: RINVIO INDIETRO: quando le norme D.I.P. dell ordinamento straniero richiamato rinviano a loro volta all ordinamento dal quale è pervenuto il richiamo (es. caso Forgo); RINVIO OLTRE: Quando le norme D.I.P. dell ordinamento straniero richiamato in prima battuta rinviano a loro volta ad altro ordinamento. (Ad esempio, si pensi al caso dell individuazione della legge applicabile per disciplinare la capacità di disporre per testamento di un inglese domiciliato negli Stati Uniti. L art. 47 l. 218/1995 prevede che la capacità di testare è regolata dalla legge nazionale del disponente al momento del testamento. Per cui dovrebbe applicarsi la legge inglese; tuttavia, poiché il sistema di diritto internazionale privato inglese per individuare la disciplina del testamento utilizza il criterio di collegamento del domicilio del testatore, si avrà il rinvio oltre all ordinamento statunitense.)

26 FUNZIONAMENTO DELLA NORMA D.I.P. L art. 13 l. 218/1995: 1. Quando negli articoli successivi è richiamata la legge straniera, si tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionale privato straniero alla legge di un altro stato: a) Se il diritto di tale Stato accetta il rinvio; 26 (è il caso del RINVIO OLTRE che in base al nostro sistema D.I.P. è ammesso soltanto se accettato dalla legge di uno Stato terzo. Ciò significa che non è ammesso un ulteriore rinvio ad un quarto ordinamento in base al diverso criterio di collegamento del terzo ordinamento rinviato. In questo modo non si pregiudica la sollecita definizione della questione in esame. Nell ipotesi di rinvio oltre non accettato dallo Stato terzo si ritiene che debba trovare applicazione l ordinamento richiamato per primo dalla nostra normativa di diritto internazionale privato.).

27 FUNZIONAMENTO DELLA NORMA D.I.P. b) Se si tratta di rinvio alla legge italiana. Questo è il caso del RINVIO INDIETRO. Ai sensi del comma secondo dell art. 13 l. 218/1995, il meccanismo del rinvio non opera: nei casi in cui le disposizioni della presente legge rendono applicabile la legge straniera sulla base della scelta effettuata in tal senso dalle parti interessate (la volontà delle parti prevale sul rinvio); quando il rinvio riguarda disposizioni concernenti la forma degli atti (si predilige la salvaguardia della validità dell atto, attraverso il meccanismo del concorso cumulativo di criteri di collegamento vedi art. 28 l. 218/1995) e delle obbligazioni non contrattuali (si predilige il criterio del rapporto più stretto e la disciplina da applicare); 27

28 FUNZIONAMENTO DELLA NORMA D.I.P. Ai sensi dei commi terzo e quarto dell art. 13 l. 218/1995, il meccanismo del rinvio è limitato : nei casi di accertamento del rapporto di filiazione, il rinvio oltre ed il rinvio indietro, è possibile solo se la legge richiamata sia più favorevole figlio sotto il profilo della legittimazione e del riconoscimento; quando la legge dichiara in ogni caso applicabile una Convenzione internazionale e, dunque, si seguirà in tema di rinvio la disciplina stabilita dalla stessa. In conclusione, ad oggi, il rinvio ex art. 13 l. 218/1995 risulta ammesso per le fattispecie relative a: (i) capacità e diritti delle persone fisiche e giuridiche; (ii) rapporti di famiglia; (iii) successione mortis causa; e (iv) diritti reali. 28

29 FUNZIONAMENTO DELLA NORMA D.I.P. 29 Casi particolari di diritto applicabile: ORDINAMENTI PLURILEGISLATIVI: quando la norma D.I.P. richiama uno Stato in cui coesistono più sistemi giuridici (Es. Stato federale), la legge applicabile deve essere individuata secondo i criteri utilizzati da quell ordinamento ovvero il sistema normativo ricompreso nell ordinamento giuridico plurilegislativo con cui il caso concreto presenta il collegamento più stretto (art. 18 l. 218/1995). APOLIDI E RIFUGIATI: quando la norma d.i.p. utilizza come criterio di collegamento la cittadinanza e il soggetto in questione è apolide, si applica la legge dello Stato del domicilio o, in mancanza, dello Stato di residenza (art. 19, comma 1, l. 218/1995). PLURALITÀ DI CITTADINANZE (art. 19, comma 2, l. 218/1995). concorso tra cittadinanza italiana e cittadinanze straniere: la legge applicabile si determina in base alla cittadinanza italiana. concorso tra più cittadinanze straniere: la legge applicabile si determina in base allo Stato di appartenenza con il quale il soggetto ha il collegamento più stretto.

30 LIMITI ALL APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIERO Vi sono ipotesi in cui la legge straniera richiamata dalla norma di D.I.P. non può trovare applicazione nel nostro ordinamento per uno dei seguenti motivi: - contrasto della norma straniera con la Carta Costituzionale; - divieto di rinvio ex art. 13, comma secondo, L. 218/1995; - presenza di norme di applicazione necessaria; - contrasto della norma straniera con l ordine pubblico; - condizione di reciprocità. 30

31 LIMITI ALL APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIERO Norme di applicazione necessaria L art. 17 della l. 218/1995 stabilisce che È fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera.. Le norme di applicazione necessaria sono, dunque, quelle norme, in ragione del loro scopo e del loro oggetto, sono considerate irrinunciabili per l ordinamento interno e pertanto sempre applicabili tanto alle fattispecie a carattere interno, quanto a quelle a carattere transnazionali, nonostante il richiamo alla legge straniera. 31

32 LIMITI ALL APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIERO 32 In particolare, si tratta di norme che hanno natura privatistica e si pongono come limite all applicazione del diritto straniero quando, pur essendo in presenza di una fattispecie alla quale applicare la legge di un altro Stato, è necessario salvaguardare interessi pubblici, quali l organizzazione sociale, politica od economica dello Stato. Le norme di applicazione necessaria costituiscono dunque un LIMITE PREVENTIVO E POSITIVO al funzionamento del D.I.P.: preventivo, perché impediscono in via preventiva il ricorso alle norme D.I.P. e positivo, perché implicano l applicazione della legge italiana e la contestuale esclusione della legge straniera indipendentemente dai suoi effetti.

33 LIMITI ALL APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIERO Mancando nell ordinamento italiano una elencazione tassativa delle norme da considerare necessariamente applicabili, la giurisprudenza ha individuato norme di applicazione necessaria in diversi settori, tra i quali: Diritto di famiglia: si pensi all art. 116 c.c., il quale stabilisce che anche in caso di matrimonio del cittadino straniero, indipendentemente dalla nazionalità di questi o dell altro coniuge, trovano applicazione i divieti previsti negli artt. 85, 86, 87 n.1, 2,e 4, 88 e 89 c.c.; Legislazione del lavoro e della previdenza sociale: si pensi alle norme che tutelano i diritti fondamentali dei lavoratori, le quali trovano applicazione indipendentemente dalla nazionalità del lavoratore e del datore di lavoro; Rimedi contrattuali per inadempimento: artt e 1384 c.c. 33

34 LIMITI ALL APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIERO La necessaria applicazione delle norme salvaguardanti gli interessi pubblici dello Stato può essere derogata dall esigenza di rispettare il diritto dell Unione europea, il quale deve sempre trovare applicazione, salvo i casi in cui si tratti di norme di applicazione necessaria riguardanti precetti di natura costituzionale (c.d. Teoria dei controlimiti - le norme UE non possono violare i principi fondamentali ed i diritti inviolabili sanciti dalle costituzioni nazionali). 34

35 LIMITI ALL APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIERO ORDINE PUBBLICO L art. 16 della l. 218/1995 stabilisce che La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all ordine pubblico. In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana. Il concetto di ordine pubblico comprende il complesso dei principi fondamentali e caratterizzanti l atteggiamento etico-giuridico dell ordinamento in un determinato periodo storico. È dunque un concetto flessibile e relativo poiché suscettibile di variazioni a seconda del contesto storico-sociale cui si riferisce. Secondo dottrina e giurisprudenza l ordine pubblico comprende anche principi di carattere universale comuni a molte nazioni volti a tutelare i diritti fondamentale sanciti in dichiarazioni o convenzioni internazionali. 35

36 LIMITI ALL APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIERO L ordine pubblico di cui al citato art. 16 è qualificato come ordine pubblico internazionale per distinguerlo dal più ampio concetto di ordine pubblico interno che costituisce un limite per l autonomia negoziale nel nostro ordinamento che viene in considerazione solo in fattispecie interne. È un limite SUCCESSIVO e NEGATIVO. Successivo perché presuppone comunque il funzionamento delle norme D.I.P. e dunque il richiamo all ordinamento straniero; Negativo perché esclude l applicazione della legge straniera richiamata se nel caso concreto gli effetti derivanti dall applicazione di tale legge porterebbero ad un contrasto con i principi irrinunciabili che esprimono i valori fondamentali della nostra comunità. 36

37 LIMITI ALL APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIERO L art. 16 l. 218/95 sancisce espressamente che il giudizio di eventuale contrasto all ordine pubblico non ha per oggetto la norma straniera bensì i suoi effetti. Così può accadere che una norma straniera che contempli il ripudio unilaterale della moglie potrebbe non contrastare, in concreto, con l ordine pubblico internazionale italiano qualora il giudice sia chiamato ad applicarla al solo fine di riconoscere le obbligazioni alimentari in favore del coniuge ripudiato. Profili di interesse si rinvengono sulla potenziale compatibilità dei danni punitivi (frequenti nei paesi di Common Law) con il nostro ordinamento (Corte di Cassazione sez. unite civili sentenza n del ). 37

38 LIMITI ALL APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIERO Gli artt. 64 e 65 della l. 218/95 stabiliscono il limite dell ordine pubblico per il riconoscimento delle sentenze e provvedimenti stranieri. Si parla, in tal caso, di ordine pubblico internazionale processuale che impone al giudice nazionale di valutare, ai fini del riconoscimento di sentenze e provvedimenti provenienti da stati stranieri, il rispetto dei principi inviolabili posti a garanzia del diritto di agire e resistere in giudizio e, in generale, del processo equo. 38

39 LIMITI ALL APPLICAZIONE DEL DIRITTO STRANIERO RECIPROCITÀ La reciprocità costituisce un ulteriore limite all applicazione del diritto straniero. Il principio di reciprocità si risolve in un meccanismo in virtù del quale le norme dell ordinamento straniero trovano applicazione nell ordinamento richiamante solo se, alle stesse condizioni, l ordinamento straniero applica il diritto dello Stato richiamante. Nel sistema italiano di D.I.P. l unico caso di reciprocità è quello previsto all art. 5, comma 2, delle preleggi al codice della navigazione, la quale subordina l applicazione della legge di bandiera (applicazione della legge nazionale della nave o dell aeromobile degli atti e dei fatti compiuti a bordo durante la navigazione in territorio soggetto alla sovranità dello Stato Italiano) a condizione di reciprocità, cioè a patto che, a parti invertite ed alle medesime condizioni, la stessa cosa sia prevista nello Stato richiamato. 39

40 LE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO 40 Le obbligazioni contrattuali sono quelle che traggono origine da un contratto, ovvero da un accordo tra due o più parti per costituire, modificare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale (art c.c.). L art. 57 l. 218/95 stabilisce che le obbligazioni contrattuali sono in ogni caso regolate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali.. Restano salve, le altre convenzioni internazionali applicabili alla singola obbligazione (ad es. la Convenzione dell Aja del 1955 in materia di vendita, la Convenzione di Ottawa del 1988 in tema di leasing e factoring internazionale, la Convenzione di Varsavia del 1929 in materia di trasporto aereo internazionale). Nell ambito del processo di armonizzazione dei sistemi D.I.P., la Convenzione di Roma ha realizzato per la prima volta un sistema generale e uniforme di D.I.P. in materia di obbligazioni contrattuali con efficacia erga omnes in quanto trova applicazione anche se viene richiamato il diritto di uno Stato non aderente (a differenza delle precedenti convenzioni che avevano efficacia limitata alle sole parti contraenti).

41 LE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO La Convenzione di Roma non si applica a: - le questioni di stato e capacità delle persone fisiche; - le obbligazioni relative ai testamenti, successioni e regimi matrimoniali; - le obbligazioni contrattuali derivanti da rapporti di famiglia, di parentela e di matrimonio; - le questioni inerenti il diritto delle società, associazioni e persone giuridiche. 41

42 LE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO Al fine di individuare la legge applicabile al contratto la Convenzione di Roma individua i seguenti criteri di collegamento: - Art. 3 Criterio della volontà delle parti: si applica la legge scelta dalla parti. La loro scelta, oltre che in maniera espressa, può essere compiuta anche in forma tacita, purché dalle circostanze o dalle disposizioni del contratto essa risulti facilmente accertabile; La scelta della legge può essere relativa all intero contratto o solo a una parte (con la tecnica del dèpecage, che consiste nel sottoporre a leggi diverse varie calusole di uno stesso contratto). 42

43 LE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO - Art. 4 Criterio del collegamento più stretto: in mancanza di scelta delle parti, il contratto deve intendersi regolato dalla legge del paese con il quale il rapporto negoziale presenta il collegamento più stretto, secondo i seguenti criteri: la residenza abituale della parte obbligata alla prestazione caratteristica; la localizzazione dei beni immobili (nei contratti aventi ad oggetto beni immobili); Nei contratti di trasporto, la legge dello Stato in cui il vettore ha la sede principale al momento della conclusione del contratto, se questa coincide con: (i) la sede principale del mittente; (ii) luogo di carico e scarico. 43

44 LE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO 44 - Gli artt. 5 e 6 della Convenzione di Roma, prevedono una disciplina particolare per i contratti conclusi dai consumatori e contratti individuali di lavoro. - In questi casi è limitata la libertà di scelta, perché in nessun caso si può privare la parte debole (consumatore o lavoratore) della tutela assicurata dalle norme imperative di quell ordinamento che si applicherebbe in assenza di scelta: nel caso del consumatore questi non perde le garanzie (norme imperative) concesse dall ordinamento dello Stato in cui abitualmente risiede; nel caso del lavoratore questi ha diritto alla protezione concessa dall ordinamento nel quale abitualmente lavora o, se svolge un lavoro dinamico, dalla legge dello Stato in cui ha concluso il rapporto di lavoro.

45 45 LE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO Regolamento CE n. 593/2008 (Roma I) A decorrere dal 17 dicembre 2009, la Convenzione di Roma è stata sostituita dal Regolamento Roma I, pertanto il richiamo fatto dalla l. 218/95 alla Convenzione di Roma deve intendersi riferito alle corrispondenti disposizioni del Regolamento Roma I. Anche il Regolamento Roma I ha carattere universale in quanto trova applicazione anche se viene richiamato il diritto di uno Stato non aderente (art. 2 del Regolamento). La trasformazione della Convenzione in regolamento UE mira ad assicurare un applicazione uniforme, tra gli Stati membri, della disciplina di D.I.P. in materia di obbligazioni contrattuali.

46 LE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO Regolamento CE n. 593/2008 (Roma I) L art. 3 del Regolamento Roma I, ribadisce il principio cardine della Convenzione di Roma secondo il quale il contratto è disciplinato dalla legge scelta dalle parti, che possono designare la legge applicabile a tutto il contratto ovvero soltanto a una parte di esso. A differenza della Convenzione di Roma, il Regolamento indica espressamente quale legge deve applicarsi a specifiche categorie contrattuali in mancanza di scelta. 46

47 LE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO Regolamento CE n. 593/2008 (Roma I) 47 In particolare, l articolo 4 del Regolamento Roma I stabilisce che, in mancanza di scelta: il contratto di vendita di beni è disciplinato dalla legge del paese nel quale il venditore ha la residenza abituale; il contratto di prestazione di servizi è disciplinato dalla legge del paese nel quale il prestatore di servizi ha la residenza abituale (agenzia; procacciamento affari; consulenza); il contratto di franchising è disciplinato dalla legge del paese in cui l affiliato ha la residenza abituale; il contratto di distribuzione è disciplinato dalla legge dello Stato nel quale il distributore ha la residenza abituale.

48 LE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO Regolamento CE n. 593/2008 (Roma I) Per residenza abituale, il Regolamento stabilisce che, in riferimento a società, associazioni e persone giuridiche, questa deve intendersi il luogo in cui si trova la loro amministrazione centrale, mentre in riferimento a persone fisiche che agiscono nell esercizio della propria attività professionale, la sede dell attività principale. 48

49 49 LE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO Regolamento CE n. 593/2008 (Roma I) Il Regolamento fissa una serie di criteri residuali rispetto a quelli stabiliti nel paragrafo primo del Regolamento: L articolo 4, secondo paragrafo, prevede che, se il contratto non rientra tra quelli indicati nel Regolamento, o si tratta di un contratto misto o complesso, trova applicazione le legge del paese nel quale la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha la propria residenza abituale. Quando poi le circostanze del caso concreto evidenzino che il contratto presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quelli indicati nel primo e secondo paragrafo, si applica la legge di tale paese (articolo 4, paragrafo 3). Infine, se la legge non può essere determinata in base ai criteri sopra descritti, il contratto è disciplinato dalla legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto (art. 4, paragrafo 4). L applicazione della legge individuata in base alle disposizioni del Regolamento è soggetta ai limiti derivanti dalle norme di applicazione necessaria (art. 19) e ordine pubblico (art. 21). L art. 20 del Regolamento Roma I esclude il rinvio.

50 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE LA GIURISDIZIONE Per diritto processuale civile internazionale si intende quell insieme di norme giuridiche di diritto interno volte a regolare, tra l altro, i criteri di ripartizione della giurisdizione ed il riconoscimento di sentenze straniere in relazione a rapporti processuali civili che presentano elementi di estraneità. AMBITO GIURISDIZIONE ITALIANA: l Art. 3 l. 218/1995 primo comma: stabilisce che La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell art. 77 c.p.c. e negli altri casi in cui è prevista dalla legge. 50

51 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE LA GIURISDIZIONE I CRITERI DI COLLEGAMENTO SULLA BASE DEI QUALI È POSSIBILE RITENERE SUSSISTENTE LA GIURISDIZIONE DEL GIUDICE ITALIANO SONO: 51 Domicilio e residenza in Italia determinati ai sensi dell art. 43 c.c. Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale. Se convenuto in giudizio non è una persona fisica bensì una persona giuridica il concetto di domicilio coincide con quello della sede dell ente. Presenza in Italia di un rappresentante del convenuto autorizzato a stare in giudizio ex art. 77 c.p.c. Deve cioè trattarsi di un procuratore generale o di un institore (colui che è preposto dal titolare all esercizio di un impresa commerciale) a cui è stato conferito dal soggetto, di poi convenuto in giudizio, apposito mandato perché rappresenti quest ultimo anche in sede processuale.

52 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE LA GIURISDIZIONE L art. 3, secondo comma, l. 218/1995, fa esplicito riferimento alla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, affermando che, nelle materie di cui la stessa si occupa, la giurisdizione del giudice italiano sussiste nei casi previsti dalle norme della convenzione in tema di giurisdizione. La Convenzione di Bruxelles, è stata sostituita tra gli Stati membri - per la competenza giurisdizionale e il riconoscimento e l esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale - dal Regolamento CE n. 44/2001 (c.d. Bruxelles I), a sua volta parzialmente modificato ed integrato dal Regolamento UE n. 1215/2012 (c.d. Bruxelles I bis). 52

53 53 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE LA GIURISDIZIONE I Regolamenti si applicano dunque alla materia civile e commerciale con esclusione: materia fiscale, doganale ed amministrativa; stato e capacità delle persone fisiche, regime patrimoniale tra i coniugi testamenti successioni; fallimenti, concordati e procedure affini; sicurezza sociale; arbitrato. L art. 2 del Regolamento Bruxelles I (art. 4 Bruxelles I bis) stabilisce, in primo luogo, che la competenza giurisdizionale spetta al giudice dello Stato membro in cui è domiciliato il convenuto, indipendentemente dalla sua cittadinanza. Per l individuazione del domicilio, il giudice dello Stato membro in cui pende il procedimento deve applicare la legge nazionale (lex fori), mentre se una parte non è domiciliata nello Stato membro cui appartiene l autorità giurisdizionale adita, il giudice per determinare se essa ha il domicilio in un altro Stato membro, dovrà applicare la legge di quest ultimo Stato.

54 54 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE LA GIURISDIZIONE Il CRITERIO GENERALE DEL DOMICILIO DEL CONVENUTO non si applica se, per la fattispecie in esame, siano previste competenze esclusive: Fori Esclusivi (art. 22 Bruxelles I e art. 24 Bruxelles I bis): In materia di diritti reali immobiliari e di contratti di affitto di immobili sono competenti i giudici dello Stato membro in cui l immobile è situato; In materia di validità, nullità o scioglimento delle società o persone giuridiche, o riguardo alla validità delle decisioni dei rispettivi organi, sono competenti i giudici dello Stato membro ove ha sede la persona giuridica; In materia di validità delle iscrizioni nei pubblici registri, sono competenti i giudici dello Stato membro nel cui territorio i registri sono tenuti; In materia di esecuzione delle decisioni, sono competenti i giudici dello Stato membro nel cui territorio si trova il luogo dell esecuzione. L art. art. 23 Bruxelles I (art. 25 Bruxelles I bis) contempla anche l ipotesi di foro esclusivo per volontà delle parti.

55 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE LA GIURISDIZIONE Fori concorrenti: il convenuto può essere citato avanti al giudice di uno Stato diverso da quello in cui ha domicilio, ad esempio, in una controversia relativa alle obbligazioni contrattuali (in tal caso è competente il giudice del luogo di esecuzione dell obbligazione) oppure in caso di controversia relativa agli obblighi alimentari (per cui sarà competente il giudice del luogo di residenza abituale del creditore). 55 Fori concorrenti ratione materiae : previsti per alcuni tipi di controversie in cui si ritiene di dover accordare maggiore tutela alla parte debole del rapporto. Così ad esempio il consumatore potrà proporre azione innanzi al giudice dello Stato membro in cui è domiciliato il convenuto ovvero in cui è domiciliato lo stesso consumatore. L azione contro il consumatore, invece, può essere proposta solo innanzi ai giudici dello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore.

56 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE LA GIURISDIZIONE Fori concorrenti ratione materiae : nelle controversie relative ai contratti individuali di lavoro è competente il giudice del luogo in cui: (i) il datore di lavoro ha il suo domicilio; (ii) il lavoratore svolge la sua attività prevalente; (iii) il contratto di lavoro è stato concluso (in ipotesi in cui il lavoratore svolge un attività non localizzata). 56

57 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE RICONOSCIMENTO DELLE SENTENZE STRANIERIE 57 La legge 218/1995 afferma il principio del riconoscimento automatico delle sentenze straniere. Ciò significa che qualsiasi sentenza emessa da un giudice straniero è riconosciuta in Italia senza la necessità di alcun intervento o controllo preventivo da parte delle autorità italiane. Per il semplice riconoscimento delle pronunce estere non si ricorre più al procedimento di delibazione dinanzi alla Corte d Appello italiana competente per territorio previsto dagli artt. 796 e 797 c.p.c. ormai abrogati dalla L. 218/1995. Tuttavia perché operi il riconoscimento automatico delle sentenze straniere è necessario che sussistano i requisiti prescritti dall art. 64 della L. 218/1995. L accertamento di tali requisiti può però essere oggetto di un controllo da parte della Corte d Appello italiana competente per territorio in caso di contestazione del riconoscimento oppure quando sia necessario procedere ad esecuzione forzata.

58 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE RICONOSCIMENTO DELLE SENTENZE STRANIERIE 58 Ai sensi dell art. 64 L. 218/1995, il riconoscimento di una sentenza straniera ha luogo automaticamente quando: Il giudice che l ha pronunciata era competente in base ai principi di giurisdizione vigenti nel nostro ordinamento e, dunque, principalmente quelli di cui alla L. 218/1995, alla Convenzione di Bruxelles e al Reg. 44/2001; L atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità alla legge del luogo dove si è svolto il processo (regolarità della notifica) e non siano stati violati i diritti essenziali della difesa; Le parti si sono regolarmente costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo o è stata regolarmente dichiarata la contumacia di una delle parti; La sentenza è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata emessa e, dunque, non può essere più impugnata dinanzi ad un giudice di quell ordinamento; Non è contraria ad altra sentenza pronunciata da un giudice italiano e passata in giudicato; Non pende davanti ad un giudice italiano un processo per il medesimo oggetto e fra le stesse parti che abbia avuto inizio prima del processo straniero conclusosi con la sentenza in esame; Le disposizioni della sentenza non producono effetti contrari all ordine pubblico internazionale.

59 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE RICONOSCIMENTO DELLE SENTENZE STRANIERIE L accertamento di tali requisiti è successivo e eventuale. Ai sensi dell art. 67 l. 218/95, infatti, avrà luogo quando chiunque vi abbia interesse (in genere il soccombente) contesti la sussistenza dei requisiti ex art. 64 l. 218/95 oppure quando il soccombente non esegua spontaneamente la sentenza e si renda necessario procedere ad esecuzione forzata (al fine di attribuire efficacia esecutiva alla sentenza). Sebbene tali requisiti richiamano in gran parte i requisiti di cui al procedimento di delibazione ex art. 797 c.p.c., la differenza rilevante rispetto al vecchio sistema è che l intervento dell autorità giudiziaria nazionale non ha carattere preventivo ed obbligato, ma solo successivo ed eventuale. L autorità competete a tale accertamento è la Corte di Appello. 59

60 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE RICONOSCIMENTO DI SENTENZE E PROVVEDIMENTI STRANIERI In ambito europeo il riconoscimento dell efficacia in Italia di provvedimenti e sentenze straniere è disciplinato da: Convenzione di Bruxelles 1968 (Art. 26): prevedeva un vero e proprio principio di riconoscimento automatico delle decisioni giudiziarie adottate dai giudici di uno degli Stati contraenti, salvo contestazioni; Bruxelles I (Art. 33): sostituisce la Convezione di Bruxelles mantenendo il principio per cui le sentenze emesse in uno Stato membro, in materia civile commerciale, siano riconosciute negli altri Stati membri, senza necessità di ricorrere ad alcun procedimento di controllo, salvo contestazioni. Il Regolamento non concerne il settore fiscale, doganale ed amministrativo. 60

61 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE RICONOSCIMENTO DI SENTENZE E PROVVEDIMENTI STRANIERI Bruxelles I (Art. 34): le decisioni non sono riconosciute se: - Il riconoscimento è manifestamente contrario all ordine pubblico dello Stato membro richiesto; - non sono stati rispettati i diritti di difesa del convenuto; - la decisione è in contrasto con una decisione emessa precedentemente tra le medesime parti in uno Stato membro richiesto, ovvero in un altro Stato membro o paese terzo, in una controversia avente il medesimo oggetto ed il medesimo titolo. N.B.: il riconoscimento è subordinato al giudizio di accertamento dei requisiti ove si proceda ad esecuzione forzata ovvero in caso di contestazione. 61

62 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE RICONOSCIMENTO DI SENTENZE E PROVVEDIMENTI STRANIERI Bruxelles I bis: introduce significative novità in tema di efficacia esecutiva delle decisioni, confermando una sempre maggiore apertura ai provvedimenti giurisdizionali stranieri, prevedendo il riconoscimento automatico delle decisioni, rese in materia civile e commerciale, nel territorio di uno Stato membro anche ai fini esecutivi. In particolare, l art. 39 stabilisce che La decisione emessa in uno Stato membro che è esecutiva in tale Stato membro è altresì esecutiva negli Stati membri senza che sia richiesta una dichiarazione di esecutività. Resta salva, ai sensi dell art. 45, la possibilità di sollecitare un diniego di riconoscimento su iniziativa della parte controinteressata. 62

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