Il problema dell erosione delle coste dal punto di vista delle Associazioni ambientaliste. Sebastiano Venneri Segreteria nazionale Legambiente
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1 Il problema dell erosione delle coste dal punto di vista delle Associazioni ambientaliste Sebastiano Venneri Segreteria nazionale Legambiente Le nostre ampie spiagge sono il risultato di una politica di rapina del territorio, essendo il prodotto di frane ed erosioni accelerate, innescate da una progressiva riduzione della copertura boschiva. A questo riguardo è necessario sottolineare che vi è una evidente conflittualità fra la difesa del suolo e la difesa delle coste ; ogni intervento teso a ridurre il rischio di alluvioni o di frane avrà una immediata ricaduta negativa sull equilibrio delle spiagge; si dovrà trovare il modo di compensare i litorali per quanto perderanno, in termini di sedimenti, per gli interventi necessari alla messa in sicurezza dei bacini idrografici Con l abbandono delle campagne, iniziato già nel XIX secolo, e la ricrescita del bosco, congiuntamente agli interventi di bonifica, di stabilizzazione dei versanti ed estrazione di inerti dagli alvei fluviali, i delta fluviali hanno iniziato a ritirarsi. L erosione partì dalle foci fluviali, che avevano acquisito una forma prominente in mare, e si propagò poi progressivamente alle spiagge più distanti, che inizialmente ricevevano ancora i materiali erosi nei settori costieri posti sopraflutto. Nello stesso periodo, anche a seguito della sconfitta della malaria, era iniziato il flusso migratorio dall interno verso la costa, dove si vennero a concentrare insediamenti urbani ed industriale e vie di comunicazione. Molti insediamenti costieri furono costruiti in prossimità del mare quando già l erosione stava producendo i suoi effetti. Il fenomeno divenne così preoccupante che fu promulgata una legge specifica, quella del 4 luglio 1907 Legge per la difesa degli abitati dall erosione marina, che prevedeva l intervento automatico dello Stato laddove gli insediamenti abitativi erano minacciati dall erosione. Nella legge erano contemplate tre possibilità: la costruzione di pennelli, di scogliere parallele a riva o di ogni altro lavoro idoneo a fermare l erosione. In quegli anni la difesa dei litorali era di fatto la protezione delle strutture abitative e delle vie di comunicazione, dato che non si era ancora affermato il turismo balneare e, tanto meno, una coscienza ambientalista. Da qui dovrebbe già essere più chiaro come la destabilizzazione dell ambiente costiero sia il frutto bacato di diversi fattori, a partire dall intensa antropizzazione anche poi per fini turistici industriali, e dall impoverimento dell apporto di materiale solido dei fiumi al mare, determinato dalla massiccia estrazione di materiale dagli alvei e dagli interventi di regimazione dei corsi d acqua, che in molti casi si sono rivelati inutili o dannosi. Delle tre possibilità della L. 4/7/1907, di fatto furono attuate solo le prime due, ossia la costruzione di scogliere parallele ed ortogonali a riva, rinunciando alla possibilità di percorrere strade diverse ed innovative. Ciò fu determinato da vari fattori, il primo dei quali risiede nel fatto che il personale tecnico chiamato ad intervenire era costituito da ingegneri formatisi nella costruzione dei porti, e per loro le scogliere costituivano la soluzione più ovvia per proteggere la costa dall attacco delle onde. 1
2 Furono costruiti anche molti pennelli, bloccando il flusso dei sedimenti lungo riva ed aggravando l erosione nei tratti di litorale non protetti. In altri paesi, ed in particolare del Nord Europa, la risposta fu completamente diversa. In queste zone da secoli venivano effettuati dragaggi di estuari e di imboccature lagunari, dove erano posizionati i porti principali. Le conoscenze tecniche acquisite e la disponibilità di draghe idonee furono messe a disposizione per la soluzione del problema dell erosione costiera e si poté dragare la sabbia dove si trovava in eccesso e refluirla o trasportarla dove mancava. In Italia, la mancanza di porti in estuari ed in lagune, con l eccezione di Venezia, non aveva favorito né lo sviluppo di simili tecnologie, né l affermarsi di una mentalità idonea ad utilizzarle. Una scarsa attenzione ai problemi ambientali e una limitata conoscenza dei processi costieri portò anche alla costruzione, in quegli anni, di porti lungo le coste basse, che intercettavano il flusso dei sedimenti lungo riva causando, o incentivando, l erosione delle spiagge poste sottoflutto. Molte spiagge italiane sono oggi protette da scogliere aderenti o parallele e da pennelli che stravolgono il paesaggio costiero, creano erosione sottoflutto, impediscono una ottimale utilizzazione dell arenile ed hanno elevati costi di manutenzione. Un quadro delle attuali tendenze evolutive dei litorali italiani è difficile da realizzare poiché i vari tratti costieri sono stati analizzati con diversi criteri ed a scale diverse. L'Atlante delle Spiagge Italiane, compilato da ricercatori afferenti a diverse sedi universitarie e con il finanziamento del CNR, dà un quadro omogeneo in scala di tutti i litorali italiani, ma i vari fogli sono stati compilati in un intervallo temporale che va dal 1981 al Nel 1998, nell'ambito delle ricerche condotte dal Gruppo Nazionale Difesa Catastrofi Idrogeologiche del CNR è stata prodotta una carta del rischio costiero in scala 1: partendo proprio dalle conoscenze che si erano acquisite con la compilazione dell'atlante delle Spiagge, ed aggiornando e rileggendo i dati alla luce delle conoscenze più recenti. I vari tratti costieri sono stati attribuiti alle classi di rischio Molto alta, Alta, Bassa e Nulla sulla base delle tendenze evolutive degli ultimi decenni, della morfologia dell entroterra e della presenza ed efficacia delle opere di difesa. Le difficoltà di giungere ad un quadro omogeneo dipendono anche dai problemi di definizione: quale è l'accuratezza dei rilievi su cui si basano i confronti fra linee di riva relative ad anni diversi? Quale è il limite dello spostamento che fa passare una spiaggia "stabile" nelle classi "in erosione" o "in avanzamento". L'errore medio delle misure può essere tranquillamente di 5 metri, cosa che comporta un possibile errore di 10 metri nel confronto fra rilievi effettuati in momenti diversi. Infine, vi sono tratti di litorale in cui la costa arretra di 20 metri all'anno ed altri in cui gli spostamenti sono di poche decine di centimetri all'anno: è ovvio che non possono essere considerati nello stesso modo. Un altro aspetto è legato alla presenza di opere di difesa: dove queste hanno funzionato, i rispettivi tratti di costa vengono considerati stabili o in accrescimento. Non solo, ma la difesa di un punto può determinare l'avanzamento della costa per diverse centinaia di metri o per chilometri sopraflutto che, sebbene tendenzialmente in erosione, vengono inseriti nella categoria "in avanzamento". Con queste premesse i quadri regionali, ed ancor più quelli nazionali, devono essere letti con grande cautela e solo una approfondita ed aggiornata conoscenza dei 2
3 processi in atto e delle realtà territoriali coinvolte può fornire indicazioni attendibili sullo stato dei nostri litorali. Dati pubblicati sullo stato dei litorali italiani Regione Lunghezza spiagge Atlante delle spiagge (%) Elaborazione Legambiente A S E Lungh. % eros. Liguria Toscana Lazio Campania Calabria Sicilia Sardegna ,5 Basilicata Puglia Abruzzo Molise Marche Emilia Romagna Veneto ,5 Friuli ,2 Italia Atlante delle spiagge Italiane: A = Avanzamento, S = Stabile, E = Erosione. Elaboraz. Legambiente: Lunghezza dei tratti considerati e % dei tratti in erosione. Il quadro che emerge è comunque preoccupante, anche perché molti tratti di litorale sono in erosione nonostante siano stati pesantemente difesi con scogliere di ogni tipo, che hanno determinato un degrado paesaggistico ed una riduzione del valore economico della spiaggia. Negli ultimi anni anche in Italia si è cominciato ad utilizzare protezioni morbide nella difesa dei litorali: scogliere sommerse e ripascimento artificiale delle spiagge, spesso senza alcuna protezione. Il ripascimento artificiale, con sedimenti provenienti da dragaggi marini o da cave a terra costituisce oggi la tecnica privilegiata nella difesa dei litorali ed è in linea con le raccomandazioni espresse all UN Intergovernment Panel on Climate Change Le continue richieste di materiali da utilizzare nei ripascimenti spingono la ricerca di sedimenti in mare verso fondali sempre maggiori ed anche su depositi lontani. Draghe con capacità di carico crescenti consentono un notevole abbattimento dei costi unitari della sabbia, ma solo su interventi di grandi dimensioni, e si rende quindi necessario un coordinamento a livello regionale ed interregionale dei progetti. Negli ultimi anni, alcuni tratti della costa italiana sono stati oggetto di importanti interventi di ripascimento con sabbia prelevata sulla piattaforma continentale, che hanno 3
4 portato ad una espansione dell arenile di svariate decine di chilometri, spesso consentendo una drastica riduzione delle difese tradizionali: sui litorali del Veneto, dell Emilia Romagna e del Lazio sono stati versati più di 20 milioni di metri cubi di sedimenti, e quasi tutti gli interventi di difesa costiera oggi in fase di realizzazione o di progetto si basano su consistenti ripascimenti. Le spiagge che proteggono la Laguna Veneta sono state difese con circa 13 milioni di metri cubi di sedimenti dragati in mare nell Alto Adriatico, pur con la stabilizzazione con opere rigide. Nel Lazio sono stati fatti interventi di ripascimento su 22 km di spiagge ed altri sono tuttora in atto. Anche in Europa la tendenza è verso un aumento dei ripascimenti artificiali ed attualmente si valuta che ogni anno vengono portati sulle spiagge circa 28 milioni di metri cubi di nuovi materiali, per la gran parte dragati in mare. La Spagna, che per la difesa delle coste che si affacciano sul Mediterraneo si era inizialmente affidata a difese strutturali, negli ultimi 5 anni ha sviluppato ben 400 interventi di ripascimento, per un volume totale di sabbia di ben 110 milioni di metri cubi. Ma se oggi è possibile progettare opere di difesa costiera più morbide, con minore impatto sulle spiagge poste sottoflutto e in grado di preservare i valori paesaggistici originari, si pone sempre il problema della sostituzione delle vecchie scogliere. Queste hanno modificato talmente la linea di riva ed i fondali antistanti che non è possibile più una loro semplice sostituzione con le nuove opere. E necessario studiare nuove soluzioni per gestire questa fase di transizione e di riconversione delle vecchie hard structures nelle nuove soft protections. E in questo pochissime sono le esperienze a livello internazionale cui ispirarsi, anche perché le vecchie soluzioni all italiana non sono state esportate in molti paesi. Alcune esperienze fatte recentemente, accompagnate da prove su modelli fisici, dimostrano che in molti casi è possibile un ritorno alla spiaggia, ossia una graduale riduzione delle scogliere senza pregiudicare la stabilità della costa e delle infrastrutture in essa presenti. A sud di Marina di Pisa recentemente è stata costruita una spiaggia in ghiaia davanti ad una scogliera aderente, con lo scopo di ridurre la riflessione delle onde e favorire l'avvicinamento della sabbia verso costa, mentre davanti all'abitato è iniziato l'abbassamento delle scogliere parallele e la costruzione di spiagge, sempre con materiali grossolani, che vanno a sostituire le scogliere aderenti che proteggono la strada e le case. Qui ogni chilometro di litorale è difeso da 2,3 chilometri di scogliere, che hanno trasformato un litorale basso e sabbioso in una costa rocciosa in cui anche il solo accesso al mare è estremamente pericoloso. Il nuovo intervento darà a questo centro abitato una spiaggia, seppure in ghiaia, ampia più di 20 metri e l'abbassamento delle scogliere parallele consentirà un maggior ricambio idrico. Se il sistema evolverà verso condizioni più naturali, sarà possibile in futuro abbassare ulteriormente le scogliere o ridurre le dimensioni dei sedimenti che formano la spiaggia. E comunque un percorso che impone fasi di sperimentazione e che necessita di nuove normative, di ampio consenso nelle popolazioni residenti e di tempi molto lunghi. L aspetto più problematico è proprio quest ultimo: il ritorno della spiaggia a condizioni morfologiche più naturali, se raggiungibile, richiede un graduale adattamento delle strutture alla nuove condizioni che si vanno via via a determinare. E però vero che già i primi cambiamenti hanno una notevole visibilità, tale spesso da fare cambiare completamente faccia alle località interessate. Si possono verificare alcune resistenze locali, poiché le scogliere, anche se estremamente impattanti, sono a volte viste come una componente ormai naturale del paesaggio. 4
5 Il consenso, e quindi la partecipazione delle popolazioni, può essere ottenuto con una forte campagna di sensibilizzazione e con la presentazione di quei pochi casi in cui questo processo è già stato avviato. Questo recupero del fronte mare, in litorali pesantemente occupati da strutture di difesa, offre nuove possibilità di ripensamento dell interfaccia terra - mare e di valorizzazione di tutta la fascia costiera. Oggi, in molti casi, la transizione fra la terra e il mare avviene in una strettissima fascia occupata dalle scogliere; la nuova configurazione consentirà un passaggio graduale, con una maggiore vivibilità di queste aree. La creazione di una nuova spiaggia, al posto degli attuali accumuli di scogli, dovrà quindi essere accompagnata da un ampio progetto urbanistico di riqualificazione di una vasta parte del territorio costiero. Solo in questo caso il passaggio dalle difese rigide alle protezioni morbide sarà occasione di riqualificazione ambientale. Anche laddove le difese costruite nei decenni passati hanno determinato la permanenza della spiaggia si cerca di ridurre la presenza delle scogliere emerse, come si sta attualmente studiando a Marina di Massa (Toscana), dove sono stati costruiti quattro setti sommersi sperimentali, ortogonali a riva, in un tratto posto sottoflutto alle difese rigide e soggetto ad un'erosione di 4 metri all'anno; i primi dati indicano che il processo erosivo è stato fermato senza produrre alcun impatto negativo sul litorale. Ciò rende ottimisti sulla realizzazione di un progetto che comporta la parziale demolizione delle scogliere poste più a nord, dove su ogni chilometro di costa vi sono ben 1,7 chilometri di scogliera. In un breve tratto del litorale di Ostia, a Procida, a Marina di Ravenna e ad Alassio si sta cercando di bloccare l'erosione con tubi drenanti (sistema Beach management system Bms ), che abbassano il livello di saturazione in prossimità della linea di riva, favorendo così l'infiltrazione dell'acqua dell'onda che risale la battigia, in modo da ridurre la quantità di acqua che torna verso il mare e che contribuisce all'erosione della spiaggia. Questo sistema, brevettato dall Istituto geotermico danese ha già riscosso notevole successo nel Nord Europa. L'interesse per l'ambiente costiero ed il valore economico della spiaggia spingono quindi verso la ricerca di nuove soluzioni per la difesa morbida dei litorali, ma contemporaneamente emerge la consapevolezza che non tutte le spiagge siano difendibili, anche perché in molti casi è proprio la loro erosione che garantisce l'afflusso di sabbia a settori limitrofi. Così come molte delle soluzioni fin ad ora adottate per contrastare l erosione su alcune spiagge hanno determinato l arretramento di arenili limitrofi. E bene anche richiamare l attenzione riguardo ai possibili effetti sull ecosistema per lo sfruttamento delle cave di sabbie sottomarine, come giacimenti cui attingere per il ripascimento morbido delle spiagge litoranee. Riguardo alle esperienze sin ora realizzate, in particolare dagli spagnoli, gli effetti sulla popolazione ittica e quindi sulla pesca sembrerebbero inesistenti. Anzi, per effetto del rimescolamento dello strato di limo presente sui giacimenti, si avrebbe addirittura un effetto positivo sulla produzione primaria e quindi sulla popolazione ittica, per la liberazione di nutrienti. E evidente che, per avere maggiori garanzie sugli eventuali disturbi dell azione di dragaggio delle sabbie sottomarine, sarebbe necessario avviare una fase conoscitiva, oltre a quella attuale di monitoraggio, da affidare ad organismi scientifici estranei alle fasi istituzionali di intervento. 5
6 Vale la pena inoltre sottolineare che le soluzioni tecnologiche intervengono di fatto per limitare degli effetti e che a queste è comunque necessario affiancare politiche di gestione del territorio in grado di frenare invece le cause che determinano l erosione non naturale delle coste. Il mancato apporto solido dei fiumi dovuto all estrazione di inerti e alla cementificazione degli alvei è sicuramente una delle principali cause dell erosione costiera. Analogamente la selvaggia cementificazione sulle coste e l assenza di sistemi di protezione ha fatto sparire le dune e le retrodune, veri serbatoi di spiagge e naturali barriere antierosione. Nel secolo passato sono andati perduti quattro quinti delle dune della nostra Penisola. Il fatto che circa l'80% delle spiagge mondiali è in erosione dimostra che questo processo dipende anche da fattori globali, e principalmente dall'innalzamento del livello marino, ai quali non è semplice e rapido trovare rimedio. Recentemente la Commissione europea ha reso noti i risultati dello studio Living with Coastal Erosion in Europe: Sediment and Space for Sustainability da cui emerge che già un quinto della superficie costiera dei paesi dell Unione allargata è soggetto ad una riduzione della linea di costa compreso tra 0,5 e 2 metri l anno con casi particolarmente gravi che arrivano sino a 15 metri. Eliminato: Mappa dell erosione sulle coste italiane in base allo studio europeo Regione Erosione molto alta (zona rossa) Erosione alta (zona arancione) Erosione moderata (zona gialla) Liguria * Toscana * Lazio * Campania * Calabria * Sicilia * Sardegna * Basilicata * Puglia * Abruzzo * Molise * Marche * Emilia * Romagna Veneto * FriuliVenezia Giulia * Sulle cause e sulle risposte messe in atto dai vari paesi emerge inoltre a parte alcune sostanziali differenze- anche una diffusa negligenza nell applicazione delle procedure di valutazione dell impatto ambientale, richieste della legge comunitaria, delle 6
7 attività umane sui processi e gli habitat costieri. Di conseguenza, i costi per ridurre l erosione costiera sono aumentati, con spese a carico dei contribuenti. Lo studio fornisce anche delle raccomandazioni per contrastare il fenomeno a livello europeo, che consistono sostanzialmente nel rafforzare l elasticità costiera ristabilendo un equilibrio sedimentario; intervenire con atti pianificatori e di investimento, ma anche attraverso l approfondimento delle attuale conoscenze.. Il convivere con l'erosione è la nuova sfida che ci aspetta e se saremo costretti a difendere in ogni modo litorali intensamente urbanizzati, parallelamente dovremo consentire all'erosione di procedere negli ambienti più naturali, considerando che in molti casi la delocalizzazione di piccole strutture ha dei costi economici, e certamente ambientali, assai minori di quelli della difesa ad oltranza. In questo quadro è poi evidente che non è pensabile proseguire nell'edificazione delle fasce costiere, ben sapendo che sarà fra breve necessario intervenire per difendere gli stessi insediamenti. 7
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