"Una legislazione promozionale e sussidiaria per la costituzionalizzazione degli attori della società civile"

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1 "Una legislazione promozionale e sussidiaria per la costituzionalizzazione degli attori della società civile" andrea.bassi7@unibo.it 1

2 Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale Legge 106 del 6 giugno

3 La struttura della legge-delega Il testo si sviluppa in 12 articoli: A) art. 1 e 2 (Finalità, Oggetto e Principi); B) art. 3 (Riforma Codice Civile); C) art. 4 e 5 (Riforma Terzo Settore); D) art. 6 (Impresa Sociale); E) art. 8 (Servizio Civile); F) art. 10 (Fondazione Italia Sociale); G) art. 7, 9, 11, 12 (Temi trasversali: Vigilanza; Misure Fiscali; Disposizioni Finanziare, Relazione alle Camere). 3

4 Oggetto della legge (Art. 1 comma 2) a) alla revisione della disciplina del titolo II del libro primo del codice civile in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, riconosciute come persone giuridiche o non riconosciute; b) al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore di cui al comma 1, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti, mediante la redazione di un apposito codice del Terzo settore, secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui all articolo 20, commi 3 e 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni; c) alla revisione della disciplina in materia di impresa sociale; d) alla revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale. 4

5 Codice del Terzo Settore Il Codice del Terzo Settore si presenta come un vero e proprio Testo Unico che regolamenta in maniera organica e unitaria le attività dei soggetti che lo compongono. Il CTS si propone di raggiungere tale obiettivo attraverso: il riordino e la revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del TS, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti [Art 1 2^ Comma - lettera b] in particolare ci si riferisce a: - Legge quadro sul Volontariato (L. 266/1991); - Disciplina delle cooperative sociali (L.381/1991); - Disciplina delle associazioni di promozione sociale (L.383/2000); - Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Decreto legislativo 460/1997); 5

6 Definizione di Terzo Settore 6

7 Definizione (Art. 1, 1 comma) Per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi. Non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche. (Nonché non sono oggetto della legge le cosiddette Fondazioni di origine bancaria). 7

8 Tre tipologie di soggetti Come si evince chiaramente dalla definizione sopra riportata vengono a palesarsi tre insiemi principali di soggetti che si definiscono e si caratterizzano in base alla FINALITA principale perseguita (desumibile dai loro Statuti o Atti costitutivi nell articolo che tratta dei fini, obiettivi, scopi, ecc.). Si tratta di quella che, in ambito internazionale, viene denominata MISSION. 8

9 Tre attori del Terzo Settore Focalizzando l attenzione sulle finalità perseguite abbiamo, nel nostro paese, le seguenti tre tipologie di enti del TS: I) le organizzazioni a orientamento solidaristico prevalente (Volontariato L. 266/1991); II) le organizzazioni ad orientamento civico prevalente (Associazionismo pro-sociale L.383/2000; e i Comitati); III) le organizzazioni a prevalente orientamento/vocazione produttiva, volte al perseguimento di utilità sociale, (cooperazione sociale - L. 381/1991; e imprese sociali d.lgs. 155/2006;). Rientrano in questa fattispecie anche le cosiddette Fondazioni Civili (Codice Civile Libro Primo - Titolo II) operative, ovvero quelle che producono/erogano beni/servizi a terzi. 9

10 Di che cosa stiamo parlando? Qualche numero senza dare i numeri 10

11 Istituzioni Nonprofit per forma giuridica FORMA GIURIDICA VALORI ASSOLUTI % ( ) 1. Cooperativa sociale a - Tipo A (60,3%) 1b - Tipo B (30,8%) 1c - Miste 595 (5,3%) 1d - Consorzi 407 (3,6%) 2. Associazione riconosciuta Fondazione Ente Ecclesiastico Società di Mutuo Soccorso Associazione non riconosciuta Comitato Altra Istituzione Nonprofit TOTALE

12 Istituzioni Nonprofit per forma giuridica Fondazioni 2,0% Associazioni riconosciute 22,7% Associazioni non riconosciute 66,7% Cooperative sociali 3.7% Altri Enti Nonprofit 4,8% 12

13 Fonti di finanziamento delle Istituzioni Nonprofit in Italia (64 Mld) FONTE VALORI ASSOLUTI % ( ) 1. Contributi da Enti Pubblici Contratti con la Pubblica Amministrazione 3. Contributi annui aderenti Vendita di beni e servizi Donazioni Gestione finanziaria e patrimoniale 7. Altro TOTALE

14 Istituzioni Nonprofit per classi di dipendenti Classi di dipendenti Valori assoluti % Nessuno ,1 da 1 a ,6 da 3 a ,7 da 10 a ,7 da 20 a ,1 50 e oltre ,8 Totale ,0 14

15 Istituzioni Nonprofit per classi di volontari Classi di volontari Valori Assoluti % Nessuno ,2 da 1 a ,7 da 3 a ,0 58,9 da 10 a ,0 da 20 a ,6 93,6 50 e oltre ,4 Totale ,0 15

16 Classi di dipendenti Valori assoluti % Nessuno ,1 Piccole (fino a 9) ,3 Medie (10-49) ,8 Grandi (50 e oltre) ,8 TOTALE ,0 Classi di Volontari Valori assoluti % Nessuno ,2 Piccole (fino a 9) ,7 Medie (10-49) ,6 Grandi (50 e oltre) ,4 TOTALE ,0 16

17 Valori assoluti Senza RU ,8 Solo lavoratori ,4 Piccole Medie Grandi Solo volontari ,4 Piccole Medie Grandi Miste ,4 Piccole p-m m-p Medie p-g m-g 460 g-p 547 g-m 399 Grandi 136 TOTALE ,00 % 17

18 Istituzioni Nonprofit per struttura risorse umane Senza Risorse Umane 11,8% Solo Volontari 74,4% Solo Lavoratori retribuiti 7.4% Miste 6,4% 18

19 Istituzioni Nonprofit per classi di Entrate Classi di entrate Valori Assoluti % Fino a ,1 da 5000 a 10mila ,8 45,9 da 10mila a 30mila ,5 da 30mila a 60mila ,9 78,3 da 60mila a 100mila ,4 da 100mila a 250mila ,4 da 250mila a 500mila ,3 95,5 oltre 500mila ,5 TOTALE ,0 19

20 Istituzioni non profit per classi di entrate/proventi e per consistenza di entrate/proventi Classi entrate/proventi Istituzioni % Entrate/proventi % euro , , euro , , euro , , euro , , euro , , euro , , euro , , euro e più , ,79 Totale , ,00 20

21 33,1% ONP 0,3% Entrate 81,8% 67,5% 4,5% ONP Entrate ONP 2,6% Entrate 21

22 I principi di una legislazione promozionale e sussidiaria. Lo schema per gradienti (adeguatezza) di controllo/incentivazione 22

23 Valore aggiunto Sociale Questi dati ci forniscono due indicazioni fondamentali: a) il valore aggiunto sociale dei soggetti di Terzo settore non sta principalmente nella loro valenza economica (sebbene rilevante), ma piuttosto nel loro apporto in termini di capitale sociale, di produzione di beni relazionali, di incremento del grado di inclusione e coesione sociale; 23

24 Misure incentivanti b) le misure incentivanti che il settore pubblico (Parlamento, Governo, e articolazioni amministrative nazionali, regionali e locali) intende mettere in campo per promuovere, sostenere ed incentivare gli attori di terzo settore nel nostro paese dovranno andare nella direzione di: semplificazione delle procedure amministrative per la costituzione e la gestione ordinaria di tali soggetti (composti nella stragrande maggioranza dei casi da organizzazioni di dimensioni piccole o piccolissime) e di favorire la loro partecipazione ai processi di programmazione, implementazione e realizzazione delle politiche pubbliche (in specie quelle sociali, sanitarie ed educative) a livello territoriale, e alla costruzione di modalità di collaborazione e partnership incentivanti con la pubblica amministrazione (in particolare a livello locale). 24

25 Codice del Terzo Settore Il Codice del Terzo Settore rappresenta una opportunità per superare quella che da più parti è stata definita una legislazione a canne d organo (per sottolineare come alle diverse famiglie di attori e soggetti del terzo settore sia stata dedicata nel tempo una legge ad hoc) e per porre ordine in materia in quanto nel tempo è venuta stratificandosi nel nostro paese una ampia mole di provvedimenti normativi ad esso dedicati, spesso in modo non organico, il che ha prodotto in molti casi sovrapposizioni e disfunzionalità. 25

26 Legislazione promozionale Se vuole essere davvero il pilastro di una legislazione promozionale e sussidiaria degli attori del Terzo Settore, il Codice dovrà prevedere pertanto una serie di norme di regolamentazione ed incentivazione articolandole rispetto alle tre categorie tipologiche, più volte menzionate, di soggetti non lucrativi in base alla loro finalità prevalente: I) le organizzazioni ad orientamento solidaristico prevalente; II) le organizzazioni ad orientamento civico prevalente; III) le organizzazioni a prevalente orientamento/vocazione produttiva, volte al perseguimento di utilità sociale; Secondo il criterio della proporzionalità delle misure normative (oneri e incentivi), che devono essere adeguate alla tipologia di enti da regolamentare. 26

27 Criterio di proporzionalità-adeguatezza Il criterio di proporzionalità richiede pertanto che sia le misure di regolamentazione e controllo sia quelle di incentivazione siano proporzionali alle caratteristiche intrinseche dei soggetti di Terzo Settore. Sarà opportuno quindi prevedere una progressività delle misure in base ad alcuni criteri di carattere dimensionale (consistenza delle risorse umane e consistenza delle risorse economico-finanziarie) nonché relativamente all oggetto dell attività e alle modalità di svolgimento. Per ciascuna misura bisognerà prevedere una scala per gradienti (che va da un livello minimo ad un massimo) lungo la quale collocare le diverse fattispecie organizzative a cui applicare le diverse tipologie di regolamentazione/incentivazione. Si veda ad esempio i continuum sotto riportati: 27

28 Scala per gradienti Sgravi fiscali: esenzioni (per i soggetti di TS) e deduzioni / detrazioni (per i donatori) Modalità di rendicontazione e pubblicizzazione (bilancio sociale)

29 Calibratura Le misure di regolamentazione/controllo e di incentivazione vanno in sostanza calibrate in base alla tipologia organizzativa, determinata: a) sia in termini dimensionali (piccole, medie e grandi unità); b) sia in termini di mission (solidaristica, civica di utilità sociale). 29

30 Schema logico/euristico Organizzazioni ad orientamento solidaristico Organizzazioni ad orientamento civico Organizzazioni orientate al perseguimento della utilità sociale Piccole (a1) (b1) (c1) Medie (a2) (b2) (c2) Grandi (a3) (b3) (c3) 30

31 Calibratura e proporzionalità Per ciascuna categoria (a1, b1, c1, ecc.) andranno calibrate misure ad essa proporzionate. Il legislatore dovrà verificare se sia preferibile predisporre scale di calibratura a partire dalla finalità rispetto alla dimensionalità o viceversa. Cioè se sia più opportuno distinguere in primis in base all orientamento solidaristico, civico e di utilità sociale (prevedendo, ad esempio, modalità di rendicontazione e pubblicizzazione semplificate per le prime e poi via via più articolate e complesse per le altre due categorie; oppure livelli di esenzione fiscale massimi per le prime e poi via via a scalare per le altre due categorie) e poi all interno di ciascuna categoria distinguere ulteriormente in base alla dimensione (piccole, medie, grandi). Oppure se, viceversa, sia più opportuno distinguere in primis in base alla dimensione (piccole, medie e grandi) e in secondo luogo all interno di ciascuna classe dimensionale distinguere ulteriormente in base all orientamento (solidaristico, civico e di utilità sociale). 31

32 Thank you for your attention! 32

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