LA DIFFERENZA TRA SUCCESSIONE MORTIS CAUSA

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1 SUCCESSIONI MORTIS CAUSA PROF. GIOVANNI SABBATO

2 Indice 1 LA DIFFERENZA TRA SUCCESSIONE MORTIS CAUSA E SUCCESSIONE INTER VIVOS IL PROCEDIMENTO SUCCESSORIO IL DIVIETO DEI PATTI SUCCESSORI I PATTI DI FAMIGLIA LA DEVOLUZIONE E LA DELAZIONE SUCCESSIVA LA SOSTITUZIONE FEDECOMMISSARIA LA CLAUSOLA SI SINE LIBERIS DECESSERIT IL DIRITTO DI ACCRESCIMENTO LA RAPPRESENTAZIONE L INDEGNITÀ L ACCETTAZIONE DI EREDITÀ L ACCETTAZIONE CON BENEFICIO D INVENTARIO LA SEPARAZIONE DEI BENI EREDITARI LA RINUNZIA DELL EREDITÀ LA PETIZIONE DI EREDITÀ LA COMUNIONE EREDITARIA LA SUCCESSIONE LEGITTIMA E TESTAMENTARIA IL TESTAMENTO L ISTITUZIONE DI EREDE SOTTO CONDIZIONE SOSPENSIVA LA ISTITUTIO EX RE CERTA IL CONTENUTO ATIPICO DEL TESTAMENTO LE FORME DEL TESTAMENTO LA VOLONTÀ TESTAMENTARIA I LEGATI LA REVOCA DEL TESTAMENTO L ONERE L ESECUTORE TESTAMENTARIO LA SUCCESSIONE DEI LEGITTIMARI EFFETTI SUI TERZI AVENTI CAUSA LA DIVISIONE di 34

3 1 La differenza tra successione mortis causa e successione inter vivos Il fenomeno giuridico della successione consiste nel trapasso della titolarità di una situazione soggettiva da un soggetto ad un altro e questo può avvenire in virtù di un atto mortis causa o di un atto inter vivos. Quest ultima è cioè frutto di un atto di volontà tra vivi e precisamente tra un dante causa ed un avente causa (es. contratto di compravendita). Questa successione sarà sempre a titolo particolare, in quanto avrà ad oggetto i singoli rapporti o situazioni interessate dal trasferimento. La successione mortis causa può essere invece sia a titolo universale (eredità), sia a titolo particolare (legato); essa presuppone un atto di ultima volontà destinato a produrre effetti al momento della morte del disponente. Molto si discute sul concetto di eredità, e cioè se esso possa essere inteso come universalità di diritto o piuttosto, secondo la cd. teoria atomistica 1, come complesso di diritti ed obblighi che conservano la loro rispettiva individualità. 1 Per una disamina delle due tesi in subiecta materia vedi : G.CAPOZZI, Successioni e donazioni, tomo primo, 1983, p. 41 ss. 3 di 34

4 2 Il procedimento successorio Il procedimento successorio prende le mosse dalla morte del de cuius, che va individuata, secondo i più recente apporti scientifici, nel momento della cessazione dell attività encefalica. Nell ambito del procedimento successorio si individuano i seguenti step : 1. prima fase = apertura della successione : essa ha luogo nel momento della morte e nel luogo dell ultimo domicilio del defunto. 2. seconda fase = vocazione : ha luogo per legge (successione legittima) o per testamento; 3. terza fase = delazione : è l effettiva chiamata dei vari successibili. I termini vocazione e delazione sono usati dal legislatore in maniera talvolta sinonimica, così da indurre taluni a sostenere che essi non presentino alcun profilo differenziale. Secondo altri, invece, per delazione deve intendersi l effettiva chiamata dei vocati, mentre secondo altri si dovrebbe usare la definizione di delazione soggettiva. E importante rilevare che la delazione può assumere diverse forme. La delazione può essere : condizionale, come nel caso dell istituito sotto condizione sospensiva, solidale, come nel caso dell accrescimento, successiva, come nel caso del fedecommesso, e infine indiretta, come nel caso della rappresentazione. Sono tutte ipotesi che comportano l abbandono dell apparente linearità del procedimento successorio, ipotesi alle quali intende far fronte l art. 460 del c.c., che è norma di fondamentale importanza. Essa sancisce l applicazione del principio della sesìna, per cui la proprietà dell asse ereditario non si trasferisce immediatamente oppure direttamente in capo all ereditando, perché a tal fine occorre che egli accetti l eredità, bensì si trasferisce il possesso e a prescindere dalla materiale apprensione dei beni appartenenti all asse ereditario, con la conseguenza che il vocato, pur non essendo proprietario, potrà esercitare le azioni possessorie. 4 di 34

5 3 Il divieto dei patti successori Tra le forme di delazione sicuramente è da escludere quella cd. contrattuale, stante il divieto dei patti successori sancito dall art. 458 c.c.. La ratio di tale divieto 2 è da ricondurre essenzialmente alla necessità di salvaguardare la libertà di disporre del testatore, che verrebbe sicuramente vulnerata laddove egli si vedesse obbligato a testare in una certa maniera in virtù di patti con alcuni successibili. Tali patti si distinguono in tre categorie : i patti istitutivi 3, i patti dispositivi e i patti rinunziativi. Si ricollega al divieto dei patti successori la norma (art. 635 c.c.) che impone la nullità della disposizione testamentaria sotto condizione di reciprocità 4. I patti di famiglia Con la legge n. 55 del 14 febbraio 2006 recante Modifiche al codice civile in materia di patto di famiglia, il legislatore ha ammesso la fattispecie, ascrivibile al rango dei patti dispositivi, del patto di famiglia, che è definito come il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti (art. 768 bis c.c.). Trattasi quindi di convenzione inter vivos traslativa ad efficacia reale, la cui peculiarità è quella di andare ad incidere sulla successione del disponente, contemplando la partecipazione necessaria anche del coniuge e di tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell'imprenditore. 2 In argomento, v. C.CACCAVALE, Il divieto dei patti successori, in Successioni e donazioni, a cura di P. Rescigno, I, Padova, 1994, 25; C. CACCAVALE, Patti successori: il sottile confine tra nullità e validità negoziale, in Notariato, 1995, 554; I ANTONINI, Il divieto dei patti successori, in Studium Juris, 1996, 601; C. CICERO, Liberalità imputabili alla legittima e divieto di patti successori, in Riv. Giur. Sarda, 1999, Si ritiene che solamente il patto istitutivo, ovvero l accordo con il quale un soggetto regolamenta con un beneficiario l assetto della propria vicenda successoria, si configura come atto a causa di morte, mentre i patti dispositivi e rinunciativi, avendo ad oggetto diritti successori non ancora entrati nel patrimonio del disponente, sono qualificabili come atti inter vivos (CARIOTA-FERRARA, Le successioni per causa di morte, I, 3, Napoli, 1959, 45; GIAMPICCOLO, Contenuto atipico del testamento. Contributo ad una teoria dell atto di ultima volontà, cit., 43; DE GIORGI, I patti sulle successioni future, Napoli, 1976, 37; FERRI, Disposizioni generali sulle successioni, in Comm. cod. civ. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1997, L art. 635 testualmente prevede che E` nulla la disposizione a titolo universale o particolare fatta dal testatore a condizione di essere a sua volta avvantaggiato nel testamento dell`erede o del legatario. 5 di 34

6 Dovrebbe quindi essere collocato nell ambito dei cd. contratti plurilaterali. 6 di 34

7 4 La devoluzione e la delazione successiva Accanto ai termini di vocazione e delazione si discorre pure di devoluzione. Alcuni ritengono che tale termine corrisponda a quello di delazione, ma in realtà la devoluzione riguarda le ipotesi in cui vi è la chiamata di ulteriori successibili quando quelli precedenti non siano in grado di accettare. Se ne discorre infatti a proposito della scomparsa che produce proprio tale unico effetto dell impossibilità di accettazione, oltre quello di poter nominare un curatore che amministri il patrimonio dello scomparso. Gli artt. 522 e 523, a loro volta, sono rubricati, rispettivamente, in termini di devoluzione nelle successioni legittime e testamentarie, disciplinando l ipotesi in cui il chiamato all eredità abbia rinunziato. Torniamo ai vari tipi di delazione che abbiamo enunciato, precisando che di delazione condizionale si parlerà più avanti in materia di successione testamentaria. E da prendere in considerazione innanzitutto la delazione successiva, che in realtà realizza anch essa un ipotesi di devoluzione quando l erede istituito non possa o non voglia accettare. Anche qui siamo nel campo della successione testamentaria e si dà il caso che il testatore abbia indicato una sorta di graduatoria di successibili per cui dica : nomino erede tizio, ma se questi non voglia o non possa accettare, nomino erede caio e via discorrendo. Di talchè il primo della serie è il cd. istituito, l altro o gli altri sono i cd. sostituiti e, laddove siano chiamati ad accettare comunque, saranno da considerare eredi del de cuius e non dell istituito. La delazione successiva, in tal caso, si esprime con il termine di sostituzione ordinaria, per distinguerla da quella cd. fedecommissoria. 7 di 34

8 5 La sostituzione fedecommissaria Si caratterizza per tradursi in una sorta di usufrutto a favore dell istituito, in quanto questi deve conservare il patrimonio dell ereditando per trasmetterlo, successivamente alla sua morte, ad altre persone indicate dal testatore. E chiaro che in tal senso il meccanismo giuridico è diverso perché l intervento del sostituito non è più eventuale, come nella sostituzione ordinaria, bensì necessario, seppure differito nel tempo, avendo come unico fine quello di conservare il patrimonio familiare. Ciò tradisce la sua origine feudale e, ponendosi in contrasto con la pienezza e libertà del diritto di proprietà, è vietata dal nostro codice, tranne che per il caso in cui si tratti del cd. fedecommesso assistenziale, dove l istituito è un soggetto incapace, e precisamente un interdetto abbisognevole di assistenza da parte del sostituito, che subentrerà nella titolarità dell asse ereditario alla morte dell istituito 5. Il limite entro il quale l istituto può operare è che l interdetto deve essere figlio, discendente o coniuge del testatore. 5 Un'altra ipotesi di fedecommesso, che presenta notevoli affinità con la sostituzione fedecommissaria, è il cd. "fedecommesso de residuo". Esso consiste nella disposizione con la quale il testatore impone all'istituito l'obbligo di restituire, alla sua morte, quanto rimane dei beni ereditari ad un sostituto testamentario indicato dal testatore medesimo. 8 di 34

9 6 La clausola si sine liberis decesserit Tale formula latina significa se morirai senza figli. E il caso in cui il testatore dica : nomino erede tizio, ma se questi morirà senza figli, nomino erede caio. Come si vede la prima istituzione è sottoposta a condizione risolutiva con previsione di una sostituzione ordinaria per il verificarsi di questa condizione. Il problema giuridico è stabilire se tale sostituzione sia ordinaria, e quindi consentita, ovvero fedecommissoria con conseguente nullità della clausola. La giurisprudenza risolve caso per caso in base ad una valutazione che si fonda innanzitutto sull età dell istituito, perché, laddove questi sia di età avanzata, la sostituzione fedecommissaria è facilmente configurabile 6. 6 G. CAPOZZI, op. cit., p di 34

10 7 Il diritto di accrescimento A proposito della cd. delazione solidale o collegiale viene in considerazione l istituto del diritto di accrescimento (art. 674 c.c.), che trova la sua ratio giustificativa nell esigenza di impedire che l asse ereditario subisca eccessivi frazionamenti, anche partendo dal presupposto che ogni singolo erede acquista una quota dell intero asse avente una sua autonoma forza espansiva. Perché l istituto operi, è però necessario innanzitutto che non scatti il meccanismo della sostituzione e inoltre che vi sia una chiamata congiuntiva o solidale, la quale si atteggia diversamente a seconda che si tratti di eredità o legato : nel primo caso occorre lo stesso testamento e senza determinazioni di parti per i singoli eredi, nel secondo è necessario soltanto che a più legatari sia lasciato lo stesso oggetto. Altro presupposto è che non possa operare neanche il meccanismo della rappresentazione e che l evento che rende inefficace la chiamata si manifesti prima dell acquisto. In conclusione, si ha accrescimento quando più persone siano chiamate all eredità o al legato e una o più di essa non possa o non voglia succedere per cui la sua quota accrescerà quella degli altri. 10 di 34

11 8 La rappresentazione A proposito della delazione indiretta viene invece in considerazione l istituto della rappresentazione, che si configura quando un chiamato non possa o non voglia accettare l eredità o il legato e pertanto subentrano i suoi discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado del mancato successore (art. 467 c.c.). Limite alla operatività dell istituto è che il diretto chiamato sia figlio o fratello del de cuius. La rappresentazione opera sia nella successione legittima che in quella testamentaria. 11 di 34

12 9 L indegnità Abbiamo fino adesso esaminato le prime due fasi del procedimento successorio e quindi, più approfonditamente la terza fase, quella della delazione, che presenta una tipologia variegata. Ma l esaurimento delle tre fasi non comporta ipso iure il verificarsi della successione, in quanto è necessario, a tal fine, che il chiamato all eredità dichiari di accettare. Problema preliminare è quello di stabilire se tale soggetto abbia capacità di succedere o, in senso contrario, sia indegno ex art. 463 c.c., in quanto resosi responsabile di azioni offensive nei confronti del de cuius. Tale norma prevede una serie di ipotesi che possono distinguersi in due categorie, a seconda che si atteggino o meno a fatti dotati di rilevanza penale. Comunque è prevista la possibile riabilitazione dell indegno, o con atto scritto, e cioè con atto pubblico o testamento, o soltanto implicitamente, quando il testatore lo abbia inserito tra i successori nonostante fosse a conoscenza della causa di indegnità. Problema giuridico è se tale indegnità si atteggi a vera e propria incapacità, che quindi impedisce l acquisto dell eredità, ovvero sia soltanto una causa di esclusione dalla successione, per cui l indegno può acquistare, ma decade dal diritto laddove intervenga una pronuncia giudiziaria che dichiari l esistenza di una causa di indegnità ( ad es. quando la persona ha attentato alla vita del testatore ). 12 di 34

13 10 L accettazione di eredità Una volta esclusa l incapacità a succedere, precisando che possono succedere anche i nascituri concepiti ovvero non concepiti, purchè figli di persona vivente al momento della morte del testatore, una volta quindi individuato il soggetto chiamato all eredità, questi ha dieci anni di tempo per accettare. Soltanto con l accettazione avrà luogo il fenomeno della successione universale mortis causa quando si tratti di eredità e non di legato, ove il legatario, successore a titolo particolare del de cuius, acquista automaticamente. La differente disciplina si giustifica per il fatto che soltanto l eredità può dare luogo ad una responsabilità ultra vires, cioè con un ammontare del passivo superiore all attivo. E innanzitutto possibile che gli altri successibili chiedano al giudice di imporre al chiamato la fissazione di un termine entro il quale egli deve dichiarare se intende accettare o meno. E altresì vero che se il chiamato è nel possesso dei beni ereditari ed entro tre mesi dal giorno dell apertura della successione o da quello in cui ha avuto notizia della delazione dell eredità non ha fatto l inventario, non ha più il diritto di rinunziare all eredità. Al riguardo alcuni discorrono di accettazione coattiva o presunta, affiancandola a quelle unanimemente riconosciute di accettazione espressa e tacita. La prima si ha quando in un atto pubblico o in una scrittura privata il chiamato all eredità dichiara di accettarla oppure assume il titolo di erede. La seconda invece si ha quando il chiamato compie un comportamento concludente, cioè tiene un contegno incompatibile con la volontà di rinunziare. Sono nulle la dichiarazione di accettazione parziale e quella sotto condizione o a termine e l accettazione è impugnabile solo per dolo o per violenza e non per errore. L esclusione di tale vizio del volere si spiega con il fatto che in materia successoria vi è pur sempre la possibilità di accettare con beneficio d inventario per il caso in cui venga in considerazione una eredità dannosa. La dottrina e la giurisprudenza però ritengono pur sempre che l errore operi quando si tratti, ad esempio, di un errore sulla persona, ossia sulle qualità morali del de cuius. 13 di 34

14 L accettazione con beneficio d inventario Essa risponde all esigenza di consentire all erede di sottrarsi alle conseguenze negative che gli deriverebbero, in virtù della cd. confusione ereditaria, da un eredità che presenti un passivo superiore all attivo (art. 484 c.c.). In taluni casi è obbligatoria, come per l eredità devoluta a incapaci o alle persone giuridiche, ed è fatta con una dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere della pretura del luogo in cui si è aperta la successione. Per quanto attiene i termini, abbiamo visto come il chiamato debba provvedere alla redazione dell inventario, destinato a precedere o a seguire la dichiarazione su detta del beneficio, entro tre mesi quando sia nel possesso effettivo dei beni ereditari. La conseguenza del ricorso al beneficio di inventario è che si mantengano separati il patrimonio del defunto e quello dell erede non solo nei confronti di quest ultimo, ma anche nei confronti dei creditori dell eredità e dei legatari, che avranno prevalenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell erede. 14 di 34

15 11 La separazione dei beni ereditari Può accadere che l esigenza di mantenere i due patrimoni separati sia avvertita dagli stessi creditori del defunto, al fine di impedire che il soddisfacimento del proprio diritto venga messo in pericolo dall infelice situazione patrimoniale dell erede. Nel caso precedente appena esaminato dell accettazione con beneficio d inventario, abbiamo (banalmente parlando) un eredità povera e un erede ricco, mentre in questo caso l eredità è ricca, ma l erede è povero. La separazione dei beni (art. 512 ss. c.c.) può essere chiesta anche dai legatari e al riguardo è previsto l obbligo di chiedere la separazione entro tre mesi dall apertura della successione. L effetto sarà la costituzione a favore dei creditori ereditari e dei legatari separatisti e in parte anche a favore dei creditori ereditari non separatisti di una sorta di garanzia reale, in quanto questi potranno soddisfarsi con preferenza e per intero sui beni separati rispetto ai creditori personali dell erede. 15 di 34

16 12 La rinunzia dell eredità. Per questa sono previsti requisiti formali, in quanto è necessaria una dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere della Pretura ove si è aperta la successione (art. 519 c.c.). Ne consegue innanzitutto che non è consentita la rinunzia tacita o implicita. La sua disciplina è parallela a quella dell accettazione dell eredità, in quanto anche qui non sono consentite condizioni e termini, non è possibile l impugnativa per errore, ma solo per violenza morale e per dolo, ha efficacia retroattiva in quanto chi rinunzia alla successione è come se non vi fosse mai stato chiamato. Si ricordi, infine, che i creditori del chiamato possono farsi autorizzare dal giudice ad accettare in nome e nel luogo del rinunziante, senza però assumere la qualifica di erede. 16 di 34

17 13 La petizione di eredità. Entra nella tematica delle azioni a tutela dell erede e al riguardo si è già rammentato l art. 460 c.c. attribuisce al chiamato la facoltà di esercitare le azioni possessorie in ordine ai beni appartenenti all asse ereditario, a prescindere dal fatto che egli ne abbia acquisito il possesso materiale. Tuttavia l erede può esercitare un azione che non attiene ai singoli beni del cespite, ma alla stessa qualifica di erede venendo così in considerazione una azione universale : è la petizione di eredità, che, oltreché azione universale, viene qualificata come azione reale, perché può esperirsi contro ogni terzo possessore o detentore, ed è imprescrittibile. Occorre allora distinguere tra legittimazione attiva e legittimazione passiva : la prima, consistente nella facoltà di intentare l azione, va riconosciuta all erede il quale intende conseguire il riconoscimento di questa sua qualità; la seconda, invece, va riconosciuta in capo a colui che possiede tutti o parte dei beni dell asse ereditario a titolo di erede o senza alcun titolo. L esito dell azione consiste nel conseguire la restituzione del bene ereditario con applicazione, al fine di stabilire il quantum da restituire, della disciplina del possesso di buona o malafede a seconda che venga in rilievo l uno o l altro stato soggettivo con riguardo al soggetto passivo, con la conseguenza che solo nel secondo caso vi è l obbligo di quest ultimo al risarcimento del danno. Può accadere però che la persona che si è trovata nel possesso di beni dell asse ereditario a titolo di erede abbia ceduto a terzi a titolo oneroso i diritti ereditari vantati. Il problema è quello di stabilire se il terzo può fare salvi i diritti acquistati nei confronti dell erede. Al riguardo si è già riferito che la petizione di eredità è azione reale e quindi dovrebbe prevalere sempre l erede vero, tuttavia il codice statuisce che laddove il terzo abbia acquistato a titolo oneroso e in buona fede, in quanto il suo dante causa appariva oggettivamente essere erede (cd. erede apparente), fa salvo il suo diritto. Vi è però una disciplina particolare se il bene oggetto della cessione è un bene immobile o mobile registrato, perché in tal caso l acquisto del terzo non è efficace nei confronti dell erede vero se il titolo di quest ultimo ( atto di accettazione ) viene trascritto prima che siano stati trascritti tanto l atto di accettazione dell erede apparente quanto lo stesso atto di acquisto del terzo. 17 di 34

18 14 La comunione ereditaria Principio fondamentale è che debiti e crediti si dividono ipso iure tra i coeredi dal momento dell apertura della successione e in proporzione delle rispettive quote. Particolarmente importante è in materia la disciplina del retratto successorio, che consiste nell obbligo che ha il coerede, che durante la comunione ereditaria voglia alienare a terzi la sua quota di eredità, di notificare la proposta di alienazione agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione da esercitare entro 2 mesi dall ultima notificazione; se il coerede non ha rispettato tale obbligo gli altri coeredi hanno il diritto di riscattare la quota alienata. Ma il regime della comunione ereditaria è caratterizzato anche dall istituto della collazione, che consiste nell obbligo in capo ai coeredi di conferire alla comunione tutto ciò che essi abbiano ricevuto dal defunto per donazione, salvo che il defunto stesso non li abbia dispensati da ciò. L istituto si fonda sulla presunzione che la donazione rappresenti una sorta di anticipo rispetto alla successione mortis causa, laddove i donatari siano figli o discendenti o il coniuge del de cuius. E bene ribadire, infatti, che l obbligo di collazione sussiste solo nei confronti di questi soggetti. E importante la distinzione tra la collazione e la riunione fittizia, che si attua per effetto dell esercizio dell azione di riduzione a favore dei legittimari : 1) la collazione è effettiva e reale e non meramente fittizia ; 2) la collazione riguarda soltanto i soggetti indicati ( figli, altri discendenti e coniugi ) ; 3) la riunione fittizia non può essere esercitata dal testatore attraverso la dispensa. Sono escluse dalla collazione, oltre le donazioni oggetto di dispensa, che può essere espressa o tacita, anche quelle somme che il de cuius ha erogato in vita a favore dei soggetti già indicati per spese di mantenimento e di educazione, per malattia per abbigliamento e per nozze. La collazione di immobili infine può avere luogo o in natura oppure attraverso l imputazione del loro valore. 18 di 34

19 15 La successione legittima e testamentaria Si è detto che la delazione si presenta attraverso una tipologia variegata, ove alcuni tipi, come la delazione condizionale, sono propri della sola successione testamentaria, altri possono applicarsi sia nell una che nell altra successione. La summa divisio tra successione legittima e testamentaria si deve poi alla inequivoca disposizione di legge che si riferisce alla fase pregressa della vocazione, secondo cui essa può avvenire per legge o per testamento. Va quindi rigettata la tesi che configura la successione dei legittimari come un tertium genus di successione : in realtà anch essa è successione legittima. La successione legittima, detta pure ab intestato ( senza testamento ) si produce a favore dei parenti del de cuius e del coniuge; in particolare, in virtù della regola che il prossimo esclude i remoti se concorrono soltanto gli ascendenti, l eredità si divide per metà a favore della linea paterna e per l altra metà a favore della linea materna, ma, se vi è il concorso tra il coniuge e i figli, il primo ha diritto alla metà se concorre con un solo figlio altrimenti ad un terzo se concorre con più figli, ai quali andranno i due terzi. Si ricordi infine che in mancanza di altri successibili vengono in considerazione i parenti fino al 6 grado e se neanche questi si rinvengono la successione è dello Stato. La successione dello Stato si caratterizza per i seguenti profili : 1) non è necessaria l accettazione; 2) lo Stato può reclamare la qualità di erede anche dopo 10 anni dalla morte del de cuius e quindi anche oltre il termine previsto per esercitare il diritto di accettazione; 3) la responsabilità dello Stato è sempre intra vires, cioè sempre nei limiti del passivo. 19 di 34

20 16 Il testamento L analisi della successione testamentaria si incentra sulla natura e la disciplina del testamento. Molto si discute se questo atto, con il quale il de cuius dispone dei propri beni per il tempo in cui avrà cessato di vivere, sia qualificabile come negozio giuridico. La tesi tradizionale è che si tratti di negozio unilaterale - tipicamente previsto quale unico strumento giuridico che può essere utilizzato per realizzare lo scopo anzidetto, mortis causa, in quanto produce effetti soltanto alla morte del suo autore - unipersonale, in quanto non è possibile che esso sia reciproco o posto in essere a vantaggio di altre persone le quali ricambiano lo stesso testando in un senso prestabilito, e formale, nel senso che la volontà testamentaria deve risultare il più possibile dall atto stesso. A quest ultimo riguardo si pone il problema se sia ammissibile in materia testamentaria la cd. relatio cioè l integrazione della volontà testamentaria attraverso il riferimento da parte del testatore a circostanze della vita reale. Si ritiene che tale ammissibilità vada riconosciuta purchè il testatore faccia rinvio a fatti oggettivi e non a determinazioni altrui. Particolare interesse mostra il legislatore al fine di salvaguardare la volontà testamentaria, così evitando di porre nel nulla il testamento che pure presenta elementi difettosi. Siffatta ratio è espressa innanzitutto dalla cd. regola sabiniana di origine romanistica, in virtù della quale nelle disposizioni testamentarie le condizioni impossibili o illecite si hanno come non apposte, a meno che costituiscano il solo motivo che risulti dall atto e abbiano indotto il testatore a disporre. 20 di 34

21 17 L istituzione di erede sotto condizione sospensiva Viene in rilievo la cd. delazione condizionale: essa è ammissibile in quanto se l istituzione di erede non può essere sottoposta a termine, ben può essere sottoposta a condizione, sia essa sospensiva o risolutiva. Nel primo caso, e specificatamente nell ipotesi di condizione sospensiva potestativa, è possibile che gli interessati possano esercitare un azione ( cd. actio interrogatoria ) affinchè il giudice fissi un termine al chiamato; se la condizione invece è risolutiva, gli interessati possono tutelarsi ancora una volta rivolgendosi al giudice affinchè questi possa imporre all erede o al legatario una idonea garanzia a favore degli ulteriori successibili. 21 di 34

22 18 La istitutio ex re certa E ipotesi che segna il confine tra eredità e legato e consiste nel caso in cui il de cuius indichi un bene determinato dell asse quale oggetto del lascito del beneficiario. Il codice statuisce che l indicazione specifica dell oggetto della disposizione testamentaria si atteggi a disposizione a titolo universale, ove risulti che il testatore ha assegnato quel bene come quota dell intero patrimonio. Molto dipenderà da una valutazione concreta e soprattutto dal valore che il bene possiede in rapporto all intero patrimonio ereditario. Esempio : del testatore che lascia a tizio una villa mentre a caio e sempronio metà del patrimonio, anche tizio è da considerare erede 7. 7 C.Cassazione, Sez. II, 01 marzo 2002, n : in materia di distinzione tra erede e legatario, l'assegnazione di beni determinati deve interpretarsi, ai sensi dell'art. 588 c.c., come disposizione ereditaria ( institutio ex re certa ), qualora il testatore abbia inteso chiamare l'istituito nell'universalità dei beni o in una parte indeterminata di essi, considerata in funzione di quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato, se abbia voluto attribuirgli singoli individuati beni. L'indagine diretta ad accertare se ricorra l'una o l'altra ipotesi, si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici del merito, ed è, quindi, incensurabile in sede di legittimità se conseguentemente motivato. 22 di 34

23 19 Il contenuto atipico del testamento Il testamento, a rigore, dovrebbe avere contenuto patrimoniale in maniera esclusiva; tuttavia ben può accadere che vi siano delle disposizioni di carattere personale come un riconoscimento di figlio naturale o l autorizzazione all espianto degli organi dopo la morte. Tali disposizioni, siccome non patrimoniali, vengono definite come contenuto atipico del testamento, che ben può essere l unico contenuto di un testamento privo quindi di disposizioni di carattere patrimoniale 8. Affine a questa tematica è quella relativa alle disposizioni cd. per l anima nonché alle cd. disposizioni a favore dei poveri. Si tratta di sostanziali donazioni fatte dal de cuius a favore di ente ecclesiastico, o più semplicemente di parrocchie, affinchè vengano espletate, dopo la morte del testatore, i cd. suffragi; nel secondo caso invece si tratta di vere e proprie donazioni con l indicazione generica di poveri come soggetti beneficiari. Nel primo caso occorre che i beni oggetto del lascito siano determinati, mentre nel secondo caso i beni oggetto del lascito sono devoluti al Comune del luogo ove il testatore aveva domicilio al momento della morte. 8 GIAMPICCOLO, Il contenuto atipico del testamento. Contributo ad una teoria dell atto di ultima volontà, Milano, di 34

24 20 Le forme del testamento Bisogna distinguere tra forme ordinarie e speciali. Le forme ordinarie sono il testamento olografo e il testamento per atto di notaio, che a sua volta è pubblico o segreto. Il testamento olografo significa che è interamente scritto di pugno del testatore su un qualsiasi foglio di carta, senza che siano richieste particolari formalità, tanto che può venire scoperto anche molto tempo dopo la morte del de cuius. Addirittura è consentito che esso venga redatto su materiale diverso da quello cartaceo. Essenziale requisito è quello della data e della sottoscrizione e secondo la giurisprudenza il fatto che esso sia redatto non in stampatello ma con la grafia del suo autore è per consentire la comparazione con altri scritti del medesimo. Inoltre la giurisprudenza attribuisce rilevanza anche al testamento olografo che sia espressamente contrassegnato dal testatore copia dell originale. Il testamento segreto invece è quello pure redatto dal testatore, ma consegnato al notaio alla presenza di due testimoni, ove il notaio lo tiene in custodia fino alla morte del de cuius. Si tratta della forma meno usata di testamento, in quanto se il testatore intende affidarsi alla competenza di un notaio consente che sia quest ultimo a redigerlo affinchè non incorra in errate interpretazioni della legge. Si avrà in tal caso il testamento pubblico, che pure richiede la formalità della presenza di due testimoni. E importante che il notaio registri fedelmente la volontà del testatore senza manipolarlo, è comunque egli non può essere beneficiario di alcuna disposizione testamentaria. Il testamento internazionale è quello previsto da una legge, del 1990, che ha recepito una convenzione internazionale tesa all individuazione dei requisiti fondamentale perché in qualsiasi parte del mondo possa riconoscersi in concreto l atto testamentario. In particolare si richiede il rispetto di quelle formalità che consentono di assicurare la genuinità della volontà del de cuius. I testamenti speciali, infine, sono quelli che si possono stipulare in condizioni particolari ( guerre, viaggi in mare, calamità naturali ) con competenza a riceverli in capo a talune autorità, in via eccezionale, come il comandante della nave, o un ufficiale militare. Principio comune è che il testamento così redatto ha efficacia soltanto per tre mesi, decorrenti dal momento in cui ha fine la situazione eccezionale che costituisce presupposto per l applicazione della presente disciplina. 24 di 34

25 21 La volontà testamentaria L incapacità a testare si deve riconoscere in capo ai minori, agli interdetti, non anche agli inabilitati e agli incapaci naturali. Secondo la giurisprudenza molto rigorosa deve essere la prova dell incapacità naturale. Per interdetti si deve fare riferimento alla interdizione giudiziale. Sono diverse le disposizioni normative in virtù delle quali il legislatore intende salvaguardare la volontà testamentaria, che pure deve essere sempre spontanea, completa, definitiva, espressa. Tra queste disposizioni viene in rilievo innanzitutto la già citata regola sabiniana, ma anche il principio falsa demonstratio non nocet, in virtù del quale la dichiarazione erronea del testatore in ordine al soggetto beneficiario o all oggetto della disposizione testamentaria può essere superata purchè risulti in modo non equivoco a quale persona o a quale cosa intenda il testatore realmente riferirsi. E il principio cd. del favor testamenti, che trova espressione anche in una norma particolarmente importante, l art. 590 c.c. ( conferma del testamento nullo ). Tale norma statuisce che la nullità della disposizione testamentaria non può essere fatta valere da chi, conoscendo la causa della nullità, ha, dopo la morte del testatore, confermato la disposizione testamentaria o dato ad essa volontaria esecuzione. Tale norma, presente anche in materia di donazione, viene considerata dalla dottrina dominante fondamento della possibilità consentita dal legislatore di sanare, seppure in via eccezionale, l atto nullo. Solo per inciso diciamo che la teoria della sanatoria dell atto nullo si contrappone alla tesi che discorre di teoria del doppio trasferimento negoziale. Il testamento, quale negozio, soggiace alla disciplina negoziale e pertanto può essere annullato per la presenza di un vizio del volere quale l errore, la violenza, o il dolo; anzi si ritiene che tali vizi abbiano una particolare pregnanza in materia testamentaria (art. 624 c.c.) 9. 9 Cassazione civile, sez. II, 22 gennaio 1985, n. 254: In tema di errore ex art. 624 c.c. è necessaria la dimostrazione che la volontà del testatore sia stata influenzata in maniera decisiva dalla percezione, come reali, di fatti diversi dal vero. Analogamente, in tema di dolo o violenza, sempre ex art. 624 c.c., occorre la prova che i fatti di induzione in errore o di violenza abbiano indirizzato la volontà del testatore in modo diverso da come essa avrebbe potuto normalmente determinarsi. Più in particolare, quanto al dolo, ad integrare la captazione non basta una qualsiasi influenza esercitata sul testatore attraverso blandizie, richieste, suggerimenti, sollecitazioni e simili, sia pure interessati, ma è necessario l'impiego di altri mezzi fraudolenti che, avuto riguardo all'età, allo stato di salute e alle condizioni psichiche del de cuius, siano idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso verso il quale non si sarebbe spontaneamente indirizzata. 25 di 34

26 Insomma, nonostante il favor testamenti, può il testamento essere affetto da una causa di nullità o annullabilità, tanto più che può possono assumere rilevanza anche i motivi, per cui anche l errore sui motivi o il motivo illecito determina la nullità dell atto quando risulti dal testamento e sia stato determinante della volontà del de cuius. 26 di 34

27 22 I legati Si è già illustrata la differenza tra eredità e legato, ove quest ultimo realizza una successione a titolo particolare con acquisto automatico da parte del legatario, salvo rifiuto, e la responsabilità di quest ultimo è sempre intra vires. Varia è la tipologia dei legati; in particolare vi è la distinzione tra legato di specie, nei confronti del quale vale il principio dell acquisto automatico, e il legato di genere o di quantità, che impone la specificazione da parte dell onerato prima che possa prodursi l effetto acquisitivo in capo all onorato. Si tratta cioè di casi in cui il carattere indeterminato dell oggetto del lascito richiede lo svolgimento di una ulteriore attività esecutiva della volontà del de cuius, con conseguente distinzione tra il soggetto onerato, cui si impone lo svolgimento di tali obblighi, e il soggetto onorato, a beneficio del quale l attività stessa è posta in essere ( cioè il legatario ). Bisogna distinguere poi tra prelegato ( legato a vantaggio di un erede ) e il sublegato ( legato imposto al legatario ) sempre con responsabilità intra vires, nonché tra legato in conto di legittima, e legato in sostituzione di legittima, distinzione della quale parleremo più avanti. 27 di 34

28 23 La revoca del testamento Il testamento è per sua natura atto revocabile è la revoca può essere espressa ( cioè con un nuovo testamento o con atto ricevuto da notaio alla presenza di due testimoni ) ovvero implicita, cioè con la redazione di un nuovo testamento, revoca quest ultima che può assumere tale veste formale soltanto per i testamenti olografi. 28 di 34

29 24 L onere L onere o modus è una disposizione testamentaria, con la quale il testatore impone un peso a carico del beneficiario della disposizione testamentaria ( lascio a tizio purchè faccia realizzare una statua in mio onore ). Si discute se l onere, quale disposizione del contenuto non patrimoniale, debba necessariamente associarsi ad altra disposizione di natura patrimoniale. Normalmente si distingue, nei manuali, dalla condizione per il fatto che quest ultima sospende ma non obbliga, mentre il modus obbliga ma non sospende. L inadempimento dell onere può comportare la risoluzione della disposizione testamentaria cui si riferisce, se tale risoluzione sia già prevista dal testatore o comunque l adempimento dell onere costituiva motivo determinante della disposizione stessa C.Cassazione, Sez. II, 21 febbraio 2007, n : L'onere o modus si qualifica come elemento accidentale ed accessorio rispetto al negozio testamentario, istitutivo di erede (o contenente un legato), ma tale natura non esclude che lo stesso onere possa collegarsi ad un'istituzione di erede per legge, nell'ipotesi in cui il testamento non istituisca un erede, dando luogo alla successione legittima. Infatti, l'imposizione dell'onere all'erede legittimo è stabilita dal diritto positivo, all'art. 629 c.c., che, nel prevedere che le disposizioni a favore dell'anima "si considerano come un onere a carico dell'erede o del legatario, e si applica l'art. 648", implica che in mancanza di istituzione testamentaria di erede l'onere possa gravare sull'erede designato per legge, in eguale misura, con applicazione della medesima disposizione dell'art. 648 c.c. sull'adempimento dovuto. 29 di 34

30 25 L esecutore testamentario Si tratta di un ufficio di diritto privato finalizzato ad assicurare l esatta esecuzione della volontà testamentaria. L esecutore è nominato dallo stesso testatore, si tratta di un ufficio gratuito che alcuni vogliono ricondurre agli istituti del mandato o della rappresentanza. A fine di svolgere il suo ufficio l esecutore deve prendere possesso dei beni che fanno parte della massa ereditaria e provvedere alla loro amministrazione. Il periodo entro il quale l esecutore deve svolgere il suo compito non può essere superiore ad un anno dall accettazione della funzione, periodo prorogabile però di un altro anno. 30 di 34

31 26 La successione dei legittimari Al riguardo, si discorre di successione contra testamentum perché scatta quando il testatore ha effettuato disposizioni anche con riguardo alla cd. quota di legittima, cioè la parte del patrimonio ereditario che spetta invariabilmente a certe categorie di successibili e nelle quote previste. Tali successibili sono i discendenti ed il coniuge, nonché gli ascendenti qualora manchino i discendenti. Non può quindi, ad esempio, tizio testare a favore di un nipote prediletto, lasciandogli l intero patrimonio così da escludere il coniuge e i figli. Si discute altresì se l erede legittimario possa essere qualificato come erede vero e proprio soprattutto quando sia stato pretermesso ( cioè escluso dal testamento ). I diritti dei legittimari possono essere lesi in tutto o anche in parte, come si verifica quando il testatore abbia lasciato comunque dei beni ai legittimari magari soltanto a titolo di legato. Proprio a tale riguardo si distinguono tra le due forme già citate di legato : il legato in conto di legittima si caratterizza per il fatto che il bene oggetto del lascito costituisce una sorta di anticipo della legittima, per cui ben potrà il legittimario acquisire il bene e successivamente agire con l azione di riduzione. Nell altra forma di legato (in sostituzione di legittima), invece, il legittimario è posto di fronte ad una scelta : o accetta il legato o rinuncia a questo per tutelare la sua quota di legittima. spettante. Ma vediamo in concreto come il legittimario può reintegrare la quota di legittima a lui Può in effetti accadere che questa sia stata lesa soltanto in parte, in quanto il testatore ha indicato tra gli eredi anche il legittimario, ma attribuendo dei beni che sono pari a una quota del patrimonio inferiore rispetto a quella prevista per legge. Ma può accadere che il legittimario sia stato del tutto escluso dalla successione testamentaria, per cui si discorrerà di legittimario pretermesso (escluso) che farà valere i suoi diritti del tutto contra testamentum. Il problema che in tal caso si pone è se questo legittimario possa ancora qualificarsi erede del de cuius ( alcuni discorrono di erede necessario ), ovvero si tratta di un soggetto che fa valere un diritto proprio. La giurisprudenza opta per questa seconda soluzione. Il procedimento che conduce il legittimario a reintegrare il suo diritto passa innanzitutto per la fase della cd. riunione fittizia. Ciò significa che l entità della quota di legittima deve essere 31 di 34

32 calcolata aggiungendo al patrimonio ereditario, così come esso si presenta al momento della apertura della successione, quanto il testatore ha donato nel corso della sua vita. E soltanto una operazione contabile, che pertanto si differenzia dal regime della collazione, ed investe tutte le donazioni a prescindere dal fatto che il soggetto donatario sia o meno unito da vincoli di parentela con il de cuius donante. Una volta effettuata questa riunione fittizia ( indicata con l espressione latina relictum atque donatum ), si tratta di verificare come il legittimario in oggetto si collochi tra le categorie previste dalla legge, e cioè se si tratti di discendente ovvero di coniuge ovvero di ascendente. I discendenti hanno diritto alla metà del patrimonio se il figlio è uno solo, ma a due terzi se i figli sono più di uno; il coniuge superstite ha diritto alla metà del patrimonio ereditario, gli ascendenti hanno diritto ad un terzo. In caso però di concorso tra coniuge e figli, il coniuge ha diritto ad un terzo e l unico figlio l altro terzo, ma se i figli sono più di uno al coniuge un quarto e ai figli un mezzo ( ½ ). La fase successiva si realizza attraverso l azione di riduzione, in virtù della quale le disposizioni testamentarie vengono ridotte proporzionalmente, senza distinguere tra erede e legatario o tra le singole disposizioni, a meno che il testatore non abbia dichiarato nel testamento che alcune di esse hanno prevalenza rispetto ad altre. Una volta ridotte le disposizioni testamentarie, non in maniera da reintegrare le quote lese, si agisce contro le donazioni, cominciando dall ultima e risalendo via alle anteriori. Il fatto che l azione del legittimario si indirizzi alle donazioni trova giustificazione nel fatto che queste sono considerate come una sorta di anticipo della successione testamentaria e non può questa riduzione aver luogo quando il legittimario, che non sia stato ovviamente del tutto pretermesso, abbia accettato l eredità con beneficio di inventario; vi è però l obbligo di imputare a se stesso, cioè alla sua quota, le donazioni e i legati a lui fatti, con l unico limite costituito dalla dispensa. La terza e l ultima fase è correlata all esercizio dell azione di restituzione l unica che ha efficacia reale in quanto produce l effetto restitutorio cui il legittimario mira, mentre l azione di riduzione produce come unico effetto la dichiarazione di inefficacia totale o parziale di un lascito o di una donazione. 32 di 34

33 27 Effetti sui terzi aventi causa Il legittimario che ha esperito l azione di restituzione consegue la proprietà del bene donato, libero da ogni peso o ipoteca, anche a danno dei terzi aventi causa, a meno questi non abbiano acquistato a titolo oneroso in base ad un atto trascritto e siano passati 10 anni dall apertura della successione, senza che in tale lasso temporale sia stata trascritta una domanda di riduzione. La possibilità di aggredire il bene donato che sia entrato nel patrimonio del terzo avente causa presuppone però che il legittimario stesso abbia già esecutato vanamente il patrimonio del donatario. Ciò significa, in altre parole, che il soggetto passivo dell azione rimane il donatario, il quale dovrà restituire il bene ricevuto o comunque il suo controvalore. 33 di 34

34 28 La divisione E lo strumento giuridico che consente ai coeredi di sciogliere una comunione ereditaria al fine di divenire proprietari esclusivi di una quota della stessa. Molto si discute sulla natura giuridica dell istituto, in quanto, secondo alcuni, essa avrebbe soltanto effetto dichiarativo rispetto all acquisizione della proprietà della quota, che retroagisce al momento dell apertura della successione. Altri invece sostengono la natura traslativa, mentre altri ancora ritengono che sia un fenomeno complesso che non può essere unilateralmente qualificato dal punto di vista funzionale. Ma quali regole devono essere seguite perché questa divisione abbia effettivamente luogo? Innanzitutto vengono in considerazione quelle poste dallo stesso testatore e che si chiamano assegni divisionali. Ciò vale in particolare per il caso in cui il testatore abbia immaginato la divisione come momento successivo rispetto alla comunione e magari affidandola alla stima di persona da lui stesso designata e con effetti vincolanti sugli eredi. Altro caso è quello in cui il testatore dispone che la divisione operi immediatamente, senza quindi passare per la fase della comunione, e attraverso una ripartizione del patrimonio ereditario già disegnata dal testamento. L unico obbligo che grava sul testatore è quello di non pretermettere alcuno dei legittimari o degli eredi. Accanto alla divisione del testatore si pongono la divisione consensuale e quella giudiziale : la prima si basa sull accordo di tutti i coeredi, i quali stipulano il relativo contratto di divisione che soggiace alla disciplina prevista per i beni immobili quando tale sia l oggetto del contratto, ( atto scritto e trascrizione ); la seconda si attua con una causa civile davanti al giudice. Principio fondamentale in materia di divisione è che ogni coerede riceve una parte dei beni in comunione qualitativamente omogenea ( la stessa parte di beni mobili, immobili, biancheria, ecc.). 34 di 34

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