aveva sempre rifiutato di prendere in considerazione il reato di organizzazione mafiosa. Si diceva: esistono i mafiosi, ma non la mafia.

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1 Il prof. Vincenzo Scotti - attuale presidente della Link Campus University e autore del libro "Pax mafiosa o guerra?" ma anche, tra gli altri incarichi, ex Ministro del Lavoro e degli Interni in anni molto particolari per la nostra Repubblica - ha rilasciato una lunga ed articolata intervista alla Web Radio dei Consulenti del Lavoro. - Prof. Scotti, una prima considerazione: il fenomeno mafioso è sviscerato dalla sociologia, dall economia e dai tanti rami del sapere. Nel suo libro c è un punto su cui tutti convergono e che lei analizza come chiave d interpretazione del fenomeno. Agenzia criminale a disposizione e che si muove sul mercato e negli interstizi tra criminalità, corruzione e clientelismo. Quindi, la forza della mafia è anche questa sua capacità di permeare e, a volte, anche di condizionare fenomeni che magari non determina direttamente. Questo è successo ed è una parte dell interpretazione del radicamento del fenomeno mafioso nel nostro Paese? - Certamente, lo è stato nel passato, ma lo è oggi in collegamento a quello che avviene nel resto del mondo. Noi, come Università, abbiamo aiutato una ricerca, di cui abbiamo pubblicato i risultati, su come le reti criminali oggi riconfigurano gli Stati, cioè la mafia non è soltanto una società che fa reati per arricchirsi, ma è diventato un potere alternativo allo Stato, non perché vuole distruggere lo Stato, ma perché vuole subordinare lo Stato ad attività illecite e criminali. Quello che determina la scelta, nel nostro Paese, di cambiare rotta e di passare da un atteggiamento di assuefazione, in quanto con il reato si è convissuti nel passato e si converrà in futuro, cioè come un dato permanente della società, ad una concezione della mafia come un fenomeno di anti-stato, fu il grande genio di Falcone. Dal punto di vista giudiziario, Falcone capisce che il processo non è ai singoli reati, ma alle organizzazioni e al sistema di potere. Quindi ci vuole una legislazione coerente con questo. Lui scrive la relazione che manda a giudizio la cupola criminale a Palermo, scrivendo che questa è il processo contro Cosa Nostra. Lui, quindi, cambia la prospettiva, la giurisdizione

2 aveva sempre rifiutato di prendere in considerazione il reato di organizzazione mafiosa. Si diceva: esistono i mafiosi, ma non la mafia. - Quindi Falcone entra per primo in quello snodo, riflettendo sul fatto che un fenomeno del genere è relazionale alle Istituzioni. - Sì, infatti c è stato in Italia nel 72 un giovane deputato di Genova, Presidente della Commissione Antimafia, che scrisse una relazione, che non è stata approvata dalla Commissione Plenaria, perché si sciolse il Parlamento, nella quale iniziava a configurare questo disegno in cui si vedeva come in Sicilia il 95% dei processi di mafia finiva con insufficienza di prove, che la Cassazione, fino alla vigilia del processo di Falcone, continuava a sostenere l inesistenza della mafia come organizzazione, perché era un associazione criminale che rientrava nella normalità. Da qui è venuta tutta la legge antimafia del 90-92, fatta con Falcone e Martelli, ed è la ragione per cui vennero opposizioni terribili da una cultura tradizionale, anche garantista. - Infatti, immagino che se il punto d attacco era d intervenire su un fenomeno in ragione dell ambiente di cui il fenomeno ha bisogno, si possono creare difficoltà a quei referenti della politica che con questo fenomeno potrebbero decidere di venire a patti. E quello che poi è successo e che ha portato alla morta di Falcone e di Borsellino. La prova provata della correttezza e della pericolosità di questa interpretazione sta poi nelle vicende che lei affronta: pax mafiosa o guerra, quello che è accaduto tra il 92 e il E il dilemma vero. - Qualche tempo fa ho letto il libro del Sen. Imposimato in cui si parla di Lei e si dice che, quando dopo le stragi del qualche componente dello Stato italiano, con cui la mafia aveva rapporti, decide di mandare un segnale, Scotti viene destinato ad altro perché la sua linea era quella dell assoluta intransigenza. Esagera un po Imposimato o era successo qualcosa in quel periodo?

3 - E successo qualcosa certamente, ma io ho un dato: la fine delle stragi. Questo dovrebbe far meditare. - Sì, abbiamo stragi che fanno alcuni morti: 5 a Firenze, 4 a Milano - La cosa più grossa è la strage che non si realizza allo Stadio Olimpico. Sarebbe stata la cosa più devastante. - Quelli erano segnali che la mafia mandava ai suoi precedenti interlocutori per dare il messaggio di continuare ad interloquire? - Ai precedenti e ai nuovi, chiedendo di attenuare, per esempio, il regime di carcere duro che era la cosa più importante. Questo non rappresentava il problema di fare una misura fittiva nei confronti di un uomo, ma di tagliare il legame tra il mafioso in carcere e quello sul campo, perché la mafia dall interno del carcere ha sempre governato ed era questo quindi, il legame da spezzare. Il 41 bis non aveva altri sensi e quando lo si è attenuato si è fatto un errore, perché il problema vero è di rompere, disarticolare l organizzazione. Questo ha il senso dei pentiti, del riciclaggio del denaro e di tutte le legislazioni e le misure che adottammo in quegli anni e che andrebbero continuate e sviluppate. - In questi anni la mafia continua ad operare, forse in maniera meno cruenta di quello che vediamo nelle guerre di camorra e in altri contesti, come soggetto che muove speculazioni e rapporti col sistema finanziario e bancario in qualche modo. C è forse un interlocuzione diversa, lo dico in modo un po brutale: quando la politica contava, la mafia interagiva con la politica, quando la politica conta un po meno, la mafia interagisce di più coi soggetti che sono i referenti dell economia e della finanza. E un azzardo dire questo? - No, questo è un elemento di analisi molto interessante. Bisogna continuare nell analisi, ma non solo in quella sociologica. Ci vuole una riflessione politica su come, a livello globale, e quindi nazionale, si opera. La ndrangheta è al centro del traffico internazionale di droga che dall America centrale passa in Africa, viene in Europa e si congiunge con la rotta balcanica. C è bisogno, cioè, di avere una

4 legislazione omogenea, armonica a livello globale. C è bisogno di una cooperazione tra le polizie, c è necessità di prendere atto, in Italia e nel mondo, di quello che Obama ha detto, cioè che la prima emergenza del mondo è la criminalità organizzata. E il sistema degli appalti continua a farne parte, perché la mafia ha alcuni traffici concentrati in alcune branche e poi, per il controllo del territorio, sostiene la forza delle cosche locali che si occupano di appalti pubblici, di commesse. - Non è complicato per la nostra magistratura riuscire a verificare se e come ci possono essere intermediazioni che determinano flusso di denaro mafioso, criminale nelle grandi operazioni e anche, a volte, nelle aziende pubbliche? - Questa era la ragione per cui costituimmo la Dia, unico strumento coordinato di analisi dei fenomeni e di studio delle connessioni in pratica su modelli astratti ed è la ragione per cui dicemmo, e Falcone sostenne fortemente, che non era possibile avere un frazionamento sul territorio delle inchieste, ma bisognava creare delle direzioni distrettuali antimafia e poi avere una Direzione nazionale antimafia con la possibilità di avocare anche i processi, perché non si può fare un processo limitato al territorio di competenza della procura, perché le interconnessioni vanno da Milano a Torino. Non si capisce il fenomeno mafia come l abbiamo accennato senza avere questa visione sistemica e questa conoscenza giudiziaria. - Esiste ancora oggi la possibilità che la mafia ed i colletti bianchi, presentandosi e gestendo interessi in organizzazioni e in imprese pulite, si ripresenti alla nuova classe politica e trovi riferimenti? Noi abbiamo una vicenda politica che spesso è condizionata dal clientelismo e dalla capacità di spostare masse di voti a disposizione. Questa è in parte la modalità con cui si è accompagnata la strategia della ndrangheta in Lombardia e ci sono fenomeni di ritorno da questo punto di vista. Come si potrebbe intervenire? Non c è forse il rischio che il buon lavoro della Dia sul lato economico-finanziario possa essere ostacolato da questo tentativo di ricondizionare attraverso i politici?

5 - Bisogna continuare sulla strada, che avevamo avviato, del controllo sulle Istituzioni, di possibilità di scioglimento di organismi, di Istituzioni pubbliche (comuni, provincie ecc..) inquinate dalla mafia, di avere dei codici di comportamento, di dare norme sull eleggibilità delle persone alle cariche pubbliche; mettere quindi un elemento di pressione. Questo è un problema che richiede, anche, la consapevolezza dei partiti. Ricordo che quando introdussi la legge sullo scioglimento dei Consigli Comunali, scrissi una lettera a tutti i segretari di partiti dicendo che quella era una norma che serviva a poco se non c era un azione di pulizia dei partiti attorno a loro. - Nella Democrazia Cristiana questa sua battaglia le è costata qualche avversario? - Tante. - Grazie, Presidente Scotti, per questa sua intervista e per le sue importanti dichiarazioni. - Grazie a voi.