Stalking: aspetti sociali e criminologici
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- Federica Meli
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1 Stalking: aspetti sociali e criminologici Secondo quanto contemplato nella Dichiarazione dell ONU n. 54/134 del 17/12/1999, per violenza contro le donne si deve intendere: ogni atto di violenza che porti come risultato, o che possa potenzialmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata. La violenza alle donne nelle sue varie manifestazioni, è ormai ben noto, si sviluppa soprattutto nell ambito familiare ed è socialmente trasversale, poiché non riguarda in maniera esclusiva i ceti economicamente e culturalmente svantaggiati. La letteratura sul fenomeno evidenzia chiaramente che essa produce nella vittima, in particolare sulla donna, effetti negativi sul piano fisico, come disturbi del sonno, astenia, dolori gastrointestinali, mal di testa, e sul piano psicologico, come la perdita di autostima, autocolpevolizzazione, depressione, disturbi alimentari, paura per sé e per i figli e, nei casi più gravi, tendenze suicide. Nel caso di violenza domestica, i figli che assistono obtorto collo alle violenze risentono di effetti che possono manifestarsi con problemi di salute e di comportamento, disturbi del peso, dell alimentazione e del sonno e possono creare serie difficoltà a scuola ovvero, nei casi più gravi, sviluppare tendenze suicide. Lo stalking, nel generale panorama della violenza, ne rappresenta una particolare forma che si inscrive, come rappresentazione di dinamica sociale, all interno della complessiva questione della violenza sulle donne. Questa specifica forma di violenza è, anch essa, ben lontano dal riguardare solo attori dei paesi sottosviluppati o degli ambienti sociali più svantaggiati; in verità, è largamente presente anche nei paesi cosiddetti sviluppati. Tanto è dimostrato da ricerche e studi condotti negli anni recenti e la letteratura prodotta ha, appunto, evidenziato la trasversalità del fenomeno per quanto riguarda i profili socio-biografici delle vittime e degli autori della violenza, sottolineando, al contempo, che la maggior parte delle prevaricazioni fino alle violenze vengono esercitate in ambito familiare o in contesti relazionali caratterizzati da intimità e affettività. Carmine Ventimiglia, insigne studioso del fenomeno, ha sostenuto che: L universo non è indifferenziato e che la differenza sessuale è una variabile centrale e non accidentale nei fenomeni sociali in generale e tanto più nello specifico della violenza.. La letteratura evidenzia che non esiste una categoria speciale di maschi violenti, tuttavia il problema della violenza contro le donne deve essere assunto come problema centrale del genere maschile e delle sue modalità di porsi, di rappresentarsi e di legittimarsi nel rapporto con l altro genere. E, insomma, nello scenario del pensare e dell essere normale che si ritrovano le condizioni potenziali che possono produrre esiti relazionali violenti.
2 Di contro, non è opportuno naturalizzare la violenza maschile, ovvero attribuirla ad un qualche carattere ancestrale biologico, etologico o psicologico degli uomini in quanto tale, che induce a una connessione univoca tra genere maschile e violenza. E questa, nell ipotesi, un affermazione facilmente confutabile; infatti, non tutti gli uomini sono violenti, altresì la violenza fisica pur riguardando percentualmente più maschi che femmine è riscontrabile anche nel genere femminile. La violenza maschile sulle donne è fenomeno antico e di ampie dimensioni che per lungo tempo, in parte ancora oggi, è socialmente accettata e ritenuta normale. Un fenomeno talmente radicato da permeare gran parte delle nostre istituzioni e delle nostre produzioni sociali, culturali economiche e politiche. Volendo descriverla in maniera sintetica, si potrebbe affermare che la violenza è una modalità che gli uomini usano: come abitudine, perché è qualcosa a cui sono stati socializzati, che è stato appreso ed è diventato parte della loro modalità di reazione e comportamento. Spesso la violenza degli uomini è qualcosa di sperimentato dagli uomini fin da piccoli; come espressione identitaria, in quanto modalità espressiva culturale della propria mascolinità o virilità, espressione di un immaginario culturale specifico, quello della famiglia patriarcale; come strumento di controllo e dominio sugli altri, in particolare sulle persone importanti. Fin da piccoli, gli uomini imparano che la propria identità sessuale non è scontata, non è certa, deve essere costruita, affermata, testimoniata continuamente. Fin da piccolo, al giovane maschio sono chieste prove di forza, di coraggio, di affermazione di sé nel confronto con gli altri. La violenza sessuale, dunque, possiamo affermare, lega un piacere sessuale ad un piacere dettato dal senso di potenza e di superiorità del maschio e contemporaneamente ad una sottomissione e degradazione imposta alla donna. In altri casi, la violenza serve come strumento di controllo e di potere, per imporre un certo ordine nel rapporto e alla donna. E utile notare, in tale gioco dei ruoli, che la violenza sulle donne ordina le relazioni non solo nel privato, ma anche nella sfera pubblica; essa non colpisce solo le vittime reali ma anche quelle potenziali. Attraverso la paura, il terrore, il trauma contribuisce a modificare le possibilità e le forme di relazione tra uomini e donne per tutta la società. La possibilità della violenza infatti impedisce o condiziona molte possibilità o esperienze delle donne: uscire di notte, accettare un passaggio in macchina, andare a casa di amici Tutto questo viene vissuto come esperienza pericolosa. In tal senso, nell immaginario collettivo si è sedimentato il paradosso che se una donna viene violentata di notte per strada il giudizio sociale colpisce anche lei poiché: una donna che esce di notte da sola se la va a cercare. La violenza contro le donne ha come autori gli uomini, ma nessuna ricerca finora ha rilevato specifici fattori come indicatori di rischio per quanto riguarda la tipologia del violento e del maltrattatore: né l etnia, né l età, né lo status sociale e le condizioni economiche e culturali; in tal senso, non è possibile giungere ad un identikit. Ciò significa e questo è l aspetto più inquietante della violenza contro le donne che essa non presenta quei chiari confini che altri tipi di violenza hanno; essa, infatti, non è come altre violenze quella criminale ad esempio individuabile e circoscrivibile in ben precisi luoghi e contesti sociali o addebitabile a ben precisi processi socio-economici. La violenza in generale su attori in situazione di evidente debolezza e, in particolare, sulle donne e sui minori e lo stalking, come rappresentazione più peculiare di essa, è un fenomeno di collocazione mondiale che, ancora purtroppo, non trova un generale adeguato riconoscimento. Oggi, in Italia, grazie al d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, conv. dalla l. 23 aprile 2009, n. 38 (c.d. d.l. Alfano Carfagna), le minacce, le molestie, la persecuzione effettuata con qualsiasi mezzo, gli insulti reiterati e tutte quelle situazioni di terrorismo psicologico, che finora hanno fatto vivere in un limbo di paura e frustrazione soprattutto, ma non solo, migliaia di donne, sono punite severamente. La novella norma è stato un atto decisamente importante, certamente perché politicamente trasversale, ma, ancor di più, perché si va a definire per la prima volta una nuova fattispecie di reato, come già avvenuto in Paesi con una lunga tradizione di difesa dei diritti della persona.
3 Tuttavia, l adeguato atteggiamento che induce alla saggezza deve essere frutto di una riflessione lungi dal trionfalismo, ciò non è la risoluzione del fenomeno, poiché è necessaria la consapevolezza che una questione di tale complessità non può essere risolta solo riconoscendo, appunto, allo stalking uno status penalmente rilevante, ma resta l impegno a lavorare tanto anche sul piano culturale e della prevenzione. Questo fenomeno ha una vasta estensione e dietro ad ogni storia ci sono disagi comportamentali e relazionali dolorosi, i quali incidono in profondità sul vissuto della vittima. I dati dicono che ogni anno, in Italia, un milione e duecentomila donne sono vittime di violenze. Sono delitti gravi quelli contro le donne, essi sono da considerare preoccupanti come quelli commessi dalla criminalità organizzata. Già in una prima rilevazione dei dati del primo trimestre 2008 si è potuto evidenziare una casistica con cifre da non sottovalutare: 110 omicidi e 292 tentati omicidi; quasi lesioni dolose; percosse e minacce; oltre violenze sessuali. Nell ultima rilevazione, in un arco di dodici mesi, il numero delle donne vittime di violenza è risultato pari a un milione e centocinquantamila; ben novecentotrentasettemila donne sono state vittime di violenza fisica o sessuale da un partner precedente ed hanno subito anche lo stalking. La violenza alle donne, in qualunque forma si presenti, ma in particolare quando si tratta di violenza nel contesto della famiglia, è uno dei fenomeni sociali più nascosti. Le difficoltà che le donne incontrano a denunciare alla pubblica autorità gli episodi di violenza di cui sono vittime rendono infatti il numero delle denunce del tutto irrisorio rispetto all effettiva incidenza di tali episodi nella vita quotidiana della popolazione femminile. Ciò che le statistiche giudiziarie riflettono quindi, non è tanto la dimensione reale di un problema, quanto la propensione alla denuncia delle donne che subiscono violenza e la disponibilità della polizia in prima istanza, dell autorità giudiziaria successivamente, a considerare seriamente tali atti. Considerato dal punto di vista criminologico, esso rappresenta uno dei fenomeni rispetto ai quali la cosiddetta cifra oscura della criminalità raggiunge il livello più alto. Che cos è lo stalking? Quali sono le sue connotazioni di natura criminologica? Secondo quanto riportato in letteratura, il termine stalking è un accezione presa in prestito dal lessico tecnico della caccia. Esso è letteralmente traducibile in lingua italiana con fare la posta. Nella pratica deviante si manifesta con molestie assillanti e proprio per questo per la sua classificazione è usata anche la definizione di sindrome del molestatore assillante. Tale atto deviante viene definito, tuttavia con una certa genericità, come un insieme di comportamenti ripetuti ed intrusivi di sorveglianza e controllo, di ricerca di contatto e comunicazione nei confronti di una vittima che risulta infastidita e/o preoccupata da tali comportamenti non graditi. E un fenomeno che all inizio degli anni 80, in seguito ad episodi che coinvolsero personaggi di fama popolare soprattutto negli Stati Uniti d America, ha cominciato a destare un certo interesse, non solo nell opinione pubblica, ma anche da parte di alcuni addetti ai lavori nel campo della psicologia e della sociologia. All epoca, furono oggetto di tale pratica personaggi di spicco del cosiddetto star system personalità dello spettacolo e dello sport. Possiamo annoverare i fatti che riguardarono le tenniste Martina Hingis e Serena Williams, le quali furono inseguite in tutti i tornei internazionali dai propri molestatori; fu poi il turno delle attrici Theresa Saldana e Rebecca Shaffer, la prima fu pugnalata dal suo stalkera Los Angeles nel 1982 e la seconda, ancora peggio, nel 1989 fu assassinata nella sua città dal suo persecutore. Questi furono, in verità, i fatti che hanno ispirato la prima legge anti-stalking in California, in vigore dal Altre vittime sono state Nicole Kidman, Sharon Stone, Jodie Foster e Steven Spielberg per citare una vittima al maschile. Per parlare di sindrome dello stalking è necessario che la manifestazione presenti i seguenti elementi costitutivi: 1. un attore (lo stalker) che individui una persona nei cui confronti sviluppare una morbosa attenzione affettiva;
4 2. una serie ripetuta di comportamenti con caratteristica intrusiva di sorveglianza, contatto e/o di comunicazione; 3. una vittima dello stalking (stalking victim) che percepisca soggettivamente come intrusivi, intensi e sgraditi tali comportamenti, avvertendoli in associazione con senso di angoscia, paura e minaccia. Diversamente da come era partita l attenzione, i recenti studi epidemiologici hanno potuto dimostrare che anche gli episodi di stalking avvengono con maggiore frequenza al di fuori del mondo ristretto delle celebrità; essi, di contro, si concretizzano all interno di quella vasta area che è la violenza domestica, così come per la generica violenza alle donne. A ragione di ciò, è stato dimostrato che dopo una separazione sono frequenti insidie, intimidazioni e molestie che si protraggono per anni, costituendo per le vittime una forte limitazione nella sfera privata e talvolta anche nella pubblica, quindi un generale nocumento. Tanto è confortato da altri studi che fotografano i fatti con un incidenza del 49% dei casi di stalking che riportano, appunto, come attori gli ex partners, con punte di aggressione fisica che hanno raggiunto il 39% dei casi. Qual è il profilo criminologico dello stalker? Secondo una condivisa analisi, tali attori si possono classificare in: i molestatori rifiutati, sono soggetti che alla fine di una relazione non riescono ad accettare l abbandono del partner o di altre figure significative. Essi, in tali frangenti, pongono in essere una vera e propria posta con l illusorio intento di ripristinare il rapporto interrotto e/o negato. La rottura della relazione vera o, talvolta, fantasticata con la vittima innesca in loro l attuazione di tutta una serie di strategie volte ad impedire l allontanamento della vittima e prolungare nel tempo il rapporto. Gli studi effettuati pongono in tale categoria i molestatori statisticamente più pericolosi per quanto riguarda la possibilità che lo stalking degeneri in atti criminali di violenza fisica nei confronti della vittima; il molestatore rancoroso è un soggetto che, non di rado, presenta disturbi di personalità paranoide. Egli opera contro la vittima con molestie per vendicarsi di un torto che ritiene aver subito. Nelle performances di tale stalker le molestie quindi si rappresentano come idea di una difesa o come una giusta rivalsa poiché, in tal senso, si ritiene un danneggiato. E questa una tipologia più generica, frequente nel mondo del lavoro o di rapporti con professionisti (consulenti, progettisti, legali, sanitari). In questi casi sono frequenti gli atti devianti contro tali categorie di interlocutori che hanno avuto rapporti con lo stalker; le vittime, nell ipotesi considerata, sono persone dalle quali egli afferma di essere stato danneggiato. In genere, in questa tipologia di stalkers si configurano soggetti con un grado di pericolosità contenuta che difficilmente sconfina in violenza fisica; il nostro soggetto quindi si rappresentata con le molestie e gli insulti e, solo qualche volta, moderatamente agitato; il molestatore predatore : questa tipologia di stalker si caratterizza tout court come pedinatoreinseguitore della vittima, verso la quale dirigere l attacco, che il più delle volte viene rappresentato da una violenza sessuale. Egli è il classico molestatore sessuale che individua l oggetto del desiderio nella vittima (non necessariamente conosciuta). Nel suo tentativo di approccio è incapace e incurante dei segnali di fastidio da parte della vittima. Le molestie attuate lo pongono immediatamente su un piano di sadica superiorità psicologica, poiché suscitano in chi le subisce uno stato d animo di ansia, panico, sfiducia e inferiorità. La vittima cede a un blocco motorio, quindi a paralisi della volontà ed a una condizione di impotenza in cui l istinto di vita si annulla. In questo gruppo il tasso di violenza è molto alto. I soggetti appartenenti a tale categoria, talvolta presentano modalità compulsive e possono giungere a vere e proprie forme di delirio. Per ciò che attiene agli indici di pericolosità i molestatori sessuali abituali possono divenire potenziali stupratori; lo stalker inadeguato o incompetente o diversamente detto conquistatore maldestro. In questa categoria si rappresenta il corteggiatore fallito in cerca dipartner. Si differenzia dal molestatore predatore risultando praticamente quasi innocuo poiché, nei fatti, di solito è un soggetto che desiste facilmente e cambia continuamente bersaglio. E una persona che risulta chiaramente incapace a stringere un rapporto di qualsiasi tipo con l altro sesso che si ritrova, suo malgrado, vittima, mentre
5 egli attore principale inadeguato, nell incertezza e incapacità, finisce, in maniera per lo più involontaria, per assumere il ruolo di molestatore; i molestatori in cerca di intimità, sono coloro che, nel loro fantasticare, in preda ad una vera e propria erotomania, aggrediscono indifferentemente vittime sconosciute e personaggi celebri di cui si sono innamorati, con i quali si convincono di poter instaurare una relazione. Le loro molestie, in questo caso, tendono ad essere più lunghe nel tempo. L atto dello stalking si rappresenta come il modo più facile per superare la solitudine e per instaurare un rapporto con un generico altro che fino a quel momento era proprio uno sconosciuto. Nelle dinamiche dello stalking del molestatore rifiutato e del rancoroso la gelosia e la vendetta si rappresentano chiaramente come sentimenti che in prevalenza le determinano, ovvero come veri e propri stati d animo che avviluppano l attore fino all atto deviante. La gelosia, così come nel nostro immaginario collettivo, accompagna alcuni nella vita di tutti i giorni e, non per questo, riveste necessariamente un peculiare carattere patologico; potremmo definirla come l espressione di un conflitto che oppone la tendenza al possesso del partner al vissuto degli attori calati nel proprio contesto. Tale sentimento esprime una disarmonia che genera da una immaturità della sfera affettivo-libidica. La gelosia, pertanto, è da ritenere normale quando si manifesta e trova i limiti in presenza di un sano ed equilibrato sentimento di amore verso il proprio partner e la presenza di momenti di insicurezza, che si rappresentano con fantasie di tradimento o altro, risultano nella generale dinamica del rapporto più o meno facilmente canalizzabili. Al contrario, è da ritenere anormale il sentimento di gelosia dell individuo che mostra una assoluta incapacità a controllare l ansia e l insicurezza scaturite dalla propria fantasia e dal contesto relazionale. L attore, in questo caso, tende ad esprimere il proprio bisogno di possesso ricorrendo anche a comportamenti compulsivi che degenerano nello stalking. Per quanto attiene al sentimento di vendetta, essa è una manifestazione, anzi, uno stato emotivo-passionale che, più facilmente, può mostrare una chiara connotazione psicopatologica. In tal senso, manifesta la sua massima espressività psicopatologica nel delirio di persecuzione che, però, non sempre è presente negli stalkers e questo ci consente di ritenere che la vendetta rappresenti più un fenomeno socio-culturale. In generale, lo stalker con il sentimento della vendetta ha una personalità debole o non ancora ben formata e che, per paura di essere abbandonato, magari come ripetizione di esperienze infantili precoci di separazioni avvenute, si lega ossessivamente a qualcuno. In questa fattispecie, sviluppa perciò disturbi relazionali legati ad eventi traumatici che gli impongono un gran bisogno di affetto. Il soggetto, allora, non può fare a meno dell altra persona, la quale diviene funzionale per la propria esistenza. Su gentile concessione dell Autore, articolo già pubblicato in Bollettino Osservatorio sulla legalità Onlus Informazioni sull'autore Antonio Antonuccio - Dottore Specialista in Servizio Sociale - Master Specialista in 'Criminalità, devianza e sistema penitenziario' - Docente a Contratto presso la Facoltà di Scienze della Società e della Formazione d'area Mediterranea dell'università per gli Stranieri Dante Alighieri di Reggio Calabria
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