CENNI SUI MECCANISMI DI DIFFUSIONE DELLE SPECIE VEGETALI
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1 Appunti di Lezione 2015/2016 CENNI SUI MECCANISMI DI DIFFUSIONE DELLE SPECIE VEGETALI Fiorino P., Marone E., 20015/2016
2 PROPAGAZIONE Appunti di Lezione 2015/2016
3 Definizioni Appunti di Lezione 2015/2016 E necessario avere chiare alcune definizioni e distinzioni che hanno una notevole rilevanza sotto il profilo: TECNICO (le sorgenti di variabilità) GIURIDICO (definizioni da rispettare per il conseguimento di brevetti sulle novità vegetali).
4 Appunti di Lezione 2015/2016 La definizione di cultivar: una base fondamentale
5 di Lezione 2015/2016 L unità tassonomica di riferimento per la produzione (e certificazione) è la CULTIVAR (o VARIETÀ COLTIVATA, cultivated variety); a livello internazionale con questo termine si indica: Appunti
6 Appunti di Lezione 2015/2016 UN INSIEME DI PIANTE COLTIVATE, CHIARAMENTE DISTINTO DA QUALSIASI CARATTERE (MORFOLOGICO, FISIOLOGICO, CITOLOGICO, CHIMICO OD ALTRO) CHE, QUANDO PROPAGATO (PER VIA SESSUATA O AGAMICA) CONSERVA I PROPRI CARATTERI DISTINTIVI.
7 Appunti di Lezione 2015/2016 Nelle specie arboree una varietà coltivata deve essere caratterizzata da un insieme definito e costante (per via vegetativa) di caratteri (DUS: distinguibili, uniformi e stabili), dei quali uno distintivo, cioè tale da poter discriminare tra varietà diverse, ancorché simili.
8 Appunti di Lezione 2015/2016 CLONE E l insieme di individui ottenuti per via vegetativa da un unico capostipite, quindi tutti identici genotipicamente. I cloni di una medesima cv debbono essere distinguibili per almeno un carattere.
9 PROPAGAZIONE Appunti di Lezione 2015/2016
10 Appunti di Lezione 2015/2016 PROPAGAZIONE La propagazione è una delle attività di base che permette all agricoltura di esistere e produrre; è, cioè, la tecnica che consente di diffondere nello spazio e mantenere nel tempo tutte le specie. Tutte le produzioni alimentari di qualsiasi tipo ed origine, hanno la necessità di partire da un seme o da un individuo clonato per dare le produzioni desiderate.
11 METODI DI PROPAGAZIONE Appunti di Lezione 2015/2016
12 Appunti di Lezione 2015/2016 1) GAMICA (sessuata) o RIPRODUZIONE - Per seme A) Fusti e radici specializzati B) Propaggini Bulbi Rizomi Tuberi Stoloni Polloni 2) AGAMICA (vegetativa) o MOLTIPLICAZIONE C) Talea D) Innesto E) In vitro Embriogenesi somatica Colture di tessuti Micropropagazione
13 Appunti di Lezione 2015/2016 RIPRODUZIONE La maggior parte delle cultivar delle specie erbacee si propaga per seme, essendo capaci di mantenere i caratteri DUS nella discendenza; nell agricoltura tradizionale, il coltivatore è teoricamente in grado di riprodursi il seme. Attualmente sono commercializzate varietà nuove con semi derivati da incroci o ibridazioni (mais, girasole, pomodori) che non riproducono nella discendenza i caratteri desiderati, per cui è necessario rinnovare l acquisto dei semi.
14 MOLTIPLICAZIONE Appunti di Lezione 2015/2016
15 Per la maggior parte delle specie arboree, fortemente eterozigoti, l uso del seme non consente di rispettare i criteri DUS. Per queste specie i sistemi standard nei vivai sono per via vegetativa, utilizzando parti della pianta (materiale vegetale) che si deve moltiplicare. Questo procedimento è necessario per almeno due motivi: 1) produrre un set di piante identiche tra loro, gestibili in modo prevedibile ed uniforme per caratteri commerciali; 2) eliminare la fase giovanile, tipica delle specie arboree, che ritarda la fioritura fino al raggiungimento della maturità riproduttiva. Appunti di Lezione 2015/2016
16 Appunti di Lezione 2015/2016
17 Appunti di Lezione 2015/2016 STRUTTURE SPECIALIZZATE (fusti o radici)
18 Appunti di Lezione 2015/2016 STRUTTURE SPECIALIZZATE DEL FUSTO E DELLA RADICE BULBI Figura da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001 Sono organi sotterranei specializzati formati da un fusto breve, carnoso, che termina con un apice vegetativo o un primordio fiorale racchiuso in scaglie spesse e carnose o catafilli. All ascella delle scaglie si possono formare nuovi apici vegetativi, che possono svilupparsi in bulbilli, spesso separati dalla pianta che li ha generati. Questa tecnica è raramente usata per le ordinarie derrate alimentari (aglio), mentre è frequente in floricoltura (tulipano, narciso, Lilium, etc.).
19 Appunti di Lezione 2015/2016 RADICE TUBERO Le radici sono sprovviste di gemme e raramente sono in grado di formare meristemi avventizi; in alcune specie invece sono presenti queste particolari strutture, chiamate radici-tubero, in cui le diverse radici sono dotate di gemme, di solito nella parte prossimale al fusto. Tra le specie alimentari si usano per la piantagione della Batata, tra le piante ornamentali si utilizza per moltiplicare la Dalia.
20 RADICI-TUBERI Figura da: Bell and Bryan, Plant Form, Timber Press, London, 2008 Appunti di Lezione 2015/2016
21 Appunti di Lezione 2015/2016 TUBERI Figura da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001 TUBERI Il tubero è la porzione terminale di un fusto sotterraneo che si è localmente ingrossato in seguito all accumulo di sostanze di riserva. L esempio più noto è quello della patata. Un tubero possiede tutti i caratteri di un fusto. Gli occhi sono regolarmente distribuiti sulla superficie e rappresentano i nodi; ciascuno porta una o più piccole gemme. I nodi sono sistemati a spirale, cominciando dalla gemma terminale, che si trova dalla parte opposta alla cicatrice prodotta dall attacco alla struttura principale. La moltiplicazione per tubero può essere fatta sia piantando tuberi interi sia tagliandoli a pezzi, con l accorgimento che ogni sezione contenga una gemma o occhio. Questi piccoli pezzi di tubero vengono comunemente chiamati semi. Prima della semina le superfici tagliate devono suberizzare.
22 Tubero di patata Appunti di Lezione 2015/2016
23 Tubero di patata Appunti di Lezione 2015/2016
24 Tubero di patata Appunti di Lezione 2015/2016
25 RIZOMI Il rizoma è un fusto che cresce orizzontalmente sia sottoterra (asparago) che a fior di terra (bambù). Di solito è l asse principale della pianta, che produce radici nella porzione inferiore e porta foglie e steli fiorali nella parte superiore. La moltiplicazione dei rizomi si fa tagliandoli o dividendoli a pezzi in modo che ogni porzione sia in grado di produrre un nuovo germoglio. Figura da: Bell and Bryan, Plant Form, Timber Press, London, 2008 Appunti di Lezione 2015/2016
26 STOLONI Appunti di Lezione 2015/2016
27 Appunti di Lezione 2015/2016 STOLONI Uno stolone è un fusto specializzato che si sviluppa da una gemma che nasce all ascella di una foglia matura, e si sviluppa con una struttura primaria che allungandosi permette al primordio gemmario di allontanarsi dal fusto originario. Raggiunta la dimensione necessaria la struttura portante dello stolone si ripiega verso il terreno e l apice gemmario sviluppa un nuovo fusticino che radica al contatto con il terreno, generando così una nuova piantina indipendente. Questo sistema permette alle piante di colonizzare tutto il terreno circostante, e rigenerare un numero indefinito di stoloni che possono anche essere raccolti ed utilizzati come materiale di propagazione. La fragola si propaga tipicamente in questo modo: dopo la fioritura e sin da prima della maturazione dei frutti una serie di gemme basali del fusto principale emette gli stoloni, che si allungano rapidamente e raggiungono il terreno già dai mesi di luglio-agosto. Gli apici di questi stoloni sviluppano delle nuove piantine che radicano immediatamente e sono già perfettamente formate nel mese di ottobre e novembre. Queste piantine possono essere raccolte, private delle foglie sviluppate e conservate in frigorifero fino al momento della commercializzazione. L impianto può avvenire sia a partire dal tardo inverno-inizio primavera, oppure anche in estate avanzata, nel mese di luglio, per dare una prima produzione nel successivo periodo di ottobre-novembredicembre, cioè in grado di produrre nell anno stesso dell impianto.
28 Figura da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001 Appunti di Lezione 2015/2016
29 Appunti di Lezione 2015/2016 OPERAZIONI DI MOLTIPLICAZIONE A PARTIRE DA PIANTE INTERE
30 MARGOTTAGGIO Appunti di Lezione 2015/2016
31 Appunti di Lezione 2015/2016
32 Appunti di Lezione 2015/2016
33 MARGOTTA AEREA Figura da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988 La margotta aerea è un tipo molto particolare di propagginazione, che si effettua non a livello o sotto il terreno ma sulla chioma, utilizzando substrati artificiali. Il principio (dell eziolamento) rimane uguale a quello del materiale interrato e cresciuto al buio, e per far questo si applica, intorno ad una zona di tralcio generalmente intaccato, un involucro di plastica nera contenente torba umida o materiale inerte, convenientemente inumidito, e questo ambiente è sufficiente a determinare l emissione di un nuovo apparato radicale. Quando le radici sono presenti, visibili ad una ispezione, la barbatella viene asportata dalla pianta madre e trapiantata a dimora. Questo metodo era usato prevalentemente per vite europea. Appunti di Lezione 2015/2016
34 Il primo anno serve alla preparazione della pianta madre; alla fine del periodo invernale si pone a dimora un astone (A) e si lascia crescere liberamente (B), asportando tutta la vegetazione prima della successiva ripresa vegetativa (C). Ogni anno, a partire dal secondo, si allevano i germogli prodotti dalla base del tronco (ceppaia) (D) cominciando a coprirne il tratto basale con terra quando raggiungono cm di altezza, e proseguendo con altre due, tre rincalzature, fino a costruire un dosso di cm (E): nell autunno successivo il terreno viene rimosso e tutta la vegetazione asportata per la produzione di barbatelle e talee (F). Il ciclo (D, E, F) può teoricamente ripetersi per decenni. Ciclo di produzione delle barbatelle mediante margotta di ceppaia Figura modificata da: AA.VV., Arboricoltura generale, Pàtron Editore, Bologna, 2012 Appunti di Lezione 2015/2016
35 Il primo anno serve alla formazione della pianta madre; l astone viene piantato inclinato (circa 45 ) (A) per favorire il germogliamento e la crescita dalle gemme più vicine al suolo (B); nell autunno successivo si isola il ramo vigoroso più basso e si toglie tutta la restante parte superiore (C). Ogni anno, a partire dal secondo, il ramo viene piegato in una fossetta scavata lungo il filare e fissato sul fondo con picchetti (D). Quando i germogli arrivano a cm di altezza, si inizia a ad interrarli (E) fino a costituire, con 2-3 interventi, un dosso di cm (F). Dopo la caduta delle foglie le piante vengono scalzate; la pianta madre viene tagliata all altezza del ramo più vicino alla base (G) che verrà piegato, l anno successivo, nella direzione opposta (H), per evitare un progressivo allontanamento dell asse della pianta dalla zona del tronco. Ciclo di produzione delle barbatelle mediante propaggine per trincea Figura modificata da: AA.VV., Arboricoltura generale, Pàtron Editore, Bologna, 2012 Appunti di Lezione 2015/2016
36 Appunti di Lezione 2015/2016 OPERAZIONI DI MOLTIPLICAZIONE SU PARTI DI PIANTA In genere questo tipo di moltiplicazione è necessario per la formazione di cloni. Con queste tecniche, oltre alle caratteristiche morfologiche e fisiologiche del clone, si trasferisce anche la sua maturità, cioè la capacità di fiorire e produrre
37 Appunti di Lezione 2015/2016 GIOVANILITA MATURITA Una pianta poliennale originata da un seme deve attraversare un periodo più o meno lungo di crescita (da 2 a 10 anni) durante il quale i meristemi (gemme) sono incapaci di differenziare organi riproduttivi, quindi le piante originate da seme, oltre alla variabilità dei caratteri morfologici e fisiologici, hanno anche un periodo di non produttività che non può essere superato. Con l uso di parti di pianta mature, cioè prelevate da rami in grado di fiorire, assieme alle caratteristiche distintive del clone si trasporta anche la capacità di produrre senza riattraversare la fase giovanile.
38 Appunti di Lezione 2015/2016 RADICAZIONE DIRETTA (TALEA)
39 Appunti di Lezione 2015/2016 Talea di branca di ramo di radice di foglia erbacea di germoglio semilegnosa legnosa di foglia con gemma
40 Appunti di Lezione 2015/2016 Una pianta può essere divisa in due parti strutturalmente chiaramente separabili: a) Apparato aereo; b) Apparato radicale La TALEA è una parte di pianta in grado di generare un nuovo individuo identico a quello da cui proviene rigenerando la/le parti mancanti
41 Formazione delle radici avventizie in talee legnose Meristema radicale Primordio radicale Quando la talea è prelevata in periodo adatto autunno-inverno,, le gemme sono dormienti, quindi non sono in grado di schiudere, ed è posta in un letto di radicazione con il fondo riscaldato, alla base, si creano delle condizioni idonee per la formazione del callo di cicatrizzazione del taglio inferiore e, successivamente, per la induzione di meristemi radicali che ben presto si trasformano in primordi. Appunti di Lezione 2015/2016
42 1) Preparazione delle talee 5) Piante pronte per la vendita 4) Pianta di un anno 2) Radicazione 1 anno 3 mesi 1 anno 3) Barbatelle al trapianto 3) Indurimento Figura da: Fiorino P. (a cura di), Olea. Trattato di Olivicoltura. Edagricole, 2003 Appunti di Lezione 2015/2016
43 INNESTO Appunti di Lezione 2015/2016
44 Appunti di Lezione 2015/2016 INNESTO L INNESTO è una tecnica agronomica che consiste nel riunire in un unico individuo due entità geneticamente diverse (BIONTI), delle quali una è scelta per le caratteristiche dell apparato radicale (IPOBIONTE, SOGGETTO, PORTINNESTO), l altra per le caratteristiche dell apparato aereo e della produzione (EPIBIONTE, OGGETTO, MARZA, NESTO O GENTILE).
45 Appunti di Lezione 2015/2016 BASI FISIOLOGICHE DELL INNESTO Per effettuare l innesto occorre prendere una marza e fare in modo che TESSUTI MERISTEMATICI di questa marza possano essere messi ad intimo contatto con tessuti analoghi sul portinnesto, in modo che le REGIONI CAMBIALI dei due bionti siano il più prossime possibile ed abbiano comunque la possibilità di ricollegarsi, garantendo al bionte la continuità cambiale che gli permette di Figura da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988 crescere.
46 BASI FISIOLOGICHE DELL INNESTO Di solito la risposta al taglio produce piccole quantità di materiale necrotico, che secondo alcuni ricercatori è indispensabile per stimolare la pianta a rispondere alla ferita, tanto che in passato si è parlato di ormoni da ferita (probabilmente legati all etilene). Figura da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988 Dalle zone libere di questi tessuti meristematici dei due bionti, a livello di regioni cambiali, vengono prodotte cellule parenchimatiche che riempiono gli spazi liberi che si sono determinati con la sovrapposizione meccanica di due parti di pianta diverse, fino a riempire tutti i vuoti che ci sono tra marza e portinnesto. Questo tessuto si chiama callo. Appunti di Lezione 2015/2016
47 Figura tratta da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988 La fase successiva, che poi determina il successo dell innesto, è la formazione di nuove cellule cambiformi all interno del cambio; specifiche cellule allineate con gli strati cambiali originali differenziano in nuove cellule cambiali con azione centripeta, fino a collegarsi nelle zone centrali del callo; questo nuovo cambio, in sincronia con quelli del soggetto e del nesto, inizia a produrre nuovi tessuti vascolari (floema verso l esterno, xilema verso l interno), stabilendo una connessione vascolare secondaria tra l oggetto ed il soggetto. Appunti di Lezione 2015/2016
48 Foto Pagano Appunti di Lezione 2015/2016
49 Appunti di Lezione 2015/2016
50 Foto Pagano Appunti di Lezione 2015/2016
51 Piantine selezionate e appena paraffinate pronte per la commercializzazione: i cartellini arancioni indicano la qualità del materiale (standard) Foto Pagano Appunti di Lezione 2015/2016
52 I PORTINNESTI Figura da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001 Appunti di Lezione 2015/2016
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