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1 Capitolo 1 Spazi di Hilbert 1.1 Definizioni e prime proprietà Uno spazio vettoriale complesso H è detto spazio a prodotto interno (o spazio unitario, o anche spazio pre-hilbertiano) se esiste un applicazione (, ) H : H H C (detta appunto prodotto interno, o anche prodotto scalare) che, per ogni x, y, z H ed ogni λ C, soddisfa: a) (x, x) H e (x, x) H = se e solo se x = ; b) (x + y, z) H = (x, z) H + (y, z) H ; c) (λx, y) H = λ (x, y) H ; d) (x, y) H = (y, x) H. Per alleggerire la notazione verrà utilizzato, quando non si generi ambiguità, il simbolo (, ) al posto di (, ) H. Tra le immediate conseguenze di queste proprietà possiamo osservare: i) (x, y) = y H x = (combinando a) e c)). ii) (x, y + z) = (x, y) + (x, z) (combinando b) e d)). iii) (x, λy) = λ (x, y) (combinando c) e d)). Perciò, un prodotto interno è lineare rispetto alla prima variabile e quindi l applicazione (, y) : x (x, y) è, per ogni y H fissato, un funzionale lineare su H. Oss.: se H è uno spazio vettoriale reale e se (, ) assume solo valori reali le precedenti proprietà, e molti dei risultati che seguono, rimangono validi (con gli ovvii aggiustamenti). Nel seguito, però, ci occuperemo prevalentemente del caso complesso. 1

2 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 2 La proprietà a) permette di introdurre la quantità x := (x, x). (1.1) La funzione : H R + si annulla solo per x =, ed è positivamente omogenea (cioè λx = λ x, λ C, x H). Viene detta norma, per un motivo che sarà subito chiaro. Lemma 1.1 (diseguaglianza di Schwarz): (x, y) x y x, y H e l eguaglianza vale se e solo se x = αy per qualche α C. Dim.: Ovvia se y =. Se y, per ogni λ C abbiamo x + λy 2 = (x + λy, x + λy) = x 2 + λ 2 y 2 + λ (y, x) + λ (y, x) = x 2 + λ 2 y Re (λ (y, x)) e scegliendo λ = (x, y) / y 2 otteniamo la tesi. Teorema 1.2 (diseguaglianza triangolare): x + y x + y x, y H. Dim.: Utilizziamo la diseguaglianza di Schwarz per ottenere x + y 2 = (x + y, x + y) = x 2 + y 2 + (x, y) + (y, x) x 2 + y x y = ( x + y ) 2. Così, la quantità è una norma in H, e se lo spazio normato (H, ) risulta essere completo diciamo che è uno spazio di Hilbert. Oss.: per ogni y fissato in H, la funzione x (x, y) è continua. Esercizio 1 : Uno spazio unitario H è di Hilbert se e solo se: per ogni successione {x n } H che soddisfa lim (x n x m, x n x m ) = esiste un elemento x H tale che x n x. n,m + Esercizio 2 (regola del parallelogramma): Se H è uno spazio unitario, per ogni x, y H vale la x + y 2 + x y 2 = 2 ( x 2 + y 2). (1.2) Esercizio 3 In uno spazio unitario la norma è strettamente convessa, cioè: x = y = d, x y = x + y 2 < d. (1.3)

3 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 3 In generale, la (1.2) non è soddisfatta in uno spazio vettoriale normato (X, ), ma è una conseguenza del fatto che la norma sia legata ad un prodotto interno dalla (1.1). Anzi, è possibile dimostrare che la (1.2) caratterizza esattamente quelle norme che provengono da un prodotto interno. Teorema 1.3 : Se (X, ) è uno spazio vettoriale normato, e se vale la (1.2), è possibile introdurre in X un prodotto scalare in modo che (, ) 1/2 =. Dim.: Per ogni x, y X poniamo (x, y) H = (x, y) := 1 4 {[ x + y 2 x y 2 ] + i[ x + iy 2 x iy 2 ] (1.4) (avendo cura di eliminare il terzo ed il quarto addendo se X è spazio vettoriale reale). È immediato verificare che (x, x) = x 2, e quindi l unica verifica va fatta sulle proprietà b), c), d) che definiscono i prodotti interni. Dalla (1.2) ricaviamo (u + v) + w 2 + (u + v) w 2 = 2 ( u + v 2 + w 2) (u v) + w 2 + (u v) w 2 = 2 ( u v 2 + w 2) da cui, per differenza ed applicando (1.4) [Re (u + w, v) + Re (u w, v)] ( = 1 4 (u + w) + v 2 (u + w) v 2) ( (u w) + v 2 (u w) v 2) ( u + v 2 u v 2) = 2 Re (u, v). = 1 2 In modo analogo si prova la stessa relazione per le parti immaginarie, arrivando alla (u + w, v) + (u w, v) = 2 (u, w). Da qui, la scelta w = u porta ad avere (2u, v) = 2 (u, v), mentre le scelte x = u + w, y = u w e z = v portano a ( ) x + y (x, z) + (y, z) = 2, z = (x + y, z) 2 dimostrando così la b). Per induzione sugli interi m 2 abbiamo allora (mx, y) = m (x, y), da cui ( 1 x, y) = 1 (x, y), e m m quindi (qx, y) = q (x, y) per ogni q razionale positivo; la continuità di (, y) porta allora a dimostrare c) per ogni λ >. Se invece λ = λ λ (x, y) (λx, y) = λ (x, y) λ ( x, y) = λ (x, y) + λ ( x, y) = λ (, y) = e ed il passaggio al generico λ C è lasciato come esercizio. La verifica di d) è immediata. Esercizio 4 : Lo spazio di Banach L p (R, dx), 1 p < +, delle (classi di equivalenza di) funzioni misurabili f : R C tali che f p := ( R f (x) p dx ) 1/p < + non è uno spazio di Hilbert rispetto a questa norma, se p 2.

4 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT Esempi 1] Lo spazio vettoriale C n = {z = (z 1,..., z n ) : z j C} con il prodotto interno (z, w) C n := n z j w j j=1 è di Hilbert (spazio euclideo complesso n dimensionale). Più in generale, è di Hilbert anche lo spazio C n in cui viene introdotto il prodotto interno (z, w) := n a ij z i w j i,j=1 dove A = [a ij ] n i,j=1 è una matrice Hermitiana (cioè tale che a ij = a ji (cioè tale che Ax x > per ogni x ). i, j) e definita positiva 2] Lo spazio vettoriale l 2 delle successioni z = {z j } + j=1, z j C, a quadrato sommabile (cioè che soddisfano + j=1 z j 2 < + ) con il prodotto interno (z, w) l 2 := + j=1 z j w j è di Hilbert (notare che quest ultima serie è convergente, per la diseguaglianza di Hölder). 3] Più in generale, se (X, S, µ) è uno spazio di misura, per le funzioni misurabili f : X C a quadrato sommabile (cioè tali che X f 2 dµ < + ) introduciamo (f, g) L 2 (X) := f g dµ otteniamo (una volta passati alle classi di equivalenza rispetto all uguaglianza q.o.) lo spazio di Hilbert L 2 (X). 4] Un caso particolare di quest ultimo si ottiene considerando un insieme A qualsiasi, la σ algebra P (A) e la misura µ del conteggio. Le funzioni (o successioni generalizzate ) a quadrato sommabile sono le f = {x a } a A per cui A f 2 dµ = a A x a 2 < +, e necessariamente assumono valori non nulli in un insieme al più numerabile di indici a (vd. Sezione 1.6). Con il prodotto interno (f, g) l 2 (A) := x a y a a A si ottiene lo spazio di Hilbert denotato con l 2 (A). 5] Consideriamo lo spazio vettoriale H delle funzioni continue f : [, 1] C, ed introduciamo il prodotto scalare (f, g) := In questo modo H diventa spazio unitario. 1 X f (x) g (x) dx. Esercizio 5 : dimostrare che lo spazio H dell Esempio 5 non è di Hilbert. (Suggerimento: considerare la successione di funzioni f n (x) = min ( x 1/4 ; n 1/4).)

5 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 5 6] Lo spazio H delle funzioni limitate f : R C, con è unitario. (f, g) := R f (x) g (x) 1 + x 2 dx Esercizio 6 : dimostrare che lo spazio H dell Esempio 6 non è di Hilbert. D ora in avanti useremo H per denotare uno spazio di Hilbert (cioè uno spazio unitario che, rispetto alla norma indotta dal prodotto scalare, è di Banach). 1.3 Ortogonalità Sia H uno spazio di Hilbert, e siano x, y H. Diciamo che x è ortogonale ad y, e scriviamo x y, se accade che il loro prodotto scalare è nullo, cioè x y (x, y) =. Ovviamente si tratta di una relazione simmetrica, ed altrettanto ovviamente notiamo che l unico elemento ortogonale a tutti i vettori di H è il vettore nullo. Esercizio 7 (teorema di Pitagora): se x y, allora x + y 2 = x 2 + y 2. Inoltre, se H è uno spazio reale vale anche il viceversa. Se M è un qualsiasi sottoinsieme (non vuoto) di H, con la scrittura y M intendiamo che y è ortogonale a tutti gli elementi di M. L insieme di tutti i vettori y che sono ortogonali ad uno stesso insieme M viene chiamato spazio ortogonale ad M, e denotato con il simbolo M. Perciò M := {y H : y M} (1.5) = {y H : y x, x M} = {x}. x M Proposizione 1.4 : Sia H uno spazio di Hilbert, e sia M un suo sottoinsieme non vuoto. Allora M è un sottospazio chiuso di H. Dim.: Che M sia un sottoinsieme lineare segue dalle proprietà del prodotto interno. Per ogni x M l insieme x è la controimmagine di tramite la funzione continua (x, ), e quindi è chiuso. Così, M è chiuso in quanto intersezione di insiemi chiusi. Esercizio 8 : Se M è un qualsiasi sottoinsieme non vuoto di uno spazio di Hilbert H, allora ( M ) è il sottospazio chiuso generato da M.

6 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 6 Teorema 1.5 (della migliore approssimazione): Sia H uno spazio di Hilbert, e sia M un sottoinsieme chiuso, convesso e non vuoto di H. Allora, per ogni x H esiste un unico y M che realizza la distanza di M da x, cioè tale che x y = inf y M x y =: d (x, M). (1.6) Dim.: Se x M l affermazione è ovvia, per cui possiamo pensare che x / M. Inoltre, le proprietà di chiusura e convessità, così come le distanze, sono invarianti per traslazione, e quindi possiamo pensare di traslare tutto in x =. Se d = d (, M) = inf y, troviamo una successione y M {y n } M tale che y n d e, per la regola del parallelogramma, y n y m 2 = 2 ( y n 2 + y m 2) 2 4 y n + y m 2. La convessità di M implica y n + y m 2 M, e quindi y n y m 2 2 ( y n 2 + y m 2) 4d 2 per cui {y n } è una successione di Cauchy in H. Per la completezza, esiste y H tale che y n y, ed inoltre y M per la chiusura di M. La continuità della norma assicura che y = d. Se anche z M realizza la distanza di M da, il vettore 1 (y 2 + z ) appartiene ad M per la convessità, e non potendo avere 1 (y 2 + z ) < d la stretta convessità della norma (vd. (1.3)) implica y = z. Teorema 1.6 (delle proiezioni): Sia H uno spazio di Hilbert, ed M un suo sottospazio chiuso. Ogni x H è decomponibile, in un unico modo, come somma dove P x M e Qx M. x = P x + Qx (1.7) Dim.: Per il generico x H definiamo come P x l unico punto che, grazie al precedente teorema, realizza la distanza di x da M, e Qx := x P x. Per verificare che Qx M osserviamo che per ogni y M ed ogni λ C abbiamo P x + λy M, per cui cioè che, per λ = ε (Qx, y) con ε > diventa Qx 2 x (P x + λy) 2 = Qx λy 2 = Qx 2 + λ 2 y 2 2 Re (Qx, λy) λ 2 y 2 2 Re (Qx, λy) ε (Qx, y) 2 [ ε y 2 2 ], da cui segue che (Qx, y) = per ogni y M, ovvero Qx M. Per provare l unicità della decomposizione, notiamo che se x = P x + Qx = x + x con x M e x M abbiamo P x x = x Qx M M = {}.

7 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 7 Corollario 1.7 : Se M H, esiste in H un versore ortogonale ad M. Dim.: partendo da un generico y / M è sufficiente costruire il versore Qy/ Qy. In generale, dati due sottospazi R ed S di H si parla di somma diretta R + S se ogni elemento della loro somma vettoriale ha un unica rappresentazione come somma tra un elemento di R ed uno di S. Si utilizza il simbolo R S se i due sottospazi sono ortogonali tra loro, cioè se ogni elemento di R è ortogonale ad ogni elemento di S. Il teorema delle proiezioni può essere riletto affermando che se M è un sottospazio chiuso di H, allora M è il suo complemento ortogonale, nel senso che lo spazio H è somma diretta di M e di M : H = M M. Perciò, ( M ) = M. Corollario 1.8 : Con le notazioni del teorema precedente, le applicazioni P : H M e Q : H M sono lineari, continue, e soddisfano a) Se x M, P x = x e Qx = ; se x M, P x = e Qx = x. b) x P x = d(x, M). c) x Qx = d(x, M ). d) x 2 = P x 2 + Qx 2. Dim.: Dalla definizione segue ovviamente che P : H M, Q : H M, vale la b), e vale la prima metà di a). La proprietà d) segue dal teorema di Pitagora. Proviamo la linearità di P : per ogni x, y H e ogni λ, µ C abbiamo λx + µy = P (λx + µy) + Q (λx + µy) ma anche λx = λp x + λqx e µy = µp y + µqy, per cui M P (λx + µy) λp x µp y = [λx + µy Q (λx + µy)] [λx λqx] [µy µqy] = λqx + µqy Q (λx + µy) M da cui segue la tesi. La seconda metà di a) e la c) seguono dal fatto che, a causa della chiusura di M, si ha ( M ) = M, e quindi i ruoli di P e Q si scambiano se scambiamo M con M. Oss.: non lo abbiamo fatto sopra per non appesantire la notazione, ma è chiaro che i due operatori P e Q dipendono fortemente dal sottospazio chiuso M. Qualora servisse evidenziare questo fatto, useremmo la notazione P M e Q M ; l operatore P M è detto proiezione su M e, per quanto detto sopra, Q M non è che la proiezione P M. Esercizio 9 : Siano H uno spazio di Hilbert, ed M un suo sottospazio chiuso. Se E : H H è un operatore lineare che soddisfa Ex = x per ogni x M, e Ex = per ogni x M, allora E = P M. Esempio 7] Siano Ω R n un sottoinsieme con misura di Lebesgue Ω finita, H = L 2 (Ω), ed M il sottospazio (chiuso) delle funzioni costanti in Ω. Il sottospazio M contiene tutte le funzioni di L 2 (Ω) che sono ortogonali alle costanti, cioè tutte le f per cui (f, c) = f c dx = c f dx =, Ω Ω

8 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 8 e questo significa che M contiene tutte le funzioni a media nulla. Quindi, ogni f ammette un unica rappresentazione come f = P M f + Q M f, dove P M f è una costante e Q Ω Mf =. Integrando, otteniamo f = P M f + Q M f = (P M f) Ω e quindi è il valor medio di f in Ω. Ω Ω Ω P M f = 1 f Ω Ω 1.4 Dualità Il duale di uno spazio vettoriale normato Ricordiamo che in un generico spazio vettoriale normato X su C (o R) i funzionali lineari sono le applicazioni lineari f : X C (R). Questi funzionali sono limitati se lo sono sulla bolla unitaria di X, cioè se f X := sup f (x) = sup f (x) < + ; (1.8) x X 1 x X =1 la quantità f X prende il nome di norma del funzionale f. Inoltre, un funzionale lineare è limitato se e solo se è continuo, e questo accade se e solo se è continuo nell origine. L insieme dei funzionali lineari e continui su X può essere strutturato a spazio vettoriale su C (o R) definendo somma e prodotto per uno scalare in modo puntuale; in questo spazio la quantità in (1.8) è effettivamente una norma, e lo spazio vettoriale dei funzionali lineari e continui, dotato di questa norma, viene denotato con X (spazio duale di X). Inoltre, X è sempre uno spazio di Banach, e vale la relazione x (x) x X x X x X, x X. (1.9) Nel seguito utilizzeremo la scrittura per indicare la norma sia in X che nel suo duale. Un risultato molto importante, e molto noto, afferma: Teorema di Hahn-Banach: Siano X uno spazio vettoriale normato ed Y un suo sottospazio. Ad ogni y Y è possibile associare un x X in modo che x = y e che y (y) = x (y) per ogni y Y. Questo significa che ogni funzionale y Y può essere esteso a tutto X senza aumentarne la norma. Tra le conseguenze di questo teorema vogliamo segnalare, perché saranno utili in seguito, i seguenti risultati: Corollario del Teorema di Hahn-Banach: Siano X uno spazio vettoriale normato ed Y un suo sottospazio. Allora: a) Se x X, con inf y Y y x = d >, esiste x X tale che x (x ) = 1 ; x = 1/d ; x (y) = y Y.

9 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 9 b) Per ogni x esiste x X con x = 1 tale che x (x) = x. c) Per ogni y, z X con y z esiste un x X tale che x (y) x (z). d) Per ogni x X x = sup x (x) x = sup x (x). x =1 Esercizio 1 : dimostrare il Corollario, utilizzando il Teorema di Hahn-Banach. Il problema di dare una rappresentazione analitica dei funzionali lineari, cioè di calcolare esplicitamente i valori x (x) al variare di x X, non ha, in generale, soluzione. Vi sono però casi in cui questo è possibile. Ad esempio, in uno spazio misurabile (Ω, S, µ) con µ misura σ-finita, il duale dello spazio di Lebesgue L p (Ω), 1 p < +, è lo spazio di Lebesgue L q (Ω), con p 1 + q 1 = 1. Questo significa che ad ogni funzionale x (L p ) è possibile associare, in modo univoco, una funzione g L q in modo che x (f) = f g dµ f L p ed inoltre la norma operatoriale x coincide con g L q. Ω Dualità negli spazi di Hilbert Un analoga situazione, forse ancor più facile da descrivere, si presenta nel caso di uno spazio di Hilbert H. Come giá detto sopra, H è uno spazio di Banach; inoltre abbiamo già segnalato nella prima sezione che, per ogni y H fissato, la mappa (, y) : x (x, y) (1.1) definisce un funzionale lineare su H. Chiamiamo σy questo funzionale. In questo modo abbiamo costruito un applicazione σ : H H che agisce come σ : y ( (, y) ). (1.11) Lemma 1.9 : L applicazione σ è injettiva ed anti-lineare - cioè σ (λy + µz) = λσy + µσz - nel caso H sia spazio complesso, e lineare se H è spazio reale. Esercizio 11 : dimostrare il Lemma. Il prossimo risultato ci dice di più: Teorema 1.1 (F. Riesz): Sia H uno spazio di Hilbert. Ad ogni y H è possibile associare un unico y H in modo che y = σy (cioè y (x) = (x, y) per ogni x H). Dim.: Se y è il funzionale nullo, gli associamo il vettore. Se invece y, il suo nucleo N := {x H : y (x) = } è un sottospazio chiuso di H, con N H. Per il Corollario1.7, esiste un versore z N e, per ogni x H, il vettore x y (x) y (z ) z appartiene ad N; quindi ( ) x y (x) y (z ) z, z =

10 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 1 ovvero y (x) = (x, y (z )z ) x H; la tesi segue ponendo y = y (z )z. Oss.: Grazie a questo teorema possiamo affermare che la mappa σ : H H è un isomorfismo (anti-)lineare surjettivo, e quindi identificare H = σ (H) con H. In alcuni testi la bijezione σ 1 : H H che ad ogni funzionale x H associa l unico elemento x H per cui x (y) = (y, x) y H è chiamata isometria canonica tra H ed H (il termine isometria è chiarito dalla prossima osservazione). Oss.: Il teorema di Riesz permette anche di introdurre in H una struttura di spazio di Hilbert, definendo (x, y ) H := ( σ 1 x, σ 1 y ). H Ora è semplice verificare che σ è un isometria, e rispetta i prodotti scalari, cioè σy H = y H y H (σy, σz) H = (y, z) H y, z H. Quindi, la σ : H H è un isomorfismo isometrico tra spazi di Hilbert. 1.5 Sistemi ortonormali Definizioni In uno spazio di Hilbert H un sistema ortogonale è una famiglia X = {x a } a A di vettori a due a due ortogonali. Se, inoltre, tutti questi vettori hanno norma 1 il sistema è detto ortonormale (s.o.n.). Questo significa che (x a, x b ) = δ ab dove δ ab è il simbolo di Kronecker. Un sistema ortonormale è detto completo (s.o.n.c.) se accade che L( {x a } a A ) = H, cioè la chiusura del sottospazio generato da tutti gli elementi del sistema esaurisce H. Invece, un sistema ortonormale è detto massimale se non esiste in H un elemento non-nullo che sia ortogonale ad ogni x a. Lemma 1.11 : Gli elementi di un sistema ortonormale sono tra loro linearmente indipendenti. Esercizio 12 : dimostrare il Lemma. Lemma 1.12 : Un sistema ortonormale è completo se e solo se è massimale. Esercizio 13 : dimostrare il Lemma.

11 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 11 Da questi due risultati segue che in uno spazio di Hilbert n-dimensionale ogni s.o.n. ha cardinalità non superiore ad n, e se il sistema è completo la cardinalità è esattamente n. Nel caso di spazi -dimensionali, invece, non vi sono restrizioni a priori sulla cardinalità di un s.o.n.. Esempio 8] Se consideriamo il caso dello spazio { l 2 }(A) introdotto nell Es. 4], per ogni a A costruiamo la successione generalizzata e (a) = x (a) b definita come x (a) b := δ ab. Ovviamente { } b A e (a) costituisce un s.o.n., che è pure completo in quanto massimale. Infatti, un qualsiasi a A altro elemento f = {ξ b } b A l 2 (A) può essere ortogonale a tutti gli e (a) solo avendo tutti i coefficienti nulli: = ( f, e (a)) = ξ b x (a) b = ξ b δ ab = ξ a a A. b A b A Quindi, in l 2 (A) abbiamo trovato un s.o.n.c. che ha la cardinalità dell insieme degli indici A. (La famiglia { e (a)} a A prende il nome di base naturale di l2 (A)) Sistemi ortonormali numerabili Una situazione più generale, ma non troppo dissimile, rispetto a quella degli spazi finitodimensionali si presenta quando lo spazio H è separabile. ( Per uno spazio topologico X la separabilità significa che esiste un sottoinsieme numerabile e denso in X; se X è uno spazio vettoriale normato, questo equivale a dire che esiste un insieme numerabile le cui combinazioni lineari finite sono dense in X). Il prossimo risultato caratterizza la cardinalità dei sistemi ortonormali completi in uno spazio di Hilbert separabile. Teorema 1.13 : Sia H uno spazio di Hilbert -dimensionale e separabile. Allora: i) ogni s.o.n. in H è al più numerabile; ii) in H esiste un s.o.n.c. numerabile. Dim.: Sia {x a } a A un s.o.n. non numerabile; per ogni a A costruiamo la bolla B a di centro x a e raggio 1; 2 queste bolle sono mutuamente disgiunte, perché per a b abbiamo x a x b 2 = x a 2 + x b 2 = 2; poiché esiste una famiglia {y n } numerabile e densa in H, almeno una bolla B a non contiene alcun y n, e quindi x a ha distanza almeno 1 2 da tutti gli y n, contro l ipotesi di densità. Quindi, un s.o.n. può essere al più numerabile. La dimostrazione della parte ii) ha carattere costruttivo, e va sotto il nome di processo di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt. Per completare la dimostrazione servono alcuni risultati preliminari, contenuti nel Lemma 1.14 : Sia H uno spazio di Hilbert (non necessariamente separabile), e sia {x n } n un sistema ortonormale (al più numerabile). Allora, per ogni x H : i) la successione numerica { (x, x n ) } è a quadrato sommabile, con (x, x n ) 2 x 2. (1.12) n ii) per ogni scelta di numeri complessi {c n } e per ogni m 1 m x m c n x n x (x, x n ) x n (1.13)

12 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 12 (quest ultima diseguaglianza dice che il vettore m (x, x n) x n è la proiezione di x sul sottospazio m-dimensionale L ({x 1,..., x m }). Proseguiamo con la dimostrazione del Teorema, posticipando quella del Lemma. Per la separabilità di H, esiste una successione {y n } tale che L ({y 1,.., y n,..}) = H. Eliminiamo da questa famiglia alcuni elementi seguendo la regola: y n viene eliminato se è combinazione lineare di y 1,..., y n 1. Gli elementi rimasti vengono rinominati z n, sono tra loro linearmente indipendenti, e ancora L ({z 1,.., z n,..}) = H (la famiglia {z n } contiene infiniti elementi, perché H ha dimensione infinita). Costruiamo x 1 normalizzando il vettore z 1, x 1 := z 1 / z 1, e notiamo che L ({x 1 }) = L ({z 1 }). Per l indipendenza di z 2 da z 1 abbiamo z 2 / L ({x 1 }), e chiamiamo u 2 la proiezione di z 2 su L ({x 1 }). Il lemma precedente ci dice che u 2 = (z 2, x 1 ) x 1, e quindi il vettore z 2 u 2 non è nullo, ed è ortogonale ad x 1. Normalizzandolo, otteniamo x 2 := z 2 u 2 z 2 u 2 che è un versore ortogonale ad x 1, e tale che L ({x 1, x 2 }) = L ({z 1, z 2 }). In modo induttivo da n versori mutuamente ortogonali x 1,..., x n che soddisfano L ({x 1,..., x n }) = L ({z 1,..., z n }) costruiamo la proiezione u n+1 di z n+1 su L ({x 1,..., x n }), ed otteniamo x n+1 := z n+1 u n+1 z n+1 u n+1. Il processo non si esaurisce in un numero finito di passi perché H ha dimensione infinita, ed inoltre L ({x 1,.., x n,..}) = L ({z 1,.., z n,..}) = H per cui {x n } è un sistema ortonormale completo. Dim. lemma: Per ogni coppia di numeri c, z C vale: c z 2 = (c z) ( c z) = c 2 + z 2 c z cz da cui m x 2 ( c n x n = x = x 2 + = x 2 m c n x n, x m ) m c n x n [ ] c n 2 c n (x, x n ) c n (x, x n ) m (x, x n ) 2 + m c n (x, x n ) 2. Scegliendo c n = (x, x n ) si ottiene m x 2 (x, x n ) x n = x 2 m (x, x n ) 2 (1.14)

13 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 13 da cui, per m +, si ottiene la (1.12). Se invece la scelta dei coefficienti c n rimane libera, si ha m x 2 c n x n x 2 m m (x, x n ) 2 = x 2 (x, x n ) x n cioè la (1.13). Ricorrendo a tecniche dimostrative simili a quelle utilizzate per il precedente lemma riusciamo ad arrivare ad una comprensione più profonda circa la struttura degli spazi di Hilbert separabili. Con l affermazione i) del Lemma (1.14) abbiamo visto che se {x n } n è un sistema ortonormale al più numerabile, per ogni x H la successione numerica {(x, x n )} appartiene ad l 2, e vale la formula (1.12). Con il prossimo teorema otteniamo un risultato più completo. Teorema 1.15 : Siano H uno spazio di Hilbert (non necessariamente separabile), {x n } n un sistema ortonormale (al più numerabile), e {c n } una successione di numeri complessi. Allora: i) la serie n c nx n converge in H se e solo se {c n } l 2. In questo caso: ii) vale il teorema di Pitagora generalizzato 2 c n x n = n n iii) la serie n c nx n è incondizionatamente convergente. c n 2 ; (1.15) Dim.: Se la serie n c nx n converge ad x H, è c n = (x, x n ) e quindi {c n } l 2 per la (1.12). Viceversa, m 2 m c j x j = c j 2 j=n per m > n +, e quindi la serie converge per la completezza di H. La (1.15) segue da quest ultima eguaglianza, usando n = 1 e m +. Se s m = m j=1 c jx j, e t m = m j=1 c k j x kj sono le somme parziali delle serie x = j c jx j e del suo riarrangiamento z = j c k j x kj, per la continuità del prodotto scalare j=n (x, z) = lim m + (s m, t m ) = n c n 2 = (z, x) e quindi x z 2 = x 2 + z 2 (x, z) (z, x) = c n 2 + c n 2 c n 2 n n n n c n 2 =.

14 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT Sistemi ortonormali di cardinalità qualsiasi Sia X = {x a } a A un sistema ortonormale in uno spazio di Hilbert H. Molte delle proprietà viste sopra per sistemi numerabili hanno un parallelo che vale nel caso #A > ℵ (cioè A non sia numerabile). Teorema 1.16 : Siano H uno spazio di Hilbert, e X = {x a } a A un sistema ortonormale. Allora: i) per ogni y H l insieme degli indici a A per cui (y, x a ) è al più numerabile, cioè y H, posto A y := {a A : (y, x a ) }, si ha #A y ℵ ; (1.16) ii) la somma a A y (y, x a ) x a iii) l operatore è incondizionatamente convergente; E : y Ey := a A y (y, x a ) x a è la proiezione sul sottospazio chiuso generato da X. Dim.: Per ogni y H ed ogni intero k 1 siano A y (k) := { a A : (y, x a ) > 1 k}. Se uno di questi insiemi fosse infinito, potremmo trovare infiniti indici {a n } A y (k), e per il s.o.n. {x an } n non varrebbe la (1.12). Perciò, tutti gli insiemi A y (k) sono finiti, e quindi A y = + k=1 A y (k) è al più numerabile. La ii) segue dalla (1.12) e dal teorema 1.15, e quindi l operatore E (lineare) è ben definito. Chiaramente Ey = per y L ( {x a } a A ). Quando invece y L ( ) {x a } a A, per ogni ε > possiamo trovare c1,.., c n C e x a1,.., x an X in modo che, per la (1.13) n ε > y n c j x aj y ( ) y, xaj xaj. j=1 Al più escludendo alcuni degli x aj, pensiamo che tutti appartengano ad A y ; per il punto i) l insieme A y può essere elencato come { x aj, e dalla (1.14) è evidente che l ultima diseguaglianza rimane }j 1 valida quando n +. Per l arbitrarietà di ε otteniamo Ey = y. Così, E è la proiezione su L ( ) {x a } a A. Notazione: per comodità di scrittura, nel seguito denoteremo la somma a A y (y, x a ) x a come a A (y, x a) x a. Oss.: dalla precedente dimostrazione risulta chiaro che la formula (1.12) può essere estesa come (y, x a ) 2 y 2 y H. (1.17) a A I sistemi ortonormali X = {x a } a A per cui vale, per ogni y H, l eguaglianza j=1 y = (y, x a ) x a (1.18) a A

15 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 15 sono detti basi ortonormali di H. Raccogliendo i vari risultati visti fino ad ora siamo in grado di ottenere il Teorema 1.17 : Siano H uno spazio di Hilbert, e X = {x a } a A un sistema ortonormale. Allora, le affermazioni: (a) X è una base ortonormale; (b) X è completo; (c) X è massimale; (d) per ogni y H vale y 2 = (y, x a ) 2 ; (1.19) a A sono equivalenti. Dim.: Se X è una base ortonormale ed y H, per il precedente teorema l insieme A y è al più numerabile, cioè A y = {a n } n 1. Dalla (1.14) con m + si ottiene la (1.19), quindi (a) = (d). Se vale (d) ed y X abbiamo y =, per cui X è massimale, cioè (d) = (c) = (b) (utilizzando il lemma (1.12)). Infine, la completezza significa H = L( {x a } a A ) cioè, per il precedente teorema, Ey = y per ogni y H, per cui X è una base ortonormale, e (b) = (a). Esercizio 14 : Dimostrare che la (1.19) è equivalente alla formula (y, z) = a A (y, x a ) (x a, z) y, z H. (1.2) Ora siamo in grado di ottenere due risultati che generalizzano, per sistemi ortonormali di qualunque cardinalità, quanto visto nei teoremi 1.13 e 1.15, e completano l enunciato del teorema Teorema 1.18 : Ogni spazio di Hilbert H ammette una base ortonormale. Dim.: Nella famiglia H dei s.o.n. di H introduciamo la relazione d ordine parziale X Y := X Y (ciò significa che tutti i versori di X appartengono ad Y ). Ogni sottoinsieme totalmente ordinato K H (questi insiemi vengono detti catene ) contiene un elemento massimale (è sufficiente utilizzare il s.o.n. K = X ). Questo fatto permette di applicare il Lemma di Zorn, che afferma che H contiene un elemento massimale. Perciò, abbiamo trovato in H un s.o.n. massimale ovvero, per il teorema precedente, una base ortonormale. Teorema 1.19 (Riesz-Fischer): Siano H uno spazio di Hilbert, X = {x a } a A un sistema ortonormale completo, e {c a } a A una successione generalizzata. Allora la serie a A c ax a converge ad un elemento y H se e solo se {c a } l 2 (A) ; in questo caso per ogni b A. (y, x b ) = c b X K

16 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 16 Dim.: Se la serie converge ad un elemento y = a A c ax a H, sappiamo che c a può accadere solo per un insieme al più numerabile di indici a, e per questi indici è c a = (y, x a ), per cui, per il teorema 1.15, {c a } l 2 (A). Per gli altri indici b si ha ( ) (y, x b ) = c a x a, x b = c b =. a A Viceversa, se {c a } l 2 (A) gli unici termini non nulli possono essere elencati in una successione {c an } l 2, e per il teorema 1.15 la serie n c a n x an = a A c ax a converge ad un elemento y H, che soddisfa ( ) (y, x b ) = c a x a, x b = c b per ogni b A. a A Possiamo riassumere tutti i precedenti risultati nel Teorema 1.2 : Siano H uno spazio di Hilbert e X = {x a } a A un sistema ortonormale. La mappa F : x H {(x, x a )} a A è un applicazione lineare e continua da H in l 2 (A). Se, inoltre, X è completo, F : H l 2 (A) è un isometria lineare surjettiva (cioè H e l 2 (A) sono isometricamente isomorfi, e scriviamo H = l 2 (A)). Corollario 1.21 : In uno spazio di Hilbert H tutti i sistemi ortonormali completi hanno la stessa cardinalità. Dim.: Se X = {x a } a A e Y = {y b } b B sono s.o.n.c. in H, abbiamo l 2 (A) = H = l 2 (B) e quindi #A = #B. La cardinalità dei s.o.n.c. in H viene detta dimensione di H. Corollario 1.22 : Due spazi di Hilbert con la stessa dimensione sono isometricamente isomorfi. Corollario 1.23 : Ogni spazio di Hilbert infinito-dimensionale e separabile è isometricamente isomorfo ad l Coefficienti e serie di Fourier Questa sezione è sostanzialmente dedicata ad una rilettura, con diversa notazione, dei precedenti risultati. Se H è uno spazio di Hilbert, ed X = {x a } a A è un sistema ortonormale, i numeri ˆx (a) := (x, x a )

17 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 17 sono detti coefficienti di Fourier di x (rispetto al sistema X). La successione generalizzata Fx = {ˆx (a)} a A è detta trasformata di Fourier di x, ed è anche denotata con il simbolo ˆx. La serie di Fourier di x è la somma a A ˆx (a) x a. La formula (1.17) può riscritta come ŷ (a) 2 y 2 y H, (1.21) a A viene detta diseguaglianza di Bessel, e vale in senso stretto se e solo se y / L( {x a } a A ). Se (e solo se) il sistema ortonormale X è completo (cioè massimale, cioè base ortonormale) la (1.21) diventa: ŷ (a) 2 = y 2 y H (1.22) a A ed è nota con il nome di eguaglianza di Parseval. Così, la completezza di X può anche essere tradotta nell affermazione y = ŷ (a) = a A. (1.23) In questo caso la formula (1.22) è equivalente alla formula di Plancherel (y, z) = a A ŷ (a) ẑ (a) y, z H (1.24) che è la riscrittura della (1.2). Infine, per ogni s.o.n. X = {x a } a A la trasformata di Fourier F è un operatore lineare e continuo da H in l 2 (A). Quando X è completo, la F : H l 2 (A) è un isometria lineare surjettiva (teorema di Riesz-Fischer). 1.7 Il sistema trigonometrico Uno spazio di Hilbert particolarmente importante è L 2 (Q), dove Q := [ π, π). Questa è la famiglia delle (classi di equivalenza, rispetto all eguaglianza q.o., di) funzioni misurabili f : Q C a quadrato integrabile rispetto alla misura di Lebesgue normalizzata dx/2π (vd. Esempio 3]). Il prodotto interno in questo spazio è definito come (f, g) := Q f (x) g (x) dx 2π ( 1/2 e la norma è data da f 2 = f Q (x) 2 dx 2π). Il sistema trigonometrico (complesso) è l insieme delle funzioni { e ikx}, ed è immediato k Z verificare che è un sistema ortonormale. Perciò, ogni f L 2 (Q) è dotata di coefficienti di Fourier e di una serie di Fourier ˆf (k) = Q Sf (x) Z ikx dx f (x) e 2π ˆf (k) e ikx,

18 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 18 le cui somme parziali sono i polinomi trigonometrici S N f (x) = N k= N ˆf (k) e ikx N N. La scelta di utilizzare, nella definizione di Sf, il simbolo al posto del simbolo di uguaglianza è motivata dal fatto che, per ora, non abbiamo informazioni circa l eventuale convergenza puntuale della serie. Talvolta, ad esempio quando la funzione f assume solo valori reali, risulta più conveniente utilizzare il sistema trigonometrico (reale) costituito dalle funzioni { 1, 2 cos x, 2 sin x,..., 2 cos nx, } 2 sin nx,... n 1 che sono opportune combinazioni lineari delle e ikx. Anche in questo caso si tratta di un sistema ortonormale, ed i coefficienti di Fourier di f sono i numeri A (f) = f (x) dx 2π ; A n (f) = f (x) 2 cos nx dx 2π ; B n (f) = f (x) 2 sin nx dx n 1 2π Q legati agli ˆf (k) dalle relazioni Q Q A (f) = ˆf () ; 2An (f) = ˆf (n) + ˆf ( n) ; i 2B n (f) = ˆf (n) ˆf ( n). (1.25) Per ragioni storiche sono più spesso utilizzate le notazioni a (f) = 2A (f) = (1/π) f (x) dx ; Q a n (f) = 2A n (f) = (1/π) f (x) cos nx dx ; Q b n (f) = 2B n (f) = (1/π) f (x) sin nx dx. Q La serie di Fourier di f in questo contesto ha la forma e le sue somme parziali sono Sf (x) a (f) 2 S N f (x) = a (f) [a n (f) cos nx + b n (f) sin nx] N [a n (f) cos nx + b n (f) sin nx]. Oss.: Ogni funzione f definita in Q = [ π, π) può essere estesa a tutto l asse reale in modo da ottenere una funzione f periodica di periodo 2π. La continuità di f in Q non garantisce la continuità in R della f : vi può essere un problema di raccordo continuo nei punti x = 2kπ, k Z. Questo può accadere anche nel caso f C ( Q ), ma il problema viene superato se f ( π) = f (π). Useremo il simbolo C per ( Q ) per denotare la famiglia delle funzioni continue in [ π, π] che soddisfano quest ultima condizione. Queste sono esattamente le funzioni f la cui estensione periodica f appartiene a C per (R), cioè le funzioni continue in R, e 2π-periodiche.

19 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 19 Oss.: Gli integrali che definiscono i coefficienti di Fourier rispetto al sistema trigonometrico (sia quello complesso che quello reale) hanno significato anche quando la funzione f L 2 (Q) soddisfa ipotesi meno restrittive. È sufficiente che f L 1 (Q) L 2 (Q) per poter dare senso alla nozione di serie di Fourier (trigonometrica) Sf. Questo aspetto delle serie di Fourier trigonometriche verrà esaminato più a fondo nel prossimo capitolo. Per il momento, si segnala che alcuni dei risultati che seguono hanno validità anche fuori dall ambientazione L 2 (Q). Lemma 1.24 : i) Sia F : R C, 2π-periodica ed assolutamente continua in [ π, π] (cioè F è q.o. derivabile in Q, con F L 1 (Q) e F (x) = F (a) + x F (t) dt per quasi ogni a, x R). a Allora (F ) ˆ (k) = ik ˆF (k) k Z. (1.26) ii) Sia f : R C, 2π-periodica ed integrabile in [ π, π), e sia Allora g è 2π-periodica e g (x) := Esercizio 15 : Dimostrare il lemma. x f (t) dt ˆf () x. ĝ (k) = 1 ik ˆf (k) k Z, k. (1.27) Teorema 1.25 : Il sistema ortonormale { e ikx} k Z è completo in L2 (Q). Dim.: Per il teorema 1.17 ci basta dimostrare la massimalità del sistema trigonometrico, cioè l affermazione f L 2 (Q), ˆf (k) = k Z = f (x) = q.o.. (1.28) Vediamo che questo vale ( addirittura ) per ogni f L 1 (Q). Passo 1. Se f C per Q, f, ed assume solo valori reali la funzione f assume un valore massimo assoluto M > in x Q; pensiamo che f (x ) = M. Determiniamo δ > in modo che f (x) > M/2 in (x δ, x + δ). Il polinomio trigonometrico di I grado T (x) = 1 cos δ + cos (x x ) soddisfa T (x) 1 se x x δ T (x) 1 se x x δ T (x) λ > 1 se x x δ/2 Per ogni N N il polinomio trigonometrico T N ha grado N in cos (x x ), e quindi può essere scritto come un polinomio trigonometrico in cos kx e sin kx, con k N. Se ˆf (k) = k Z ricaviamo, dalle (1.25), che Q f (x) T N (x) dx = per ogni N. Tuttavia mentre x x <δ x x δ f (x) T N (x) dx 2π M f (x) T N (x) dx 2π f (x) T N (x) dx x x <δ/2 2π Mδ 4π λn + e giungiamo ad una contraddizione. Perciò f.

20 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 2 Passo 2. Se f C per ( Q ) ed ha valori complessi, lo stesso discorso vale per Re f ed Im f. Passo 3. Per una generica f L 1 (Q) (e quindi anche per ogni f L 2 (Q)) consideriamo la funzione F (x) := x f (t) dt. Per il precedente lemma, la condizione ˆf () = implica la periodicità di F e le condizioni ˆf (k) = k implicano che anche ˆF (k) = k. Perciò, F (x) ˆF () è continua, periodica, ed ha tutti i coefficienti nulli, per cui F (x) ˆF (), ovvero f (x) = q.o.. Corollario 1.26 : Per ogni f, g L 2 (Q) si ha: a) f = Sf in L 2 (Q), cioè = lim f S Nf N + 2 = lim N + f (x) Q N k= N 2 dx ˆf (k) e ikx 2π 1/2 b) f (x) 2 dx Q 2π = Z ˆf (k) 2 (P arseval) c) f (x) g (x) dx Q 2π = Z ˆf (k) ĝ (k) (P lancherel) 1.8 Altri sistemi ortonormali Una della strade che portano ad individuare altre famiglie di funzioni ortogonali tra loro prende spunto dai problemi di Sturm-Liouville. Nell intervallo (a, b) R si considera una funzione peso ρ integrabile e non-negativa, e si considera lo spazio L 2 ρ = L 2 ρ ((a, b)) delle funzioni reali, misurabili, che siano a quadrato integrabile rispetto alla misura dµ (x) = ρ (x) dx. Con il prodotto interno (f, g) ρ := b a f (x) g (x) ρ (x) dx lo spazio L 2 ρ è di Hilbert (reale). Assegnate due funzioni p, q : (a, b) R tali che p non si annulli mai e che p, q, 1 siano localmente integrabili, il problema consiste nel cercare soluzioni p u dell equazione differenziale lineare del II ordine (pu ) + qu + λρu =, λ R che soddisfino anche certe condizioni agli estremi. (Per p (x) = ρ (x) 1 e q (x) in (, π) le funzioni trigonometriche sin mx e cos mx soddisfano l equazione differenziale quando λ = m 2.) Quel che solitamente accade è che solo per particolari valori (autovalori) di λ esistono soluzioni non banali (autofunzioni) di questo problema. Esempio 9] In ( 1, 1) l equazione differenziale ((1 x 2 ) u ) + λu = ammette soluzioni limitate solo nel caso λ = λ n = n (n + 1), n. In questo caso ρ (x) 1, e le autofunzioni relative ai λ n sono i polinomi di Legendre (o polinomi sferici) definiti per ricorrenza come P (x) 1, P 1 (x) = x, P n+1 (x) = 2n+1 n+1 P n (x) n n+1 P n 1 (x)

21 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 21 o anche, tramite la formula di Rodrigues, da P n (x) = 1 ( ) 1 x 2 n. 2 n n! dx n { Questi polinomi sono tra loro ortogonali, e la famiglia d n 2 2n+1 P n } costituisce un sistema ortonormale completo in L 2 (( 1, 1)). Questo sistema si può ottenere con il processo di Gram- Schmidt, partendo dalla famiglia {x n } n. Esempio 1] In L 2 ρ (R), con peso ρ (x) = e x2, un sistema ortonormale completo è costituito dalle funzioni {π 1/4 } 2 n n!h n, dove le H n sono le autofunzioni (polinomi di Hermite) corrispondenti agli autovalori λ n = n, n, del problema legato all equazione differenziale ( ) e x2 u + 2λe x 2 u = con la richiesta che la crescita all infinito sia al più polinomiale. I polinomi di Hermite sono calcolabili esplicitamente con la formula H n (x) = ( 1) n e x2 oppure possono essere definiti per ricorrenza da dn dx n e x2 H (x) 1; H 1 (x) = 2x; H n+1 (x) = 2xH n (x) 2nH n 1 (x). Esempio 11] In L 2 ρ (( 1, 1)), con peso ρ (x) = (1 x 2 ) 1/2, utilizzando il processo di Gram- Schmidt sulla famiglia {x n } n otteniamo il sistema ortonormale completo { } π 1/2 T (x), (2/π) 1/2 T n (x) n 1 dove le funzioni T n sono i polinomi di Tchebyshev, definiti per ricorrenza da T (x) 1; T 1 (x) = x; T n+1 (x) = 2xT n (x) T n 1 (x). Queste funzioni si ottengono cercando soluzioni limitate di ( (1 x 2 ) 1/2 u ) + λ ( 1 x 2 ) 1/2 u = ; questo accade per gli autovalori λ n = n 2, e le T n sono le autofunzioni. Un altra relazione che le caratterizza è T n (cos ϑ) = cos nϑ dove x = cos ϑ.

22 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT Operatori lineari Operatori tra spazi vettoriali normati In analogia con quanto visto nella Sez. 4, consideriamo due spazi vettoriali X e Y su C (o R); una funzione T, definita in un sottoinsieme D T X, valori in Y, è detta operatore (o mappa, o applicazione). L insieme D T è il suo dominio, e l insieme R (T ) := T (D T ) è il suo rango (o immagine). T è injettivo se T x = T y implica x = y, ed è surjettivo se R (T ) = Y. L operatore T è lineare se D T è un sottospazio di X e se T (αx + βy) = αt x + βt y per ogni scelta di x, y D T e di α, β C; in questo caso l injettività equivale alla condizione T x = se e solo se x =. Se X e Y sono spazi vettoriali topologici, T è continuo in x D T se accade che T x n T x per ogni successione {x n } D T per cui x n x, ed è continuo se lo è in ogni punto di D T. Se X e Y sono spazi vettoriali normati, un operatore T : D T ( X) Y è limitato se l immagine di ogni sottoinsieme limitato di D T è un sottoinsieme limitato di Y. Esercizio 16 : Siano X uno spazio vettoriale normato, Y uno spazio di Banach, e T : D T ( X) Y un operatore lineare definito in un sottospazio D T denso in X, e continuo. Allora T ammette un unica estensione continua, cioè esiste un unico operatore lineare e continuo T : X Y che coincide con T in D T. Esercizio 17 : Siano X e Y spazi vettoriali normati, e T : X Y un operatore lineare. a) T è continuo se e solo se è continuo in un singolo punto. b) T è limitato se e solo se esiste una costante c tale che T x c x x X. (1.29) c) T è continuo se e solo se è limitato. La quantità T := inf {c : vale la (1.29)} (1.3) T x = sup x x = sup T x x =1 è detta norma di T, e vale la diseguaglianza T x T x. Nel seguito ci occuperemo prevalentemente di operatori lineari e continui, definiti in tutto X, a valori in uno spazio Y completo. L insieme di tutti gli operatori lineari T : X Y può essere strutturato a spazio lineare definendo in modo puntuale la somma S + T ed il prodotto λt. Questo spazio vettoriale è denotato con L (X, Y ) ed il suo sottospazio degli operatori lineari e continui è denotato con B (X, Y ). Quando X = Y si usano le più comode scritture L (X) e B (X). Quando, invece, Y = C (o R) abbiamo B (X, Y ) = X, il duale di X già incontrato nella Sez. 4. Esercizio 18 : Siano X e Y spazi vettoriali normati. Allora: a) B (X, Y ) è uno spazio vettoriale normato, rispetto alla norma definita in (1.3). b) Se Y è uno spazio di Banach, anche B (X, Y ) lo è.

23 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT Un poco di teoria spettrale Nelle applicazioni accade di incontrare problemi della forma (λi T ) x = y dove y è un dato elemento di uno spazio di Banach X, T B (X), e λ C. Esempio 12] Quando X è finito-dimensionale conosciamo la risposta al problema. L operatore T è rappresentabile come matrice quadrata [t ij ] e l equazione può essere scritta come [λδ ij t ij ] ( x j) = (y i ). Se la matrice λi T è invertibile il problema ha un unica soluzione, mentre quando det (λi T ) = il problema diviene impossibile oppure indeterminato, ed in entrambe i casi non c è unicità di soluzione. Definiamo l insieme risolvente di T, ρ (T ), come { } ρ (T ) := λ C : i) R (λi T ) = X; ii) esiste (λi T ) 1 continuo. L operatore R λ := (λi T ) 1 è detto operatore risolvente di T. Il complementare dell insieme risolvente di T, σ (T ) := C \ ρ (T ), prende il nome di spettro di T. Un numero complesso λ può appartenere allo spettro σ (T ) per tre diverse ragioni: a) il rango di T λ è denso in X, l inverso T 1 λ esiste, ma non è limitato; questa parte di σ (T ) è detta spettro continuo di T ; b) T 1 λ esiste ed è limitato, ma il suo dominio non è denso in X; in questo caso diciamo che λ appartiene allo spettro residuale di T ; c) T λ non è invertibile; questo significa che non è injettivo, e quindi esiste almeno un vettore x che soddisfa T x = λx; in questo caso λ è un autovalore di T, e ogni tale x è un autovettore di T, associato all autovalore λ. Se λ è un autovalore di T, l insieme dei vettori x H che soddisfano T x = λx è un sottospazio chiuso di H, detto autospazio di T associato all autovalore λ. Segnaliamo, senza dimostrarli, alcuni dei risultati più significativi sull argomento. Teorema 1.27 : Sia X uno spazio di Banach, e T B (X). Allora: i) l insieme risolvente ρ (T ) è aperto; ii) per ogni λ, µ ρ (T ) gli operatori risolventi R λ e R µ commutano; iii) in ρ (T ) vale la relazione R µ R λ = (λ µ) R λ R µ ; iv) se λ ρ (T ) e λ µ R λ < 1 si ha R µ = + n= ( 1) n R n+1 λ (µ λ) n ;

24 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 24 v) la funzione λ R λ è analitica in ρ (T ) ; vi) lo spettro σ (T ) è un compatto non vuoto; vii) il raggio spettrale r (σ (T )) := max λ (cioè il raggio del più piccolo disco di centro che λ σ(t ) contiene lo spettro di T ) coincide con lim T n 1/n ; n + viii) se λ > r (σ (T )) l operatore risolvente si ottiene come R λ = + n= T n λ n L operatore aggiunto Ritorniamo ora nell ambito degli spazi di Hilbert. Se H e K sono spazi di Hilbert, e T B (H, K), costruiamo un operatore T : K H usando il seguente procedimento: ad ogni y K è associato un unico funzionale σ K y K ; la composizione con T dà luogo ad un unico funzionale σ K y T H, e questo individua in modo univoco l elemento T y := σ 1 H (σ Ky T ) H. La dipendenza di T y da y può essere descritta in modo più efficace, ricordando il ruolo degli isomorfismi isometrici σ H e σ K. Infatti, per ogni x H abbiamo (x, T y) H = ( x, σ 1 H (σ Ky T ) ) = (σ H Ky T ) (x) = (σ K y) (T x) = (T x, y) K e quindi T è definibile mediante la relazione (T x, y) K = (x, T y) H x H, y K. (1.31) L additività di T è ovvia. Inoltre, per ogni α C, y K e x H (x, T (αy)) H = (T x, αy) K = α (T x, y) K = α (x, T y) H = (x, αt y) H per cui T è lineare. Infine, per come abbiamo definito T y e per il Lemma 1.9 abbiamo da cui segue che perciò T B (K, H). T y H = σ 1 H (σ Ky T ) H = σ K y T H T H K σ K y K = T H K y K T K H T H K ; (1.32) Esempio 13] Nel caso H e K siano finito-dimensionali, ogni T B (H, K) può essere rappresentato mediante una matrice [t ij ] e, scegliendo opportunamente le basi, l operatore T viene rappresentato dalla matrice aggiunta [ t ji ] (la coniugata della trasposta). Le prime proprietà dell operatore aggiunto possono essere riassunte nel

25 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 25 Teorema 1.28 : Siano H, K, L spazi di Hilbert. Allora: a) Se S, T B (H, K) e α C abbiamo (S + T ) = S + T e (αt ) = αt e quindi l aggiunzione : B (H, K) B (K, H) è un omomorfismo anti-lineare. b) Se T B (H, K) e S B (K, L), si ha (ST ) = T S. c) Se T B (H, K) è un isomorfismo, T B (K, H) è un isomorfismo, e (T ) 1 = ( T 1). d) Per ogni T B (H, K) si ha T = T. e) Per ogni T B (H, K) si ha T K H = T H K. f) L aggiunzione : B (H, K) B (K, H) è un isomorfismo isometrico anti-lineare. Esercizio 19 : dimostrare il teorema. Esempio 14] Consideriamo lo spazio di Hilbert L 2 = L 2 ((, 1)), e l operatore T che ad ogni funzione u L 2 associa la funzione T u (x) = x u (t) dt x (, 1). Chiaramente T u è misurabile, e T è lineare. Inoltre 1 1 x 2 1 ( x 2 T u (x) 2 dx = u (t) dt dx u (t) dt) dx 1 ( x ) ( x ) 1 ( x ) dt u (t) 2 dt dx = x u (t) 2 dt dx 1 [ 1 ] x u (t) 2 dt dx = 1 2 u 2 L 2 e quindi T : L 2 L 2 è continuo. Integrando per parti 1 1 [( x (T u, v) = T u (x) v (x)dx = ( 1 ) 1 = T u (1) v (x)dx 1 ( 1 x = u (x) v (t)dt = 1 ( 1 u (x) x ( u (x) ) ] u (t) dt v (x) dx x ) v (t)dt dx ) v (t) dt dx = (u, T v) ) v (t)dt dx

26 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 26 per cui T v (x) = 1 x v (t) dt. Per T B (H, K) sappiamo che il rango R (T ) è un sottospazio (non necessariamente chiuso) di K; invece il nucleo di T N (T ) := {x H : T x = } (1.33) è un sottospazio di H, ovviamente (per la continuità di T ) chiuso. In perfetta analogia con quanto accade nel caso finito-dimensionale, abbiamo Teorema 1.29 : Siano H e K spazi di Hilbert, e T B (H, K). Allora: a) N (T ) = R (T ) ; b) R (T ) = N (T ). Oss.: abbiamo già dimostrato (vd. Propos. 1.4) che l ortogonale di un qualsiasi sottoinsieme è un sottospazio chiuso; questo fatto motiva l esigenza di enunciare b) utilizzando la chiusura di R (T ). Dim.: x N (T ) T x = = (T x, y) = (x, T y) y K x T y y K x R (T ). La parte b) segue dalla a) scambiando tra loro T e T e passando ai complementi ortogonali Operatori autoaggiunti Ora consideriamo un unico spazio di Hilbert H, e la classe B (H) degli operatori lineari e continui da H in sé. Un operatore T B (H) è detto autoaggiunto se T = T. Riportiamo, senza dimostrazioni, alcune delle proprietà più significative degli operatori autoaggiunti. La norma di un operatore T B (H), autoaggiunto, può essere calcolata come T = sup (T x, x). (1.34) x =1 Un operatore autoaggiunto ha solo autovalori reali. Ad autovalori disgiunti corrispondono autospazi mutuamente ortogonali. Un numero complesso λ appartiene allo spettro σ (T ) di un operatore autoaggiunto se e solo se esiste una successione {x n } di vettori unitari che soddisfa lim T x n λx n =. n + Lo spettro di un operatore autoaggiunto è contenuto nella retta reale.

27 CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 27 Più precisamente, lo spettro di un operatore autoaggiunto T è contenuto nel segmento [m, M], dove m := inf x =1 (T x, x) ed M := sup (T x, x) ; x =1 inoltre, i numeri m, M appartengono allo spettro di T. Esercizio 2 : In H = L 2 ((, 1), dx) definiamo l operatore T : f T f come T f (x) := xf (x). Verificare che T è autoaggiunto. Poi, utilizzare le funzioni f n (x) = nχ [λ,λ+(1/n)] (x) ( < λ < 1) per dimostrare che σ (T ) = [, 1]. 1.1 Forme bilineari Definizioni ed esempi Una forma bilineare su uno spazio di Hilbert H complesso (o reale) è una mappa B : H H C (o R) tale che le applicazioni B (x, ) e B (, y) sono lineari, per ogni x, y H. Nel caso di spazi complessi, al posto delle forme bilineari si considerano spesso le forme sesquilineari, cioè lineari nella prima variabile e anti-lineari nella seconda. Esempio 15] Il prodotto scalare B (x, y) := (x, y) H è una forma bilineare se H è reale, e sesquilineare se H è complesso. Esempio 16] In H = R n si possono costruire forme bilineari, a partire da matrici quadrate B = [b ij ] n i,j=1, come n B (x, y) := b ij x i y j = x T By. i,j=1 Esempio 17] Sia D R n un dominio (cioè la chiusura di un aperto) limitato. Lo spazio vettoriale delle funzioni reali di classe C 1 (D) è strutturabile a spazio unitario (ma non di Hilbert) definendo il prodotto interno come (f, g) C 1 (D) := (fg + f g) ; La definisce una forma bilineare in C 1 (D). D B (f, g) := D f g Una forma bilineare è continua se esiste una costante C per cui B (x, y) C x y per ogni x, y H ed è coerciva se esiste una costante c > per cui B (x, x) c x 2 per ogni x H. I tre esempi illustrati sopra descrivono forme continue. La forma dell Es. 16 potrebbe non essere coerciva (dipende dagli autovalori di B). Quella dell Es. 17 non lo è (verificarlo sulle funzioni costanti).

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